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NE IRROGANTO Documento
inserito il: 2-8-2006 |
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le origini di un problema che solo l’intelligenza può risolvere. Di Mauro Novelli 2-8-2006 Esattamente
90 anni fa, Monsieur Picot e Mister Sykes, incaricati dai loro paesi in guerra contro
Germania, Austria-Ungheria e Impero Ottomano, raggiunsero un accordo in base
al quale, in caso di vittoria, le regioni mediorientali dominate dai Turchi
sarebbero state così divise: - alla Gran Bretagna: Mesopotamia del sud (Baghdad
e Bassora) e Palestina - alla Francia: Siria e Libano, Mesopotamia del
nord (Mosul).
Al fine di
ottenere appoggi contro la Turchia, i Britannici solleticarono le aspirazioni
kurde con la promessa di costituzione di un Kurdistan indipendente, mentre
agli Arabi fecero intendere una soluzione simile per l’ intero territorio da
essi occupato, con l’ipotesi di costituzione di un grande regno arabo. Contemporaneamente
ed in contrasto con le promesse fatte, ottennero la “simpatia” delle
organizzazioni sioniste mondiali (di ben altro aiuto nella guerra contro gli
Imperi centrali), garantendo loro, in contropartita, un benevolo
atteggiamento della Gran Bretagna: con la dichiarazione del Ministro degli
esteri, A. J. Balfour, del novembre 1917, il
governo britannico comunicava al banchiere Rothschild – stavolta nero su
bianco : "Il
Governo di Sua Maestà guarda con favore la costituzione in Palestina di una
casa nazionale per il popolo ebraico e applicherà tutti i suoi sforzi per
facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, essendo stato assodato
chiaramente che non sarà fatto niente che possa pregiudicare i diritti civili
e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, o i diritti e
lo statuto politico goduti dagli ebrei in qualunque altro paese”.[In nota[i][i]
il testo completo della missiva di Balfour]. Vinta
la guerra, i Britannici ottennero il mandato sulla regione irachena e sui
territori arabi fino al Sinai, Palestina compresa. Quanto al Kurdistan,
l’iniziale impegno dei vincitori per la creazione di uno stato indipendente
(Trattato di Sèvres del 1920) fu disconosciuto dal
successivo Trattato firmato con Kemal Ataturk (a Losanna nel 1923), col quale gli Alleati si
rimangiarono le promesse: non si parlò più di un stato kurdo, tanto meno
indipendente. Ma
col mandato (1922) concesso alla Gran Bretagna sulla Palestina dalla neonata
Società delle Nazioni, si sarebbe dovuto sollevare un serio problema
giuridico (mai evidenziato) proprio a seguito degli impegni di Balfour. Infatti,
il “mandato” della Società delle Nazioni è un istituto mirante a garantire
agli ex territori tedeschi e a quelli del dissolto Impero Ottomano un governo
internazionalmente regolato, con il compito di avviare le popolazioni
interessate all’autonomia ed all’indipendenza. E’
evidente, per il Regno Unito, il contrasto non conciliabile tra i doveri come
potenza mandataria in Palestina e l’impegno garantito alle organizzazioni
ebraiche dalla dichiarazione di Balfour: favorire
la promozione civile dei Palestinesi, fino all’indipendenza, e permettere la
costituzione di un “focolare” ebraico [nelle traduzioni ufficiali] negli
stessi territori è impegno incompatibile con la buona fede. I
Britannici si distrassero anche sul grande Regno assicurato agli Arabi. Rispettarono,
al contrario, gli impegni con le organizzazioni sioniste destinatarie della
dichiarazione di Balfour. Con una aggravante:
sorvolarono e non fecero mai valere la precondizione richiamata dalla stessa
dichiarazione, che pure denota la ricerca e l’ottenimento da parte del
Governo di Sua Maestà di garanzie per i Palestinesi : “…essendo
stato assodato chiaramente che non sarà fatto niente che possa pregiudicare i
diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in
Palestina…”.
Questa è
l’origine anglosassone del problema, oggi definito israelo-palestinese.
Nonché di quello kurdo, fin dal 1923tenuto da tutti sottotraccia, d’accordo Kemal Ataturk.
E
ancora, sessanta anni fa, nessuno volle tenere in considerazione, per ragioni
in fondo speciose, la assennata risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu
(n° 181 del 1947) mirante a favorire la formazione di due Stati indipendenti.
Comunque,
nel 1948, Ben Gurion annunciò al mondo la
fondazione dello stato di Israele. La
politica estera anglosassone (non intendo solo la britannica) è sempre stata,
al di là delle forme, trasandata e sciatta; in breve, grossolana perché fondamentalmente
“isolana”: eleganti, educati e civili in casa (cioè tra di loro); solo
formalmente civili ma in concreto sgraziati e rozzi con gli altri; da
dominatori non hanno mai destinato alla soluzione dei “problemi d’oltremare”
sufficiente impegno ed adeguate risorse intellettuali; poco interessa la
costituzione di equilibri duraturi, dettati cioè da saggezza e lungimiranza,
insomma da intelligenza politica. Se poi, oltremare, dovessero sorgere
problemi seri, tali da mettere in discussione i loro stessi interessi, si
invieranno le cannoniere (nell’ ‘800), i tanks ed i bombardieri (a metà
‘900), i cruise, le bombe chirurgiche (fine secolo, inizio millennio). La
“comunità” anglosassone (Usa, GB, Canada, Australia, Nuova Zelanda) ha tre
confini di terra: due dei tre hanno da sempre qualche problema (col Messico
per gli USA e con l’Irlanda per il Regno Unito); non ha problemi il terzo,
quello tra USA e Canada, ma è un confine domestico, appunto. A
conferma del pressappochismo in politica estera, basti considerare che gli
Stati Uniti aprono fronti internazionali che poi o non risolvono (con la
Corea del Nord c’è solo un armistizio; la Somalia è stata frettolosamente
abbandonata a se stessa; con Israele si abbonda in armamenti ma non in
soluzioni politiche intelligenti), o risolvono male (Viet
Nam, Iraq, Sud America che ormai sta sfuggendo di
mano). Si
consideri inoltre che, sebbene promossa dal presidente Wilson (fautore
oltretutto dell’autodeterminazione dei popoli), la Società delle Nazioni –
antenata dell’Onu – non fu mai ratificata dagli Usa: il Congresso la bocciò
non sottoscrivendo il trattato di Versailles (1919); da tempo, per gli USA
l’Onu stessa è un impiccio, come la Convenzione di Ginevra, come il Tribunale
penale internazionale dell’Aia; mentre la mengheliana
Guantanamo – e chissà quanti altri lager - non
imbarazza assolutamente, perché collocata “oltremare”, al riparo da giudizi
di concittadini che “se non vedono, possono far finta di non sapere”. E’
di grande preoccupazione il fatto che Israele abbia mutuato velocemente gli
atteggiamenti deteriori dei dominatori anglosassoni, primo fra tutti la
ricerca di una legittimazione esclusivamente muscolare. Per emulazione, anche
sul fronte arabo si pensa ad un riscatto legittimato dalla sola imposizione
di soluzioni militari distruttive e finali. E’ un cul
de sac, costosissimo su tutti i fronti. Ma
per poter mantenere con successo l’atteggiamento di chi si sente legittimato
dalla sola manifesta superiorità militare, per poter imporre cioè la politica
delle cannoniere, occorre che Israele diventi l’isola che non è: il muro di
Sharon non è altro che il tentativo tragico e perdente di illudere se stessi
di abitare un’isola, senza l’immanenza dei problemi di vicinato. [La
soluzione del muro è piaciuta agli USA, che hanno la tentazione, oggi, di
riproporla al confine con il Messico.]. Insomma,
per loro natura, gli anglosassoni non sono in grado di sostenere il ruolo di
gendarme unico per molto tempo e senza far seri danni. Per la funzione di
gendarmeria mondiale, non resta che sperare in un affiancamento dell’unica
superpotenza da parte di chi conosce bene, per averne sperimentato nei
millenni gli effetti sulla propria pelle, l’atroce drammaticità delle
conseguenze di errate scelte e di superficiali decisioni politiche nei
rapporti internazionali. L’Europa?
La Russia? Certamente la Cina tra qualche anno. Intanto,
Israele e Palestina versano il loro sangue e, con esso, alimentano il più
grave e disarticolante problema per la pace planetaria. Contribuiscono altresì
ad arricchire le finanze di chi lucra quando la comunità internazionale è
tenuta in fibrillazione. Il
mondo dovrebbe, invece, poter affrontare con saggezza e lungimiranza ben
altre sfide. Con
un po’ di intelligenza (che però non si trova al mercato) potremmo liberare
enormi risorse. Chi
ha ragione? I Palestinesi? Gli Ebrei ? Disgraziatamente,
al di là delle responsabilità, ha sempre ragione la storia che, in assenza di
colpi di genio antropologico che ne intuisca il telos,
procede a colpi di genio militare. Continuare
a battersi per chi ha ragione vuol dire non uscire dal dramma, così come
continuare a rivendicare diritti di prelazione sul territorio: dovremmo
davvero assegnare i territori ai legittimi abitanti? E per individuarli, di
quanti secoli dovremo andare a ritroso? Solo di alcuni, per gli Arabi? Di due
o tre decine, per gli Ebrei ? Ma allora, per le coste potrebbero farsi avanti
i Filistei e i Fenici, per le colline gli Ammoniti. E se si facessero sentire
i Madianiti, il cui territorio fu occupato da Mosè e dal suo popolo in fuga
dall’Egitto? Purché non accampino diritti gli Ittiti. E perché non gli stessi
Egizi, patrocinati dai Berberi, loro probabili eredi! Comunque,
se il genio dell’intelletto (e chi lo detiene) non sopravanza e mette a tacere
il genio militare (e chi lo detiene), la storia procede lo stesso con i suoi
tempi, macinando sempre e comunque chi prende decisioni ottuse e miopi, di
corto respiro e sempre costose, e la loro gente. Pur
di mantenere il primato del genio militare, qualcuno è riuscito perfino a
buttarla in religione…..
NOTA [1][i] 1) La Dichiarazione di
Mr. Balfour Foreign
Office - November 2nd, 1917 Ministero degli Esteri - 2
novembre 1917 |
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