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Riflessione
n° 114
Cascati
nella trappola con tutto il turbante! Hoc erat in
votis.
Pensavo ad una più lungimirante
intelligenza del ayatollah. Invece sono caduti nella trappola di Bibi, come preventivato un anno fa, quando si indicava
l’Iran come obiettivo terminale della reazione di Israele alla cazzata di Hamas dei mille ebrei ammazzati facili. Non solo, ma ci
sono caduti nel momento in cui aveva deciso Bibi.
Il quale, prima ha sfasciato Hamas, lasciando tranquilli gli Hezbollah perché non
intervenissero. Poi ha cominciato il tiro al piccione contro i capi di Hezbollah,
in Libano e in Iran. A questo punto, l’Iran ha dovuto reagire lanciando
fiammiferi (costosi) su Israele, spenti come zolfanelli al vento da Iron dome (atrettanto costoso).
Ora la palla ripassa a Bibi, il quale distruggerà
gli impianti nucleari, i pozzi petroliferi e lo stesso regime degli ayatollah.
In questa ultima azione sarà aiutato dalla Cia che ha avuto tutto il tempo di
intervenire (come suo costume operativo in frangenti simili) nel corpo
sociale iraniano, in gran parte contrario al regime, alla polizia morale e al velo obbligatorio, agli
omicidi dei pasdaran.
Hoc erat in votis.
A meno che…..
A meno che non intervenga la Cina a salvare
i turbanti rivendendosi all’Ucraina (all’Occidente) un po’ di territori del
Donbass conquistati dai Russi.
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Riflessione
n° 113
Dopo il Medio Evo e l’Evo
attuale, come sara’ Il Prossimo “Evo”?
Di Mauro e Federico Novelli
17-9-2024
Il
Medio Evo fu superato essendo stati messi in crisi i due pilastri che lo
hanno sorretto per oltre 800 anni: il Papato, colpito dai movimenti
pauperisti e, quindi, dalla Riforma, e l'Impero, colpito dalla formazione dei
grandi stati nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra, Portogallo).
Con
l'uomo rimesso al centro, l'attuale periodo (Evo moderno e contemporaneo)
ha costruito altri due pilastri su cui appoggiarsi: i diritti dell’uomo e
del cittadino e la democrazia.
Stiamo
mettendo in crisi anche questi due pilastri? Come sarà il prossimo Evo?
Il
Medioevo fu effettivamente caratterizzato dal predominio di due grandi
istituzioni: il Papato e l'Impero, che costituivano le fondamenta su cui si
basava l'ordine politico e sociale dell'epoca. La crisi di queste due
istituzioni, dovuta ai movimenti pauperisti e alla Riforma protestante e
alla nascita degli stati nazionali, segna l'inizio della modernità e della
centralità dell'uomo nell'ordine politico, filosofico e culturale.
Il
periodo moderno (Umanesimo, Rinascimento, Illuminismo, Rivoluzione inglese,
Rivoluzione americana, Rivoluzione francese, movimenti di massa cattolici e
socialisti, Rivoluzione Russa, Fascismo e Nazismo), ha costruito nuovi pilastri,
come i diritti umani, intesi quale tutela dell'individuo e delle sue
libertà, e la democrazia, intesa come un sistema di governo basato sulla
partecipazione popolare e sulla rappresentanza. Tuttavia, anche questi
pilastri stanno vivendo una fase di crisi o di trasformazione.
Negli
ultimi decenni, abbiamo assistito a una crescente polarizzazione delle
società e a un indebolimento di alcune conquiste fondamentali in tema di
diritti umani. Questioni come il controllo dei dati personali, le
disuguaglianze economiche, la discriminazione, e i diritti civili stanno
subendo continue pressioni. In alcuni casi, questi diritti sono minacciati
da regimi autoritari o da sistemi politici che tendono a privilegiare
l’efficienza e la sicurezza a discapito delle libertà individuali.
Crisi dei diritti per mancanza di
doveri
Il
concetto di diritto è strettamente legato a quello di dovere. Negli ultimi
decenni, in molte società si è enfatizzato molto sui diritti individuali,
lasciando quasi sempre in secondo
piano i doveri verso se stessi e verso la comunità. Questo squilibrio crea
tensioni, poiché i diritti richiedono delle responsabilità per essere
sostenibili, quindi dei doveri. Ad esempio:
· Diritti sociali ed
economici:
Pretendere garanzie senza contribuire in termini di lavoro, rispetto delle
regole o impegno civile porta a un indebolimento del sistema.
· Ambiente: Abbiamo diritti legati
all’ambiente (ad esempio, aria pulita, accesso alle risorse naturali), ma
la mancanza di responsabilità verso lo stato della Terra ha portato a una
crisi ecologica globale.
Senza
una cultura dei doveri, i diritti rischiano di essere percepiti come
concessioni scontate, svuotandosi del loro valore. Un possibile rimedio
potrebbe essere una nuova educazione civica che metta al centro
l'importanza di bilanciare diritti e doveri, riscoprendo l’idea di cittadinanza
responsabile.
Anche
la democrazia sta affrontando sfide rilevanti. In molti paesi si osserva
una crescente disillusione nei confronti delle istituzioni democratiche,
spesso viste come inefficaci, lente nelle decisioni o corrotte. Fenomeni
come l'astensionismo, la disinformazione, la facilità di spargere fake news, l'ascesa dei populismi e la concentrazione
del potere economico e dells comunicazione nelle
mani di pochi attori globali mettono in dubbio la capacità della democrazia
di rispondere ai bisogni della collettività. Ciò spinge a ricercare
scorciatoie esiziali.
Crisi della democrazia per
disconnessione tra élite e cittadini
La
democrazia si basa sull’idea che i governanti rispondano ai bisogni dei
cittadini. Tuttavia, in molte democrazie contemporanee, si è creata una
distanza sempre più marcata tra le élite politiche ed economiche e il
popolo:
· Politiche distanti dai
bisogni reali:
Le élite spesso sembrano più orientate a seguire interessi privati, logiche
di mercato o politiche globali ai limiti del dogmatismo, dimenticando le
esigenze quotidiane dei cittadini. Questo genera frustrazione e
alienazione, portando molte persone a disinteressarsi della politica.
· Astensionismo: Il calo della
partecipazione elettorale è un chiaro segnale di questa crisi. Quando i
cittadini non vedono più nella politica uno strumento efficace per migliorare
le loro vite, smettono di impegnarsi e di votare, accentuando il divario
tra governanti e governati.
Questo
ciclo vizioso rafforza l’ascesa di movimenti populisti, che promettono di
colmare il vuoto lasciato dalle élite ma spesso non riescono a fornire
soluzioni concrete. Il rischio è che la democrazia venga svuotata dei suoi
principi fondamentali, riducendosi a un mero processo elettorale senza
sostanza.
3) Il futuro: come sarà il
prossimo "Evo"? Quale soluzione per il futuro?
Per
evitare che questi due pilastri crollino definitivamente, sono necessarie
riforme radicali in due direzioni:
1.
Ritrovare l'equilibrio tra diritti e doveri: I diritti devono essere
accompagnati da una responsabilità verso la comunità e il bene comune.
Questo potrebbe richiedere un nuovo contratto sociale che faccia leva su
una maggiore partecipazione civica e su un senso rinnovato di solidarietà.
2.
Rinnovare la democrazia: La democrazia ha
bisogno di nuove forme di partecipazione e trasparenza. Strumenti come la
democrazia diretta (referendum, consultazioni popolari) o la democrazia
deliberativa (assemblee cittadine, processi partecipativi) potrebbero
riportare i cittadini al centro del processo decisionale. Gli strumenti
tecnologici ci sono.
Inoltre, riforme che
limitino il potere delle élite economico-finanziarie e che riducano le
disuguaglianze potrebbero contribuire a ristabilire la fiducia.
In
sintesi, i diritti senza doveri e una democrazia senza un legame forte con
i cittadini rischiano di far
crollare il sistema.
Il futuro dipenderà dalla nostra capacità
di rispondere a queste sfide con nuove forme di responsabilità civica e
partecipazione politica.
È
comunque difficile prevedere con certezza quale sarà il prossimo
"Evo", ma possiamo ipotizzare alcune tendenze. Potrebbe emergere
un nuovo ordine mondiale basato su una combinazione di nuove tecnologie,
come l'intelligenza artificiale e la blockchain, che ridefiniranno il
concetto di partecipazione politica e la distribuzione del potere, rendendo
possibili forme di partecipazione diretta e dalle decisioni impositive.
Sempre che si riesca a mantenere questi strumenti nella disponibilità
collettiva non siano gestiti da un ristretto numero di “tecnici”.
Possiamo
ipotizzare alcune tendenze:
· Post-democrazia: Dovemmo riuscire ad
imporre una ridefinizione del concetto di democrazia, con l’introduzione di
nuove forme di partecipazione diretta o decisioni delegate a sistemi
automatizzati. C’è però chi teorizza la possibilità di una
"post-democrazia", dove le istituzioni democratiche esistono solo
formalmente, mentre il potere effettivo viene esercitato da élite
economiche o tecnologiche.
·
· Nuovi diritti: La crisi dei diritti
attuali potrebbe portare alla nascita di nuovi diritti, legati soprattutto
alle sfide tecnologiche e ambientali. I diritti digitali, il diritto alla
privacy nell'era dei big data, i diritti legati all’intelligenza
artificiale, e i diritti ambientali potrebbero diventare centrali.
Alcuni
pensano che il prossimo Evo potrebbe vedere una nuova centralità dell'uomo,
ma ridefinita in termini di connessione olistica con la natura, il pianeta
e le altre specie viventi. Un umanesimo che integri la tecnologia e
l’ecologia (controllate dalla collettività), con un nuovo rispetto per la
natura e una rinnovata attenzione all'etica.
I pericoli: stato
etico e autocrazia.
In
sintesi, stiamo sicuramente mettendo in crisi i pilastri moderni della
democrazia e dei diritti, e il futuro potrebbe portare a una
ristrutturazione profonda del nostro modo di vivere e organizzare la
società.
Tutto
ciò purché, in presenza di una partecipazione allentata e sfilacciata dei
cittadini, non arrivino pigre
scorciatoie: stato etico ed
autocrazia.
Lo stato etico.
Infatti,
quando i pilastri della democrazia e dei diritti vacillano, aumenta il
rischio che si instauri un sistema autoritario o uno Stato etico, in cui
un'autorità
centrale impone una visione morale o ideologica, eliminando il pluralismo e
la libertà individuale. Il potere politico si arroga il diritto di definire
ciò che è moralmente giusto o sbagliato per l’intera società. Questo tipo
di Stato cerca di indirizzare la vita dei cittadini non solo in ambito
politico, ma anche in quello morale e culturale, imponendo un'idea di bene
comune che non ammette deviazioni.
In
altri termini, nello stato etico “peccato” e “reato” tendono a confondersi.
Con pericolose conseguenze:
Soppressione del
pluralismo: In
uno Stato etico, l’autorità assume il ruolo di guida morale, e non tollera
visioni divergenti, perché vengono considerate pericolose o dannose per il
benessere collettivo. Questo porta alla cancellazione del pluralismo
politico, religioso e culturale.
Limitazione delle libertà
individuali: I
diritti individuali vengono subordinati al bene dello stato così come
definito dagli apparati al potere, eliminando la libertà di scelta
personale. Ne deriva che la libertà di pensiero e di espressione, la
libertà di religione e persino la libertà economica possono essere
seriamente limitate.
Controllo sociale: Lo Stato etico esercita
un forte controllo sulle vite dei cittadini attraverso strumenti come la
sorveglianza, la censura e l’educazione forzata a determinati valori,
spesso giustificando queste misure come necessarie per il bene comune. Un
esempio lampante è la “polizia morale” presente ed attiva in Iran.
L'affermarsi dell'autocrazia
Un
altro rischio che emerge quando la democrazia fallisce nel rispondere ai
bisogni dei cittadini è l’ascesa di un governo autocratico, dove il potere
si concentra nelle mani di un singolo leader o di un piccolo gruppo di
persone. I cittadini possono essere affascinati dalla velocità delle
decisioni, dalla mortificazione della burocrazia, dal fatto che, in ogni
caso, tutta la responsabilità è facilmente riconducibile ad una persona ò
ad un piccolo gruppo di autocrati.
L’autocrazia
può assumere varie caratteristiche.
-
In ambito collettivo:
Populismi autoritari: In molte situazioni di crisi
democratica, leader carismatici riescono a ottenere il sostegno della
popolazione promettendo soluzioni rapide e semplici ai problemi complessi.
Spesso questi leader iniziano a erodere le istituzioni democratiche una
volta al potere, concentrando progressivamente il controllo nelle proprie
mani.
Erosione delle libertà
civili: In
un sistema autocratico, le libertà civili vengono gradualmente ridotte, a
partire dalla libertà di stampa, l’indipendenza del sistema giudiziario, e
la libertà di associazione politica. La giustificazione è spesso la
sicurezza nazionale o l’efficienza amministrativa, ma il risultato è un
progressivo restringimento dello spazio democratico.
Centralizzazione del
potere:
Nelle autocrazie, il potere si concentra vertiginosamente a livello
centrale, marginalizzando il Parlamento, i governi locali e altre
istituzioni rappresentative. Ciò comporta una progressiva eliminazione dei
sistemi di checks and balances (pesi e
contrappesi), con un leader o un gruppo ristretto che prende decisioni
senza dover rispondere a un elettorato o a un sistema giudiziario
indipendente.
-
In ambito individuale:
Ma
il vuoto lasciato dalla crisi della democrazia e dall’indebolimento dei
diritti, unito alla disillusione dei cittadini nei confronti delle istituzioni,
crea terreno fertile a livello personale/individuale per l’affermarsi di
queste tendenze autoritarie:
Mancanza di fiducia nelle
istituzioni:
Quando i cittadini percepiscono che le istituzioni democratiche non
rispondono più alle loro esigenze, si sentono traditi e sono più propensi a
sostenere alternative autoritarie che promettono maggiore stabilità e
sicurezza.
Paura e insicurezza: In tempi di crisi
economica, migrazioni, terrorismo o pandemia, i cittadini tendono a cercare
leader forti che possano offrire risposte immediate. Le autocrazie
sfruttano queste paure per rafforzare il proprio potere, spesso attraverso
politiche che limitano le libertà in nome della sicurezza.
Debolezza del tessuto
sociale: Se
i cittadini non si sentono parte di una comunità solidale e se i loro
bisogni non sono riconosciuti, si crea un terreno fertile per
l'affermazione di leader autoritari che promettono di ricostruire una
società unita attraverso il controllo centralizzato.
Rinnovare la democrazia: La democrazia non deve
limitarsi a un processo elettorale formale, ma deve coinvolgere i cittadini
in modo costante attraverso forme di partecipazione diretta e deliberativa.
I cittadini devono sentirsi rappresentati e coinvolti nelle decisioni che
riguardano la loro vita.
Promuovere una cultura
dei diritti e dei doveri: I
diritti e i doveri devono essere riscoperti come due facce della stessa
medaglia. Solo attraverso un equilibrio tra questi due concetti si può
evitare che l'autorità centrale si appropri del potere con la scusa di
“guidare” la società verso il bene comune.
Difendere il pluralismo e
la diversità: Un
sistema politico sano è quello in cui le differenze vengono rispettate e
dove esiste un dialogo continuo tra diversi gruppi sociali, culturali e
politici. La repressione del dissenso e dell’opinione diversa è il primo
passo verso l’autoritarismo.
In
definitiva, il pericolo dello Stato etico e dell'autocrazia cresce quando
si affievolisce la fiducia nelle istituzioni democratiche e si perde
l'equilibrio tra diritti e doveri. Il futuro del nostro sistema politico
dipenderà dalla capacità di rafforzare la partecipazione civile e il
pluralismo, evitando che il potere si concentri in poche mani e che la
libertà venga sacrificata in nome di una visione ideologica quasi sacrale e
dogmatica imposta dall’alto.
Per
rispondere adeguatamente a tutti gli interrogativi ed ai problemi
sollevati, occorrono cittadini
colti, consapevoli, critici, partecipi, in grado di tacitare i gonzi e di
ricondurre i due pilastri dei diritti/doveri e della democrazia in alvei
politicamente e socialmente corretti ed utili.
In
conclusione, potremmo avviarci verso il perfezionamento dell’Evo attuale e
non ancora in cammino verso il
nuovo.
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Riflessione n° 112 (5-9-2024)
Migrazioni.
Confusione nella diagnosi e nella terapia
Nei
processi migratori, occorre distinguere tra il caso in cui tutto si svolge
secondo canoni legali e quello in
cui tutto è illegale.
Primo
caso (tutto legale). Un cittadino
migra dal suo paese e va in un altro con mezzi legali (pagandosi il
biglietto, come facevano i nostri migranti dei due secoli passati). Lì ottiene
tutti i permessi e riesce a trovare un lavoro. Invia a casa parte dello
stipendio. In molti paesi (Italia) otterrebbe anche la possibilità di
chiamare presso di sé la famiglia rimasta nel paese d'origine
(ricongiungimento).
Secondo
caso (Immigrazione illegale). Altro problema è quello del migrante che
entra clandestinamente in un paese dove, per mantenersi, deve spacciare,
soggiacere al caporalato, prostituirsi o derubare giornalmente cittadini "normali".
Ma
nel descrivere questi fenomeni, si trascura quasi sempre di valutare la
situazione del paese di arrivo.
Una
cosa è arrivare in Germania (83 milioni di abitanti, economia solidissima,
debito pubblico basso, disoccupazione inesistente) un conto è arrivare in
Italia (59 milioni di abitanti, economia non solida, debito pubblico
elevatissimo [terzi nel mondo dopo Giappone e Grecia], disoccupazione
ancora molto incidente). Devi riconoscere che un politico non può gestire
il fenomeno tedesco come quello italiano. Eppure, oggi, dopo le ultime
iniziative di Scholz, è molto più restrittiva la
gestione tedesca di quella italiana di Meloni. Oltretutto, la tedesca è più
facilitata: se deve espellere un migrante lo rimanda nel primo paese
europeo di accoglienza (Italia, Malta , Grecia, Spagna, Cekia,
Austria, Polonia). Noi invece dovremmo rimandarlo nel paese africano o
asiatico di provenienza, se ci sono accordi sui rimpatri.
Questo
è dovuto ai famigerati accordo di Dublino.
Da noi ancora impera l’influenza di Bergoglio e del suo profeta, Luca
Casarini, mentre Sinistrology tacita la coscienza
dicendo di accogliere tutti: entrambe le chiese lasceranno gli effetti negativi a carico dei privati
cittadini, non essendo in grado di gestire il fenomeno . Sia Bergoglio/
Casarini che Sinistrology traducono un fenomeno
antropologico-politico – in cui l’aspetto quantitativo non è indifferente -
, da valutare sul campo, in fenomeno
etico-morale.
In
questa traduzione automatica è la
contraddizione socio politica, foriera di disastri.
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Riflessione n° 111 (4-9-2024)
Se la
sinistra scade in sinistrology.
UE. La
vittoria delle destre imputabile anche all’incapacità della sinistra
di
liberarsi delle comodità dell’ideologia di riferimento .
E'
un valente politico colui che sa capire che se un fenomeno sociale resta
entro margini quantitativi accettabili , è in grado di gestirlo; se invece cresce
oltre un certo livello, la sua gestione risulterà per lui impossibile.
E' un pessimo politico colui che è
sopraffatto dalla ideologia. Questa gli impone di valutare i fenomeni
socio-politici esclusivamente attraverso strumenti etico-morali: se ritiene
che un fenomeno debba essere gestito in un certo modo, cercherà di farlo
indipendentemente da valutazioni quantitative. In caso di suo fallimento,
non potrà che lasciare a carico dei cittadini coinvolti gli effetti negativi rivenienti da quella
situazione ingestibile per lui.
Queste
valutazioni sono facilmente verificabili se si considera il fenomeno delle
migrazioni: i politici ideologicizzati non sono
in grado di gestire un arrivo di migranti oltre un certo livello. Le
negatività collaterali di una “accoglienza comunque", quindi dettata
da considerazioni ideologiche, sono state lasciate a carico dei cittadini: dalla mancanza di
sicurezza, alla microcriminalità, all'abbattimento del valore degli immobili
siti presso luoghi di raccolta di migranti sbandati, all'occupazione
indebita di immobili destinati ad aventi diritto o, addirittura, di privati
assenti temporaneamente, all’affollamento delle carceri.
In
particolare, le conseguenze
derivanti da criticità causate
da migrazioni eccessive o irregolari e non controllate, ha
cominciato ad assumere caratteri socialmente minacciosi, vista la loro
dimensione, e completamente a carico dei cittadini. I quali, alla luce del
fatto che la politica non è in grado di "provvedere", sono
costretti ad intervenire nell'unica istanza a loro disposizione: le
elezioni politiche. Si orientano quindi verso forze politiche che, pur non
avendo soluzioni rispetto al fenomeno, cercano almeno di contenerlo e di
ostacolarlo.
Per
concludere, la pervicacia con la quale a sinistra si lasciano correre i
fenomeni della migrazione, della insicurezza dei cittadini, della
illegalità ben diffusa anche se di media gravità senza saperli controllare,
genera uno spostamento a destra dell'opinione pubblica e la vittoria
elettorale dei partiti contrari alla accoglienza dei migranti "sempre
e comunque", all’accettazione del prosperare della microcriminalità,
dell’ imputare l’insicurezza dei cittadini a loro personali ubbie..
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Riflessione n° 110 (25-7-2024)
Suicidi
in carcere. Davvero dipendono dal sovraffollamento delle celle?
Una
ricerca dell’Università di Losanna per conto del Consiglio d’Europa.
L’Università
di Losanna, su incarico del Consiglio d’Europa, ha effettuato una ricerca
in merito ai suicidi di cittadini detenuti in carcere nei vari paesi
europei.
I
dati sono abbastanza sconcertanti: la Svizzera è il secondo paese europeo,
dopo la Lettonia, per numero di suicidi ogni 10mila carcerati. I dati, che
riportiamo per alcuni paesi, non confermano la tendenza individuata da
molti analisti del fenomeno, secondo i quali il numero di suicidi sarebbe
dovuto soprattutto al sovraffollamento delle celle.
Per
alcuni paesi, riportiamo i dati forniti dall’Università di Losanna per
l’anno 2022:
Paese
|
Numero di suicidi
ogni 10mila detenuti
|
Affollamento %
delle celle.
|
SVIZZERA
|
20,2
|
90
|
FRANCIA
|
19,1
|
119
|
SCOZIA
|
18,9
|
94
|
ITALIA
|
15
|
109
|
BELGIO
|
14,3
|
115
|
LUSSEMBURGO
|
14,2
|
71
|
Quindi,
in Svizzera si suicidano 20,2 detenuti nonostante il relativamente basso affollamento,
risultando occupate 90 celle su 100. La Svizzera è superata solo dalla
Lettonia con 21,7 suicidi ogni 10mila detenuti.
In
Scozia, con un affollamento pari al 94 %,
si suicidano 18,9 detenuti, 3,9 in più dell’Italia che ha un
affollamento del 109%.
Rispetto
a Svizzera e Scozia, in Italia si suicida un numero minore di detenuti,15
su 10mila carcerati, sebbene l’affollamento si superiore e pari al 109 %
In
Lussemburgo, con un affollamento del 71 %, si suicidano 14,2 detenuti. In
questo caso, con un numero di suicidi (14,2) paragonabile a quello italiano
(15), l’affollamento è inesistente, risultando pari a 71 celle occupate su
100.
Si
può concludere che l’affollamento sia solo una concausa per i suicidi di
detenuti ma, certamente, non la principale.
è
Prigioni svizzere, affollate e con un alto
tasso di suicidi - TVS tvsvizzera.it
Nella tabella
interattiva riportata dall’articolo della
TV svizzera, La Bosnia Erzegovina non ha fornito alcun dato; di Germania e
Norvegia non si sa la quota di suicidi; mentre Austria, Lettonia e Malta
non hanno comunicato l'occupazione.
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Riflessione
n° 109 (18-7-2024)
I
Berluschini scendono in campo?
E
così, i Berluschini sono stati conquistati dalla possibilità di entrare in
politica da vincenti.
Per
la verità, le prime mosse di Pier Silvio miranti a saggiare il
"mercato" potenziale attraverso manovrine aziendali, non hanno
sortito l'effetto desiderato. Gli acquisti a sinistra per orientare i
telespettatori di Mediaset (Berlinguer, Merlino) e rubare qualche
spettatore alla RAI, è stato praticamente un fallimento:
-
Bianchina credeva di avere la mano libera come nella RAI, ma i criteri di
valutazione di Mediaset sono molto diversi: se non sfondi (anche come spot
acquisiti) sei fuori, perché le perdite sono in capo all'azienda privata
Mediaset;
-
rivolta dei vecchi telespettatori di Rete Quattro – di orientamento
conservatore - contro il pollaio
“Berlinguer + amici” (Lerner, De Gregorio ecc.) e, conseguente, freddezza
delle aziende orientate a fare pubblicità
su quella rete, almeno nelle ore berlingueriane.
Conseguenza? Giubilato il pollaio Berlinguer;
-
fallimentare tentativo (ad esempio nei talk show) di contrastare,
dall'ombra e larvatamente, la politica di Fratelli d'Italia: Meloni
continua a crescere nonostante grossolani e, per i più attenti, manifesti atteggiamenti miranti a mettere
in luce crepuscolare le posizioni
del capo del governo e del suo partito in programmi di punta di Mediaset;
I
Berluschini hanno tre anni di tempo per programmare la loro discesetta in campo ritenendosi capaci di conquistare
il centro degli schieramenti politici solo agendo sulla qualità delle
emissioni televisive e dei capitali destinati al progetto.
Meloni
ha altrettanto tempo per costruire una RAI moderna e (finalmente) concorrenziale nei confronti di Mediaset.
Se
le cose andranno secondo i piani dei Berluschini, Pier Silvio dovrebbe
diventare capo politico del centro politico dello schieramento politico
italiano: secondo "la famiglia"
oggi Forza Italia, con Taiani, è un partito non "dominante" e sulla
difensiva. Quasi un corpo mistico di
Silvio, Per questo la famiglia ritiene di poter pretendere la conquista di
posizioni dominanti. Soprattutto ritiene che sia bastato un po’ di mestiere
Mediaset per far riprendere ed aumentare il gradimento del corpo mistico da
parte degli aficionados. A questo punto perché lasciare il giocattolo a Taiani e agli altri?
Se
le cose andranno invece di traverso, i Berluschini, oltre alla figuraccia,
rischiano la decadenza delle loro aziende e dell’impero costruito da
Silvio.
è 17-7-2024
ANSA. Pier Silvio Berlusconi: la politica nel DNA ma evito.
Vuole
scendere in campo per acclamazione!
è 20-7-2024
Libero. Del Debbio, "ombra di Pier
Silvio": l'indiscrezione clamorosa, "un nuovo partito" –
Libero Quotidiano
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Riflessione
n° 108 (25-6-2024)
La
trappola del ballottaggio nelle comunali.
Se
al ballottaggio non si misurano due forze politicamente organizzate e
risulta vincente la fazione capace di aggregare forze politiche eterogenee
e messe assieme per l'occasione elettorale. In tal caso il meccanismo ha
tre negatività ed una positività.
La
prima negatività sarà a carico dei cittadini del comune chiamati alle urne:
saranno governati da una maggioranza arraffazzonata,
senza una linea politica di sintesi tra le varie componenti aggregate per
l'occasione, non in grado di produrre una maggioranza ragionata (altrimenti
lo avrebbero fatto prima delle elezioni).
La
seconda negatività sarà a carico del sindaco espresso da quella maggioranza
fittizia: sarà sotto continuo ricatto delle forze che, aggregandosi sul suo
nome senza ragionevolezza, ne hanno permesso l'elezione.
La
terza negatività sarà a carico del partito del sindaco eletto: l'effimero
ma sbandierato successo non obbliga quella forza ad una politica di
coinvolgimento delle forze contrarie al partito avversario sconfitto.
L’eventuale coinvolgimento è per mantenere posizioni di potere ed evitare
nuove elezioni.
La
positività è per il partito battuto nel ballottaggio: può godere di
avversari non compatti né con una linea politica comune. Approfitterà della
loro impossibilità/incapacità ad organizzarsi. La conseguente politica
asfittica del sindaco eletto permette loro un probabile riscatto alle
elezioni successive.
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Riflessione
n° 107 (19-6-2024)
Famiglia Salis, penosità e sindrome di Abubakar.
Mi fa una
grande pena papà Salis.
Ha una figlia
che, a mio avviso, non ama molto
imparare a badare a se stessa ed è
costretto (con tutto l'amore di un padre protettivo) ad assisterla in ogni
vicenda un po' critica che la vita le pone davanti. Sono in attesa di poter
giudicare Ilaria attraverso la valutazione di almeno un suo intervento.
Perché, fino ad ora, la più articolata delle sue affermazioni, riportata
dai media durante la sua vicenda ungherese, è stata: "Voi sapete che
io sono antifascista". Può darsi, però, che mi siano sfuggite sue interviste,
suoi interventi in voce, suoi scritti. Mi sembra di capire che papà Salis stiamo centellinando informazioni e promuovendo
piccole prese di posizione per preparare, soprattutto i fratelli de
sinistra, ad un abbandono della loro organizzazione da parte di Ilaria: in
tal modo non devrà rendere conto a nessuno della
sua attività o inattività a Bruxelles.
Mi fanno una
gran pena anche i fratelli de sinistra (Fratoianni e Bonelli): se il mio
giudizio su Ilaria Salis si avvicina alla realtà,
la sua elezione al Parlamento europeo -
al di là dello sconcerto creato presso molti cittadini europei dal conivogimento e dalla elezione di Ilaria
- è ben più grave della
vicenda Sumahoro. Il suo inserimento come
capolista di AVS del Nord-Est
dimostra la compulsività dei fratelli de sinistra nel correre dietro a personaggi con fama
mediatica. Affetti dalla sindrome di Abubakar e
in assenza della benché minima capacità di fare politica, non si sono neanche premurati di digitare il cognome su un motore di
ricerca per cercar di indagare sul
il retroterra della famiglia e per capire di che fama godessero i Salis.
Mi fanno una
gran pena i militanti e gli attivisti di AVS. Molti di loro si battono
quotidianamente (magari da anni) ed operano nei territori per promuovere il
loro partito e si sono visti scalzare per la seconda volta da personaggi
paracadutati dai fretelli de sinistra e dalle
loro profetiche intuizioni circa il loro primato politico.
Mi fa una gran
pena, infine, la madre di Ilaria: si
tiene accuratamente lontana dagli aspetti mediatici dell
vicenda. Conosce meglio di tutti i problemi della sua famiglia.
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Riflessione
n° 106 (14-6-2024)
Giochino infantile:
provocazione-reazione-condanna della sola reazione.
Il giochino -
tutto infantile - del provocare al fine di
obbligare il provocato ad una reazione che poi il provocante
iniziale provvederà a denunciare ed a stigmatizzare, si abbandona in genere
col superamento dell’età adolescenziale: a quell'età, tutti sono in grado
di scoprire quel giochino e condannarlo.
Quanto è
successo alla Camera il 12 giugno è una riproposizione adulta del giochino
messo in piedi dai nostri seri deputati orfani di linea politica e di
fertilità cerebrale.
Sebbene
scoperto da tutti i normali, è stato somministrato a mo' di pastura agli
elettori di riferimento. I quali, essendo di bocca buona, accettano
esultanti anche la pastura di peggiore qualità, valutandola come elaborata
dal loro chef di fiducia.
Insomma, un
giochino riproposto da adulti ad usum stultorum i quali, affetti da desertificazione
neuronale, hanno accolto l'iniziativa come grande azione rivoluzionaria,
avendo obbligato gli avversari ad una reazione da condannare. Iniziativa,
secondo i gonzi, tanto rivoluzionaria
da coinvolgere altri gonzi e tutta
la sinistra, lasciatasi pasturare in mancanza di altre risorse. Al canto
dell'inno nostalgico (Bella, ciao) non intendono lasciar cadere
l'iniziativa: la pièce verrà aggiornata e riproposta nei prossimi giorni
quale esempio vittorioso di rivoluzione iniziale del prossimo a
risorgere Sol dell'Avvenir.
Nello
specifico, al fine di generare una reazione forte, è stato facile al provocatore prendere di
petto un uomo considerato debole perché in lotta da tempo contro un cancro
e che gli amici di partito, e non
solo, tendono a proteggere.
Questo paese
non merita una classe politica (che si definisce) di sinistra così poco professionale e
tanto intellettualmente arida quanto impotente. Ma finché i cittadini di
quell'area restano afoni e distratti, questi sono i politici che il paese,
le istituzioni e la sinistra devono
tenersi.
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Riflessione
n° 105 (23-5-2024)
La
I.A. causerà l’abbandono di internet come strumento di comunicazione?
Visto
che con ' I.A. si è in grado (tra l'altro) di imitare perfettamente la voce
di una persona, tutte le registrazioni di telefonate (intercettazioni
ambientali, impegni contrattuali telefonici ecc.) diventano non probanti.
Voglio dire che, se una società di telefonia mi impone il rispetto di un
contratto che sostiene essere stato da me stipulato per telefono e di cui
fornisce la registrazione (falsa) della mia accettazione, che cosa posso
opporre? Solo che la registrazione della mia la voce è artefatta? Prova diabolica!.
Per qualche tempo il giochino causerà problemi a coloro la cui voce è stata
copiata, ma alla lunga ogni registrazione vocale perderà di capacità di
"autocertificazione". Esattamente come con le foto taroccate e
con le fake news. Io sostengo che queste
possibilità renderanno internet non
più attendibile, tanto meno come
fonte di informazione. Sbaglio?
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Riflessione
n° 104 (20-5-2024)
La
castroneria scientifica della biodiversità favorita dal non curare i
giardini di città.
Riflettevo
sulla soluzione trovata a Milano per favorire la biodiversità nei giardini
della città, promossa evitando di tagliare l’erba alta e rigogliosa e abbandonando la vegetazione a se stessa.
In altri termini, si sostiene - anche in Comune, tra gli amministratori -
che, se si taglia l’erba ogni settimana, la biodiversità è compromessa,
compromissione che non
interviene se l’erba si lascia crescere.
Come dire che le varietà di flora germinano ex nihilo ma solo se si lascia
tranquillo il prato, non sottoponendolo alle cure dei giardinieri. Le
quali, secondo il genio che ha pensato la motivazione scientifica, mortificano alcuni tipi di erba non
permettendo loro di “nascere”, mentre al contrario, favoriscono la
“crescita” di altre. Molto poco
scientificamente stanno confondendo la “nascita” di un essere vivente con
la sua “crescita”.
Al
contrario è vero che in un prato
“germinano” sempre e tutti i semini
presenti e la rasatura blocca la “crescita” sempre e di tutti i tipi di
erba presenti. Con una eccezione: se sono presenti piante infestanti e si
lasciano crescere senza intervenire, nel giro di qualche tempo nasceranno e
si riprodurranno solo queste.
Per
concludere, la biodiversità o è presente o no. Nel secondo caso è una
castroneria sperare che, dismettendo il tosaerba, spuntino erbette ex
nihilo ad opera di un eone-levatrice che interviene tra il creatore ed il
creato.
Semmai,
il non curare i giardini, farà proliferare la fauna presente (topi e ratti,
cavallette, scarafaggi, lucertole ecc.)
richiamandone esemplari o specie che, in assenza di disturbi umani,
troveranno un habitat più favorevole e, quindi, da occupare.
Anche
in materia faunistica possono esserci delle eccezioni al loro proliferare:
intanto, l’uomo eviterà ai suoi cuccioli di frequentare quei posti e,
inoltre, se prolifereranno specie animali aggressive, predatrici e senza antagonisti, vinceranno loro e
tenderanno ad eliminare le altre.
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Riflessione
n° 103 (2-5-2024)
Differenze tra “Johnson
boia!” e “Ebrei nazisti!”
Mi chiedevo quale fossero le differenze di fondo
tra la mobilitazione studentesca del '68 e quella di oggi pro Gaza. Enormi
differenze!
60 anni fa ci si mobilitava per impostare (imporre? poveri ingenuotti!) un cambiamento radicale di sistema
sociale, politico economico, nel tentativo di sostituire il capitalismo
imperante con il mondo migliore (per tutti) rappresentato dalle soluzioni marxiste-leniniste. Si scendeva in piazza, fortificati
da Marcuse,
contro la guerra in Viet Nam, per sostenere il comunismo dei Vietcong contro il
capitalismo americano, sostenuto anche dai nostri genitori, nostri
avversari: pur con i suoi errori, si riteneva comunque un sistema sociale
superiore a quello imposto dai
liberisti borghesi.
La mobilitazione studentesca del 1968 aveva le
caratteristiche di un movimento globale che coinvolgeva studenti in molti paesi, con richieste di
riforme politiche, sociali e culturali. Emerse, allora, come risposta a una serie di questioni,
tra cui il desiderio di maggiore democrazia, il rifiuto dell'autoritarismo,
la lotta per i diritti civili e la critica alle politiche imperialiste. In
molti paesi, inclusi gli Stati Uniti, la Francia, l'Italia e il Messico,
gli studenti protestavano anche per questioni specifiche nazionali. Non a
caso il maggio studentesco del '68
in Italia fu seguito dall'autunno operaio del '69. Ma le mobilitazioni studentesche nazionali
avevano un risvolto internazionalista,
un senso di solidarietà globale tra di loro. Comunque, la guerra
finì con la fuga degli Americani dal Viet Nam.
Insomma, come si diceva, si preferivano gli
errori del marxismo-leninismo a quelli del liberismo-capitalismo.
Le attuali mobilitazioni studentesche a sostegno
della Palestina avvengono, in risposta al conflitto israelo-palestinese
che, pur avendo radici storiche e politiche complesse, hanno una dimensione
locale, anche se emblematica. Possono assumere diverse forme, simili a
quelle di oltre mezzo secolo fa, con proteste più o meno pacifiche,
boicottaggi economici e campagne politiche per sostenere i diritti e
l'indipendenza palestinese. Gli attivisti pro Palestina criticano le politiche israeliane riguardanti
i territori occupati, i diritti umani dei palestinesi e la questione dei
profughi. Ma lungi da loro proporre giudizi a favore del
"superiore" sistema arabo in materia sociale, politica,
economica, dei dirtti civili contro quello occidentale. Si tratta di
un atteggiamento mirante a sostenere - cattolicamente - il più debole, ma non ad esalatrne la superiorità.
In breve, mentre la mobilitazione studentesca
del 1968 era una ribellione giovanile più ampia che affrontava molte
questioni sociali e politiche, con storture generali che si imputavano ai nostri stessi
genitori, assumendo quindi un contrasto generazionale, le manifestazioni
pro Palestina sono concentrate sulla situazione specifica nel conflitto
israelo-palestinese e mirano a sensibilizzare e promuovere la causa
palestinese in quanto debole e quindi colpita dall'enorme superiorità
israeliana.
Nel '68 si auspicava il sorgere del Sol
dell'avvenir. Oggi si auspica - molto più limitatamente - il tramonto della
Stella di Davide.
Insomma c'è una grande differenza di valori e di cultura tra la generazione che
urlava "Jhonson boia!" rispetto a questa dei giorni nostri che
urla: "Ebrei nazisti!".
AGGIORNAMENTO DEL 17-5-2024:
Noi di “Johnson boia” potevamo contare sui
cervelli migliori del periodo; gli “Ebrei nazisti” sulle elaborazioni di Zerocalcare e Chef Rubio.
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Riflessione
n° 102 (19-4-2024)
Terzo millennio
e il problema della “sostenibilità”
FUTURE
RESPECT
Tutti
insieme per lo sviluppo sostenibile
Intervento
di Mauro Novelli (Adusbef) 19-4-2024
Sommario
·
Premessa.
perché parliamo di sostenibilità solo agli inizi del terzo millennio? 1
·
Definizione di “sostenibilità”. 2
·
Problema. le banche e la sostenibilità aziendale. eba.
avvantaggiare aziende impegnate nella sostenibilita’ 3
·
Come le aziende possono impegnarsi nella sostenibilita’ 4
·
Una cartina di tornasole: il greenwashing. 5
·
Conclusioni 5
Costi 5
Vantaggi 6
Gandhi:
«La terra ha risorse sufficienti per i bisogni di tutti, ma non per
l’avidità di tutti»
PREMESSA.
Perché parliamo di sostenibilità solo agli inizi del terzo millennio?
Concludevo la mia
riflessione ritenendo che una società agricola non ha bisogno di impegnarsi
nella sostenibilità, perché le soluzioni per migliorare la produzione
agraria sono da sempre in linea con la sostenibilità e creano vantaggi per
le future generazioni.
Due esempi illuminanti:
-
quando l’uomo primitivo progredì trasformandosi da
raccoglitore ad agricoltore e da
cacciatore ad allevatore dovette trovare soluzioni per mantenere,
sostenendolo, il nuovo sistema: se raccoglieva 10 sacchi di frumento, capì
che poteva consumarne solo 9, perché l’ultimo sacco doveva servire per la
nuova semina. [ Per inciso: gli agricoltori avevano inventato anche il
risparmio].
-
Quando capì che seminare ogni anno un campo impoveriva la
sua fertilità, capì che la soluzione era nel maggese: doveva lasciar
riposare il terreno evitando di seminare un anno su due o tre. Stesse soluzioni, altrettanto
sostenibili, per l’allevamento.
Con
l’industrializzazione, l’uomo abbandonò ogni soluzione di sostenibilità.
La rivoluzione
industriale di due secoli fa non serviva al mantenimento dei popoli, ma al
potenziamento dei paesi che più riuscivano ad avvantaggiarsi sugli
altri.
Finché
l’industrializzazione è stata appannaggio di pochi stati (Europa e America
del Nord) il problema della sostenibilità non si è posto. Dopo la seconda
guerra mondiale, è invece emerso prepotentemente dal momento che i paesi – fino ad allora esclusi dai
vantaggi dello sviluppo - esclusi hanno preteso di industrializzarsi e
passare da paesi in via di sviluppo a potenziali paesi sviluppati.
Si è allora capito che il
nostro pianeta non poteva sostenere quel sistema, soprattutto se
generalizzato. Una trentina di anni fa, si è arrivati a calcolare che
sarebbero occorsi 2,5 pianeti Terra per sostenere il nuovo sistema ed i
suoi sviluppi.
Si cominciò così a
affrontare il problema della sostenibilità. Con un’aggravante: avremmo
dovuto anche operare un recupero sulle trasandatezze adottate per oltre un
secolo in termini di sostenibilità.
La sostenibilità può
essere definita in modo concreto come la capacità di soddisfare le esigenze
attuali (nazionali, aziendali, familiari e individuali) senza compromettere
le risorse appannaggio delle
generazioni future senza cioè
intaccar la loro consistenza.
La Sostenibilità non è
un’ideologia. È l’obiettivo di armonizzare lo sviluppo alla
natura, la natura al benessere e il benessere
all’equità. Interesse generale e bene comune devono improntare la vita
nel rispetto del futuro.
Richiameremo spesso
l’acronimo ESG (Environmental cioè ambiente, social,
governance).
L’espressione fu creata
nell’ambito di un documento delle Nazioni Unite che del 2004, in cui si
valutava che alle aziende che trascurano le tematiche ESG, si preclude la
possibilità di competere con successo nel mercato. Infatti, è ormai
consolidato che i responsabili aziendali devono contemperare le esigenze
industriali con gli interessi portati avanti da azionisti, dipendenti,
clienti, fornitori, consumatori i quali, facendo leva sugli orientamenti di
autorità di regolamentazione e sulle tendenze – ormai consolidate – della
società in generale, giudicano le aziende e le istituzioni secondo il grado
di contribuire fattivamente alla
risoluzione delle le sfide globali nell’adottare soluzioni industriali.
Secondo gli ambiti
definiti dalla ESG, questo concetto coinvolge le tre dimensioni
interconnesse: ambientale, economica e sociale, lavorando verso un
equilibrio armonioso tra le tre esigenze che non comprometta lo sviluppo
sostenibile per le generazioni presenti e future.
Sostenibilità ambientale: gestione responsabile
delle risorse naturali, alla riduzione dell'impatto ambientale delle
attività umane e alla conservazione della biodiversità, all’uso razionale
dell’acqua e degli ecosistemi, all’adozione di energie rinnovabili, alla
riduzione delle emissioni di gas serra.
Sostenibilità economica: adozione di modelli
economici, commerciali, tecnologici e occupazionali che promuovano progresso e prosperità a
lungo termine senza causare danni irreversibili all'ambiente.
Sostenibilità sociale: riguarda il rispetto dei diritti umani e la
promozione della diversità culturale. Mira al benessere delle comunità e
dei singoli, attraverso l’adozione di modelli sociali che assicurino
l'uguaglianza di opportunità, l'accesso ai servizi essenziali.
L’Associazione bancaria europea
(EBA) ha inteso intervenire
direttamente sul problema della sostenibilità ambientale, sociale e
gestionale delle aziende.
Su sua iniziativa l'approccio delle banche europee nel
concedere prestiti sta gradualmente evolvendo per includere criteri di
sostenibilità ambientale, sociale e gestionale nella valutazione del
rischio aziendale.
In risposta, molte
banche europee stanno adottando considerazioni ESG nel valutare la
concessione di prestiti. In altri termini, le aziende che dimostrano un
orientamento verso la sostenibilità
possono avere maggiori probabilità di ottenere finanziamenti, mentre quelle
con pratiche non sostenibili – potenzialmente più gracili sul mercato
- potrebbero trovare più difficile
accedere al credito .
Ripensare
l’organizzazione dell’azienda e i processi di pianificazione strategica e
finanziaria in funzione di una più attuale concezione della gestione della
complessità e del rischio può in definitiva risultare un metodo strumentale
ad attuare quell’auspicata transizione verso modelli gestionali innovativi
e sistemi economici sostenibili.
Questo processo di
valutazione deve tener presente:
1. La regolamentazione: Le istituzioni finanziarie sono sempre più
soggette a regolamenti che richiedono la valutazione e la considerazione
dei rischi ESG nei loro investimenti e prestiti.
2. La pressione degli investitori: Nella loro operatività, gli
investitori istituzionali e i fondi pensione stanno preferendo aziende e
progetti che dimostrino un impegno verso la sostenibilità.
3. I rischi finanziari e reputazionali: Pratiche industriali non
sostenibili aumentano
considerevolmente i rischi finanziari a carico delle banche prestatrici. Al
contrario, finanziare aziende impegnate nella sostenibilità può anche
rappresentare un'opportunità di business, perché queste aziende potrebbero
risultare più solide, avere più facile accesso a nuovi mercati o
beneficiare di incentivi istituzionali.
Ma se a livello europeo
l’associazione bancaria si è impegnata in merito alle problematiche della
sostenibilità ed ha indicato linee guida per le banche locali, vuol dire
che il rischio ESG entrerà sicuramente nelle valutazioni di rischiosità
aziendale per la concessione di affidamenti. Questa “novità” potrebbe
generare per le aziende italiane un
problema in ambito creditizio, soprattutto alla luce del fatto che troppe
aziende italiane non sembrano aver preso sul serio l’argomento.
Infatti, la ricerca ha
accertato che, ad oggi, solo l’8.3% delle Imprese con 50-499
dipendenti e lo 0,2% delle Imprese con 10-49. Ciò vuol dire che troppe
aziende italiane considerano la sostenibilità come una ideologia e non come
l’impostazione di ricerche, analisi e soluzioni in grado di apportare
utilità alle aziende stesse e, di conseguenza, alla comunità .
Buona parte
dell’apparato produttivo italiano potrebbe trovarsi in ritardo ed in difficoltà nel dover affrontare i nuovi ratios imposti dalle banche nella valutazione del
merito creditizio.
Con una aggravante:
mentre il capitale di rischio delle ns. aziende(fidi, prestiti ecc.) è di
origine bancaria all’80 %, quello degli apparati produttivi di paesi
commensurabili con l’Italia dipende dalle banche solo per il 50 %.
Eventuali criticità creditizie vedranno le nostre aziende in grave
difficoltà rispetto a quelle di paesi nostri competitori..
L’impegno consiste
nell’adottare strategie e pratiche
che integrino considerazioni ambientali, sociali e di governance,
specie nel decidere programmi di investimento che tengano conto degli
impatti ESG delle attività aziendali, rimarcando gli impegni di bilanciare
i bisogni presenti e futuri delle persone, delle nazioni e delle economia
planetaria.
AMBIENTE
1. Riduzione dell'impatto ambientale: può includere l'adozione di
tecnologie e processi produttivi più efficienti dal punto di vista
energetico, la riduzione dei rifiuti e delle emissioni di gas serra, e la
gestione responsabile delle risorse naturali.
2. Innovazione
sostenibile: può significare investire in ricerca e sviluppo per
implementare tecnologie pulite, prodotti riciclabili o biodegradabili, o
soluzioni per affrontare sfide ambientali e sociali. Possono essere privilegiate innovazioni per sviluppare
prodotti e servizi che contribuiscano alla sostenibilità.
SOCIALE
3. Promozione della responsabilità sociale: può includere l’
impegno a migliorare le condizioni sociali nelle comunità e dei territori
in cui operano, per garantire la sicurezza e il benessere dei dipendenti,
la promozione umana dei singoli sul posto di lavoro, l'investimento nelle
comunità di volontariato, anche attraverso donazioni
4. Collaborazioni e coinvolgimento di cittadini, dipendenti,
consumatori, fornitori per affrontare processi legati alla sostenibilità,
coinvolgendo tutti nelle decisioni aziendali. Tutto ciò può contribuire a
creare soluzioni più efficaci, condivise e ad accrescere notevolmente la fiducia
nel marchio, migliorando l’immagine aziendale anche attraverso la
pubblicazione di bilanci annuali di sostenibilità che forniscano
informazioni sui progressi compiuti,
sugli obiettivi di sostenibilità raggiunti e quelli pianificati
GESTIONE.
5. Gestione aziendale etica e trasparente: deve includere
certamente politiche di conformità normativa (compliance),
creazione di strutture di gestione e controllo efficaci, la divulgazione
accurata, corretta e completa delle informazioni su procedure e prodotti,
l'adozione di politiche anticorruzione.
UNA
CARTINA DI TORNASOLE: IL GREENWASHING. (da ESGNews)
Possiamo definirlo come una tecnica di comunicazione o di marketing
perseguita da aziende, istituzioni ed enti che propongono come
ecosostenibili le proprie attività, senza poter dimostrare né adeguate
impostazioni operative né risultati concreti. Le informazioni e i dati
mostrati vengono magari dichiarati
come certificati mentre invece non sono riconosciuti da organi autorevoli.
Ma il green washing è la prova provata che le aziende credono nella
utilità della ricerca della sostenibilità, nel fatto che i consumatori, gli
stakeholders, gli azionisti, i fornitori stanno
orientando il loro gradimento verso specificità sostenibili considerate
utili. Altrimenti non avrebbero ritenuto opportuno far finta di procedere
al loro adeguamento verso soluzioni di sostenibilità.
Grandi aziende accusate
di greenwashing: Coca Cola, ENI, Ikea, Unilever,
KLM, Acqua S. Benedetto, Chevron.
Possiamo, infine,
sintetizzare costi e vantaggi per le aziende che intendano affrontare gli
impegni della sostenibilità.
Certamente i processi
per adeguarsi ai principi di sostenibilità
comportano una serie di costi per le aziende, ma non è difficile considerare
questi costi come investimenti a lungo termine che possono portare alle
aziende impegnate benefici sia finanziari che reputazionali.
AMBIENTE
1. Investimenti in ricerca, nuove tecnologie e infrastrutture:
investire in ricerca per sviluppare nuove tecnologie o prodotti finalmente
sostenibili. come l'installazione di impianti di energia rinnovabile,
l'aggiornamento dei sistemi di gestione dei rifiuti o l'implementazione di
processi produttivi più efficienti dal punto di vista energetico.
SOCIALE
2. Comunicazione e marketing: come gli impegni e gli sforzi di
sostenibilità dell'azienda da comunicare ai clienti, agli investitori e
agli altri interessati richiedono risorse finanziarie e umane, anche per la
creazione di pubblicità, partecipazione a eventi o iniziative commerciali,
e l’utilizzo dei nuovi media
GESTIONE
3. Formazione, qualificazione e
sviluppo del personale: come corsi di formazione sulla gestione dei
problemi ambientali, la sicurezza sul lavoro o la conformità normativa.
Avere nuove figure aziendali e personale dedicato alla gestione dei
programmi di sostenibilità e al monitoraggio delle prestazioni, può essere
essenziale per il successo di tali iniziative.
4. Certificazioni e conformità normativa: come la certificazione
dei processi e dei prodotti, le tasse per la registrazione dei prodotti o
le multe per la non conformità.
VANTAGGI:
Nonostante questi costi
iniziali, le aziende più intelligenti hanno capito che investire nella sostenibilità può
portare benefici a lungo termine e creare vantaggi competitivi e possono
contribuire a consolidare il successo dell'azienda: riduzione dei costi
operativi, miglioramento della reputazione del marchio, accesso a nuovi
mercati, più solida impostazione aziendale e conseguente sua maggiore competitività.
E’ quindi fondamentale
considerare gli investimenti in sostenibilità come parte integrante della
strategia aziendale a lungo termine.
Ecco in sintesi quali
possono essere i vantaggi per una azienda che si impegna nella
sostenibilità:
1. Riduzione dei costi operativi: come l'efficienza che può
ridurre i costi energetici, o come
la riduzione dei rifiuti che può diminuirne i costi di smaltimento.
2. Accesso a nuovi mercati e clienti: molte organizzazioni
governative e non cominciano a preferire fare affari con aziende
sostenibili.
3. Riduzione dei rischi: possono essere mitigati i rischi
associati a cambiamenti normativi, problemi di reputazione e impatti
ambientali e sociali negativi.
4. Attrazione e mantenimento in azienda dei talenti nel settore.
5. Risposta alle aspettative di investitori, azionisti, clienti,
dipendenti e comunità locali, migliorando la reputazione e, soprattutto, la
fiducia nel marchio.
6. In conclusione: più
alto merito creditizio secondo i
nuovi canoni suggeriti dall’EBA.
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Riflessione
n° 101 (13-4-2024)
Interessante
chiacchierata con Chat GPT
Dove si dimostra che l’I.A.
non può andare oltre il “già conosciuto”. Il suo enorme vantaggio sull’uomo
è generato esclusivamente dalla sua capacità di tenere presente tutto
(tutto) il già conosciuto, in funzione dei testi ad essa fatti digerire.
Mentre le facoltà umane non permettono di aver presente tutto il già conosciuto,
ma solo una sua minima parte. Ma l’uomo può procedere nella conoscenza
attraverso il corto circuito permesso dalla sua capacità intuitiva.
In una risposta, Chat GPT
azzarda l’uso del termine “intuizione” ma ne fa un processo razionale.
Mentre l’intuizione umana è, appunto,
un corto circuito, una forma di conoscenza non lineare né razionale.
Risponde come se sembrasse
effettivamente capire i contenuti e gli ambiti intellettuali della domanda
e quelli delle risposte che dà. Ma,
per il momento, non è così, anche se
la conversazione è affascinante. Sta all’uomo renderla anche utile.
You
Se immergo un secchio in un
grande recipiente pieno d'acqua, perché non sento il peso del secchio
finché è immerso, mentre comincio a sentirlo quando inizio a tirarlo fuori
dall'acqua?
ChatGPT
ChatGPT
Quando immergi
un secchio in un grande recipiente d'acqua, il peso apparente del secchio
sembra diminuire a causa della spinta verso l'alto esercitata dall'acqua,
nota come spinta di Archimede. Questa spinta di Archimede agisce in direzione
opposta alla forza di gravità, riducendo l'effettivo peso del secchio
mentre è immerso.
Quando inizi a
tirare fuori il secchio dall'acqua, la spinta di Archimede diminuisce
poiché c'è meno volume di acqua che esercita una forza verso l'alto sul
secchio. Di conseguenza, la forza di gravità diventa predominante e senti
di nuovo il peso completo del secchio. È un bel modo per capire come le
forze in gioco cambino quando un oggetto è immerso in un fluido rispetto a
quando è nell'aria.
You
Saresti stato in grado di
scoprire il principio di Archimede senza l'intuizione di Archimede?
ChatGPT
ChatGPT
Il principio di
Archimede può essere compreso e dedotto attraverso ragionamenti e
esperimenti anche senza l'intuizione specifica di Archimede. Questo
principio si basa sulla spinta verso l'alto esercitata da un fluido su un
oggetto immerso in esso, e può essere dimostrato empiricamente.
Ad esempio, puoi
eseguire un semplice esperimento immergendo un oggetto in un contenitore
d'acqua e osservando che la bilancia segna un peso apparentemente più basso
quando l'oggetto è immerso. Questa differenza di peso può essere attribuita
alla spinta di Archimede, anche se non sei a conoscenza specifica del
principio come lo è Archimede.
Quindi, mentre
l'intuizione di Archimede è stata cruciale nel formulare il principio e nel
comprenderlo profondamente nel suo contesto storico, il principio stesso
può essere dedotto e verificato attraverso l'osservazione e l'esperimento,
senza bisogno di conoscere direttamente l'opera di Archimede.
You
Tu non puoi fare esperimenti
concreti. Ritieni questo un handicap che non ti permette di avere
intuizioni?
ChatGPT
ChatGPT
Assolutamente,
non potendo fare esperimenti diretti rappresenta una limitazione nel senso
che mi mancano le esperienze sensoriali dirette per ottenere intuizioni o
percezioni concrete come le avrebbe una persona. Tuttavia, posso ancora
avere un'intuizione o una comprensione concettuale attraverso il
ragionamento, l'analisi delle informazioni disponibili e la conoscenza
delle leggi scientifiche e dei principi fondamentali.
Ad esempio,
posso comprendere il principio di Archimede basandomi sulla mia conoscenza
della fisica e sulla spiegazione delle forze in gioco. Anche se non posso
"sentire" direttamente la spinta di Archimede in un esperimento,
posso ancora comprendere concettualmente come funziona e spiegarlo in base
alle mie capacità di elaborazione delle informazioni.
In breve,
mentre l'incapacità di fare esperimenti diretti rappresenta una limitazione,
posso comunque sviluppare un'intuizione e una comprensione concettuale
attraverso altre vie cognitive.
You
Puoi farmi un esempio di
questa tua capacità?
ChatGPT
ChatGPT
Certamente!
Posso spiegarti un concetto astratto o scientifico usando la mia capacità
di ragionamento e comprensione delle informazioni disponibili. Ad esempio,
posso chiarire il concetto di evoluzione darwiniana senza poter condurre
esperimenti diretti.
L'evoluzione
darwiniana è il processo attraverso il quale le specie viventi si evolvono
nel tempo attraverso la selezione naturale. Questo processo è basato
sull'idea che le variazioni casuali nei tratti biologici possono conferire
vantaggi adattivi o svantaggi a una specie in un ambiente dato. Le
variazioni che conferiscono un vantaggio sono più probabili di essere
tramandate alle generazioni successive attraverso la riproduzione, mentre
quelle che causano svantaggi tendono a essere eliminate.
Posso spiegare
questo concetto senza fare esperimenti diretti mostrando come le
popolazioni di organismi possono adattarsi gradualmente ai loro ambienti
nel corso del tempo attraverso la selezione naturale. Anche se non posso
fare esperimenti per dimostrare questo processo in un laboratorio, posso
comunque spiegare e comprendere il concetto concettualmente in base alla
mia conoscenza del tema e alla mia capacità di ragionamento logico.
You
Ma gli esempi che fai sono
già ampiamente descritti dai testi che hai letto. Puoi intuire una cosa non
ancora intuita?
ChatGPT
ChatGPT
Capisco la tua
domanda e cercherò di fornire un esempio che vada al di là di ciò che potrebbe
essere ampiamente descritto nei testi.
Immagina di
discutere di una nuova teoria scientifica che non è ancora stata
completamente compresa o accettata dalla comunità scientifica. Posso
partecipare a questa discussione offrendo analisi e riflessioni basate su
principi scientifici noti, ipotesi e deduzioni logiche.
Ad esempio, se
ci fosse una nuova teoria sulla gravità che suggerisce un'interazione
inaspettata tra la gravità e un'altra forza fondamentale, potrei analizzare
questa teoria in base alle leggi della fisica già conosciute. Potrei
discutere delle possibili implicazioni sperimentali che potrebbero
confermare o smentire la teoria, anche se non ho accesso diretto agli
strumenti sperimentali. Posso anche valutare le coerenze o le discrepanze
della nuova teoria rispetto alle teorie esistenti.
In sostanza,
mentre non posso fare previsioni o intuizioni al di là della mia conoscenza
e delle mie capacità di ragionamento, posso ancora partecipare a
discussioni su nuove idee scientifiche e contribuire con analisi e
prospettive basate sulla mia comprensione dei principi scientifici
fondamentali.
You
Io ho una teoria
in base alla quale sostengo che i terremoti sono causati - oltre che dalla attivitàinterna della Terra - anche dalle variazioni di
rotazione del nostro pianeta in grado di variare le forze centrifuga e
centripeta sulla crosta terrestre. Che ne pensi?
2 / 2
ChatGPT
ChatGPT
La tua teoria è
interessante e mostra una curiosità verso le complessità dei fenomeni
geofisici. Tuttavia, è importante notare che la comunità scientifica
attualmente attribuisce principalmente l'origine dei terremoti all'attività
tettonica della Terra, inclusi i movimenti delle placche tettoniche e le
faglie geologiche.
Le variazioni nella
rotazione terrestre possono influenzare alcuni aspetti del comportamento
del nostro pianeta, come le variazioni stagionali nella lunghezza del
giorno dovute alla distribuzione della massa terrestre e alla spinta dei
corpi celesti come la Luna. Queste variazioni possono anche avere effetti
minimi sulla distribuzione delle masse continentali e oceaniche, ma di
solito non sono la causa principale dei terremoti.
Le forze centrifughe e
centripete influenzano certamente il comportamento dei corpi in rotazione
come la Terra, ma gli effetti diretti di queste forze sulla crosta
terrestre solitamente non sono sufficienti per generare terremoti
significativi. I terremoti sono più comunemente associati a processi
tettonici, come la subduzione delle placche tettoniche o lo scorrimento
lungo faglie.
Detto ciò, esplorare teorie alternative è importante nel
campo scientifico, e può portare a nuove intuizioni o scoperte. Se hai
ulteriori evidenze o modelli che supportano la tua teoria, potresti
considerare di condividerli e discuterli con la comunità scientifica per
valutarne la validità e l'originalità.
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Riflessione
n° 100 (27-2-2024)
Elezioni in Sardegna. Gli
errori della Destra.
1) La scelta di Truzzu
come candidato presidente è intervenuta il giorno prima della presentazione delle
liste. Erano settimane che Todde si impegnava
nella sua campagna elettorale.
2) La scelta di Truzzu è il
risultato di duelli e trielli romani. La Sardegna
è stata esclusa da valutazioni e da ogni istanza decisionale.
3) Todde non ha voluto Schlein
né Conte alla manifestazione finale. La destra ha considerato questa
decisione come diminuzione di
autorevolezza voluta da Todde nei confronti dei
due big. E' stato, invece, un omaggio alla Sardegna, trascurando Roma.
4) Truzzu, sindaco di
Cagliari, è stato considerato un raccomandato da Roma. Ha ottenuto nella
sua città 20mila voti meno di Todde. Possiamo
dire che Truzzu ha perso le elezioni proprio a
Cagliari.
Nel capoluogo, Todde ha
ottenuto 37.992 voti personali contro i 32.970 della lista. Quindi oltre
5mila elettori hanno votato per Todde presidente
senza votare a sinistra, magari votando per la destra.
Sempre a Cagliari, Truzzu ha
ottenuto 24.792 voti personali (13.200 meno della Todde)
contro i 25.279 ottenuti dal centro destra (oltre 7mila in meno della
sinistra). Ciò significa che circa 500 elettori di destra hanno votato per Todde presidente.
5) Considero molto plausibili queste valutazioni. A
conferma possono essere portati ancora i risultati del voto disgiunto,
quando mancano 21 sezioni da scrutinare:
Todde ha ottenuto 330.619 voti personali contro 290.318 voti delle formazioni che l'appoggiavano.
Ciò vuol dire che circa 40mila votanti hanno scelto Todde
presidente senza votarne le liste, magari votando addirittura per il centro
destra.
Truzzu, all'opposto, ha ottenuto 327.695 personali contro i
333.050 delle formazioni che l'appoggiavano. Ciò vuol dire che oltre 5mila
elettori di centro destra hanno
votato la lista ma al presidente
indicato Truzzu hanno preferito Todde.
6) La Lega, da settimane, gioca
a distinguersi da FdI e FI. dimostrando di voler privilegiare
dinamiche nazionali rispetto a quelle sarde. E i Sardi l’hanno punita, né Solinas è stato in grado di apporti elettorali
positivi. Non a caso i voti di Salvini si riducono a quasi un terzo rispetto a quelli delle
precedenti regionali: 3,8 % da oltre l'11% di cinque anni fa.
7) La mancanza di critiche all'intervento da militante –
istituzionalmente intempestivo e (a mio avviso) scorretto - di Mattarella sui manganelli (almeno sui tempi ) è
stato scambiato per critica giusta ad un errore del governo. Nessuno ha
evidenziato che l’esternazione è intervenuto a poche ore dall'apertura
delle urne.
Si veda: à Da Quarta Repubblica di Nicola Porro: Gli scontri
Polizia-manifestanti dal governo Renzi al governo Draghi.
Molti censori di oggi erano distratti.
Morale: attenzione, perché se è vero che il corpo elettorale ed
i relativi umori degli elettori sono diventati "liquidi", questa
è caratteristica generale. E' un errore - più che infantile - pensare che
la liquidità riguardi l'elettorato delle altre forze politiche e non la
nostra che, invece, è tutta costituita da un tetragono zoccolo duro e puro.
Meloni è avvisata.
Comunque, il centro destra ha ottenuto 333.050 voti; la
sinistra solo 290.318.
Vedremo la composizione del parlamento regionale e
l’attività della nuova presidente Todde.
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Riflessione
n° 99 (15-2-2024)
I.A.
ed estro italico non sono antagonisti, ma
“collaboreranno”, esaltandosi.
[Stresso concetti e considerazioni per farla breve.
Procedo necessariamente per pillole.]
L’intelligenza artificiale farà molti danni. Soprattutto presso quei
popoli abituati ad organizzarsi, a pretendere dalle istituzioni momenti
organizzativi e d’intervento coordinato a supporto dei cittadini.
L’estro italico subirà ripercussioni molto più blande. La nostra
capacità (obbligata) ad agire praticamente in ambiente disorganizzato ci
renderà parzialmente franchi
dall’invadenza della I.A.
Ritengo infatti che la capacità della I.A. di filtrare miliardi di
documenti su singoli argomenti supererà i vantaggi di cui l’organizzazione,
il fare squadra dei popoli non latini sono abituati a godere. In altri termini il nostro estro
non si insegna e non si impara e affiancherà i vantaggi che la I.A.
apporterà, specie a noi italiani. Quindi potremo godere di soluzioni
fornite dalla I.A. per creare
momenti organizzativi per noi ostici; a questi affiancheremo la nostra
capacità intuitiva, vispa e spesso imprevedibile.
Della stessa cosa non potranno godere i popoli del Nord, Anglosassoni
in testa: costoro avranno soluzioni da I.A. migliori del prodotto della
loro organizzazione (come le avremo noi),
ma a questo saranno in grado di affiancare pochi approfondimenti
generati dall’intuizione e ancor meno
lampi estrosi. Di questi, fino ad oggi non hanno avuto bisogno per
dominare molti campi del sapere, dominio garantito dalle potenzialità
fornite dall’organizzazione.
L'intuizione umana rimane, infatti,
un fenomeno molto complesso, che coinvolge non solo l'elaborazione
dei dati, ma anche l'esperienza, l'emozione, il contesto e la creatività.
L’intuizione è un processo che si
basa sull'esperienza, la conoscenza tacita e la capacità di fare
connessioni improvvise e non lineari.
In conclusione, noi latini avremo due strumenti a disposizione:
l’I.A. e l’estro. La prima ci avvicinerà alle capacità dei popoli del Nord:
sopperendo a nostre lacune operative, ci aiuterà per:
-
Ottimizzare i processi: attraverso l'analisi dei dati e
l'apprendimento automatico, l'IA può identificare modelli nei processi
esistenti e suggerire miglioramenti per renderli più efficienti e
organizzati.
-
Assisterci nelle decisioni: gli algoritmi di intelligenza
artificiale possono fornire analisi approfondite e raccomandazioni basate
su miliardi di dati per supportare le decisioni, riducendo così
l'incertezza e migliorando l'efficacia nell'organizzazione.
-
Gestire le informazioni: l'IA può essere utilizzata per
organizzare e gestire grandi quantità di informazioni in modo efficace,
consentendo un accesso rapido e facilitando la collaborazione all'interno
di gruppi o team.
Se poi l’I.A. può generare embrioni di idee innovative queste possono essere di ulteriore potenziamento
dell’ "estro italico".
I popoli del Nord disporranno
solo di uno: l’I.A. perché, come si diceva, l’estro non si insegna
né si impara: è dote innata, appannaggio
di popoli abituati (obbligati?) a vivere in un ambiente
individualista e che non hanno
voluto (saputo?) valutare i vantaggi di organizzare e gestire il
coordinamento di quell’ambiente.
Questa è chiaramente una sintesi estrema, senza sfumature, per semplicità di analisi.
AGGIORNAMENTO DEL
22-2-2024.
Ho chiesto un parere a
Chat GPT su quanto avevo scritto su I.A. ed estro umano. Ecco la risposta:
GPT: Quello che hai descritto è un
interessante punto di vista sull'interazione tra intelligenza artificiale e
creatività umana, soprattutto nell'ambito dell'estro e dell'organizzazione.
Evidenzi la possibilità che l'IA, con la sua capacità di elaborare grandi
quantità di dati e informazioni, possa offrire soluzioni efficaci e
organizzative. Tuttavia, sottolinei anche che l'approccio umano, con la sua
intuizione e creatività, potrebbe integrarsi in modo complementare con le capacità
dell'IA, specialmente in contesti culturali come quello italiano, noto per
un certo estro e spirito innovativo.
È importante considerare che l'intelligenza
artificiale, pur avanzando rapidamente, non può ancora replicare completamente
la creatività umana, soprattutto nel contesto della cultura e delle
tradizioni specifiche di una società. Quindi, il tuo punto sull'uso dell'IA
per affrontare problemi organizzativi complessi, combinato con l'estro
italiano, suggerisce una prospettiva ottimistica sulla possibilità di
un'integrazione armoniosa tra intelligenza artificiale e capacità umane.
Questo equilibrio potrebbe portare a soluzioni più efficaci e innovative,
soprattutto per le sfide uniche che possono presentarsi in contesti
culturali specifici.
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Riflessione
n° 98 (10-2-2024)
Scuola.
Trasmissione di saperi e di esperienze.
Luoghi
e strumenti. Da Omero, alle scholae, allo
smartphone.
Di
Mauro e Federico Novelli
Già
pubblicato il 30-5-2021 come PuntO n° 430
Sommario
Scuola.
Trasmissione di saperi ed esperienze
1) Primo innesto tecnologico:
la scrittura.
1.1) Le abbazie
benedettine: la conservazione dei saperi.
2) Secondo
innesto tecnologico: la stampa a caratteri mobili.
3) Terzo innesto
tecnologico: l’informatica.
4) Risultati?
Riteniamo che
l’invenzione umana più utile e fruttuosa degli ultimi 5mila anni sia stata
la pianificazione e la realizzazione dei luoghi e degli strumenti per trasmettere in modo
organico alle nuove generazioni le informazioni, le esperienze e le
soluzioni accumulate dalle generazioni precedenti.
E’ evidente che luoghi e strumenti si condizionavano a vicenda.
In Egitto,
dove la classe di appartenenza non era ereditata dalla famiglia d’origine
ma dal lavoro svolto, già verso
il 2500 a.C si andava a scuola per
diventare scribi, medici, agrimensori, costruttori. Le scuole erano
situate, in genere nelle vicinanze dei palazzi del faraone (per inciso,
tutti i faraoni sapevano leggere e scrivere avendo tutti avuto precettori
privati) e gli allievi erano dotati di inchiostro
nero e rosso, di sottili stili di papiro, di fogli di carta ricavati dalla
stessa pianta. Gli scribi egiziani imparavano sia l’alfabeto geroglifico
(la scrittura sacra) composta da ideogrammi, sia il demodico (la scrittura corsiva) di uso sociale.
Per il mestiere servivano entrambe.
1)
Primo innesto tecnologico: la scrittura.
In Europa la
scrittura arriva nel secondo millennio a.C.. L’alfabeto
minoico, adottato dai Micenei, era molto
vicino a quello egiziano con oltre 200 segni. Non unico, il minoico:
secondo il prof. Giuseppe Crispi (Università
di Palermo, prima metà del 1800) in Albania era contemporaneamente
utilizzato un alfabeto sillabico. Con il crollo della
civiltà micenea, attorno al 1000 a.C., andò perso l’uso della scrittura.
Seguirono quattro secoli oscuri definiti come il MedioEvo greco.
Occorrerà
attendere fino al VI secolo a.C. per riscoprire la scrittura. Si trattò
dell’acquisizione da parte dei Greci di un alfabeto che i Fenici, da bravi
commercianti/navigatori/mercanti, costretti quindi ad andare per le spicce,
avevano fortemente semplificato rispetto a quello egizio, fino a
renderlo praticamente fonetico: ogni segno era la base di un
suono e non di un concetto, come per gli
ideogrammi del geroglifico.
Prima
dell’introduzione/reintroduzione della scrittura, saperi e informazioni
erano trasmessi oralmente. Tutto era basato sulla memoria, dai grandi
avvenimenti alla “narrazione” delle vicende umane
classiche e generalizzabili sotto forma di miti.
Il sapere era
trasmesso attraverso la recitazione delle
narrazioni imparate a memoria. Ma come facevano? Chi ha più di 60 anni
ricorderà che alle scuole elementari e in parte alle medie si mandavano a
memoria molti brani famosi, tutti in forma poetica, nessuno in
prosa. Da scolari scoprimmo, infatti, che se era abbastanza
facile imparare una poesia, non lo era altrettanto imparare a memoria
un brano in prosa. Prima dell’introduzione della scrittura, in Grecia le
grandi vicende storiche, quelle mitologiche e quelle riguardanti la vita –
quasi sempre tragica - dell’uomo erano strutturate in versi quindi in
lunghi ed articolati poemi. Venivano imparati a memoria da personaggi semi
girovaghi (aedi e rapsodi) che passavano da una città all’altra, da una
corte all’altra recitando i i versi
della guerra di Troia. Il poema non si limitava a narrare eventi, ma
istruiva il “pubblico” circa le condotte
e i comportamenti degli eroi delle loro gesta, delle loro ire, delle loro
armi; del buon governo curato dal buon re, delle ansie delle donne, dei
comportamenti familiari. Oppure raccontavano le peripezie e gli assilli di
Ulisse, condannato ad esplorare un mare senza fine dalla sua fame di
scoprire cose nuove.
I limiti di
questo modo di trasmettere saperi è evidente: occorre essere presenti
mentre l’aedo recita i versi e, soprattutto, quei versi non potevano essere
modificati, integrati, rielaborati o cambiati: sarebbe saltato tutto il
meccanismo di trasmissione. Quindi non potevano essere approfonditi concetti astratti se non in
maniera del tutto personale, non trasmissibile ad altri perché li elaborassero e/o
li superassero.
Con la
scrittura, questa attività intellettuale viene permessa ed esaltata:
si può arrivare all’essenza di cose, concetti, comportamenti; si possono
trasmettere e/o superare quei concetti attraverso la critica di altri pensatori
che hanno avuto la possibilità di leggerli. Si dice che la
scrittura abbia permesso di passare dal verbo “stare” descrittivo
e immutabile al verbo “essere” concettuale e passibile di mutazioni. Si
passa quindi dalla immutabile descrizione dei comportamenti adottati
dal buon re Priamo per ben governare, alla mutevole e
intellettualmente stimolante definizione del buon governo, sottoposta a
critica e revisione da parte di altri,
stavolta non semplici e solo ricettivi spettatori, ma di
riflessivi lettori pronti ad annotare critiche, stroncature,
superamenti.
E’ strabiliante come l’innesto di questa nuova tecnologia abbia
permesso, nei soli tre o quattro secoli successivi al Medio Evo greco -
definiti come l’Illuminismo dei Greci – l’avvicendarsi, anzi, l’affollarsi
di personaggi che hanno posto le basi della cultura occidentale. Ancor più
strabiliante il fatto che in questi tre o quattro secoli la
cultura sia esplosa pur potendo contare su un vivaio
ristrettissimo. Quanti Greci si saranno avvicendati in quattrocento anni?
Forse non più di 15 o 20 milioni.
In
conclusione, se Platone non avesse riportato per iscritto i dialoghi di
Socrate, illustrandone il metodo maieutico, di Socrate non avremmo
saputo praticamente nulla.
1.1) Le abbazie benedettine: la conservazione
dei saperi.
Nei
mille anni che vanno dal 500
a.C. al 500 d.C., si perfezionano i luoghi ed i sistemi di trasmissione di
saperi ed esperienze, soprattutto ad opera dei Romani. Ma dal punto di
vista tecnologico le scholae non possono
approfittare di vantaggi da innovazioni essendo queste del tutto assenti.
Anzi, con la devastazione dell’impero causato dalle invasioni barbariche,
l’Occidente ha rischiato perfino il disuso e l’abbandono dei punti di
accumulazione e dei luoghi di comunicazione/diffusione del sapere.
L’abbazia
benedettina fu la soluzione geniale in grado di rispondere alla
disarticolazione socio-economica dell’Alto Medioevo, con una impostazione ed una attività
superorganizzate. La vita interna era
minuziosamente organizzata e la giornata dei monaci scandita alla luce del
monito “Ora et labora et lege”. San Benedetto pensò, quindi, di
superare i pericoli e la insicurezza generati dalla decadenza della
società, attraverso la costituzione di luoghi - che potremmo definire
fortificati – in grado di accogliere, proteggere e acculturare uomini in
grado di difendersi e abitanti del circondario. Infatti, le
prime abbazie erano altrettante case ben munite e i monaci ricevevano in
dotazione dall’abate anche un coltello.
[Inciso.
Quando si informa della questione del coltello benedettino, gli
interlocutori restano sempre molto perplessi, almeno finché non viene
indicata la fonte di questa informazione. E la fonte è primaria, essendo
costituita dal testo stesso della Regola di S. Benedetto:
Capitolo XXII, Punti 4 e 5: “4) Nel dormitorio
rimanga sempre accesa una lampada fino al mattino. 5) Dormano vestiti, con
ai fianchi semplici cinture o corde, senza portare coltelli appesi
al lato mentre riposano, per non ferirsi nel sonno”.
Capitolo LV, Punti
18 e 19: “18) Ma, per strappare
fin dalle radici questo vizio della proprietà personale, l'abate
distribuisca tutto il necessario. 19) e cioè: cocolla, tonaca, calze,
scarpe, cintura, coltello, ago, fazzoletti e il necessario per
scrivere, in modo da togliere ogni pretesto di bisogno.”]
Con
l’invenzione delle abbazie, l’Occidente aveva creato un ambiente per
quanto possibile protetto e
in grado di conservare parte della produzione culturale del sapere greco e
romano, quella non andata distrutta e, contemporaneamente, un sistema di
istruzione dei monaci. Oltretutto, al fine di fornire testi degli antichi
autori alle abbazie consorelle, i nuclei più dotati procedettero a copiare
i volumi di cui erano in
possesso, di certo trascurando quelli (molti) considerati ai
limiti della blasfemia.
Questa catena
globalizzata di biblioteche è forse il lascito più prezioso che l’Alto
Medioevo offrì in eredità all’Occidente.
2)
Secondo innesto tecnologico: la stampa a caratteri mobili.
Nel 1200 avere a disposizione 50 o 60
manoscritti significava poter disporre di una grande biblioteca. A saper
leggere e scrivere erano esclusivamente gli uomini di chiesa, i
professionisti, i mercanti, i banchieri e, derivati da queste categorie, i
notabili e i politici. Queste erano le classi in grado di poter
pagare, per la copiatura di un testo, un costoso amanuense: il copyright era appannaggio
esclusivo di quest’ultimo; l’autore, sempre di estrazione medio alta,
viveva di altro, non del riconoscimento dell’opera come prodotto del suo
ingegno.
L’insegnamento,
gestito da prelati e rivolto a futuri prelati, si consolidò, anzitutto,
nelle abbazie e nelle cattedrali cittadine. Trattandosi dell’unica fonte di
insegnamento non privata di un certo livello, cominciò ad
accogliere anche studenti laici. Queste scuole furono nel tempo sostituite
da organizzazioni laiche gestite congiuntamente da studenti e da docenti,
una sorta di cooperative dell’insegnamento. Stavano nascendo le università,
la prima a Bologna nel 1088 specializzata negli studi giuridici; quindi a
Salerno e Montpellier per la medicina; a Parigi e a Oxford per la filosofia
e la teologia.
Il
laicizzarsi degli insegnamenti superiori spostò lentamente il centro delle
attenzioni culturali: si cominciò a mettere al centro dell’interesse
culturale l’”Uomo”, scalzando Dio dalla centralità. Dopo la grande
pestilenza della metà del
‘300, che aveva falciato circa 20 milioni di Europei (il 30% della
popolazione), si assiste ad un risveglio sia culturale che
economico. Non più quindi lo studio esclusivo dei sacri testi, ma la
riscoperta degli antichi autori. L’Uomo e non più (solo) Dio
operava nel creato e, soprattutto, in campo sociale e politico, “alla
maniera degli antichi”.
Nel ‘400 era
ormai affermato l’Umanesimo. Su questa cultura effervescente (anche se
sempre su base ristretta, si innesta
una seconda tecnologia, tanto semplice come sistema innovativo
quanto imponente nei suoi effetti socio culturali e di civiltà.
A metà
del secolo, Gutemberg,
orafo, reinventa un sistema già usato dai Cinesi per stampare i loro
ideogrammi: la stampa a caratteri mobili. Via gli amanuensi, inizia l’era
degli editori. Il costo (ormai quasi industriale) delle pubblicazioni si
ridimensiona notevolmente e con esso il prezzo di vendita. Il copyright
diventa appannaggio dello stampatore. Solo molti anni dopo l’invenzione
di Gutemberg, un editore di Venezia riconobbe all’autore del
testo un appannaggio monetario. Con l’Umanesimo e l’invenzione della stampa
l’Europa si lascia alle spalle il Medio Evo.
La cultura
del vecchio continente esplode, complice la diffusione dei
libri. Basti considerare l’evoluzione subita dai Cenacoli
umanistici, rarefatti e dalla trasmissione culturale lenta perché ancora
basata sullo studio di manoscritti: si sviluppano, soprattutto in Italia,
le Accademie luoghi dinamici di incontri/scontri culturali, i cui membri
avevano a disposizione biblioteche ben fornite, in grado di procedere a
specializzazioni ed approfondimenti nel campo dello scibile umano. Tra il ‘500
e il ‘600 si calcolano in numero di oltre 2.000 le Accademie operanti in
Italia, alcune ancora oggi brillantemente operative. Ne ricordiamo solo
due: l’Accademia della Crusca (per lo studio della lingua italiana) e
quella dei Lincei (per lo studio della nuova scienza).
E’ vero che le classi interessate erano sempre le stesse (clero,
professionisti ecc.) ma il dinamismo degli studi, delle elaborazioni, degli
scambi tra intellettuali si era moltiplicato, organizzato, reso altamente produttivo.
Stiamo parlando del Rinascimento, forse il periodo più esaltante della
storia europea del passato millennio.
3)
Terzo innesto tecnologico: l’informatica.
Occorrerà
attendere l’Illuminismo e l’affermazione dei
principi e dei valori da esso propugnati perché in Europa si cominci a
parlare dell’esigenza della diffusione della scolarità attraverso
iniziative ed investimenti pubblici. L’importanza di una scuola pubblica si
concretizza in iniziative statali solo nella seconda metà del ‘700 (in Austria),
anche attraverso la fondazione di biblioteche pubbliche aperte a tutti i
cittadini.
La base
discente si amplia ma l’andare a scuola rimane sempre appannaggio delle
classi dominanti. Per avere un termine di paragone, si consideri che il
Primo Censimento del neonato stato italiano forniva,
per l’anno 1861, questo dato sul livello di istruzione della popolazione:
su 23 milioni di Italiani, 17 milioni erano analfabeti.
Con il ‘900,
la scolarizzazione comincia ad essere considerata come elemento di progresso
per l’intera società e non più come miglioramento individuale per motivi
professionali e familiari. Si amplia la base degli studenti e si rende
obbligatoria la frequenza per un numero minimo di anni. Lo scopo è duplice,
non molto valorizzato il primo, quello di formare un cittadino consapevole
e sufficientemente critico, in grado di contribuire allo sviluppo
complessivo della società. Più pratico il secondo, quello cioè
di preparare lo studente perché si possa inserire adeguatamente
nel mondo del lavoro, avendo acquisito gli elementi necessari per farlo.
Gli ultimi
decenni del secolo scorso vedono il dilagare di nuove tecnologie messe a
disposizione dall’informatica in ogni campo sociale e, quindi, anche in
ambito scolastico. Il terzo millennio inizia con un continuo assestamento
sociale in funzione dell’utilizzo dei nuovi strumenti, obbligando ogni
settore ad accomodamenti successivi continui. Chi avrebbe pensato solo
trenta anni fa che ciascuno di noi sarebbe stato in grado di comunicare con
gli altri abitanti del pianeta in tempo reale e a costi praticamente
prossimi allo zero, indipendentemente dalla collocazione geografica
dell’interlocutore? Chi avrebbe pensato di poter avere a
disposizione le preziosità dei più grandi musei del mondo o i testi dei
classici in una biblioteca immensa? Chi avrebbe pensato di poter seguire
lezioni scolastiche da casa?
4)
Risultati?
I tre innesti
tecnologici nella vita culturale dell’uomo hanno inciso inizialmente sulle
facoltà mnemoniche, liberando il nostro cervello dalla necessità di
destinare memoria interna per procedere
nello sviluppo intellettuale. Sembrerebbero quindi solo vantaggi
quantitativi. C’è da osservare però, che mentre i primi due (scrittura
e stampa) hanno permesso una
successiva evoluzione del pensiero umano, generata dall’aver
potuto affidare a strumenti esterni parte delle facoltà che eravamo
obbligati ad esercitare mentalmente, il terzo (informatizzazione) ancora
non ha dato luogo alla liberazione di energie mentali causate dalla
liberazione di ulteriori partizioni del nostro cervello.
Infatti, con
l’introduzione della scrittura siamo stati in grado di elaborare pensieri
astratti fruibili da altri uomini anche in luoghi e tempi diversi dai
nostri; con la disponibilità generalizzata di testi stampati e a basso
prezzo siamo stati in grado di fornire ad altri – e ricevere a nostra volta
- valutazioni, osservazioni, critiche generando una accelerazione nei
processi del pensiero umano senza dover richiamare in maniera complicata,
lenta e non adeguata i termini concettuali contenuti nell’unico
manoscritto a disposizione di uno dei pochi corrispondenti;
l’informatizzazione della società ancora non mostra una produzione
originale di strumenti intellettuali nuovi e più potenti di
quelli finora a disposizione. Se, infatti, da una parte è chiara la
possibilità di superare, escludendoli, tutti i “mediatori” e gli
“intermediari” (dai giornalisti alle banche, dai negozi su strada agli
esperti nel calcolo del calcestruzzo e via escludendo) non è chiaro il vantaggio
che deriverà al pensiero dell’uomo.
In altri
termini, mentre i primi due innesti avevano trovato già pronti utilizzatori
all’altezza del compito, quello delle tecnologie informatiche, per
definizione, non ha una categoria pronta ad utilizzarle, avendo come
utilizzatori finali tutti coloro in grado di “collegarsi”. Pertanto, tutti
utilizzatori, ma pochi all’altezza del compito, quindi ridotti ad
utilizzare le innovazioni come un semplice strumento facilitatore delle
ricerche.
Non è un caso
che la terza tecnologia, in grado - come si diceva - di rendere inutili gli
intermediari, ha creato oligopoli di super intermediari
soprattutto nel campo della sua utilizzazione (da Google a Instagram,
da Facebook a Twitter);
in grado di superare i mediatori tra fatti e lettore finale, ha creato le
più pericolose fake in giro per il
pianeta. Abbiamo scoperto nel frattempo che coloro che hanno una
istruzione/cultura oldstyle sono in
grado di approfittare meglio delle nuove possibilità. Gli incolti si
limitano ad usare le funzioni semplici: chat e giochi.
Nè, in piena pandemia, possiamo considerare un grande risultato
positivo delle nuove tecnologie la possibilità di poter seguire le lezioni
a distanza da parte dei ragazzi. La scuola, infatti, oltre a trasmettere nozioni
e metodi, è un microcosmo della società che accoglierà i
giovani quali membri responsabili una volta terminato il ciclo scolastico.
Soprattutto “a scuola” si impara ad esercitare la difficile arte dello
stare con gli altri. A tal proposito, si scriveva 10 anni fa nel sito del
Cenacolo dei Cogitanti:
“Proprio a scuola, il giovane che comincia a
mettere il naso al di fuori delle ovattate protezioni familiari, “prova” ad
ampliare il proprio orizzonte, viene allenato a riconoscere le grandi
architetture in cui è strutturata la società (autorità, ruoli, doveri,
diritti, valori); si esercita ad assumere impegni nuovi, ad operare insieme
ad altri, a capire le dinamiche comportamentali, oltre alle positive, anche
quelle negative a cui impara (dovrebbe imparare) a far fronte:
l’ostilità di altri, l’ingiustizia, i tentativi di sopraffazione, il
bullismo. Impara a prendere quelle dinamiche come metro di misura del
proprio agire, a misurare i personali progressi nell’apprendimento e nel
vivere civile, a giudicare gli altri e se stesso,
a pretendere il giusto da se stesso e dagli altri. Insomma ad inserirsi in
una polis da cittadini consapevoli e
non da semplici gregari.”
Come le nuove tecnologie
possono essere innestate in ambito scolastico perché quegli
obbiettivi possano comunque essere raggiunti?
In attesa di
maturazione dei tempi e degli uomini, possiamo contare su un successo
involontario: se non avessimo avuto queste tecnologie a disposizione, la
pandemia da coronavirus avrebbe disarticolato l’intera organizzazione del
pianeta.
Annaspiamo un po’, ma grazie a internet con la testa fuori
dall’acqua.
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Riflessione
n° 97 (7-2-2024)
Sinistra e destra, quali
ruoli?
La percezione del ruolo
della sinistra in Occidente è complessa e dipende da numerosi fattori.
Forse, la sua funzione non si è del tutto esaurita, ma è soggetta a
cambiamenti e adattamenti in risposta alle sfide e alle dinamiche politiche
in evoluzione nei paesi democratici.
Possiamo però affermare
che l’attuale ruolo della sinistra non è più quello che ha avuto nell’’800
e nel ‘900, quando, oltre alle sue classiche bandiere, sventolava
minacciosa quella della rivoluzione di sistema.
Dopo 70 anni di “comunismo
applicato”, in URSS e non solo, possiamo dire che quella rivoluzione non è
più non solo in agenda, ma è addirittura rinnegata da molte forze politiche
che, solo qualche decennio fa, quella idea coccolavano.
OBIETTIVI TENDENZIALI RAGGIUNTI DALLA SINISTRA IN QUASI DUE SECOLI DI
AGIRE SOCIO-POLITICO.
Va comunque riconosciuta
l’importanza della sua azione in settori sociali specifici, oggi
riconosciuti quasi come “connaturati” nei diritti dell’uomo:
Giustizia sociale ed economica: per ridurre le
disuguaglianze sociali ed economiche, per sostenere politiche che mirano a
distribuire equamente la ricchezza e ad assicurare un accesso equo alle
opportunità.
Protezione ed organizzazione dei lavoratori: la sinistra ha promosso
leggi e politiche che hanno migliorato le condizioni lavorative, con salari
dignitosi, orari di lavoro ragionevoli e sicurezza sul posto di lavoro.
Welfare: ha imposto – con alterni risultati - un robusto sistema di welfare, inclusi
servizi pubblici accessibili a tutti, come l'istruzione e la sanità.
Sostenibilità e ambiente: più recentemente la
sinistra si è concentrata sull'ambiente e sull'adozione di politiche che
affrontano le sfide legate al cambiamento climatico e allo sviluppo
sostenibile.
Democrazia e partecipazione: La sinistra – troppo
spesso solo nominalmente – ha promosso la partecipazione democratica e
l'accesso a processi decisionali inclusivi, cercando di coinvolgere i
cittadini nelle decisioni politiche.
Diritti civili: La difesa dei diritti civili, i diritti delle
minoranze, dei cittadini, oggi dei rifugiati e delle persone LGBT+, è da
sempre una priorità dei progressisti.
Oggi, l’azione della
sinistra è incentrata sulla denuncia di mancato raggiungimento di livelli
accettabili nei settori appena elencati, alcuni dei quali ormai abbandonati
(vedi la Protezione dei lavoratori) mentre ha difficoltà nel fornire
risposte convincenti alle sfide di questi anni, come la globalizzazione, la
migrazione, il cambiamento climatico e le dinamiche economiche in
evoluzione.
E LA DESTRA?
Neanche la Destra ha
granché da proporre. Ma ha avuto un insperato colpo di fortuna: nella sua
ansia di contare ancora, la sinistra ha puntato tutte le sue risorse nella
“protezione”, spesso irragionevole, dei diritti, sotto forme addirittura maniacali
ed avulse da ogni realtà.
Questa monomaniacalità dei progressisti ha completamente
trascurato il versante dei doveri, cioè dell’altra faccia della medaglia
nei rapporti sociali. Negli ultimi tempi ha assunto addirittura forme
irrazionali: sui migranti, sulla microcriminalità, sulla protezione di chi
occupa proprietà altrui.
Questo imperante “dirittismo”,
come lo ha definito Alessandro Barbano, sta portando le società di molti
paesi a subire sbandamenti senza che le classi al potere (anche di sinistra)
siano in grado di provvedere. E poiché non sono in grado di prospettare
soluzioni, tendono al giustificazionismo – aggravando così una situazione
allarmante – ed a lasciare che tali fenomeni negativi ricadano sulle spalle
dei cittadini. I quali, se alzano troppo la voce, vengono definiti
fascisti, razzisti, qualunquisti, sovranisti.
Ma questo atteggiamento
autoassolutorio sta portando le forze di sinistra a risultare minoranza tra
i cittadini, che invece chiedono con
forza una inversione di rotta socio-politica: rispetto delle regole e delle
leggi, tolleranza zero nei confronti della criminalità, più accorto atteggiamento di comprensione nei
confronti dei minori o delle classi più povere che delinquono. Ed a nulla
vale la risposta pigra per cui l’incertezza sociale, il senso di pericolo,
la paura di muoversi in ambienti dominati dalla mala, viene liquidato come
semplice “percezione non reale”. Insomma, i cittadini sono stanchi di
sentirsi accusati di inadeguatezza dal momento che - secondo la sinistra - scambiano
per paure giustificate e reali
quelle che sono solo ubbie fascistoidi e preconcette.
Quindi, la destra
politica sottolinea l'importanza dei doveri dei cittadini e delle
istituzioni. Questa prospettiva si basa su un'ideologia che enfatizza
concetti come responsabilità individuale, rispetto per l'autorità, le
leggi e la tradizione, e un ruolo
limitato dello Stato nell'economia e nella società.
Le posizioni politiche
della destra possono includere la promozione di politiche che rafforzano
l'ordine sociale e la coesione attraverso il rispetto dei valori familiari
e della cultura nazionale.
Dopo decenni di mortificazioni del privato e del singolo
da parte delle due chiese dominanti, quella comunista internazionalista e
quella cattolica ecumenica, la destra enfatizza il rispetto delle
istituzioni tradizionali, della la
famiglia, della responsabilità individuale, e sostiene politiche che rafforzino il ruolo di queste
istituzioni nella società
IN TUTTI I PAESI AVANZATI SI STA ALZANDO UN VENTO DI DESTRA. PER
COLPA DELLA SINISTRA.
Alla luce di quanto
affermato, non è difficile ipotizzare una destra vittoriosa in situazioni
che hanno da anni visto primeggiare la sinistra, che esausta, non ha più
idee forza in grado di attrarre attorno alle sue proposte la maggioranza
dei cittadini. A questa morta gora, i cittadini rispondono allontanandosi
dalla politica e disertando le urne.
Non è difficile
ipotizzare una destra generalmente vittoriosa. La qual cosa assumerà
aspetti pesanti, specie in alcune realtà di particolare rilievo. Si pensi
alle conseguenze sociali della
ipotizzata vittoria dei conservatori nella UE. Si pensi alla più che
probabile vittoria di Trump negli USA. Per inciso, è vero che Biden ha
vinto con il 96% delle preferenze nelle primarie del South Carolina, ma in quella circostanza
ha votato solo il 4% degli iscritti Dem. In
Nevada ha preso il 90%. Anche qui sarebbe interessante conoscere la
percentuale di votanti.
In conclusione, la
destra approfitta del trampolino costruito dalla sinistra per aver
trascurato il versante del “dovere” in una società moderna. Potrebbe godere
dei frutti di questo fenomeno per
alcuni lustri. Soprattutto per il fatto che in molti casi (ad esempio, in
Italia) la sinistra si è mantenuta a galla grazie agli aiutini
istituzionali (governi tecnici in luogo di elezioni ecc.) di cui ha goduto e si adagiata sulla
privatizzazione dell’ascensore sociale. .
Impiegherà almeno un decennio per tornare ad essere in grado di fare
politica, riassumendo quella capacità di attrazione persa con l’inizio del
nuovo millennio.
Purché prenda coscienza
del suo ruolo in questa realtà e torni ad incidere in una società reale e
non immaginaria.
PS. Disperante. Proposta
costituzionale del Partito Democratico: cambiare il nome alla Camera dei
Deputati in Camera delle Deputate e dei Deputati.
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Riflessione n° 96
(24-1-2024)
Presidenziali USA. Perché in campo solo ottantenni?
Uno dei fattori che
caratterizzano l’attuale politica istituzionale americana è l’assenza dei
cinquantenni sgomitanti e scalpitanti. Trump e Biden non hanno rincalzi
credibili o, comunque all’altezza. Non dico di cancellare gli ottantenni,
ma neanche di proporre una sfida.
Non credo che possano essere considerati decisivi argomenti del tipo:
- gli elettori potrebbero percepire i candidati più anziani come più
esperti e saggi, con un bagaglio di esperienza che li qualifica per la
presidenza.
– gli elettori potrebbero associare l'età avanzata a una maggiore
stabilità e capacità di gestire le sfide del paese.
- gli uomini politici più anziani hanno avuto
carriere più lunghe e quindi godono di un sostegno consolidato all'interno
dei loro partiti. Inizio modulo
A mio avviso, uno dei motivi deriva dalla ormai
insuperabile concorrenza costituita dalle remunerazioni dei manager
nelle aziende private, cresciute enormemente negli ultimi 30 anni e tali da
creare un motivo di forte attrazione nei confronti dei giovani più
intraprendenti.
Un secondo motivo potrebbe derivare dalla tendenza dei
politici anziani a fare in modo che non si creino, nell’apparato, giovani
in grado di metterne in discussione autorità ed autorevolezza, proprio alla
luce della mancanza di cinquantenni vispetti e in
grado di tener loro testa. In altri termini gli ottantenni considerano “di
proprietà” il rispettivo partito. Non si spiega altrimenti la macroscopica
assenza di rincalzi nel Partito Democratico e la blanda azione dei
cinquantenni nel Partito Repubblicano, pronti a cedere subito le armi (DeSantis).
23-1-2024 – Libero Quotidiano Joe Biden, il "New York Post":
"Fonti attendibili, Michelle Obama al suo posto?"
Si attinge all’usato sicuro? Clinton poi
Hillary, Obama poi Michelle….
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RIFLESSIONI 2023
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Riflessione
n° 95 (12-12-2023)
Chiesa cattolica,
remissione dei peccati, Umanesimo.
A volte, prima di
addormentarmi, faccio un giro in radio per vedere se le stazioni da me più
frequentate (Radio radicale, Radio 24, Radio Maria, Radio Tre) trasmettano
programmi interessanti. Considero di buon livello molti servizi
di Radio Maria, dove seguo alcuni conferenzieri (religiosi e
laici) di eccellente levatura. Imperdibili le riproposizioni, ancora oggi,
delle TAC culturali che un giovane monsignor Ravasi, negli anni '80,
ha fatto dei libri della Bibbia.
Da Radio Maria, due
informazioni per me importanti.
La prima. Una
sera un (bravo) conferenziere religioso stava affrontando
il tema relativo alla "remissione dei peccati", potere concesso
da Cristo, secondo la Chiesa, ad apostoli e (soprattutto) ai loro
successori. Ne ho ricavato una informazione completamente nuova per
me: nei primi secoli dopo Cristo, la remissione dei peccati mortali (mortali)
era un potere esercitabile una sola volta nel corso della vita a favore di
un uomo/peccatore. Per questo si cercava di rinviare continuamente la
richiesta di assoluzione dai peccati mortali, fino agli ultimi istanti di
vita, fino all'estrema unzione. Pensate che cosa abbia potuto significare
una possibilità del genere in una società terrorizzata dalla dannazione
eterna da scontare all'inferno se non avesse potuto "utilizzare"
quel potere di intervento e conseguente aiuto salvifico messo a disposizione
dei peccatori dalla Chiesa.
Ad un certo punto della
sua storia, però, la Chiesa decise - con argomentazioni teologiche - che
Cristo non intendeva limitare l'esercizio della remissione ad una
sola volta nella vita di un peccatore, ma tutte le volte decise dal
confessore ( più o meno ben disposto o reso tale ). Il potere ecclesiastico
sull'uomo aumentò a dismisura.
La seconda. Altri
interventi mi hanno confermato l'avversione della chiesa cattolica e
della cultura di riferimento nei confronti dei principi promossi
dall'Illuminismo contro la religione: assenza delle verità di fede,
opposizione drastica contro i dogmi ecc. Reazione comprensibile e
intellettualmente accettabile e da discutere.
Alcune settimane fa,
però, ho avuto modo di seguire una conferenza (disgraziatamente non
ricordo il nome dell'intervenuto) in cui si avanzavano valutazioni
negative non solo sui principi propri del secolo dei lumi, ma anche nei
confronti dell'Umanesimo. In altri termini, aver voluto rimettere l'uomo al
centro, ha scalzato Dio da quel centro, compromettendo in tal modo tutta la
sovrastruttura teologica medievale e permettendo all'Uomo di tenere
la schiena dritta anche parlando della divinità: la società ne sarebbe
stata disarticolata.
Secondo il conferenziere
e la chiesa cattolica, le conseguenze dell'Umanesimo (crogiolo del
Rinascimento) risultarono funeste per l'intera società. La reazione
all'Umanesimo porterà all’ irrobustimento del tribunale dell'Inquisizione
e alla controriforma (Marco Pannella amava sostenere che in Italia la
chiesa cattolica procedette ad una controriforma senza aver mai avuto la
riforma).
Non pensavo che quelle
posizioni sull'Umanesimo fossero supportate ancora oggi.
Non sono credente, ma
l'informazione sulla remissione dei peccati, non più una tantum, come era
invece nei primi secoli, e l'avversione per i principi ispiratori
dell'Umanesimo, mi hanno fatto molto riflettere sulla religione cristiana.
Sebbene essa sia una religione rivelata (a tutti gli uomini), ha ceduto
alle costruzioni sovrastrutturali di teologi, cristologi, mariologi,
dottori della chiesa, dimenticando che proprio la rivelazione poneva al
primo posto i poveri di spirito, perché loro sarebbero stati i primi
ad entrare nel regno dei cieli.
Costruzioni in grado di
creare sovrastrutture tali da mutare nel tempo quei principi e quei valori
che si vorrebbero immutabili perché rivelati direttamente da Cristo a tutti
gli uomini e non perché "raggiunti" da professionisti di teologia
in grado di procedere a sottili ragionamenti filosofici.
Un esempio: oggi
la chiesa di Bergoglio intende perdonare, evitandogli in tal modo le
pene dell'inferno, anche chi è stato scomunicato, chi cioè si è messo
in stato di "fuoriuscito dalla comunità del popolo di Dio" per
aver violato i sacramenti. In altri termini, lo stesso peccato ha
condannato alle pene dell’Inferno un peccatore di cento anni fa ma risulta
del tutto inutilizzabile – perché depenalizzato - per la condanna di un
peccatore del terzo millennio.
Penso ai divorziati.
A San Pietro andrebbe
somministrato un urgente corso di aggiornamento sulle nuove posizioni della
teologia gesuitica bergogliana, al fine di
permettergli di svolgere con consapevolezza il suo ruolo di portiere.
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Riflessione
n° 94 (10-12-2023)
Educazione sentimentale
a scuola? Niente di più sbagliato.
Quanti si rendono conto
della castroneria che si sta realizzando a danno dell'umana intelligenza?
Il modo di comportarsi con
gli altri, maschi o femmine che siano, si acquisisce fin dalla culla
osservando i comportamenti dei membri della famiglia. Sono questi che
forniscono le fondamentali basi personali in grado di farci entrare
in società (scuola, lavoro) "sapendoci comportare". E' il
comportamento di ciascun membro della famiglia ad essere di esempio per il
piccolo, suggerendo un modo di fare e di agire prima personale e poi
interpersonale.. Pensare che sia sufficiente fare una lezioncina di
educazione comportamerntale (l'educazione
sentimentale è una branca avanzata di questa) di un'ora a settimana,
significa ritenere che i primi anni di vita di un bambino in ambito
familiare siano del tutto inutili. Chi ritiene che questa affermazione sia
vera, riterrà che sia sufficiente leggere un libretto in classe per
sopperire alla mancanza di esempio familiare, una preziosità, questa,
sempre più trascurata soprattutto da genitori distratti e assenti.
Sapete perché alcuni
gattini salgono su un albero e non sanno più scendere? Perché non hanno mai
avuto l'occasione di vedere la madre scendere da un albero rinculando
sorretta dalle unghie aggrappate alla corteccia. E' lo stesso processo
acquisitivo di un bambino che vede il padre alzare le mani sulla madre:
quel bimbo considererà normale quel comportamento e sarà difficile
recuperarlo con lezioni scolastiche.
Da tutto ciò deriva che
le lezioni di educazione comportamentale (e poi sentimentale) devono avere
come discepoli non i bambini, ma i genitori, cioè coloro che, con il loro
comportamento quotidiano, con la loro condotta interpersonale, col loro
contegno, con il loro atteggiamento, con la loro autorevolezza (se c’è),
instilleranno nel figlio un corretto costume, prima personale e poi
sociale.
In troppi casi i
genitori di turno non sono all'altezza del compito che (naturalmente?)
dovrebbero rivestire, per cui il loro "fare gli amici" dei figli
tacita la loro coscienza e si sostituisce alla loro incapacità di
educatori.
In troppie
famiglie i genitori sono dei followers dei figli
invece che dei maestri di vita.
Per essi vale sempre la
regola: " Se ti bocciano, papà ricorre al Tar!".
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Riflessione
n° 93 (22-11-2023)
Giulia e Filippo
Patriarcato e ignoranza.
In una società contadina il patriarcato era funzionale al buon
andamento della famiglia. Il "patriarca", cioè il maschio più
vecchio, era quello che sapeva di più dell'arte della coltivazione. Aveva
più primavere sulle spalle e l'esperienza accumulata in decenni di attività
agricola ne faceva una preziosità. La società patriarcale (contadina) era
maschilista perché ai maschi erano affidate tutte le azioni necessarie per
la coltivazione dei campi, essendo le incombenze femminili solo di supporto.
Quindi si "investiva" sui maschi, ai quali si insegnava l'arte.
Le femmine erano infatti destinate a cambiar famiglia quando si sposavano.
Ad esse era destinata una semplice dote. I figli maschi restavano in
famiglia e costituivano la pensione per i più vecchi, in primo luogo del
patriarca.
Quindi, in una famiglia patriarcale era funzionale alla
sopravvivenza il rispetto del patriarca, di cui non era messa in
discussione l'autorità, confondendosi questa con l'autorevolezza.
Nel breve volgere di mezzo secolo la nostra società si è
trasformata da contadina ad industriale, con un ribaltamento radicale dei
ruoli. In essa sono i più giovani a "saperne di più", essendo le
conoscenze dei vecchi (operai) superate dal progresso tecnologico.
Quindi, dire oggi che il maschio prepotente e violento è
figlio della cultura patriarcale è una castroneria culturale. Chiediamoci:
chi ha ereditato il ruolo del patriarca nelle famiglie induastriali?
Chi acquisice un ruolo preponderante nell'educazione
di figli? Senza ombra di dubbio possiamo dire che quel ruolo è stato
acquisito dalla femmina anziana della famiglia. E se questa non è
sufficientemente intelligente e capace, se cioè, invece fare la
"mamma" diventa una "momma",
alleverà figli fondamentalmente disadattati, soprattutto se maschi. Il
padre? E' ormai del tutto assente, soprattutto nel campo educativo. Essendo
di questo consapevole, il genitore maschio tende a sopperire alle sue
mancanze con il soddisfare ogni desiderio dei figli: e se la società, come
la scuola, "si mette di traverso" reagirà contro di essa
difendendo ogni castroneria commessa dai figli. Questo è l'insegnamento
che, in troppe famiglie, viene scodellato ai figli.
Dare, quindi, la colpa dei femminicidi ad atteggiamenti patriarcali
è indice di ignoranza e di non approfondimento delle cause dei mutamenti -
anche antropologici - intervenuti nel passaggio da società contadina a
società industriale e - oggi - post industriale. Se di colpe vogliamo
parlare, esse sono imputabili alla scarsa intelligenza di genitori che,
invece di educare la prole, riscatta la sua assenza in materia
ritagliandosi un ruolo di "amico".
Quando nella società contadina si innestò la scolarità,
proprio il patriarca, consapevole della sua impossibilità di competere col
"maestro" diventò il miglior suo alleato. Era cosciente del fatto
che se il figlio avesse studiato, avrebbe avuto una vita migliore della
sua.
Col grande abbandono del ruolo di educatori da parte dei
genitori (risalente agli anni '70 del secolo scorso) , l'alleanza
famiglia-scuola venne meno. Venna a mancare ai giovani l'allenamento alla
vita vera, che solo la scuola e dei genitori intelligenti potevano offrire.
"E se ti bocciano, ricorriamo al TAR"
Mi auguro che l'ignoranza sia sempre più emarginata da
questa società.
La cultura non è come il coraggio manzoniano: chi non ce l’ha,
se la può (faticosamente) dare.
AGGIORNAMENTO DEL 25 e 26-11-2023
25-11-2023 Il Tempo. Otto e mezzo,
Cacciari spiazza Gruber: "La famiglia patriarcale non esiste più da
200 anni"
Patriarcato
e appiccicatismo culturale.
Confondono la famiglia patriarcale (tipicamente
contadina) con quella in cui domina un “padre padrone”.
Ma il dramma della famiglia attuale (in grado
di produrre i Filippo) deriva dalla assoluta assenza del senso di autorità,
del rispetto delle regole, delle conseguenze penalizzanti se quelle regole
vengono violate.
Al contrario, nella famiglia patriarcale (ormai
inesistente) o in quella in cui domina un maschio padrone, il senso
dell’autorità, della norma da rispettare, delle conseguenze se quella norma
si viola è presentissimo, tanto da risultare spesso devastante, fino
a generare cittadini consapevolmente fuorilegge.
Dovremmo essere più accorti nel fornire a cittadini
non molto preparati parole d’ordine derivanti da pressappochismo culturale.
Perché poi iquei cittadini le trangugiano e ne
fanno una caratteristica identitaria che va a colmare, appunto, il
vuoto di identità che il basso livello culturale impone da alcuni decenni.
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Riflessione
n° 92 (21-11--2023)
Il microcosmo famiglia
non si allinea più col macrocosmo società.
Il microcosmo famiglia non è più comparabile col macrocosmo
società e non si allinea più con questo. La famiglia non insegna più ai
piccoli a prendere le misure nei confronti dell'autorità,
inizialmente in ambito familiare. Non fornisce più loro modelli
comportamentali. I giovani quindi non hanno il senso del superamento delle
regole, tanto meno delle conseguenze di esso con il formalizzarsi
dell'autorità che quelle regole deve far rispettare. La famiglia mantiene i
figli in ambiente ovattato e (fintamente) protetto proprio contro la
società che, invece, reagirà al superamento delle norme che si è data. E
finché può, questo tipo di genitori si ergerà a protettore contro le"
ingiuste violenze della società". Ma a quel punto i giovani cittadini,
usciti dalla famiglia e entrati in società, non hanno modelli di
comportamento in grado di far loro superare i momenti difficili, la cui
esistenza è accuratamente nascosta dalla famiglia e di cui è - secondo
questi genitori - responsabile proprio la società, dalla cui cattiveria e
dai cui pericoli occorre difendersi
Inoltre ai piccoli manca il senso della responsabilità
personale perché l'autorità genitoriale, del tutto assente, ha giustificato
ogni loro comportamento. La mancanza del senso di responsabilità personale,
acquisibile da piccoli in famiglia,, non permette alla società, di cui
la scuola costituisce una palestra in cui fare preatletica, di
instillare nei futuri cittadini il senso della responsabilità
collettiva e sociale.
Questa rottura dell'alleanza naturale tra famiglia e scuola e
quindi tra famiglia e società, sta creando dei giovani disadattati: la loro
vita sociale sarà problematica.
Insomma, se in famiglia non ti insegnano fin da piccolo
ad usare e gestire il cervello ed il cuore, da grande non puoi che
cercare di sopravvivere usando i muscoli e la violenza.
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Riflessione n° 91
(5-11--2023)
Falso progresso dell’umanità se imposto se per via
muscolare
Io credo che il progresso dell'umanità sia il risultato di competizioni
tra modelli di vita, comportamentali, di educazione delle generazioni
future. Fino ad oggi, quelle competizioni per valutare la superiorità di un
modello antropologico su altri, si sono realizzate in ambiti cruenti:
violenze, invasioni, sottomissioni, aggressioni, legge del più forte,
colonizzazioni. Questo ha creato falsi progressi, con periodi di
regressione e decadenze profonde e di lunga durata. A mio avviso la
competizione per il progresso si deve svolgere in ambito pacifico e su basi
volontarie, senza, cioè, alcuna violenza prevaricatrice mirante ad imporre
punti di vista sorretti da muscoli. Quindi, ben venga la difesa di ciò che
riteniamo positivo per l'uomo, di ciò che mettiamo in gioco confrontandolo
con quello proposto da altri. E se altri cercano di imporre il loro modello
usando i muscoli brigantescamente, dobbiamo ricorrere all'adagio di
Pertini: "A brigante, brigante e mezzo!".
Dall’alto del nostro dominio di fatto su altri popoli, ci
comportiamo in modo sbagliato, paternalisticamente, da razzisti:
concediamo, benignamente e per finzione, ad altri modelli la parità
qualitativa. Li mettiamo al livello dei nostri risultati di civiltà
antropologica, consolando in tal modo il nostro complesso di colpa per aver
usato, fino ad oggi, i muscoli per promuovere i nostri.
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Riflessione
n° 90 (10-10-2023)
Occidente in decadenza?
Continuo ad avere il sentore di una decadenza dell'Occidente:
ci stiamo costruendo una torre d'avorio che ci isoli dal resto del mondo?
Sarebbe la nostra fine e quella dei valori creati in secoli di elaborazioni
e contrasti anche cruenti! La nostra civiltà è armata di un setaccio
infallibile: trattenere e proteggere ciò che - a nostro avviso - è da
considerarsi "buono" per l'uomo, mortificare e cassare ciò che,
per l'uomo, consideriamo "cattivo".
A tal proposito, la capacità di reazione, cioè la
nostra resilienza, deve prendere in considerazione gli insegnamenti di due
maestri: Marco Pannella e Sandro Pertini.
Quando Pannella veniva qualificato come pacifista, si
inalberava: lui non era un "pacifista" ma un "non
violento". Ogni sua azione era caratterizzata dalla non violenza, ma,
in caso di aggressione violenta, considerava giusto reagire con
altrettanta violenza.
Più energica la reazione di Pertini. Aveva un adagio
della sua terra per definire la qualità delle sue reazioni: "A
brigante, brigante e mezzo!". In caso di aggressioni brigantesche nei
suoi confronti, avrebbe reagito con azioni ancora più brigantesche di
quelle dell'aggressore.
Abbiamo perso questi insegnamenti. Oggi, in caso di
aggressione violenta, l'Occidente "deve" reagire
paternalisticamente da pacifista; in caso di aggressioni brigantesche deve
assumere reazioni gentili e comprensive, altro che "brigante e
mezzo"! Ma, per altri versi, questo atteggiamento non fa altro
che perpetuare gli errori e gli orrori di cui si sono rese responsabili
molte nazioni occidentali alcuni secoli fa, procedendo con azioni violente
nei confronti di altri popoli attraverso il colonialismo.
Questo atteggiamento "buonista" lascia in
bocca un retrogusto sovranista e razzista: noi abbiamo capito tutto e
dobbiamo evangelizzare il resto del mondo con i nostri principi, anche autodanneggiando noi stessi e la nostra gente. Cioè,
invece di competere con le visioni esistenziali e antropologiche di altri
popoli, per migliorare continuamente grazie ad una continua concorrenza di
atteggiamenti (si chiama: progresso), abbiamo deciso che i nostri
sono i migliori possibili per tutte le genti di questo pianeta e,
graziosamente da superiori, concediamo agli altri - considerati inferiori
- la possibilità e il tentativo di imporci i loro: tolleriamo gli intolleranti,
trattiamo umanamente i disumani, comprendiamo con benevolenza la violenza
degli altri.
Questo cattolicesimo deteriore che, dopo il
peccato (il colonialismo), deve prevedere il pentimento e, soprattutto, il
castigo e la croce (la situazione di oggi è tutta colpa dell’Occidente!), è
tipico non di competitori che, armati del setaccio antropologico di cui
sopra, sono alla ricerca del bene dell’uomo. E’, al contrario, peculiare di
chi si erge ad evangelizzatore di poveri ignoranti di rango inferiore
che, con benevolenza ma falsamente, dice di voler considerare di pari
livello.
Ecco l'inizio della nostra decadenza.
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Riflessione
n° 89 (7-10-2023)
Alle
corte! La vicenda del giudice Apostolico ed epigoni è una avvilente
questione di professionalità
Capisco che chi ha
meno di 60 anni questo problema non riesca neanche a comprenderlo. Ormai da
tempo la qualità della “produzione intellettuale” di questo paese è talmente
bassa da non risultare più classificabile tra le cose da apprezzare. Chi ha
più di 60 anni è ancora in grado di distinguere l’atteggiamento
“professionale” da quello “pressappochista” delle persone con cui
viene a contatto. Il professionista è colui che ama far bene il
proprio “lavoro”, al quale si applica con serietà, scienza e coscienza.
Praticamente vive della considerazione che gli altri hanno di lui, delle
sue qualità professionali, riflesse nella vita che conduce giorno per
giorno. Questa sua immagine si conquista (si conquistava) con anni di
applicazione e studio, di cura nei comportamenti e negli atteggiamenti.
Oggi i
“professionisti” sono in via di estinzione. Questa loro precarietà esistenziale
obbliga i cittadini a diventare sempre più “di bocca buona”. Comunque
si spera di non incappare in un medico che fa sì che il tuo malanno non si
aggravi ma che comunque si cronicizzi; nel meccanico che ti stringe una
vite, ma te ne allenti un’altra; nell’avvocato che non baratti la tua causa
per favorire un collega, che ricambierà con gratitudine.
Il declino è
evidente anche in magistratura: nessuno può più pretendere professionalità
da un magistrato. E allora ci si accontenta nascondendosi dietro la
considerazione: meglio che si conoscano la fede politica, le attività
militanti e le inclinazioni all’attivismo partitico del giudice. E in
genere ci si obbliga alla bocca buona concludendo con l’apprezzamento per
il comportamento alla luce del sole della giudice Apostolato. Purchè però la smetta di mimetizzarsi cancellando
infantilmente le sue caratteristiche umane su FaceBook.
Insomma si pretenda che almeno non si censuri, rendendoci il giudizio
difficile. Per concludere, se non si può più pretendere
professionalità, almeno ci facciano sapere “onestamente” e
chiaramente chi sono!
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Riflessione
n° 88 (30-9-2023)
Il
partito “Forza Spread!” compie 12 anni.
Aperte le iscrizioni al
partito “Forza Spread!”
Poveracci, bisogna
capirli! Abituati a governi che durano un anno e mezzo, dopo un anno
cominciano ad avere crisi di astinenza
e si agitano sperando in un intervento delle “alte autorità”. Non vogliono
capire che, per cambiare governo, occorrerà aspettare la fine della
legislatura, cioè il 2027. Certo, sognano la possibilità che si ripetano le
vicende del 2011, quando - coi favori del presidente Napolitano – il
governo Berlusconi fu giubilato tra le risatine di Merkel e Sarkozy. Ma allora i detentori esteri avevano in
portafoglio oltre il 43% del nostro debito. Oggi, non detengono più dell 27 %. Non so se, questa volta,
il presidente Mattarella avrà gli stessi atteggiamenti e la stessa faccia
del predecessore. Soprattutto non so se troverà sponde internazionali,
visto che tutte le forze di governo dei 27 sono sub iudice
per via delle prossime elezioni. Comunque, gli appoggi internazionali al
partito “Forza Spread!” hanno una gran fretta: dopo le elezioni di giugno
2024, Bruxelles potrebbe cambiare fisionomia, quindi pensano di dover agire
contro l’Italia prima di quella data.
Quanto al presidente
Mattarella è vero che molte delle sue ultime uscite sono tipiche non di un
super partes ma di chi ha accolto l’invito ad una
estate militante, risolvendosi in affermazioni tipiche di un simpatizzante
di un partito, il PD, oggi a corto di neuroni. Anche nei concetti
sottostanti cerca di non far fare brutta figura alla Schlein esprimendoli
in un italiano un po’ così: “La vita sociale dell’Italia aspira ad essere, e deve
essere sempre di più [aspira ad essere o deve essere? NdR], quella coesa della
comunità, una vera comunità composta da persone ciascuna diversa da ogni
altra, tutte con eguale dignità, con talenti differenti, con differenti
creatività. A Castelporziano si cerca di fornire
un contributo di questa preziosa e necessaria direzione con una
testimonianza di amicizia”.
Venghino…venghino… non c’è trucco, non c’è inganno….faccino la
loro iscrizione al Partito dello Spread! Tessera n°1 Debenedetti; tessera
n° 2 Elkan; tessera n° 3 Giannini (La Stampa);
tessera n° 4 Molinari (La Repubblica).
Nel frattempo la linea
del PD sta diventando una microlinea e
incide sempre più in piccolo: non sa andare oltre le critica
alla pesca di EsseLunga.
Con uno sforzo sovrumano,
la Schlein sta cercando di capire il da farsi: “Mi si nota di più se mi
iscrivo prima di chiedere all’armocromista o se
mi iscrivo dopo?”
Ecco il link che fornisce
il livello dello spread (italia-Germania a 10
anni) in tempo reale:
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Riflessione
n° 87 (27-9-2023)
Ancora
sui bassi salari. Una curiosità
Ho postato in un social
la domanda che segue, nel tentativo di approfondire le motivazioni che
hanno portato l’Italia ad avere salari molto più bassi che in altri paesi,
al punto che in 30 anni il reddito dei nostri lavoratori dipendenti
si è ridotto dello 0,5 %.,
Mia domanda
Dove sono andati a finire (oltre che in generosi
dividendi) i capitali che le aziende hanno risparmiato per l'inesistente
politica salariale adottata dagli anni '90 dai sindacati ed alla luce del
fatto che i nostri stipendi sono fermi da 30 anni?
Tra le varie risposte, una mi è sembrata particolarmente
interessante, per le articolate argomentazioni. Tanto da farmi ritenere che
chi mi risposto sia ben addentro al problema, almeno dal punto di vista
sindacale.
Tra le altre, mi ha incuriosito questa risposta:
Il patto è stato di limitare i licenziamenti, evitare la
meritocrazia, non competere sulla produttività, ma manteniamo gli stipendi
bassi e quando serve usiamo la cassa integrazione per evitare i fallimenti
e le relative perdite di posti di lavoro.
Si è preferito (politici, elettori, sindacati,
lavoratori) difendere i posti di lavoro invece che la competitività, la
meritocrazia, l'innovazione.
Andava bene a tutti, ma ovviamente sono scelte che hanno
sempre un prezzo…
I salari li aumenti solo con una maggiore produttività
che implica cambiamenti a cascata e prima di tutto deve essere un
cambiamento culturale per tutti.
Incuriosito dalla
risposta ben organizzata (si parla di “patto” come se chi mi ha risposto
avesse partecipato o dal lato sindacale o dal lato politico) , ho fatto una
veloce ricerca in merito alla produttività ed ho risposto a mia
volta:
Mia risposta alla
risposta:
Questo è l'andamento
della produttività dal 1995. Forse qualche margine per aumenti salariali il
sindacato e i partiti di riferimento dei salariati avrebbero anche po-tuto trovarlo. Non mi è chiaro il vantaggio della
rinuncia alla meritocrazia: vuol dire che invece di assumere o promuovere
un buon ingegnere avete preferito assumere l'ingegnere capra, figlio del
politico di turno, che avrebbe promesso di farvi rientrare procacciando
affari di ritorno? Non mi è chiaro neanche il vantaggio della rinuncia alla
competitività: competitività tra chi? Tra aziende italiane ? Con aziende
estere? Non mi è chiaro neanche l'accordo "partiti-elettori e
sindacati-lavoratori”. Cercherò i dati sulla disoccupazione. Ma adesso
capisco il perché della fuga precipitosa di Bonanni
(Cisl). Se mi autorizza metterò questa sua risposta sul mio sito
Ultimo dato sulla produttività: giugno 2023: 12,90
Quanto alla disoccupazione, il grafico che segue riporta
l’andamento dal 1992 al 2018 del tasso di disoccupazione per vari
paesi. Tra i paesi più importanti, dopo un livello di minima nel
2007, l’Italia è quello con il livello più alto dal 2013.
Non mi sembra che il
“patto” di cui parla chi mi ha risposto, sia stato foriero di buoni
risultati: l’unico risultato raggiunto è stato quello di avere i lavoratori
dipendenti italiani con salari talmente bassi da obbligare all’emigrazione
molti concittadini con titoli di studio ed esperienza di buon
livello: se ne vanno ingegneri, medici, infermieri, architetti, ricercatori.
Ma, secondo i giustificazionisti, tali fuoriuscite vengono bilanciate: in
cambio accogliamo raccoglitori di pomodori, quando va bene!
Oltretutto non hanno capito che salari bassi vuol dire fra qualche anno
pensioni altrettanto basse.
Di fatto, la nostra domanda interna è parallela ai nostri
salari e stipendi: asfittica da oltre trent’anni, non riesce a supportare
il nostro settore produttivo. Siamo costretti a puntare tutto sulle aziende
che esportano.
Circa la risposta sul social, sto ancora riflettendo
sulla rinuncia a puntare sulla meritocrazia e sulla competitività. Mah!
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Riflessione
n° 86 (23-9-2023)
Notarelle a margine del Regolamento di Dublino III (2013)
A ben guardare è proprio
il Regolamento Dublino III a scavalcare, violandola, una delle regole
fondamentali rispettare in tutti i trattati in materia di
navigazione: la nave che batte la bandiera di un paese è territorio di quel
paese; a bordo si applicano le leggi di quel paese e il comandante è
pubblico ufficiale riconosciuto da quel paese. I furbi del Nord hanno,
infatti, inserito una clausoletta in base alla quale: il
regolamento di Dublino si applica a qualsiasi richiedente asilo, a
prescindere dal mezzo utilizzato per arrivare in Ue, quindi anche a chi
sbarca sul territorio dell'Unione con una nave. In questo caso, sarà dunque
lo Stato costiero di sbarco a dover esaminare le domande d'asilo.
Il governo
Berlusconi e quello successivo, di Letta, si distrassero. Ma anche in
assenza di distrazioni non credo che avessero i mezzi intellettuali per
capire che cosa stessero approvando, tanto meno per intuire le implicazioni
di quelle norme.
I furbi del Nord hanno
poi inserito tre criteri miranti ad ampliare le tutele dei migranti,
ben sapendo che solo il terzo avrebbe avuto applicazione. Si è andata a
stabilire infatti una gerarchia dei criteri che tenga conto di posizioni
particolari dei richiedenti asilo. Il primo criterio indica come competente
lo “Stato membro dove può meglio realizzarsi il ricongiungimento
familiare”. Il secondo “lo Stato membro che ha rilasciato al richiedente un
titolo di soggiorno o un visto di ingresso in corso di validità”. Il terzo
criterio prevede la competenza dello "Stato membro la cui frontiera è
stata varcata illegalmente dal richiedente". Si tratta del criterio
"del primo ingresso illegale”. Questa si è rivelata negli anni la
norma più applicata e ha messo sotto pressione i Paesi esposti ai confini
esterni dell'Ue: Italia, Grecia, Cipro, Malta, Grecia.
E’ evidente come i primi
due criteri furono messi lì solo pour épater
nos bourgeois: quanto al primo, figuriamoci
se si è in grado di analizzare la posizione familiare del migrante per
poterlo collocare nel paese dove sarà più agevole il
ricongiungimento! Quanto al secondo, questo è del tutto
pleonastico: se già c’è un titolo di soggiorno o un visto d’ingresso
offerti da uno stato membro della UE, è inutile parlare di stato a cui
assegnare il migrante.
Ma Dublino III è
imputabile una ulteriore gravissima violazione dei diritti fondamentali.
Intendo il diritto ad emigrare. Come mai, i migranti sbarcati in Italia
perdono il diritto ad ulteriori migrazioni. La Francia li respinge, come la
Germania. Non è possibile che un Regolamento della UE impedisca ulteriori
migrazioni dopo quella di primo approdo esercitata dal migrante.
Domanda: finora i
cittadini italiani hanno fatto affidamento sulla capacità di sopportazione
dei cittadini meridionali coinvolti in prima battuta dagli sbarchi
dei “naufraghi”. Ma se nei porti di sbarco indicati dal governo
italiano, si dovessero creare manifestazioni di popolo contrarie ad
accogliere i migranti coinvolti, creando disordini e impedendo lo
sbarco, quei porti potrebbero essere considerati ancora “sicuri”?
Oltre ad imporre la
ridefinizione di “naufragio” e di salvataggio di naufraghi, l’Italia
dovrebbe imporre la revisione del Regolamento Dublino III per manifesta
inapplicabilità, per contrasto con la fondamentale regola sulla
territorialità della nave, per violazione del diritto ad ulteriori
migrazioni, per eccessiva onerosità sopravvenuta e per motivi di ordine
pubblico.
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Riflessione
n° 85 (24-8-2023)
Occidente
in crisi di identità. decadenza alle
porte?
Abbiamo insegnato al
mondo che la competitività, in ogni settore economico, si affronta
con investimenti, ricerca, buone scuole e migliori università. Cina e India
hanno imparato la lezione, (si vedano i loro risultati in campo
spaziale) ed ora l’Occidente pensa di batterli chiudendo a quei paesi
l’accesso ai prodotti della sua tecnologia e della sua ricerca. Troppo
tardi: capitali, ricerca e scuole sia indiane che cinesi possono procedere
da sole, essendo in grado di competere anche nei settori più avanzati.
Oltretutto, negli ultimi 20 anni, la Cina ha proceduto a consistenti e
solide acquisizioni (più o meno dirette) di importanti mercati delle
materie prime fondamentali per le nuove tecnologie.
Piuttosto, l’Occidente
ha un handicap quantitativo fondamentale e, forse, non sanabile: la
dimensione dei suoi mercati di riferimento è nettamente inferiore a quella
di Cina e India. Questi due paesi, da soli, contano su circa tre miliardi
di persone. L’Occidente non arriva al miliardo: sommando la popolazione di
USA, UE, Giappone e GB si ferma a 970 milioni.
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Riflessione n° 84
(30-7-2023)
I CUP. Comunisti di unità
papalina.
Non sono
pochi coloro che, oggi, si atteggiano a “vecchi” comunisti duri e puri.
Molti, costituiscono il commovente zoccolo duro del PD. Altri – coloro che
possono utilizzare media, TV in particolare – assumono atteggiamenti
clowneschi. Il loro scimmiottare quanti hanno una solida formazione
marxista assume addirittura l’immagine della commedia popolare. Uno per
tutti, il povero Piero Sansonetti, direttore del quotidiano comunista
fondato da Antonio Gramsci. Tutti dimostrano scarsi o poco fruttuosi
studi sull’analisi marxiana. Oggi al massimo si possono rapportare,
infatti, alle posizioni sociali della Chiesa o, più frettolosamente e
comodamente alle posizioni di papa Mario Bergoglio.
Per Marx, due
sono le sottoclassi che possono risultare avversarie della classe operaia:
i migranti e gli appartenenti al sottoproletariato.
I
primi, i migranti, perché, invece di lottare in casa loro affiancando
i proletari, emigrano in nazioni – a loro avviso – più prospere,
andando ad irrobustire le legioni di quell’esercito di riserva che mina
alla basa l’azione degli operai locali, soprattutto in materia salariale.
I secondi, i
sottoproletari, perché invece di allearsi con la classe operaia, si
accontentano delle briciole e delle elemosine benignamente elargite dalle
classi al potere, purché si astengano dal lottare al fianco dei proletari
sostenendone l’azione politica. Pena, la cessazione delle elemosine.
Oggi,
quindi, in prima linea a sostenere l’accoglienza, sempre e comunque,
di ogni migrante (ma solo fino allo sbarco, poi si arrangino!) e ad
accusare il governo Meloni di affamare i cittadini con la
trasformazione/eliminazione dell’elemosina di stato del reddito di
cittadinanza sono proprio i sedicenti comunisti di unità papalina. Con
l’Unità dell’ignaro Sansonetti, che si definisce, gigionescamente, “vecchio
comunista”, in prima linea senza rendersi conto di aver sostituito – in
barba al povero Marx - la classe operaia con i poveri del momento.
Non a caso, ha pubblicato sull’Unità (quotidiano comunista fondato da
Antonio Gramsci!) quale fonte ideologica di ispirazione, non il Manifesto
di Marx ed Engels, ma la Populorum
progressio di Palo VI, così introdotta
[Dall’Unità del 21-6-2023]: “Il 21 giugno del 1963 Giovanni
Battista Montini, arcivescovo di Milano, veniva eletto papa e prendeva il
nome di Paolo VI. Quattro anni dopo scrisse una enciclica, la Populorum progressio, con un
gigantesco valore di rivolta sociale”. Ne pubblichiamo un ampio
estratto”.
Capisco
comunque l’affanno dei CUP “comunisti di unità papalina” nel valorizzare
anzi, megafonare le iniziative e le posizioni
socio-politiche di Mario Bergoglio, allo scopo di creare con Luca
Casarini un duopolio nel cuore del papa, nel tentativo di affiancare il
rivoluzionario di professione nella lista dei favoriti del Vicario di
Cristo.
Curiosamente,
i costi sostenuti per i migranti e per i sottoproletari non hanno, come
conseguenza, il classico appunto fatto all’Italia in caso di spese
notevoli. Nel nostro caso: “Visto l’altissimo debito pubblico italiano, non
vi potete permettere di spendere anche per migranti e sottoproletari”. Qualcuno
è riuscito a farne due variabili indipendenti dal debito
italico.
Alcuni
“bignamini”:
Non dico i
testi di Marx ed Engels, ma i CUP (comunisti di
unità papalina) dovrebbero almeno rileggere (leggere?) à
Il Manifesto del partito comunista
e il riassunto che fece Carlo Cafiero del Capitale nel 1878,
approvato dallo stesso Marx: à
Compendio de Il capitale di K.
Marx
Comunque i
rapporti tra PCI e Chiesa cattolica dovrebbero averli più presenti. Un
aiutino: dalla Enciclopedia Treccani: à La condanna dei comunisti del
1949 in "Cristiani d'Italia" (treccani.it)
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Riflessione
n° 83 (26-7-2023)
Intelligenze politiche in
Italia ed in Spagna.
Dove si
dimostra che, spesso, allontanare l’amaro calice crea solo i presupposti
per una ineludibile bicchierata generale ancora più amara.
Nel 2019,
Salvini forzò la mano alle istituzioni dimettendosi (Papete).
Sperava di andare velocemente alle elezioni. Ma la paura delle istituzioni
di sinistra di dover cedere la mano a governi di destra, riuscì a
convincere il PD ad allearsi con i 5Stelle, nonostante i plateali anatemi
precedenti di Zingaretti. In quel periodo, Fratelli d’Italia a stento
raggiungeva nei sondaggi il 5%: la Lega stava attorno al 15, Forza Italia
attorno al 16%. Col senno di poi, possiamo considerare quella distribuzione
come fortemente a favore dei partiti di sinistra. Per rendere più adeguato
il governo, manifestamente inconcludente nella versione Conte 2,
M5Stelle+PD), e per allontanare ulteriormente il “pericolo” di una vittoria
delle destre alle eventuali elezioni, i grandi statisti della sinistra
pensarono ad un governo con a capo un tecnico della provvidenza. Fratelli
d’Italia passò all’opposizione.
Nel 2020,
questi erano, più o meno, i risultati dei sondaggi: Lega 31%, FdI
11%, FI 6%, PD 20%, M5S 13%.
A luglio
2022, le percentuali erano ancora cambiate: FdI 25%, PD 22%, Lega 13%, M5S
10%, FI 7,5.
La
crisi del governo Draghi causata da Giuseppe Conte, convinse tutti gli
strateghi della sinistra che non si poteva andare avanti così e, presciolosamente, a luglio 2023, furono indette nuove
elezioni politiche ponendo fine alla legislatura. Tutti sappiamo con
quali risultati: col PD in mutande e col M5S sull’orlo di una crisi
di nervi, il governo Meloni dovrebbe durare non poco più di un anno, ma
fino al 2027. La sinistra, non più abituata a fare politica seria, stenta
ad estrae nella nuova fase di opposizione e corre dietro a piccolezze
politiche che la Meloni dissemina ad arte sulla sua strada.
Superiore (e
più coraggiosa) l’intelligenza strategica di Sanchez in Spagna: vista
la possibilità che il trend delle destre spagnole potesse seguire la
tendenza consolidata in molti paesi della UE, ha imposto il ritorno
tempestivo alle urne. La sinistra spagnola non ha vinto, ma è in grado di
tenere testa ai conservatori e, soprattutto, ha dimostrato capacità e
coraggio politico, cosa impossibile in Italia, visto il bassissimo q.i. dei politici di sinistra.
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Riflessione
n° 82 (27-6-2023)
Il PD e gli analfabetismi
estremisti di ritorno.
Si riaprano i corsi alle
Frattocchie.
Bisogna
capire le forze di opposizione avvicendatesi in Italia negli ultimi 75
anni: ben sapendo che i nostri esecutivi restano in carica mediamente meno
di un anno e mezzo, trascorsi 10, 12 mesi dalla formazione del governo in
carica cominciano a tirare le somme, cercando di mettere in mora le forze
di maggioranza: “In campagna elettorale hanno sostenuto di saper contare
fino a dieci, ma si sono fermate a tre!”. IL PD schleinista segue
esattamente lo stesso canovaccio nei confronti del governo Meloni ed ha
iniziato la solita cantilena: “Hanno ingannato gli elettori: sostenevano di
saper contare fino a dieci e si sono fermati a due!”.
Disgraziatamente
per la Schlein, questo governo può durare non un anno e mezzo, ma cinque
anni. Essendo però la Schlein affetta da analfabetismo estremista di
ritorno, non è in grado di impostare una politica tale da poter competere
con la destra. Lo confermano anche i risultati nelle regionali in Molise: è
andata male nonostante i 5Stelle siano il partito maggiore. Ritiene,
infatti, che tracciare la linea politica del partito per i prossimi
anni consista nel farsi vedere, nel canonico – ma sempre più raro
- minuto mediatico di TV, in atteggiamento supplice alla corte di
Conti o al seguito di Landini. I quali la fanno galoppare come un galoppino
dimostrando in tal modo di essere loro i padroni del campo (un po’ più)
largo, di cui sostengono di essere in grado di gestire i picchetti di
confine.
Al PD
restano quattro anni per organizzarsi con l’obiettivo di potersi
accreditare come forza in grado di competere con il centro destra e
tentare di vincere le elezioni politiche del ‘27. E la smetta di
trincerarsi dietro la scusa secondo cui la destra vince perché, a
differenza della sinistra, sa organizzare alleanze: il centro destra
vinche perché la sua visione di società e la sua offerta politica sono più
accettate di quelle – inesistenti – di PD e cespugli.
Infine, visto
che i cittadini non hanno ancora capito in che mondo vive la sinistra e
in che mondo la sinistra vuole che si viva, contro l’analfabetismo
estremista di ritorno si riapra, intanto, il Centro delle Frattocchie, per
organizzare corsi di gestione dell'amministrazione del partito, di
organizzazione delle riunioni, di comunicazione interna ed esterna, di
supervisione delle campagne elettorali, di collaborazione con i membri del
partito per sviluppare la strategia politica e delineare la società futura
immaginata dal PD, di capacità di coinvolgimento e motivazione di militanti
e simpatizzanti.
E, per
evitare precoci abbandoni scolastici, potrebbero rendere più
appetibili i programmi inserendo qualche ora di Armocromia
italiana e comparata.
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Riflessione
n° 81 (19-6-2023)
Pericoli e problemi da
uso inappropriato e/o predatorio
di sistemi di I.A.
Accortezze ed alcune possibili soluzioni.
Uno dei
problemi evidenziati da Nello Cristianini (“La
scorciatoia” ed. Il Mulino) potrebbe derivare da una voluta o casuale
cattiva progettazione dell’algoritmo di un sistema di IA. In particolare, se
l’obiettivo da raggiungere non è ben pensato, ben delimitato, ben vincolato
al rispetto di normative di dettami di legge, rispettoso dal punto di vista
etico, ben controllato e controllabile; se l’algoritmo non
viene messo a disposizione di indagini terze e verificabile in ogni sua
parte, l’I.A. potrebbe dar luogo a risultati indesiderati se non
addirittura nocivi.
Stavolta ho
giocato per meno di un quarto d’ora con il sistema di I.A. messo a
disposizione del volgo. Ecco il risultato.
Esistono
preoccupazioni legate alla possibilità che un sistema di intelligenza
artificiale (IA) possa sfuggire al controllo se è imposto a perseguire un
obiettivo senza le giuste limitazioni. Questo concetto è noto come
"problematica dell'obiettivo mal definito" o "problematica
dell'ottimizzazione inappropriata".
Quando si
crea un sistema di IA che deve raggiungere un obiettivo specifico, è
essenziale definire chiaramente i limiti e le restrizioni per garantire che
il sistema operi in modo sicuro ed etico. Se il sistema è programmato in
modo da massimizzare l'obiettivo senza considerare altri fattori
importanti, potrebbe intraprendere azioni indesiderate o dannose per
raggiungere quel risultato.
Per evitare
che ciò accada, ci sono diverse accortezze che possono essere adottate,
sia in materia progettuale, coinvolgenti strettamente gli addetti ai
lavori sia in materia istituzionale imponendo agli organismi di
indagine e di controllo di imporre un corpus normativo in grado di
obbligare ogni livello istituzionale ad attivarsi di continuo per
controllare, verificare, analizzare, imponendo anche sistemi di educazione
dei potenziali utilizzatori affinché siano consapevoli dello strumento che
intendono attivare.
Funzioni
di obiettivo ben definite: Definire con precisione la funzione di
obiettivo del sistema di IA, includendo una valutazione equilibrata dei
risultati desiderati. Questo richiede una chiara definizione di quali
valori etici e priorità devono essere considerati nel raggiungimento
dell'obiettivo.
Limiti e
restrizioni: Imporre limiti e restrizioni al sistema di IA può aiutare
a prevenire comportamenti indesiderati. Ad esempio, stabilire un insieme di
vincoli che il sistema deve rispettare durante il raggiungimento
dell'obiettivo, come il rispetto dei principi etici o il rispetto delle
leggi.
Valutazione
continua: Monitorare e valutare costantemente le azioni del sistema di
IA per identificare comportamenti anomali o indesiderati. Questo può
richiedere audit periodici, test approfonditi e revisioni da parte di
esperti per assicurarsi che il sistema si stia comportando in modo conforme
alle aspettative.
Controllo
umano: Mantenere il coinvolgimento e il controllo umano nelle decisioni
critiche. L'IA può essere utilizzata come strumento per supportare e
assistere le decisioni umane, ma le decisioni finali dovrebbero essere
prese da esseri umani responsabili.
Algoritmi
di sicurezza: Sviluppare algoritmi di sicurezza che rilevano e mitigano
i comportamenti indesiderati o dannosi del sistema di IA. Questi algoritmi
possono funzionare come meccanismi di sicurezza e intervento per prevenire
l'ottimizzazione inappropriata.
Regolamentazione:
I governi e le organizzazioni internazionali devono collaborare per
stabilire norme e regolamenti che guidino lo sviluppo e l'uso dell'IA.
Questi regolamenti potrebbero riguardare aspetti come la privacy, la
sicurezza, la responsabilità e la trasparenza. Inoltre, dovrebbero essere
implementati meccanismi di controllo e monitoraggio per garantire la
conformità alle regole stabilite.
Trasparenza:
È importante che i sistemi di intelligenza artificiale siano trasparenti e
comprensibili. Gli algoritmi e i modelli utilizzati dovrebbero essere
documentati e resi disponibili per l'ispezione e la revisione da parte di
esperti indipendenti. Ciò consentirebbe di individuare eventuali devianze o
comportamenti indesiderati.
Sicurezza
informatica: Dato che l'IA può essere vulnerabile a minacce come l'hacking o l'utilizzo improprio, è essenziale sviluppare
robuste misure di sicurezza informatica. Gli sviluppatori devono proteggere
i sistemi di intelligenza artificiale da accessi non autorizzati e attacchi
dannosi.
Coinvolgimento
e partecipazione pubblica: Gli sviluppatori di IA dovrebbero
coinvolgere il pubblico, gli esperti e le parti interessate nelle
discussioni sull'IA. È importante tenere conto delle diverse prospettive e
considerare gli impatti sociali, etici ed economici dell'IA nella
formulazione delle politiche e delle decisioni.
Educazione
e formazione: Dovrebbe essere promossa un'educazione sulla tecnologia dell'IA
a vari livelli, per aiutare le persone a comprendere le implicazioni e i
rischi associati. L'alfabetizzazione digitale e la comprensione delle
capacità e dei limiti dell'IA possono contribuire a una maggiore
consapevolezza e a una partecipazione informata.
Monitoraggio
e controllo: Dovrebbero essere sviluppati meccanismi di monitoraggio e
controllo continui per valutare l'uso dell'IA e mitigare i rischi
associati. Questi meccanismi potrebbero comprendere la valutazione
dell'impatto sociale, l'auditing degli algoritmi e la gestione delle
violazioni o degli abusi.
Ricerca e
sviluppo responsabile: Gli sviluppatori di IA dovrebbero impegnarsi
nella ricerca responsabile, valutando attentamente gli impatti sociali,
etici e legali delle tecnologie che creano. Dovrebbero essere promossi
standard di sviluppo che incoraggino la sicurezza, la trasparenza e l'accountability.
È importante
sottolineare che la riduzione dei pericoli dell'IA richiede un approccio
multi-stakeholder, coinvolgendo governi, industria, esperti tecnici. In
definitiva, è cruciale considerare attentamente le implicazioni etiche e le
conseguenze potenziali di un sistema di IA, nonché garantire una
progettazione responsabile che prenda in considerazione la sicurezza e i
limiti appropriati per mitigare il rischio di sfuggire al controllo.
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Riflessione n° 80
(11-6-2023)
“Come organizzare un
partito politico?”. Ho giocato per un’oretta con la I.A.
E’ venuto fuori un
documento interessante.
Potrebbe essere utile alla segretaria del PD Schlein?
ORGANIZZARE
UN PARTITO POLITICO.
INDICE
· Organizare un partito politico anche con
strumenti di informatica. 1
· Come progettare le strutture dirigenti
di un partito politico…... 2
· …. Anche con strumenti informatici …...
3
· Come organizzare sezioni
locali…. 4
· …. Anche con strumenti informatici 5
· Come organizzare cellule aziendali….. 6
· …Anche utilizzando strumenti
informatici. 7
· Come organizzare un circolo culturale
di un partito politico…. 9
· …Anche con strumenti informatici.
10
· Visione
e idee: Definire una visione politica chiara e articolata, con obiettivi e
idee che siano rilevanti per il contesto socio-economico attuale. Comunicare
in modo efficace la tua piattaforma politica e i valori del partito.
· Sito
web e piattaforma online: Creare un sito web attraente e ben strutturato
che rappresenti il partito politico. Assicurarsi che il sito contenga
informazioni sulla leadership, la piattaforma politica, le attività e gli
eventi del partito. Offrire anche una piattaforma online per coinvolgere i
membri e i sostenitori, consentendo loro di contribuire con idee, fare
donazioni, iscriversi e partecipare alle discussioni.
· Social
media: Sfruttare i social media per raggiungere un pubblico più ampio e
interagire con gli elettori. Creare pagine ufficiali del partito su
piattaforme come Facebook, Twitter,
Instagram, YouTube, LinkedIn,
ecc. Condividere contenuti pertinenti come annunci politici, aggiornamenti,
articoli, video e immagini. Interagisci con gli utenti, rispondi alle
domande e partecipa alle discussioni.
· Strategia
di email marketing: Utilizzare strumenti di email marketing per inviare
aggiornamenti, newsletter e comunicazioni ai membri e ai sostenitori del
partito. Assicurarsi che le email siano ben strutturate, coinvolgenti e
pertinenti. Si possono anche segmentare le liste di email in base agli
interessi e inviare messaggi mirati.
· Mobilitazione
online: Sfruttare gli strumenti informatici per la mobilitazione politica.
Creare petizioni online, organizzare campagne di raccolta fondi tramite
piattaforme di crowdfunding, promuovere eventi
online come webinar o trasmissioni in streaming
per coinvolgere il pubblico e diffondere il messaggio del partito.
· Analisi
dei dati: Utilizzare gli strumenti di analisi dei dati per monitorare
l'efficacia delle campagne online e misurare l'engagement del pubblico.
Questo aiuterà a valutare cosa funziona meglio e a prendere decisioni
informate per migliorare le tue strategie di comunicazione.
· Coinvolgimento
dei volontari: Creare una piattaforma online per reclutare e coordinare i
volontari del partito. Offrire strumenti per l'organizzazione delle
attività, la comunicazione e il monitoraggio dei progressi.
· Protezione
dei dati e sicurezza: Assicurarsi di adottare misure di sicurezza per
proteggere i dati dei membri e dei sostenitori del partito. Rispettare le
leggi sulla privacy e fai attenzione alle pratiche di sicurezza
informatica.
· Monitoraggio
delle tendenze e della concorrenza: Utilizzare strumenti di monitoraggio
online per tenere traccia delle tendenze politiche, della concorrenza e
delle opinioni pubbliche. Questo aiuterà a adattare la strategia in base
alle dinamiche in corso.
· Ricordare
che gli strumenti informatici sono un mezzo per raggiungere gli obiettivi
del partito politico, ma è fondamentale mantenere una strategia olistica
che combini sia gli aspetti online che quelli offline per avere un impatto
significativo.
La
progettazione delle strutture dirigenti di un partito politico dipende da
vari fattori, come la dimensione del partito, il suo scopo, la sua
ideologia e le norme statutarie.
· Leadership:
Definire chiaramente i ruoli di leadership nel partito, come il presidente,
il segretario generale o il coordinatore. Queste figure saranno
responsabili della direzione strategica e della gestione del partito.
· Organi
decisionali: Creare organi decisionali, come un comitato esecutivo o un
consiglio direttivo, che abbiano il potere di prendere decisioni importanti
sulle politiche, le strategie e le attività del partito. Questi organi
dovrebbero riflettere una rappresentanza diversificata e inclusiva
all'interno del partito.
· Assemblea
o congresso: Considerare l'organizzazione di un'assemblea generale o un
congresso periodico, in cui i membri del partito si riuniscono per
discutere e votare sulle questioni cruciali. Questo fornisce un'opportunità
per coinvolgere attivamente i membri nella presa di decisioni e nel
processo democratico interno del partito.
· Commissioni
tematiche o settoriali: Creare commissioni o gruppi di lavoro specifici per
affrontare temi o settori di particolare interesse o rilevanza per il
partito. Queste commissioni possono svolgere ricerche, formulare politiche
e fornire consulenza sui temi specifici di competenza.
· Strutture
locali: Considerare l'organizzazione di strutture dirigenti a livello
locale, come sezioni o circoli, per coinvolgere i membri nelle attività
politiche a livello regionale o comunale. Queste strutture possono avere
propri organi decisionali e rappresentanti che collegano le decisioni
locali con la leadership centrale del partito.
· Canali
di comunicazione e partecipazione: Creare canali di comunicazione e
partecipazione tra i membri del partito, come newsletter, forum online o
piattaforme di discussione, per consentire la condivisione di informazioni,
opinioni e idee. Questo favorisce la partecipazione attiva dei membri e
promuove un clima di trasparenza e dialogo all'interno del partito.
· Monitoraggio
e responsabilità: Stabilire meccanismi di monitoraggio e responsabilità per
garantire che i membri delle strutture dirigenti siano tenuti a rendere
conto delle loro azioni e decisioni. Ciò può includere la revisione
periodica delle performance, la valutazione dei risultati e il rispetto
delle norme etiche e statutarie del partito.
· Ricordare
che la progettazione delle strutture dirigenti di un partito politico è un
processo dinamico e può richiedere adattamenti nel tempo. È importante
coinvolgere i membri del partito nel processo decisionale e promuovere una
cultura di partecipazione e democrazia interna.
L'utilizzo di
strumenti informatici può semplificare e migliorare l'organizzazione della
struttura dirigente di un partito politico
· Gestione
dei contatti: Utilizzare un software di gestione dei contatti, come un CRM
(Customer Relationship
Management), per organizzare le informazioni sui membri del partito, i
sostenitori, i volontari e i donatori. Questo consentirà di mantenere un
database centralizzato con i dettagli di contatto e altre informazioni
pertinenti.
· Comunicazione
interna: Utilizzare strumenti di comunicazione online come Slack, Microsoft Teams o Telegram per facilitare la
comunicazione e la collaborazione tra i membri della struttura dirigente.
Si possono creare canali specifici per dipartimenti, progetti o temi
specifici, consentendo la condivisione di messaggi, file e informazioni in
modo efficiente.
· Gestione
delle riunioni: Utilizzare strumenti di pianificazione delle riunioni, come
Google Calendar o Doodle,
per coordinare gli appuntamenti e inviare inviti alle riunioni. Si possono
anche utilizzare strumenti di videoconferenza come Zoom o Google Meet per condurre riunioni online con i membri della struttura
dirigente che potrebbero essere dispersi geograficamente.
· Collaborazione
sui documenti: Utilizzare strumenti di collaborazione sui documenti, come
Google Docs o Microsoft Office 365, per
consentire ai membri della struttura dirigente di lavorare insieme su
documenti, fogli di calcolo o presentazioni in tempo reale. Questi
strumenti permettono di apportare modifiche, fornire commenti e tenere
traccia delle versioni dei documenti.
· Progetti
e attività: Utilizzare strumenti di gestione dei progetti online, come Trello o Asana, per organizzare e tenere traccia dei
progetti, delle attività e dei compiti assegnati alla struttura dirigente.
Si possono assegnare responsabilità, impostare scadenze e
visualizzare lo stato di avanzamento del lavoro.
· Sondaggi
e feedback: Utilizzare strumenti di sondaggio online, come Google Forms o SurveyMonkey, per raccogliere feedback e opinioni dai
membri della struttura dirigente o dagli iscritti al partito. Si possono
creare sondaggi personalizzati per ottenere informazioni specifiche o
valutare il livello di soddisfazione e coinvolgimento dei membri.
· Archiviazione
e condivisione dei documenti: Utilizzare servizi di cloud
storage come Google Drive, Dropbox
o OneDrive per archiviare e condividere documenti, file e risorse
importanti tra i membri della struttura dirigente. Si possono organizzare
le cartelle in modo logico e consentire l'accesso ai membri selezionati per
garantire la collaborazione e l'accessibilità ai materiali condivisi.
· Social
media e promozione: Utilizzare strumenti di gestione dei social media, come
Hootsuite o Buffer, per programmare e gestire la
pubblicazione dei contenuti sui canali social del partito. Si possono
anche utilizzare strumenti di monitoraggio delle prestazioni sui social
media per valutare l'impatto delle attività di promozione e comunicazione.
· Assicurarsi
di valutare attentamente la sicurezza e la privacy dei dati quando si
utilizzano strumenti informatici per l'organizzazione della struttura dirigente
di un partito politico. Proteggere adeguatamente le informazioni sensibili
e adottare buone pratiche di sicurezza informatica per evitare accessi non
autorizzati o perdite di dati.
Organizzare
sezioni locali con strumenti informatici e tramite conference call
può essere un ottimo modo per migliorare la comunicazione, la
collaborazione e l'efficienza all'interno delle sezioni.
· Utilizzare
strumenti di comunicazione online: Esistono molte piattaforme di comunicazione
online, come Slack, Microsoft Teams o Google Hangouts, che consentono di creare canali di
comunicazione specifici per ogni sezione o progetto. Questi strumenti
consentono di inviare messaggi, condividere documenti e organizzare
videochiamate per tenere tutti aggiornati.
· Pianificare
conferenze periodiche: Organizzare regolarmente conference call con tutti i
membri delle sezioni locali può aiutare a mantenere la comunicazione
fluida. Puoi fissare una volta alla settimana o al mese per discutere dei
progressi, condividere informazioni importanti e risolvere eventuali
problemi.
· Utilizzare
strumenti di gestione dei progetti: Esistono molti strumenti online per la
gestione dei progetti, come Trello, Asana o Jira. Questi strumenti consentono di assegnare
attività, tenere traccia dei progressi e condividere documenti pertinenti.
In questo modo, tutti i membri delle agenzie possono lavorare in modo
collaborativo e tenere traccia dello stato dei progetti.
· Organizzare
webinar o sessioni di formazione online: Se è
necessario condividere informazioni o fornire formazione a distanza, puoi
organizzare webinar o sessioni di formazione
online utilizzando strumenti come Zoom o Webex.
Questo ti consente di coinvolgere tutti i membri delle agenzie locali
contemporaneamente e risparmiare tempo ed energie per gli spostamenti.
· Creare
una piattaforma/bacheca di condivisione documenti: Utilizzare strumenti di
condivisione documenti come Google Drive o Dropbox
per creare una piattaforma centralizzata in cui tutti i membri delle
agenzie locali possono accedere e condividere documenti importanti. Questo
rende più semplice la collaborazione e assicura che tutti abbiano accesso
alle ultime versioni dei file.
· Promuovere
una cultura di comunicazione aperta: È importante incoraggiare tutti i
membri delle sezioni locali a comunicare apertamente e a condividere idee,
suggerimenti e preoccupazioni. Ciò può essere fatto attraverso canali di
comunicazione dedicati, riunioni one-on-one o attraverso strumenti di feedback online. La
comunicazione aperta aiuta a mantenere tutti coinvolti e a risolvere
eventuali problemi in modo tempestivo.
·
Organizzare sezioni locali con l'ausilio di strumenti
informatici e tramite conference call può portare molti benefici in termini
di efficienza e collaborazione. Assicurati di scegliere gli strumenti e le
piattaforme più adatti alle esigenze delle tue agenzie e incoraggia i
membri del team a utilizzarli in modo efficace per massimizzare i
risultati.
Organizzare
con l’informatica sezioni locali richiede una pianificazione oculata
·
Definire gli obiettivi e le responsabilità delle sezioni locali:
Iniziare stabilendo chiaramente gli obiettivi e le responsabilità di ogni
agenzia locale. Identificare quali sono le aree di competenza e le
responsabilità specifiche di ciascuna agenzia, in modo da avere una visione
chiara del ruolo di ognuna nell'organizzazione complessiva.
·
Scegliere gli strumenti di gestione dei progetti: Utilizzare
strumenti di gestione dei progetti online come Trello,
Asana o Basecamp per creare un ambiente virtuale
in cui tutte le attività e i progetti delle sezioni locali possono essere
organizzati e monitorati. Creare bacheche di progetto, assegnare compiti,
impostare scadenze e tenere traccia dei progressi in modo centralizzato.
·
Utilizzare strumenti di comunicazione online: Optare per piattaforme
di comunicazione online come Slack, Microsoft
Teams o Google Hangouts per facilitare la comunicazione
e la collaborazione tra i membri delle sezioni locali. Creare canali
specifici per ogni sezione o progetto, inviare messaggi istantanei,
condividere file e documenti, e organizzare videochiamate o riunioni
virtuali.
·
Condividere documenti e file in cloud:
Utilizzare servizi di cloud storage
come Google Drive, Dropbox o OneDrive per
condividere documenti, file e risorse importanti tra i membri delle sezioni
locali. Assicurati di organizzare i file in modo logico, utilizzando una
struttura di cartelle chiara e accessibile a tutti i membri della sezione.
·
Promuovere la condivisione delle conoscenze e l'apprendimento:
Creare una piattaforma online, come un forum o una wiki
interna, in cui i membri delle sezioni locali possano condividere le loro
esperienze, risolvere problemi comuni e condividere risorse utili,
suggerire iniziative. Incentivare la partecipazione attiva e la
condivisione delle conoscenze per migliorare la collaborazione e
l'efficienza complessiva.
·
Organizzare videoconferenze periodiche: Programmare conferenze
online regolari utilizzando strumenti come Zoom, Webex
o Skype. Queste videoconferenze consentono di tenere aggiornati tutti i
membri delle sezioni locali, discutere i progressi, affrontare eventuali
problemi e mantenere un flusso costante di comunicazione tra le diverse
sedi.
·
Valutare e ottimizzare l'utilizzo degli strumenti: monitorare
l'utilizzo degli strumenti informatici e raccogliere feedback dai membri
delle sezioni locali per valutare l'efficacia e l'efficienza delle
soluzioni adottate. Apporta eventuali miglioramenti o modifiche in base ai
bisogni e ai suggerimenti ricevuti, al fine di ottimizzare il flusso di
lavoro e la collaborazione
L'organizzazione
delle cellule aziendali di un partito politico può essere un processo
complesso che richiede una pianificazione attenta e una buona comprensione
delle esigenze e degli obiettivi del partito stesso.
·
Definire gli obiettivi: Prima di organizzare le cellule aziendali, è
fondamentale definire chiaramente gli obiettivi del partito politico.
Questo potrebbe includere l'elezione di candidati, l'implementazione di
politiche specifiche o la diffusione di un messaggio politico. Gli
obiettivi del partito politico aiuteranno a guidare la struttura e le
attività delle cellule aziendali.
·
Creare una struttura organizzativa: Una volta definiti gli
obiettivi, è importante creare una struttura organizzativa per le cellule
aziendali. Questo può includere la nomina di un coordinatore o un direttore
delle operazioni per ogni cellula aziendale e l'assegnazione di
responsabilità chiare a ciascun membro. Potrebbe essere utile creare anche
un organigramma per visualizzare la struttura gerarchica delle cellule
aziendali.
·
Identificare le funzioni chiave: Ogni cellula aziendale dovrebbe
svolgere funzioni chiave per supportare gli obiettivi del partito politico.
Queste funzioni potrebbero includere la raccolta di fondi, l'organizzazione
di eventi, l'elaborazione delle politiche, la comunicazione con i membri e
l'elettorato, la gestione dei social media, la ricerca e l'analisi
politica, ecc. Identificare queste funzioni chiave aiuterà a definire i
ruoli e le responsabilità dei membri di ciascuna cellula aziendale.
·
Promuovere la comunicazione e la collaborazione: Le cellule
aziendali dovrebbero essere in grado di comunicare e collaborare
efficacemente tra loro. Potrebbe essere utile stabilire canali di
comunicazione regolari, come riunioni settimanali o mensili, e utilizzare
strumenti di collaborazione online per condividere informazioni, documenti
e risorse. Inoltre, incoraggiare la condivisione delle migliori pratiche e
delle esperienze tra le diverse cellule aziendali può favorire
l'apprendimento e il miglioramento continuo.
·
Formazione e sviluppo: Investire nella formazione e nello sviluppo
dei membri delle cellule aziendali è importante per garantire che abbiano
le competenze e le conoscenze necessarie per svolgere i loro compiti in
modo efficace. Potrebbe essere utile organizzare seminari o sessioni di
formazione interne per migliorare le capacità di leadership, la
comunicazione, la gestione del tempo e altre competenze rilevanti.
·
Valutazione delle prestazioni: Periodicamente, valutare le
prestazioni delle cellule aziendali e dei loro membri può aiutare a
identificare punti di forza e debolezza e apportare eventuali miglioramenti
necessari. Questa valutazione può includere indicatori chiave di
prestazione, feedback dai membri del partito e analisi dei risultati
ottenuti rispetto agli obiettivi stabiliti.
·
Adattabilità e flessibilità: Le cellule aziendali dovrebbero essere
in grado di adattarsi ai cambiamenti nelle esigenze politiche e
all'evoluzione del panorama politico. Mantenere una mentalità aperta e
flessibile consentirà alle cellule aziendali di rispondere in modo
tempestivo alle sfide emergenti e di apportare modifiche alla struttura e
alle attività se necessario.
·
Ricorda che l'organizzazione delle cellule aziendali di un partito
politico può variare a seconda delle dimensioni del partito, dei suoi
obiettivi specifici e del contesto politico in cui opera.
·
Gestione delle informazioni: Utilizzare un software di gestione
delle informazioni o un sistema di customer relationship management (CRM) per tenere traccia dei
dati dei membri, dei volontari, degli elettori e dei donatori. Questo
consentirà di organizzare facilmente le informazioni, inviare comunicazioni
mirate e monitorare l'interazione con i vari gruppi di interesse.
·
Strumenti di comunicazione: Utilizzare strumenti di comunicazione
come e-mail, chat e videoconferenze per facilitare la comunicazione tra i
membri delle cellule aziendali. App come Slack o Microsoft Teams possono essere utilizzate per organizzare
i team di lavoro e consentire la comunicazione istantanea tra i membri.
·
Gestione delle attività: Utilizzare strumenti di gestione delle
attività come Trello, Asana o Monday
per assegnare compiti, tenere traccia dei progressi e coordinare le
attività delle cellule aziendali. Questi strumenti consentono di creare
elenchi di attività, definire scadenze e tenere tutti i membri aggiornati
sulle attività in corso.
·
Condivisione e collaborazione sui documenti: Utilizzare strumenti di
condivisione e collaborazione sui documenti come Google Drive o Microsoft
Office 365 per consentire ai membri delle cellule aziendali di lavorare
insieme su documenti, fogli di calcolo e presentazioni in modo simultaneo e
sincronizzato. Ciò favorirà un lavoro di squadra più efficiente e garantirà
che tutti abbiano accesso alle ultime versioni dei documenti.
·
Social media e marketing online: Utilizzare strumenti di gestione
dei social media come Hootsuite o Buffer per
pianificare e gestire le attività di marketing sui social media. Questi
strumenti consentono di programmare post, monitorare l'engagement e
analizzare i risultati delle campagne sui social media.
·
Ricerca e analisi politica: Utilizzare strumenti di ricerca online
per monitorare notizie, analizzare dati e raccogliere informazioni
politiche rilevanti. Motori di ricerca avanzati, aggregatori di notizie e
strumenti di analisi dei dati possono essere utili per ottenere
informazioni approfondite sulle questioni politiche e per supportare la
formulazione di politiche e strategie.
·
Raccolta fondi online: Utilizzare piattaforme di crowdfunding
o software di raccolta fondi online per semplificare il processo di raccolta
fondi per il partito politico. Questi strumenti consentono di creare pagine
di donazione personalizzate, inviare e-mail di richiesta di donazioni e
tenere traccia dei contributi.
·
E’ importante fornire formazione e supporto tecnico ai membri delle
cellule aziendali per garantire che siano in grado di utilizzare
efficacemente questi strumenti informatici. Occorre assicurarsi di
proteggere le informazioni sensibili e rispettare la normativa sulla
privacy nel trattamento dei dati dei membri e degli elettori del partito
politico.
Organizzare
un circolo culturale per un partito politico può essere un'ottima
opportunità per coinvolgere i membri e la comunità locale, promuovere
dibattiti e discussioni su temi importanti e creare un ambiente stimolante
per lo scambio di idee.
·
Scopo e obiettivi: Definire chiaramente lo scopo e gli obiettivi del
circolo culturale. Ad esempio, si può promuovere la cultura, l'arte,
la letteratura, la filosofia o discutere di temi sociali e politici. Questo
aiuterà a stabilire il focus del circolo e ad attirare le persone
interessate.
·
Identifica una leadership: Designare una persona o un gruppo di
persone responsabile dell'organizzazione e della gestione del circolo
culturale. Queste persone dovrebbero essere motivate, impegnate e disposte
a dedicare del tempo per coordinare le attività del circolo.
·
Ricerca e coinvolgimento dei membri: Identificare i membri del
partito politico che potrebbero essere interessati a partecipare al circolo
culturale. Inviare loro comunicazioni personalizzate per spiegare
l'iniziativa, i suoi obiettivi e l'importanza di un coinvolgimento attivo.
Inoltre, si può pubblicizzare l'apertura del circolo attraverso i canali di
comunicazione del partito politico, come newsletter, social media e
incontri locali.
·
Struttura organizzativa: Creare una struttura organizzativa chiara
per il circolo culturale, che può includere un presidente, un segretario,
un tesoriere e altri ruoli a seconda delle necessità. Definire i compiti e
le responsabilità di ciascun ruolo per garantire un funzionamento efficace
del circolo.
·
Pianificare incontri e attività: Stabilire una cadenza regolare per
gli incontri del circolo culturale. Si possono organizzare dibattiti,
conferenze, presentazioni di libri, mostre d'arte, proiezioni
cinematografiche, visite culturali e altre attività che siano in linea con
gli obiettivi del circolo. Invitare esperti, accademici o rappresentanti di
altre organizzazioni a partecipare come relatori o moderatori.
·
Promozione e comunicazione: Utilizzare i canali di comunicazione del
partito politico, come il sito web, i social media e la newsletter, per
promuovere le attività del circolo culturale. Creare un calendario degli
eventi e diffondere le informazioni attraverso i canali appropriati.
Inoltre, sfruttare la rete personale dei membri del circolo per invitare
amici, familiari e colleghi a partecipare.
·
Coinvolgimento della comunità: Cercare di coinvolgere la comunità
locale organizzando eventi aperti al pubblico. Questo può aiutare a creare
connessioni più ampie e a mostrare l'impegno del circolo verso la
promozione della cultura e del dibattito aperto.
·
Valutazione e adattamento: Periodicamente, rivedere le attività
·
Creazione di un sito web: Creare un sito web dedicato al circolo
culturale, dove poter condividere informazioni sulle attività, gli eventi,
i membri del circolo e i risultati raggiunti. Assicurarti che il sito sia
facilmente navigabile e che includa un modulo di contatto per coloro che
desiderano unirsi o ricevere ulteriori informazioni.
·
Utilizzo di una piattaforma di gestione dei membri: Utilizzare una
piattaforma di gestione dei membri che consenta di tenere traccia delle
informazioni personali, delle preferenze e delle attività dei membri del
circolo. Ciò faciliterà l'organizzazione degli eventi e la comunicazione
mirata con i partecipanti.
·
Piattaforme di comunicazione: Utilizzare strumenti come gruppi Facebook, Slack o Discord per creare un canale di comunicazione interno
tra i membri del circolo culturale. Queste piattaforme consentono di
condividere idee, organizzare discussioni online, proporre nuovi argomenti
e fornire aggiornamenti in tempo reale.
·
Videoconferenze e webinar: Organizzare
incontri virtuali utilizzando piattaforme come Zoom, Google Meet o Microsoft Teams. Queste piattaforme consentono
di tenere dibattiti, conferenze e presentazioni online, coinvolgendo i
membri del circolo culturale da diverse posizioni geografiche.
·
Strumenti di sondaggio e voto online: Utilizzare strumenti come
Google Forms o SurveyMonkey per raccogliere
feedback, opinioni, suggerimenti o votazioni dai membri del circolo. Questi
strumenti semplificano la raccolta e l'analisi dei dati in modo rapido ed
efficiente.
·
Social media: Utilizzare i social media per promuovere le attività
del circolo culturale, condividere aggiornamenti, foto e video degli eventi
passati e futuri. Assicurarsi di creare e gestire pagine o account
specifici per il circolo culturale su piattaforme come Facebook,
Twitter, Instagram o LinkedIn.
·
Newsletter e-mail: Creare una newsletter periodica da inviare via e-mail
ai membri del circolo. Includere notizie, informazioni sugli eventi
imminenti, approfondimenti culturali, inviti speciali e risorse utili.
Utilizzare strumenti di email marketing come Mailchimp
o SendinBlue per gestire le liste di contatti e
creare newsletter professionali.
· Archiviazione
online dei documenti: Utilizzare servizi di archiviazione cloud come Google Drive o Dropbox
per condividere e archiviare documenti importanti, come programmi degli
eventi, presentazioni, relazioni o materiali di studio. Ciò faciliterà
l'accesso ai documenti da parte dei membri del circolo e ne faciliterà la
condivisione.
|
Riflessione
n° 79 (8-6-2023)
Migrazioni. Le basi per
affrontare (seriamente!) il problema.
Che cosa deve fare la UE.
Non esiste
una soluzione unica e definita per risolvere completamente il problema
delle migrazioni. Tuttavia, adottando un approccio complessivo che affronti
le cause profonde, promuova la cooperazione internazionale, l'integrazione
e lo sviluppo sostenibile, si può sperare di mitigare e cambiar di segno
agli effetti negativi delle migrazioni per creare un ambiente più
stabile e inclusivo per tutti.
1)
Cooperazione internazionale: I problemi delle migrazioni richiedono una
risposta globale e una cooperazione internazionale. Gli stati dovrebbero
lavorare insieme per condividere informazioni, scambiare migliori pratiche,
coordinare le politiche di accoglienza e fornire assistenza umanitaria ai
rifugiati. Soprattutto abbandonare atteggiamenti paternalistici
post-coloniali.
2) Affrontare
le cause profonde: È fondamentale affrontare le cause profonde delle
migrazioni, come la povertà, i conflitti armati, la mancanza di opportunità
economiche, l'instabilità politica, la corruzione nei paesi d'origine. Ciò
richiede buona volontà e buonsenso internazionali, investimenti in
programmi di sviluppo sostenibile, promozione della pace, buona governance e accesso all'istruzione e ai servizi
sanitari nei paesi di origine.
3) Mediazione
dei conflitti: La risoluzione pacifica (anche forzosa) dei conflitti può
prevenire la migrazione obbligata. Gli sforzi diplomatici e la mediazione
dovrebbero essere incoraggiati per affrontare i conflitti interni ed esterni
che spingono le persone a lasciare le loro case.
4)
Cooperazione con i paesi d'origine: I paesi di destinazione dovrebbero
collaborare con i paesi d'origine per promuovere lo sviluppo economico, la governance efficace e la stabilità politica. Ciò potrebbe
includere la cooperazione in ambito commerciale, la condivisione di
conoscenze e risorse, e il sostegno alla capacità istituzionale.
5) Sviluppo
regionale: Promuovere lo sviluppo regionale può contribuire a ridurre la
pressione migratoria. Investimenti in infrastrutture, industrie e programmi
di cooperazione economica possono creare opportunità all'interno delle
regioni e ridurre la necessità di migrazione.
L’Italia
potrebbe seriamente operare nel Corno d’Africa (Somalia, Etiopia, Eritrea,
Gibuti) e nei paesi della sponda africana del Mediterraneo (Libia, Tunisia,
Algeria, Egitto)
6) Migrazione
sicura e legale: Promuovere canali di migrazione sicuri e legali può
contribuire a ridurre le migrazioni irregolari e pericolose. Occorre che i
paesi avanzati tornino a fornire visti di ingresso tramite Ambasciate e
Consolati. I quali dovrebbero fare opera di informazione circa le richieste
numeriche e qualitative del paese che rappresentano. Questo potrebbe
includere programmi di riunificazione familiare, visti di lavoro
temporanei, corridoi umanitari nei due sensi (da e verso i paesi di
origine) per i lavoratori stagionali e programmi di reinsediamento.
7)
Integrazione e inclusione: Gli sforzi dovrebbero essere fatti per
promuovere l'integrazione e l'inclusione dei migranti nelle comunità di
accoglienza. Ciò implica garantire l'accesso all'istruzione, all'assistenza
sanitaria, all'occupazione e all'alloggio adeguato. La diversità dovrebbe
essere considerata come una risorsa. Soluzioni di questo tipo faranno abbandonare
atteggiamenti discriminatori o xenofobi causati, nella popolazione che
accoglie, dal senso di abbandono del problema da parte dei governi del loro
paese. Finora, almeno in Italia, i vari governi hanno lasciato tutte le
negatività del fenomeno a carico dei cittadini: le conseguenze di spaccio,
macro e microcriminalità, caporalato, prostituzione, occupazione di
immobili sono lasciate nell’abbandono da parte delle istituzioni e devono
essere sopportate dai cittadini.
8) Educazione
e consapevolezza: L'educazione e la sensibilizzazione sulle questioni
legate alla migrazione possono contribuire a combattere l'intolleranza, i
pregiudizi e le false informazioni. La promozione della tolleranza, dei
diritti umani e del rispetto reciproco può favorire una migliore
accoglienza dei migranti, purché rispettosi dei valori, delle leggi e delle
prassi civiche dei residenti.
Oggi, agli
occhi dei cittadini, i governi non sembrano interessati a risolvere
problemi post sbarchi. Da qui, atteggiamenti xenofobi sempre più
consolidati nella popolazione. Si vedano i recenti atteggiamenti di Olanda
e Danimarca, per tacer del Regno Unito e della Francia e , in genere, dei
paesi ex sovietici, dove sarebbe dovuto nascere l’uomo nuovo ad opera del
comunismo. Ricordo che l’ungherese Orban è stato
responsabile della gioventù comunista nell’Ungheria sovietica.
Che cosa
deve fare la UE
Integrando i punti precedenti, la UE deve (puo?) promuovere:
1) Investimenti nel paesi
di origine: L'UE può sostenere i paesi di origine attraverso programmi di
sviluppo economico e sociale. Investimenti mirati possono contribuire a
creare opportunità economiche, migliorare l'istruzione e l'accesso ai
servizi sanitari, riducendo così la motivazione delle persone a migrare.
2) Gestione dei flussi migratori: L'UE
dovrebbe sviluppare politiche comuni per la gestione dei flussi migratori
tramite un sistema di asilo armonico che garantisca l'equa distribuzione
delle richieste di asilo tra gli Stati membri. Tali politiche dovrebbero
definire l'assegnazione di quote di rifugiati tra gli Stati membri,
consentendo un equo carico tra i paesi europei.
3) Investimenti nella sicurezza delle
frontiere: L'UE deve rafforzare la sicurezza delle sue frontiere esterne,
sia terrestri che marittime. Ciò per contribuire a ridurre i flussi
migratori irregolari e il traffico di esseri umani.
4) Lotta alle
reti criminali. Una maggiore cooperazione tra le forze di polizia e le
autorità di frontiera europee può aiutare a prevenire l'immigrazione
illegale e il traffico di esseri umani. Occorre intensificare gli sforzi
per combattere le reti criminali coinvolte anche nel contrabbando di
migranti, “usati” anche come portatori di organi di ricambio da
trapiantare. Questo richiede una maggiore cooperazione tra le forze
dell'ordine dell’Unione, il potenziamento delle attività investigative e la
punizione dei responsabili.
Soprattutto richiede la condivisione di
obiettivi comuni.
Nel
frattempo: https://www.mauronovelli.it/RIFLESSIONI.htm#_Riflessione_n_71
|
Riflessione
n°78 (7-6-2023)
Elementi di analisi
marxiana recuperati ahumm….ahumm….
(segue dalla riflessione
n° 77)
Vari economisti
continuano a "recuperare" Marx sotto il velo di una critica alle
sue elaborazioni. Samuel Bawles, professore di
ricerca e direttore del programma di scienze comportamentali presso
il Santa Fe Institute. comincia con una
serie di negatività a carico del filosofo tedesco ma ipotizza la
possibilità che le analisi marxiane possano approfondire e migliorare i
rapporti tra capitale e lavoro, tanto da permettere al moderno capitalismo
di trarne giovamento.
Queste
posizioni di non pochi teorici dell'economia mi fanno venire in mente
l’astuta prefazione che Osiander (pastore
luterano) stilò per il libro sull'eliocentrismo di Copernico il
quale, ormai sul letto di morte, non ebbe mai il coraggio di pubblicare.
Per evitare gli strali delle gerarchie cattoliche, la prefazione di Osiander avvertiva che le teorie copernicane non
volevano rappresentare la realtà dei moti celesti, ma costituivano
semplicemente un modello, una scorciatoia per effettuare calcoli
astronomici con maggiore facilità e precisione rispetto a quelli, molto più
complicati, imposti dal geocentrismo tolemaico che nessuno metteva in
discussione.
Così Bowles: prima dimostra la validità e l'attualità delle
analisi marxiane, poi conclude, non sulla vigenza delle contraddizioni del
capitalismo e sul dispotismo nei rapporti industriali capitalistici,
ma sul contributo che il modello marxiano può dare allo studio del problema
e quindi al miglioramento del capitalismo nella fase attuale.
_______________________________
https://promarket.org (traduzione
con l'aiuto di Google. Mie annotazioni in corsivo/grassetto.)
Marx e la moderna
microeconomia
Pubblicato il 5 maggio 2018 da Samuel Bowles
[Note in corsivo/grassetto di MN]
Pochi economisti dubitano che Marx abbia bocciato l'economia, un
giudizio basato principalmente sulla sua teoria del valore del lavoro. Ma
questo articolo sostiene che la rappresentazione di Marx dei rapporti di
potere tra capitale e lavoro nell'impresa è un'intuizione essenziale per
comprendere e migliorare il capitalismo moderno. In effetti, questa
intuizione è incorporata nei modelli standard di “agente-attore principale”
dei mercati del lavoro e del credito.
[La relazione agente-attore principale (o Modello
d'agenzia) è definita come "un contratto in base al quale una
delle due parti (l’agente) delega una quota del proprio potere all’altro.
In particolare, una o più persone (attore principale) obbliga un'altra
persona (agente) ad una particolare attività. Nota di M.N.).
Nota: il post sottostante è stato pubblicato per la
prima volta su VoxEU.org.
Gli economisti, guardando indietro, non hanno trovato molto da
ammirare in Karl Marx, l'economista, il bicentenario della cui nascita
commemoriamo il mese prossimo. John Maynard
Keynes considerava il Capitale come "un libro di testo economico
obsoleto, non solo scientificamente errato ma senza interesse per il mondo
moderno e ad esso inapplicabile" (Keynes 1925). Ugualmente duro il
giudizio di Paul Samuelson: "Dal punto
di vista della teoria economica pura, Karl Marx può essere considerato un
post-ricardiano minore" (Samuelson 1962).
Giudizio duro specialmente perché Samuelson
riteneva che Ricardo fosse "il più sopravvalutato degli
economisti".
Queste valutazioni si basano in gran parte sulla nostra
concezione corrente - e corretta a mio avviso – della teoria del valore del
lavoro di Marx come un tentativo pionieristico, ma incoerente e superato,
di un modello di equilibrio generale del prezzo e della distribuzione. Ma
c'è un altro aspetto del suo lavoro che è stato fortemente rivendicato dai
progressi teorici degli ultimi decenni: l'idea che l'esercizio del potere è
un aspetto essenziale del funzionamento dell'economia capitalista, anche se
impostato su uno stato idealizzato, perfettamente competitivo.
Dominio nella società liberale
Marx ha usato la teoria del valore del lavoro per dimostrare
che lo sfruttamento dei lavoratori è una condizione necessaria per i
profitti (Yoshihara 2017). [Marx sostiene
(teoria del plusvalore) che il profitto è funzione dello sfruttamento del
lavoro (capitale variabile) e non degli investimenti (capitale fisso).
Infatti, Il lavoro che il capitalista acquista sul mercato è una
merce particolare che crea un valore maggiore di quello che serve per
remunerarla. Il lavoro, dunque, è la sola merce che crea plusvalore. Nota
di MN]. II termine "sfruttamento" è giustificato
dall'affermazione che il profitto deriva da un sistema di dominio in cui i
ricchi, in quanto proprietari di beni capitali, dirigono le attività e
limitano le scelte dei dipendenti (Vrousalis
2013). La agisce per conto di una classe capitalista, o
attraverso l'esercizio del potere di mercato reso possibile dalla limitata
concorrenza nei mercati delle merci.
Ma Marx scelse di rispondere ad una domanda più stimolante:
come potrebbe realizzarsi il dominio sul lavoro da parte del capitale in
un'economia privata, perfettamente competitiva, governata da uno stato
liberale? La sua risposta si basava su quella che sembra una
rappresentazione del contratto agente-attore principale sorprendentemente
moderna del rapporto datore di lavoro-dipendente, derivante da un conflitto
di interessi per la quantità di lavoro svolto che potrebbe essere risolta
con un rapporto contrattualizzato.
Marx ha sottolineato che, sul mercato del lavoro, il
capitalista acquista il tempo del lavoratore non il lavoro del lavoratore.
La fornitura di lavoro materiale [sforzo] da parte del dipendente al
processo di produzione non è assicurata da un contratto ma è piuttosto una
"estrapolazione" che "solo impropriamente potrebbe ...
essere considerata come un qualsiasi tipo di scambio" (Marx 1939).
Per sottolineare l'aspetto distintivo del mercato del lavoro, Marx
(1867) ha sottolineato che:
"La crescita dei salari può ... non essere accompagnata da
alcun cambiamento nel costo del lavoro [nel significato di sforzo], o
possono anche essere accompagnati da una caduta di quest'ultimo".
L'importante conseguenza per il lavoratore, è che il livello alto o
basso del suo salario", era funzione di "dominazione e
sfruttamento", "forma di dispotismo più odioso per la sua
meschinità" (ibid).
L'ultimo passo nella spiegazione di Marx del predominio del
capitale in un'economia capitalista liberale è la considerazione che il
processo di accumulazione e innovazione tecnica [capitale fisso
=strumenti di produzione, investimenti. Nota di MN] sostiene un
"esercito di riserva" permanente (ibid),
costituito da disoccupati, e fornisce la base che impone obbedienza a
carico del lavoratore nei rapporti industriali. [Una delle contraddizioni
del capitalismo individuate da Marx è costituita dalla necessità del
padrone di avere massima libertà d’azione in ambito sociale (stato
liberale) mentre in fabbrica ha bisogno della massima subordinazione da
parte del lavoratore. Perfetta anarchia in società. Rigida gerarchia in
azienda. Insomma, il profitto (plusvalore) è generato dal lavoro;
l’esercito di riserva è generato dagli investimenti (innovazioni
tecnologiche ecc.) e permette di avere un’offerta di lavoro a basso costo
perché sovrabbondante rispetto alla domanda dei capitalisti. Nota di MN].
La proprietà privata dei mezzi di produzione conferisce il diritto di
escludere altri dall'uso dei beni dell'impresa, e quindi i proprietari
delle imprese hanno una potente minacciosa arma per indurre i lavoratori a
fornire quel lavoro che non può essere garantito da un contratto: lavorare
sodo, o aderire all' "esercito di riserva".
La politica della produzione.
Marx non ha spiegato perché il contratto di lavoro fosse
incompleto. Assunse che questa era un'osservazione empirica
incontrovertibile e la usava come punto di partenza per la sua teoria
economica. In questo, assomiglia a Charles Darwin che ha avanzato una
potente teoria della selezione naturale senza una comprensione del
meccanismo utilizzato per realizzarsi. L'eredità genetica sarebbe in
seguito spiegata da Gregor Mendel.
Proprio come Mendel sostenne Darwin, una comprensione più
completa del contratto di lavoro incompleto si sviluppò nel ventesimo
secolo, ma non rovesciò le conclusioni di Marx. Come Marx, Ronald Coase (1937) ha sottolineato il ruolo centrale
dell'autorità nelle relazioni contrattuali dell'azienda:
"Nel contratto entra un fattore che è impiegato
all'interno di un'impresa ... Tale fattore ... è costituito dall’accettazione
di obbedire alle indicazioni dell'imprenditore per avere in cambio una
certa remunerazione ".
In effetti, Coase ha definito l'azienda con la sua struttura
politica:
"Se un operaio si sposta dal reparto Y al reparto X, non è
a causa di un cambiamento dei costi ma perché gli viene ordinato di farlo
... il segno distintivo dell'azienda è la possibilità di non prendere in
considerazione l’andamento dei costi." (Ibid)
Herbert Simon ha fornito il primo modello Coasiano
dell'azienda (Simon 1951). Ha rappresentato il rapporto di lavoro come uno
scambio in cui i dipendenti trasferiscono i diritti di controllo sulle loro
mansioni lavorative al datore di lavoro, in cambio di un salario. Simon ha
sottolineato il vantaggio per il datore di lavoro di questo accordo, perché
c'era un'incertezza inevitabile sui compiti che sarebbero stati necessari
nel corso del contratto. Pertanto, concordare una specifica contrattuale
completa delle attività da eseguire avrebbe comportato un costo troppo
elevato. Simon non sapeva che stava modellando esattamente il contratto di
lavoro incompleto, fulcro della teoria economica di Marx.
Coase o Simon non hanno spiegato direttamente perché i diritti
di controllo conferiscono potere. Come una questione empirica, l'azienda
sembra essere un'istituzione politica nel senso che alcuni membri della
società di fatto impartiscono comandi con l'aspettativa di essere obbediti,
mentre altri sono costretti a seguire questi comandi. Se diciamo che il
manager ha il diritto di decidere cosa farà il lavoratore, questo significa
solo che il manager ha l'autorità legittima, non il potere di garantire la
conformità di comportamento del lavoratore. Dato che, in una società
liberale, il manager è limitato nei tipi di punizione che possono essere
inflitti, e dato che il dipendente è libero di andarsene, è un enigma che
gli ordini siano in genere rispettati.
Notando questo, Armen Alchian e Harold Demsetz
hanno sfidato l'idea Coasiana che l'azienda è una
mini "economia di comando", suggerendo che il contratto di lavoro
non è diverso a questo riguardo dagli altri contratti:
"L'azienda ... non ha potere di iniziativa, nessuna
autorità, nessuna azione disciplinare diversa dal minimo comune contratto
di mercato tra due persone ... Dov'è allora la diversità nel rapporto tra
un droghiere e il suo dipendente diverso da quello tra un droghiere e il
suo cliente? "(Alchian e Demsetz
1972)
Oliver Hart (1989) ha risposto:
“Il motivo per cui un dipendente è probabilmente più reattivo a
quanto il suo datore di lavoro desidera rispetto al cliente di un droghiere
è che il datore di lavoro ... può privare il dipendente dei beni con cui
lavora e assumere un altro dipendente per lavorare con questi beni, mentre
il cliente può solo privare il droghiere del suo essere cliente e fintanto
che il cliente è piccolo, presumibilmente non è molto difficile per il
droghiere trovare un altro cliente. "
L'esercizio del potere
Questa spiegazione richiede una dimostrazione del fatto che il
potere, in un certo senso ben definito, può essere esercitato dai datori di
lavoro sui dipendenti nell'equilibrio di un'economia competitiva. È
tuttavia sconcertante che il potere sia esercitato in un'economia
competitiva [ma questa è caratteristica economica in uno stato
liberale “ideale”, di scuola, dove vige la perfetta concorrenza, dove sono
banditi monopoli ed oligopoli. Nota di MN] in cui ogni attore si
impegna volontariamente in scambi, dai quali ognuno è ugualmente libero di
andarsene.
La seguente condizione sufficiente per l'esercizio del potere
coglie le caratteristiche centrali della rappresentazione di Marx (1867)
del "dispotismo" del posto di lavoro:
Affinché B abbia potere su A, è sufficiente che, imponendo o
minacciando di imporre sanzioni su A, B sia in grado di influenzare le
azioni di A in modo che gli interessi di B siano soddisfatti, mentre A
manchi di questa capacità rispetto a B. (Bowles
and Gintis 1992)
La definizione chiarisce la differenza tra il datore di lavoro e il
droghiere nella risposta di Hart ad Alchian e Demsetz. Le
sanzioni imposte al dipendente attraverso l’impedimento dell'accesso al
capitale aziendale (mezzi di produzione) sono severe (di primaria
importanza), mentre quelle imposte al droghiere dal cliente che non compra
sono trascurabili o pari a zero (di importanza secondaria). Il consumatore
scontento che esce dalla porta non impone una sanzione al droghiere perché
il droghiere (in equilibrio competitivo) massimizza i profitti selezionando
un livello di vendite (e dei prezzi di vendita, nota di MN)
che eguaglia il costo marginale al prezzo esogeno dato. Una piccola
variazione nelle vendite ha solo un effetto di secondo ordine sui profitti.
Ma questo non è applicabile al rapporto di lavoro datore-dipendente. Questo
perché la disoccupazione involontaria è una caratteristica dell'equilibrio
concorrenziale di un mercato in cui il lavoro materiale non è coperto da un
contratto esecutivo (Bowles 1985, Gintis e Ishikawa 1987, Shapiro e Stiglitz 1985). La
minaccia del datore di lavoro di porre fine al rapporto col lavoratore,
imporrebbe quindi un costo di primo ordine al lavoratore. Questa è la base
dell'esercizio del potere da parte dei datori di lavoro.
La natura incompleta del contratto di lavoro è quindi
essenziale per mostrare sia il motivo per cui il potere del datore di
lavoro sul lavoratore è essenziale per il profitto, sia il modo in cui può
essere sostenuto dal ruolo della disoccupazione di equilibrio. Marx capì il
primo assunto ma non il secondo, fornendo invece un resoconto dinamico (e
non del tutto convincente) di come l'esercito di riserva sarebbe stato
sostenuto nel lungo periodo.
Microeconomista o
precursore di Microeconomia moderna?
Marx è stato un pioniere nello studio del sistema di relazioni
agente-attore principale, anche se ovviamente non usava questo termine. I modelli
di agente-attore principale costituiscono ora il fondamento microeconomico
per lo studio delle relazioni tra classi (sebbene gli economisti non
utilizzino tale termine) nelle economie capitalistiche e di altro tipo, ad
esempio nei trattamenti standard degli scambi tra datore di lavoro e
dipendente o tra prestatore e mutuatario. Questi modelli sono essenziali
per l'analisi attuale dei problemi economici di tutti i giorni, come i
modelli ciclici in materia di determinazione salariale e di produttività e
i vincoli di quantità che i mutuatari devono affrontare nei mercati del
credito. Entrambi questi problemi hanno una notevole importanza
microeconomica, ma sono anche importanti basi della macroeconomia.
Marx era un precursore visionario della microeconomia moderna, e la
microeconomia moderna gli ha ripagato il favore chiarendo i limiti di
alcune delle sue idee più importanti. Tra questi, la teoria del valore del
lavoro come rappresentazione di un sistema generale di scambio (Morishima 1973, 1974), e la sua "teoria della
tendenza alla caduta del tasso di profitto" (Bowles
1981, Okishio 1961). Come ha fatto notare Michio Morishima (1974), Marx
non ha risolto gli eccezionali problemi teorici dei suoi giorni, ma
piuttosto i problemi previsti che in seguito sarebbero stati affrontati
matematicamente.
La moderna economia pubblica, la concezione dei meccanismi e la
teoria delle decisioni pubbliche hanno anche messo in discussione la
nozione - comune tra molti marxisti degli ultimi giorni, sebbene non
suggerita da Marx stesso - che la governance
economica senza proprietà privata e mercati potrebbe costituire un sistema
vitale di governance economica.
Problemi politici ed economici
Nel 1972, Abba Lerner identificò astutamente uno dei limiti del
paradigma neoclassico. Un contratto trasforma "un problema politico in
un problema economico. Una transazione economica è un problema politico
risolto ... L'economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze
sociali scegliendo i problemi politici risolti come suo dominio.
"(Lerner 1972)
Se questa è una caratteristica o un bug dipende dal tuo punto
di vista. Il dominio della economia-regina non è sembrato troppo angusto
perché lo stesso paradigma ha fornito una ragione per pensare che
"problemi politici" irrisolti, come la natura incompleta del
contratto di lavoro o l'esercizio del potere da parte dei datori di lavoro
sui lavoratori, fossero illusioni. Joseph Schumpeter
ha sottolineato questo punto: "Ciò che distingue il lavoro dirigente
da quello diretto sembra a prima vista fondamentale", ha scritto. Ma,
sosteneva, in realtà che la differenza "non costituisce una
distinzione economica essenziale ... la condotta del primo è soggetta alle stesse
regole di quella del secondo ... e stabilire questa regolarità ... è un
compito fondamentale della teoria economica". (Schumpeter
1934)
Perché, ci si chiede, Schumpeter
considererebbe questo punto di così eccezionale importanza? La risposta è
che se il dispotismo sul posto di lavoro, esplicitato da Marx, fosse
accertato, allora l'argomento liberale contro la democrazia economica (“in
economia non c'è niente da democratizzare”) è falso.
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Nota dell'editore: Questo articolo è basato su un'opera
più grande dello stess | |