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Documento inserito il: 11-1-2013

 

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Dal blog di  Fermare il Declino su Huffington Post Italia

Destra-Sinistra, Vecchio-Nuovo:

Istruzioni per l'uso in campagna elettorale

Alberto Saravalle

 

Nelle ultime settimane si è spesso detto che la tradizionale divisione destra-sinistra non ha più molto senso. Il tema, affrontato sempre più di frequente in editoriali e blog in questo primo scorcio di campagna, nel tentativo di inquadrare i nuovi soggetti politici che stanno scaldando i muscoli in attesa della competizione elettorale, è divenuto di attualità quando Monti lo ha ribadito a chiare lettere nella conferenza stampa nella quale annunciava la propria "salita" in politica. Il punto, però, non è che destra e sinistra non esistono più - sarebbe come dire che non ci sono più le mezze stagioni - ma che i governi sono costretti a perseguire politiche diversificate, una volta patrimonio esclusivo dell'una o dell'altra parte politica, a seconda della situazione economica o politica contingente o della convenienza in chiave elettorale. Fenomeno colto con chiarezza da Nanni Moretti nel film "Aprile" quando esortava D'Alema a "dire qualcosa di sinistra".

Si pensi, ad esempio, alle "lenzuolate" di Bersani che hanno iniziato a introdurre le prime liberalizzazioni. Un tema a prima vista tipicamente di destra, ma che nel contesto italiano, come Giavazzi e Alesina hanno convincentemente spiegato, è piuttosto rivoluzionario e che certamente beneficia soprattutto le classi meno abbienti. D'altro lato, si pensi all'approccio statalista e protezionista di larga parte del PdL in difesa dei dipendenti pubblici che costituivano una larga parte del proprio elettorato.

Queste differenze erano fondamentali nella Prima Repubblica, quando l'ideologia prevaleva su ogni altro argomento politico. Nella Seconda Repubblica, invece, dopo la caduta del muro di Berlino e lo sdoganamento della destra, erano solo un utile pretesto per catturare gli elettori. Com'è noto, Bobbio aveva scritto che destra e sinistra continuavano a differenziarsi per il diverso approccio al tema dell'uguaglianza: la prima mirava alla redistribuzione del reddito, la seconda privilegiava il merito. 

Oggi però sembra chiaro che per aiutare chi è svantaggiato non serve tanto ridistribuire il reddito quanto piuttosto creare quella che in gergo si chiama "eguaglianza di opportunità" per consentire mobilità sociale.

Così, chi è rimasto legato alle tradizionali categorie della politica si trova spiazzato. Mancando questi punti di riferimento, la campagna si sta sviluppando all'insegna del "vecchio" e del "nuovo", soprattutto per intercettare i voti di protesta. Anche queste, però, sembrano spesso definizioni retoriche che lasciano il tempo che trovano. La novità non deriva dal solo fatto che si tratti di un soggetto politico che si presenta per la prima volta alle elezioni o dalla provenienza dalla cosiddetta "società civile" di una parte dei suoi candidati, quanto piuttosto dalle idee che stanno alla base dell'offerta politica.

Ad esempio, il Movimento 5 Stelle, che peraltro esiste da tempo, in fin dei conti riprende taluni temi qualunquistici tipici dell'antipolitica ed altri dei no-global già presenti in altri partiti e gruppi in Italia (dal partito dell'Uomo Qualunque di Giannini ai No-Tav) e di recente anche all'estero (il Partito Pirata in Germania). Lo stesso vale per Rivoluzione Civile di Ingroia che è stato ripudiato da molti intellettuali proprio perché ritenuto "vecchio" nella sostanza e nel metodo. Anche il "nuovo" raggruppamento che si sta formando intorno al Presidente Monti accoglie partiti e candidati che provengono addirittura dalla Prima Repubblica e che si pongono in una linea di continuità con le politiche di rigore fondato sull'imposizione fiscale finora portate avanti dal governo.

A me pare che le uniche vere novità di questa campagna elettorale siano venute finora da Renzi e da Fare per Fermare il Declino, non solo per il comune forte richiamo alla discontinuità con una classe dirigente (politica e amministrativa) che ha portato il paese alla situazione di gravissima crisi nella quale ora si trova, ma anche per le soluzioni offerte. Il progetto, in entrambi casi, si basa su ricette chiare, in alcuni casi con l'indicazione dei provvedimenti da adottare nei primi 100 giorni (non le solite fumose e generiche affermazioni di principio che sostanzialmente equivalgono a dare un assegno in bianco nelle mani di chi governerà): diminuzione del debito pubblico; riduzione della pressione fiscale (soprattutto per ridurre il costo del lavoro); riorganizzazione e "dimagrimento" dello Stato per indirizzare le risorse dove è più necessario (scuola, università, ricerca scientifica); riforme della giustizia per accelerare la durata dei processi; maggiore trasparenza nella gestione dell'amministrazione; ecc..

Le affinità sono notevoli, sia per il metodo sia per le ricette economiche. Non a caso Zingales (uno dei fondatori di Fare per Fermare il Declino, era stato tra i consiglieri economici di Renzi). Ebbene, proprio per la loro "novità", la reazione dell'establishment contro entrambi è stata durissima: da un lato, la vecchia guardia del PD ha fatto muro contro il giovane sfidante e, dopo le recenti primarie per i candidati, ben pochi sono i Renziani rimasti in lista; dall'altro, i partiti e movimenti che pure apparentemente si richiamano agli stessi principi liberali hanno ignorato Fare, addirittura rifiutando ogni confronto sui programmi o cooperazione sul piano elettorale.

A ben vedere, dunque, tutte queste definizioni (destra, sinistra, società civile, nuovo, scelte civiche, ecc.) sono ormai spesso solo proclami elettorali. Occorre guardare alla sostanza dell'offerta politica, altrimenti poi è inutile lamentarsi. Come diceva Goethe, non si è mai ingannati, si inganna se stessi.

Alberto Saravalle, Responsabile Settore Giustizia, Fare per Fermare il Declino