
Riflessione
n° 117 (19-12-2024)
Convengono le aggressive
guerre finanziarie di Trump?
In una guerra tariffaria, finanziaria, prima, ed
economica, poi, a rimetterci sono soprattutto i cittadini, immediatamente
come consumatori e, successivamente, come risparmiatori ed investitori. Trump
ha già aperto le ostilità tariffarie con la Cina: aumentò i dazi sui prodotti
cinesi dal 3,5% al 21. In parallelo la Cina ha rivisto quelli sui prodotti
Usa dall'8 % al 20. Le conseguenze finanziarie internazionali sono state poco
evidenti soprattutto perché lo Yuan ancora non è particolarmente affermato come
valuta di riserva. Per cui, nei momenti critici successivi, le nazioni hanno
continuato a tenere alta la quota in dollari delle loro riserve, perché non
era lo yuan a poter competere con la a moneta Usa quanto a stabilità. Ma Trump sa bene che prima di intraprendere
una guerra commerciale con la UE deve "distruggere" l'euro come
seconda valuta di riserva mondiale dopo il dollaro. In meno di 20 anni l'euro
ha raggiunto una quota del 20 % tra le monete di riserva (il dollaro è al
60%), superando valute storiche come la sterlina, il franco svizzero, e il
più recente yen. Gli Usa sono stati abituati a comprarsi il mondo stampando
dollari, ben sapendo che quasi tutti gli altri paesi avrebbero tesaurizzato i
nuovi dollari nei caveaux delle rispettive banche centrali. Ma col terzo
millennio, si sono create alcune crepe nel sistema del "dollar standard", successivo (dall’agosto 1971) al
sistema di del "gold exchange
standard” impostato dall’Occidente a Bretton Woodssubito
dopo la seconda guerra mondiale. Non dimentichiamo che Saddam Hussein fu
annientato da Georgedabliu non per la boccetta da
guerra chimica agitata da Powell all'Onu, poi risultata una fake comunicativa
ante litteram - ma perché era intenzionato ad abbandonare il dollaro per i
pagamenti delle esportazioni petrolifere irachene a favore dell'euro, pur appena
nato. Oltretutto Trump trascuragli effetti della pessima immagine mondiale
degli Anglosassoni e pensa di superare il problema semplicemente mostrando i
muscoli.
Né vale il tentativo di nobilitare la posizione
di Trump richiamando Machiavelli, il quale sosteneva che sarebbe stato più
utile e conveniente al principe l’essere temuto piuttosto che amato. Ma
Machiavelli si riferiva ai rapporti tra principe e popolo e non a quelli tra
principi.
Da gennaio vedremo come cominceranno a sistemarsi
i nuovi equilibri internazionali.
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Riflessione
n° 116 (4 -12-2024)
L’isolazionismo di Trump. Potrebbe
avere il fiato corto.
Trump
lascerà che si creino nuovi equilibri internazionali e non interverrà se non
per proteggere (promuovere) gli interessi USA. Ogni paese se la vedrà da solo
(o con le alleanze di cui è stato capace) ogni qualvolta i vecchi equilibri
salteranno.
Io
proporrei la costituzione di una nuova Nato, senza gli USA e, forse, senza la
GB (per autoesclusione). La UE dovrà affrettarsi a costruire procedure,
sistemi e meccanismi di difesa interregionali. Certamente a costi non
indifferenti ma, comunque, da affrontare con saggezza e lungimiranza.
L’Europa dovrebbe avere, come primo obiettivo, aggregare i paesi africani,
sudamericani e del sud est asiatico che non vogliono stare con Cina, Russia o
USA. L’India è, ancora per qualche tempo, alla finestra.
Trump
non mette in conto che gli Anglosassoni (in primis Stati Uniti e Regno Unito)
sono invisi a tutti i paesi ex colonizzati dalle cannoniere (‘800) o dal
dollaro (‘900) e non solo. Vedremo che cosa faranno.
Oggi
Trump fa leva e si appella, di fatto, ai vantaggi economici che deriverebbero
agli Americani dall'isolazionismo. Vedremo come gli Stati Uniti si
comporteranno quando saranno effettivamente isolati. Ad esempio, quando molti
paesi rifiuteranno il dominio del dollaro e passeranno ad altre valute di
riserva, come l’euro.
Quest’ultima
eventualità è ben presente all’establishment americano: da anni cercano di
affossare la nostra moneta anche a costo di (tentare di) far saltare la
UE.
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Riflessione
n° 115 (8 -11-2024)
I lavori che gli Italiani
non vogliono più fare. Ci
salveranno i migranti ?
Si sostiene che l’Italia ha bisogno di almeno
150mila immigrati l’anno per coprire quei posti di lavoro di cui gli italiani
non vogliono più interessarsi e, anzi, rifuggono.
Le cose non stanno assolutamente così. Gli
Italiani rifuggono quei lavori che prevedono stipendi più bassi di quelli
pagati dai datori di lavoro venti o trenta anni fa, magari proprio ai loro
genitori. Si potrebbe ipotizzare addirittura la malafede di coloro che
sostengono la necessità dei 150mila ingressi l’anno. Quei migranti, non solo
accetteranno quei posti di lavoro, ma sono talmente deboli da accettare anche
salari ancora più bassi.
Basta richiamare Marx in materia di immigrazione.
Marx osteggiava fermamente l’immigrazione di Irlandesi in Gran Bretagna perché, sosteneva, hanno il semplice ruolo
di irrobustire l’esercito di lavoratori di riserva. La presenza degli
Irlandesi, infatti, avrebbe avuto come effetto quello di tenere bassi i
salari in tutto il paese.
La
stessa analisi può essere d’aiuto oggi in Italia. Ci sono forze interessate
ad una accoglienza generalizzata di migranti per continuare a pagare bassi
salari, tra i più bassi d’Europa ed a spingere molti giovani italiani ad
emigrare. A conti fatti, accogliamo gente senza istruzione ed esportiamo
medici, ingegneri, architetti. E’ chiaro che altri paesi europei sono
interessati a mantenere questa situazione perché approfitteranno dei
sacrifici fatti dalle famiglie italiane per far studiare i figli e riceveranno
i vantaggi di accogliere professionisti e non solo. Occorrono iniziative
drastiche perché il ricollocamento presso altri paesi non è assolutamente
praticabile.
Addirittura,
Slovenia e Croazia finanziano i migranti perché vadano in Italia. Risultato: un gioiello come la città di
Trieste ridotta a dormitorio. Per tacer della criminalità conseguente.
Senza
considerare i lucri dell’industria dell’accoglienza (coop, Vaticano, privati)
che lucrano sui capitali messi a disposizione per il mantenimento degli
immigrati.
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Riflessione
n° 114 (2-10-2024)
Cascati nella
trappola con tutto il turbante! Hoc erat in votis.
Pensavo
ad una più lungimirante intelligenza del ayatollah. Invece sono caduti nella
trappola di Bibi, come preventivato un anno fa, quando si indicava l’Iran
come obiettivo terminale della reazione di Israele alla cazzata di Hamas dei
mille ebrei ammazzati facili. Non solo, ma ci sono caduti nel momento in cui
aveva deciso Bibi. Il quale, prima ha
sfasciato Hamas, lasciando tranquilli gli Hezbollah perché non
intervenissero. Poi ha cominciato il tiro al piccione contro i capi di
Hezbollah, in Libano e in Iran. A questo punto, l’Iran ha dovuto reagire
lanciando fiammiferi (costosi) su Israele, spenti come zolfanelli al vento da
Iron dome (atrettanto
costoso). Ora la palla ripassa a Bibi, il quale distruggerà gli impianti
nucleari, i pozzi petroliferi e lo stesso regime degli ayatollah. In questa
ultima azione sarà aiutato dalla Cia che ha avuto tutto il tempo di
intervenire (come suo costume operativo in frangenti simili) nel corpo
sociale iraniano, in gran parte contrario al regime, alla polizia morale e al velo obbligatorio, agli omicidi
dei pasdaran.
Hoc erat in votis.
A
meno che…..
A
meno che non intervenga la Cina a salvare i turbanti rivendendosi all’Ucraina
(all’Occidente) un po’ di territori del Donbass conquistati dai Russi.
Differenze tra Sunniti e Sciiti:
28-9-2019
Il Musulmano. Sunniti e Sciiti: chi sono e quali sono le loro differenze?
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Riflessione n° 113 (17-9-2024)
Dopo il Medio Evo e l’Evo attuale, come sara’ Il Prossimo “Evo”?
Di Mauro e Federico Novelli 17-9-2024
Il
Medio Evo fu superato essendo stati messi in crisi i due pilastri che lo
hanno sorretto per oltre 800 anni: il Papato, colpito dai movimenti
pauperisti e, quindi, dalla Riforma, e l'Impero, colpito dalla formazione dei
grandi stati nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra, Portogallo).
Con
l'uomo rimesso al centro, l'attuale periodo (Evo moderno e contemporaneo) ha
costruito altri due pilastri su cui appoggiarsi: i diritti dell’uomo e del
cittadino e la democrazia.
Stiamo
mettendo in crisi anche questi due pilastri? Come sarà il prossimo Evo?
Il Medioevo fu effettivamente caratterizzato dal
predominio di due grandi istituzioni: il Papato e l'Impero, che costituivano
le fondamenta su cui si basava l'ordine politico e sociale dell'epoca. La
crisi di queste due istituzioni, dovuta ai movimenti pauperisti e alla
Riforma protestante e alla nascita degli stati nazionali, segna l'inizio
della modernità e della centralità dell'uomo nell'ordine politico, filosofico
e culturale.
Il periodo moderno (Umanesimo, Rinascimento,
Illuminismo, Rivoluzione inglese, Rivoluzione americana, Rivoluzione
francese, movimenti di massa cattolici e socialisti, Rivoluzione Russa,
Fascismo e Nazismo), ha costruito nuovi pilastri, come i diritti umani,
intesi quale tutela dell'individuo e delle sue libertà, e la democrazia, intesa
come un sistema di governo basato sulla partecipazione popolare e sulla
rappresentanza. Tuttavia, anche questi pilastri stanno vivendo una fase di
crisi o di trasformazione.
Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una
crescente polarizzazione delle società e a un indebolimento di alcune
conquiste fondamentali in tema di diritti umani. Questioni come il controllo
dei dati personali, le disuguaglianze economiche, la discriminazione, e i
diritti civili stanno subendo continue pressioni. In alcuni casi, questi
diritti sono minacciati da regimi autoritari o da sistemi politici che
tendono a privilegiare l’efficienza e la sicurezza a discapito delle libertà
individuali.
Crisi dei
diritti per mancanza di doveri
Il concetto di diritto è strettamente legato a
quello di dovere. Negli ultimi decenni, in molte società si è enfatizzato
molto sui diritti individuali, lasciando quasi sempre in secondo piano i doveri verso se stessi e
verso la comunità. Questo squilibrio crea tensioni, poiché i diritti
richiedono delle responsabilità per essere sostenibili, quindi dei doveri. Ad
esempio:
·
Diritti sociali ed economici:
Pretendere garanzie senza contribuire in termini di lavoro, rispetto delle
regole o impegno civile porta a un indebolimento del sistema.
·
Ambiente: Abbiamo diritti legati
all’ambiente (ad esempio, aria pulita, accesso alle risorse naturali), ma la
mancanza di responsabilità verso lo stato della Terra ha portato a una crisi
ecologica globale.
Senza una cultura dei doveri, i diritti rischiano
di essere percepiti come concessioni scontate, svuotandosi del loro valore.
Un possibile rimedio potrebbe essere una nuova educazione civica che metta al
centro l'importanza di bilanciare diritti e doveri, riscoprendo l’idea di cittadinanza
responsabile.
Anche la democrazia sta affrontando sfide
rilevanti. In molti paesi si osserva una crescente disillusione nei confronti
delle istituzioni democratiche, spesso viste come inefficaci, lente nelle
decisioni o corrotte. Fenomeni come l'astensionismo, la disinformazione, la
facilità di spargere fake news, l'ascesa dei populismi e la concentrazione
del potere economico e dells comunicazione nelle
mani di pochi attori globali mettono in dubbio la capacità della democrazia
di rispondere ai bisogni della collettività. Ciò spinge a ricercare
scorciatoie esiziali.
Crisi della democrazia per
disconnessione tra élite e cittadini
La democrazia si basa sull’idea che i governanti
rispondano ai bisogni dei cittadini. Tuttavia, in molte democrazie
contemporanee, si è creata una distanza sempre più marcata tra le élite
politiche ed economiche e il popolo:
·
Politiche distanti dai bisogni reali:
Le élite spesso sembrano più orientate a seguire interessi privati, logiche
di mercato o politiche globali ai limiti del dogmatismo, dimenticando le
esigenze quotidiane dei cittadini. Questo genera frustrazione e alienazione,
portando molte persone a disinteressarsi della politica.
·
Astensionismo: Il calo della partecipazione
elettorale è un chiaro segnale di questa crisi. Quando i cittadini non vedono
più nella politica uno strumento efficace per migliorare le loro vite,
smettono di impegnarsi e di votare, accentuando il divario tra governanti e
governati.
Questo ciclo vizioso rafforza l’ascesa di
movimenti populisti, che promettono di colmare il vuoto lasciato dalle élite
ma spesso non riescono a fornire soluzioni concrete. Il rischio è che la
democrazia venga svuotata dei suoi principi fondamentali, riducendosi a un
mero processo elettorale senza sostanza.
3) Il futuro: come sarà il prossimo
"Evo"? Quale soluzione per il futuro?
Per evitare che questi due pilastri crollino
definitivamente, sono necessarie riforme radicali in due direzioni:
1. Ritrovare
l'equilibrio tra diritti e doveri: I diritti devono essere
accompagnati da una responsabilità verso la comunità e il bene comune. Questo
potrebbe richiedere un nuovo contratto sociale che faccia leva su una
maggiore partecipazione civica e su un senso rinnovato di solidarietà.
2. Rinnovare
la democrazia: La democrazia ha bisogno di nuove forme di
partecipazione e trasparenza. Strumenti come la democrazia diretta
(referendum, consultazioni popolari) o la democrazia deliberativa (assemblee
cittadine, processi partecipativi) potrebbero riportare i cittadini al centro
del processo decisionale. Gli strumenti tecnologici ci sono.
Inoltre,
riforme che limitino il potere delle élite economico-finanziarie e che
riducano le disuguaglianze potrebbero contribuire a ristabilire la fiducia.
In sintesi, i diritti senza doveri e una
democrazia senza un legame forte con i cittadini rischiano di far crollare il sistema.
Il futuro
dipenderà dalla nostra capacità di rispondere a queste sfide con nuove forme
di responsabilità civica e partecipazione politica.
È comunque difficile prevedere con certezza quale
sarà il prossimo "Evo", ma possiamo ipotizzare alcune tendenze.
Potrebbe emergere un nuovo ordine mondiale basato su una combinazione di
nuove tecnologie, come l'intelligenza artificiale e la blockchain, che
ridefiniranno il concetto di partecipazione politica e la distribuzione del
potere, rendendo possibili forme di partecipazione diretta e dalle decisioni
impositive. Sempre che si riesca a mantenere questi strumenti nella
disponibilità collettiva non siano gestiti da un ristretto numero di
“tecnici”.
Possiamo ipotizzare alcune tendenze:
·
Post-democrazia: Dovemmo riuscire ad imporre
una ridefinizione del concetto di democrazia, con l’introduzione di nuove
forme di partecipazione diretta o decisioni delegate a sistemi automatizzati.
C’è però chi teorizza la possibilità di una "post-democrazia", dove
le istituzioni democratiche esistono solo formalmente, mentre il potere
effettivo viene esercitato da élite economiche o tecnologiche.
·
·
Nuovi diritti: La crisi dei diritti attuali
potrebbe portare alla nascita di nuovi diritti, legati soprattutto alle sfide
tecnologiche e ambientali. I diritti digitali, il diritto alla privacy
nell'era dei big data, i diritti legati all’intelligenza artificiale, e i diritti
ambientali potrebbero diventare centrali.
Alcuni pensano che il prossimo Evo potrebbe
vedere una nuova centralità dell'uomo, ma ridefinita in termini di
connessione olistica con la natura, il pianeta e le altre specie viventi. Un
umanesimo che integri la tecnologia e l’ecologia (controllate dalla
collettività), con un nuovo rispetto per la natura e una rinnovata attenzione
all'etica.
I pericoli: stato etico e
autocrazia.
In sintesi, stiamo sicuramente mettendo in crisi
i pilastri moderni della democrazia e dei diritti, e il futuro potrebbe
portare a una ristrutturazione profonda del nostro modo di vivere e
organizzare la società.
Tutto ciò purché, in presenza di una
partecipazione allentata e sfilacciata dei cittadini, non arrivino pigre scorciatoie: stato etico
ed autocrazia.
Lo stato etico.
Infatti, quando i pilastri della democrazia e dei
diritti vacillano, aumenta il rischio che si instauri un sistema autoritario
o uno Stato etico, in cui
un'autorità centrale impone una visione morale o
ideologica, eliminando il pluralismo e la libertà individuale. Il potere
politico si arroga il diritto di definire ciò che è moralmente giusto o
sbagliato per l’intera società. Questo tipo di Stato cerca di indirizzare la
vita dei cittadini non solo in ambito politico, ma anche in quello morale e
culturale, imponendo un'idea di bene comune che non ammette deviazioni.
In altri termini, nello stato etico “peccato” e
“reato” tendono a confondersi. Con pericolose conseguenze:
Soppressione
del pluralismo: In uno Stato etico, l’autorità assume il ruolo di
guida morale, e non tollera visioni divergenti, perché vengono considerate
pericolose o dannose per il benessere collettivo. Questo porta alla
cancellazione del pluralismo politico, religioso e culturale.
Limitazione
delle libertà individuali: I diritti individuali vengono subordinati al bene
dello stato così come definito dagli apparati al potere, eliminando la
libertà di scelta personale. Ne deriva che la libertà di pensiero e di
espressione, la libertà di religione e persino la libertà economica possono
essere seriamente limitate.
Controllo
sociale: Lo Stato etico esercita un forte controllo sulle
vite dei cittadini attraverso strumenti come la sorveglianza, la censura e
l’educazione forzata a determinati valori, spesso giustificando queste misure
come necessarie per il bene comune. Un esempio lampante è la “polizia morale”
presente ed attiva in Iran.
L'affermarsi dell'autocrazia
Un altro rischio che emerge quando la democrazia
fallisce nel rispondere ai bisogni dei cittadini è l’ascesa di un governo
autocratico, dove il potere si concentra nelle mani di un singolo leader o di
un piccolo gruppo di persone. I cittadini possono essere affascinati dalla
velocità delle decisioni, dalla mortificazione della burocrazia, dal fatto
che, in ogni caso, tutta la responsabilità è facilmente riconducibile ad una
persona ò ad un piccolo gruppo di autocrati.
L’autocrazia può assumere varie caratteristiche.
-
In
ambito collettivo:
Populismi
autoritari: In molte situazioni di crisi democratica,
leader carismatici riescono a ottenere il sostegno della popolazione
promettendo soluzioni rapide e semplici ai problemi complessi. Spesso questi
leader iniziano a erodere le istituzioni democratiche una volta al potere,
concentrando progressivamente il controllo nelle proprie mani.
Erosione
delle libertà civili: In un sistema autocratico, le libertà civili
vengono gradualmente ridotte, a partire dalla libertà di stampa,
l’indipendenza del sistema giudiziario, e la libertà di associazione
politica. La giustificazione è spesso la sicurezza nazionale o l’efficienza
amministrativa, ma il risultato è un progressivo restringimento dello spazio
democratico.
Centralizzazione
del potere: Nelle autocrazie, il potere si concentra
vertiginosamente a livello centrale, marginalizzando il Parlamento, i governi
locali e altre istituzioni rappresentative. Ciò comporta una progressiva
eliminazione dei sistemi di checks and balances (pesi e contrappesi), con un
leader o un gruppo ristretto che prende decisioni senza dover rispondere a un
elettorato o a un sistema giudiziario indipendente.
-
In
ambito individuale:
Ma il vuoto lasciato dalla crisi della democrazia
e dall’indebolimento dei diritti, unito alla disillusione dei cittadini nei
confronti delle istituzioni, crea terreno fertile a livello
personale/individuale per l’affermarsi di queste tendenze autoritarie:
Mancanza
di fiducia nelle istituzioni: Quando i cittadini percepiscono che le
istituzioni democratiche non rispondono più alle loro esigenze, si sentono
traditi e sono più propensi a sostenere alternative autoritarie che
promettono maggiore stabilità e sicurezza.
Paura
e insicurezza: In tempi di crisi economica, migrazioni,
terrorismo o pandemia, i cittadini tendono a cercare leader forti che possano
offrire risposte immediate. Le autocrazie sfruttano queste paure per
rafforzare il proprio potere, spesso attraverso politiche che limitano le
libertà in nome della sicurezza.
Debolezza
del tessuto sociale: Se i cittadini non si sentono parte di una
comunità solidale e se i loro bisogni non sono riconosciuti, si crea un
terreno fertile per l'affermazione di leader autoritari che promettono di
ricostruire una società unita attraverso il controllo centralizzato.
Rinnovare
la democrazia: La democrazia non deve limitarsi a un processo
elettorale formale, ma deve coinvolgere i cittadini in modo costante
attraverso forme di partecipazione diretta e deliberativa. I cittadini devono
sentirsi rappresentati e coinvolti nelle decisioni che riguardano la loro
vita.
Promuovere
una cultura dei diritti e dei doveri: I diritti e i doveri devono
essere riscoperti come due facce della stessa medaglia. Solo attraverso un
equilibrio tra questi due concetti si può evitare che l'autorità centrale si
appropri del potere con la scusa di “guidare” la società verso il bene comune.
Difendere
il pluralismo e la diversità: Un sistema politico sano è
quello in cui le differenze vengono rispettate e dove esiste un dialogo
continuo tra diversi gruppi sociali, culturali e politici. La repressione del
dissenso e dell’opinione diversa è il primo passo verso l’autoritarismo.
In definitiva, il pericolo dello Stato etico e
dell'autocrazia cresce quando si affievolisce la fiducia nelle istituzioni
democratiche e si perde l'equilibrio tra diritti e doveri. Il futuro del
nostro sistema politico dipenderà dalla capacità di rafforzare la
partecipazione civile e il pluralismo, evitando che il potere si concentri in
poche mani e che la libertà venga sacrificata in nome di una visione
ideologica quasi sacrale e dogmatica imposta dall’alto.
Per rispondere adeguatamente a tutti gli
interrogativi ed ai problemi sollevati,
occorrono cittadini colti, consapevoli, critici, partecipi, in grado
di tacitare i gonzi e di ricondurre i due pilastri dei diritti/doveri e della
democrazia in alvei politicamente e socialmente corretti ed utili.
In conclusione, potremmo avviarci verso il
perfezionamento dell’Evo attuale e non ancora
in cammino verso il nuovo.
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Riflessione
n° 112 (5-9-2024)
Migrazioni. Confusione nella diagnosi e nella
terapia
Nei processi migratori, occorre distinguere tra
il caso in cui tutto si svolge secondo canoni legali e quello in cui tutto è illegale.
Primo caso (tutto legale). Un cittadino migra dal suo paese e va in un
altro con mezzi legali (pagandosi il biglietto, come facevano i nostri
migranti dei due secoli passati). Lì ottiene tutti i permessi e riesce a trovare
un lavoro. Invia a casa parte dello stipendio. In molti paesi (Italia)
otterrebbe anche la possibilità di chiamare presso di sé la famiglia rimasta
nel paese d'origine (ricongiungimento).
Secondo caso (Immigrazione illegale). Altro
problema è quello del migrante che entra clandestinamente in un paese dove,
per mantenersi, deve spacciare, soggiacere al caporalato, prostituirsi o
derubare giornalmente cittadini
"normali".
Ma nel descrivere questi fenomeni, si trascura
quasi sempre di valutare la situazione del paese di arrivo.
Una cosa è arrivare in Germania (83 milioni di
abitanti, economia solidissima, debito pubblico basso, disoccupazione
inesistente) un conto è arrivare in Italia (59 milioni di abitanti, economia
non solida, debito pubblico elevatissimo [terzi nel mondo dopo Giappone e
Grecia], disoccupazione ancora molto incidente). Devi riconoscere che un
politico non può gestire il fenomeno tedesco come quello italiano. Eppure,
oggi, dopo le ultime iniziative di Scholz, è molto più restrittiva la
gestione tedesca di quella italiana di Meloni. Oltretutto, la tedesca è più
facilitata: se deve espellere un migrante lo rimanda nel primo paese europeo
di accoglienza (Italia, Malta , Grecia, Spagna, Cekia, Austria, Polonia). Noi
invece dovremmo rimandarlo nel paese africano o asiatico di provenienza, se
ci sono accordi sui rimpatri.
Questo è dovuto ai famigerati accordo di Dublino.
Da noi
ancora impera l’influenza di Bergoglio
e del suo profeta, Luca Casarini, mentre Sinistrology
tacita la coscienza dicendo di accogliere tutti: entrambe le chiese
lasceranno gli effetti negativi a
carico dei privati cittadini, non essendo in grado di gestire il fenomeno .
Sia Bergoglio/ Casarini che Sinistrology traducono un fenomeno
antropologico-politico – in cui l’aspetto quantitativo non è indifferente - ,
da valutare sul campo, in fenomeno
etico-morale.
In questa traduzione automatica è la contraddizione socio politica, foriera
di disastri.
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Riflessione
n° 111 (4-9-2024)
Se la sinistra scade in sinistrology.
UE. La vittoria delle destre imputabile anche
all’incapacità della sinistra
di liberarsi delle comodità dell’ideologia di
riferimento .
E' un valente politico colui che sa capire che se
un fenomeno sociale resta entro margini quantitativi accettabili , è in grado
di gestirlo; se invece cresce oltre un certo livello, la sua gestione
risulterà per lui impossibile.
E' un
pessimo politico colui che è sopraffatto dalla ideologia. Questa gli impone
di valutare i fenomeni socio-politici esclusivamente attraverso strumenti
etico-morali: se ritiene che un fenomeno debba essere gestito in un certo
modo, cercherà di farlo indipendentemente da valutazioni quantitative. In
caso di suo fallimento, non potrà che lasciare a carico dei cittadini
coinvolti gli effetti negativi
rivenienti da quella situazione
ingestibile per lui.
Queste valutazioni sono facilmente verificabili
se si considera il fenomeno delle migrazioni: i politici ideologicizzati
non sono in grado di gestire un arrivo di migranti oltre un certo livello. Le
negatività collaterali di una “accoglienza comunque", quindi dettata da
considerazioni ideologiche, sono state lasciate a carico dei cittadini: dalla mancanza di
sicurezza, alla microcriminalità, all'abbattimento del valore degli immobili
siti presso luoghi di raccolta di migranti sbandati, all'occupazione indebita
di immobili destinati ad aventi diritto o, addirittura, di privati assenti
temporaneamente, all’affollamento delle carceri.
In particolare, le conseguenze derivanti da criticità causate da migrazioni eccessive o irregolari e non
controllate, ha cominciato ad assumere caratteri socialmente minacciosi,
vista la loro dimensione, e completamente a carico dei cittadini. I quali,
alla luce del fatto che la politica non è in grado di "provvedere",
sono costretti ad intervenire nell'unica istanza a loro disposizione: le
elezioni politiche. Si orientano quindi verso forze politiche che, pur non
avendo soluzioni rispetto al fenomeno, cercano almeno di contenerlo e di
ostacolarlo.
Per concludere, la pervicacia con la quale a
sinistra si lasciano correre i fenomeni della migrazione, della insicurezza
dei cittadini, della illegalità ben diffusa anche se di media gravità senza
saperli controllare, genera uno spostamento a destra dell'opinione pubblica e
la vittoria elettorale dei partiti contrari alla accoglienza dei migranti
"sempre e comunque", all’accettazione del prosperare della
microcriminalità, dell’ imputare l’insicurezza dei cittadini a loro personali
ubbie..
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Riflessione
n° 110 (25-7-2024)
Suicidi in carcere. Davvero dipendono dal
sovraffollamento delle celle?
Una ricerca dell’Università di Losanna per conto
del Consiglio d’Europa.
L’Università di Losanna, su incarico del
Consiglio d’Europa, ha effettuato una ricerca in merito ai suicidi di
cittadini detenuti in carcere nei vari paesi europei.
I dati sono abbastanza sconcertanti: la Svizzera
è il secondo paese europeo, dopo la Lettonia, per numero di suicidi ogni
10mila carcerati. I dati, che riportiamo per alcuni paesi, non confermano la
tendenza individuata da molti analisti del fenomeno, secondo i quali il
numero di suicidi sarebbe dovuto soprattutto al sovraffollamento delle celle.
Per alcuni paesi, riportiamo i dati forniti
dall’Università di Losanna per l’anno 2022:
Paese
|
Numero di suicidi
ogni 10mila detenuti
|
Affollamento %
delle celle.
|
SVIZZERA
|
20,2
|
90
|
FRANCIA
|
19,1
|
119
|
SCOZIA
|
18,9
|
94
|
ITALIA
|
15
|
109
|
BELGIO
|
14,3
|
115
|
LUSSEMBURGO
|
14,2
|
71
|
Quindi, in Svizzera si suicidano 20,2 detenuti
nonostante il relativamente basso affollamento, risultando occupate 90 celle
su 100. La Svizzera è superata solo dalla Lettonia con 21,7 suicidi ogni
10mila detenuti.
In Scozia, con un affollamento pari al 94 %, si suicidano 18,9 detenuti, 3,9 in più
dell’Italia che ha un affollamento del 109%.
Rispetto a Svizzera e Scozia, in Italia si
suicida un numero minore di detenuti,15 su 10mila carcerati, sebbene
l’affollamento si superiore e pari al 109 %
In Lussemburgo, con un affollamento del 71 %, si
suicidano 14,2 detenuti. In questo caso, con un numero di suicidi (14,2)
paragonabile a quello italiano (15), l’affollamento è inesistente, risultando
pari a 71 celle occupate su 100.
Si può concludere che l’affollamento sia solo una
concausa per i suicidi di detenuti ma, certamente, non la principale.
è Prigioni
svizzere, affollate e con un alto tasso di suicidi - TVS tvsvizzera.it
Nella tabella interattiva riportata dall’articolo della TV svizzera,
La Bosnia Erzegovina non ha fornito alcun dato; di Germania e Norvegia non si
sa la quota di suicidi; mentre Austria, Lettonia e Malta non hanno comunicato
l'occupazione.
|

Riflessione n° 109 (18-7-2024)
I Berluschini scendono in campo?
E così, i Berluschini sono stati conquistati
dalla possibilità di entrare in politica da vincenti.
Per la verità, le prime mosse di Pier Silvio
miranti a saggiare il "mercato" potenziale attraverso manovrine
aziendali, non hanno sortito l'effetto desiderato. Gli acquisti a sinistra
per orientare i telespettatori di Mediaset (Berlinguer, Merlino) e rubare
qualche spettatore alla RAI, è stato praticamente un fallimento:
- Bianchina credeva di avere la mano libera come
nella RAI, ma i criteri di valutazione di Mediaset sono molto diversi: se non
sfondi (anche come spot acquisiti) sei fuori, perché le perdite sono in capo
all'azienda privata Mediaset;
- rivolta dei vecchi telespettatori di Rete
Quattro – di orientamento conservatore -
contro il pollaio “Berlinguer + amici” (Lerner, De Gregorio ecc.) e,
conseguente, freddezza delle aziende orientate a fare pubblicità su quella rete, almeno
nelle ore berlingueriane. Conseguenza? Giubilato il pollaio Berlinguer;
- fallimentare tentativo (ad esempio nei talk
show) di contrastare, dall'ombra e larvatamente, la politica di Fratelli
d'Italia: Meloni continua a crescere nonostante grossolani e, per i più
attenti, manifesti atteggiamenti
miranti a mettere in luce crepuscolare
le posizioni del capo del governo e del suo partito in programmi di
punta di Mediaset;
I Berluschini hanno tre anni di tempo per
programmare la loro discesetta in campo ritenendosi
capaci di conquistare il centro degli schieramenti politici solo agendo sulla
qualità delle emissioni televisive e dei capitali destinati al progetto.
Meloni ha altrettanto tempo per costruire una RAI
moderna e (finalmente) concorrenziale
nei confronti di Mediaset.
Se le cose andranno secondo i piani dei
Berluschini, Pier Silvio dovrebbe diventare capo politico del centro politico
dello schieramento politico italiano: secondo "la famiglia" oggi Forza Italia, con Taiani, è un partito non "dominante" e sulla
difensiva. Quasi un corpo mistico di
Silvio, Per questo la famiglia ritiene di poter pretendere la conquista di
posizioni dominanti. Soprattutto ritiene che sia bastato un po’ di mestiere
Mediaset per far riprendere ed aumentare il gradimento del corpo mistico da
parte degli aficionados. A questo punto perché lasciare il giocattolo a
Taiani e agli altri?
Se le cose andranno invece di traverso, i
Berluschini, oltre alla figuraccia, rischiano la decadenza delle loro aziende
e dell’impero costruito da Silvio.
è 17-7-2024
ANSA. Pier Silvio Berlusconi: la politica nel DNA ma evito.
Vuole scendere in campo per acclamazione!
è 20-7-2024
Libero. Del Debbio, "ombra di Pier Silvio": l'indiscrezione
clamorosa, "un nuovo partito" – Libero Quotidiano
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Riflessione n° 108 (25-6-2024)
La trappola del ballottaggio nelle comunali.
Se al ballottaggio non si misurano due forze
politicamente organizzate e risulta vincente la fazione capace di aggregare
forze politiche eterogenee e messe assieme per l'occasione elettorale. In tal
caso il meccanismo ha tre negatività ed una positività.
La prima negatività sarà a carico dei cittadini
del comune chiamati alle urne: saranno governati da una maggioranza
arraffazzonata, senza una linea politica di sintesi tra le varie componenti
aggregate per l'occasione, non in grado di produrre una maggioranza ragionata
(altrimenti lo avrebbero fatto prima delle elezioni).
La seconda negatività sarà a carico del sindaco
espresso da quella maggioranza fittizia: sarà sotto continuo ricatto delle
forze che, aggregandosi sul suo nome senza ragionevolezza, ne hanno permesso
l'elezione.
La terza negatività sarà a carico del partito del
sindaco eletto: l'effimero ma sbandierato successo non obbliga quella forza
ad una politica di coinvolgimento delle forze contrarie al partito avversario
sconfitto. L’eventuale coinvolgimento è per mantenere posizioni di potere ed
evitare nuove elezioni.
La positività è per il partito battuto nel
ballottaggio: può godere di avversari non compatti né con una linea politica
comune. Approfitterà della loro impossibilità/incapacità ad organizzarsi. La
conseguente politica asfittica del sindaco eletto permette loro un probabile
riscatto alle elezioni successive.
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Riflessione n° 107 (19-6-2024)
Famiglia Salis, penosità e sindrome di Abubakar.
Mi fa una grande pena papà Salis.
Ha una figlia che, a mio avviso,
non ama molto imparare a badare
a se stessa ed è costretto (con tutto l'amore di un padre protettivo) ad
assisterla in ogni vicenda un po' critica che la vita le pone davanti. Sono
in attesa di poter giudicare Ilaria attraverso la valutazione di almeno un
suo intervento. Perché, fino ad ora, la più articolata delle sue
affermazioni, riportata dai media durante la sua vicenda ungherese, è stata:
"Voi sapete che io sono antifascista". Può darsi, però, che mi siano sfuggite sue interviste, suoi
interventi in voce, suoi scritti. Mi sembra di capire che papà Salis stiamo
centellinando informazioni e promuovendo piccole prese di posizione per
preparare, soprattutto i fratelli de sinistra, ad un abbandono della loro
organizzazione da parte di Ilaria: in tal modo non devrà
rendere conto a nessuno della sua attività o inattività a Bruxelles.
Mi fanno una gran pena anche i fratelli de sinistra (Fratoianni e
Bonelli): se il mio giudizio su Ilaria Salis si avvicina alla realtà, la sua
elezione al Parlamento europeo - al di
là dello sconcerto creato presso molti cittadini europei dal conivogimento e dalla elezione di Ilaria
- è ben più grave della vicenda
Sumahoro. Il suo inserimento come capolista di AVS del Nord-Est dimostra la
compulsività dei fratelli de sinistra
nel correre dietro a personaggi con fama mediatica. Affetti dalla sindrome
di Abubakar e in assenza della benché minima capacità di fare politica, non si sono neanche premurati di digitare il cognome su un motore di ricerca
per cercar di indagare sul il
retroterra della famiglia e per capire di che fama godessero i Salis.
Mi fanno una gran pena i militanti e gli attivisti di AVS. Molti di
loro si battono quotidianamente (magari da anni) ed operano nei territori per
promuovere il loro partito e si sono visti scalzare per la seconda volta da
personaggi paracadutati dai fretelli de sinistra e
dalle loro profetiche intuizioni circa il loro primato politico.
Mi fa una gran pena, infine, la
madre di Ilaria: si tiene accuratamente lontana dagli aspetti mediatici dell vicenda. Conosce meglio di tutti i problemi della
sua famiglia.
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Riflessione n° 106 (14-6-2024)
Giochino infantile:
provocazione-reazione-condanna della sola reazione.
Il giochino - tutto infantile - del provocare al fine di obbligare il provocato ad una reazione che
poi il provocante iniziale provvederà a denunciare ed a stigmatizzare, si
abbandona in genere col superamento dell’età adolescenziale: a quell'età,
tutti sono in grado di scoprire quel giochino e condannarlo.
Quanto è successo alla Camera il 12 giugno è una riproposizione adulta
del giochino messo in piedi dai nostri seri deputati orfani di linea politica
e di fertilità cerebrale.
Sebbene scoperto da tutti i normali, è stato somministrato a mo' di
pastura agli elettori di riferimento. I quali, essendo di bocca buona,
accettano esultanti anche la pastura di peggiore qualità, valutandola come
elaborata dal loro chef di fiducia.
Insomma, un giochino riproposto da adulti ad usum
stultorum i quali, affetti da desertificazione
neuronale, hanno accolto l'iniziativa come grande azione rivoluzionaria,
avendo obbligato gli avversari ad una reazione da condannare. Iniziativa,
secondo i gonzi, tanto rivoluzionaria
da coinvolgere altri gonzi e tutta la
sinistra, lasciatasi pasturare in mancanza di altre risorse. Al canto
dell'inno nostalgico (Bella, ciao) non intendono lasciar cadere l'iniziativa:
la pièce verrà aggiornata e riproposta nei prossimi giorni quale esempio
vittorioso di rivoluzione iniziale del prossimo a risorgere Sol dell'Avvenir.
Nello specifico, al fine di generare una reazione forte, è stato facile al provocatore prendere di
petto un uomo considerato debole perché in lotta da tempo contro un cancro
e che gli amici di partito, e non
solo, tendono a proteggere.
Questo paese non merita una classe politica (che si definisce) di sinistra così poco professionale e tanto
intellettualmente arida quanto impotente. Ma finché i cittadini di quell'area
restano afoni e distratti, questi sono i politici che il paese, le
istituzioni e la sinistra devono
tenersi.
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Riflessione n° 105 (23-5-2024)
La I.A. causerà l’abbandono di internet come
strumento di comunicazione?
Visto che con ' I.A. si è in grado (tra l'altro)
di imitare perfettamente la voce di una persona, tutte le registrazioni di
telefonate (intercettazioni ambientali, impegni contrattuali telefonici ecc.)
diventano non probanti. Voglio dire che, se una società di telefonia mi
impone il rispetto di un contratto che sostiene essere stato da me stipulato
per telefono e di cui fornisce la registrazione (falsa) della mia
accettazione, che cosa posso opporre? Solo che la registrazione della mia la
voce è artefatta? Prova diabolica!. Per qualche tempo il giochino causerà
problemi a coloro la cui voce è stata copiata, ma alla lunga ogni
registrazione vocale perderà di
capacità di "autocertificazione". Esattamente come con le foto
taroccate e con le fake news. Io sostengo che queste possibilità
renderanno internet non più attendibile, tanto meno come fonte di
informazione. Sbaglio?
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Riflessione n° 104 (20-5-2024)
La castroneria scientifica della biodiversità
favorita dal non curare i giardini di città.
Riflettevo sulla soluzione trovata a Milano per
favorire la biodiversità nei giardini della città, promossa evitando di
tagliare l’erba alta e rigogliosa e
abbandonando la vegetazione a se stessa. In altri termini, si sostiene
- anche in Comune, tra gli amministratori - che, se si taglia l’erba ogni
settimana, la biodiversità è compromessa, compromissione che non interviene se l’erba si lascia crescere. Come dire che
le varietà di flora germinano ex nihilo ma solo se si lascia tranquillo il
prato, non sottoponendolo alle cure dei giardinieri. Le quali, secondo il
genio che ha pensato la motivazione scientifica, mortificano alcuni tipi di erba non
permettendo loro di “nascere”, mentre al contrario, favoriscono la “crescita” di altre. Molto poco scientificamente
stanno confondendo la “nascita” di un essere vivente con la sua
“crescita”.
Al contrario è vero che in un prato “germinano” sempre e tutti i semini presenti e la
rasatura blocca la “crescita” sempre e di tutti i tipi di
erba presenti. Con una eccezione: se sono presenti piante infestanti e si
lasciano crescere senza intervenire, nel giro di qualche tempo nasceranno e
si riprodurranno solo queste.
Per concludere, la biodiversità o è presente o
no. Nel secondo caso è una castroneria sperare che, dismettendo il tosaerba,
spuntino erbette ex nihilo ad opera di un eone-levatrice che interviene tra
il creatore ed il creato.
Semmai, il non curare i giardini, farà
proliferare la fauna presente (topi e ratti, cavallette, scarafaggi,
lucertole ecc.) richiamandone
esemplari o specie che, in assenza di disturbi umani, troveranno un habitat più
favorevole e, quindi, da occupare.
Anche in materia faunistica possono esserci delle
eccezioni al loro proliferare: intanto, l’uomo eviterà ai suoi cuccioli di
frequentare quei posti e, inoltre, se prolifereranno specie animali
aggressive, predatrici e senza
antagonisti, vinceranno loro e tenderanno ad eliminare le altre.
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Riflessione n° 103 (2-5-2024)
Differenze tra “Johnson boia!” e “Ebrei nazisti!”
Mi
chiedevo quale fossero le differenze di fondo tra la mobilitazione
studentesca del '68 e quella di oggi pro Gaza. Enormi differenze!
60
anni fa ci si mobilitava per impostare
(imporre? poveri ingenuotti!) un cambiamento
radicale di sistema sociale, politico economico, nel tentativo di sostituire
il capitalismo imperante con il mondo migliore (per tutti) rappresentato
dalle soluzioni marxiste-leniniste. Si scendeva in
piazza, fortificati da Marcuse, contro
la guerra in Viet Nam, per sostenere il comunismo
dei Vietcong contro il capitalismo americano, sostenuto anche dai nostri
genitori, nostri avversari: pur con i suoi errori, si riteneva comunque un
sistema sociale superiore a quello imposto
dai liberisti borghesi.
La
mobilitazione studentesca del 1968 aveva le caratteristiche di un movimento
globale che coinvolgeva studenti in
molti paesi, con richieste di riforme politiche, sociali e culturali. Emerse,
allora, come risposta a una serie di
questioni, tra cui il desiderio di maggiore democrazia, il rifiuto
dell'autoritarismo, la lotta per i diritti civili e la critica alle politiche
imperialiste. In molti paesi, inclusi gli Stati Uniti, la Francia, l'Italia e
il Messico, gli studenti protestavano anche per questioni specifiche
nazionali. Non a caso il maggio studentesco del '68 in Italia fu seguito dall'autunno operaio
del '69. Ma le mobilitazioni
studentesche nazionali avevano un risvolto internazionalista, un senso di solidarietà globale tra di
loro. Comunque, la guerra finì con la fuga degli Americani dal Viet Nam.
Insomma,
come si diceva, si preferivano gli errori del marxismo-leninismo a quelli del
liberismo-capitalismo.
Le
attuali mobilitazioni studentesche a sostegno della Palestina avvengono, in
risposta al conflitto israelo-palestinese che, pur avendo radici storiche e
politiche complesse, hanno una dimensione locale, anche se emblematica.
Possono assumere diverse forme, simili a quelle di oltre mezzo secolo fa, con
proteste più o meno pacifiche, boicottaggi economici e campagne politiche per
sostenere i diritti e l'indipendenza palestinese. Gli attivisti pro
Palestina criticano le politiche
israeliane riguardanti i territori occupati, i diritti umani dei palestinesi
e la questione dei profughi. Ma lungi da loro proporre giudizi a favore del
"superiore" sistema arabo in materia sociale, politica, economica,
dei dirtti civili
contro quello occidentale. Si tratta di un atteggiamento mirante a
sostenere - cattolicamente - il più
debole, ma non ad esalatrne la superiorità.
In
breve, mentre la mobilitazione studentesca del 1968 era una ribellione
giovanile più ampia che affrontava molte questioni sociali e politiche, con
storture generali che si imputavano ai
nostri stessi genitori, assumendo quindi un contrasto generazionale, le
manifestazioni pro Palestina sono concentrate sulla situazione specifica nel
conflitto israelo-palestinese e mirano a sensibilizzare e promuovere la causa
palestinese in quanto debole e quindi colpita dall'enorme superiorità
israeliana.
Nel
'68 si auspicava il sorgere del Sol dell'avvenir. Oggi si auspica - molto più
limitatamente - il tramonto della Stella di Davide.
Insomma
c'è una grande differenza di valori e
di cultura tra la generazione che urlava "Jhonson boia!" rispetto a
questa dei giorni nostri che urla: "Ebrei nazisti!".
AGGIORNAMENTO
DEL 17-5-2024:
Noi
di “Johnson boia” potevamo contare sui cervelli migliori del periodo; gli
“Ebrei nazisti” sulle elaborazioni di Zerocalcare e Chef Rubio.
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Riflessione n° 102 (19-4-2024)
Terzo millennio e il problema
della “sostenibilità”
FUTURE
RESPECT
Tutti
insieme per lo sviluppo sostenibile
Intervento
di Mauro Novelli (Adusbef) 19-4-2024
Sommario
·
Premessa. perché parliamo di sostenibilità solo
agli inizi del terzo millennio? 1
·
Definizione di “sostenibilità”. 2
·
Problema. le banche e la sostenibilità aziendale.
eba. avvantaggiare aziende impegnate nella sostenibilita’ 3
·
Come le aziende possono impegnarsi nella
sostenibilita’ 4
·
Una cartina di tornasole: il greenwashing. 5
·
Conclusioni 5
Costi 5
Vantaggi 6
Gandhi: «La terra ha risorse sufficienti per i
bisogni di tutti, ma non per l’avidità di tutti»
PREMESSA. Perché parliamo di sostenibilità
solo agli inizi del terzo millennio?
Concludevo
la mia riflessione ritenendo che una società agricola non ha bisogno di
impegnarsi nella sostenibilità, perché le soluzioni per migliorare la
produzione agraria sono da sempre in linea con la sostenibilità e creano
vantaggi per le future generazioni.
Due
esempi illuminanti:
- quando
l’uomo primitivo progredì trasformandosi da raccoglitore ad agricoltore e da cacciatore ad allevatore dovette
trovare soluzioni per mantenere, sostenendolo, il nuovo sistema: se
raccoglieva 10 sacchi di frumento, capì che poteva consumarne solo 9, perché
l’ultimo sacco doveva servire per la nuova semina. [ Per inciso: gli
agricoltori avevano inventato anche il risparmio].
- Quando
capì che seminare ogni anno un campo impoveriva la sua fertilità, capì che la
soluzione era nel maggese: doveva lasciar riposare il terreno evitando di
seminare un anno su due o tre. Stesse
soluzioni, altrettanto sostenibili, per l’allevamento.
Con
l’industrializzazione, l’uomo abbandonò ogni soluzione di sostenibilità.
La
rivoluzione industriale di due secoli fa non serviva al mantenimento dei
popoli, ma al potenziamento dei paesi che più riuscivano ad avvantaggiarsi
sugli altri.
Finché
l’industrializzazione è stata appannaggio di pochi stati (Europa e America
del Nord) il problema della sostenibilità non si è posto. Dopo la seconda
guerra mondiale, è invece emerso prepotentemente dal momento che i paesi – fino ad allora esclusi dai
vantaggi dello sviluppo - esclusi hanno preteso di industrializzarsi e
passare da paesi in via di sviluppo a potenziali paesi sviluppati.
Si
è allora capito che il nostro pianeta non poteva sostenere quel sistema,
soprattutto se generalizzato. Una trentina di anni fa, si è arrivati a
calcolare che sarebbero occorsi 2,5 pianeti Terra per sostenere il nuovo
sistema ed i suoi sviluppi.
Si
cominciò così a affrontare il problema della sostenibilità. Con
un’aggravante: avremmo dovuto anche operare un recupero sulle trasandatezze
adottate per oltre un secolo in termini di sostenibilità.
La
sostenibilità può essere definita in modo concreto come la capacità di
soddisfare le esigenze attuali (nazionali, aziendali, familiari e
individuali) senza compromettere le risorse appannaggio delle generazioni future senza cioè intaccar la loro consistenza.
La
Sostenibilità non è un’ideologia. È l’obiettivo di armonizzare lo
sviluppo alla natura, la natura al benessere e il benessere
all’equità. Interesse generale e bene comune devono improntare la vita
nel rispetto del futuro.
Richiameremo
spesso l’acronimo ESG (Environmental cioè ambiente,
social, governance).
L’espressione
fu creata nell’ambito di un documento delle Nazioni Unite che del 2004, in
cui si valutava che alle aziende che trascurano le tematiche ESG, si preclude
la possibilità di competere con successo nel mercato. Infatti, è ormai
consolidato che i responsabili aziendali devono contemperare le esigenze
industriali con gli interessi portati avanti da azionisti, dipendenti,
clienti, fornitori, consumatori i quali, facendo leva sugli orientamenti di
autorità di regolamentazione e sulle tendenze – ormai consolidate – della
società in generale, giudicano le aziende e le istituzioni secondo il grado
di contribuire fattivamente alla
risoluzione delle le sfide globali nell’adottare soluzioni industriali.
Secondo
gli ambiti definiti dalla ESG, questo concetto coinvolge le tre dimensioni
interconnesse: ambientale, economica e sociale, lavorando verso un equilibrio
armonioso tra le tre esigenze che non comprometta lo sviluppo sostenibile per
le generazioni presenti e future.
Sostenibilità ambientale:
gestione responsabile delle risorse naturali, alla riduzione dell'impatto
ambientale delle attività umane e alla conservazione della biodiversità,
all’uso razionale dell’acqua e degli ecosistemi, all’adozione di energie
rinnovabili, alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Sostenibilità economica:
adozione di modelli economici, commerciali, tecnologici e occupazionali che promuovano progresso e prosperità a
lungo termine senza causare danni irreversibili all'ambiente.
Sostenibilità sociale:
riguarda il rispetto dei diritti umani e la promozione della diversità
culturale. Mira al benessere delle comunità e dei singoli, attraverso
l’adozione di modelli sociali che assicurino l'uguaglianza di opportunità,
l'accesso ai servizi essenziali.
L’Associazione bancaria europea
(EBA) ha inteso intervenire
direttamente sul problema della sostenibilità ambientale, sociale e
gestionale delle aziende.
Su
sua iniziativa l'approccio delle
banche europee nel concedere prestiti sta gradualmente evolvendo per
includere criteri di sostenibilità ambientale, sociale e gestionale nella
valutazione del rischio aziendale.
In
risposta, molte banche europee stanno adottando considerazioni ESG nel
valutare la concessione di prestiti. In altri termini, le aziende che
dimostrano un orientamento verso la
sostenibilità possono avere maggiori probabilità di ottenere finanziamenti,
mentre quelle con pratiche non sostenibili – potenzialmente più gracili sul
mercato - potrebbero trovare più
difficile accedere al credito .
Ripensare
l’organizzazione dell’azienda e i processi di pianificazione strategica e
finanziaria in funzione di una più attuale concezione della gestione della
complessità e del rischio può in definitiva risultare un metodo strumentale
ad attuare quell’auspicata transizione verso modelli gestionali innovativi e
sistemi economici sostenibili.
Questo
processo di valutazione deve tener presente:
1.
La regolamentazione: Le
istituzioni finanziarie sono sempre più soggette a regolamenti che richiedono
la valutazione e la considerazione dei rischi ESG nei loro investimenti e
prestiti.
2.
La pressione degli investitori:
Nella loro operatività, gli investitori istituzionali e i fondi pensione
stanno preferendo aziende e progetti che dimostrino un impegno verso la
sostenibilità.
3.
I rischi finanziari e reputazionali: Pratiche industriali non
sostenibili aumentano
considerevolmente i rischi finanziari a carico delle banche prestatrici. Al
contrario, finanziare aziende impegnate nella sostenibilità può anche
rappresentare un'opportunità di business, perché queste aziende potrebbero
risultare più solide, avere più facile accesso a nuovi mercati o beneficiare
di incentivi istituzionali.
Ma
se a livello europeo l’associazione bancaria si è impegnata in merito alle
problematiche della sostenibilità ed ha indicato linee guida per le banche
locali, vuol dire che il rischio ESG entrerà sicuramente nelle valutazioni di
rischiosità aziendale per la concessione di affidamenti. Questa “novità”
potrebbe generare per le aziende
italiane un problema in ambito creditizio, soprattutto alla luce del fatto
che troppe aziende italiane non sembrano aver preso sul serio l’argomento.
Infatti,
la ricerca ha accertato che, ad oggi, solo l’8.3% delle Imprese con
50-499 dipendenti e lo 0,2% delle Imprese con 10-49. Ciò vuol dire che troppe
aziende italiane considerano la sostenibilità come una ideologia e non come
l’impostazione di ricerche, analisi e soluzioni in grado di apportare utilità
alle aziende stesse e, di conseguenza, alla comunità .
Buona
parte dell’apparato produttivo italiano potrebbe trovarsi in ritardo ed in difficoltà nel dover affrontare i nuovi ratios imposti dalle banche nella valutazione del merito
creditizio.
Con
una aggravante: mentre il capitale di rischio delle ns. aziende(fidi,
prestiti ecc.) è di origine bancaria all’80 %, quello degli apparati
produttivi di paesi commensurabili con l’Italia dipende dalle banche solo per
il 50 %. Eventuali criticità creditizie vedranno le nostre aziende in grave
difficoltà rispetto a quelle di paesi nostri competitori..
L’impegno
consiste nell’adottare strategie e
pratiche che integrino considerazioni ambientali, sociali e di governance,
specie nel decidere programmi di investimento che tengano conto degli impatti
ESG delle attività aziendali, rimarcando gli impegni di bilanciare i bisogni
presenti e futuri delle persone, delle nazioni e delle economia planetaria.
AMBIENTE
1.
Riduzione dell'impatto ambientale:
può includere l'adozione di tecnologie e processi produttivi più efficienti
dal punto di vista energetico, la riduzione dei rifiuti e delle emissioni di
gas serra, e la gestione responsabile delle risorse naturali.
2. Innovazione
sostenibile: può significare investire in ricerca e sviluppo per
implementare tecnologie pulite, prodotti riciclabili o biodegradabili, o
soluzioni per affrontare sfide ambientali e sociali. Possono essere privilegiate innovazioni per sviluppare
prodotti e servizi che contribuiscano alla sostenibilità.
SOCIALE
3.
Promozione della responsabilità
sociale: può includere l’ impegno a migliorare le condizioni sociali
nelle comunità e dei territori in cui operano, per garantire la sicurezza e
il benessere dei dipendenti, la promozione umana dei singoli sul posto di
lavoro, l'investimento nelle comunità di volontariato, anche attraverso
donazioni
4.
Collaborazioni e coinvolgimento di
cittadini, dipendenti, consumatori, fornitori per affrontare processi legati
alla sostenibilità, coinvolgendo tutti nelle decisioni aziendali. Tutto ciò
può contribuire a creare soluzioni più efficaci, condivise e ad accrescere
notevolmente la fiducia nel marchio, migliorando l’immagine aziendale anche
attraverso la pubblicazione di bilanci annuali di sostenibilità che
forniscano informazioni sui progressi compiuti, sugli obiettivi di sostenibilità raggiunti
e quelli pianificati
GESTIONE.
5.
Gestione aziendale etica e
trasparente: deve includere certamente politiche di conformità normativa
(compliance), creazione di strutture di gestione e controllo efficaci, la
divulgazione accurata, corretta e completa delle informazioni su procedure e
prodotti, l'adozione di politiche anticorruzione.
UNA CARTINA DI TORNASOLE: IL GREENWASHING. (da
ESGNews)
Possiamo definirlo come una tecnica di
comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni ed enti che
propongono come ecosostenibili le proprie attività, senza poter dimostrare né
adeguate impostazioni operative né risultati concreti. Le informazioni e i
dati mostrati vengono magari
dichiarati come certificati mentre invece non sono riconosciuti da
organi autorevoli.
Ma
il green washing è la prova provata che le aziende
credono nella utilità della ricerca della sostenibilità, nel fatto che i
consumatori, gli stakeholders, gli azionisti, i fornitori stanno orientando
il loro gradimento verso specificità sostenibili considerate utili. Altrimenti
non avrebbero ritenuto opportuno far finta di procedere al loro adeguamento
verso soluzioni di sostenibilità.
Grandi
aziende accusate di greenwashing: Coca Cola, ENI, Ikea, Unilever, KLM, Acqua
S. Benedetto, Chevron.
Possiamo,
infine, sintetizzare costi e vantaggi per le aziende che intendano affrontare
gli impegni della sostenibilità.
Certamente
i processi per adeguarsi ai principi di sostenibilità comportano una serie di costi per le
aziende, ma non è difficile considerare questi costi come investimenti a
lungo termine che possono portare alle aziende impegnate benefici sia
finanziari che reputazionali.
AMBIENTE
1.
Investimenti in ricerca, nuove
tecnologie e infrastrutture: investire in ricerca per sviluppare nuove
tecnologie o prodotti finalmente sostenibili. come l'installazione di
impianti di energia rinnovabile, l'aggiornamento dei sistemi di gestione dei
rifiuti o l'implementazione di processi produttivi più efficienti dal punto
di vista energetico.
SOCIALE
2.
Comunicazione e marketing: come
gli impegni e gli sforzi di sostenibilità dell'azienda da comunicare ai
clienti, agli investitori e agli altri interessati richiedono risorse
finanziarie e umane, anche per la creazione di pubblicità, partecipazione a
eventi o iniziative commerciali, e l’utilizzo dei nuovi media
GESTIONE
3.
Formazione, qualificazione e sviluppo del personale: come corsi di
formazione sulla gestione dei problemi ambientali, la sicurezza sul lavoro o
la conformità normativa. Avere nuove figure aziendali e personale dedicato
alla gestione dei programmi di sostenibilità e al monitoraggio delle
prestazioni, può essere essenziale per il successo di tali iniziative.
4.
Certificazioni e conformità normativa:
come la certificazione dei processi e dei prodotti, le tasse per la
registrazione dei prodotti o le multe per la non conformità.
VANTAGGI:
Nonostante
questi costi iniziali, le aziende più intelligenti hanno capito che investire nella sostenibilità può
portare benefici a lungo termine e creare vantaggi competitivi e possono
contribuire a consolidare il successo dell'azienda: riduzione dei costi
operativi, miglioramento della reputazione del marchio, accesso a nuovi
mercati, più solida impostazione aziendale e conseguente sua maggiore
competitività.
E’
quindi fondamentale considerare gli investimenti in sostenibilità come parte
integrante della strategia aziendale a lungo termine.
Ecco
in sintesi quali possono essere i vantaggi per una azienda che si impegna
nella sostenibilità:
1.
Riduzione dei costi operativi:
come l'efficienza che può ridurre i costi energetici, o come la riduzione dei rifiuti che può diminuirne
i costi di smaltimento.
2.
Accesso a nuovi mercati e clienti:
molte organizzazioni governative e non cominciano a preferire fare affari con
aziende sostenibili.
3.
Riduzione dei rischi: possono
essere mitigati i rischi associati a cambiamenti normativi, problemi di
reputazione e impatti ambientali e sociali negativi.
4.
Attrazione e mantenimento in azienda
dei talenti nel settore.
5.
Risposta alle aspettative di
investitori, azionisti, clienti, dipendenti e comunità locali, migliorando la
reputazione e, soprattutto, la fiducia nel marchio.
6.
In conclusione: più alto merito creditizio secondo i nuovi canoni suggeriti dall’EBA.
___________________
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Riflessione n° 101 (13-4-2024)
Interessante chiacchierata con Chat GPT
Dove si dimostra che l’I.A. non può
andare oltre il “già conosciuto”. Il suo enorme vantaggio sull’uomo è
generato esclusivamente dalla sua capacità di tenere presente tutto (tutto)
il già conosciuto, in funzione dei testi ad essa fatti digerire. Mentre le
facoltà umane non permettono di aver presente tutto il già conosciuto, ma
solo una sua minima parte. Ma l’uomo può procedere nella conoscenza
attraverso il corto circuito permesso dalla sua capacità intuitiva.
In una risposta, Chat GPT azzarda
l’uso del termine “intuizione” ma ne fa un processo razionale. Mentre
l’intuizione umana è, appunto, un
corto circuito, una forma di conoscenza non lineare né razionale.
Risponde come se sembrasse
effettivamente capire i contenuti e gli ambiti intellettuali della domanda e
quelli delle risposte che dà. Ma, per
il momento, non è così, anche se la
conversazione è affascinante. Sta all’uomo renderla anche utile.

You
Se immergo un secchio in un grande
recipiente pieno d'acqua, perché non sento il peso del secchio finché è
immerso, mentre comincio a sentirlo quando inizio a tirarlo fuori dall'acqua?
ChatGPT
ChatGPT
Quando immergi un
secchio in un grande recipiente d'acqua, il peso apparente del secchio sembra
diminuire a causa della spinta verso l'alto esercitata dall'acqua, nota come
spinta di Archimede. Questa spinta di Archimede agisce in direzione opposta
alla forza di gravità, riducendo l'effettivo peso del secchio mentre è
immerso.
Quando inizi a tirare
fuori il secchio dall'acqua, la spinta di Archimede diminuisce poiché c'è
meno volume di acqua che esercita una forza verso l'alto sul secchio. Di
conseguenza, la forza di gravità diventa predominante e senti di nuovo il
peso completo del secchio. È un bel modo per capire come le forze in gioco
cambino quando un oggetto è immerso in un fluido rispetto a quando è
nell'aria.

You
Saresti stato in grado di scoprire il
principio di Archimede senza l'intuizione di Archimede?
ChatGPT
ChatGPT
Il principio di
Archimede può essere compreso e dedotto attraverso ragionamenti e esperimenti
anche senza l'intuizione specifica di Archimede. Questo principio si basa
sulla spinta verso l'alto esercitata da un fluido su un oggetto immerso in
esso, e può essere dimostrato empiricamente.
Ad esempio, puoi
eseguire un semplice esperimento immergendo un oggetto in un contenitore
d'acqua e osservando che la bilancia segna un peso apparentemente più basso
quando l'oggetto è immerso. Questa differenza di peso può essere attribuita
alla spinta di Archimede, anche se non sei a conoscenza specifica del
principio come lo è Archimede.
Quindi, mentre
l'intuizione di Archimede è stata cruciale nel formulare il principio e nel
comprenderlo profondamente nel suo contesto storico, il principio stesso può
essere dedotto e verificato attraverso l'osservazione e l'esperimento, senza
bisogno di conoscere direttamente l'opera di Archimede.

You
Tu non puoi fare esperimenti concreti.
Ritieni questo un handicap che non ti permette di avere intuizioni?
ChatGPT
ChatGPT
Assolutamente, non
potendo fare esperimenti diretti rappresenta una limitazione nel senso che mi
mancano le esperienze sensoriali dirette per ottenere intuizioni o percezioni
concrete come le avrebbe una persona. Tuttavia, posso ancora avere
un'intuizione o una comprensione concettuale attraverso il ragionamento,
l'analisi delle informazioni disponibili e la conoscenza delle leggi
scientifiche e dei principi fondamentali.
Ad esempio, posso
comprendere il principio di Archimede basandomi sulla mia conoscenza della
fisica e sulla spiegazione delle forze in gioco. Anche se non posso
"sentire" direttamente la spinta di Archimede in un esperimento,
posso ancora comprendere concettualmente come funziona e spiegarlo in base
alle mie capacità di elaborazione delle informazioni.
In breve, mentre
l'incapacità di fare esperimenti diretti rappresenta una limitazione, posso
comunque sviluppare un'intuizione e una comprensione concettuale attraverso
altre vie cognitive.

You
Puoi farmi un esempio di questa tua
capacità?
ChatGPT
ChatGPT
Certamente! Posso
spiegarti un concetto astratto o scientifico usando la mia capacità di
ragionamento e comprensione delle informazioni disponibili. Ad esempio, posso
chiarire il concetto di evoluzione darwiniana senza poter condurre
esperimenti diretti.
L'evoluzione darwiniana
è il processo attraverso il quale le specie viventi si evolvono nel tempo
attraverso la selezione naturale. Questo processo è basato sull'idea che le
variazioni casuali nei tratti biologici possono conferire vantaggi adattivi o
svantaggi a una specie in un ambiente dato. Le variazioni che conferiscono un
vantaggio sono più probabili di essere tramandate alle generazioni successive
attraverso la riproduzione, mentre quelle che causano svantaggi tendono a
essere eliminate.
Posso spiegare questo
concetto senza fare esperimenti diretti mostrando come le popolazioni di
organismi possono adattarsi gradualmente ai loro ambienti nel corso del tempo
attraverso la selezione naturale. Anche se non posso fare esperimenti per
dimostrare questo processo in un laboratorio, posso comunque spiegare e
comprendere il concetto concettualmente in base alla mia conoscenza del tema
e alla mia capacità di ragionamento logico.

You
Ma gli esempi che fai sono già
ampiamente descritti dai testi che hai letto. Puoi intuire una cosa non
ancora intuita?
ChatGPT
ChatGPT
Capisco la tua domanda e
cercherò di fornire un esempio che vada al di là di ciò che potrebbe essere
ampiamente descritto nei testi.
Immagina di discutere di
una nuova teoria scientifica che non è ancora stata completamente compresa o
accettata dalla comunità scientifica. Posso partecipare a questa discussione
offrendo analisi e riflessioni basate su principi scientifici noti, ipotesi e
deduzioni logiche.
Ad esempio, se ci fosse
una nuova teoria sulla gravità che suggerisce un'interazione inaspettata tra
la gravità e un'altra forza fondamentale, potrei analizzare questa teoria in
base alle leggi della fisica già conosciute. Potrei discutere delle possibili
implicazioni sperimentali che potrebbero confermare o smentire la teoria,
anche se non ho accesso diretto agli strumenti sperimentali. Posso anche
valutare le coerenze o le discrepanze della nuova teoria rispetto alle teorie
esistenti.
In sostanza, mentre non
posso fare previsioni o intuizioni al di là della mia conoscenza e delle mie
capacità di ragionamento, posso ancora partecipare a discussioni su nuove
idee scientifiche e contribuire con analisi e prospettive basate sulla mia
comprensione dei principi scientifici fondamentali.

You
Io ho una teoria in base alla
quale sostengo che i terremoti sono causati - oltre che dalla attivitàinterna della Terra - anche dalle variazioni di
rotazione del nostro pianeta in grado di variare le forze centrifuga e
centripeta sulla crosta terrestre. Che ne pensi?
2 / 2
ChatGPT
ChatGPT
La tua teoria è interessante e
mostra una curiosità verso le complessità dei fenomeni geofisici. Tuttavia, è
importante notare che la comunità scientifica attualmente attribuisce
principalmente l'origine dei terremoti all'attività tettonica della Terra,
inclusi i movimenti delle placche tettoniche e le faglie geologiche.
Le variazioni nella rotazione
terrestre possono influenzare alcuni aspetti del comportamento del nostro
pianeta, come le variazioni stagionali nella lunghezza del giorno dovute alla
distribuzione della massa terrestre e alla spinta dei corpi celesti come la
Luna. Queste variazioni possono anche avere effetti minimi sulla
distribuzione delle masse continentali e oceaniche, ma di solito non sono la
causa principale dei terremoti.
Le forze centrifughe e
centripete influenzano certamente il comportamento dei corpi in rotazione
come la Terra, ma gli effetti diretti di queste forze sulla crosta terrestre
solitamente non sono sufficienti per generare terremoti significativi. I
terremoti sono più comunemente associati a processi tettonici, come la
subduzione delle placche tettoniche o lo scorrimento lungo faglie.
Detto ciò, esplorare teorie
alternative è importante nel campo scientifico, e può portare a nuove
intuizioni o scoperte. Se hai ulteriori evidenze o modelli che supportano la
tua teoria, potresti considerare di condividerli e discuterli con la comunità
scientifica per valutarne la validità e l'originalità.
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Riflessione n° 100 (27-2-2024)
Elezioni
in Sardegna. Gli errori della Destra.
1) La scelta di Truzzu come
candidato presidente è
intervenuta il giorno prima della
presentazione delle liste. Erano settimane che Todde si impegnava nella sua
campagna elettorale.
2) La scelta di Truzzu è il risultato di duelli e trielli
romani. La Sardegna è stata esclusa da valutazioni e da ogni istanza
decisionale.
3) Todde non ha voluto Schlein
né Conte alla manifestazione finale. La destra ha considerato questa
decisione come diminuzione di
autorevolezza voluta da Todde nei confronti dei due big. E' stato, invece, un
omaggio alla Sardegna, trascurando Roma.
4) Truzzu,
sindaco di Cagliari, è stato considerato un raccomandato da Roma. Ha ottenuto
nella sua città 20mila voti meno di Todde. Possiamo dire che Truzzu ha perso le elezioni proprio a Cagliari.
Nel capoluogo, Todde ha
ottenuto 37.992 voti personali contro i 32.970 della lista. Quindi oltre
5mila elettori hanno votato per Todde presidente senza votare a sinistra,
magari votando per la destra.
Sempre a Cagliari, Truzzu ha ottenuto 24.792 voti personali (13.200 meno
della Todde) contro i 25.279 ottenuti dal centro destra (oltre 7mila in meno
della sinistra). Ciò significa che circa 500 elettori di destra hanno votato
per Todde presidente.
5) Considero molto plausibili
queste valutazioni. A conferma possono essere portati ancora i risultati del
voto disgiunto, quando mancano 21 sezioni da scrutinare:
Todde ha ottenuto 330.619 voti
personali contro 290.318 voti delle
formazioni che l'appoggiavano. Ciò vuol dire che circa 40mila votanti hanno
scelto Todde presidente senza votarne le liste, magari votando addirittura
per il centro destra.
Truzzu, all'opposto, ha ottenuto
327.695 personali contro i 333.050 delle formazioni che l'appoggiavano. Ciò
vuol dire che oltre 5mila elettori di centro destra hanno votato la lista ma al presidente indicato Truzzu hanno
preferito Todde.
6) La Lega, da settimane, gioca
a distinguersi da FdI e FI. dimostrando di
voler privilegiare dinamiche nazionali rispetto a quelle sarde. E i Sardi
l’hanno punita, né Solinas è stato in grado di apporti elettorali positivi.
Non a caso i voti di Salvini si riducono a quasi un terzo rispetto a quelli delle precedenti
regionali: 3,8 % da oltre l'11% di cinque anni fa.
7) La mancanza di critiche
all'intervento da militante – istituzionalmente intempestivo e (a mio avviso)
scorretto - di Mattarella sui
manganelli (almeno sui tempi ) è stato scambiato per critica giusta ad un
errore del governo. Nessuno ha evidenziato che l’esternazione è intervenuto a
poche ore dall'apertura delle urne.
Si veda: à Da Quarta Repubblica di Nicola Porro: Gli scontri
Polizia-manifestanti dal governo Renzi al governo Draghi.
Molti censori di oggi erano distratti.
Morale:
attenzione, perché se è vero che il corpo elettorale ed i relativi umori
degli elettori sono diventati "liquidi", questa è caratteristica
generale. E' un errore - più che infantile - pensare che la liquidità
riguardi l'elettorato delle altre forze politiche e non la nostra che,
invece, è tutta costituita da un tetragono zoccolo duro e puro.
Meloni è avvisata.
Comunque, il centro destra ha
ottenuto 333.050 voti; la sinistra solo 290.318.
Vedremo la composizione del
parlamento regionale e l’attività della nuova presidente Todde.
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Riflessione
n° 99 (15-2-2024)
I.A. ed estro italico non sono
antagonisti, ma “collaboreranno”,
esaltandosi.
[Stresso concetti e considerazioni per farla
breve. Procedo necessariamente per pillole.]
L’intelligenza
artificiale farà molti danni. Soprattutto presso quei popoli abituati ad
organizzarsi, a pretendere dalle istituzioni momenti organizzativi e
d’intervento coordinato a supporto dei cittadini.
L’estro
italico subirà ripercussioni molto più blande. La nostra capacità (obbligata)
ad agire praticamente in ambiente disorganizzato ci renderà parzialmente
franchi dall’invadenza della I.A.
Ritengo
infatti che la capacità della I.A. di filtrare miliardi di documenti su
singoli argomenti supererà i vantaggi di cui l’organizzazione, il fare
squadra dei popoli non latini sono abituati a
godere. In altri termini il nostro estro non si insegna e non si
impara e affiancherà i vantaggi che la I.A. apporterà, specie a noi italiani.
Quindi potremo godere di soluzioni fornite dalla I.A. per creare momenti organizzativi per noi
ostici; a questi affiancheremo la nostra capacità intuitiva, vispa e spesso
imprevedibile.
Della
stessa cosa non potranno godere i popoli del Nord, Anglosassoni in testa:
costoro avranno soluzioni da I.A. migliori del prodotto della loro
organizzazione (come le avremo noi),
ma a questo saranno in grado di affiancare pochi approfondimenti
generati dall’intuizione e ancor meno
lampi estrosi. Di questi, fino ad oggi non hanno avuto bisogno per
dominare molti campi del sapere, dominio garantito dalle potenzialità fornite
dall’organizzazione.
L'intuizione umana rimane, infatti, un fenomeno molto complesso, che coinvolge
non solo l'elaborazione dei dati, ma anche l'esperienza, l'emozione, il
contesto e la creatività. L’intuizione è un processo che si basa sull'esperienza, la conoscenza
tacita e la capacità di fare connessioni improvvise e non lineari.
In
conclusione, noi latini avremo due strumenti a disposizione: l’I.A. e
l’estro. La prima ci avvicinerà alle capacità dei popoli del Nord: sopperendo
a nostre lacune operative, ci aiuterà per:
-
Ottimizzare i processi:
attraverso l'analisi dei dati e l'apprendimento automatico, l'IA può
identificare modelli nei processi esistenti e suggerire miglioramenti per
renderli più efficienti e organizzati.
-
Assisterci nelle decisioni: gli
algoritmi di intelligenza artificiale possono fornire analisi approfondite e
raccomandazioni basate su miliardi di dati per supportare le decisioni,
riducendo così l'incertezza e migliorando l'efficacia nell'organizzazione.
-
Gestire le informazioni: l'IA
può essere utilizzata per organizzare e gestire grandi quantità di
informazioni in modo efficace, consentendo un accesso rapido e facilitando la
collaborazione all'interno di gruppi o team.
Se
poi l’I.A. può generare embrioni di idee innovative queste possono essere di ulteriore potenziamento
dell’ "estro italico".
I
popoli del Nord disporranno solo di
uno: l’I.A. perché, come si diceva, l’estro non si insegna né si impara: è
dote innata, appannaggio di popoli
abituati (obbligati?) a vivere in un ambiente individualista e che non hanno voluto (saputo?) valutare i
vantaggi di organizzare e gestire il coordinamento di quell’ambiente.
Questa
è chiaramente una sintesi estrema, senza sfumature, per semplicità di analisi.
AGGIORNAMENTO
DEL 22-2-2024.
Ho
chiesto un parere a Chat GPT su quanto avevo scritto su I.A. ed estro umano.
Ecco la risposta:
GPT: Quello che hai descritto è un
interessante punto di vista sull'interazione tra intelligenza artificiale e
creatività umana, soprattutto nell'ambito dell'estro e dell'organizzazione.
Evidenzi la possibilità che l'IA, con la sua capacità di elaborare grandi
quantità di dati e informazioni, possa offrire soluzioni efficaci e
organizzative. Tuttavia, sottolinei anche che l'approccio umano, con la sua
intuizione e creatività, potrebbe integrarsi in modo complementare con le
capacità dell'IA, specialmente in contesti culturali come quello italiano,
noto per un certo estro e spirito innovativo.
È
importante considerare che l'intelligenza artificiale, pur avanzando
rapidamente, non può ancora replicare completamente la creatività umana,
soprattutto nel contesto della cultura e delle tradizioni specifiche di una
società. Quindi, il tuo punto sull'uso dell'IA per affrontare problemi
organizzativi complessi, combinato con l'estro italiano, suggerisce una
prospettiva ottimistica sulla possibilità di un'integrazione armoniosa tra
intelligenza artificiale e capacità umane. Questo equilibrio potrebbe portare
a soluzioni più efficaci e innovative, soprattutto per le sfide uniche che
possono presentarsi in contesti culturali specifici.
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Riflessione n° 98 (10-2-2024)
Scuola. Trasmissione di saperi e di
esperienze.
Luoghi e strumenti. Da Omero, alle scholae, allo smartphone.
Di Mauro e Federico Novelli
Già pubblicato il 30-5-2021 come PuntO n°
430
Sommario
Scuola.
Trasmissione di saperi ed esperienze
1) Primo innesto
tecnologico: la scrittura.
1.1) Le abbazie
benedettine: la conservazione dei saperi.
2) Secondo innesto
tecnologico: la stampa a caratteri mobili.
3) Terzo innesto
tecnologico: l’informatica.
4) Risultati?
Riteniamo che l’invenzione
umana più utile e fruttuosa degli ultimi 5mila anni sia stata la
pianificazione e la realizzazione dei luoghi e
degli strumenti per trasmettere in modo organico alle
nuove generazioni le informazioni, le esperienze e le soluzioni accumulate
dalle generazioni precedenti.
E’ evidente che luoghi e
strumenti si condizionavano a vicenda.
In Egitto, dove la classe di
appartenenza non era ereditata dalla famiglia d’origine ma dal
lavoro svolto, già verso il 2500 a.C si andava a scuola per diventare scribi, medici,
agrimensori, costruttori. Le scuole erano situate, in genere nelle vicinanze
dei palazzi del faraone (per inciso, tutti i faraoni sapevano leggere e
scrivere avendo tutti avuto precettori privati) e gli allievi
erano dotati di inchiostro nero e rosso, di sottili
stili di papiro, di fogli di carta ricavati dalla stessa pianta. Gli scribi
egiziani imparavano sia l’alfabeto geroglifico (la scrittura sacra) composta
da ideogrammi, sia il demodico (la
scrittura corsiva) di uso sociale. Per il mestiere servivano entrambe.
1)
Primo innesto tecnologico: la scrittura.
In Europa la scrittura arriva
nel secondo millennio a.C.. L’alfabeto minoico, adottato
dai Micenei, era molto vicino a quello egiziano con
oltre 200 segni. Non unico, il minoico: secondo il prof.
Giuseppe Crispi (Università di Palermo, prima metà del 1800) in
Albania era contemporaneamente utilizzato un alfabeto
sillabico. Con il crollo della civiltà micenea, attorno
al 1000 a.C., andò perso l’uso della scrittura. Seguirono quattro secoli
oscuri definiti come il MedioEvo greco.
Occorrerà attendere fino al VI
secolo a.C. per riscoprire la scrittura. Si trattò dell’acquisizione da parte
dei Greci di un alfabeto che i Fenici, da bravi
commercianti/navigatori/mercanti, costretti quindi ad andare per le spicce,
avevano fortemente semplificato rispetto a quello egizio, fino a
renderlo praticamente fonetico: ogni segno era la base di un suono
e non di un concetto, come per gli ideogrammi del
geroglifico.
Prima
dell’introduzione/reintroduzione della scrittura, saperi e informazioni erano
trasmessi oralmente. Tutto era basato sulla memoria, dai grandi avvenimenti
alla “narrazione” delle vicende umane classiche e
generalizzabili sotto forma di miti.
Il sapere era
trasmesso attraverso la recitazione delle
narrazioni imparate a memoria. Ma come facevano? Chi ha più di 60 anni
ricorderà che alle scuole elementari e in parte alle medie si mandavano a
memoria molti brani famosi, tutti in forma poetica, nessuno in
prosa. Da scolari scoprimmo, infatti, che se era abbastanza facile
imparare una poesia, non lo era
altrettanto imparare a memoria un brano in prosa. Prima
dell’introduzione della scrittura, in Grecia le grandi vicende storiche,
quelle mitologiche e quelle riguardanti la vita – quasi sempre tragica -
dell’uomo erano strutturate in versi quindi in lunghi ed articolati poemi.
Venivano imparati a memoria da personaggi semi girovaghi (aedi e rapsodi) che
passavano da una città all’altra, da una corte all’altra
recitando i i versi della guerra di
Troia. Il poema non si limitava a narrare eventi, ma istruiva il
“pubblico” circa le condotte e i comportamenti degli
eroi delle loro gesta, delle loro ire, delle loro armi; del buon governo
curato dal buon re, delle ansie delle donne, dei comportamenti familiari.
Oppure raccontavano le peripezie e gli assilli di Ulisse, condannato ad
esplorare un mare senza fine dalla sua fame di scoprire cose nuove.
I limiti di questo modo di
trasmettere saperi è evidente: occorre essere presenti mentre l’aedo recita i
versi e, soprattutto, quei versi non potevano essere modificati, integrati,
rielaborati o cambiati: sarebbe saltato tutto il meccanismo di trasmissione.
Quindi non potevano
essere approfonditi concetti astratti se non in maniera
del tutto personale, non trasmissibile ad altri perché li
elaborassero e/o li superassero.
Con la scrittura, questa
attività intellettuale viene permessa ed esaltata: si può arrivare
all’essenza di cose, concetti, comportamenti; si possono trasmettere e/o
superare quei concetti attraverso la critica di altri pensatori che hanno
avuto la possibilità di leggerli. Si dice che la
scrittura abbia permesso di passare dal verbo “stare” descrittivo e
immutabile al verbo “essere” concettuale e passibile di mutazioni. Si passa
quindi dalla immutabile descrizione dei comportamenti adottati dal buon
re Priamo per ben governare, alla mutevole e intellettualmente
stimolante definizione del buon governo, sottoposta a critica e revisione
da parte di altri, stavolta non semplici e solo
ricettivi spettatori, ma di riflessivi lettori pronti ad
annotare critiche, stroncature, superamenti.
E’ strabiliante come
l’innesto di questa nuova tecnologia abbia permesso, nei soli tre o quattro
secoli successivi al Medio Evo greco - definiti come l’Illuminismo dei
Greci – l’avvicendarsi, anzi, l’affollarsi di personaggi che hanno posto
le basi della cultura occidentale. Ancor più strabiliante il fatto che in
questi tre o quattro secoli la cultura sia esplosa pur potendo contare
su un vivaio ristrettissimo. Quanti Greci si saranno avvicendati in
quattrocento anni? Forse non più di 15 o 20 milioni.
In conclusione, se Platone non
avesse riportato per iscritto i dialoghi di Socrate, illustrandone il metodo
maieutico, di Socrate non avremmo saputo praticamente nulla.
1.1) Le abbazie benedettine: la
conservazione dei saperi.
Nei
mille anni che vanno dal 500 a.C. al 500 d.C., si
perfezionano i luoghi ed i sistemi di trasmissione di saperi ed esperienze,
soprattutto ad opera dei Romani. Ma dal punto di vista tecnologico le scholae non possono approfittare di vantaggi da
innovazioni essendo queste del tutto assenti. Anzi, con la devastazione
dell’impero causato dalle invasioni barbariche, l’Occidente ha rischiato
perfino il disuso e l’abbandono dei punti di accumulazione e dei luoghi di
comunicazione/diffusione del sapere.
L’abbazia benedettina fu la
soluzione geniale in grado di rispondere alla disarticolazione
socio-economica dell’Alto Medioevo, con
una impostazione ed una attività superorganizzate.
La vita interna era minuziosamente organizzata e la
giornata dei monaci scandita alla luce del monito “Ora et labora et lege”. San Benedetto
pensò, quindi, di superare i pericoli e la insicurezza generati dalla
decadenza della società, attraverso la costituzione di luoghi - che potremmo
definire fortificati – in grado di accogliere, proteggere
e acculturare uomini in grado di difendersi e abitanti
del circondario. Infatti, le prime abbazie erano altrettante case
ben munite e i monaci ricevevano in dotazione dall’abate anche un coltello.
[Inciso.
Quando si informa della questione del coltello benedettino, gli interlocutori
restano sempre molto perplessi, almeno finché non viene indicata la fonte di
questa informazione. E la fonte è primaria, essendo costituita dal testo
stesso della Regola di S. Benedetto:
Capitolo XXII,
Punti 4 e 5: “4) Nel dormitorio rimanga sempre accesa una lampada
fino al mattino. 5) Dormano vestiti, con ai fianchi semplici cinture o corde,
senza portare coltelli appesi al lato mentre riposano, per
non ferirsi nel sonno”.
Capitolo
LV, Punti 18 e 19: “18) Ma, per strappare fin dalle radici
questo vizio della proprietà personale, l'abate distribuisca tutto il
necessario. 19) e cioè: cocolla, tonaca, calze, scarpe, cintura, coltello,
ago, fazzoletti e il necessario per scrivere, in modo da togliere ogni
pretesto di bisogno.”]
Con l’invenzione delle abbazie,
l’Occidente aveva creato un ambiente per
quanto possibile protetto e in grado di conservare parte
della produzione culturale del sapere greco e romano, quella non andata
distrutta e, contemporaneamente, un sistema di istruzione dei monaci.
Oltretutto, al fine di fornire testi degli antichi autori alle abbazie
consorelle, i nuclei più dotati procedettero a copiare
i volumi di cui erano in possesso, di certo trascurando
quelli (molti) considerati ai limiti della blasfemia.
Questa catena globalizzata di
biblioteche è forse il lascito più prezioso che l’Alto Medioevo offrì in
eredità all’Occidente.
2)
Secondo innesto tecnologico: la stampa a caratteri mobili.
Nel 1200 avere a
disposizione 50 o 60 manoscritti significava poter disporre di una grande
biblioteca. A saper leggere e scrivere erano esclusivamente gli uomini di
chiesa, i professionisti, i mercanti, i banchieri e, derivati da queste
categorie, i notabili e i politici. Queste erano le classi in
grado di poter pagare, per la copiatura di un testo, un costoso amanuense:
il copyright era appannaggio esclusivo di
quest’ultimo; l’autore, sempre di estrazione medio alta, viveva di altro, non
del riconoscimento dell’opera come prodotto del suo ingegno.
L’insegnamento,
gestito da prelati e rivolto a futuri prelati, si consolidò, anzitutto, nelle
abbazie e nelle cattedrali cittadine. Trattandosi dell’unica fonte di
insegnamento non privata di un
certo livello, cominciò ad accogliere anche studenti
laici. Queste scuole furono nel tempo sostituite da organizzazioni laiche
gestite congiuntamente da studenti e da docenti, una sorta di cooperative
dell’insegnamento. Stavano nascendo le università, la prima a Bologna nel
1088 specializzata negli studi giuridici; quindi a Salerno e Montpellier per
la medicina; a Parigi e a Oxford per la filosofia e la teologia.
Il
laicizzarsi degli insegnamenti superiori spostò lentamente il centro delle
attenzioni culturali: si cominciò a mettere al centro dell’interesse
culturale l’”Uomo”, scalzando Dio dalla centralità. Dopo la grande
pestilenza della metà del ‘300, che aveva falciato circa
20 milioni di Europei (il 30% della popolazione), si assiste ad un
risveglio sia culturale che economico. Non più quindi lo studio esclusivo dei
sacri testi, ma la riscoperta degli antichi autori. L’Uomo e non
più (solo) Dio operava nel creato e, soprattutto, in campo sociale e
politico, “alla maniera degli antichi”.
Nel
‘400 era ormai affermato l’Umanesimo. Su questa cultura effervescente (anche
se sempre su base ristretta, si innesta una seconda
tecnologia, tanto semplice come sistema innovativo
quanto imponente nei suoi effetti socio culturali e di civiltà.
A
metà del secolo, Gutemberg, orafo,
reinventa un sistema già usato dai Cinesi per stampare i loro ideogrammi: la
stampa a caratteri mobili. Via gli amanuensi, inizia l’era degli editori. Il
costo (ormai quasi industriale) delle pubblicazioni si ridimensiona
notevolmente e con esso il prezzo di vendita. Il copyright diventa
appannaggio dello stampatore. Solo molti anni dopo l’invenzione di Gutemberg, un
editore di Venezia riconobbe all’autore del testo un
appannaggio monetario. Con l’Umanesimo e l’invenzione della stampa l’Europa
si lascia alle spalle il Medio Evo.
La
cultura del vecchio continente esplode, complice la diffusione dei
libri. Basti considerare l’evoluzione subita dai Cenacoli
umanistici, rarefatti e dalla trasmissione culturale lenta perché ancora
basata sullo studio di manoscritti: si sviluppano, soprattutto in Italia, le
Accademie luoghi dinamici di incontri/scontri culturali, i cui membri avevano
a disposizione biblioteche ben fornite, in grado di procedere a
specializzazioni ed approfondimenti nel campo dello scibile umano. Tra il ‘500
e il ‘600 si calcolano in numero di oltre 2.000 le Accademie operanti in
Italia, alcune ancora oggi brillantemente operative. Ne ricordiamo solo due:
l’Accademia della Crusca (per lo studio della lingua italiana) e quella dei
Lincei (per lo studio della nuova scienza).
E’ vero
che le classi interessate erano sempre le stesse (clero, professionisti ecc.)
ma il dinamismo degli studi, delle elaborazioni, degli scambi tra
intellettuali si era moltiplicato, organizzato, reso altamente produttivo.
Stiamo parlando del Rinascimento, forse il periodo più esaltante della storia
europea del passato millennio.
3)
Terzo innesto tecnologico: l’informatica.
Occorrerà
attendere l’Illuminismo e l’affermazione dei principi e
dei valori da esso propugnati perché in Europa si cominci a parlare
dell’esigenza della diffusione della scolarità attraverso iniziative ed
investimenti pubblici. L’importanza di una scuola pubblica si concretizza in
iniziative statali solo nella seconda metà del ‘700 (in Austria), anche
attraverso la fondazione di biblioteche pubbliche aperte a tutti i cittadini.
La
base discente si amplia ma l’andare a scuola rimane sempre appannaggio delle
classi dominanti. Per avere un termine di paragone, si consideri che il Primo
Censimento del neonato stato italiano forniva, per l’anno
1861, questo dato sul livello di istruzione della popolazione: su 23 milioni
di Italiani, 17 milioni erano analfabeti.
Con
il ‘900, la scolarizzazione comincia ad essere considerata come elemento di
progresso per l’intera società e non più come miglioramento individuale per
motivi professionali e familiari. Si amplia la base degli studenti e si rende
obbligatoria la frequenza per un numero minimo di anni. Lo scopo è duplice,
non molto valorizzato il primo, quello di formare un cittadino consapevole e
sufficientemente critico, in grado di contribuire allo sviluppo complessivo
della società. Più pratico il secondo, quello cioè di
preparare lo studente perché si possa inserire adeguatamente nel
mondo del lavoro, avendo acquisito gli elementi necessari per farlo.
Gli
ultimi decenni del secolo scorso vedono il dilagare di nuove tecnologie messe
a disposizione dall’informatica in ogni campo sociale e, quindi, anche in
ambito scolastico. Il terzo millennio inizia con un continuo assestamento
sociale in funzione dell’utilizzo dei nuovi strumenti, obbligando ogni
settore ad accomodamenti successivi continui. Chi avrebbe pensato solo trenta
anni fa che ciascuno di noi sarebbe stato in grado di comunicare con gli
altri abitanti del pianeta in tempo reale e a costi praticamente prossimi
allo zero, indipendentemente dalla collocazione geografica
dell’interlocutore? Chi avrebbe pensato di poter avere a
disposizione le preziosità dei più grandi musei del mondo o i testi dei
classici in una biblioteca immensa? Chi avrebbe pensato di poter seguire
lezioni scolastiche da casa?
4)
Risultati?
I
tre innesti tecnologici nella vita culturale dell’uomo hanno inciso
inizialmente sulle facoltà mnemoniche, liberando il nostro cervello dalla
necessità di destinare memoria interna per procedere
nello sviluppo intellettuale. Sembrerebbero quindi solo vantaggi
quantitativi. C’è da osservare però, che mentre i primi due (scrittura
e stampa) hanno permesso una successiva evoluzione del
pensiero umano, generata dall’aver potuto affidare a strumenti
esterni parte delle facoltà che eravamo obbligati ad esercitare mentalmente,
il terzo (informatizzazione) ancora non ha dato luogo alla liberazione di
energie mentali causate dalla liberazione di ulteriori partizioni del nostro
cervello.
Infatti,
con l’introduzione della scrittura siamo stati in grado di elaborare pensieri
astratti fruibili da altri uomini anche in luoghi e tempi diversi dai nostri;
con la disponibilità generalizzata di testi stampati e a basso prezzo siamo
stati in grado di fornire ad altri – e ricevere a nostra volta - valutazioni,
osservazioni, critiche generando una accelerazione nei processi del pensiero
umano senza dover richiamare in maniera complicata, lenta e non
adeguata i termini concettuali contenuti nell’unico manoscritto a
disposizione di uno dei pochi corrispondenti; l’informatizzazione della
società ancora non mostra una produzione originale di strumenti
intellettuali nuovi e più potenti di quelli finora a disposizione. Se,
infatti, da una parte è chiara la possibilità di superare, escludendoli,
tutti i “mediatori” e gli “intermediari” (dai giornalisti alle banche, dai
negozi su strada agli esperti nel calcolo del calcestruzzo e via escludendo)
non è chiaro il vantaggio che deriverà al pensiero dell’uomo.
In
altri termini, mentre i primi due innesti avevano trovato già pronti
utilizzatori all’altezza del compito, quello delle tecnologie informatiche,
per definizione, non ha una categoria pronta ad utilizzarle, avendo come
utilizzatori finali tutti coloro in grado di “collegarsi”. Pertanto, tutti
utilizzatori, ma pochi all’altezza del compito, quindi ridotti ad utilizzare
le innovazioni come un semplice strumento facilitatore delle ricerche.
Non
è un caso che la terza tecnologia, in grado - come si diceva - di rendere
inutili gli intermediari, ha creato
oligopoli di super intermediari soprattutto nel campo
della sua utilizzazione (da Google a Instagram, da Facebook a Twitter);
in grado di superare i mediatori tra fatti e lettore finale, ha creato le più
pericolose fake in giro per il pianeta. Abbiamo scoperto nel
frattempo che coloro che hanno una istruzione/cultura oldstyle sono in grado di approfittare meglio delle
nuove possibilità. Gli incolti si limitano ad usare le
funzioni semplici: chat e giochi.
Nè, in piena pandemia,
possiamo considerare un grande risultato positivo delle
nuove tecnologie la possibilità di poter seguire le lezioni a distanza da
parte dei ragazzi. La scuola, infatti, oltre a trasmettere nozioni e metodi,
è un microcosmo della società che accoglierà i giovani
quali membri responsabili una volta terminato il ciclo scolastico.
Soprattutto “a scuola” si impara ad esercitare la difficile arte dello stare
con gli altri. A tal proposito, si scriveva 10 anni fa nel sito del Cenacolo
dei Cogitanti:
“Proprio a scuola, il giovane
che comincia a mettere il naso al di fuori delle ovattate protezioni
familiari, “prova” ad ampliare il proprio orizzonte, viene allenato a
riconoscere le grandi architetture in cui è strutturata la società (autorità,
ruoli, doveri, diritti, valori); si esercita ad assumere impegni nuovi, ad
operare insieme ad altri, a capire le dinamiche comportamentali, oltre alle
positive, anche quelle negative a cui impara (dovrebbe imparare) a
far fronte: l’ostilità di altri, l’ingiustizia, i tentativi di sopraffazione,
il bullismo. Impara a prendere quelle dinamiche come metro di misura del
proprio agire, a misurare i personali progressi nell’apprendimento e nel
vivere civile, a giudicare gli altri e se stesso, a pretendere il giusto
da se stesso e dagli altri. Insomma ad inserirsi in una polis
da cittadini consapevoli e non da semplici gregari.”
Come
le nuove tecnologie possono essere innestate in
ambito scolastico perché quegli obbiettivi possano
comunque essere raggiunti?
In
attesa di maturazione dei tempi e degli uomini, possiamo contare su un
successo involontario: se non avessimo avuto queste tecnologie a
disposizione, la pandemia da coronavirus avrebbe disarticolato l’intera
organizzazione del pianeta.
Annaspiamo
un po’, ma grazie a internet con la testa fuori
dall’acqua.
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Riflessione n° 97 (7-2-2024)
Sinistra
e destra, quali ruoli?
La
percezione del ruolo della sinistra in Occidente è complessa e dipende da
numerosi fattori. Forse, la sua funzione non si è del tutto esaurita, ma è
soggetta a cambiamenti e adattamenti in risposta alle sfide e alle dinamiche
politiche in evoluzione nei paesi democratici.
Possiamo
però affermare che l’attuale ruolo della sinistra non è più quello che ha
avuto nell’’800 e nel ‘900, quando, oltre alle sue classiche bandiere,
sventolava minacciosa quella della rivoluzione di sistema.
Dopo
70 anni di “comunismo applicato”, in URSS e non solo, possiamo dire che
quella rivoluzione non è più non solo in agenda, ma è addirittura rinnegata
da molte forze politiche che, solo qualche decennio fa, quella idea
coccolavano.
OBIETTIVI TENDENZIALI RAGGIUNTI DALLA
SINISTRA IN QUASI DUE SECOLI DI AGIRE SOCIO-POLITICO.
Va
comunque riconosciuta l’importanza della sua azione in settori sociali
specifici, oggi riconosciuti quasi come “connaturati” nei diritti dell’uomo:
Giustizia sociale ed economica:
per ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche, per sostenere politiche
che mirano a distribuire equamente la ricchezza e ad assicurare un accesso
equo alle opportunità.
Protezione ed organizzazione dei
lavoratori: la sinistra ha promosso leggi e politiche
che hanno migliorato le condizioni lavorative, con salari dignitosi, orari di
lavoro ragionevoli e sicurezza sul posto di lavoro.
Welfare:
ha imposto – con alterni risultati -
un robusto sistema di welfare, inclusi servizi pubblici accessibili a
tutti, come l'istruzione e la sanità.
Sostenibilità e ambiente:
più recentemente la sinistra si è concentrata sull'ambiente e sull'adozione
di politiche che affrontano le sfide legate al cambiamento climatico e allo
sviluppo sostenibile.
Democrazia e partecipazione:
La sinistra – troppo spesso solo nominalmente – ha promosso la partecipazione
democratica e l'accesso a processi decisionali inclusivi, cercando di
coinvolgere i cittadini nelle decisioni politiche.
Diritti civili:
La difesa dei diritti civili, i diritti delle minoranze, dei cittadini, oggi
dei rifugiati e delle persone LGBT+, è da sempre una priorità dei
progressisti.
Oggi,
l’azione della sinistra è incentrata sulla denuncia di mancato raggiungimento
di livelli accettabili nei settori appena elencati, alcuni dei quali ormai
abbandonati (vedi la Protezione dei lavoratori) mentre ha difficoltà nel
fornire risposte convincenti alle sfide di questi anni, come la
globalizzazione, la migrazione, il cambiamento climatico e le dinamiche
economiche in evoluzione.
E
LA DESTRA?
Neanche
la Destra ha granché da proporre. Ma ha avuto un insperato colpo di fortuna:
nella sua ansia di contare ancora, la sinistra ha puntato tutte le sue
risorse nella “protezione”, spesso irragionevole, dei diritti, sotto forme
addirittura maniacali ed avulse da ogni realtà.
Questa
monomaniacalità dei progressisti ha completamente
trascurato il versante dei doveri, cioè dell’altra faccia della medaglia nei
rapporti sociali. Negli ultimi tempi ha assunto addirittura forme
irrazionali: sui migranti, sulla microcriminalità, sulla protezione di chi occupa
proprietà altrui.
Questo
imperante “dirittismo”, come lo ha
definito Alessandro Barbano, sta portando le società di molti paesi a subire
sbandamenti senza che le classi al potere (anche di sinistra) siano in grado
di provvedere. E poiché non sono in grado di prospettare soluzioni, tendono
al giustificazionismo – aggravando così una situazione allarmante – ed a
lasciare che tali fenomeni negativi ricadano sulle spalle dei cittadini. I
quali, se alzano troppo la voce, vengono definiti fascisti, razzisti,
qualunquisti, sovranisti.
Ma
questo atteggiamento autoassolutorio sta portando le forze di sinistra a
risultare minoranza tra i cittadini, che invece chiedono con forza una inversione di rotta
socio-politica: rispetto delle regole e delle leggi, tolleranza zero nei
confronti della criminalità, più accorto
atteggiamento di comprensione nei confronti dei minori o delle classi
più povere che delinquono. Ed a nulla vale la risposta pigra per cui l’incertezza
sociale, il senso di pericolo, la paura di muoversi in ambienti dominati dalla
mala, viene liquidato come semplice “percezione non reale”. Insomma, i
cittadini sono stanchi di sentirsi accusati di inadeguatezza dal momento
che - secondo la sinistra - scambiano
per paure giustificate e reali quelle
che sono solo ubbie fascistoidi e preconcette.
Quindi,
la destra politica sottolinea l'importanza dei doveri dei cittadini e delle
istituzioni. Questa prospettiva si basa su un'ideologia che enfatizza
concetti come responsabilità individuale, rispetto per l'autorità, le leggi e la tradizione, e un ruolo limitato dello
Stato nell'economia e nella società.
Le
posizioni politiche della destra possono includere la promozione di politiche
che rafforzano l'ordine sociale e la coesione attraverso il rispetto dei
valori familiari e della cultura nazionale.
Dopo
decenni di mortificazioni del privato
e del singolo da parte delle due chiese dominanti, quella comunista
internazionalista e quella cattolica ecumenica, la destra enfatizza il
rispetto delle istituzioni tradizionali, della la famiglia, della responsabilità
individuale, e sostiene politiche che
rafforzino il ruolo di queste istituzioni nella società
IN TUTTI I PAESI AVANZATI SI STA ALZANDO UN
VENTO DI DESTRA. PER COLPA DELLA SINISTRA.
Alla
luce di quanto affermato, non è difficile ipotizzare una destra vittoriosa in
situazioni che hanno da anni visto primeggiare la sinistra, che esausta, non
ha più idee forza in grado di attrarre attorno alle sue proposte la
maggioranza dei cittadini. A questa morta gora, i cittadini rispondono
allontanandosi dalla politica e disertando le urne.
Non
è difficile ipotizzare una destra generalmente vittoriosa. La qual cosa
assumerà aspetti pesanti, specie in alcune realtà di particolare rilievo. Si
pensi alle conseguenze sociali della
ipotizzata vittoria dei conservatori nella UE. Si pensi alla più che
probabile vittoria di Trump negli USA. Per inciso, è vero che Biden ha vinto
con il 96% delle preferenze nelle primarie del South Carolina, ma in quella circostanza ha
votato solo il 4% degli iscritti Dem. In Nevada ha preso il 90%. Anche qui
sarebbe interessante conoscere la percentuale di votanti.
In
conclusione, la destra approfitta del trampolino costruito dalla sinistra per
aver trascurato il versante del “dovere” in una società moderna. Potrebbe
godere dei frutti di questo fenomeno
per alcuni lustri. Soprattutto per il fatto che in molti casi (ad esempio, in
Italia) la sinistra si è mantenuta a galla grazie agli aiutini istituzionali
(governi tecnici in luogo di elezioni ecc.)
di cui ha goduto e si adagiata sulla privatizzazione dell’ascensore
sociale. . Impiegherà almeno un
decennio per tornare ad essere in grado di fare politica, riassumendo quella
capacità di attrazione persa con l’inizio del nuovo millennio.
Purché
prenda coscienza del suo ruolo in questa realtà e torni ad incidere in una
società reale e non immaginaria.
PS.
Disperante. Proposta costituzionale del Partito Democratico: cambiare il nome
alla Camera dei Deputati in Camera delle Deputate e dei Deputati.
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Riflessione
n° 96 (24-1-2024)
Presidenziali USA. Perché in
campo solo ottantenni?
Uno dei fattori che caratterizzano l’attuale politica istituzionale
americana è l’assenza dei cinquantenni sgomitanti e scalpitanti. Trump e
Biden non hanno rincalzi credibili o, comunque all’altezza. Non dico di
cancellare gli ottantenni, ma neanche di proporre una sfida.
Non credo che possano essere considerati
decisivi argomenti del tipo:
- gli elettori potrebbero percepire i
candidati più anziani come più esperti e saggi, con un bagaglio di
esperienza che li qualifica per la presidenza.
– gli elettori potrebbero associare l'età
avanzata a una maggiore stabilità e capacità di gestire le sfide del paese.
- gli uomini politici più anziani hanno avuto carriere più
lunghe e quindi godono di un sostegno consolidato all'interno dei loro
partiti. Inizio modulo
A mio avviso, uno dei motivi deriva dalla ormai insuperabile
concorrenza costituita dalle remunerazioni dei manager nelle aziende
private, cresciute enormemente negli ultimi 30 anni e tali da creare un
motivo di forte attrazione nei confronti dei giovani più intraprendenti.
Un secondo motivo potrebbe derivare dalla tendenza dei politici
anziani a fare in modo che non si creino, nell’apparato, giovani in grado
di metterne in discussione autorità ed autorevolezza, proprio alla luce
della mancanza di cinquantenni vispetti e in
grado di tener loro testa. In altri termini gli ottantenni considerano “di
proprietà” il rispettivo partito. Non si spiega altrimenti la macroscopica
assenza di rincalzi nel Partito Democratico e la blanda azione dei
cinquantenni nel Partito Repubblicano, pronti a cedere subito le armi (DeSantis).
23-1-2024 – Libero Quotidiano Joe Biden, il "New York Post": "Fonti
attendibili, Michelle Obama al suo posto?"
Si attinge all’usato sicuro? Clinton poi Hillary, Obama
poi Michelle….
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