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inserito il: 8-1-2013 |
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Il Sole 24 Ore 8-1-2013 La Ue boccia l'Imu: aumenta la povertà e non risolve le disuguaglianze.
Renderla progressiva e più equa
Di Gianni Trovati
Ue, l'Imu non
ha impatto sulle disuguaglianze e peggiore la situazione delle famiglie
povere Dopo i
colpi da campagna elettorale, sull'Imu arriva una
bordata ancora più pesante: a renderla tale è il mittente, la stessa Unione
europea nel cui nome sono state compiute le difficili scelte fiscali del 2012
che proprio nell'imposta sul mattone trovano il loro pilastro centrale. «L'Imu deve essere modificata per renderla più equa e per
conferirle un effetto redistributivo», scrive il Rapporto Ue 2012 su
Occupazione e sviluppi sociali. La nascita dell'Imu,
ricorda il rapporto, è avvenuta «a seguito di raccomandazioni sulla riduzione
di un trattamento fiscale favorevole per le abitazioni», anche in
considerazione del fatto che le tasse sulla proprietà presentano «un effetto
distorsivo relativamente basso e un basso tasso di evasione». Un conto, però,
erano le raccomandazioni, altro conto si è rivelata la loro traduzione
pratica, al punto che il Rapporto parla apertamente di «possibili
miglioramenti» dell'imposta. Il problema è quello di rendere l'imposizione
progressiva e legata al reale valore dell'immobile, ed è noto allo stesso
Governo che infatti aveva dedicato alla riforma del Catasto uno dei capitoli
chiave della delega fiscale naufragata in un Parlamento ormai invaso dai
venti elettorali. La moltiplicazione lineare dei vecchi valori catastali, con
i nuovi moltiplicatori che hanno aumentato del 60% la base imponibile
rispetto alla vecchia Ici, hanno infatti finito per ingigantire le
distorsioni nate dal fatto che i numeri del Fisco si sono disinteressati
dell'evoluzione del mercato nei decenni. documenti
· Affitti, a Genova le imposte più alte · Rapporto lavoro e sviluppo sociale Ue · L'Imu ad aliquota base pe run immobile in affitto e per un negozio articoli correlati
Il
risultato finale varia di conseguenza da città a città, e da quartiere a
quartiere, in base alla casualità dell'intreccio fra prezzi di mercato e
valori catastali. Un'analisi sulla stessa tipologia di immobile in zone
equivalenti di diverse città arriva a mostrare paradossi eclatanti, come il
fatto che un negozio a Latina può arrivare ad avere una base imponibile
tripla rispetto allo stesso negozio a Venezia, città che invece primeggia a
livello nazionale per i valori fiscali delle abitazioni. Un trilocale in
semicentro a Savona, per il Catasto, può valere il doppio dello stesso
immobile a Milano, mentre un appartamento a Verona mostra una base imponibile
più che doppia rispetto a Reggio Emilia, mentre i due mercati sono
sostanzialmente analoghi. Ma differenze enormi possono coesistere nella
stessa città, perché una casa nuova in periferia, che naturalmente ha una
rendita aggiornata in quanto attribuita al momento della costruzione, secondo
il Fisco può valere molto di più di un immobile di lusso in centro, i cui
parametri catastali risalgono a decenni fa. Tutte queste distorsioni hanno
ricadute dirette sul mercato degli affitti, perché nelle città in cui il
mercato è sgonfio ma i valori catastali sono alti le imposte possono
assorbire fino al 70-80% dell'entrata, mentre in altri centri i bilanci
pubblici "si accontentano" di chiedere il 50 per cento, senza che
queste differenze abbiano un qualsiasi riscontro sulla reale situazione
patrimoniale e reddituale del contribuente. In
questo modo, si macchiano anche gli effetti positivi del meccanismo disegnato
nel dicembre 2011, che tra l'altro distingue in modo significativo il carico
tra abitazione principale e altri immobili, e c'è il rischio che il suo
impatto arrivi «ad aumentare leggermente la povertà in Italia». I valutatori
di Bruxelles trovano però qualche altro meccanismo da correggere: il suggerimento
è quello di introdurre deduzioni non basate sul reddito ma sul valore, dunque
più in linea con l'impostazione di una tassa sulla proprietà, e di migliorare
la definizione di abitazione principale. |
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