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NE IRROGANTO Documento
inserito il: 19-4-2013 |
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L’Espresso (15 aprile 2013) Banche,
tassi usurai alle aziende di Massimiliano Carbonaro/FpS Media Una società di
consulenza bresciana ha analizzato i conti delle piccole aziende del Nord. E
ha scoperto che negli ultimi tempi i tassi applicati sui prestiti si sono
alzati, al limite dello strozzinaggio. Ma pochi imprenditori denunciano e
l'ABI e la Banca d'Italia non controllano. Cronaca di una nuova, pericolosa
deriva Anche le banche, in Italia, prestano 'a strozzo',
attraverso meccanismi complessi nel rilascio dei finanziamenti a favore delle
imprese. Sono molti gli istituti di credito coinvolti in questa nuova e
pericolosa deriva. Sul fenomeno non esistono cifre complessive esatte, così
come non si conosce la quantità di questi prestiti a tassi usurai. Questo
perché, nelle occasioni in cui finora il problema è emerso in sede
giudiziale, le stesse banche attraverso accordi di conciliazione sono
riuscite a non far diventare pubblica la questione. La stessa Banca di Italia, pur ammettendo di non avere il
polso complessivo della situazione, ha annunciato che deve rivedere il
sistema di rilevazione dei tassi bancari. Come è noto, il grosso del tessuto imprenditoriale italiano
è fatto da piccole e medie imprese che non sono strutturate per affrontare
problematiche di natura finanziaria. Solo quando i costi di gestione dei loro
conti correnti diventano particolarmente alti, gli imprenditori cominciano a
porsi domande: così i titolari delle aziende hanno cominciato a rivolgersi a
consulenti esterni per cercare di capirci di più. Tra queste società di consulenza c'è la bresciana SDL
Centro Studi. Si tratta di una società con una trentina di dipendenti, unica
rispetto al panorama delle concorrenti perché offre gratuitamente il primo
screening sui conti. Negli ultimi due anni e mezzo ha esaminato oltre 29mila
conti correnti intestati ad aziende, scoprendo che il 90% è afflitto da
questo problema. Tutto è cominciato nel 2010 quando l'avvocato bresciano
Serafino di Loreto è stato coinvolto nel fallimento della società di un amico
che per la disperazione si è tolto la vita. A una attenta analisi della
situazione societaria della ditta fallita è emerso che i conti erano
infettati da usura e soprattutto che la somma degli interessi non dovuti
estorti dalle banche l'avrebbe salvata dal fallimento. Questa scoperta ha
spinto Di Loreto a creare una società in grado di scandagliare in maniera
rapida la situazione finanziaria di un'impresa evidenziandone le anomalie. L'accertamento della SDL sui conti aziendali procede
secondo vari step. In primo luogo si verifica se il
tasso applicato è inferiore o meno al tasso oltre il quale siamo davanti
all'usura. Ogni tre mesi Banca di Italia segnala i tassi effettivi medi
rilevati e segnala i tassi 'soglia' su base annua per ogni categoria di
operazione e per differenti range di importo oltre
cui si verifica l'usura. L'altro fronte su cui lavora la SDL riguarda
l'anatocismo, ovvero l'applicazione di interessi sugli interessi maturati che
fanno crescere esponenzialmente il debito. «Il risultato degli accertamenti è per molti versi
inaspettato. Tendenzialmente non sei portato a credere che una banca possa
fare una cosa simile» commenta l'avvocato Di Loreto, responsabile legale
della SDL «ma la cosa impressionante è che in pratica sono coinvolte tutte le
banche italiane. Si stanno accanendo sulle nostre aziende, infliggendo costi
ben superiori a quanto dovuto». Nel dettaglio la SDL è entrata dentro le carte di 9845
imprese, prevalentemente dislocate tra il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e
la Toscana: il 90% dei conti presentava usura e anatocismo. Secondo i
calcoli, poi certificati da commercialisti esterni, quello che le banche non
avevano diritto a percepire oscilla tra il 30% e il 70% di quanto prelevato
dai conti: si varia molto in base agli istituti di credito e alle tipologie
di conto. Non sono solo i conti correnti delle imprese ad essere
attaccati: ciò che emerge è un sistema perverso in cui le banche colpiscono
gli imprenditori stessi rivalendosi sul loro patrimonio con l'intento di
riuscire a rientrare dei debiti contratti per portare avanti l'attività
dell'azienda: spesso, però, una parte di questi è frutto di interessi
illegittimi. Il quadro del fenomeno fatica a venir fuori perché quando un imprenditore
si ribella, utilizzando le perizie fornite da Di Loreto, e cita la banca in
tribunale, l'istituto di credito preferisce arrivare a una transazione
amichevole e soprattutto segreta. E' molto chiaro in tal senso l'accordo
raggiunto tra un'azienda bresciana cui SDL ha fatto da consulente e una banca
(non si può rendere noto il nome dei soggetti coinvolti altrimenti l'intesa
potrebbe saltare) in cui l'istituto di credito ha preferito rinunciare a 350
mila euro dei 650mila concessi come prestito all'azienda. Questo dopo che era
intervenuta una sentenza relativa ad un decreto ingiuntivo in cui il giudice
rilevava che 42mila euro di debiti dell'impresa con la banca erano frutto di
usura e anatocismo. Secondo il panorama delle conciliazioni esaminate, nessun
gruppo creditizio italiano sembra sfuggire a questa strategia. C.C., un
imprenditore del milanese attivo nel settore dei servizi che preferisce
rimanere anonimo, si è sentito dire da un direttore di banca: «Non siamo un
ente di beneficenza». «Sono furente» commenta l'imprenditore «non solo per i
soldi che mi hanno rubato, ma anche i mancati investimenti e la perdita di
competitività in campo internazionale». L'analisi finanziaria dei suoi conti
ha evidenziato una richiesta di interessi non dovuti per 200mila euro. «Fino a un anno fa, spiega Di Loreto, si trattava
esclusivamente di un recupero crediti legittimo. Ora invece stiamo assistendo
da parte delle banche a una vera caccia alle imprese per far rientrare a
tutti i costi e in tempi rapidi i clienti dei crediti concessi». Uno scenario per G.P., un imprenditore edile che con il suo
gruppo di società detiene un patrimonio di immobili da circa 30 milioni di
euro, definisce drammatico: «Sono 40 anni» spiega «che lavoro con le banche,
ma in una situazione simile non mi ero mai trovato. Tra l'altro questo
attacco indiscriminato alle imprese farà sì che quando ci sarà la ripresa
rimarremo bloccati. Il tessuto di piccole e medie aziende che sostengono
l'economia italiana nel frattempo sarà stato distrutto». Manco a dirlo,
l'analisi finanziaria dei suoi conti ha evidenziato crediti estorti dalle
banche per 1,5 milioni di euro. L'aspetto più assurdo della vicenda è che gli istituti
procedono pressoché impuniti e che l'Abi
(Associazione bancaria italiana) non rilascia alcuna dichiarazione. Il
motivo? Non sono tenuti a esercitare il controllo sui loro soci. Banca
d'Italia, che invece questo controllo lo dovrebbe effettuare, sottolinea come
«le numerose denunce per usura siano basate sull'impiego di criteri di calcolo
difformi». A questo però aggiunge che «sta rivedendo le istruzioni in materia
di rilevazione dei tassi effettivi globali». Insomma, la situazione sembra
priva di reale controllo. |
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