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Documento inserito: 16-10-2017 La Pignatta n° 114 Sistema bancario italiano. Dalla
Relazione del 22-2-2017 della Commissione Europea una visione finalmente organica
su Crediti deteriorati e Obbligazioni bancarie Di Mauro Novelli 16-10-2017 Il 22-2-2017 la Commissione Europea ha pubblicato la Relazione
per paese relativa all'Italia 2017. Comprensiva dell'esame approfondito sulla
prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici. Nel capitolo 4.2 “Settore finanziario”, la Relazione esprime
giudizi e valutazioni sul sistema bancario e finanziario italiano. I dati
riportati (Fonte: Banca d’Italia) si fermano al giugno 2016. Nella parte a cui si fa riferimento, la Commissione Europea
scrive: “ La fiducia
nel settore bancario italiano è diminuita, nonostante le numerose misure
prese dal governo. La perdita di fiducia del mercato è evidenziata dal drastico
calo dei prezzi delle azioni delle banche italiane nel 2016, nonostante le
significative differenze tra banche.[….]”. Due argomenti meritano
valutazioni: i Crediti deteriorati e la vendita a privati delle obbligazioni
bancarie subordinate. A) SUI CREDITI DETERIORATI (NPL)
Secondo la regolamentazione italiana, vengono definiti crediti deteriorati
le risultanti della somma dei seguenti addendi: Sofferenze:
esposizione verso una controparte in stato di insolvenza (anche se non
accertato giudizialmente) o in situazione equiparabile, indipendentemente
dalla previsione di perdita formulata dalla banca e dalla presenza di
garanzie. Incagli:
esposizione verso una controparte in temporanea difficoltà – definita sulla
base di fattori oggettivi – che si ritiene possa essere superata in un
congruo periodo di tempo. Ristrutturazioni:
esposizione nella quale una banca o un pool di banche, a causa del
deterioramento della situazione economico-finanziaria del debitore, ha/hanno
modificato le condizioni originarie del prestito (riscadenzamento
dei termini; riduzione del tasso di interesse), determinando l’emersione di
una perdita. Crediti scaduti:
esposizione scaduta, in via continuativa, da oltre 90 giorni e non
classificata come sofferenza, incaglio o ristrutturata. Secondo il Fmi, le banche europee hanno
prestato 988 miliardi di euro che nessuno ha restituito. Per circa un terzo
questa somma è imputabile al sistema bancario italiano. Si consideri che, in Italia, le imprese
ricorrono a finanziamenti bancari per circa l’80% dei capitali necessari al
processo di produzione: circa il doppio degli altri paesi equiparabili al
nostro. Questa “abitudine” degli imprenditori arricchisce le banche in
periodi di crescita, ma ne appesantisce i conti nei periodi di crisi. A ciò
si aggiungano i finanziamenti graziosamente somministrati agli amici degli
amici, senza cioè valutare alcun merito creditizio; le azioni di “rientro”
imposte in modo intempestivo, negli anni passati, ad aziende affidate
assolutamente non in cattive acque (“Sa, le banche stanno tirando i remi in
barca”). Si afferma comunque nella Relazione: “Sono state adottate diverse iniziative per
affrontare il problema dei crediti deteriorati delle banche, ma mancando
ancora una strategia globale, l'aiuto a breve termine fornito al settore è
stato finora limitato”. Ennesimo danno: non è difficile ipotizzare un
florido mercato dei crediti deteriorati ad opera di fondi ed entità
internazionali operanti su base speculativa. B) SUL COLLOCAMENTO IMPROPRIO DEI TITOLI
SUBORDINATI.
In merito, si legge nella Relazione della
Commissione europea del 22-2-2017: “La difficoltà nel trovare una soluzione di mercato per far fronte
alle carenze di capitale di alcune banche
e la diffusa vendita impropria di obbligazioni bancarie ai clienti al
dettaglio, che possono reclamare un risarcimento alle banche, accentuano
ulteriormente la complessità del quadro. Di conseguenza, nonostante le
misure già adottate, il settore bancario italiano continua a essere
vulnerabile agli shock. Inoltre, il sostegno che può fornire a una graduale
ripresa economica appare limitato e ciò potrebbe avere ricadute economiche su
altri paesi della zona euro. [….] Per la situazione giugno 2016, la Banca d’Italia forniva
alla Commissione Europea i dati riportati nella tabella seguente. In essa
sono indicati gli ammontari delle obbligazioni bancarie senior e di quelle subordinate
disaggregandone le entità detentrici: A giugno 2016 erano in circolazione 582,5 miliardi di obbligazioni
emesse da banche (400 miliardi - il 68,6 % del totale - emesse dai primi 5
gruppi bancari): oltre 523 miliardi di rango senior, circa 59 di rango
junior. E’ illuminante la distribuzione dei detentori. Mentre le obbligazioni più garantite sono rimaste per il
39,4 % in mano alle banche e il 29,7 % sono state collocate
presso le famiglie, per le obbligazioni subordinate, le più rischiose, le
banche hanno mantenuto in portafoglio il 19,3 %, ed hanno “convinto”
dell’affare le famiglie, che ne detengono il 42,7 %, pari al 5 % della
ricchezza complessiva delle famiglie italiane. Possibile che Banca d’Italia e Consob non si siano accorte
della manovra del sistema bancario nostrano che, in pochi anni, ha appestato
il portafoglio degli italiani ? Possibile che deve
essere sempre Bruxelles a scoprire comportamenti tanto evidenti quanto
censurabili delle nostre banche? Sta di fatto che il collocamento presso la clientela retail
delle obbligazioni bancarie italiane mostra una ulteriore preoccupante
scostamento rispetto ad altri paesi europei. Stavolta non è la Banca d’Italia
a fornire i dati, ma la Moody’s. L’istogramma che segue non ha bisogno di commenti. Ancora la Relazione di
Bruxelles: “La
capitalizzazione del settore bancario è migliorata marginalmente, ma continua
ad essere inferiore rispetto a quella di altri paesi europei comparabili. Grazie
agli utili non distribuiti e agli aumenti di capitale privato, il
coefficiente di capitale primario di classe 1 e il coefficiente di capitale
totale sono aumentati attestandosi rispettivamente al 12,4% e al 15,3% nel
secondo trimestre del 2016. Vi sono tuttavia notevoli differenze tra le
banche. Il settore bancario italiano è
ancora in ritardo rispetto ad altri sistemi bancari della zona euro, e si
trova nelle posizioni più basse delle classifiche relative ai principali
indicatori di solvibilità (ABE, 2016). La Banca d’Italia fa
comunque sapere (è una consolazione!) che buona parte dei titoli bancari
subordinati verrà a scadenza con il 2017. Banca d’Italia, si sa,
non controlla le minutaglie del sistema creditizio, ma opera e agisce perché
il sistema stesso sia stabile. Appunto. Un’ultima chicca
evidenziata dalla Relazione: La riduzione delle dimensioni dei
consigli di amministrazione delle banche è stata realizzata lentamente. Nel
quadro di un’ampia riforma del governo societario del 2014, la Banca d’Italia
ha stabilito obblighi più rigorosi in merito alla composizione e alle
dimensioni dei consigli di amministrazione delle banche e al ruolo dei
rispettivi presidenti in qualità di amministratori senza incarichi esecutivi,
nonché orientamenti per l’autovalutazione dei consigli di amministrazione per
rafforzare la gestione dei rischi e i controlli interni. Sebbene le banche abbiano attuato la maggior parte di queste
modifiche, la riduzione del numero dei membri del consiglio di
amministrazione procede lentamente. Secondo la Banca d’Italia, la
dimensione media dei consigli delle banche quotate è attualmente di 12,9
membri (rispetto a 14,1 due anni fa). Tuttavia, le banche italiane — comprese
quelli soggette alla vigilanza della BCE — hanno ancora consigli di
amministrazione più grandi rispetto alle banche comparabili europee. Inoltre, alcuni enti creditizi hanno una
struttura dualistica e il passaggio a un sistema con un solo consiglio sembra
essere limitato. |
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