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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il:
6-12-2013 |
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DOCUMENTI CORRELATI |
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Il PuntO n° 281 Spese delle Regioni e costi della
casta regionale. Rivediamo queste, prima di pensare
alle province! Di Mauro Novelli – 6 dicembre 2013
Il Siope,
Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici, costituito presso
il MEF/Ragioneria Generale dello Stato, tra le altre informazioni fornisce i
dati di spesa corrente e spesa in conto capitale per regioni, province e
comuni. Per l’anno 2012, Siope riporta i seguenti livelli di spesa: TAB. 1- Spese enti locali
anno 2012 (in miliardi di euro) In parentesi la
percentuale sul Totale della spesa Fonte SIOPE. Nostra
elaborazione
Da
rilevare l’alta incidenza delle spese correnti delle Regioni (89%) sul totale
della spesa complessiva regionale, rispetto alle spese correnti delle
province (79%) e dei Comuni (78,5%).
Complessivamente,
gli enti locali impegnano per spese correnti
l’85,7 per cento della spesa totale, mentre destinano agli
investimenti solo il 14,3 per cento.
Dei
240,265 miliardi di spesa complessiva degli enti locali, oltre 163 miliardi
(il 68%) sono imputabili alle Regioni; poco più di 10 miliardi (il 4,2%) alle
Province; 66,7 miliardi (il 27,8%) ai Comuni.
In
altri termini, ogni italiano contribuisce al funzionamento di Regioni,
Province e Comuni con 4.031,3 euro l’anno: 2.742 per le Regioni; 169,7 per le
Province; 1.119,7 per i Comuni.
E’
quindi evidente come la spending review e la revisione della struttura costituzionale
degli enti locali farebbero bene ad occuparsi delle Regioni prima ancora che
delle Province.
Regioni. La situazione economica dal 2001 al 2012 Il
Rapporto Svimez 2013 sull’economia del Mezzogiorno
fornisce la situazione relativa alla ricchezza prodotta dalle regioni
italiane dal 2001 al 2012, fornendo anche i valori cumulati.
Nel
2011 la migliore performance del PIL è appannaggio di Piemonte e Valle
d’Aosta con un + 1,2% a fronte di un dato nazionale di +0,4 %. Il PIL del
Molise è stato il peggiore con -2,2%.
Nel
2012 riscontriamo un andamento negativo del PIL di tutte le regioni. A fronte
di un dato nazionale di – 2,4%, hanno
ceduto solo l’1,7 % il Lazio e la Lombardia, mentre è sceso fortemente il PIL
della Sicilia (- 4,3%).
Per il
periodo pre crisi 2001-2007, spicca il dato del
Lazio con una crescita media annua di +2,1 % ed un valore cumulato di + 15,3%
nei 7 anni; sebbene in crescita, la Basilicata migliora solo dello 0,5 % in media e del + 3,4 cumulato.
Gli
anni della crisi, 2008-2012, a fronte
di un dato nazionale medio di – 1,4%
e cumulato di - 6,9%, regge meglio il PIL della Lombardia
con una media nel quinquennio di -0,5
e cumulato di -2,6%. Crolla invece l’economia del Molise con una media
annua di -3% e cumulata di -14%.
Complessivamente,
nei 12 anni considerati (2001-2012), l’Italia ha avuto una crescita media del
PIL di +0,1% e cumulata di +1,6%. I dati migliori sono
quelli del Lazio con un dato medio di + 0,6% e cumulato di + 7,9%. La performance peggiore è del PIL della
Basilicata con un dato medio di - 0,8%
e cumulato di - 8,8%.
Nei 12
anni, la macroregione con i dati migliori è il Centro con una crescita media
annua di +0,4% ed cumulata di +5,2%.
Ecco
la tabella di Svimez.
Regioni. I costi della politica. In una
recente ricerca (22 novembre 2013) sui bilanci regionali del 2012, Roberto
Perotti (lavoce.info: Nelle Regioni la politica
costa 1 miliardo), riporta dati quantitativi e finanziari
disaggregati per le Regioni:
Tab. 2- Spesa delle Regioni. Spese per
Consiglieri in servizio e cessati, spesa per il personale, contributi ai
gruppi. Fonte R. Perotti su
lavoce.info (*) In migliaia di
euro. (In rosso il dato massimo per colonna)
(*) Riportiamo la tabella con i dati ricavati da R. Perotti,
anche se alcuni “totali” risultano discrepanti con i totali effettivi da me
ricavati (ultima riga marcata in giallo). Circa
gli emolumenti dei Consiglieri, è la Regione Calabria la più generosa, con
281mila euro contro una media nazionale di 204mila. La Calabria è però
sopravanzata dalla Regione Sicilia per
la spesa complessiva per consigliere con 1,735 milioni, seguita proprio la
Calabria con 1,548 milioni di euro.
Dalla Tab. 2- ricaviamo il dato sia della
spesa totale per i Consiglieri in servizio, pari a 228,608 milioni, che
quella per pensioni e vitalizi dei Consiglieri cessati dal servizio, pari a
172,572 milioni.
Di
rilevanza il dato Siciliano per la spesa complessiva per i Consiglieri in
servizio (20,628 milioni) e quella per i Consiglieri cessati (20,200
milioni).
Si
consideri inoltre che, nel 2012, le regioni hanno erogato ai gruppi
consiliari contributi pari a 85.635 euro per ogni consigliere, 28 mila euro
ciascuno in più, mediamente, rispetto a quanto versato dal Senato e dalla
Camera ai gruppi parlamentari: 57.539 euro procapite.
In
ultima analisi, il “funzionamento della politica” regionale (escluse quindi
le spese dell’Amministrazione), costa 995,911 milioni: ogni italiano
contribuisce con 16,7 euro l’anno.
Circa
gli emolumenti di Presidenti dei Consigli, Governatori e Consiglieri,
riportiamo (TAB. 3-) i dati
aggiornati a febbraio 2012 forniti da Pierfrancesco De Robertis
nel suo bel libro “La casta invisibile delle Regioni”, Rubbettino
Editore:
TAB. 3- STIPENDIO
DEI GOVERNATORI, DEI PRESIDENTI DEI CONSIGLI
REGIONALI E DEI CONSIGLIERI REGIONALI Fonte “La
casta invisibile delle Regioni” di P. De Robertis. In euro. Dati 2/2012 (In rosso
il dato massimo per colonna)
La
rilevazione evidenzia l’altissima retribuzione sia per Presidente e Governatore che per
“Deputato” della Sicilia, rispettivamente pari a 10.293 e 5.390 euro, contro il
basso livello degli emolumenti riconosciuti dalla Regione Umbria (3.718 euro)
a Governatori e Presidenti e quello dell’Abruzzo (2.646 euro) riconosciuto ai
Consiglieri.
Per
quanto riguarda il rimborso spese, 9 regioni definiscono un livello
minimo e massimo di importo. Per questa voce, spicca la Regione
Puglia che rimborsa Presidenti e Governatori con 7.774 min
/ 9.624 max; seguita dalla Lombardia che rimborsa
Presidenti e Governatori con 5.856
min. / 9.366 max. euro e i Consiglieri con 6.191 min. / 9.366 max.
Per
Presidenti e Governatori, in caso di rimborso spese massimo, il più alto
livello di remunerazione è assicurato dalla Regione Lombardia con 14.765
euro, mentre, in caso di rimborso minimo, il più basso livello di
remunerazione è riconosciuto dalla Regione Toscana con 7.367 euro.
Per i
Consiglieri regionali, in caso di rimborso spese massimo, il più alto livello
di remunerazione è assicurato dalla Regione Lombardia con 12.665 euro,
mentre, in caso di rimborso minimo, il più basso livello di remunerazione è
riconosciuto dalla Regione Piemonte con 5.174 euro.
Una
ricerca del Sole 24 Ore del settembre 2012 (TAB. 4-) fornisce, tra gli altri dati, una analisi comparativa
per regione circa il numero dei gruppi, il numero dei gruppi con un solo
iscritto, la spesa per abitante di studi e consulenze.
Al di
là del numero gruppi consiliari, è interessante la rilevazione dei gruppi
costituiti da un solo consigliere: su un totale di 221 gruppi, ben 73 hanno
un solo iscritto. In valore assoluto, spicca il dato del Molise dove i 30
consiglieri hanno dato luogo a 17 gruppi di cui ben 10 sono costituiti da un
solo iscritto. In Basilicata 9 dei 12 gruppi contano un solo consigliere; in
Umbria 6 su 10 gruppi, nelle Marche 9 su 15. Ecco la tabella:
TAB. 4- Regioni. Numero
gruppi consiliari, posizioni con indennità aggiuntive, costo consulenze
per abitante. Fonte il Sole 24 ORE (9-2012). (In rosso
il dato massimo per colonna)
(*) Sono conteggiate solo le posizioni che danno
diritto a indennità aggiuntive secondo le norme della Regione: Giunta, Uff. di
Presidenza, presidenze e vicepresidenze di commissione, capigruppo, Altra
nota dolente nella gestione delle regioni è costituita dalla spesa per studi
e consulenze, soluzione adottata dai partiti politici per far rientrare nella
legge prebende e finanziamenti altrimenti sanzionabili per la maggior parte.
Ancora una volta a farne le spese sono gli abitanti delle piccole entità: i
Trentini si caricano di 55 euro l’anno per mantenere i consulenti a cui si
rivolge l’amministrazione provinciale;
i Valdostani di 48,2 euro; gli abitanti della provincia di Bolzano di
31,1 euro.
Mediamente
ogni italiano paga 9,5 euro per studi e consulenze impostate dalle Regioni
per un totale nazionale di oltre 566 milioni di euro.
Quando non c’è la salute… In Italia la spesa
sanitaria è pubblica all’80 per cento e privata al 20. Per spesa sanitaria
«pubblica» si intende la spesa finanziata da tributi prelevati dagli enti
pubblici territoriali e contributi di assicurativi sociali). La TAB. 5-
(fonte CGIA di Mestre) fornisce la
situazione relativa al disavanzo (o all’avanzo) sanitario per regione cumulato dal 2007 al
2011.
Ecco i dati disaggregati per regione:
TAB. 5- Anni
2007-2011. Avanzo/disavanzo sanitario cumulato In rosso gli
enti in disavanzo. Fonte CGIA di Mestre
In 5 anni,
Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano hanno cumulato un disavanzo
complessivo pari a 14,717 miliardi, corrispondente a 49 euro per ciascun
cittadino italiano.
In 10
anni il disavanzo cumulato raggiunge i 34 miliardi.
Con oltre 6,5 miliardi il Lazio assomma circa il
45 per cento del disavanzo complessivo per i servizi sanitari erogati da
regioni e province autonome. Situazione che genera un carico di 233 euro per
ciascun abitante della regione.
Per inciso, per la Regione Lazio, il disavanzo globale
effettivo per il 2012, sottolineato dal procuratore regionale Angelo Raffaele
De Dominicis della Corte dei Conti, è di -13,265
miliardi di euro « in ulteriore peggioramento rispetto al dato 2011 (-11.650
milioni) ».
A dimostrazione degli eccellenti trattamenti
istituzionali della casta regionale, si ricorda che a maggio di quest’anno si
è proceduto a trasferire 1,919 mld
di fondi per sanare i deficit sanitari di alcune regioni:
- all'Abruzzo 118 milioni di euro,
|
|
Spesa sanitaria regionale
|
Valutazione
di qualità secondo l’indice ISQ |
|
|
Per
abitante (in
euro) |
Complessiva (miliardi di €) |
|
Prov. Bolzano |
2.256 |
1,145 |
Trentino
A.A. = 94 |
V.
d'Aosta |
2.222 |
0,285 |
86 |
Prov. Trento |
2.209 |
1,170 |
Trentino
A.A. = 94 |
Friuli
V.G. |
2.074 |
2,562 |
91 |
Molise |
2.057 |
0,658 |
61 |
Liguria |
2.044 |
3,304 |
78 |
Lazio |
1.969 |
11,280 |
56 |
Emilia
R. |
1.922 |
8,519 |
93 |
Sardegna |
1.911 |
3,202 |
57 |
Toscana |
1.896 |
7,111 |
97 |
Piemonte |
1.895 |
8,446 |
96 |
Lombardia |
1.867 |
18,514 |
91 |
Umbria |
1.835 |
1,663 |
100 |
Basilicata |
1.817 |
1,068 |
57 |
Veneto |
1.812 |
8,946 |
93 |
Marche |
1.787 |
2,797 |
97 |
Abruzzo |
1.757 |
2,358 |
62 |
Puglia |
1.731 |
7,084 |
51 |
Sicilia |
1.729 |
8,732 |
53 |
Campania |
1.710 |
9,977 |
53 |
Calabria |
1.704 |
3,427 |
43 |
_______________________
NOTA (1):
I Consigli
Regionali, per le regioni a statuto ordinario, sono composti da un minimo di
20 ad un massimo di 80 consiglieri, secondo quanto stabilito dai singoli
statuti regionali.
Il decreto
legge approvato dal Governo il 12 agosto 2011 prevede che il numero massimo
di consiglieri, escluso il presidente, dovrà essere uguale o inferiore a 20
per le Regioni con una popolazione fino a un milione di abitanti; uguale o
inferiore a 30 per le Regioni con una popolazione fino a due milioni di
abitanti; uguale o inferiore a 40 per le Regioni con una popolazione fino a
quattro milioni di abitanti; uguale o inferiore a 50 per le Regioni con popolazione
fino a sei milioni di abitanti; uguale o inferiore a 70 per le Regioni con
una popolazione fino ad otto milioni di abitanti; uguale o inferiore a 80 per
le Regioni con una popolazione superiore ad otto milioni di abitanti.[1] Ben
più generosi sono invece i parametri imposti alle regioni autonome, che
variano da un minimo di 35 consiglieri per la Valle d'Aosta, ossia uno ogni
4mila abitanti, ad un massimo di 90 per la Sicilia. In Basilicata con L'Art.
7, comma 10, Legge Regionale n. 35/2012, l'assise è stata ridotta a 20 membri
(escluso il Presidente della Giunta) dalla consiliatura
successiva all'approvazione del provvedimento.
A
regime, questo dovrebbe risultare il numero dei Consiglieri per regione:
Regione |
Abitanti
per |
Abitanti |
Numero di Consiglieri |
29 475 |
1 326 393 |
45 |
|
27
497 |
577
439 |
21 |
|
38 322 |
1 954 403 |
51 |
|
96 002 |
5 760 090 |
60 |
|
87 089 |
4 354 450 |
50 |
|
24 885 |
1 219 356 |
49 |
|
108 555 |
5 536 292 |
51 |
|
39 183 |
1 567 339 |
40 |
|
121 990 |
9 759 209 |
80 |
|
35 853 |
1 541 692 |
43 |
|
14 936 |
313 660 |
21 |
|
74 465 |
4 467 914 |
60 |
|
57 787 |
4 045 110 |
70 |
|
20 499 |
1 639 942 |
80 |
|
55 500 |
4 995 009 |
90 |
|
68 105 |
3 745 786 |
55 |
|
14 955 |
1 046 851 |
70 |
|
30 343 |
910 285 |
30 |
|
3 628 |
126 978 |
35 |
|
81 043 |
4 862 581 |
60 |
|
Media Italia |
55 841 |
59 750 779 |
TOT. 1061 |
Nota (2):
Dalla Audizione del Direttore Generale di
Confindustria Marcella Panucci Commissioni Affari sociali e Bilancio Camera
dei Deputati
“La sfida della salute tra nuove esigenze
del sistema sanitario ed obiettivi di finanza pubblica”. Roma, 16 settembre
2013
[…]
La spesa sanitaria privata e la
componente ‘out of pocket’
In tutti i Paesi, alla spesa sanitaria pubblica si affianca una quota - più o meno consistente, secondo il modello di sistema sanitario – di spesa privata [Per spesa sanitaria «pubblica» si intende la spesa finanziata attraverso fondi pubblici (ossia tributi prelevati dagli enti pubblici territoriali e contributi di schemi assicurativi sociali), mentre la spesa «privata» include schemi assicurativi/no profit privati (ovvero volontari), compartecipazioni alla spesa, pagamenti diretti da parte del paziente.]
Nel 2010 la spesa privata italiana è risultata pari a 30,3 miliardi di euro. Dopo un trend di sensibile aumento negli anni novanta del secolo scorso, negli ultimi anni la spesa privata è sempre stata intorno a questo livello. [A tale dato ufficiale andrebbe poi ragionevolmente aggiunta una quota di spesa sanitaria “sommersa”.]
Solo di recente, stanno emergendo segnali di un’ulteriore aumento della spesa sanitaria privata connessi al fatto che le recenti manovre finanziarie sulla sanità rischiano – limitatamente, per ora, ad alcune prestazioni – di porre il SSN “fuori mercato”. Si sta infatti diffondendo il timore che alcune prestazioni sanitarie non siano più realmente disponibili nell’ambito della sanità pubblica (effetto di razionamento implicito) ovvero che – anche se erogate in ambito pubblico – abbiano un costo significativo a volte superiore all’analogo costo di mercato. Tali considerazioni sono suffragate da uno studio dell’Age.Na.S (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) del maggio 2013 che evidenzia un calo netto dei consumi di prestazioni specialistiche erogate da soggetti pubblici o privati accreditati a seguito dell’aumento dei ticket e superticket definito in questi ultimi anni. Attualmente la spesa sanitaria privata corrisponde al 20% circa della spesa sanitaria totale. La spesa pro capite nel 2010 era pari a 451 euro correnti (Fig. 4). La media nazionale sottende notevoli differenze regionali (Fig. 5): la spesa privata pro capite nel Friuli (736 euro) è più del doppio di quella stimata in Basilicata e in Campania (rispettivamente 316 e 314 euro). La spesa privata risulta tendenzialmente più alta nelle regioni dove anche la spesa pubblica pro capite è elevata.
In Italia l’incidenza della spesa privata non è sostanzialmente diversa da quella di altri Paesi europei in cui il sistema sanitario è in larga parte pubblico. Ci che differenzia l’Italia è che una quota largamente preponderante di tale spesa risulta essere cash, oltre l’87%, mentre in Paesi come Regno Unito, Germania, Francia, Austria, Spagna e Belgio una larga parte della spesa privata è intermediata da agenti collettivi, siano essi assicurazioni private, organismi non profit, mutue o altro.
La spesa privata in Italia si compone: per poco meno della metà di acquisti di farmaci, articoli sanitari e materiale terapeutico; per il 36% di servizi medici e specialistici non ospedalieri; per il 17% di servizi ospedalieri. Dall’ultima indagine multiscopo ISTAT sul ricorso ai servizi sanitari risulta che su 100 visite specialistiche rilevate nell’indagine il 57% sono state a pagamento, e il resto o gratuite o con ticket. La propensione a pagare si riduce notevolmente per gli esami specialistici (il 21% degli esami di laboratorio e ambulatoriali sono totalmente a pagamento).
NOTA (3):
di Elena Ciccarello | 8 dicembre 2013
La corruzione
fa male alla salute, lo dicono anche i numeri. Lo scorso anno
il 5,6% dellerisorse europee investite nel settore sanitario è
andato perso in illegalità
e tangenti, ha calcolato la Rete europea contro le frodi e la
corruzione nel settore sanitario. In Italia, nel
solo triennio 2010-2012, sono stati accertati dalla Guardia di finanza reati per oltre un
miliardo e mezzo di euro, quanto basta per costruire cinque
nuovi grandi ospedali modello. Una voragine che
danneggia tutti e che in soldoni significa meno fondi per strutture, medicine,
assistenza sanitaria e sociale.
Per fermare
questo spreco di risorse, che lede il diritto alla salute di ogni cittadino,
le associazioni Libera e Gruppo
Abele lanciano
una campagna per una sanità libera dalla corruzione. “Salute:
obiettivo 100%” è il titolo dell’iniziativa che intende
ripulire il settore sanitario pubblico dalle sue opacità a partire da una
raccolta di firme dei cittadini. “Trasparenza e anticorruzione possono
salvarci la vita - fanno sapere Libera e Gruppo Abele – una firma per dare
inizio a una efficace terapia che renda integro e trasparente il nostro
Servizio sanitario nazionale. C’è in gioco la nostra salute.”
Anche se
alcuni studi collocano l’Italia ai primi posti fra i paesi Oecd quanto a livelli di efficienza sanitaria
(siamo superati solo da Francia e Islanda),
nel nostro paese il settore resta particolarmente esposto all’illecito. Solo
nel 2012, stando ai dati della Corte
dei Conti, i risarcimenti per le sentenze pronunciate per
quest’ambito hanno raggiunto un importo complessivo di oltre 45 milioni di euro.
Senza dimenticare poi che la sanità è da sempre oggetto di attenzione da
parte delle organizzazioni mafiose. Ad oggi nel nostro paese sono ben quattro le Asl che sono state
commissariate per infiltrazioni della criminalità organizzata.
Con la nuova
campagna, Libera e Gruppo Abele chiedono alle 237 Aziende sanitarie presenti
sul suolo nazionale di adeguarsi a quanto previsto dalla legge 190/2012 in
materia di trasparenza e contrasto alla corruzione. Con l’aiuto dei
cittadini la campagna monitorerà la loro risposta e vigilerà affinché entro
il 31 gennaio 2014 tutte si mettano in regola con la norma, cominciando con
il rendere pubbliche le
informazioni sui loro vertici (cv, atto di nomina e compenso).
Attualmente,
secondo dati inediti forniti da Libera e Gruppo Abele, Basilicata (76% ) e Friuli-Venezia Giulia (69%)
sono le regioni piu’ virtuose per trasparenza,
mentre sono ancora molto indietro Sardegna (12%), Marche (14%), Calabria
(15%) e Campania (19%). Fanalino di coda il Molise, la cui unica azienda
sanitaria non ha al momento attuato nessuno dei tre interventi previsti dalla
legge 190/92. Superano invece la sufficienza la Lombardia (58%) l’Abruzzo (53%) e il Piemonte
(51%), seguite dalla Liguria (50%).
A partire
dal 9 dicembre, giornata mondiale contro la corruzione, tutti i cittadini
potranno partecipare al monitoraggio civico delle Aziende sanitarie sul sito www.riparteilfuturo.it e verificare lo stato di avanzamento
della campagna a partire dalla propria Regione e territorio. L’obiettivo
dichiarato dalle associazione è che tutte le Aziende sanitarie
raggiungano al più presto il 100% del punteggio assegnato ad ogni ente in
base al suo livello di adeguamento alla norma.