Parole
di Carlo Firmani – 7-4-2013
Gli ultimi 30 anni hanno progressivamente trasformato
le forme della comunicazione e, di conseguenza, trasfigurato senso e ruolo delle
parole. Nulla di nuovo. Già Goebbels aveva insegnato molto al riguardo e, non
a caso, nelle Conventions di Publitalia, da cui
nacque Forza Italia, Berlusconi incitava i suoi pubblicitari ad ispirare le
loro forme comunicative -e, di conseguenza,
la loro capacità persuasiva- a quei princìpi. L'importante era il risultato.
Anche qui nulla di nuovo. Lo dicevano già gli antichi Eristi:
per persuadere il prossimo tutto va bene, anche la manipolazione delle regole
logiche che dovrebbero tradursi nel linguaggio, purché si possa prevalere
nella contesa verbale. Gli ultimi 30 anni dicevo: in Italia, e non solo, i
canali di comunicazione si sono moltiplicati, così come gli strumenti. Però,
siccome il mezzo è il messaggio, come diceva qualcuno, la pluralità dei canali
si è realizzata entro una tendenziale omogeneizzazione dei linguaggi, dei
loro stili e modalità. Il linguaggio è diventato sempre più funzionale,
sempre più uno strumento da piegare alle strategie del risultato da ottenere.
Qualcosa da studiare e organizzare, da finalizzare ai risultati, anche a
costo della manipolazione. Delle coscienze, delle persone, delle realtà.
Nulla è più ritenuto un fine in sé, nemmeno la vita del prossimo, ma solo un
traguardo da conquistare e usare. Come ti insegnano nella PNL (programmazione
neurolinguistica), pseudoscienza che ha come scopo quello di manipolare la
realtà attraverso il linguaggio, per condizionare le menti a muoversi entro i
paletti fissati dall'uso volutamente aggressivo delle parole, ovviamente
opportunamente scelte e utilizzate. Dalla pubblicità all'informazione, alla
comunicazione politica, il virus si è espanso ed è diventato moneta comune
delle comunicazioni umane, anche interpersonali. E anche le tonalità non sono
un accessorio, ma un elemento caratterizzante di questa nuova modalità di
interagire: alzare il volume, usare l'invettiva, mettere alla berlina
l'interlocutore, costringerlo, se vuole ancora essere visibile e udibile, ad
adeguarsi a questo stile. Si può decidere di assumerlo perché lo si condivide
oppure no. Chi non lo condivide può compiere due scelte: o farlo proprio, pur
dicendo di non condividerlo, oppure rifiutarsi di farlo. Una questione di
scelta, di etica direi. La mia simpatia va a questi ultimi. Gli altri
probabilmente prevarranno -basta guardarci intorno, guardiamo al grillismo per esempio-, ma poi seguiranno l'iter di tutti
questi gruppi umani intolleranti e privi di rispetto per il prossimo: una
volta che avranno ridotto al silenzio i loro avversari, cominceranno a
scannarsi tra di loro. Perché il loro modello è quello, hanno bisogno di
prevalere sul prossimo per dare un senso alla loro esistenza.
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