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Documento inserito il: 23-6-2013

 

 

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Da Le Forme della Politica a Milano.

 

Il Dott. Ugo Genesio, Magistrato ci trasmette questo documento.

Brunetta: La Magistratura non è un potere

 


Nell'attaccare la decisione della Corte costituzionale che ha giudicato insussistente il conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato in relazione al legittimo impedimento dedotto dalla difesa di Berlusconi e non riconosciuto dai giudici di Milano nel processo Mediaset, l'ex-ministro Brunetta non si è fatto sfuggire l'occasione di tornare sul vecchio argomento che, “come tutti sanno, la magistratura è un ordine e non un potere dello Stato”.
Ignoranza grossolana, inammissibile in un politico di lungo corso come lui, o piuttosto malafede? L'assunto con cui in varie circostanze si è cercato da più parti di inficiare il ruolo costituzionale della magistratura nel nostro ordinamento si basa sul testo dell'articolo104 della Costituzione che, si fa notare, definisce la magistratura come un “ordine” e non un potere. Sennonché proprio il testo letterale del suddetto porta a contrastare tale assunto se la disposizione viene doverosamente letta per intero: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Poiché se la magistratura è indipendente dagli “altri” poteri, ciò implica inevitabilmente che essa stessa è un potere, laddove il termine ‘ordine’, come altrove ampiamente spiegato, ha un valore puramente storico.
Ma oltre a questo pur decisivo argomento testuale, è tutto il complesso della normativa costituzionale, a cominciare dalla ripartizione per distinti titoli (Titolo I: Il Parlamento; Titolo III: Il Governo, cui fa capo la pubblica amministrazione; Titolo IV: La Magistratura), che configura il cosiddetto ‘ordine giudiziario’ come uno dei poteri dello Stato, potere “diffuso” ma formalmente e sostanzialmente posto sullo stesso piano degli altri poteri e allineato ai due organi di garanzia (Titolo II: Il Presidente della Repubblica; Titolo V: La Corte costituzionale). La riprova è nel ruolo riconosciuto al Consiglio Superiore della Magistratura, spettando al Ministro della giustizia solo “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi” (art.110).

Peraltro la configurazione del giudiziario come potere autonomo e indipendente rappresenta un punto fermo e irrinunciabile delle moderne democrazie, basate appunto sulla separazione dei poteri (“executive, legislative and judicial branch” nel sistema angloamericano). E questo vale anche per la nostra democrazia, ciò che l'on.le Brunetta, se non totalmente assorbito dai suoi impegni di capogruppo alla Camera dei deputati, come ogni altro cittadino interessato, potrà agevolmente verificare consultando gli atti dell'Assemblea Costituente (Legislature. Camera.it, voce “Assemblea Costituente”), da cui sono scaturite le vigenti norme costituzionali riguardanti la magistratura. Perché qui un dato emerge con assoluta evidenza: tutti gli interventi, senza distinzione di parte, muovono dal presupposto di una magistratura configurata quale potere dello Stato, sullo stesso piano formale del legislativo e dell’esecutivo.

In linea con questa prospettiva Giovanni Leone affermava la piena “autonomia del potere giudiziario rispetto agli altri poteri statali, perché in questo modo si slega l’organizzazione del potere giudiziario da quella degli altri rami funzionali, in modo che questo potere non sia una forma di burocrazia qualificata, ma sia qualche cosa che ha un’essenza sua propria, in quanto amministra quella suprema funzione che è la giustizia”. E il socialista Persico si spingeva a sostenere che “Il potere giudiziario è forse anche più importante del legislativo e dell’esecutivo perché assicura a tutti i cittadini la tutela delle loro libertà, la difesa dei loro diritti, la protezione dei loro interessi; è il potere classico, il potere fondamentale, il più antico e il più geloso.” “Vi è nella nostra Costituzione” si domandava il democristiano Cappi “un potere che sia costituzionalmente superiore a quello giudiziario? Non vi è. Quindi mi sembra che l’indipendenza costituzionale del potere giudiziario sia nella nostra Costituzione garantita, anche se non si usa la parola ‘potere’, come non si è parlato di potere legislativo e di potere esecutivo, ma di ‘Parlamento’ e di ‘Governo’”.
Un altro democristiano, Monticelli, puntualizzava: “Se il potere legislativo è la fonte stessa dell’ordinamento giuridico e se il potere esecutivo promuove l’azione del potere legislativo e del potere giudiziario, quest’ultimo svolge la sua attività controllando gli altri due. Perché questo controllo sia perfetto è necessaria l’indipendenza assoluta della Magistratura”, che deve essere posta in grado “di arrestare l’azione illegale di qualsiasi organo dello Stato, eliminando ogni arbitrio da qualunque parte esso provenga… ogni abuso politico, legislativo o amministrativo, ogni ingiustizia particolare o generale”, altrimenti “la dovuta garanzia verrà a mancare alla libertà del cittadino, che si troverà esposto alle mutevoli oscillazioni delle forze politiche, o peggio all’arbitrio di possibili dittature”.
Vari interventi fanno riferimento alla teoria di Montesquieu, quella che il liberale Bellavista definisce “la santa divisione dei poteri”, contestata dal fascismo sull’assunto “che il potere è uno, che ci vuole un’osmosi e un’endosmosi tra gli aspetti di questo potere statuale”. Commenta il Bellavista: “Poi l’’anticristo’ ha fatto il resto, la critica di Montesquieu è sboccata nel totalitarismo, e la libertà si spense”.

Per il repubblicano Macrelli “sarebbe stato opportuno parlare di potere”, dato che “tutte le Costituzioni, le libere Costituzioni dei popoli liberi, parlano di un potere giudiziario,” e tuttavia “l’importante è che la Magistratura abbia la sua autonomia” intesa come “indipendenza assoluta. Innanzitutto, indipendenza da ogni potere politico, e mi riferisco tanto a quello esecutivo quanto a quello legislativo, perché anche quest’ultimo può esercitare la sua influenza, soprattutto quando il sistema parlamentare traligna nel parlamentarismo: facili le influenze, facili le suggestioni”.
Quasi tutti gli interventi insistono sul ruolo costituzionale della magistratura e sul valore essenziale della sua indipendenza. “Sarebbe enunciazione puramente accademica” osservava il liberale Bozzi “l’affermazione dei diritti di libertà… se nella Costituzione non forgiassimo in pari tempo uno strumento valido, che sappia darne garanzia a tutti i cittadini ed a ciascuno di essi, se occorre anche contro lo Stato, quando lo Stato dei diritti e delle libertà dei singoli si facesse violatore”. Concludeva Bozzi: “Il potere giudiziario è un potere dello Stato perché è una manifestazione della sovranità dello Stato”. E Castiglia: “La giurisdizione mira alla stessa conservazione dell’ordinamento giuridico e, quindi, dei presupposti che regolano la vita politica e garantiscono la libertà del Paese. Non è dubbio che il potere giudiziario, attraverso i suoi organi, costituisca il miglior presidio e la migliore garanzia alla realizzazione della giustizia, senza della quale non può parlarsi di libertà”.

Significativo il ripetuto richiamo (Monticelli e altri) al memorabile discorso di Zanardelli sull’indipendenza della magistratura (1903): “La Magistratura è la custode, la difenditrice e vindice di tutti i diritti e dei doveri di tutti,” dipendendo dalla sua azione la vita, la libertà, la proprietà e l’onore dei cittadini. “Il decoro stesso, la grandezza delle Nazioni si misurano dall’autorità, dal rispetto che ottengono i magistrati, dalla fede in essi riposta, dal grado di elevatezza nel quale sono collocati nell’opinione del popolo”.

Infine, si legge nella Relazione della Commissione dei Settantacinque che illustra il progetto di Costituzione, presentata dal presidente Ruini nella seduta del 6 febbraio 1947: “Per adempiere il mandato che esercita in nome del popolo la magistratura è autonoma e indipendente. Non è soltanto un ‘ordine’, ma è sostanzialmente un ‘potere’ dello Stato, anche se non si adopera questo termine neppure per gli altri poteri, ad evitare gli equivoci e gli inconvenienti cui può dar luogo una ripartizione teorica, ove interpretata meccanicamente”. Che più?
In conclusione, nessun dubbio si giustifica sul contenuto e sul significato delle norme riguardanti la posizione della magistratura come potere dello Stato nel sistema costituzionale: a meno di voler sostenere che neppure il parlamento e il governo sono poteri dello Stato per il fatto che non vengono indicati con questo specifico termine nella Costituzione. E certo i lavori dell’Assemblea Costituente da cui trae origine la nostra democrazia offrono spunti di riflessione da non lasciar cadere in un momento di grave difficoltà delle nostre Istituzioni.