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NE IRROGANTO Documento
inserito il: 11-1-2013 |
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Dal blog di Fermare il
Declino su Huffington Post Italia Destra-Sinistra, Vecchio-Nuovo:
Istruzioni per l'uso in
campagna elettorale
Nelle ultime settimane si è
spesso detto che la tradizionale divisione destra-sinistra non ha più molto
senso. Il tema, affrontato sempre più di frequente in editoriali e blog in
questo primo scorcio di campagna, nel tentativo di inquadrare i nuovi
soggetti politici che stanno scaldando i muscoli in attesa della competizione
elettorale, è divenuto di attualità quando Monti lo ha ribadito a chiare
lettere nella conferenza stampa nella quale annunciava la propria
"salita" in politica. Il punto, però, non è che destra e sinistra
non esistono più - sarebbe come dire che non ci sono più le mezze stagioni -
ma che i governi sono costretti a perseguire politiche diversificate, una
volta patrimonio esclusivo dell'una o dell'altra parte politica, a seconda della
situazione economica o politica contingente o della convenienza in chiave
elettorale. Fenomeno colto con chiarezza da Nanni Moretti nel film
"Aprile" quando esortava D'Alema a "dire qualcosa di
sinistra". Si pensi, ad esempio, alle
"lenzuolate" di Bersani che hanno
iniziato a introdurre le prime liberalizzazioni. Un tema a prima vista
tipicamente di destra, ma che nel contesto italiano, come Giavazzi e Alesina
hanno convincentemente spiegato, è piuttosto rivoluzionario e che certamente
beneficia soprattutto le classi meno abbienti. D'altro lato, si pensi
all'approccio statalista e protezionista di larga parte del PdL in difesa dei dipendenti pubblici che costituivano
una larga parte del proprio elettorato. Queste differenze erano
fondamentali nella Prima Repubblica, quando l'ideologia prevaleva su ogni
altro argomento politico. Nella Seconda Repubblica, invece, dopo la caduta
del muro di Berlino e lo sdoganamento della destra, erano solo un utile
pretesto per catturare gli elettori. Com'è noto, Bobbio aveva scritto che
destra e sinistra continuavano a differenziarsi per il diverso approccio al
tema dell'uguaglianza: la prima mirava alla redistribuzione del reddito, la
seconda privilegiava il merito. Oggi però sembra chiaro che
per aiutare chi è svantaggiato non serve tanto ridistribuire il reddito
quanto piuttosto creare quella che in gergo si chiama "eguaglianza di
opportunità" per consentire mobilità sociale. Così, chi è rimasto legato
alle tradizionali categorie della politica si trova spiazzato. Mancando
questi punti di riferimento, la campagna si sta sviluppando all'insegna del
"vecchio" e del "nuovo", soprattutto per intercettare i
voti di protesta. Anche queste, però, sembrano spesso definizioni retoriche
che lasciano il tempo che trovano. La novità non deriva dal solo fatto che si
tratti di un soggetto politico che si presenta per la prima volta alle
elezioni o dalla provenienza dalla cosiddetta "società civile" di
una parte dei suoi candidati, quanto piuttosto dalle idee che stanno alla base
dell'offerta politica. Ad esempio, il Movimento 5
Stelle, che peraltro esiste da tempo, in fin dei conti riprende taluni temi
qualunquistici tipici dell'antipolitica ed altri dei no-global già presenti
in altri partiti e gruppi in Italia (dal partito dell'Uomo Qualunque di
Giannini ai No-Tav) e di recente anche all'estero
(il Partito Pirata in Germania). Lo stesso vale per Rivoluzione Civile di
Ingroia che è stato ripudiato da molti intellettuali proprio perché ritenuto
"vecchio" nella sostanza e nel metodo. Anche il "nuovo"
raggruppamento che si sta formando intorno al Presidente Monti accoglie
partiti e candidati che provengono addirittura dalla Prima Repubblica e che
si pongono in una linea di continuità con le politiche di rigore fondato
sull'imposizione fiscale finora portate avanti dal governo. A me pare che le uniche
vere novità di questa campagna elettorale siano venute finora da Renzi e da Fare per Fermare il Declino, non solo per il
comune forte richiamo alla discontinuità con una classe dirigente (politica e
amministrativa) che ha portato il paese alla situazione di gravissima crisi
nella quale ora si trova, ma anche per le soluzioni offerte. Il progetto, in
entrambi casi, si basa su ricette chiare, in alcuni casi con l'indicazione
dei provvedimenti da adottare nei primi 100 giorni (non le solite fumose e
generiche affermazioni di principio che sostanzialmente equivalgono a dare un
assegno in bianco nelle mani di chi governerà): diminuzione del debito
pubblico; riduzione della pressione fiscale (soprattutto per ridurre il costo
del lavoro); riorganizzazione e "dimagrimento" dello Stato per
indirizzare le risorse dove è più necessario (scuola, università, ricerca
scientifica); riforme della giustizia per accelerare la durata dei processi;
maggiore trasparenza nella gestione dell'amministrazione; ecc.. Le affinità sono notevoli,
sia per il metodo sia per le ricette economiche. Non a caso Zingales (uno dei
fondatori di Fare per Fermare il Declino, era stato tra i consiglieri
economici di Renzi). Ebbene, proprio per la loro
"novità", la reazione dell'establishment contro entrambi è stata
durissima: da un lato, la vecchia guardia del PD ha fatto muro contro il
giovane sfidante e, dopo le recenti primarie per i candidati, ben pochi sono
i Renziani rimasti in lista; dall'altro, i partiti
e movimenti che pure apparentemente si richiamano agli stessi principi
liberali hanno ignorato Fare, addirittura rifiutando ogni confronto sui
programmi o cooperazione sul piano elettorale. A ben vedere, dunque, tutte
queste definizioni (destra, sinistra, società civile, nuovo, scelte civiche,
ecc.) sono ormai spesso solo proclami elettorali. Occorre guardare alla
sostanza dell'offerta politica, altrimenti poi è inutile lamentarsi. Come
diceva Goethe, non si è mai ingannati, si inganna se stessi. Alberto Saravalle,
Responsabile Settore Giustizia, Fare per Fermare il Declino |
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