Da Le Forme della Politica a Milano.
Il Dott.
Ugo Genesio, Magistrato ci trasmette questo documento.
Brunetta:
La Magistratura non è un potere
Nell'attaccare la decisione della Corte costituzionale che ha giudicato
insussistente il conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato in
relazione al legittimo impedimento dedotto dalla difesa di Berlusconi e non
riconosciuto dai giudici di Milano nel processo Mediaset, l'ex-ministro Brunetta non si è fatto sfuggire l'occasione di tornare
sul vecchio argomento che, “come tutti sanno, la magistratura è un ordine e
non un potere dello Stato”.
Ignoranza grossolana, inammissibile in un
politico di lungo corso come lui, o piuttosto malafede? L'assunto con cui in
varie circostanze si è cercato da più parti di inficiare il ruolo
costituzionale della magistratura nel nostro ordinamento si basa sul testo
dell'articolo104 della Costituzione che, si fa notare, definisce la
magistratura come un “ordine” e non un potere. Sennonché proprio il testo
letterale del suddetto porta a contrastare tale assunto se la disposizione
viene doverosamente letta per intero: “La magistratura costituisce un ordine
autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Poiché se la magistratura è
indipendente dagli “altri” poteri, ciò implica inevitabilmente che essa
stessa è un potere, laddove il termine ‘ordine’, come altrove ampiamente
spiegato, ha un valore puramente storico.
Ma oltre a questo pur decisivo argomento
testuale, è tutto il complesso della normativa costituzionale, a cominciare
dalla ripartizione per distinti titoli (Titolo I: Il Parlamento; Titolo III:
Il Governo, cui fa capo la pubblica amministrazione; Titolo IV: La Magistratura),
che configura il cosiddetto ‘ordine giudiziario’ come uno dei poteri dello
Stato, potere “diffuso” ma formalmente e sostanzialmente posto sullo stesso
piano degli altri poteri e allineato ai due organi di garanzia (Titolo II: Il
Presidente della Repubblica; Titolo V: La Corte costituzionale). La riprova è
nel ruolo riconosciuto al Consiglio Superiore della Magistratura, spettando
al Ministro della giustizia solo “l’organizzazione e il funzionamento dei
servizi” (art.110).
Peraltro
la configurazione del giudiziario come potere autonomo e indipendente
rappresenta un punto fermo e irrinunciabile delle moderne democrazie, basate
appunto sulla separazione dei poteri (“executive, legislative and judicial branch” nel sistema
angloamericano). E questo vale anche per la nostra democrazia, ciò che l'on.le Brunetta, se non totalmente assorbito dai suoi
impegni di capogruppo alla Camera dei deputati, come ogni altro cittadino
interessato, potrà agevolmente verificare consultando gli atti dell'Assemblea
Costituente (Legislature. Camera.it, voce “Assemblea Costituente”), da cui
sono scaturite le vigenti norme costituzionali riguardanti la magistratura.
Perché qui un dato emerge con assoluta evidenza: tutti gli interventi, senza
distinzione di parte, muovono dal presupposto di una magistratura configurata
quale potere dello Stato, sullo stesso piano formale del legislativo e
dell’esecutivo.
In
linea con questa prospettiva Giovanni Leone affermava la piena “autonomia del
potere giudiziario rispetto agli altri poteri statali, perché in questo modo
si slega l’organizzazione del potere giudiziario da quella degli altri rami
funzionali, in modo che questo potere non sia una forma di burocrazia
qualificata, ma sia qualche cosa che ha un’essenza sua propria, in quanto
amministra quella suprema funzione che è la giustizia”. E il socialista
Persico si spingeva a sostenere che “Il potere giudiziario è forse anche più
importante del legislativo e dell’esecutivo perché assicura a tutti i
cittadini la tutela delle loro libertà, la difesa dei loro diritti, la
protezione dei loro interessi; è il potere classico, il potere fondamentale,
il più antico e il più geloso.” “Vi è nella nostra Costituzione” si domandava
il democristiano Cappi “un potere che sia costituzionalmente superiore a quello
giudiziario? Non vi è. Quindi mi sembra che l’indipendenza costituzionale del
potere giudiziario sia nella nostra Costituzione garantita, anche se non si
usa la parola ‘potere’, come non si è parlato di potere legislativo e di
potere esecutivo, ma di ‘Parlamento’ e di ‘Governo’”.
Un altro democristiano, Monticelli,
puntualizzava: “Se il potere legislativo è la fonte stessa dell’ordinamento
giuridico e se il potere esecutivo promuove l’azione del potere legislativo e
del potere giudiziario, quest’ultimo svolge la sua attività controllando gli
altri due. Perché questo controllo sia perfetto è necessaria l’indipendenza
assoluta della Magistratura”, che deve essere posta in grado “di arrestare
l’azione illegale di qualsiasi organo dello Stato, eliminando ogni arbitrio
da qualunque parte esso provenga… ogni abuso politico, legislativo o
amministrativo, ogni ingiustizia particolare o generale”, altrimenti “la
dovuta garanzia verrà a mancare alla libertà del cittadino, che si troverà
esposto alle mutevoli oscillazioni delle forze politiche, o peggio
all’arbitrio di possibili dittature”.
Vari interventi fanno riferimento alla teoria di
Montesquieu, quella che il liberale Bellavista definisce “la santa divisione
dei poteri”, contestata dal fascismo sull’assunto “che il potere è uno, che
ci vuole un’osmosi e un’endosmosi tra gli aspetti di questo potere statuale”.
Commenta il Bellavista: “Poi l’’anticristo’ ha fatto il resto, la critica di
Montesquieu è sboccata nel totalitarismo, e la libertà si spense”.
Per
il repubblicano Macrelli “sarebbe stato opportuno
parlare di potere”, dato che “tutte le Costituzioni, le libere Costituzioni
dei popoli liberi, parlano di un potere giudiziario,” e tuttavia
“l’importante è che la Magistratura abbia la sua autonomia” intesa come “indipendenza
assoluta. Innanzitutto, indipendenza da ogni potere politico, e mi riferisco
tanto a quello esecutivo quanto a quello legislativo, perché anche
quest’ultimo può esercitare la sua influenza, soprattutto quando il sistema
parlamentare traligna nel parlamentarismo: facili le influenze, facili le
suggestioni”.
Quasi tutti gli interventi insistono sul ruolo
costituzionale della magistratura e sul valore essenziale della sua
indipendenza. “Sarebbe enunciazione puramente accademica” osservava il liberale
Bozzi “l’affermazione dei diritti di libertà… se nella Costituzione non
forgiassimo in pari tempo uno strumento valido, che sappia darne garanzia a
tutti i cittadini ed a ciascuno di essi, se occorre anche contro lo Stato,
quando lo Stato dei diritti e delle libertà dei singoli si facesse
violatore”. Concludeva Bozzi: “Il potere giudiziario è un potere dello Stato
perché è una manifestazione della sovranità dello Stato”. E Castiglia: “La
giurisdizione mira alla stessa conservazione dell’ordinamento giuridico e,
quindi, dei presupposti che regolano la vita politica e garantiscono la
libertà del Paese. Non è dubbio che il potere giudiziario, attraverso i suoi
organi, costituisca il miglior presidio e la migliore garanzia alla
realizzazione della giustizia, senza della quale non può parlarsi di
libertà”.
Significativo
il ripetuto richiamo (Monticelli e altri) al memorabile discorso di
Zanardelli sull’indipendenza della magistratura (1903): “La Magistratura è la
custode, la difenditrice e vindice di tutti i diritti e dei doveri di tutti,”
dipendendo dalla sua azione la vita, la libertà, la proprietà e l’onore dei
cittadini. “Il decoro stesso, la grandezza delle Nazioni si misurano
dall’autorità, dal rispetto che ottengono i magistrati, dalla fede in essi riposta,
dal grado di elevatezza nel quale sono collocati nell’opinione del popolo”.
Infine,
si legge nella Relazione della Commissione dei Settantacinque che illustra il
progetto di Costituzione, presentata dal presidente Ruini nella seduta del 6
febbraio 1947: “Per adempiere il mandato che esercita in nome del popolo la
magistratura è autonoma e indipendente. Non è soltanto un ‘ordine’, ma è
sostanzialmente un ‘potere’ dello Stato, anche se non si adopera questo
termine neppure per gli altri poteri, ad evitare gli equivoci e gli
inconvenienti cui può dar luogo una ripartizione teorica, ove interpretata
meccanicamente”. Che più?
In conclusione, nessun dubbio si giustifica sul
contenuto e sul significato delle norme riguardanti la posizione della
magistratura come potere dello Stato nel sistema costituzionale: a meno di
voler sostenere che neppure il parlamento e il governo sono poteri dello
Stato per il fatto che non vengono indicati con questo specifico termine
nella Costituzione. E certo i lavori dell’Assemblea Costituente da cui trae
origine la nostra democrazia offrono spunti di riflessione da non lasciar
cadere in un momento di grave difficoltà delle nostre Istituzioni.
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