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DOSSIER “ISRAELE-PALESTINA:

Se scoppia l’intelligenza”

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ARCHIVIO GENERALE  DEL DOSSIER  

TUTTI I DOSSIER


tARTICOLI DEL   16-19 settembre 2008     #TOP



Report "Israele/Palestina"

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Indice delle sezioni

Israele/Palestina (65)


Indice degli articoli

Sezione principale: Israele/Palestina

"l'italia e gheddafi ci paghino i danni" - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: in Israele, ha rivolto con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Berlusconi, tramite l'ambasciatore d'Italia a Tel Aviv, Mattiolo, la richiesta di esseri inclusi nel risarcimento di 5 miliardi di euro, che il governo italiano ha offerto alla Libia per i danni subiti durante il periodo in cui fu colonia italiana (

Memorie DA UN MASSACRO ( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: cacciati dalla Giordania all'inizio degli anni '70, attaccavano Israele dal Paese dei cedri, dove si era riorganizzata l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). L'inizio della fine del Gaza hospital coincise con l'invasione israeliana del Libano e il massacro di Sabra e Shatila, nel 1982.

Tra reperti di memoria e realtà del presente. Fuga e approdi ( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Palestina ), oltre ad alcuni documentari fuori concorso già famosi come Un'ora sola ti vorrei di Alina Marrazzi o Il mio paese di Daniele Vicari. Mazzino Montinari e Antonio Pezzuto programmano "Documentiamoci" sezione indirizzata in particolare agli abitanti di Salina che ormai sono diventati degli appassionati del genere e lo scorso anno decretarono la vittoria di The Agronomist

Folgore-rizzoli, insieme per jawad - alessandro cori ( da "Repubblica, La" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: dopo essere stato colpito da un razzo sparato da un elicottero israeliano, mentre in macchina si recava a Tiro per acquistare una medicina. Mohamed Jawad Hussein, sposato e padre di due bimbi, nell'incidente perse un braccio e si trovò con il femore lesionato. I militari italiani lo notarono perché passavano spesso sotto casa sua, e grazie all'intervento della Croce Rossa,

Memorie DA UN MASSACRO - L'OSPEDALE DELLA STRAGE, UN QUARTO DI SECOLO DOPO ( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: cacciati dalla Giordania all'inizio degli anni '70, attaccavano Israele dal Paese dei cedri, dove si era riorganizzata l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). L'inizio della fine del Gaza hospital coincise con l'invasione israeliana del Libano e il massacro di Sabra e Shatila, nel 1982.

I <pogrom> dei coloni ( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: ISRAELE I "pogrom" dei coloni Mi. Gio. Degli oltre 400mila coloni israeliani - metà dei quali a Gerusalemme Est - circa 11mila sarebbero pronti a lasciare la Cisgiordania palestinese occupata nel 1967 in cambio di un indennizzo. Lo sostiene il vicepremier Haim Ramon.

Dopo Hamas, arrivano le bombe mafiose ( da "Opinione, L'" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: 2008 Nuova minaccia alla sicurezza di Israele: regolamenti di conti fra clan della malavita Dopo Hamas, arrivano le bombe mafiose di Dimitri Buffa Non bastavano gli "shaheed" palestinesi e i terroristi islamici. Adesso Israele si ritrova a fronteggiare una nuova emergenza terroristica che in Italia abbiamo conosciuto molto bene nei primi anni '90: quella delle stragi di mafia.

Quattro nomi in lizza per il dopo Olmert ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Esteri Pagina 113 Israele Quattro nomi in lizza per il dopo Olmert Israele --> TEL AVIV Il mondo politico israeliano trattiene il fiato a due giorni dalle primarie di Kadima in cui sarà scelto il successore di Ehud Olmert, costretto a cedere le redini di governo per il moltiplicarsi di inchieste giudiziarie nei suoi confronti.

Storie dal mondo Il cinema etnografico al festival di Nuoro ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 16-09-2008) + 1 altra fonte
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Si prosegue con produzioni arrivate da Israele, Russia, Etiopia. Nella programmazione pomeridiana La valigia di Tidiane Cuccu , di Umberto Siotto e Antonio Sanna. Un ritratto del senegalese Cheickh Tidiane Djagne, ambulante in Barbagia e di Antonio Cuccu, storico venditore girovago di libri in lingua sarda scomparso da qualche anno.

Iran, Berlusconi: "Attenti alle follie su Israele" ( da "Giornale.it, Il" del 16-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Attenti alle follie su Israele" di Redazione Il premier a Parigi davanti all'associazione ebraica Keren Hayesod paragona Ahmadinejad a Hitler: "Attenti a chi dice di cancellare Gerusalemme dalla carta geografica. Non crediamo siano minacce reali, ma diceva così anche un tizio che all'inizio sembrava democratico" Parigi - Berlusconi contro Ahmadinejad:

Primarie in IsraeleLivni grande favorita ( da "Secolo XIX, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele e Cisgiordania), la Livni ha poi sposato posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, Tzipi Livni è entrata nella vita politica nelle file del Likud (

Israeliani contro palestinesi, attacco in mare pacifista italiano ferito su un peschereccio ( da "Repubblica, La" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: cui Israele impone di non superare una fascia di poche miglia di ampiezza, molto inferiore a quella delle acque territoriali, quando la barca è stata fermata da una motovedetta dello stato ebraico. Un forte getto d'acqua aperto dai militari contro il peschereccio ha spaccato un finestrino dell'imbarcazione.

Kadima in cerca di leader è il gran giorno di tzipi livni - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Kadima in cerca di leader è il gran giorno di Tzipi Livni Israele, è lei la favorita alla guida del partito La stagione dell'attuale primo ministro è sostanzialmente finita ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Il popolo di Kadima, circa 73mila iscritti, s'accinge oggi ad incoronare un nuovo leader cui spetterà il duplice compito di guidare il partito e il governo.

Olmert lascia, in Israele è il giorno della ministra Tzipi Livni Oggi le primarie di Kadima, dopo 34 anni una donna pronta a guidare il Paese. Per i sondaggi prenderà il posto del ( da "Unita, L'" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: È il giorno della svolta (politica) per Israele. Non si avranno prima della notte tra oggi e domani i risultati delle primarie del partito centrista israeliano Kadima, il principale della coalizione attualmente al governo, da cui uscirà la persona che potrebbe guidare il governo israeliano sino alla fine della legislatura, nel novembre 2010,

Democrazia difettosa ( da "Unita, L'" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Dalla capitale francese, Berlusconi ha ribadito, con parole sentite, di essere un vero, grande amico di Israele. Ma Israele è anche un Paese orgoglioso della sua magistratura e della sua (praticata) indipendenza dal potere politico. Ma questo, per il Cavaliere è un "difetto". Imperdonabile. Berlusconi.

Gaza, Hamas decapita il clan armato: dodici morti Sanguinosa battaglia contro i Dughmush. Ora è assoluto il controllo degli integralisti sulla Striscia ( da "Unita, L'" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: responsabili anche dei sequestri del soldato israeliano Ghilad Shalit e del giornalista della Bbc Alan Johnston - allo stesso tempo nessuno può fare a meno di constatare che il potere di Hamas oggi è assoluto. Ben poco contano, specie dal punto di vista militare, le forze politiche non islamiche ancora presenti a Gaza, come i marxisti del Fronte popolare e del Fronte democratico,

Marini e andreotti, gli ex dc non ci stanno "nessun equivoco sulla nostra storia" - carmelo lopapa ( da "Repubblica, La" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Israele", per tornare sui rischi di un ritorno dei fantasmi del passato. Non ribadisce la condanna al fascismo ma cita Napolitano e avverte che bisogna "combattere con successo ogni indizio di razzismo, di violenza e sopraffazione contro i diversi e ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando esso si travesta da antisionismo"

VENERDI' 12 ASSOCIAZIONE PAROLA. In via Cibrario 28, alle 18, incontro con Franco Frassoni, autor ( da "Stampa, La" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: alle 20,45, si parla del libro di Giuseppe Giannotti "Israele, verità e pregiudizi. I media italiani e la seconda Intifada. Disinformazione e mistificazione" (De Ferrari). NICHELINO. Alla Giovanni Arpino in corso Turati 4/8, alle 21, incontro con Maurizio Blini, autore di "Il creativo" (Ennepilibri).

Dal nostro inviato PARIGI - Credo che dovremo avere tut ( da "Messaggero, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: anche io sono israeliano", "in quel momento mi sono sentito anche io israeliano e ho sempre sentito l'importanza di essere dalla parte di Israele e dei suoi abitanti". Berlusconi, che ancora non si è recato in visita in Israele dal giorno del suo insediamento a palazzo Chigi, ha anche fatto riferimento alla crisi politica e alle forzate dimissioni di Olmert.

Hamas contro un clan: 12 morti ( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: responsabile del rapimento del giornalista della Bbc Alan Johnston (2007) e del soldato israeliano Gilad Shalit (2006). Intanto ieri un pacifista italiano, Vittorio Arrigoni, è stato lievemente ferito dalle schegge di vetro di un finestrino di un peschereccio palestinese andato in frantumi dopo essere stato investito dal getto di un cannone ad acqua di una motovedetta israeliana.

Sopravviverà Kadima alla fine di Olmert? ( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: ISRAELE · Fissate per oggi le primarie Sopravviverà Kadima alla fine di Olmert? Michele Giorgio GERUSALEMME Kadima sopravviverà? Questo interrogativo inquietante, posto ieri dall'analista Steven Plocker di Yediot Ahronot, pesa come un macigno sulle primarie del partito di maggioranza relativa che si aprono questa mattina in 93 località di Israele alle ore 10 e si chiuderanno stasera

Per non dimenticare Sabra e Shatila. E Stefano Chiarini ( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Mandato britannico sulla Palestina. Davanti alle loro povere botteghe, sugli usci di case troppo piccole, gli abitanti di Shatila hanno seguito la marcia, che si è snodata lungo la strada che separa la sede diplomatica dalla fossa comune. Qui - prima dei discorsi dei leader dell'Olp e di Antonietta, la sorella di Stefano - i piccoli di Shatila hanno liberato in aria palloncini rossi,

PERCHÉ L'ANTISEMITA STALIN HA RICONOSCIUTO ISRAELE ( da "Corriere della Sera" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: REDAZIONALE Risponde Sergio Romano PERCHé L'ANTISEMITA STALIN HA RICONOSCIUTO ISRAELE Vedendo il film Exodus ho notato la scena in cui gli israeliani seguono in diretta radio la votazione all'Onu per la creazione dello Stato di Israele. Comprendo le ragioni che spinsero l'America, e di conseguenza i suoi alleati, a votare a favore.

I sondaggi continuano a dare vincitrice Tzipi Livni. Donna, ministro degli Esteri, un trasco ( da "Messaggero, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: storico leader d'Israele nota per una durezza e un decisionismo sicuramente superiore ai politici attuali. Livni promette di continuare il programma avviato da Sharon e portato avanti a parole da Olmert: la riduzione degli insediamenti nei territori occupati per consentire la formazione di uno stato palestinese.

Il Mofaz conosciuto la sconosciuta Livni ( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Dal momento che Israele è nato nella guerra ed è sempre stato in regime di guerra, è difficile trovare un qualsiasi aspetto della vita di Israele che non abbia come fine la sicurezza. E nelle questioni relative alla sicurezza le decisioni finali spettano ovviamente a coloro che della sicurezza sono i responsabili.

Conferma il predominio islamista Hamas e l'ultimo clan di Gaza ( da "Riformista, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: clan ad aver materialmente eseguito il rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit, è oggi in guerra con i protettori e finanziatori di ieri? La ragione è nel repentino cambiamento dell'equilibrio del potere originato dalla rotta di Fatah e quindi dal ruolo dei clan tribali. La Striscia di Gaza è tradizionalmente molto più tribale della Cisgiordania, non solo perché più isolata,

Israele, ma le le elezioni anticipate sono dietro l'angolo ( da "Giornale.it, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Grande Israele" all'idea dell'inevitabile spartizione di Eretz Israel, la terra di Israele, fra Palestina e Israele. Le chance di Tzipi Livni, accusatrice del suo premier sospettato di corruzione, restano tuttavia in bilico. Anzitutto per il sostegno che gli elementi più a destra dell'elettorato di Kadima danno al suo avversario Mofaz,

Israele, la sfida di Tzipi Livni ( da "Opinione, L'" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Israele, la sfida di Tzipi Livni di Michael Sfaradi Oggi, le elezioni interne al partito Kadima non solo decideranno chi sarà il nuovo segretario ma anche chi sostituirà Olmert alla guida del governo israeliano. Sono diversi i pretendenti ma la lotta sembra ristretta fra Shaul Mofaz, ex Capo di Stato Maggiore dell'esercito ed ex Ministro della Difesa e attualmente Ministro dei Lavori

Scontri con clan rivale Hamas rafforza il controllo su Gaza ( da "Giornale.it, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Il suo gruppo era all'origine del sequestro del giornalista della Bbc, Alan Johnston, nel 2007 e assieme ai Comitati di resistenza popolare aveva rivendicato nel 2006 il rapimento del caporale israeliano Ghilad Shalit. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano.

Nocs, quegli invisibili uomini d'acciaio ( da "Tempo, Il" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Ed eccoli seguire e fare da ciceroni a Moshe Katsav, l'ex presidente d'Israele, che a notte fonda decise di lasciare il Quirinale per vedere in tutta tranquillità Fontana di Trevi. E il Nocs che ha garantito lo shopping blindato di Laura Bush in centro o le gite in barca con l'israeliano Peres sul lago di Como. Sempre in silenzio.

Oggi si vota il dopo Olmert ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Esteri Pagina 111 Israele. Una donna, l'attuale ministro degli Esteri, in testa nelle primarie del partito di governo Oggi si vota il dopo Olmert Israele.. Una donna, l'attuale ministro degli Esteri, in testa nelle primarie del partito di governo I sondaggi danno favorita Tzipi Livni col 47% --> I sondaggi danno favorita Tzipi Livni col 47%

Sarkò e Berlusconi, un incontro-lampo ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 17-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: organizzazione sionista che ha lo scopo di promuovere l'arrivo di ebrei in Israele. Berlusconi arriva al Pavillon Gabriel, nel cuore di Parigi a due passi da Place de la Concorde, per ritirare il premio "Uomo dell'anno" assegnatogli dall'istituzione ebraica con la motivazione di essersi distinto nella difesa di Israele.

La scommessa Livninel futuro di Israele ( da "Secolo XIX, Il" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Tzipi Livni alla carica di primo ministro nelle elezioni anticipate in Israele è legata a varie questioni che stanno sul tappeto. Prima di tutto lo scenario regionale mediorientale. Come sappiamo, oggi la carta politica del Medio Oriente passa per vari capitali in una ragnatela di complicati equilibri in cui le politiche non sono più quelle bilaterali proprie della guerra fredda.

Primarie del Kadima in Israele, Livni prima in tutti gli exit poll ( da "Secolo XIX, Il" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: il partito di maggioranza relativa israeliano, si avvierebbero dunque verso la conferma dei pronostici della vigilia. Alla Livni viene attribuita una percentuale di voti che oscilla tra il 44 e il 49 per cento. Dietro di lei il generale a riposo Sahul Mofaz (37-38 per cento). Bassa l'affluenza alle urne.

Allarme di frattini "in europa si diffonde l'antisemitismo" - giampaolo cadalanu a pagina 14 ( da "Repubblica, La" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Il ministro degli Esteri: Italia mai così in sintonia con Israele Allarme di Frattini "In Europa si diffonde l'antisemitismo" GIAMPAOLO CADALANU A PAGINA 14 SEGUE A PAGINA 14.

Israele, la livni vince le primarie prenderà il posto di olmert - alberto stabile a pagina 10 ( da "Repubblica, La" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Kadima sceglie il leader, battuto Mofaz Israele, la Livni vince le primarie prenderà il posto di Olmert ALBERTO STABILE A PAGINA 10 SEGUE A PAGINA 10.

Livni, una donna per guidare israele - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: una donna per guidare Israele Pronta a succedere a Olmert. "Alle primarie di Kadima hanno vinto i bravi ragazzi" In serata le sono giunte le congratulazioni del premier dimissionario ALBERTO STABILE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME - Quasi quarant'anni dopo Golda Meir, un'altra donna, il ministro degli Esteri, Tzipi Livni,

Anche Kadima vota donna: Livni candidata ( da "Unita, L'" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Secondo gli exit poll la ministra degli esteri di Israele Tzipi Livni ha vinto le primarie per la leadership di Kadima col 48%. De Giovannangeli a pag. 10 Primarie in Israele.

L'Italia nel mondo non conta più nulla ( da "Unita, L'" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Aspen institute sulle relazioni tra Italia e Israele. "Recentemente - ha proseguito De Benedetti - sono stato negli Stati Uniti e per la prima volta da anni nessuno mi ha chiesto nulla su cosa accade nel nostro paese". Secondo De Benedetti l'arretramento dell'Italia a livello internazionale dipende "un po' dall'allargamento del mondo e un po' dal fatto che nessuno,

L'ascesa dell'ex spia del Mossad pupilla di Sharon sulle orme di Golda Meir ( da "Unita, L'" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: destra militante e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele+Cisgiordania), il pensiero politico di Tzipora (Tzipi) Livni si è poi spostato su posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, Livni,

Vince Livni, il dopo Olmert è donna Svolta in Israele, per gli exit poll la ministra degli Esteri al 48% nelle primarie di Kadima. Il suo rivale Mofaz al 37% Ora dovrà provare a fo ( da "Unita, L'" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Israele e forse dell'intero Medio Oriente. Attorno a lei si stringono i giovani, tante le ragazze, che l'hanno accompagnata in questa "straordinaria avventura". "Tzipi rappresenta il futuro, incarna la speranza del cambiamento. Ed è bello che Israele si affidi ad una donna", dice Yael, 20 anni, una delle oltre quattrocento volontarie dei "

Israele: la Livni conquista il partito ( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: di DAVIDE FRATTINI categoria: BREVI Israele: la Livni conquista il partito TEL AVIV - Il ministro degli Esteri Tzipi Livni è nettamente in testa contro il principale avversario Shaul Mofaz nelle primarie del partito Kadima. Gli altri due contendenti (Meir Shitrit e Avi Dichter) non avrebbero superato la soglia del 10%.

<Sfida> Frattini-D'Alema su Stato ebraico e palestinesi ( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Sintonia forte con Israele". Il predecessore: "Non dimentichi gli arabi moderati" "Sfida" Frattini-D'Alema su Stato ebraico e palestinesi ROMA - Si parla di "Italia, Europa e Israele" nel convegno organizzato dall'Aspen. E in modo plastico, nella sala conferenze della Farnesina, davanti a esperti internazionali ed autorevoli esponenti della Comunità ebraica,

Esteri ( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-09-18 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Esteri La prima "regina" di Israele Premier Nata a Kiev, cresciuta negli Usa, Golda Meir (1898-1978) arrivò in Terrasanta nel 1921. Fu la prima donna premier di Israele (1969-74).

De Benedetti: l'Italia non conta più nulla ( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Italia non conta più nulla Al convegno Aspen Institute sui rapporti Europa-Israele Carlo De Benedetti parla soprattutto dell'Italia, che vede in grave declino: "Dobbiamo fare un piccolo atto di umiltà e prendere atto che non contiamo più nulla". Per il presidente del gruppo Espresso bisogna constatare che "il nostro Paese è cancellato dagli schermi radar del mondo".

Tzipi Livni festeggia. Il suo rivale Shaul Mofaz è sotto choc. La leadership palestinese ha tir ( da "Messaggero, Il" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Israele in piena sicurezza". Ha poi ricordato come fin dall'inizio aveva appoggiato la decisione di Ariel Sharon di smantellare tutti gli insediamenti nella striscia di Gaza e restituire quel territorio ai palestinesi. L'ex generale, clinicamente morto per un ictus, intendeva chiudere una parte delle colonie ebraiche in Cisgiordania ma,

TZIPI Livni ha un viso troppo dolce e femminile, anche quando tira fuori l ( da "Messaggero, Il" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: perché qualche maschio israeliano, con ammirazione ma anche un tocco di malcelato disprezzo per le capacità dell'altro sesso, possa un giorno definirla "premier con le palle" com'era stata etichettata Golda Meir, la prima donna a occupare la poltrona di primo ministro in Israele e che anni prima Ben Gurion, uno dei padri fondatori,

ROMA Parli di Israele, dei palestinesi e della pace che non arriva; di Hamas che ora deve g ( da "Messaggero, Il" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Ed è un rischio grave per Israele che dovrebbe porsi questo problema". Dunque D'Alema incalza Israele: "Offrano loro un accordo di pace per riunificare sotto una guida moderata i palestinesi". Affrontando tutti i problemi, Gerusalemme compresa. E la comunità internazionale dovrebbe farsi carico della questione delle sicurezza e della costruzione dello Stato palestinese.

Antisemitismo, Frattini lancia l'allerta ( da "Opinione, L'" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: 2008 In Europa l'odio contro gli ebrei si nasconde dietro alla maschera delle critiche a Israele Antisemitismo, Frattini lancia l'allerta di Dimitri Buffa "Dobbiamo riconoscere che vi è stata e vi è in Europa, con un trend che va a diminuire, una freddezza ed una diffidenza nei confronti di Israele che sono difficilmente accettabili".

Israele, Tzipi Livni e' il nuovo leader del Kadima ( da "Voce d'Italia, La" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Esteri Articoli correlati: *Israele libera 198 prigionieri palestinesi *Israele: rilasciati 5 palestinesi *Obama: "Rapporto speciale Usa-Israele" Guarda tutti i correlati.

LA LIVNI VINCE E SUCCEDE AL PREMIER OLMERT ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: potrebbe incoronarla primo premier donna di Israele dai tempi della "dama di ferro" Golda Meir, che guidò il Paese negli anni 1969-74. E ora a Tel Aviv si guarda già al dopo voto. In base alla legge elettorale israeliana, il capo dello stato Shimon Peres conferirà al più presto l'incarico al nuovo leader di Kadima di formare un nuovo governo.

L'ITALIA ORMAI CONTA ZERO ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: L'ingegnere ha detto di avere ormai una grande esperienza di investimenti in Israele: "Sono stato per molti anni il primo investitore italiano. È un Paese strano ma ha una sua identità morale e la certezza della propria sopravvivenza. Andare in Israele - ha concluso - è una grande opportunità".

Una donna alla guida di Israele ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 18-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Israele Il ministro degli Esteri supera il rivale Shaul Mofaz. Il difficile compito di formare un nuovo governo Tzipi Livni in testa nelle primarie di Kadima --> Tzipi Livni in testa nelle primarie di Kadima GERUSALEMME Scene di giubilo nel quartier generale di Tzipi Livni per i risultati degli exit poll che hanno dato al ministro degli Esteri la vittoria nelle primarie di Kadima

Livni, vittoria al fotofinishora l'impresa è governare ( da "Secolo XIX, Il" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: alla destra militante e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele e Cisgiordania), il pensiero politico della Livni si è poi spostato su posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, Tzipi Livni,

La medaglia dei giusti a chi salvò gli ebrei - federica angeli ( da "Repubblica, La" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: ai due fratelli è stata consegnata ieri da un ministro consigliere dell'Ambasciata di Israele in Sinagoga, dove era presente anche il rabbino emerito di Roma Elio Toaff. "I Fantera hanno compiuto un atto coraggioso - ha detto ancora Pacifici - che, in un periodo in cui si vendevano gli ebrei, denunciandoli, per 5mila lire di allora, significava mettere a rischio la propria vita.

Gli scrittori ebrei e le diversità Il primo festival delle letteratura ebraica nato dopo le polemiche alla fiera di Torino ( da "Unita, L'" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: della cultura ebraica anche al di là della Shoah e del conflitto israelo-palestinese". E sul superamento degli stereotipi si sono soffermati durante la presentazione di ieri sia i presidenti della Regione e della Provincia, Piero Marrazzo e Nicola Zingaretti, sia il sindaco Gianni Alemanno che ha sottolineato quanto "tradizione e identità siano valori portanti della cultura ebraica".

Israele, per Livni una corsa a ostacoli La vittoria di stretta misura alle primarie di Kadima complica i piani della ministra degli Esteri Per diventare premier dovrà avere una lar ( da "Unita, L'" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: per assumere la guida del governo israeliano; o, se si preferisce, il mezzo obbligato per raggiungere un fine evidente da tempo, prendere il posto di Ehud Olmert, travolto da accuse di corruzione e di uso fraudolento di fondi pubblici. Intanto una prima mossa a sorpresa l'ha fatta ieri sera Shaul Mofaz, il candidato battuto sul filo di lana,

Per Israele Tzipi è il cambiamento, come Barack ( da "Unita, L'" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: politicamente parlando) di Israele: Tzipi Livni, ministra degli Esteri, vincitrice, sia pure sul filo di lana, delle primarie di Kadima. "Più che l'Hillary Clinton d'Israele - osserva - Tzipi Livni può rappresentare per Israele ciò che Barack Obama sta rappresentando per l'America: la speranza di un cambiamento possibile".

ANTICIPAZIONI ( da "Manifesto, Il" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Ora la sfida del governo ISRAELE/PALESTINA Z. Schuldiner e M. Giorgio a pagina 10 MILANO | PAGINA 7 L'autopsia sul corpo di Guibré smonta la tesi degli aggressori Domani la manifestazione ECONOMIA | PAGINA 6 L'allarme di Confindustria: "L'Italia è in recessione" CRAC USA | PAGINA 8 Le banche centrali iniettano 300 miliardi di dollari per impedire il grande crollo.

IERI si sono svolte le elezioni primarie del Kadima il partito che guida la coalizione al gover ( da "Messaggero, Il" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Negoziati informali fra Israele e Siria sono in corso da quasi un anno, con la mediazione della Turchia. Il primo ministro turco, Tayyip Ergogan, si è impegnato personalmente. Trattative formali e dirette fra Siria ed Israele sono iniziate qualche mese fa. Vi sono stati già quattro incontri quattro.

Il popolo che ama raccontare ( da "Corriere della Sera" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: è un personaggio israeliano che incarna contemporaneamente queste due figure. Si chiama Etgar Keret, ha quarant'anni ed è stato scelto dagli organizzatori del primo Festival della letteratura ebraica per inaugurare, domani alle 21, la manifestazione. Keret parlerà del suo film "Meduse" (premio della critica al festival di Cannes 2007),

Lo show islamofascista di Ahmadinejad ( da "Opinione, L'" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: idea della grande Israele è morta, ma è morta l'idea stessa di un Paese chiamato Israele. Pertanto conviene a tutti che questa gente che ha occupato la Palestina ritorni da dove è partita, restituendo ai palestinesi la loro patria". "Noi - ha concluso Ahmadinejad - non riconosciamo Israele e nemmeno gli israeliani, ma ci preoccupiamo per quella gente che con l'

Intervista a Paolo Bertuccio/ Posti di lavoro per sconfiggere la criminalità ( da "Opinione, L'" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: unico partito italiano ad aver appoggiato Israele anche negli anni neri del terrorismo palestinese, quando i governi italiani, secondo autorevolissime testimonianze (il presidente emerito della Repubblica Cossiga), davano carta bianca ai terroristi che colpivano gli israeliani. Un episodio quasi da "leggi razziali" che andrebbe discusso.

Tzipi Livni vince per soli 431 voti e non convince ( da "Opinione, L'" del 19-09-2008) + 1 altra fonte
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Israele Tzipi Livni vince per soli 431 voti e non convince di Michael Sfaradi Le primarie di Kadima si sono concluse, come era stato previsto, con la vittoria di Tzipi Livni, ma questa vittoria, al contrario di quello che si poteva credere alla vigilia, anziché rafforzare il partito creato da Sharon, potrebbe portare a termine il lavoro iniziato da Olmert e distruggerlo definitivamente.

Israele, la Livni è già al lavoro ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 19-09-2008)
Argomenti: Israele/Palestina

Abstract: Kadima è risicata e formare un nuovo governo non sarà facile Israele, la Livni è già al lavoro La vittoria del ministro alle primarie di Kadima è risicata e formare un nuovo governo non sarà facile Il rivale Mozaf annuncia una pausa dalla politica --> Il rivale Mozaf annuncia una pausa dalla politica TEL AVIV Per un unico, piccolo punto percentuale, affiancato da uno sparuto decimale,


Articoli

"l'italia e gheddafi ci paghino i danni" - alberto stabile (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

"L'Italia e Gheddafi ci paghino i danni" Gli ebrei di Libia all'attacco: risarcimenti per il periodo coloniale e la rivoluzione Il 2 settembre l'organizzazione che li rappresenta ha scritto a Roma e a Tripoli Nel paese africano le leggi razziali furono applicate in anticipo rispetto all'Italia ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Il 2 settembre di quest'anno, l'Organizzazione Mondiale degli Ebrei di Libia, con sede ad Or Akiva, in Israele, ha rivolto con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Berlusconi, tramite l'ambasciatore d'Italia a Tel Aviv, Mattiolo, la richiesta di esseri inclusi nel risarcimento di 5 miliardi di euro, che il governo italiano ha offerto alla Libia per i danni subiti durante il periodo in cui fu colonia italiana (1911-1943). Contemporaneamente, una richiesta di risarcimento per i beni lasciati in Libia dagli ebrei fuggiti nel 1967-8, dopo la presa del potere da parte di Gheddafi, è stata presentata al leader libico tramite l'ambasciata di Tripoli a Londra. Nella lettera a Berlusconi, firmata dal presidente dell'organizzazione Meir Cahlon, si sottolinea il fatto che gli ebrei libici, "indigeni come gli arabi di Libia, hanno sofferto i danni della colonizzazione come tutti, inoltre in conseguenza delle leggi razziali emanate dal regime fascista, si sono aggiunti emarginazione, perdita di lavoro, perdita dei beni, perdita della libertà e perdita della dignità umana, fino alle deportazioni in campi di lavoro e di sterminio, dove sono stati eliminati 620 ebrei libici". "Vogliamo che venga riconosciuto il fatto che c'eravamo anche noi, che siamo stati discriminati ed abbiamo sofferto come e più degli altri - spiega Cahlon - Gli ebrei arrivarono in Libia oltre 2000 anni fa, e nel 1938 erano circa 40.000. Con le leggi razziali, non siamo solo stati espulsi dalla vita civile, ma siamo stati lasciati in balia delle violenze dei vicini musulmani, che potevano ormai agire impuniti". Da Gheddafi invece l'organizzazione vuole che venga riconosciuto che gli ebrei furono costretti ad andarsene. "Mi riferisco anche agli ultimi 5.000, fuggiti dopo, fra la guerra dei Sei giorni e la rivoluzione libica - sottolinea Cahlon - Costoro hanno lasciato beni e proprietà per i quali hanno diritto ad un risarcimento". All'inizio della colonizzazione italiana, nel 1911, si calcola che vi fossero in Libia circa 21.000 ebrei, concentrati per lo più a Tripoli, mentre nel 1938, con l'entrata in vigore delle leggi razziali, per cui tutti gli ebrei furono schedati, se ne contavano circa 40.000, di cui 15.000 a Tripoli. In Libia, le leggi razziali vennero applicate con particolare ferocia e, se così si può dire, in anticipo rispetto all'Italia. Le deportazioni, infatti, cominciarono oltre un anno prima per ordine diretto di Mussolini. Di lì a poco fu aperto il primo campo di concentramento a Giado, nel Gebel tripolitano, dove in pochi mesi vi morirono oltre 600 persone, uomini donne e tanti bambini, per malattie, maltrattamenti, fame. Altri furono imbarcati per essere deportati prima in Italia e poi a Bergen Belsen. Dopo la guerra, la situazione non migliorò: vi furono pogrom anti-ebraici che le autorità inglesi non furono in grado di fermare. Con l'indipendenza e l'entrata della Libia nella Lega Araba i moti anti-ebraici s'intensificarono e cominciò l'esodo di massa.

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Memorie DA UN MASSACRO (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

L'OSPEDALE DELLA STRAGE, UN QUARTO DI SECOLO DOPO Memorie DA UN MASSACRO Il Gaza Hospital di Beirut, a due passi da Shatila, fu anch'esso spazzato via, come tremila profughi palestinesi, dalla "pulizia etnica" dei falangisti sguinzagliati dagli israeliani di Sharon. Oggi i suoi resti slabbrati ospitano 200 famiglie. Che aspettano di tornare in Palestina Michelangelo Cocco INVIATO A BEIRUT che in Libano è arrivato dopo essere scappato da Safad, in Galilea, dove viveva con la sua famiglia, cacciata 60 anni fa dall'avanzata delle truppe ebraiche dell' Haganah. Il nosocomio, inaugurato nel 1968, curò anche i fedayyn che, cacciati dalla Giordania all'inizio degli anni '70, attaccavano Israele dal Paese dei cedri, dove si era riorganizzata l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). L'inizio della fine del Gaza hospital coincise con l'invasione israeliana del Libano e il massacro di Sabra e Shatila, nel 1982. Abu Maher ricorda che il 16 settembre di 26 anni fa tanti palestinesi che riuscirono a fuggire dall'inferno di Shatila cercarono rifugio proprio nel "Gaza ". Ma la pacifica invasione dell'ospedale da parte di queste famiglie che avevano perduto tutto e i danneggiamenti della struttura le avrebbero assestato un primo duro colpo. Già nel pomeriggio del giorno precedente il massacro, Sabra e Shatila erano stati circondati dall'esercito israeliano, agli ordini dell'allora ministro della difesa Ariel Sharon. Il compito ufficiale dell'operazione "Pace in Galilea", quello di "ripulire" i campi dai combattenti dell'Olp - la maggior parte dei quali aveva già lasciato la capitale libanese fu affidato ai miliziani cristiano-maroniti del partito falangista. Secondo quanto riferì al New York times un'infermiera olandese, per facilitare il lavoro dei miliziani durante la notte le truppe israeliane illuminarono i campi al punto che sembravano "uno stadio durante una partita di calcio". Solo alla fine di due giorni di mattanza si capirono le dimensioni della strage, che secondo le stime più pessimistiche fece registrare oltre 3.000 morti. Di tanti civili scomparsi non si seppe più nulla. Decine furono i cadaveri, orribilmente sfigurati, a cui non si poté dare un volto. L'allora primo ministro israeliano, Menachem Begin, dichiarò: "A Sabra e Shatila dei non ebrei hanno ucciso dei non ebrei, noi cosa c'entriamo?". La dottoressa Ang Swee arrivò al Gaza hospital poche settimane prima del 16 settembre 1982, volontaria per Christian aid. "Il Gaza hospital era l'unico ospedale fino a quel momento risparmiato dalla guerra civile accessibile ai palestinesi", ricorda Swee, in questi giorni di nuovo a Beirut per partecipare alla marcia che oggi attraverserà Shatila per chiedere giustizia per quella strage tuttora impunita. Swee ricorda che "il 16 settembre iniziarono ad arrivare i primi feriti da arma da fuoco, i bambini dilaniati dalle granate. Poi, il 18, l'ordine dei falangisti di evacuare la struttura". "Mio figlio Khaled è morto sotto le macerie della nostra casa, abbattuta dall'artiglieria dei falangisti", racconta Asia Ali Dahweesh. Come in quello degli oltre duemila inquilini del Gaza hospital, nel suo appartamento con le pareti tinteggiate di colori pastello e ricoperte da vecchie foto dei "martiri della resistenza" la corrente elettrica va e viene e non c'è acqua potabile. "Di mio marito Mahmoud Ahmad invece non ho potuto nemmeno riconoscere il corpo, fatto a pezzi come quelli di tanti altri palestinesi", prosegue la donna, scappata da El Houli (Safad) quando aveva cinque anni. A lei, come a tutti gli altri profughi palestinesi che lo desiderino, la risoluzione 194 dell'Assemblea generale delle Nazioni unite dà il diritto di rientrare nella sua casa, oggi nello Stato d'Israele. Alla domanda se spera ancora di tornare al suo villaggio la donna risponde: "Mi hanno cresciuta con la verdura e la frutta della Palestina, per questo il mio corpo è ancora forte: se ne avrò la possibilità, rientrerò subito". Dopo il massacro del 1982, la cosiddetta "guerra dei campi". Nel 1985 il Gaza hospital viene occupato dalle milizie sciite di Amal, che distruggono tutte le attrezzature mediche e ne fanno un punto d'osservazione militare prima di abbandonarlo dopo averne incendiata la gran parte. Sono 12 i campi dove i profughi palestinesi hanno trovato rifugio in Libano dopo essere stati cacciati o fuggiti dalla Palestina in conseguenza del conflitto arabo-israeliano del 1948. L'Unrwa, l'agenzia umanitaria dell'Onu creata per assistere i palestinesi, stima in oltre 225.000 i palestinesi ufficialmente registrati nei suoi campi. Ma in totale - sempre secondo i dati Onu - i rifugiati palestinesi in Libano sono 409.714. Mentre in Giordania e Siria, gli altri due stati dove - oltre alla Cisgiordania e a Gaza - opera l'Unrwa, i palestinesi godono di un certo livello d'integrazione, nel Paese dei cedri le condizioni di vita dei palestinesi sono durissime, tanto che sono 46.204 i casi classificati come di "speciale necessità", in pratica povertà assoluta, interamente dipendenti dagli aiuti umanitari. "Le autorità trattano i campi profughi come focolai di disordine e la presenza dei palestinesi come un problema di sicurezza", spiega Ziad Abdel Samad, che guida le ong palestinesi in Libano. Per Abdel Samad è necessario "estendere i diritti civili anche ai palestinesi". Attualmente sono oltre 70 i mestieri e le professioni che non possono esercitare, così come non hanno diritti di proprietà né di costruire nei campi. A Sidone (200.000 abitanti, dei quali 70.000 palestinesi) i campi restano sotto l'assedio dell'esercito libanese, dopo che negli ultimi mesi si sono verificati scontri tra gruppuscoli ultra-islamisti e combattenti dell'Olp. In visita a Beirut il 28 agosto scorso, il presidente dell'Autorità palestinese, Abu Mazen, ha ribadito la necessità del rispetto della risoluzione 194 dichiarando: "Siamo contrari a una sistemazione permanente dei profughi in Libano". Pochi giorni dopo, un gruppo di deputati libanesi ha consegnato al presidente Michel Suleiman una proposta di emendamento costituzionale per rendere impossibile la permanenza a tempo indeterminato dei palestinesi. Seduto nel suo ufficio nel campo profughi di Mar Elias - una piccola roccaforte della sinistra palestinese - Souheil El-Natour spiega così qusti ultimi sviluppi. "C'è una coincidenza tra la rivendicazione del diritto al ritorno da parte dei palestinesi e la paura della stabilizzazione dei palestinesi suscitata dal sistema comunitario libanese". "L'attenzione per noi è cominciata dopo l'assassinio (il 14 febbraio 2005, ndr) dell'ex premier libanese Hariri". "Da quel momento - continua il direttore dello Human development center -, i due blocchi contrapposti hanno avuto paura che i palestinesi potessero schierarsi con l'una o l'altra parte". El-Natour spiega che la rivendicazione del diritto al ritorno, che le autorità israeliane negano da sempre ai palestinesi perché "porterebbe alla fine dello Stato ebraico", ha un triplice obiettivo: gli israeliani, ai quali secondo l'ex funzionario del Fronte democratico per la liberazione della Palestina bisogna ricordare che non ci sarà vera pace senza la soluzione del problema dei rifugiati, i negoziatori palestinesi, presso i quali ritiene necessario tenere viva la questione, e le autorità libanesi, a cui intende ricordare che non vogliono restare in Libano. L'acqua che piove dai soffitti e s'infiltra nei pavimenti dei corridoi fa da rumore di sottofondo, costante. Il fetore dell'immondizia lasciata a marcire in strada penetra nei corridoi bui di quello che un tempo era il fiore all'occhiello della medicina dei campi profughi palestinesi. Benvenuti al Gaza hospital, Beirut. Qui, a due passi da Shatila, nell'adiacente " rue Sabra" , vivono stipate oltre 200 famiglie di rifugiati del 1948. Al piano terra di uno dei due palazzoni che ospitavano il nosocomio, Abu Maher ha messo su un negozio di barbiere e un povero appartamento: due divani, un tavolino, il televisore e poco più. "Era un ospedale eccellente per la chirurgia e il suo reparto di ostetricia, il Ramallah - ricorda l'uomo -. Molti medici, libanesi, palestinesi, cinesi e cubani tra gli altri, venivano a lavorare qui per esprimere la loro solidarietà con la Palestina", continua questo 61enne Foto: GAZA, L'EX OSPEDALE /FOTO MAR ELIAS/ANNUAL COURSES OF DIGITAL PHOTOGRAPHY A DESTRA, STEFANO CHIARINI.

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Tra reperti di memoria e realtà del presente. Fuga e approdi (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

DOCUMENTARIO · A Salina il festival del documentario narrativo Tra reperti di memoria e realtà del presente. Fuga e approdi Silvana Silvestri La seconda edizione del "Salina doc festival", festival del cinema documentario narrativo (22 - 28 settembre) diretto da Giovanna Taviani, sarà un'utile occasione di confronto, dopo Venezia, sul nostro cinema. Mai come quest'anno abbiamo avuto la prova della vitalità del nostro documentario, ma certo è stato una vera scommessa ideare questo festival perché, pure se Salina si trova tra Vulcano, Lipari, Stromboli e Panarea, dalla grande tradizione di cinema, non è facile attrarre gli abitanti verso un genere così particolare. I nuovi documentari però sanno parlare a tutti, offrono personaggi, storie, emozioni, aspetti sconosciuti della nostra realtà e grandi inchieste: TyssenKrupp Blues di Pietro Balla e Monica Repetto iniziato come indagine su un operaio metalmeccanico e terminato nel cupo dolore, Madri di Barbara Cupisti tra le palestinesi e le israeliane dal destino intrecciato, Così come sono di Daniel Mazza, comunicazione emozionante di un ragazzo autistico, le speraze e i desideri dei migranti ("Fughe e approdi" è il sottotitolo del festival) in Welcome Bucarest di Claudio Giovannesi, Barcelone ou la mort di Idrissa Guiro, Come un uomo sulla terra di Andrea Segre e Dagmawi Yimer, Sognavo le nuvole colorate di Mario Balsamo. E poi ancora il viaggio nella Sicilia di oggi e di ieri con i film di Germi come punto di riferimento in Provini d'amore di Danilo Monte & Zucco, il tempo dei "Dico" in Improvvisamente l'inverno scorso di Gustav Hofer e Luca Ragazzi e, reduce dal successo veneziano Pinuccio Lovero di Pippo Mezzapesa. "Credo che si possano fare inchieste raccontando una storia, dice Giovanna Taviani. Questi film sono viaggi con un punto di vista, uno sguardo che è spesso un io narrante che racconta una storia. Il confine tra film e documentario non ha più ragione di essere". Il programma comprende anche un omaggio a Pasolini ( La rabbia, Comizi d'amore, Sopralluoghi in Palestina ), oltre ad alcuni documentari fuori concorso già famosi come Un'ora sola ti vorrei di Alina Marrazzi o Il mio paese di Daniele Vicari. Mazzino Montinari e Antonio Pezzuto programmano "Documentiamoci" sezione indirizzata in particolare agli abitanti di Salina che ormai sono diventati degli appassionati del genere e lo scorso anno decretarono la vittoria di The Agronomist di Demme come miglior film. La novità di quest'anno è il prestigioso gemellaggio con il festival del documentario di San Paolo del Brasile. Alberto Crespi incontrerà gli autori e condurrà "Il nuovo cinema italiano: autori a confronto" tra cui ci sarà anche Gianfranco Pannone con l'evento speciale Il sol dell'avvenire. Nel rapporto tra cinema e letteratura l'anno scorso fu ospite Saviano (arrivato con la scorta), quest'anno Vincenzo Consolo che ha scritto un racconto per il catalogo del festival. Tra gli eventi si vedranno i cinegiornali inediti su Salina, anticipazioni sul nuovo lavoro di Pippo Del Bono, lo spettacolo "Shakespea Re di Napoli" di Ruggero Cappuccio con Lello Arena.

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Folgore-rizzoli, insieme per jawad - alessandro cori (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Pagina IV - Bologna Una storia e un convegno per illustrare la collaborazione tra l'ospedale e l'esercito Folgore-Rizzoli, insieme per Jawad "Abbiamo spesso pazienti che arrivano dal terzo mondo" dice Baldi ALESSANDRO CORI Jawad ora cammina e sorride, come testimoniano le foto in cui abbraccia i suoi nuovi amici italiani: medici e militari. I segni sul suo corpo e la paura per la guerra che gli ha cambiato la vita rimarranno per sempre, ma anche il ricordo di chi lo ha aiutato e rimesso in piedi. La nuova vita di Jawad inizia nell'estate del 2007, quando i paracadutisti della Brigata Folgore, di stanza in Libano per la missione di pace dell'Onu, chiedono l'intervento del Rizzoli per aiutare il quarantaquattrenne libanese, rimasto gravemente ferito (l'anno prima) dopo essere stato colpito da un razzo sparato da un elicottero israeliano, mentre in macchina si recava a Tiro per acquistare una medicina. Mohamed Jawad Hussein, sposato e padre di due bimbi, nell'incidente perse un braccio e si trovò con il femore lesionato. I militari italiani lo notarono perché passavano spesso sotto casa sua, e grazie all'intervento della Croce Rossa, dell'Anio (Associazione nazionale infezioni ossee) e della Regione Emilia-Romagna che si fecero carico dei costi sanitari, riuscirono a portare Jawad al Rizzoli. Qui è stato operato al femore, gli è stata applicata una protesi al braccio ed oggi può camminare e muoversi come mai avrebbe immaginato allora. Il "gioco" di squadra, l'intesa militare e sanitaria, è stata ricordata ieri allo Ior con un convegno e una mostra fotografica. "Il caso di Jawad ha avuto una grande risonanza in Libano - ha detto il colonnello Manlio Scopigno, comandante del 186^ reggimento dei paracadutisti della Folgore - ed è diventato strumento di politica estera perché anche il Rizzoli in questo caso ha fatto politica estera". L'Istituto ortopedico di via Pupilli non è nuovo a questo genere di collaborazioni: "Abbiamo spesso dei pazienti che arrivano dai paesi del terzo mondo", ha precisato il dottor Giovanni Baldi, direttore generale dell'ospedale. "Recentemente abbiamo ospitato per le cure necessarie un bambino eritreo e alcuni ragazzini del Kirghizistan, grazie all'interessamento delle onlus". E grazie soprattutto alla Regione Emilia Romagna, che "si accolla i costi delle spese medico sanitarie", ha aggiunto il dottor Stefano Liverani, direttore sanitario del Rizzoli. Ma una mano, dal punto di vista finanziario, l'ha data anche la fondazione Carisbo. In segno di riconoscimento per la sinergia, Scopigno ha donato una targa al Rizzoli dove si ricorda che "il contributo di pace nel mondo ricade sotto la responsabilità di ogni individuo".

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Memorie DA UN MASSACRO - L'OSPEDALE DELLA STRAGE, UN QUARTO DI SECOLO DOPO (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Il Gaza Hospital di Beirut, a due passi da Shatila, fu anch'esso spazzato via, come tremila profughi palestinesi, dalla "pulizia etnica" dei falangisti sguinzagliati dagli israeliani di Sharon. Oggi i suoi resti slabbrati ospitano 200 famiglie. Che aspettano di tornare in Palestina Michelangelo Cocco INVIATO A BEIRUT L'acqua che piove dai soffitti e s'infiltra nei pavimenti dei corridoi fa da rumore di sottofondo, costante. Il fetore dell'immondizia lasciata a marcire in strada penetra nei corridoi bui di quello che un tempo era il fiore all'occhiello della medicina dei campi profughi palestinesi. Benvenuti al Gaza hospital, Beirut. Qui, a due passi da Shatila, nell'adiacente " rue Sabra" , vivono stipate oltre 200 famiglie di rifugiati del 1948. Al piano terra di uno dei due palazzoni che ospitavano il nosocomio, Abu Maher ha messo su un negozio di barbiere e un povero appartamento: due divani, un tavolino, il televisore e poco più. "Era un ospedale eccellente per la chirurgia e il suo reparto di ostetricia, il Ramallah - ricorda l'uomo -. Molti medici, libanesi, palestinesi, cinesi e cubani tra gli altri, venivano a lavorare qui per esprimere la loro solidarietà con la Palestina", continua questo 61enne che in Libano è arrivato dopo essere scappato da Safad, in Galilea, dove viveva con la sua famiglia, cacciata 60 anni fa dall'avanzata delle truppe ebraiche dell' Haganah. Il nosocomio, inaugurato nel 1968, curò anche i fedayyn che, cacciati dalla Giordania all'inizio degli anni '70, attaccavano Israele dal Paese dei cedri, dove si era riorganizzata l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). L'inizio della fine del Gaza hospital coincise con l'invasione israeliana del Libano e il massacro di Sabra e Shatila, nel 1982. Abu Maher ricorda che il 16 settembre di 26 anni fa tanti palestinesi che riuscirono a fuggire dall'inferno di Shatila cercarono rifugio proprio nel "Gaza ". Ma la pacifica invasione dell'ospedale da parte di queste famiglie che avevano perduto tutto e i danneggiamenti della struttura le avrebbero assestato un primo duro colpo. Già nel pomeriggio del giorno precedente il massacro, Sabra e Shatila erano stati circondati dall'esercito israeliano, agli ordini dell'allora ministro della difesa Ariel Sharon. Il compito ufficiale dell'operazione "Pace in Galilea", quello di "ripulire" i campi dai combattenti dell'Olp - la maggior parte dei quali aveva già lasciato la capitale libanese fu affidato ai miliziani cristiano-maroniti del partito falangista. Secondo quanto riferì al New York times un'infermiera olandese, per facilitare il lavoro dei miliziani durante la notte le truppe israeliane illuminarono i campi al punto che sembravano "uno stadio durante una partita di calcio". Solo alla fine di due giorni di mattanza si capirono le dimensioni della strage, che secondo le stime più pessimistiche fece registrare oltre 3.000 morti. Di tanti civili scomparsi non si seppe più nulla. Decine furono i cadaveri, orribilmente sfigurati, a cui non si poté dare un volto. L'allora primo ministro israeliano, Menachem Begin, dichiarò: "A Sabra e Shatila dei non ebrei hanno ucciso dei non ebrei, noi cosa c'entriamo?". La dottoressa Ang Swee arrivò al Gaza hospital poche settimane prima del 16 settembre 1982, volontaria per Christian aid. "Il Gaza hospital era l'unico ospedale fino a quel momento risparmiato dalla guerra civile accessibile ai palestinesi", ricorda Swee, in questi giorni di nuovo a Beirut per partecipare alla marcia che oggi attraverserà Shatila per chiedere giustizia per quella strage tuttora impunita. Swee ricorda che "il 16 settembre iniziarono ad arrivare i primi feriti da arma da fuoco, i bambini dilaniati dalle granate. Poi, il 18, l'ordine dei falangisti di evacuare la struttura". "Mio figlio Khaled è morto sotto le macerie della nostra casa, abbattuta dall'artiglieria dei falangisti", racconta Asia Ali Dahweesh. Come in quello degli oltre duemila inquilini del Gaza hospital, nel suo appartamento con le pareti tinteggiate di colori pastello e ricoperte da vecchie foto dei "martiri della resistenza" la corrente elettrica va e viene e non c'è acqua potabile. "Di mio marito Mahmoud Ahmad invece non ho potuto nemmeno riconoscere il corpo, fatto a pezzi come quelli di tanti altri palestinesi", prosegue la donna, scappata da El Houli (Safad) quando aveva cinque anni. A lei, come a tutti gli altri profughi palestinesi che lo desiderino, la risoluzione 194 dell'Assemblea generale delle Nazioni unite dà il diritto di rientrare nella sua casa, oggi nello Stato d'Israele. Alla domanda se spera ancora di tornare al suo villaggio la donna risponde: "Mi hanno cresciuta con la verdura e la frutta della Palestina, per questo il mio corpo è ancora forte: se ne avrò la possibilità, rientrerò subito". Dopo il massacro del 1982, la cosiddetta "guerra dei campi". Nel 1985 il Gaza hospital viene occupato dalle milizie sciite di Amal, che distruggono tutte le attrezzature mediche e ne fanno un punto d'osservazione militare prima di abbandonarlo dopo averne incendiata la gran parte. Sono 12 i campi dove i profughi palestinesi hanno trovato rifugio in Libano dopo essere stati cacciati o fuggiti dalla Palestina in conseguenza del conflitto arabo-israeliano del 1948. L'Unrwa, l'agenzia umanitaria dell'Onu creata per assistere i palestinesi, stima in oltre 225.000 i palestinesi ufficialmente registrati nei suoi campi. Ma in totale - sempre secondo i dati Onu - i rifugiati palestinesi in Libano sono 409.714. Mentre in Giordania e Siria, gli altri due stati dove - oltre alla Cisgiordania e a Gaza - opera l'Unrwa, i palestinesi godono di un certo livello d'integrazione, nel Paese dei cedri le condizioni di vita dei palestinesi sono durissime, tanto che sono 46.204 i casi classificati come di "speciale necessità", in pratica povertà assoluta, interamente dipendenti dagli aiuti umanitari. "Le autorità trattano i campi profughi come focolai di disordine e la presenza dei palestinesi come un problema di sicurezza", spiega Ziad Abdel Samad, che guida le ong palestinesi in Libano. Per Abdel Samad è necessario "estendere i diritti civili anche ai palestinesi". Attualmente sono oltre 70 i mestieri e le professioni che non possono esercitare, così come non hanno diritti di proprietà né di costruire nei campi. A Sidone (200.000 abitanti, dei quali 70.000 palestinesi) i campi restano sotto l'assedio dell'esercito libanese, dopo che negli ultimi mesi si sono verificati scontri tra gruppuscoli ultra-islamisti e combattenti dell'Olp. In visita a Beirut il 28 agosto scorso, il presidente dell'Autorità palestinese, Abu Mazen, ha ribadito la necessità del rispetto della risoluzione 194 dichiarando: "Siamo contrari a una sistemazione permanente dei profughi in Libano". Pochi giorni dopo, un gruppo di deputati libanesi ha consegnato al presidente Michel Suleiman una proposta di emendamento costituzionale per rendere impossibile la permanenza a tempo indeterminato dei palestinesi. Seduto nel suo ufficio nel campo profughi di Mar Elias - una piccola roccaforte della sinistra palestinese - Souheil El-Natour spiega così qusti ultimi sviluppi. "C'è una coincidenza tra la rivendicazione del diritto al ritorno da parte dei palestinesi e la paura della stabilizzazione dei palestinesi suscitata dal sistema comunitario libanese". "L'attenzione per noi è cominciata dopo l'assassinio (il 14 febbraio 2005, ndr) dell'ex premier libanese Hariri". "Da quel momento - continua il direttore dello Human development center -, i due blocchi contrapposti hanno avuto paura che i palestinesi potessero schierarsi con l'una o l'altra parte". El-Natour spiega che la rivendicazione del diritto al ritorno, che le autorità israeliane negano da sempre ai palestinesi perché "porterebbe alla fine dello Stato ebraico", ha un triplice obiettivo: gli israeliani, ai quali secondo l'ex funzionario del Fronte democratico per la liberazione della Palestina bisogna ricordare che non ci sarà vera pace senza la soluzione del problema dei rifugiati, i negoziatori palestinesi, presso i quali ritiene necessario tenere viva la questione, e le autorità libanesi, a cui intende ricordare che non vogliono restare in Libano.

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I <pogrom> dei coloni (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

ISRAELE I "pogrom" dei coloni Mi. Gio. Degli oltre 400mila coloni israeliani - metà dei quali a Gerusalemme Est - circa 11mila sarebbero pronti a lasciare la Cisgiordania palestinese occupata nel 1967 in cambio di un indennizzo. Lo sostiene il vicepremier Haim Ramon. Non sembrano invece avere alcuna intenzione di abbandonare i territori palestinesi, i coloni più oltranzisti, 30-40mila, legati a organizzazioni di estrema destra, che negli ultimi giorni si sono lanciati in raid contro villaggi e terreni palestinesi, come quello di sabato scorso quando decine di "settler" hanno attaccato Asira al Qabaliya (Nablus,), ferendo otto palestinesi, in risposta all'accoltellamento di un bambino ebreo. Il premier Olmert, prossimo alle dimissioni (domani sono previste le primarie del suo partito, Kadima), ha condannato il raid definendoli "pogrom" e avvertito che occorre mettere nel cassetto il sogno della "Grande Israele". "Che Olmert pensi ai suoi problemi giudiziari" hanno ribattuto i coloni, molti dei quali hanno definito "giusta e salutare" la rappresaglia contro Asira al Qabaliya. E' opinione diffusa che le frange estreme dei coloni - non esigue - siano intenzionate a intensificare attacchi e raid contro i palestinesi con l'obiettivo di provocare una escalation che blocchi possibili piani di evacuazione della Cisgiordania.

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Dopo Hamas, arrivano le bombe mafiose (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Oggi è Mar, 16 Set 2008 Edizione 194 del 16-09-2008 Nuova minaccia alla sicurezza di Israele: regolamenti di conti fra clan della malavita Dopo Hamas, arrivano le bombe mafiose di Dimitri Buffa Non bastavano gli "shaheed" palestinesi e i terroristi islamici. Adesso Israele si ritrova a fronteggiare una nuova emergenza terroristica che in Italia abbiamo conosciuto molto bene nei primi anni '90: quella delle stragi di mafia. Proprio ieri polizia e servizi di intelligence hanno infatti lanciato due distinti allarmi a tutta la popolazione: evitate di andare a fare le vacanze sul Sinai, perché Hezbollah progetta di rapire cittadini israeliani, ma evitate anche di andare a mangiare nella catena di ristoranti, che fa capo al magnate arabo israeliano, "un po' in odore di mafia" (come si direbbe in Italia) François Abutbul, perché potrebbero essere oggetto di attentati da parte di clan rivali. Proprio ieri la polizia israeliana ha fatto irruzione in due distinti ritrovi alla moda di Netanya, cioè il Beit Haikar e il Gehalim, e dopo avere identificato tutti i presenti li ha avvertiti del rischio che stavano correndo a mangiare lì. C'è da dire che il presunto boss Abutbul, domenica, aveva ottenuto dalla corte di Kfar Saba l'annullamento di un provvedimento di polizia che gli aveva ingiunto di chiudere cinque dei suoi ristoranti che fanno parte di una catena di slow food molto amata a Netanya e in mezza Israele. Adesso Abutbul aspetta un pronunciamento nel merito delle richieste da parte dei pm di sospendere la sua attività per sospetti di collusione con la criminalità organizzata locale. Abutbul, per la cronaca, è il figlio di un boss, stavolta non presunto ma accertato, che si chiamava Felix Abutbul, che morì ucciso da una gragnuola di proiettili nel 2002 in un regolamento di conti fuori dal Casinò di Praga. Sempre domenica c'era stato un confronto tra Abutbul figlio e il sindaco di Netanya Miriam Feierberg, l'autorità che aveva chiesto alla polizia di chiudere le attività del figlio del boss. Un confronto drammatico in cui Abutbul ha rinfacciato al primo cittadino di Netanya di averlo "pugnalato alle spalle", frase a cui il sindaco ha risposto così: "sei tu ad avere pugnalato alle spalle la città di Netanya". Sia come sia, dopo che il Mossad e lo Shin Bet, nelle stesse ore, erano stati costretti a chiedere ai cittadini israeliani di non sognarsi di andare a fare in questi mesi le vacanze nel Sinai, perché a rischio di attentato e di rapimento da parte degli Hezbollah e di Hamas, adesso è nato un nuovo e inatteso fronte interno: quello della criminalità organizzata locale. E questa "nascita" preoccupa non poco la polizia di Netanya, ma anche quelle di Tel Aviv e di Gerusalemme, altre città in cui il gruppo di ristorazione, che fa capo al figlio del boss ucciso a Praga, possiede locali o cura interessi vari.

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Quattro nomi in lizza per il dopo Olmert (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Esteri Pagina 113 Israele Quattro nomi in lizza per il dopo Olmert Israele --> TEL AVIV Il mondo politico israeliano trattiene il fiato a due giorni dalle primarie di Kadima in cui sarà scelto il successore di Ehud Olmert, costretto a cedere le redini di governo per il moltiplicarsi di inchieste giudiziarie nei suoi confronti. I contendenti sono quattro: Tzipi Livni (ministro degli Esteri), Shaul Mofaz (Trasporti), Meir Shitrit (Interni) e Avi Dichter (Sicurezza interna), ma solo i primi due sembrano teoricamente in grado di aggiudicarsi il 40 per cento dei voti dei 74 mila membri del partito. In tutti i sondaggi la Livni è data vincitrice con netto margine di vantaggio. Ma Mofaz spera di sorprendere grazie all'efficienza dei suoi sostenitori. È un ex generale e crede di saper sfruttare al meglio le sue forze per la prova del 17 settembre. Ieri Mofaz ha destato stupore quando ha anticipato che raccoglierà esattamente il 43,7 per cento dei voti e sarà dunque il nuovo primo ministro di Israele. Ha aggiunto di aver già concluso con il partito ortodosso Shas un accordo che gli consentirà di mettere celermente a punto un nuovo governo di coalizione simile a quello uscente. Ma il peso delle sue parole è stato subito ridimensionato: perché Shas ha smentito ogni accordo.

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Storie dal mondo Il cinema etnografico al festival di Nuoro (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 16-09-2008)
Pubblicato anche in: (Unione Sarda, L' (Nazionale))

Argomenti: Israele/Palestina

Spettacoli Estate Pagina 11003 Rassegne Storie dal mondo Il cinema etnografico al festival di Nuoro Rassegne --> Al via ieri a Nuoro il "Sardinia International Ethnographic Film Festival", rassegna internazionale di cinema etnografico organizzata dall'Istituto Superiore Etnografico della Sardegna. In mattinata la presentazione dell'iniziativa da parte del presidente dell'Isre Emilio Asproni e del sindaco Mario Zidda, e quindi l'intervento di David MacDougall, sulla complessa relazione tra l'atto del filmare del cineasta e la macchina da presa. Nel pomeriggio il direttore dell'istituto etnografico Paolo Piquereddu ha presentato il ricco programma della rassegna incentrata sul tema della globalizzazione. Per una settimana saranno tre le sessioni di proiezioni: mattina, pomeriggio e sera. I trentotto film, risultato di una selezione di 326 opere pervenute all'Istituto Etnografico da tutto il mondo, verranno discussi subito dopo la loro proiezione insieme agli autori e agli studiosi. Le proiezioni sono state aperte con un documentario cinese: Umbrella , ambientato nella città di Zhong Shan nella provincia del Guangdong, dove numerosi giovani operai provenienti dalle campagne lavorano giorno e notte in una fabbrica di ombrelli. Si è proseguito con End of the Rainbow girato in Guinea e Indonesia; All In This Tea , girato in Cina; con una produzione italiana ambientata in Sardegna: Paleoliche , di Francesco Cabras; e Corpo de Bollywood . Oggi si comincia alle 9 con Losers and Winners , girato in Germania. Si prosegue con produzioni arrivate da Israele, Russia, Etiopia. Nella programmazione pomeridiana La valigia di Tidiane Cuccu , di Umberto Siotto e Antonio Sanna. Un ritratto del senegalese Cheickh Tidiane Djagne, ambulante in Barbagia e di Antonio Cuccu, storico venditore girovago di libri in lingua sarda scomparso da qualche anno.

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Iran, Berlusconi: "Attenti alle follie su Israele" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 16-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

N. 221 del 2008-09-16 pagina 0 Iran, Berlusconi: "Attenti alle follie su Israele" di Redazione Il premier a Parigi davanti all'associazione ebraica Keren Hayesod paragona Ahmadinejad a Hitler: "Attenti a chi dice di cancellare Gerusalemme dalla carta geografica. Non crediamo siano minacce reali, ma diceva così anche un tizio che all'inizio sembrava democratico" Parigi - Berlusconi contro Ahmadinejad: è come Hitler. "Credo che dovremo avere tutti la massima e assoluta attenzione nei confronti delle follie di chi addirittura arriva a dire, magari soltanto per ragioni politiche interne, che bisognerebbe cancellare Israele dalla carta geografica. Queste sono cose a cui noi dobbiamo avere il senso che hanno e non crediamo siano reali però già una volta c'era un tal signore che all'inizio sembrava un democratico e che poi ha fatto quel che ha fatto e voi purtroppo sapete a chi mi riferisco". Questo un passaggio dell'intervento di Silvio Berlusconi davanti ai membri dell'associazione ebraica Keren Hayesod, a Parigi, dove è stato premiato come "Personalità dell'anno". Attenti all'Iran Il presidente del Consiglio fa un riferimento indiretto alle dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad. "Quindi noi - ha aggiunto il presidente del Consiglio - dobbiamo avere grandissima attenzione e io l'ho detto a tutti i miei colleghi a cominciare dal presidente George Bush. Però - ha proseguito - guardando al secolo che abbiamo alle spalle, dobbiamo dire di essere fortunati perchè quel secolo è stato davvero insanguinato da due ideologie terribili: da un lato il comunismo, che credendo di poter portare la Gerusalemme celeste in terra, ha portato soltanto miseria, terrore e morte nei paesi dove è andato al potere; e dall'altra parte il nazismo che, basandosi su questo concetto assurdo della prevalenza di una razza, ha provocato gli istinti più bestiali degli uomini e ha prodotto quelle tragedie di cui voi siete state le prime vittime". © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano.

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Primarie in IsraeleLivni grande favorita (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Il dopo-olmert Trentaquattro anni dopo Golda Meir, un'altra donna potrebbe essere chiamata alla guida del Paese. Oggi il responso delle urne 17/09/2008 Gerusalemme. Se le urne confermeranno oggi le previsioni dei sondaggi per le primarie di Kadima, Israele potrebbe di nuovo avere, 34 anni dopo Golda Meir, un premier donna. È l'attuale ministro degli esteri Tzipi Livni che, in caso di vittoria, si troverà davanti al non facile compito di formare il governo che rimpiazzerà quello del dimissionario Ehud Olmert. In lizza con la Livni, il ministro dei Trasporti e veterano della guerra dei Sei giorni, Shaul Mofaz, il ministro della Sicurezza, Avi Dichter e quello dell'Interno, Meir Sheetrit. Nata 50 anni fa a Tel Aviv da genitori appartenenti alla destra militante e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele e Cisgiordania), la Livni ha poi sposato posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, Tzipi Livni è entrata nella vita politica nelle file del Likud (centrodestra). Nel 2001 entra nel primo governo di Ariel Sharon e da allora è stata titolare di diversi ministeri. Nel 2006 entra nel governo Olmert come vicepremier e ministro degli Esteri. Sulla questione palestinese ha detto: "Non è nostro interesse e desiderio controllare un altro popolo. Al contrario vogliamo che il popolo palestinese abbia un suo stato fattibile, sicuro e prospero". Su un altro problema centrale, il programma nucleare iraniano, la Livni ha spiegato di privilegiare una politica di dure sanzioni economiche, ma senza escludere l'opzione militare. 17/09/2008.

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Israeliani contro palestinesi, attacco in mare pacifista italiano ferito su un peschereccio (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Gaza Israeliani contro palestinesi, attacco in mare pacifista italiano ferito su un peschereccio GAZA - Un pacifista italiano è rimasto leggermente ferito ieri al largo della costa di Gaza. Vittorio Arrigoni era a bordo di un peschereccio palestinese, cui Israele impone di non superare una fascia di poche miglia di ampiezza, molto inferiore a quella delle acque territoriali, quando la barca è stata fermata da una motovedetta dello stato ebraico. Un forte getto d'acqua aperto dai militari contro il peschereccio ha spaccato un finestrino dell'imbarcazione. Alcune schegge hanno colpito Arrigoni al viso. All'Ansa il pacifista ha riferito di "stare bene".

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Kadima in cerca di leader è il gran giorno di tzipi livni - alberto stabile (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Kadima in cerca di leader è il gran giorno di Tzipi Livni Israele, è lei la favorita alla guida del partito La stagione dell'attuale primo ministro è sostanzialmente finita ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Il popolo di Kadima, circa 73mila iscritti, s'accinge oggi ad incoronare un nuovo leader cui spetterà il duplice compito di guidare il partito e il governo. Questo significa, innanzitutto, che la stagione di Ehud Olmert è finita. Assediato da troppe inchieste giudiziarie, messo alle strette dal principale alleato, il laburista Ehud Barak, Olmert ha promesso di dimettersi nel momento in cui verrà scelto il suo successore. E senza alcun dubbio, fanno sapere i consiglieri del primo ministro, "si dimetterà". Il che non implica che esca immediatamente dalla scena. Poiché le dimissioni del premier innescano automaticamente la crisi di governo, il successore di Olmert dovrà essere in grado, in tempi brevi, di ottenere la fiducia dell'attuale maggioranza o di trovarne un'altra. Ora, è possibile che, passata la buriana, le cose tornino a posto nel giro di qualche settimana, perché in fondo soltanto l'opposizione ha interesse a far saltare il banco. Ma è anche possibile che la situazione si avviti su se stessa, prevalgano egoismi e incomunicabilità all'interno della coalizione e dello stesso Kadima e si finisca con lo scommettere sulle elezioni anticipate, che alcuni danno per probabili la prossima primavera. Ecco, allora, che Olmert, resterebbe in carica, sia pure per l'ordinaria amministrazione, ancora per parecchi mesi, durante i quali il suo team di legali non si risparmierà per ridimensionare gli scandali che hanno travolto il premier. I concorrenti lanciati alla conquista della doppia poltrona di Olmert sono quattro, ma la volata finale riguarda soltanto due: la ministra degli Esteri Tzipi Livni, passata in pochi anni dalla condizione di "astro nascente" a quella di protagonista, e il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz, ex capo di Stato Maggiore ed ex ministro della Difesa, un tipico prodotto di quell'inesauribile macchina di formazione e di promozione di quadri dirigenti che sono le forze armate israeliane. Livni guida da tempo e senza cedimenti i sondaggi, ben oltre il 40 per cento dei consensi contro il 28-30 per cento accreditato al concorrente. Gli altri due candidati ufficialmente in corsa, il ministro dell'Interno, Meir Shitreet e il ministro della Sicurezza Interna, Avi Dichter, ex capo del Servizio di Sicurezza Generale, o Shin Bet, appaiono tagliati fuori (intorno al 7-10 per cento). Tuttavia, in caso di ballottaggio, obbligatorio se nessun candidato supererà oggi il 40 per cento, potrebbero risultare decisivi per assegnare la vittoria finale. I due favoriti della vigilia hanno interpretato la campagna elettorale in modo totalmente diverso. Livni ha giocato più sull'immagine della donna e madre, che sa benissimo quanto costa un chilo di pane (Mofaz ha sbagliato clamorosamente la cifra), piuttosto che su quella di responsabile della diplomazia israeliana impegnata in prima persona nel negoziato di pace coi palestinesi. I suoi commenti sulle grandi questioni regionali sono stati rari e generalmente improntati alla massima prudenza. Mofaz, invece è stato decisionista. Nonostante fra i due non via sia alcuna contrapposizione di natura ideologica, perché Kadima non è un partito ideologico, Livni è Mofaz hanno finito con l'inscenare il vecchio contrasto tra mito e realtà. Alle prese con la questione capitale, ovvero come Israele deve fronteggiare un conflitto che va vanti da 60 anni, Livni, seppur tra le righe, ha offerto una visione realista, entro una certo grado compromissoria, che scaturisce anche da una lunga riflessione che l'ha portata ad abbandonare i miti della destra nazionalista al rispetto dei quali era stata educata. Mofaz ha espresso invece una filosofia militarista, basata sul mito della forza, assai devota alla "tecnica" ma inevitabilmente rivolta al passato.

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Olmert lascia, in Israele è il giorno della ministra Tzipi Livni Oggi le primarie di Kadima, dopo 34 anni una donna pronta a guidare il Paese. Per i sondaggi prenderà il posto del (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Premier accusato di corruzione di Umberto De Giovannangeli ÈIL GIORNO della verità per "Tzipi la pragmatica" e "Shaul il falco". È il giorno della mesta uscita di scena per "Ehud il triste". È il giorno della svolta (politica) per Israele. Non si avranno prima della notte tra oggi e domani i risultati delle primarie del partito centrista israeliano Kadima, il principale della coalizione attualmente al governo, da cui uscirà la persona che potrebbe guidare il governo israeliano sino alla fine della legislatura, nel novembre 2010, subentrando al premier uscente, Ehud Olmert, dimissionario perchè al centro di una serie di scandali e accusato di corruzione. Su quattro candidati, la grande favorita dai sondaggi, con il 47 per cento dei voti, è l'attuale ministra degli Esteri Tzipi Livni, che prevedibilmente surclasserà il secondo più favorito, il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz, - ex titolare della Difesa deciso sostenitore dell'opzione militare contro l'Iran - che alla vigilia avrebbe appena il 28 per cento delle preferenze. Trascurabili, secondo tutti gli analisti, le possibilità degli altri due esponenti di Kadima, il ministro degli Interni Meir Shitrit (7). e quello per la Sicurezza interna Avi Dichter (10). Se nessuno dei primi due, la Livni o Mofaz, dovesse ottenere almeno il 40 per cento dei voti, tra una settimana ci sarà il ballottaggio. Poi il presidente della Repubblica, Shimon Peres, comincerà le consultazioni per affidare l'incarico di formare il nuovo governo. In base alla legge israeliana il nuovo leader del partito di maggioranza avrà 42 giorni di tempo per formare un esecutivo, ovvero fino ai primi di novembre. Se ciò non dovesse risultare possibile, a causa di mancati equilibri nella coalizione con gli altri partiti, tra i quali svolge un ruolo cruciale il religioso Shas, si andrà alle elezioni anticipate. Sino a che un nuovo capo dell'esecutivo non sarà entrato in carica, comunque, alla guida dello Stato più nevralgico del Medio Oriente resterà Olmert, un ex "falco" del Likud (storico partito della destra) poi passato su posizioni centriste, rispecchiate appunto dal Kadima, fondato nel 2005 da Ariel Sharon, al quale due anni fa Olmert subentrò dopo l'ictus che ha ridotto l'ex generale allo stato vegetativo. Ma di fatto la stagione politica di Olmet si chiude oggi, non appena la consultazione sarà chiusa (le 22.00 in Israele, le 21:00 in Italia). Se nonostante la nuova leadership di Kadima non dovessero verificarsi le condizioni per il proseguimento dell'attuale coalizione e si rendesse necessario il ricorso alle urne, è probabile che una affermazione della Livni sarà stata la classica vittoria di Pirro: perchè da un lato gli "affari correnti" per i quali Olmert resterà in carica sino al successore si potranno protrarre anche per qualche mese; dall'altro lato, invece, il partito che prenderebbe il posto di Kadima al vertice dell'arco costituzionale israeliano sarebbe quasi certamente il Likud, capeggiato da Benyamin Netanyahu. Un politico che non ha mai sconfessato la sua natura di "falco" e il cui partito cavalca la svolta a destra fatta complessivamente segnare dall'elettorato israeliano. Se le urne confermeranno domani le previsioni dei sondaggi per le primarie di Kadima, Israele potrebbe di nuovo avere, dopo 34 anni, un premier donna. Nata 50 anni fa a Tel Aviv da genitori appartenenti alla destra militante e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele+Cisgiordania), il pensiero politico di Tzipi Livni si è poi spostato su posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, la Livni, laureata in legge, è entrata nella vita politica nelle file del Likud (centrodestra). Nel 1999 è eletta alla Knesset per la prima volta. Due anni dopo entra nel primo governo di Ariel Sharon e da allora è stata titolare di diversi ministeri. nel 2006 appoggia la decisione di Sharon di lasciare il Likud per dare vita a Kadima. Lo stesso anno, dopo l'ictus che aveva colpito il popolare premier, la Livni appoggia Olmert alla guida di Kadima. Dopo le elezioni di quell'anno vinte da Kadima, entra nel governo Olmert come vicepremier e ministro degli esteri.In quest'ultima veste partecipa personalmente ai negoziati di pace con i palestinesi, guidando la delegazione del suo Paese. Sua è questa citazione: "Non è nostro interesse e desiderio controllare un altro popolo. Al contrario vogliamo che il popolo palestinese abbia un suo Stato fattibile, sicuro e prospero. Non è solo un'aspirazione palestinese ma è anche un interesse di Israele purchè questo Stato non minacci la sua sicurezza".

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Democrazia difettosa (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

U.d.g. Un primo ministro va in televisione e dice: sono orgoglioso di essere il premier di un Paese in cui la magistratura non guarda in faccia a nessuno, neanche a chi ha l'onere, e l'onore, di guidare il Paese. Il primo ministro in questione è Ehud Olmert. Il Paese è Israele. Una democrazia vera, nella quale la magistratura indaga sui comportamenti delle massime autorità politiche e istituzionali dello Stato e, se è il caso, li persegue. Come avviene con qualunque cittadino. Quel primo ministro, che oggi uscirà definitivamente di scena, non si è rivolto, in diretta televisiva, alla nazione per denunciare complotti, per tacciare i magistrati che indagavano per storie di bustarelle e di elargizioni personali, di essere, magari, al servizio di Hamas o di Ahmadinejad...No. Ehud Olmert si è detto orgoglioso della democrazia di Israele. Una democrazia, che sia pure in trincea, non chiude gli occhi di fronte a episodi che mettono in discussione l'integrità morale, oltre che penale, dei suoi leader. Per Olmert l'inchiesta che lo ha portato all'uscita di scena politica, è la prova della forza della democrazia israeliana e degli organismi preposti al suo presidio. Un altro primo ministro è di avviso opposto. È il primo ministro dell'Italia. È Silvio Berlusconi. "La democrazia ha anche questi difetti e sono molto triste che Olmert viva il suo ultimo giorno da primo ministro perché è una persona capace, esperta e concreta", afferma, testuale, da Parigi, il Cavaliere. Un difetto. La magistratura che indaga un politico "capace, esperta e concreta" è in difetto. È un "difetto". Dalla capitale francese, Berlusconi ha ribadito, con parole sentite, di essere un vero, grande amico di Israele. Ma Israele è anche un Paese orgoglioso della sua magistratura e della sua (praticata) indipendenza dal potere politico. Ma questo, per il Cavaliere è un "difetto". Imperdonabile. Berlusconi.

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Gaza, Hamas decapita il clan armato: dodici morti Sanguinosa battaglia contro i Dughmush. Ora è assoluto il controllo degli integralisti sulla Striscia (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

/ Roma ORA IL CONTROLLO è assoluto. Con l'ennesima sanguinosa battaglia nelle strade di Gaza City, Hamas sta avendo ragione anche del clan familiare dei Dugh- mush, di fatto l'ultimo ostacolo al suo pieno controllo militare della Striscia di Gaza cominciato nel giugno 2007. All'inizio del mese scorso, i miliziani e la polizia di Hamas avevano costretto alla fuga buona parte dei principali esponenti del clan degli Helles, vicino a Fatah, che con i suoi militanti era l'ultimo presidio "armato" del presidente Abu Mazen a Gaza. Come ad agosto anche ieri i morti sono almeno dodici, tra i quali una ragazzina, e se molti a Gaza applaudono alla sconfitta dei Dughmush - considerati più criminali che attivisti politici,sono stati responsabili anche dei sequestri del soldato israeliano Ghilad Shalit e del giornalista della Bbc Alan Johnston - allo stesso tempo nessuno può fare a meno di constatare che il potere di Hamas oggi è assoluto. Ben poco contano, specie dal punto di vista militare, le forze politiche non islamiche ancora presenti a Gaza, come i marxisti del Fronte popolare e del Fronte democratico, che Hamas tollera perchè non deboli e senza seguito popolare. Gli scontri a fuoco sono cominciati l'altra notte, quando un ricercato, Jamil Dughmush, ha ucciso un agente polizia e ne ha ferito un altro. Hamas quindi ha inviato gli uomini della "Thanfisiyeh", le forze speciali, nel quartiere di Sabra, a mettere fine alla presenza armata dei Dughmush, che, peraltro, si proclamo in parte seguaci dell'Esercito dell'Islam, una formazione vicina ad Al-Qaeda. Hamas nega di voler colpire direttamente il clan e sostiene di voler solo arrestare alcuni ricercati. Tuttavia le proporzioni dell'intervento delle sue forze di sicurezza ricordano quelle dell'inizio di agosto, quando gli Helles vennero accusati di aver piazzato l'ordigno che qualche giorno prima aveva ucciso sulla spiaggia di Gaza city uomini di Ezzedin Qassam, la milizia di Hamas. Ismail Shahwan, portavoce delle forze di sicurezza, ha precisato che la "operazione è stata coronata da successo" e che le forze dell'ordine hanno sequestrato al clan dei Dughmush ingenti quantità di esplosivi ed armi. Fra gli uccisi figurano Jamil, Ibrahim e Saeb Dughmush, ritenuti i responsabili dell'uccisione - avvenuta l'altro ieri - dell'agente di polizia Sameh a-Naji. u.d.g.

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Marini e andreotti, gli ex dc non ci stanno "nessun equivoco sulla nostra storia" - carmelo lopapa (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Marini e Andreotti, gli ex dc non ci stanno "Nessun equivoco sulla nostra storia" Il leader dei deportati: "Potrei non andare a Auschwitz col sindaco" Napolitano alla presentazione di "Diario di guerra" l'agenda inedita di Trentin del 1943 Il nuovo richiamo di Fini :"Alt a ogni indizio di razzismo come dice il capo dello Stato" CARMELO LOPAPA ROMA - "Eh no, sulla nostra storia, sulla nostra democrazia, non ci possono essere equivoci". Franco Marini, ex presidente del Senato, inforca gli occhialini e rilegge con attenzione le parole del sindaco di Roma. Quel desiderio di anticomunismo nella Costituzione, assieme al "non saremo mai antifascisti" urlato dai giovani di An, finisce col fare da sottofondo stonato alla cerimonia di presentazione del "Diario di guerra", l'agenda del ?43 inedita di Bruno Trentin (Donzelli editore) a Palazzo Giustiniani. Nella sala Zuccari della presidenza del Senato è tutto un riecheggiare di lotta partigiana, Liberazione, Costituzione. Antifacista, appunto. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in prima fila (la moglie Clio poco dietro), al suo fianco quello del Senato Renato Schifani, anche lui a rimarcare il "chiaro impegno antifascista" di Trentin. Franco Marini legge di Alemanno e invita a ragionare: "è vero, ci sono stati giovani che hanno combattuto in buona fede pur dalla parte sbagliata. Ma i comunisti italiani - e lo dice un cattolico democratico - in quella fase della nostra storia sono stati artefici della nascita della democrazia. Questo non potrà essere cancellato, né rivisto. E la Costituzione è figlia della resistenza". Poche poltrone più in là siede Giulio Andreotti che, eletto nel ?46 all'Assemblea costituente, la Carta contribuì a scriverla. Il ricordo è nitido: "Tutto si può dire meno che il richiamo all'anticomunismo è stato omesso per semplice dimenticanza. La Russia era tra i vincitori della guerra, certo. Ma non si ritenne necessario enunciare quel principio perché era sottinteso. Il fascismo invece era esperienza recente e fin troppo viva per non vietarne espressamente la rinascita". Savino Pezzotta, ex segretario Cisl, appare il più infastidito dalle nuove uscite equivoche da destra. "è inutile che quelli lì cerchino di cambiare le carte in tavola. Nessuno mi può dare lezioni di anticomunismo, l'ho combattuto per una vita. Ma la Costituzione nasce antifascista. Se a qualcuno non sta bene, si faccia pure da parte. E adesso la smettano, il fascismo è stato buio e tenebra in questo Paese". Alcune file dietro le prime siede Valentino Parlato, fondatore del "Manifesto". Sbuffa. L'ennesima polemica la bolla come "una stronzata, lo scriva però: per giunta vecchia, neanche nuova". Alla tribunetta si alternano gli storici. Tra loro Piero Melograni, Pci fino al ?56, quando esce dal partito in rotta dopo la rivoluzione ungherese. Dice: "Le frasi sul fascismo di questi giorni ricordano la stessa incomprensione che caratterizzò gli esordi del fascismo, allora in molti non capirono la portata da fenomeno di massa". Non che lui sia tanto in disaccordo con Alemanno. "Sono anticomunista quanto lui, ma ritengo che ogni ritocco, ogni aggiunta alla Costituzione desti sospetto. E poi, la Carta, per essere efficace, deve essere essenziale". Fuori da Palazzo Giustiniani la polemica divampa. Il presidente dell'Associazione degli ex deportati politici nei campi nazisti (Aned), Aldo Pavia, annuncia di essere "orientato a non andare in novembre ad Auschwitz con le scuole romane insieme con il sindaco Gianni Alemanno. Sarà la prima volta dopo Veltroni. "Gli altri anni il Comune ci aveva invitato al viaggio della memoria, quest'anno nessuno ci ha chiamato". In serata Gianfranco Fini coglie l'occasione dell'apertura della Conferenza "Italia, Europa, Israele", per tornare sui rischi di un ritorno dei fantasmi del passato. Non ribadisce la condanna al fascismo ma cita Napolitano e avverte che bisogna "combattere con successo ogni indizio di razzismo, di violenza e sopraffazione contro i diversi e ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando esso si travesta da antisionismo".

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VENERDI' 12 ASSOCIAZIONE PAROLA. In via Cibrario 28, alle 18, incontro con Franco Frassoni, autor (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

E di "A vele spiegate" (Angolo Manzoni). FELTRINELLI. In piazza Cln 251, alle 18, Raffaele Oriani parla di "I cinesi non muoiono mai" (Chiare Lettere). CIRCOLO DEI LETTORI. In via Bogino 9, alle 21, per "Mappamondi. Racconti di viaggio, quando lo scrittore fa le valige.", presentazione di "La valle di Ognidove" dal libro di Davide Sapienza. SABATO 13 VIGONE. Nei Locali del Gesù, alle 17, presentazione del libro di Francesco Suino "Vigone nella storia dal 1700 ai giorni nostri". AVIGLIANA. In piazza Conte Rosso, alle 21, Giorgio Cattaneo e Gino Spessa a colloquio con Marcello Salvati su "Stanze di vita quotidiana". Letture di Davide Giuva e Nicoletta Molinero; musiche di Gianni Denitto (sax), Paolo Musarò (batteria), Marco Piccirillo (contrabbasso), Lucio Simoni (chitarra). DOMENICA 14 CERESOLE REALE. A Casa Granparadiso, alle 11,30, presentazione del libro di Annibale Salsa "Il tramonto delle identità tradizionali. Spaesamento e disagio esistenziale nelle Alpi". LUNEDI' 15 FELTRINELLI. In piazza Cln 251, alle 18, Marco Travaglio parla del suo ultimo libro "Il bavaglio", scritto in collaborazione con Peter Gomez e Marco Lillo. NICHELINO. Alla Biblioteca Giovanni Arpino in corso Turati 4/8, alle 21, per "Io scrivo, tu scrivi. Autori esordienti 2008" Adriana Celotto, Ivana Dessanay e Vanna Lorenzoni incontrano Nicoletta Giorda, autrice del libro "Fare la differenza. L'esperienza della Intercategoriale donne di Torino 1975-1986" (Angolo Manzoni). MARTEDI' 16 PICCOLO REGIO. In piazza Castello 251, alle 15,30, Pietro Mussino e Enzo Restagno a colloquio con Peter Hill, autore del volume "Olivier Messiaen". FELTRINELLI. In piazza Cln 251, alle 18, Giorgio De Rienzo discute con Vittoria Haziel, autrice di "Il signore della luce" (Aragno). NICHELINO. Alla Giovanni Arpino, alle 21, incontro con Pieranna Mordazzi su "Quello che i bambini ci insegnano. La meraviglia di essere genitore" (Edizioni Sì). MERCOLEDI' 17 FELTRINELLI. In piazza Cln 251, alle 18, Margherita Oggero presenta il libro di Marco Lazzarotto "Le mie cose" (Instar). NICHELINO. Alla Giovanni Arpino, alle 21, Massimo Novelli intervista Claudio Giacchino, autore di "Doretta & Erika. Vercelli 1975, Novi Ligure 2001: anatomia di due stragi famigliari" (Marsilio). GIOVEDI' 18 FELTRINELLI. In piazza Cln 251, alle 18, Walter Passerini e Marco Rotondi presentano "Che capo vuoi?" (Guerini e Associati). Intervengono Roberto Savini Zangrandi e Mario Vavassori. CAMIS DE FONSECA. In via Pietro Micca 15, alle 20,45, si parla del libro di Giuseppe Giannotti "Israele, verità e pregiudizi. I media italiani e la seconda Intifada. Disinformazione e mistificazione" (De Ferrari). NICHELINO. Alla Giovanni Arpino in corso Turati 4/8, alle 21, incontro con Maurizio Blini, autore di "Il creativo" (Ennepilibri).

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Dal nostro inviato PARIGI - Credo che dovremo avere tut (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

MARCO CONTIdal nostro inviato PARIGI - "Credo che dovremo avere tutti la massima e assoluta attenzione nei confronti delle follie di chi addirittura arriva a dire, magari soltanto per ragioni politiche interne, che bisognerebbe cancellare Israele dalla carta geografica. Queste sono cose a cui noi dobbiamo avere il senso che hanno e non crediamo siano reali. Però già una volta c'era un tal signore che all'inizio sembrava un democratico e che poi ha fatto quel che ha fatto. E voi purtroppo sapete a chi mi riferisco". Il paragone tra Adolf Hitler e il presidente iraniano Ahmadinejad, scuote i commensali che ieri hanno ascoltato il discorso pronunciato da Silvio Berlusconi subito dopo aver ricevuto dalle mani del portavoce del governo israeliano Avi Pazner, il premio "Uomo dell'anno". L'associazione ebraica Keren Hayesod ha voluto premiare a Parigi il presidente del Consiglio "per il ruolo svolto in favore della pace nel mondo e per il sostegno ad Israele". Berlusconi ha colto l'occasione del viaggio in Francia per incontrare all'Eliseo anche il presidente francese Sarkozy. Non è la prima volta che il Cavaliere viene premiato da associazioni sioniste. Accadde già nel corso del suo precedente governo a conferma del solidissimo rapporto che la politica estera di Berlusconi ha con Israele. Nel suo discorso il presidente del Consiglio ha ricordato ciò che i suoi governi hanno fatto per sostenere le ragioni israeliane. Dalla proposta di ricomprendere lo stato di Israele nell'Unione Europea, al piano Marshall in favore della Palestina proprio per rendere più concrete le prospettive della pace. Sino ai veti posti in Europa e nel Palazzo di vetro a dichiarazioni di condanna nei confronti di Tel Aviv. "Credo che facendo così - ha sostenuto Berlusconi - ho interpretato il sentimento del popolo italiano e quindi mi è venuto naturale farlo". Questa linea nei prossimi anni non è destinata a mutare proprio perchè - sottolinea il Cavaliere - resterò cinque anni di sicuro a governare il mio Paese". Incassate le garanzie, i partecipanti al pranzo organizzato dalla fondazione Keren Hayed si sono sciolti in un lungo applauso, al termine del quale Berlusconi ha ricordato la sua visita al campo di concentramento di Auschwitz. "Quando ho visitato Auschwitz mi sono detto: anche io sono israeliano", "in quel momento mi sono sentito anche io israeliano e ho sempre sentito l'importanza di essere dalla parte di Israele e dei suoi abitanti". Berlusconi, che ancora non si è recato in visita in Israele dal giorno del suo insediamento a palazzo Chigi, ha anche fatto riferimento alla crisi politica e alle forzate dimissioni di Olmert. "La democrazia ha anche questi difetti e sono molto triste che Olmert viva il suo ultimo giorno da primo ministro perchè è una persona capace, esperta e concretà". Caricata sull'auto la targa-premio su cui è raffigurata la chiave di Israele, Berlusconi si è recato in serata all'Eliseo per incontrare Sarkozy. Una mezzora di colloquio, prima della passeggiata alla mostra dell'Antiquariato, per affrontare con il presidente francese la crisi georgiana e il nodo legato alle mancate ratifiche al trattato di Lisbona.

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Hamas contro un clan: 12 morti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

GAZA Hamas contro un clan: 12 morti E' di 12 morti, tra cui una bambina, il bilancio degli scontri a fuoco di ieri a Sabra (Gaza) al termine dei quali Hamas ha sgominato il clan familiare dei Doghmush. "L'azione ha avuto per obiettivo individui responsabili di causare caos", ha detto un portavoce di Hamas. Tra gli uccisi figura anche un membro del gruppo qaedista, Esercito dell'Islam, responsabile del rapimento del giornalista della Bbc Alan Johnston (2007) e del soldato israeliano Gilad Shalit (2006). Intanto ieri un pacifista italiano, Vittorio Arrigoni, è stato lievemente ferito dalle schegge di vetro di un finestrino di un peschereccio palestinese andato in frantumi dopo essere stato investito dal getto di un cannone ad acqua di una motovedetta israeliana. Arrigoni era giunto a Gaza il 23 agosto scorso a bordo di uno dei due battelli di pacifisti che avevano rotto il blocco navale israeliano. mi.gio.

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Sopravviverà Kadima alla fine di Olmert? (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

ISRAELE · Fissate per oggi le primarie Sopravviverà Kadima alla fine di Olmert? Michele Giorgio GERUSALEMME Kadima sopravviverà? Questo interrogativo inquietante, posto ieri dall'analista Steven Plocker di Yediot Ahronot, pesa come un macigno sulle primarie del partito di maggioranza relativa che si aprono questa mattina in 93 località di Israele alle ore 10 e si chiuderanno stasera alle 20. Gli aventi diritto al voto sono circa 70mila. Spaccato al suo interno, travolto dai guai giudiziari del premier dimissionario Ehud Olmert, Kadima rischia seriamente di dissolversi con la stessa rapidità con cui prese vita alla fine del 2005 per volontà dell'ex premier "schiacciaIntifada" Ariel Sharon, ed i suoi principali esponenti di tornare in tutta fretta ai partiti di origine, il Laburista e il Likud. Specialmente se andranno male le elezioni anticipate che tutti danno per sicure nella primavera del 2009. I due principali candidati a prendere il posto di Olmert sono il ministro degli esteri Tzipi Livni e il ministro dei trasporti ed ex ministro della difesa Shaul Mofaz. La Livni, che gode dei favori dei sondaggi e di ampi sostegni in Europa e Usa, durante la sua campagna ha puntato sulla "questione morale" e sulla necessità di prendere decisioni che vanno oltre l'aspetto strettamente militare. Ma queste parole non devono ingannare e farla apparire una "colomba". Al tavolo delle trattative con l'Anp, che conduce personalmente da quasi un anno, la Livni ha ribadito al suo interlocutore Abu Alaa che la pace si farà solo e soltanto alle condizioni di Israele: i palestinesi si vedranno restituire gran parte della Cisgiordania (il 98,1% a voler credere a quanto scritto qualche giorno fa dal Jerusalem Post ) ma dovranno dimenticare per sempre il diritto al ritorno dei profughi e la sovranità sui luoghi santi islamici e cristiani, situati nella zona araba (Est) di Gerusalemme, sotto occupazione dal 1967. Sono questi i nodi mai sciolti da qualsiasi negoziato avviato da israeliani e palestinesi dal 1993 a oggi. Alla Livni non piace l'accordo di pace in due fasi - transitorio e, tra qualche anno, definitivo - che propone il dimissionario Olmert e in questo trova consensi ai vertici dell'Anp ma ciò non vuol dire che, se vincerà le elezioni anticipate, spingerà per accellerare la trattativa. Al contrario potrebbe tentare di portarla avanti a tempo indefinito in modo da sfinire i palestinesi e "costringerli" ad rinunciare ai diritti dei profughi e a Gerusalemme. Il ministro degli esteri avrebbe oltre il 45% dei consensi rispetto al 28-32% del suo avversario, ma al quartier generale della Livni temono una bassa percentuale di votanti che favorirebbe Mofaz sostenuto da militanti più motivati. Il falco Mofaz, contrario a concessioni ai palestinesi e sempre più vicino alla destra ultra-nazionalista, nella sua campagna ha posto l'accento sulla esperienza acquisita in materia di sicurezza durante la lunga carriera nelle forze armate. Ha perciò ripetuto ad ogni occasione che la Livni non ha l'esperienza necessaria per guidare il paese in un "momento delicato" (Israele sta preparando un attacco aereo contro le centrali nucleari iraniane che rischia di gettare il Medio Oriente nel baratro di una nuova guerra). Mofaz sa di essere indietro nei sondaggi ma spera in una bassa affluenza e si è lanciato in annunci di alleanze politiche già pronte se stasera le urne lo daranno vincente contro ogni pronostico. L'Anp spera in una sua sconfitta perchè con Mofaz leader di Kadima e possibile premier, il negoziato sarebbe destinato ad arenarsi e ai leader palestinesi, deboli e privi del completo controllo della Cisgiordania (Gaza è nelle mani di Hamas), la sterile trattativa in corso è una delle rare fonti di sopravvivenza (e di proseguimento dell'aiuto finanziario internazionale) nonché il pretesto che il presidente Abu Mazen sfrutterà per prolungare il suo mandato (che scade il prossimo gennaio) almeno fino alle elezioni politiche del 2010. Se stasera nessuno dei candidati alle primarie di Kadima riuscirà a ottenere almeno il 40% dei consensi, sarà necessario un secondo turno il 24 settembre. All'orizzonte ci sono le elezioni anticipate. Diverse componenti dell'attuale coalizione di governo hanno detto preferire il ritorno alle urne piuttosto che la formazione di un esecutivo di unità nazionale. In questa direzione spinge più di tutti il partito ortodosso sefardita Shas, che si oppone ad un negoziato con i palestinesi sul futuro di Gerusalemme. In agguato c'è anche il laburista di Ehud Barak, alleato di governo ma accusato da Kadima di manovrare dietro le quinte per indebolire il partito di maggioranza relativa. Seduto in riva al fiume ad aspettare che passino i cadaveri dei suoi avversari c'è Benyamin Netanyahu, il leader del Likud (destra), il principale partito di opposizione, che i sondaggi indicano come probabile vincitore delle prossime elezioni politiche.

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Per non dimenticare Sabra e Shatila. E Stefano Chiarini (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

LIBANO · Ieri a Beirut la marcia nel giorno del massacro dell'82 per mano dei falangisti libanesi diretti dagli israeliani Per non dimenticare Sabra e Shatila. E Stefano Chiarini Michelangelo Cocco INVIATO A BEIRUT Il corteo s'è mosso dalla collinetta dove ha sede l'ambasciata del Kuwait, il punto di osservazione da cui, il 16 settembre '82, le truppe israeliane che poche settimane prima avevano invaso Beirut assistettero inerti all'orrore dei falangisti libanesi che squartavano, stupravano e facevano scempio dei corpi di centinaia di profughi palestinesi del campo di Shatila. In testa alla manifestazione di ieri mattina, portata da due bambine, una grande foto di Stefano Chiarini - il giornalista del manifesto scomparso il 3 febbraio 2007 - che con il suo Comitato per non dimenticare Sabra e Shatila (presente con una delegazione di 40 persone) non s'è mai stancato di chiedere giustizia per il massacro che 26 anni fa sconvolse questo campo dove, in condizioni igieniche e abitative miserrime, vivono circa 10.000 profughi del 1948. Subito dopo, la banda musicale dei ragazzi, che ha accompagnato la marcia al suono delle cornamuse, retaggio del disastroso Mandato britannico sulla Palestina. Davanti alle loro povere botteghe, sugli usci di case troppo piccole, gli abitanti di Shatila hanno seguito la marcia, che si è snodata lungo la strada che separa la sede diplomatica dalla fossa comune. Qui - prima dei discorsi dei leader dell'Olp e di Antonietta, la sorella di Stefano - i piccoli di Shatila hanno liberato in aria palloncini rossi, bianchi, neri e verdi: i colori della bandiera della Palestina. La commemorazione quest'anno è caduta in un momento particolare: nel 60Ú anniversario della Nakba - la "catastrofe" che durante l'avanzata delle truppe ebraiche dell' Haganah nel 1948-'49 rese profughi circa 800.000 palestinesi - e mentre i rifugiati sono tentati di entrare negli antagonismi delle comunità che compongono il complesso mosaico politico libanese. Il presidente Michel Suleiman ha incontrato ieri i rappresentanti di 14 fazioni, alla ricerca di un compromesso sul tema più spinoso del "dialogo nazionale": il disarmo degli Hezbollah. La riunione sembra non aver prodotto altro che un arrivederci, al 5 novembre prossimo. Il giorno prima nel campo di Ain al-Hilweh, nei pressi di Sidone, c'era stata una battaglia al termine della quale sono rimasti sul terreno due miliziani di un gruppo che si ispira ad al Qaeda e uno di al Fatah. Negli scontri a colpi di mitra e lanciarazzi che hanno terrorizzato i 45.000 abitanti è rimasto ucciso anche il numero due di Jund al-Sham, Ahmad al-Hassan. "I campi sono stati messi nella condizione di esplodere - spiega Souheil El-Natour, direttore del palestinese Human development center -: circondati dall'esercito libanese, all'interno sono stati abbandonati a un'autogestione che ha favorito le infiltrazioni di estremisti, molti dei quali stranieri". Per il più popoloso campo profughi del sud del Libano sembra riproporsi lo stesso copione andato in scena per Nahr el-Bared, dove poco più di un anno fa l'esercito ebbe ragione dei qaedisti di Fatah al-Islam al prezzo di 400 morti e della distruzione di un intero quartiere del campo.

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PERCHÉ L'ANTISEMITA STALIN HA RICONOSCIUTO ISRAELE (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Lettere al Corriere - data: 2008-09-17 num: - pag: 39 categoria: REDAZIONALE Risponde Sergio Romano PERCHé L'ANTISEMITA STALIN HA RICONOSCIUTO ISRAELE Vedendo il film Exodus ho notato la scena in cui gli israeliani seguono in diretta radio la votazione all'Onu per la creazione dello Stato di Israele. Comprendo le ragioni che spinsero l'America, e di conseguenza i suoi alleati, a votare a favore. Meno chiara mi è la ragione per cui anche l'Unione Sovietica votò a favore. Può darmi una delucidazione in merito? Gustavo Schiavone giesse45@libero.it Caro Schiavone, N el 1987, quando era presidente del Senato, Amintore Fanfani fece un viaggio a Mosca e chiese d'incontrare Andrej Gromyko, allora presidente del Praesidium del Soviet Supremo dell'Urss (una carica che corrispondeva grosso modo a quella di capo dello Stato). Lo accompagnai al Cremlino e la conversazione durò non meno di un'ora. Fanfani e Gromyko si erano conosciuti in anni in cui erano ambedue ministri degli Esteri, provavano una sorta di rispetto reciproco e discorsero a lungo di vari problemi in un tono disteso e cordiale. Quando la conversazione cadde sul Medio Oriente, Fanfani accennò ai rapporti dell'Urss con Israele, interrotti sin dalla Guerra dei sei giorni (1967) e chiese se Mosca, dopo l'inizio della perestrojka gorbacioviana, avesse l'intenzione di rivedere la propria posizione verso lo Stato ebraico. Gromyko non rispose né sì né no, ma alzò solennemente la mano destra e disse: "Vede questa mano? è quella con cui, il 29 novembre del 1947, ho votato la risoluzione n. 181 dell'Assemblea Generale dell'Onu che autorizzò la nascita di Israele". Con quel gesto un po' troppo enfatico Gromyko voleva dire che l'Urss era stata uno dei maggiori padrini dello Stato ebraico e che non era colpa sua se le relazioni fra i due Paesi erano andate progressivamente peggiorando sino alla rottura dei rapporti diplomatici. Non disse tuttavia quali fossero le reali ragioni del voto. L'Urss non era mossa da una particolare simpatia per la causa sionista, ma riteneva, con ragione, che la nascita di uno Stato ebraico in Medio Oriente avrebbe creato seri fastidi alla politica araba della Gran Bretagna. Non dimentichi, caro Schiavone, che esisteva ancora, in quegli anni, un Impero britannico e che Londra era, agli occhi di Mosca, la maggiore potenza del campo "imperialista " e anticomunista. Che le ragioni del voto sovietico all'Assemblea dell'Onu fossero soltanto strumentali, divenne presto evidente. Le calorose dimostrazioni con cui la comunità ebraica di Mosca accolse Golda Meir quando arrivò in Unione Sovietica come primo ambasciatore d'Israele, infastidirono il sospettoso Stalin, morbosamente convinto che gli ebrei sarebbero stati da quel momento la quinta colonna di uno Stato straniero. Cominciò allora uno strisciante antisemitismo che esplose con l'assassinio di un grande attore del Teatro ebraico, Solomon Michoels, e una virulenta campagna contro i medici ebrei, accusati di una complotto che si proponeva di eliminare la dirigenza sovietica con il bisturi e con il veleno. La morte di Stalin nel 1953 impedì un nuovo pogrom, forse più radicale di quelli che avevano segnato gli ultimi anni del Novecento e il periodo della guerra civile. Ma i rapporti fra l'Urss e Israele erano destinati a peggiorare per altre ragioni. Quando Israele si unì alle vecchie potenze colonialiste per attaccare l'Egitto e riconquistare il Canale di Suez, l'Urss assunse la parte del protettore del mondo arabo e i due Paesi furono da quel momento in campi contrapposti. La situazione accennò a cambiare quando Gorbaciov, nel 1988, ritenne che il sostegno delle comunità ebraiche nel mondo avrebbe giovato alla sua immagine di riformatore illuminato. Fu quello il momento in cui la Russia aprì le sue porte e permise ai suoi ebrei di emigrare. Quelli che scelsero Israele furono circa novecentomila. Dopo l'ebraico e l'inglese, il russo è oggi la terza lingua del Paese.

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I sondaggi continuano a dare vincitrice Tzipi Livni. Donna, ministro degli Esteri, un trasco (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Di ERIC SALERNO I sondaggi continuano a dare vincitrice Tzipi Livni. Donna, ministro degli Esteri, un trascorso breve, misterioso perché così deve essere, nel Mossad, una grinta ereditata dai genitori terroristi (è la loro definizione ufficiale) dell'Irgun, che per il momento sembra convincere anche chi da sempre diffida delle donne così come Hillary Clinton sembrava convincere. Alle sue spalle, sempre secondo i pollster che studiano campioni d'iscritti nel partito Kadima, arranca Shaul Mofaz. Lui, uomo, ex generale, falco con le medaglie giuste vuole offrire l'immagine di sicurezza di cui gli israeliani sono assetati come se i carri armati potessero risolvere il conflitto con i palestinesi o quello non meno stantio con la Siria o l'odio crescente che ha preso il posto delle speranze nate quindici anni fa con gli accordi di pace di Oslo. I commentatori israeliani già paragonano Livni a Golda Meir, storico leader d'Israele nota per una durezza e un decisionismo sicuramente superiore ai politici attuali. Livni promette di continuare il programma avviato da Sharon e portato avanti a parole da Olmert: la riduzione degli insediamenti nei territori occupati per consentire la formazione di uno stato palestinese. Mofaz finora non si è compromesso più di tanto, per non pregiudicare le sue possibilità di mantenere in piedi l'attuale coalizione, un misto di centro e sinistra con una presenza ricattatoria degli ortodossi. Quando allo scoccare delle 22 (21 italiane) le televisioni annunceranno i risultati degli exit poll si aprirà il secondo capitolo di questa saga israeliana. Uno dei due contendenti alla leadership di Kadima potrebbe risultare vincente ma è anche possibile che si debba andare al ballottaggio. E, comunque sia, per chi vincerà il seguito non sarà facile. Nessuno dei due ha la certezza di diventare premier e la possibilità di elezioni anticipate all'inizio del 2009 non viene esclusa anche se Mofaz ha già annunciato che formerà il governo prima del nuovo anno ebraico, ossia alla fine di settembre. Nessuna certezza neppure per chi tra gli iscritti di Kadima punta su uno a l'altro dei due contendenti: a parole rappresentano linee politiche simili ma soltanto quando saranno eventualmente a capo del governo gli israeliani (e chi li osserva da fuori, in testa il presidente palestinese Abbas e quello siriano Assad) sapranno se nutrire maggiori o minori speranze di pace. Ed Ehud Olmert? Resterà in carica fino alla formazione del nuovo governo. E aspetterà di sapere se sarà incriminato o meno per corruzione. L'opinione pubblica israeliana? Nelle ultime ventiquattro ore ha dimenticato Olmert e Kadima e la crisi politica: l'attenzione di tutti è rivolta al crollo dei mercati che rischia di mettere in ginocchio anche alcune importanti società israeliane e una delle maggiori banche del Paese.

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Il Mofaz conosciuto la sconosciuta Livni (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

MEDIO ORIENTE Il Mofaz conosciuto la sconosciuta Livni Un partito spaccato al suo interno e travolto dai guai giudiziari del premier dimissionario. Con spettatori interessati l'"alleato" laburista Barak e il leader del Likud Netanyahu pronti a giocarsi le carte di governo. E con i palestinesi di Abu Mazen costretti a sperare in Tzipi Analogie e differenze fra i due candidati del Kadima in un paese in cui l'unico vero partito è l'esercito Uri Avnery Oggi i rappresentanti del Kadima eleggeranno il sostituto di Ehud Olmert, che poi diverrà primo ministro. La scelta possibile è tra due candidati: Tzipi Livni e Shaul Mofaz. Due politici che non potrebbero essere più diversi. Innanzitutto sorge il problema dell'antagonismo uomo-donna: per la prima volta nella storia di Israele, c'è un confronto diretto di genere (quando la defunta e non compianta Golda Meir fu eletta primo ministro nel 1969, dopo la morte improvvisa di Levy Eshkol, non aveva rivali). Il loro percorso riflette i lati opposti della società israeliana. Mofaz è un "orientale" nato in Iran, un outsider. Livni è un'ashkenazi nata in Israele, una insider. Ed è anche una "principessa ereditaria" - suo padre era un capo dell'Irgun e (come il padre di Olmert) un membro del Knesset. Ma la loro vera diversità sta nelle forze che rappresentano. Da soldato di carriera, Shaul Mofaz, rappresenta la forza che ha dominato Israele sin dal suo nascere: "l'establishment della sicurezza". Un complesso dall' impareggiabile potere politico, economico,ideologico. Visto che tutti i maggiori partiti politici sono degenerati in ciniche realtà, prive di ideologia o di reali programmi politici, l'esercito è ora, dal mio punto di vista, l'unico vero partito d'Israele. Non è come l'esercito turco o quello pakistano. E' uno strumento del sistema democratico, totalmente asservito all'autorità civile. Ma dietro questa facciata c'è molto di più: è un impero economico che consuma una larga parte del budget annuale di spesa, è un gruppo di pressione, una lobby politica, un centro ideologico. E', in una parola, una religione - con la sicurezza come suo unico dio e l'alto comando come suoi sacerdoti. In Israele non c'è niente che prevalga sulla sicurezza e quando questa parola viene menzionata tutto il resto passa in secondo piano. Come quasi tutte le religioni, essa è legata ad interessi economici. La "industria della sicurezza", con la sua produzione di armi e altri equipaggiamenti militari, svolge un ruolo centrale nell'economia israeliana. Lo smisurato impatto sul processo decisionale politico dell'"establishment della sicurezza" - le forze armate, lo Shin Bet, il Mossad e la polizia - è sottolineato dal fatto che il capo di stato maggiore prende parte a tutte le sedute di governo. Lui non detta la linea del governo - per carità - ma avrebbe un bel coraggio quel politico che osasse mettersi contro "la rispettabile opinione dell'esercito". Dal momento che Israele è nato nella guerra ed è sempre stato in regime di guerra, è difficile trovare un qualsiasi aspetto della vita di Israele che non abbia come fine la sicurezza. E nelle questioni relative alla sicurezza le decisioni finali spettano ovviamente a coloro che della sicurezza sono i responsabili. Inoltre l'esercito è il solo a governare i territori occupati (come richiesto dal diritto internazionale). In tale contesto devono essere considerati i coloni. Loro sono un gruppo di pressione straordinariamente forte. Molti di loro hanno fondato le colonie "illegalmente", e nessun colono sarebbe dov'è oggi se non fosse stato messo lì dall'esercito. In molti casi la simbiosi coloni-soldati è perfetta: molti ufficiali sono loro stessi coloni. Per un paese in guerra è naturale che l'esercito forgi anche l'ideologia nazionale. I media collaborano con vero entusiasmo. Il concetto di pace è un concetto sciocco, buono per deboli ed effeminati. E' anche un'illusione perniciosa. A dar ulteriore forza a tutto questo si aggiunge un enorme network di ex-ufficiali. Mentre l'esercito va per la sua strada, gli ufficiali anziani, che lasciano il servizio attivo in media a quarant'anni, trovano generalmente le posizioni di rilievo nell'industria, nella pubblica amministrazione e nei partiti politici, estendendo così la propria "sfera d'influenza" militare. Ciò significa che moltissime persone hanno - per usare un eufemismo - un preciso interesse nell'assenza della pace. Shaul Mofaz incarna tutto questo. Egli appartiene a tale realtà, ha fatto carriera come generale, capo di stato maggiore e ministro della difesa. Nessuno ha mai sentito la sua voce esprimere un pensiero originale - ha la mente completamente plasmata dall'esercito. In tutte le sue attività è stato affidabile e diligente nella sua mediocrità. Quando ha terminato la sua carriera militare e si è messo alla ricerca di opportunità nella politica, come molti suoi predecessori non aveva preferenze particolari. Una persona simile può facilmente trovare una collocazione nel Labor, nel Likud o nel Kadima, per non parlare della destra radicale. Il Likud gli offriva le migliori prospettive. Ma quando la strada là dentro gli fu sbarrata, all'ultimo momento decise di saltare sul vagone di Ariel Sharon - 24 ore dopo averlo solennemente escluso. Il dominio militare sugli affari di Israele ha un effetto sotterraneo: esclude le donne. L'atmosfera machista delle armi non lascia loro alcuno spazio. Tale problema è stato portato avanti alcuni anni fa da un gruppo femminista chiamato New Profil e il cui obiettivo era quello di demilitarizzare la società israeliana. Forse è un caso che il procuratore generale questa settimana abbia deciso di denunciare proprio questogruppo per attività anti-militarista, istigazione a rifiutare la chiamata alle armi. La Livni non è solo un ministro degli esteri, una carica tradizionalmente disprezzata dall'"establishment della sicurezza": è anche un civile e, peggio ancora, una donna. Questo rende tentatrice la scelta. In pubblico i due candidati dicono le stesse cose. Ripetono i soliti mantra. Ma poi ci sono le agende (quasi) segrete. C'è il fattore razziale, il peccato che non osa pronunciare il suo nome. Come il fattore razziale nelle elezioni americane, il fattore "etnico" qui da noi può giocare un ruolo molto maggiore di quanto non si voglia ammettere. Gli "orientali" tendono a votare per Mozaf, gli europei - ossia gli ashkenazi - per Livni. Poi c'è il fattore di genere. Le donne potrebbero tendere a votare per una di loro. E infine c'è il fattore militare: un voto per Livni è - più o meno consapevolmente - un voto contro il dominio militare sulla nostra vita. Che genere di personaggio politico sarebbe un primo ministro Tzipi Livni? Nessuno lo sa e forse non lo sa neppure lei. Il suo mondo concettuale è sostanzialmente di destra. La sua visione del mondo è centrata sul concetto di uno stato ebraico. Ebraico nel senso che gli dava Jabotinski: non in un senso religioso (il pensiero Jabotinski era assolutamente laico), ma in un senso nazionalista proprio del secolo XIX. Questo potrebbe portare alla pace basata sulla sincera convinzione dello schema dei due stati (a cui anche Mofaz fa finta di aderire). Ma io non ci farei molto conto. Mofaz lo conosciamo bene. Livni non la conosciamo. Questo oggi potrebbe convincere qualcuno del Kadima a votare per lei. (Traduzione di Silvana Pedrini).

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Conferma il predominio islamista Hamas e l'ultimo clan di Gaza (sezione: Israele/Palestina)

( da "Riformista, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Guerra tribale conferma il predominio islamista Hamas e l'ultimo clan di Gaza 11 morti nello scontro con i Dughmush, mafia della Striscia un tempo protetta Sono undici i morti a Gaza, provocati nella notte di martedì dall'assalto delle forze della polizia di Hamas al fortilizio di uno dei clan più potenti di Gaza, quello dei Dughmush. Assalto deciso da Hamas dopo che poche ore prima un membro del clan dei Dughmush aveva ucciso un poliziotto nel tentativo di resistere ad un arresto, e poi il clan aveva rifiutato di consegnare il colpevole alla polizia. Si tratta di uno degli episodi più cruenti dello scontro tra il potente clan tribale e Hamas che governa la striscia di Gaza in solitario - dopo averne cacciato manu militari gli esponenti di Fatah - dal giugno del 2007. Il clan dei Dughmush è l'ultimo clan tribale di una certa consistenza che ancora resiste al potere di Hamas nella striscia di Gaza, dopo che in agosto gli ultimi riottosi sono stati convinti con le buone o con le cattive ad allinearsi al potere islamico. Ma perché uno dei clan più tradizionalmente vicini ad Hamas, i cui tirapiedi prima del giugno 2007 venivano usati come killer di esponenti di Fatah - per esempio nell'uccisione di Musa Arafat - e come manodopera nei lanci di razzi Qassam, oltre che essere il clan ad aver materialmente eseguito il rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit, è oggi in guerra con i protettori e finanziatori di ieri? La ragione è nel repentino cambiamento dell'equilibrio del potere originato dalla rotta di Fatah e quindi dal ruolo dei clan tribali. La Striscia di Gaza è tradizionalmente molto più tribale della Cisgiordania, non solo perché più isolata, ma anche perché il massiccio arrivo di profughi dal 1948 ne ha segnato le dinamiche politiche, che da allora hanno sempre avuto come sfondo le tensioni tra gli originari "muatinun" (cittadini) e i "laji'un" (profughi). Potentissimi e incontrastati fino al 1994, i clan tribali per lo più originari del luogo hanno conosciuto un ridimensionamento con l'istituzione dell'Autorità Nazionale Palestinese prodotta dagli accordi di Oslo. I clan hanno sempre prosperato nella frammentazione e nel regno della giustizia tribale del "Al-Qàtil Yùqtal" (chi uccide viene ucciso, la legge del taglione). Ma se la prima Intifada del 1987 ne ridimensiona il ruolo, la seconda più militarizzata e meno politica del 2000 invece lo rivitalizza, e sotto questa etichetta cominciano ad esserci sempre più solo affari criminali e una crescente rete mafiosa e di contrabbando. I clan imparano a giostrare e a vendere la loro forza alternativamente al migliore offerente tra Hamas e Fatah. La rottura di questo equilibrio, che ridà ai clan un ruolo centrale, avviene però in due casi: o quando i due soggetti politici si mettono d'accordo - e non a caso i Dughmush sono stati tra i più fieri oppositori degli Accordi della Mecca che diedero vita ad un purtroppo breve governo di unità nazionale tra Hamas e Fatah nello scorso anno - oppure quando uno dei due scompare, e fa venir meno la possibilità di praticare l'andreottiana teoria dei "due forni". Ed è ciò che è successo nel giugno 2007 con la rotta di Fatah. L'assalto di ieri dunque risolve e insieme crea un problema per la comunità internazionale e Israele, che dovranno prima o poi misurarsi con l'esplosiva questione di Gaza, a meno di concepire l'impossibile, cioè sigillare due milioni di persone e gettare via la chiave. Da una parte esso dà un colpo al tribalismo anarchico e criminale, e dunque semplifica l'equazione del potere; dall'altro, con ciò facendo, consolida e rende sempre più centrale Hamas. Perché è di tutta evidenza che il boicottaggio e l'isolamento di Gaza non hanno funzionato nel ridimensionarne la presa, ma al contrario l'hanno rafforzata. E così nel tragico gioco dell'oca mediorientale si torna alla casella uno, e all'irrisolto quesito di che cosa fare con l'Islam politico radicale. Fabio Nicolucci 17/09/2008.

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Israele, ma le le elezioni anticipate sono dietro l'angolo (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

N. 222 del 2008-09-17 pagina 0 Israele, ma le le elezioni anticipate sono dietro l'angolo di R.A. Segre Oggi il partito di maggioranza relativa Kadima, che guida la zoppicante coalizione governativa israeliana, sceglie il suo nuovo leader fra due favoriti: il ministro degli Esteri Tzipi Livni e il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz. L'Economist dedica a Livni, ex membro del partito di destra Likud, cresciuta da genitori di provata fede nazionalista antibritannica, un'attenzione da super star con titoli "elettorali" che chiedono di "dare a Livni una chance". Questo curioso entusiasmo, che fuori da Israele non è soltanto britannico, è legato alla crescente trasformazione della politica in teatro: teatro in cui Livni - bella, giovane e notoriamente incorruttibile - ha buon gioco come simbolo del mondiale fenomeno dell'emergente femminocrazia. Viene però anche apprezzato il coraggio di una conversione da ardente sostenitrice del "Grande Israele" all'idea dell'inevitabile spartizione di Eretz Israel, la terra di Israele, fra Palestina e Israele. Le chance di Tzipi Livni, accusatrice del suo premier sospettato di corruzione, restano tuttavia in bilico. Anzitutto per il sostegno che gli elementi più a destra dell'elettorato di Kadima danno al suo avversario Mofaz, duro militare di origine ebraica orientale, ostile a concessioni ai palestinesi. In secondo luogo, perché se Livni sarà scelta dagli elettori di Kadima al posto di Olmert dovrebbe creare un nuovo governo al posto di quello formalmente caduto con le dimissioni del primo ministro. è un compito difficile perché non è detto che l'attuale compagine governativa possa essere ricostruita con la partecipazione dei partiti religiosi opposti a ogni divisione di Gerusalemme e tradizionalmente misogini. Inoltre, il premier uscente mantiene i pieni poteri sino alla formazione di un nuovo esecutivo approvato dal Parlamento. Ehud Olmert accusato dalla polizia di corruzione ma non ancora incriminato sembra ben deciso a non spianare il terreno al suo successore, qualunque esso sia. Intende usare del tempo, che le regole istituzionali israeliane gli danno, per restare alla guida di un governo anche se ormai non-più-governo con il quale spera di raggiungere con i palestinesi accordi di principio che tanto Livni quanto Mofaz avranno difficoltà a onorare. Questo pasticcio fa pensare che nonostante le reticenze dei deputati - soli autorizzati a decretare la fine della legislazione e lo scioglimento del Parlamento - a provocare elezioni anticipate, Israele sotto la spinta di un'opinione pubblica sempre più critica dell'immobilismo governativo e del comportamento dei partiti venga a trovarsi prima del previsto davanti a una nuova legislazione. In tal caso, secondo i sondaggi attuali, il partito Likud guidato da Benjamin Netanyahu trionferebbe in una consultazione elettorale che difficilmente perdonerebbe tanto a Livni quanto a Mofaz di essere stati, con Ariel Sharon, dei fedifraghi del Likud. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano.

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Israele, la sfida di Tzipi Livni (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Oggi è Mer, 17 Set 2008 Edizione 195 del 17-09-2008 Oggi si votano le primarie nel partito Kadima per decidere il successore di Olmert Israele, la sfida di Tzipi Livni di Michael Sfaradi Oggi, le elezioni interne al partito Kadima non solo decideranno chi sarà il nuovo segretario ma anche chi sostituirà Olmert alla guida del governo israeliano. Sono diversi i pretendenti ma la lotta sembra ristretta fra Shaul Mofaz, ex Capo di Stato Maggiore dell'esercito ed ex Ministro della Difesa e attualmente Ministro dei Lavori Pubblici, e Tzipi Livni che ha ricoperto in passato incarichi ministeriali ed attualmente è il ministro degli Esteri. Proprio quest'ultima è stata protagonista di un elettrico faccia a faccia, trasmesso dal primo canale israeliano, dove ha risposto colpo su colpo alle domande di due famosi giornalisti politici. Proprio perché i sondaggi sono tutti dalla sua parte, Tzipi Livni è stata tartassata da decine di domande ma se gli intervistatori pensavano di avere vita facile si sono dovuti ricredere immediatamente. La Livni ha difeso con le unghie e con i denti il suo operato, spiegando in quali condizioni è stata costretta ad operare ed ammettendo che se fosse dipeso da lei avrebbe fatto cadere il governo Olmert già da parecchio tempo. Ha chiarito molti aspetti delle decisioni di politica internazionale ed ha risposto con forza alle domande che hanno spaziato dalla guerra scatenata da Israele, subito dopo il rapimento di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev (bisogna ricordare che lei votò a favore dell'attacco ad Hezbollah come risposta al rapimento) al futuro dei colloqui di pace (Siria e Palestinesi), al come affrontare un eventuale Iran con la bomba atomica. In quella mezz'ora di "fuoco" durante la quale le sono state poste domande anche difficili, ha saputo dare la sensazione di essere di quella rara "razza" di politici che dicono quello che pensano e fanno quello che dicono. Se Tzipi Livni dovesse vincere le primarie del suo partito, Israele si ritroverà, per la seconda volta nella sua storia, ad essere guidata da una donna, la prima fu l'indimenticata Golda Meir, della quale ricorda il modo di parlare di chi ama andare al nocciolo senza girarci intorno, e la chiarezza dei pensieri. Il suo non sarà un compito facile, perché da una parte dovrà ricomporre l'attuale maggioranza anche chiamando, se dovesse essere necessario, il Likud in una compagine di unità nazionale e, dall'altra, convincere una popolazione stanca e delusa dalla politica che è da tempo alla ricerca di una classe dirigente formata da persone non implicate in scandali finanziari e che prima di riempirsi la bocca con sterili colloqui di pace sappia garantire la sicurezza. Dopo che Sderot è stata per sette anni sotto bombardamento giornaliero, con Gilad Shalit ancora prigioniero di Hamas e dopo l'uccisione di sette soldati, il rapimento di Ehud Goldwasser ed Eldad Reghev anche loro uccisi, con la conseguente guerra del Libano che ha messo a dura prova il Nord della nazione, tutti si aspettano un nuovo Primo Ministro che agisca e che sappia riportare fiducia. Tzipi Livni ha dato, almeno a parole, l'impressione di essere la persona giusta per questo incarico, i fatti diranno se l'impressione è esatta oppure no.

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Scontri con clan rivale Hamas rafforza il controllo su Gaza (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

N. 222 del 2008-09-17 pagina 19 Scontri con clan rivale Hamas rafforza il controllo su Gaza di Redazione Gaza. Hamas rafforza il suo potere sulla Striscia di Gaza. Ieri, le forze del movimento islamista che da giugno 2007 controlla il piccolo territorio costiero, hanno inferto un duro colpo al potente clan familiare dei Daghmush. L'estesa famiglia, divisa in sostenitori di Fatah e Hamas, è pesantemente armata e legata al crimine e al potere nella Striscia. Dieci suoi membri sono stati uccisi (tra loro anche una bambina) in scontri iniziati lunedì notte. Le forze di Hamas sono entrate in azione dopo che un uomo dei Daghmush ha ucciso un poliziotto e ne ha ferito un altro. L'assalto al quartiere Sabra, a Gaza, in cui vive la famiglia, marca un picco nella campagna di Hamas per contrastare i poteri rivali. Se per molti abitanti di Gaza l'operazione significa il ripristino dell'ordine, a livello politico sottolinea la marcia di Hamas verso il completo controllo del territorio. I Daghmush infatti sono l'ultimo grande e potente clan familiare capace di opporsi agli islamisti dopo che le forze esecutive in agosto hanno inferto un colpo fatale alla famiglia Hillis, legata ai rivali politici di Fatah, sconfitti militarmente nel coup di giugno 2007 e da allora incapaci di riorganizzarsi nella Striscia. Mumtaz Daghmush, a capo dell'Esercito dell'Islam, una milizia di Gaza che si ispirerebbe ad Al Qaida, sarebbe stato seriamente ferito nell'azione di ieri. Il suo gruppo era all'origine del sequestro del giornalista della Bbc, Alan Johnston, nel 2007 e assieme ai Comitati di resistenza popolare aveva rivendicato nel 2006 il rapimento del caporale israeliano Ghilad Shalit. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano.

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Nocs, quegli invisibili uomini d'acciaio (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Stampa il corpo d'élite compie trent'anni Nocs, quegli invisibili uomini d'acciaio "Ho conosciuto i Nocs e mi sono riconciliato con l'umanità". Non c'è sicuramente miglior dedica agli uomini del Nucleo operativo centrale di sicurezza della Polizia di Stato. Le parole sono state pronunciate da Dante Belardinelli, l'imprenditore fiorentino liberato dopo oltre due mesi di prigionia dai poliziotti "invisibili". Belardinelli è solo uno dei tanti che devono la libertà e la vita a questi ragazzoni, silenziosi e severi quando sono in azione, scanzonati e gioviali quando sono liberi dal servizio. Vite clandestine di agenti che scelgono la specialità più difficile, rischiosa e soprattutto che li costringe a mettere da parte il loro privato. Uomini con famiglia a mezzo servizio. "Moglie e figli sono arruolati come noi", scherza uno di loro a spiegare come prima viene il Nucleo poi tutto il resto. Senza retorica e con qualche amarezza perchè i tanti sacrifici e la loro alta professionalità invidiata e stimata dai corpi speciali di tante altre nazioni in testa gli Yamam israeliani, non riceve il dovuto riconoscimento economico al pari dei corpi speciali delle altre forze dell'ordine. Un cruccio e un impegno che il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli ha preso sulle sue spalle come un problema di primaria importanza. Ma oggi non c'è posto per l'amarezza, il Nocs festeggia i suoi trent'anni. Sei lustri durante i quali, in silenzio e spesso senza apparire, come il loro motto: "silenziosi come la notte", hanno catturato 237 criminali, di cui 39 sequestratori liberando numerosi ostaggi. Glorioso il palmares del Nocs: una medaglia d'oro alla memoria di Samuele Donatoni, ucciso durante un'operazione anti sequestro; 26 medaglie d'argento, 12 da parte del congresso degli Stati Uniti per la liberazione del generale Dozier, 5 medaglie di bronzo. E ancora 53 promozioni per meriti speciali. Il Nocs prende vita dopo un tirocinio burocratico nella primavera del 1978. L'Italia è nel pieno degli Anni di piombo, il terrorismo di matrice palestinese ha messo a segno gravi attentati sul nostro territorio e così nasce l'esigenza di dotarsi di un reparto di alta specializzazione al pari delle teste di cuoio delle altre polizie europee. Il Nucleo diventò subito un gruppo d'élite. Addestramento duro ma soprattutto uno spirito di corpo che cementa il reparto e lo fa muovere come un uomo solo. Non passa molto tempo quando il Nocs esce allo scoperto e coglie il suo primo successo. è l'inverno del 1981 e le Brigate Rosse dopo il sequestro Moro mettono a segno un altro colpo grosso: rapiscono a Verona il generale americano James Lee Dozier. L'allora capo dell'anti terrorismo Umberto Improta attiva subito il Nucleo ma la soluzione è lontana. In quei giorni Improta e i poliziotti del Nocs fanno irruzione in decine di case. Non mancano episodi quasi tragicomici come quella volta che seminano il panico in un residence pieno di prostitute e trasformato in un bordello. Poi grazie alla cattura di un fiancheggiatore le indagini prendono il giusto verso. L'uomo indica la prigione di Dozier: via Pindemonte 2 al secondo piano a Padova. Maurizio Genolini, indimenticato e indimenticabile primo comandante del Nocs si prepara al blitz. Alle undici del mattino gli uomini in blu, ma alcuni sono in borghese sfondano la porta dell'appartamento. Il brigatista Antonio Savasta è in mutande e finisce faccia sul pavimento "Continuava a gridare "Vi dico tutto. Non fatemi male"", ricorda uno del Nocs. In fondo all'appartamento Emilia Libera e Cesare Di Leonardo si arrendono senza opporre resistenza. La liberazione vera e propria del generale però si fa complicata. Un brigatista puntava la pistola alla testa del prigioniero. Un attimo e i due poliziotti del Nocs lo disarmano e liberano Dozier. Ma questi non è convinto che siano poliziotti così scalcia e tenta di liberarsi. I liberatori presero di peso il generale e ancora scalzo lo portarono in questura. Il terrorismo sfuma la sua stagione di sangue e il Nocs scende sempre più spesso in campo nella lotta ai sequestri persona e alla criminalità organizzata. Pronti a muoversi in due ore, tutti operativi in 24 ore, gli uomini in blu diventano uno strumento determinante in molte operazioni di polizia. I Nocs tornano alla ribalta nell'agosto del 1987 quando Mario Tuti si mette a capo di una rivolta nel carcere di Porta Azzurro. I Nocs, appostati sul tetto del carcere, per giorni sorveglieranno le mosse dei rivoltosi, pronti a fare irruzione. Era consuetudine incontrarli, con le loro tute blu e il mefisto (il passamontagna ndr) al bar del porto dove soprattutto all'alba facevano il pieno con bombe alla crema appena sfornate. Un cedimento alla gola prima di tornare a sdraiarsi sulle scomode tegole del tetto del penitenziario. Il loro intervento fu solo di copertura. Mario Tuti si arrese e loro recuperarono gli ostaggi. Quelli erano anni di sequestri di persona: un crimine che non risparmiava neppure i bambini. Al Nocs devono la loro libertà Augusto De Megni, rapito in Umbria e liberato a Volterra e il piccolo Farouk Kassam sequestrato in Sardegna. L'operazione più spettacolare fu però la liberazione di Dante Belardinelli sulle montagne della Maremma in una zona impervia dove una squadra del Nocs si calò dall'elicottero. Un'altra squadra con i funzionari della squadra mobile di Roma, tra loro Nicola Cavaliere e Rodolfo Ronconi, si avvicinò da terra. L'imprenditore fiorentino fu talmente grato ai suoi liberatori che li ringraziò definendoli "Uomini d'acciaio". Durante le fasi del sequestro i Nocs furono protagonisti di un violento conflitto a fuoco sulla bretella austostradale Fiano-San Cesareo. Il sovrintendente Augusto Silvestro rimase gravemente ferito. Per mesi tra la vita e la morte. Fu operato più volte all'estero sempre seguito dai suoi colleghi e oggi, quel giovane ormai uomo è tornato come istruttore al Nucleo. Con l'orgoglio e la passione di sempre. Ancora blitz per liberare ostaggi e catturare latitanti. E non mancano crisi internazionali. Un notte dell'agosto 1992 scatta l'allarme per un dirottamento aereo. Un Boeing della Ethiopian Airlines atterra a Ciampino. Sono le due di notte del 30 agosto. Trascorre mezz'ora ed arriva il capo della Polizia dell'epoca, Vincenzo Parisi. A ruota ecco i fuoristrada con i vetri oscurati del Nocs. Inguainati nelle tute blu scendono le teste di cuoio. Come sempre il comandante è con loro. In prima linea con i suoi ragazzi. Fu un'azione esemplare, senza sparare un colpo. I quattro dirottatori appena li videro apparire come dal nulla dentro il velivolo lasciarono in terra pistole e bombe a mano. Il mondo sembrò crollare addosso al Nucleo la sera del 17 ottobre 1997. Durante il sequestro Soffiantini i magistrati bresciani ordinarono alla polizia di organizzare un blitz per catturare i sequestratori. E così entrò in azione il Nocs, L'ispettore Samuele Donatoni si sostituì all'emissario della famiglia ma il blitz venne scoperto dai sequestratori che iniziarono a sparare contro gli agenti. A Riofreddo, a 40 km da Roma, nel conflitto a fuoco, Donatoni venne colpito ed ucciso. Due giorni dopo quattro membri della banda vennero catturati dal Nocs sull'autostrada Roma-L'Aquila. Fu un operazione drammatica. Il nucleo intercettò l'auto dei banditi e la bloccò in un tunnel dell'autostrada usando bombe flash e rispondendo la fuoco dei criminali. Un inferno di luce e spari. Da lì a qualche giorno, grazie a questi arresti, Soffiantini tornò libero. Ultima in ordine di tempo la cattura di Osman Hussain, il terrorista islamico che faceva parte delal cellula che colpì Londra nel luglio 2005. "Sfondammo la porta con il cuore in gola - racconta il comandante Paolo Groppuzzo - c'era il rischio che poteva farsi esplodere invece lo trovammo genuflesso che pregava". Oltre diecimila missioni all'attivo, tutte al limite. Ma il Nocs si occupa ormai da tempo anche della protezione di personalità istituzionali ad alto rischio. Senza la loro tuta blu, a fatica, tengono i loro muscoli superallenati dentro le giacche sartoriali. Auricolare e Beretta, vegliano sui capi di Stato esteri in visita in Italia e ne seguono anche le loro stravaganze. Ed eccoli seguire e fare da ciceroni a Moshe Katsav, l'ex presidente d'Israele, che a notte fonda decise di lasciare il Quirinale per vedere in tutta tranquillità Fontana di Trevi. E il Nocs che ha garantito lo shopping blindato di Laura Bush in centro o le gite in barca con l'israeliano Peres sul lago di Como. Sempre in silenzio. Come la notte.

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Oggi si vota il dopo Olmert (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Esteri Pagina 111 Israele. Una donna, l'attuale ministro degli Esteri, in testa nelle primarie del partito di governo Oggi si vota il dopo Olmert Israele.. Una donna, l'attuale ministro degli Esteri, in testa nelle primarie del partito di governo I sondaggi danno favorita Tzipi Livni col 47% --> I sondaggi danno favorita Tzipi Livni col 47% I candidati sono quattro, solo il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz ha qualche debole possibilità di vincere le primarie di Kadima. Il verdetto ufficiale del voto si conoscerà solo domani mattina. TEL AVIV Non si avranno prima della notte tra oggi e domani i risultati delle primarie del partito centrista israeliano Kadima, il principale della coalizione attualmente al governo, da cui uscirà la persona che potrebbe guidare il governo israeliano sino alla fine della legislatura, nel novembre 2010, subentrando al premier uscente, Ehud Olmert, dimissionario perchè al centro di una serie di scandali e accusato di corruzione. Su quattro candidati, la grande favorita dai sondaggi, con il 47 per cento dei voti, è l'attuale ministra degli Esteri Tzipi Livni, 50 anni, che prevedibilmente surclasserà il secondo più favorito, il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz, che alla vigilia avrebbe appena il 28 per cento delle preferenze. Trascurabili, secondo tutti gli analisti, le possibilità degli altri due esponenti di Kadima, il ministro degli Interni Meir Shitrit e quello per la Sicurezza interna Avi Dichter. Se nessuno dei primi due, la Livni o Mofaz, dovesse ottenere almeno il 40 per cento dei voti, tra una settimana ci sarà il ballottaggio. Poi il presidente della Repubblica, Shimon Peres, comincerà le consultazioni per affidare l'incarico di formare il nuovo governo. Se ciò non dovesse risultare possibile, a causa di mancati equilibri nella coalizione con gli altri partiti, tra i quali svolge un ruolo cruciale il religioso Shas, si andrà alle elezioni anticipate. Sino a che un nuovo capo dell'esecutivo non sarà entrato in carica, comunque, alla guida dello Stato più nevralgico del Medio Oriente resterà Olmert, un ex falco del Likud (storico partito della destra) poi passato su posizioni centriste, rispecchiate appunto dal Kadima, fondato nel 2005 da Ariel Sharon, al quale due anni fa Olmert subentrò dopo l'ictus che ha ridotto l'ex generale allo stato vegetativo. Se nonostante la nuova leadership di Kadima non dovessero verificarsi le condizioni per il proseguimento dell'attuale coalizione e si rendesse necessario il ricorso alle urne, è probabile che una affermazione della Livni - da molti più o meno correttamente paragonata a una Golda Meir del Duemila - sarà stata la classica vittoria di Pirro: perché da un lato gli affari correnti per i quali Olmert resterà in carica sino al successore si potranno protrarre anche per qualche mese; dall'altro lato, invece, il partito che prenderebbe il posto di Kadima al vertice dell'arco costituzionale israeliano sarebbe quasi certamente il Likud, capeggiato da Benyamin Netanyahu. Un politico che non ha mai sconfessato la sua natura di falco e il cui partito cavalca la svolta a destra fatta complessivamente segnare dall'elettorato israeliano.

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Sarkò e Berlusconi, un incontro-lampo (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 17-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Esteri Pagina 111 Parigi. Nessuna dichiarazione ufficiale ma hanno parlato soprattutto di energia e crisi in Georgia Sarkò e Berlusconi, un incontro-lampo Parigi.. Nessuna dichiarazione ufficiale ma hanno parlato soprattutto di energia e crisi in Georgia --> PARIGI "Bene, bene, siamo vecchi amici": Silvio Berlusconi commenta così l'incontro informale avuto ieri sera all'Eliseo con Nicolas Sarkozy. Sorrisi e strette di mano, al termine dei colloqui, ma niente dichiarazioni ufficiali da parte dei due leader. Anche se fonti della presidenza francese hanno indicato tra i temi al centro dell'incontro la crisi in Georgia, le politiche energetiche, l'immigrazione e la vicenda Alitalia, con l'apertura del Cavaliere ad un accordo commerciale con Air France. Quasi un'ora di incontro, nella visita-lampo a Parigi del presidente del Consiglio, per un bilaterale tra amici di "vecchia data". È stato il fuori programma del Cavaliere a movimentare la giornata. Berlusconi parla alla platea dell'associazione ebraica Keren Hayesod dicende che le minacce di Ahmadinejad contro Israele sono probabilmente solo propaganda, ma bisogna stare attenti perché anche Adolf Hitler all'inizio fu preso per un sincero democratico. Un intervento che viene accolto con applausi scroscianti dai membri dell'organizzazione sionista che ha lo scopo di promuovere l'arrivo di ebrei in Israele. Berlusconi arriva al Pavillon Gabriel, nel cuore di Parigi a due passi da Place de la Concorde, per ritirare il premio "Uomo dell'anno" assegnatogli dall'istituzione ebraica con la motivazione di essersi distinto nella difesa di Israele. E il premier non ha mancato le aspettative, arrivando a dire di "sentirsi israeliano". Ma è il passaggio sull'Iran quello che colpisce di più la platea, che applaude calorosamente il paragone con il fuerer: "Credo che dovremmo avere tutti la massima attenzione nei confronti delle follie di chi, magari solo per ragioni politiche interne, vorrebbe cancellare Israele dalla carta geografica", è la sua premessa. Un riferimento trasparente al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, anche se il presidente del Consiglio non lo nomina. Un richiamo implicito, come lo è quello successivo ad Adolf Hitler: "Già una volta - dice Berlusconi - c'è stato un tal signore che all'inizio sembrava un democratico e che poi ha fatto quello che ha fatto. E voi purtroppo sapete a chi mi riferisco...". Un parallelismo che molti tra i presenti sembrano condividere, annuendo con convinzione. Ma, aggiunge, "guardando al secolo che abbiamo alle spalle, dobbiamo riconoscere di essere fortunati". Perché il Novecento "è stato un secolo insanguinato da due ideologie terribili, comunismo e nazismo. Il primo "credendo di portare la Gerusalemme celeste in terra" ha causato solo "misera, terrore e morte nei Paesi dove è andato al potere". Mentre il secondo, "basandosi sull'assurdo concetto della superiorità razziale, ha provocato gli istinti più bestiali dell'uomo e tragedie di cui voi siete stati le prime vittime".

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La scommessa Livninel futuro di Israele (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

David bidussa La corsa ormai certa di Tzipi Livni alla carica di primo ministro nelle elezioni anticipate in Israele è legata a varie questioni che stanno sul tappeto. Prima di tutto lo scenario regionale mediorientale. Come sappiamo, oggi la carta politica del Medio Oriente passa per vari capitali in una ragnatela di complicati equilibri in cui le politiche non sono più quelle bilaterali proprie della guerra fredda. Passa per Tripoli una linea di ricomposizione della carta politica che riguarda non più il conflitto con il terrorismo, ma le molte strade della soluzione di un conflitto con l'Europa. Contemporaneamente è la Siria, dall'altra parte, oggi un punto nevralgico della diplomazia che con occhi preoccupati guarda il Medio Oriente. Passa per Damasco la politica verso l'Iran, nel tentativo di un dialogo molto complicato, non solo per La questione nucleare, ma anche perché ancora non è chiaro quale sarà il gioco della Russia di Vladimir Putin, dopo il conflitto in Georgia, nell'area mediorientale. E passa ancora per Damasco la regolazione del conflitto complicato e delle lacerazioni interne del Libano. In tutte queste questioni pesa anche Israele. Vi pesa per le linee di strategia che adotterà e per come vedrà il suo futuro dentro una carta geografica che è ancora incerta e sottoposta a molte sollecitazioni. In quel gioco è importante capire anche con quali partner oggi si tratterebbe di percorrere un pezzo di strada. La parabola discendente della Gran Bretagna - nella sua partnership con gli Stati Uniti - e l'ascesa, al suo posto, della Francia di Nicolas Sarkozy nel ruolo di "apripista" della diplomazia occidentale verso il Medio Oriente non dicono solo di una nuova grandeur, ma indicano anche che l'asse europeo forse si sta muovendo. Pur con molte cautele l'Europa - dopo un'assenza che risale a più di 50 anni fa (l'ultima volta che cercò di pesare in Medio Oriente fu nella guerra per Suez del novembre 1956 e l'intervento anglo-francese segnò la fine di una lunga presenza e di un qualsiasi ruolo nella fase post-coloniale) - torna dunque a pesare per davvero in quell'area, e ha bisogno d individuare figure per le quali la politica della trattativa abbia credibilità. Almeno su tre questioni: la definizione di una politica mediterranea in cui è interesse fondamentale avere quello spazio comune "governabile", dunque attraversato da una visione comune; l'individuazione di strategie che nei prossimi anni vorranno dire cooperazione economica ma anche governo di un sistema di scambio; e infine perché quell'equilibrio del "terrore" che ancora fino a tre anni fa poteva consentire margini di manovra per qualcuno, è diventato troppo stretto per molti attori in Medio Oriente. Dunque lo scenario va verso la composizione dei conflitti di durata. Composizione non significa soluzione immediata, ma politiche di cooperazione. Il profilo di Tzipi Livni è tutto interno a questo scenario (certamente molto più dei suo avversari Avigdor Liebermann e Benyamin Netanyahu) e risponde a questo groviglio di questioni. Nel dopo-Olmert, dunque, questa scelta consentirebbe di tenere aperta la partita della trattativa e del confronto. La scelta a suo favore è anche una garanzia di prosecuzione di una linea che l'ha vista nel dopo guerra del Libano (nell'estate 2006), esprimere con passione, ma anche con fermezza, una linea di confronto sia verso i palestinesi, sia verso l'Europa. Il profilo della sua candidatura, dunque, esprime una continuazione di una linea politica. Da questo lato Tzipi Livni oggi è la figura che consentirebbe un passaggio indolore nel dopo-Olmert. Ma non è solo una questione di continuità. Si riversa nella sua figura politica un elemento che riguarda da vicino il profilo storico di un Paese. Tzipi Livni è la scelta di continuità di alcune rotture emotive e politiche definite dalla scelta di abbandonare Gaza nell'estate del 2005. Una scelta che nella storia politica di Israele non ha voluto dire solo abbandono di una parte dei territori occupati, ma anche l'uscita dal paradigma ideologico che per trent'anni ha definito lo scontro politico interno: la destra per i territori occupati, la sinistra in forma variegata per una restituzione concordata. Nella scelta di Kadimah il partito fondato e guidato da Ariel Sharon nell'estate 2005 e poi guidato alla mezza vittoria elettorale del marzo 2006 da Ehud Olmert, il vero politico "nuovo"è sempre stata lei: la figura che indicava la fuoriuscita dal mito dei "padri fondatori". La convinzione che si potesse andare oltre la prima generazione. Non è solo per questo, tuttavia, che Tzipi Livni è oggi una figura che può esprimere, agli occhi di un elettorato che tre anni fa individuava in Sharon la figura per un rilancio politico nazionale, il futuro. Dietro quella scelta stava essenzialmente il riconoscimento - anche oltre i vecchi schieramenti classici destra-sinistra - di una figura politica che, in nome di un progetto, giocava tutta la sua forza e "scommetteva sulla politica". Quel tentativo, come sappiamo - non è riuscito: perché Sharon non ce l'ha fatta fisicamente e si trova oggi in un qualche letto immobile, dopo il suo ictus, e dopo le molte delusioni rappresentate da Olmert, dalla guerra in Libano nell'estate 2006 fino alla questione degli scandali per cui è stato costretto a dimettersi. Oggi Israele, al di là di sapere se avrà un futuro politico (una domanda su cui pesa l'incognita del nucleare iraniano) continua a domandarsi se ha una classe dirigente capace di dare forza al suo sogno. Tzipi Livni è anche l'effetto di questa inquietudine. 18/09/2008 dopo sharonIl ministro esprime il domani agli occhi degli elettori che vedevano in Sharon la figura per un rilancio politico nazionale 18/09/2008 sergio luciano Cinquecentocinquantamila miliardi di dollari: dodici volte il prodotto interno lordo di tutto il mondo. È questo il livello stratosferico, surreale, raggiunto dal cosiddetto "valore nozionale" dei derivati finanziari che circolano oggi sul pianeta: per valore nozionale si deve intendere il valore delle merci, dei titoli, delle valute cui si riferiscono questi derivati. Ora la domanda è semplice: che valore reale può mai avere una categoria di titoli mobiliari dal valore nozionale pari a dodici volte la ricchezza prodotta in un anno dall'intero mondo? Ovvero: cosa accadrebbe se tutti i proprietari di questi derivati volessero contemporaneamente rientrare in possesso dei soldi che hanno speso per comprarli? Da chi se li farebbero dare, dai marziani? Questa cifra agghiacciante, nota da tempo e riemersa in questi ultimi giorni da capogiro sui mercati finanziari, dopo il fallimento della banca d'investimenti Lehman Brothers, basta da sola a far capire quali livelli di follia assoluta aveva raggiunto, prima della crisi, la finanza cosiddetta "innovativa" praticata, e predicata, dai guru americani dei mercati. Gli stessi guru che, cantori del liberismo a oltranza e della forza auto-regolatrice del mercato, venivano presi a modello da tanti commentatori europei, pronti a biasimare i costumi delle nostre autorità di controllo e dei nostri intermediari finanziari. Ora che la crisi è esplosa e ha raggiunto livelli mai toccati nel secondo dopoguerra, è chiaro che il sistema economico mondiale - cioè, chi più chi meno, noi tutti - dovrà pagare, e ha appena iniziato a farlo, il conto di questa demenziale ubriacatura di ricchezza cartacea, di finta ricchezza. Senza ancora essercene accorti, il conto lo stiamo già pagando, anche quelli tra noi - noi europei, ad esempio - che non hanno mai investito in derivati e non hanno mai pensato di farlo. Già. Perché lo stesso sistema bancario che in America, in Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, e per fortuna molto meno in Germania e quasi per niente in Francia, Italia e Svizzera aveva fatto monumentali pasticci con i derivati, oggi corre ai ripari calcando la mano sui clienti "veri" e "semplici", quelli che chiedono dei prestiti per lavorare, quelli che scelgono di comprare una casa alla portata del loro reddito e vogliono solo un piccolo mutuo. Questo genere di cliente sta pagando già colpe non sue, sotto forma di ogni sorta di maggior costo e minor celerità di espletamento delle pratiche, perché le banche hanno stretto - anche in Italia - i cordoni della Borsa. I dati ufficiali dell'ultimo trimestre non sono ancora disponibili ma anche in Europa, anche in Italia siamo alla stretta creditizia. Le grandi banche non si fidano più l'una dell'altra e non si finanziano più come prima, reciprocamente, sul mercato cosiddetto interbancario. Preferiscono chiedere soldi in prestito direttamente alle banche centrali. E li lesinano, ormai, anche ai migliori clienti. Figuriamoci a quelli modesti, a quelli ordinari. È vero che le banche italiane sono rimaste finora sostanzialmente immuni dalla crisi. Ma come ha detto il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi "naturalmente, se la crisi dovesse diventare sistemica, i rischi di controparte potrebbero sempre espandersi in tutto il mondo". Nonostante "finora le posizioni patrimoniali delle banche nell'area euro restino solide". Ma cosa s'intende per "rischio di controparte"? Semplice: la Lehman Brothers è fallita a causa di un "buco" di 613 miliardi di dollari che avrebbe dovuto rimborsare a una serie di creditori. Significa che in giro per il mercato finanziario ci sono un numero imprecisato di "controparti", tra cui certamente anche tanti italiani - sia persone fisiche che, soprattutto, istituzioni finanziarie - che erano creditori di Lehman e non saranno rimborsati. Saranno colpiti dal "rischio di controparte", subiranno delle perdite e forse, a loro volta, non riusciranno a rimborsare alcuni dei loro debiti o tutti. È questo l'effetto-domino negativo che potrebbe innestarsi, con conseguenze spaventose. Nell'angoscia che le attanaglia, sull'orlo di una crisi di nervi, le banche di tutto il mondo si rivalgono sul signor Rossi, piccolo imprenditore che deve soltanto rifinanziare le proprie fatture; o con mister Smith, che deve comprar casa e ha chiesto un mutuo. E anche le banche italiane - pur meno malconce di molte colleghe straniere - si comportano sempre peggio, come se avessero la coda di paglia, se cioè sapessero che prima o poi le perdite-monstre potrebbero toccare anche a loro. Per i risparmiatori ma soprattutto per i clienti creditizi delle banche è più che mai l'ora di aprire bene gli occhi e rileggersi l'elenco dei propri diritti. Una banca in preda al panico è un interlocutore difficilissimo e pericoloso. Se si è in possesso di un minimo di capacità negoziale e di potere contrattuale, è l'ora di far la voce grossa: rifiutare l'aggravio delle condizioni, riaffermare il proprio diritto a non fornire più garanzie di un tempo, se necessario cambiare banca. Senza pudori inappropriati: se le banche italiane (e finora, e speriamo che duri) sono rimaste immuni dalla crisi non è stato per loro bravura; il merito va, da una parte, ai controlli preventivi più severi esercitati dalle autorità europee e, dall'altra, a una circostanza in sé negativa, ovvero l'assoluta marginalità del nostro mercato finanziario, che non rendeva le nostre banche una controparte appetibile per le operazioni-monstre che Lehman Brothers e tanti altri istituti anglosassoni costruivano e sbolognavano poi in giro per il mondo sotto forma di derivati irrecuperabili. Brave no, quindi, fortunate sì: due buone ragioni per chiedere, per pretendere. È ora che le banche - italiane comprese - cambino atteggiamento con i clienti e riducano le vessazioni cui li sottopongono. Non hanno alcun titolo per continuare, ammesso che continuino, a lavorare come hanno fatto finora. Non hanno cultura professionale e non hanno concorrenza. Non spetta a noi clienti aiutarle a superare la crisi globale. A noi il diritto, invece, di difendere i nostri interessi. Anche a costo di ritirare tutti i soldi e parcheggiarli tre mesi - come inizia a suggerire più d'uno - sotto la classica mattonella. Sergio Luciano è direttore di Panorama Economy. 18/09/2008.

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Primarie del Kadima in Israele, Livni prima in tutti gli exit poll (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Il dopo-olmert Gerusalemme. Tutti gli exit poll assegnano la vittoria al ministro degli Esteri, Tzipi Livni. Le elezioni primarie del Kadima, il partito di maggioranza relativa israeliano, si avvierebbero dunque verso la conferma dei pronostici della vigilia. Alla Livni viene attribuita una percentuale di voti che oscilla tra il 44 e il 49 per cento. Dietro di lei il generale a riposo Sahul Mofaz (37-38 per cento). Bassa l'affluenza alle urne. A poco meno di due ore dalla chiusura dei seggi aveva votato appena il 40 per cento dei 74mila aventi diritto, e la Livni, grande favorita per la vittoria finale, ha espresso il suo disappunto, esortando gli elettori a recarsi alle urne e a "votare con il cuore". "L'affluenza è insoddisfacente", ha detto la Livni, che ambisce a diventare la prima premier donna dai tempi di Golda Meir. Suo principale rivale è il ministro dei Trasporti Sahul Mofaz. Tutti i sondaggi della vigilia, come detto, davano per favorita la Livni. Ma per evitare un rischioso secondo turno di ballottaggio dovrà superare il 40% dei consensi: un risultato dunque legato strettamente al tasso di affluenza. Mofaz, un "falco" che vanta sostenitori più motivati, afferma di poter raggiungere il 43% dei voti, ma in realtà punta proprio al ballottaggio dove, con ogni probabilità, raccoglierà il sostegno dei candidati minori, il ministro per la Pubblica Sicurezza Avi Dichter e il ministro dell'Interno Meir Sheetrit. 18/09/2008.

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Allarme di frattini "in europa si diffonde l'antisemitismo" - giampaolo cadalanu a pagina 14 (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Il ministro degli Esteri: Italia mai così in sintonia con Israele Allarme di Frattini "In Europa si diffonde l'antisemitismo" GIAMPAOLO CADALANU A PAGINA 14 SEGUE A PAGINA 14.

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Israele, la livni vince le primarie prenderà il posto di olmert - alberto stabile a pagina 10 (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Kadima sceglie il leader, battuto Mofaz Israele, la Livni vince le primarie prenderà il posto di Olmert ALBERTO STABILE A PAGINA 10 SEGUE A PAGINA 10.

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Livni, una donna per guidare israele - alberto stabile (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Livni, una donna per guidare Israele Pronta a succedere a Olmert. "Alle primarie di Kadima hanno vinto i bravi ragazzi" In serata le sono giunte le congratulazioni del premier dimissionario ALBERTO STABILE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME - Quasi quarant'anni dopo Golda Meir, un'altra donna, il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, sarà con ogni probabilità designata a guidare il governo israeliano. Le base elettorale di Kadima, il partito di centro voluto da Ariel Sharon, chiamata a scegliere il successore di Ehud Olmert ha, secondo tutti i sondaggi delle principali reti televisive, incoronato la Livni con un vantaggio di circa dieci punti sul suo principale concorrente, il ministro dei Trasporti, Shaul Mofaz. Costretto ad annunciare le dimissioni a causa delle molte inchieste per corruzione che lo vedono coinvolto, Olmert esce da questa vicenda come il vero sconfitto, anche se ieri sera, in un gesto di lealtà, ha telefonato alla vincitrice per congratularsi. Bisognerà aspettare stamattina per avere la certezza dei risultati. Lo spoglio delle schede, è cominciato ieri sera nei 114 seggi distribuiti in tutto il paese e certamente non ci vorrà molto tempo per scrutinare i voti dei quasi 40 mila iscritti su 74 mila che sono andati alle urne (alla fine circa il 50 per cento degli aventi diritto). Ma queste primarie, senza precedenti nella breve storia di Kadima, partito fondato nel 2005, sono state segnate dall'incertezza che accompagna gli esperimenti. Tutto è stato inventato in poche settimane. Gli exit poll, croce e delizia di ogni elezione, sono cominciati a comparire sugli schermi televisivi ben prima che si chiudessero i seggi. Tuttavia la distanza tra Livni e Mofaz, è ben oltre il margine d'errore, al punto che la stessa Livni s'è presentata al suo quartier generale per rivendicare, con una certa vena polemica, il successo: "Hanno vinto i bravi ragazzi", ha detto, evocando per contrasto la presenza di galoppini e maneggioni nelle schiere avversarie, cosa che aveva generato anche un esposto alla procura. Se le proiezioni saranno dunque confermate, per una volta i sondaggi e le agenzie di rating hanno avuto ragione. Durante tutta la campagna, mai la supremazia della Livni rispetto ai suoi concorrenti (oltre a Mofaz erano scesi in campo anche il ministro dell'Interno Meir Shitreet e il responsabile della Sicurezza Interna, Avi Dichter) è stata messa in discussione. Semplificando il senso della scelta compiuta dalla base di Kadima, si può dire che tra la realtà e il mito, il partito di Sharon ha scelto la realtà, tra la speranza e l'immobilismo, la speranza. Se Tzipi Livni, nonostante le profonde radici familiari nella destra nazionalista israeliana è giunta, alla fine di un lungo percorso, ad accettare la necessità del compromesso, la sua vittoria all'interno di Kadima vuol dire che il processo di pace con i palestinesi ha buone probabilità di proseguire. Ma questo appartiene già al giorno dopo. Prima, la signora della diplomazia israeliana dovrà dimostrare di avere le doti di un politico consumato, cosa che non tutti gli osservatori sono disposti a concederle, per poter superare ostacoli che mai ha dovuto fronteggiare nella sua breve carriera politica. A cominciare dalla formazione di una nuova maggioranza di governo che potrebbe essere la copia conforme di quella uscente ma potrebbe non esserlo, viste le pregiudiziali sollevate sin dalla vigilia dal partito ultraortodosso sefardita Shas. Certa di poter rappresentare un punto di riferimento quanto ad onestà personale, in un momento della vita israeliana in cui la classe politica ha dovuto subire severe censure morali, Tzipi Livni ha impostato la sua campagna sulla discrezione e la cautela. Da oggi dovrà venire allo scoperto, cercando innanzitutto di convincere quel 50 per cento dell'opinione recalcitrante che al compromesso coi palestinesi non c'è alternativa. Non è detto che riuscirà. C'è ancora chi scommette sulle elezioni anticipate e fra questi, in cuor suo, anche Ehud Olmert. Ieri siamo andati nel seggio di Piskat Zeev, un quartiere di 50 mila abitanti, a Ovest di Gerusalemme, dove avrebbe votato il premier. Elegante, disinvolto, il primo ministro dimissionario per sua stessa ammissione non ha voluto dire per chi aveva votato, ma non ha rinunciato alla battuta. Uscendo e rivolgendosi a noi giornalisti ha detto: "Arrivederci", pausa, "perché ci rivedremo". "Farò il governo, ma non a qualsiasi costo" ha detto Tzipi Livni quando le urne stavano per chiudersi. Come dire che su certi punti di programma e su certi principi non è disposta a transigere. Ma i suoi amici di partito sarebbero disposti a rischiare le elezioni?.

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Anche Kadima vota donna: Livni candidata (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Secondo gli exit poll la ministra degli esteri di Israele Tzipi Livni ha vinto le primarie per la leadership di Kadima col 48%. De Giovannangeli a pag. 10 Primarie in Israele.

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L'Italia nel mondo non conta più nulla (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

"L'Italia nel mondo non conta più nulla" ROMA"Dobbiamo fare un piccolo atto di umiltà e prendere atto del fatto che non contiamo più nulla. L'Italia è un paese che è stato cancellato dagli schermi radar del mondo. Con l'eccezione del nostro passato, se arrivasse uno tsunami e non ci fosse più l'Italia, nessuno se ne accorgerebbe". Così il presidente del gruppo Cir, Carlo De Benedetti, intervenendo al convegno dell'Aspen institute sulle relazioni tra Italia e Israele. "Recentemente - ha proseguito De Benedetti - sono stato negli Stati Uniti e per la prima volta da anni nessuno mi ha chiesto nulla su cosa accade nel nostro paese". Secondo De Benedetti l'arretramento dell'Italia a livello internazionale dipende "un po' dall'allargamento del mondo e un po' dal fatto che nessuno, si è posto il problema di cosa l'Italia vuole fare da grande in un mondo che è cambiato".

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L'ascesa dell'ex spia del Mossad pupilla di Sharon sulle orme di Golda Meir (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

/ Roma Trentaquattro anni dopo Golda Meir , il futuro d'Israele sembra tornare a tingersi di rosa. Nel segno di Tzipi Livni. Un segno che prova a tenere assieme, per Israele, tradizione e modernità, bisogno di normalità e un presente vissuto in trincea. Il segno del cambiamento possibile. Una sfida dal cui esito dipende il futuro stesso dello Stato ebraico. Nata 50 anni fa a Tel Aviv, da genitori appartenenti alla destra militante e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele+Cisgiordania), il pensiero politico di Tzipora (Tzipi) Livni si è poi spostato su posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, Livni, laureata in legge e madre di due figli, è entrata nella vita politica nelle file del Likud (centrodestra). Nel 1999 è eletta alla Knesset per la prima volta. Due anni dopo entra nel primo governo di Ariel Sharon e da allora è stata titolare di diversi ministeri, seguendo l'ex premier in coma da oltre due anni anche nella fondazione del partito di centro Kadima, in una carriera che l'ha portata a diventare una delle 100 persone più influenti del mondo secondo la classifica di Time magazine. Nel 2006 appoggia la decisione di Sharon di lasciare il Likud per dare vita a Kadima. Lo stesso anno, dopo l'ictus che aveva colpito il popolare premier, Livni sostiene Olmert alla guida di Kadima. Dopo le elezioni di quell'anno vinte da Kadima, entra nel governo Olmert come vicepremier e ministro degli Esteri. In quest'ultima veste partecipa personalmente ai negoziati di pace con i palestinesi, guidando la delegazione del suo Paese. Dopo che il primo ministro è stato costretto a dare il via libera alle primarie interne sull'onda delle accuse di finanziamenti illeciti nell'ambito dello scandalo Talansky, Livni ha condotto la sua campagna per le primarie puntando soprattutto sul tema del rinnovamento della politica e la lotta alla corruzione. Ed è proprio l'onestà in un Paese in cui spesso i dirigenti politici sono rimasti coinvolti in scandali di corruzione o condotta impropria pare essere la sua arma migliore, e lei stessa ha dichiarato di voler procedere a "delle correzione dei cambiamenti per ristabilire la fiducia dell'opinione pubblica nei politici". Sulla sua onestà i suoi avversari non hanno nulla da "malignare": non a caso la chiamano Mrs Clean, Signora Pulizia. Non ha scheletri nell'armadio al contrario di molti suoi colleghi che riempiono colonne di giornali con i loro scandali quotidiani. "Lei è abbastanza giovane rispetto agli altri protagonisti della scena politica israeliana. È stata eletta alla Knesset, pochi anni fa. Non è mai stata sfiorata da inchieste o accuse di corruzione. La gente vuole personaggi nuovi e trasparenti. Per questo avrà il consenso alle primarie", afferma Herb Keinon, scrittore e firma di punta del Jerusalem Post. Sulle questioni chiave del negoziato con i palestinesi è rimasta cauta, senza esprimersi sulla spinosa questione dello status di Gerusalemme. Sua è questa citazione: "Non è nostro interesse e desiderio controllare un altro popolo. Al contrario vogliamo che il popolo palestinese abbia un suo Stato fattibile, sicuro e prospero. Non è solo un'aspirazione palestinese ma è anche un interesse di Israele purchè questo stato non minacci la sua sicurezza". Su un altro problema centrale di Israele, il programma nucleare iraniano, ritenuto una minaccia all'esistenza dello Stato, Livni ha detto di privilegiare una politica di dure sanzioni economiche nei confronti di Teheran, ma senza escludere l'opzione militare. Ama vestirsi con rigorosi tailleur neri, calzare scarpe con un tacco leggero, capelli a caschetto, Tzipora si divide tra la casa e il lavoro, tra decidere l'educazione dei figli e spiegare al mondo perché occorre isolare l'Iran di Ahmadinejad. Quando può, si rilassa davanti ai tamburi. E "ritma" il tempo di Israele. Il suo tempo. u.d.g.

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Vince Livni, il dopo Olmert è donna Svolta in Israele, per gli exit poll la ministra degli Esteri al 48% nelle primarie di Kadima. Il suo rivale Mofaz al 37% Ora dovrà provare a fo (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Rmare un nuovo governo. Se avrà la maggioranza sarà la prima premier dopo 34 anni di Umberto De Giovannangeli LA TENSIONE si scarica con il primo exit poll. Il sorriso illumina il volto di Tzipi Livni. Tutti i riscontri delle tv israeliane convergono nelle risultanze: la ministra degli Esteri vince le primarie di Kadima e rimpiazzerà il premier Ehud Olmert alla guida del partito. I risultati ufficiali sono previsti per la tarda notte. L'ufficializzazione avverrà oggi. Ma sulla vittoria della ministra non ci sono dubbi. Gli exit poll vanno tutti nella stessa direzione: Livni ha vinto sul suo più accreditato sfidante, il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz, con una percentuale superiore a quel 40% necessario per non dover andare al ballottaggio. Nel quartier generale di "Tzipi" sorrisi e lacrime di gioia accompagnano ogni exit poll delle reti televisive: Tv di Stato: Livni 47, Mofaz 37, Dichter 8, Shitrit, 7; Tv, Canale 2: Livni 48, Mofaz 37, Dichter 7, Shitrit, 7; Tv, Canale 10: Livni 49; Mofaz 37, Dichter 7, Shitrit, 7; Sito web Kadima: Livni 44, Mofaz 38, Dichter 10, Shitrit, 8. Secondo le emittenti televisive, hanno votato oltre il 50 per cento dei 74 mila aventi diritto. A cinquant'anni Tzipora "Tzipi" Livni diviene la donna in politica più potente d'Israele e forse dell'intero Medio Oriente. Attorno a lei si stringono i giovani, tante le ragazze, che l'hanno accompagnata in questa "straordinaria avventura". "Tzipi rappresenta il futuro, incarna la speranza del cambiamento. Ed è bello che Israele si affidi ad una donna", dice Yael, 20 anni, una delle oltre quattrocento volontarie dei "comitati per Tzipi". Yael fa festa. Ma per Tzipi Livni la strada che la porterà dalla guida di Kadima alla poltrona di premier è ancora irta di ostacoli. In base alla legge elettorale israeliana, il presidente della repubblica Shimon Peres conferirà subito l'incarico al nuovo capo del principale partito della coalizione. Questi avrà quindi 42 giorni di tempo per mettere in piedi la compagine del nuovo gabinetto. Operazione di alta ingegneria politica, dati il numero e la eterogeneità dei partiti che fanno parte della coalizione, tra i quali sarà cruciale il ruolo del partito dei religiosi ortodossi Shas. Se in 42 giorni di consultazioni il capo di Kadima non riuscirà nell'impresa, allora si andrà alle elezioni anticipate, che si svolgerebbero a dicembre. Di fronte a quest'ultima ipotesi, però, stando ai sondaggi nazionali degli scorsi mesi ben difficilmente il Kadima potrebbe mantenersi al vertice dell'arco costituzionale israeliano. In questa fase, infatti, sarebbe il Likud a occupare la posizione di Kadima, facendo segnare una svolta a destra alla politica dello Stato più nevralgico del Medio Oriente. Il nuovo premier, verosimilmente, sarebbe così Beniamin Netanyahu, elemento di punta dei "falchi". Non si potrebbe escludere, di fronte a tale evenienza, che Kadima si scinda. Da una parte la Livni, che manterrebbe le posizioni centriste e forse potrebbe avvicinarsi ai laburisti (operazione resa però più difficile dalle poche simpatie tra lei e il leader Ehud Barak) e dall'altra Mofaz, l'elemento meno "liberal" del partito attualmente al governo, che magari potrebbe essere risucchiato nell'orbita conservatrice di Netanyahu, tornando nel proprio alveo storico. Nel frattempo, l'attuale premier - sul quale si è abbattuta una tempesta politico-giudiziaria con accuse di aver percepito fondi illegali quando era sindaco di Gerusalemme e poi ministro dell'Industria - benchè abbia promesso di dimettersi resterà in carica per il disbrigo degli affari correnti. Impegno che però è visto come se fosse nella pienezza della carica, tanto più che Olmert ha sempre dichiarato esplicitamente di voler proseguire lui - sino a che gli sarà possibile - i negoziati con i palestinesi. Forte, in questo, anche del "gradimento" del presidente dell'Anp Mahmud Abbas (Abu Mazen). Il fallimento dei negoziati attualmente in corso, continua a ripetere l'ex "falco" Olmert, potrebbe precipitare di nuovo il Paese nella spirale del terrorismo e farebbe tornare a parlare dell'ipotesi - dai più aborrita - di uno Stato binazionale, israelo-palestinese.

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Israele: la Livni conquista il partito (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2008-09-18 num: - pag: 1 autore: di DAVIDE FRATTINI categoria: BREVI Israele: la Livni conquista il partito TEL AVIV - Il ministro degli Esteri Tzipi Livni è nettamente in testa contro il principale avversario Shaul Mofaz nelle primarie del partito Kadima. Gli altri due contendenti (Meir Shitrit e Avi Dichter) non avrebbero superato la soglia del 10%. Da oggi, Livni può lavorare alla nascita di una nuova coalizione. A PAGINA 17.

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<Sfida> Frattini-D'Alema su Stato ebraico e palestinesi (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-09-18 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Convegno Aspen L'attuale ministro degli Esteri: "Sintonia forte con Israele". Il predecessore: "Non dimentichi gli arabi moderati" "Sfida" Frattini-D'Alema su Stato ebraico e palestinesi ROMA - Si parla di "Italia, Europa e Israele" nel convegno organizzato dall'Aspen. E in modo plastico, nella sala conferenze della Farnesina, davanti a esperti internazionali ed autorevoli esponenti della Comunità ebraica, si sfidano a distanza due ministri degli Esteri: l'attuale, Franco Frattini, e l'uscente, Massimo D'Alema. A distanza perché il primo parla all'inizio del convegno e il secondo alla fine. Ma agli atti restano due discorsi molto diversi tra loro. Frattini, che fa gli onori di casa, parla di come il governo Berlusconi abbia creato "una sintonia molto forte con Israele" e molto diversa da quella esistente "nel recente passato". Denuncia il fatto che in Europa si sia registrata finora "una diffidenza inaccettabile" verso lo Stato ebraico. In altre parole, "l'antisemitismo è ancora diffuso nel nostro continente", compresa l'Italia. Anche se, secondo l'ambasciatore in Italia, Gideon Meir, che ha collaborato all'organizzazione del convegno, nel nostro Paese il fenomeno è "molto marginale". Frattini se la prende anche con la "timidezza eccessiva di alcuni leader europei rispetto a propositi sconsiderati e pericolosi, come quello di chi nega l'Olocausto o auspica la distruzione di Israele". L'idea del convegno nasce dai 60 anni dello Stato nato nel '48, dopo le persecuzioni della seconda guerra mondiale. Per Frattini "è una scommessa vinta". E l'Europa deve essere un partner stretegico per Israele. Nota significativa: il ministro, nel suo discorso, non cita, se non indirettamente, i palestinesi e non fa un cenno alla presenza dei nostri militari in Libano. Così come aveva fatto invece la sera prima, con gli stessi interlocutori, Gianfranco Fini. Dopo Frattini è la volta di un buon numero di diplomatici ed esperti, tra cui il politologo Edward Luttwak, che lancia un accorato appello all'Unione europea "perché fermi il programma nucleare iraniano con sanzioni durissime". Alla fine, ultimo degli oratori nella sessione dedicata alla "pace possibile ", interviene Massimo D'Alema. Che invece di palestinesi parla molto. Anzi, parte proprio da loro per incoraggiare gli israeliani ad appoggiare gli esponenti moderati, primo fra tutti il presidente Abu Mazen: "Non sostenerli sarebbe suicida perché cancellerebbe gli interlocutori migliori che abbiamo, forse i migliori che abbiamo mai avuto". Insomma, bisogna puntare tutto su Annapolis: "Su questi accordi c'è l'impegno personale del presidente americano George Bush: un fallimento sarebbe irresponsabile perché offrirebbe su un piatto d'argento ai radicali la dimostrazione che la pace non è possibile". E aprirebbe la strada a scenari incontrollabili: "Basta pensare che a Gaza si comincia a parlare di presenza di Al Qaeda". Frattini aveva sostenuto che un accordo è possibile, "anche lasciando da parte lo statuto di Gerusalemme". D'Alema pensa invece che "fare la pace senza affrontare quel nodo è una pura illusione". E alla fine torna sulla necessità che, una volta giunti a un vero accordo, ci sia una "forza internazionale" a garantirlo "nei territori palestinesi e a Gaza". Questa volta non parla solo di Unione Europa, ma anche di Nato: "Sarebbe una forza di deterrenza in più, rispetto a quella dello Stato di Israele". Ed è d'accordo sulla necessità di non far fallire Annapolis anche il sottosegretario Stefania Craxi, rivelando che il governo italiano "sta già lavorando su un piano Marshall " per il Medio Oriente. Roberto Zuccolini.

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Esteri (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-09-18 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Esteri La prima "regina" di Israele Premier Nata a Kiev, cresciuta negli Usa, Golda Meir (1898-1978) arrivò in Terrasanta nel 1921. Fu la prima donna premier di Israele (1969-74).

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De Benedetti: l'Italia non conta più nulla (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Politica - data: 2008-09-18 num: - pag: 13 categoria: REDAZIONALE L'editore De Benedetti: l'Italia non conta più nulla Al convegno Aspen Institute sui rapporti Europa-Israele Carlo De Benedetti parla soprattutto dell'Italia, che vede in grave declino: "Dobbiamo fare un piccolo atto di umiltà e prendere atto che non contiamo più nulla". Per il presidente del gruppo Espresso bisogna constatare che "il nostro Paese è cancellato dagli schermi radar del mondo".

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Tzipi Livni festeggia. Il suo rivale Shaul Mofaz è sotto choc. La leadership palestinese ha tir (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Ato un sospiro di sollievo. La lobby delle donne esulta. Il ministro degli Esteri, secondo gli exit poll, ha vinto la corsa per la leadership di Kadima e quando, probabilmente domenica, Ehud Olmert rassegnerà formalmente le dimissioni, sarà lei ad aver l'incarico di formare il nuovo governo. I dati forniti dalle tre reti tivù - a Livni il 48-49 per cento dei voti degli iscritti al partito, a Mofaz il 38 - difficilmente subiranno cambiamenti sostanziali quando lo scrutinio sarà completo. Il risultato apparentemente netto ha sorpreso un po' tutti. Livni era apparsa preoccupata nel tardo pomeriggio di fronte a un'affluenza ai seggi molto più bassa delle previsioni (appena il trenta per cento dei 74 mila aventi diritto al voto) tanto che aveva chiesto e ottenuto un prolungamento di mezz'ora delle votazioni. "Io so di cosa ha bisogno questo paese" le parole pronunciate dal ministro degli Esteri ieri mattina dopo aver votato. "Ossia continuare il processo che ci consentirà di determinare le frontiere d'Israele in piena sicurezza". Ha poi ricordato come fin dall'inizio aveva appoggiato la decisione di Ariel Sharon di smantellare tutti gli insediamenti nella striscia di Gaza e restituire quel territorio ai palestinesi. L'ex generale, clinicamente morto per un ictus, intendeva chiudere una parte delle colonie ebraiche in Cisgiordania ma, come per Gaza, prospettava scelte e azioni del tutto unilaterali e non coordinate con la dirigenza palestinese. A questa mancanza di coordinamento e di dialogo con il presidente Mahmoud Abbas si deve, in parte, la presa di potere di Hamas nella striscia. Livni, invece, intenderebbe proseguire il dialogo avviato da Olmert con Abbas. Contrariamente al premier uscente, però, e in sintonia con la posizione palestinese ed è alla ricerca di un accordo su tutti i punti del vasto contenzioso e respinge l'idea di lasciare per il futuro una trattativa sulle questioni più complicate come lo status di Gerusalemme. Anche per questa "spinta in avanti", la formazione del nuovo governo sarà difficile. A sinistra i laburisti dovrebbero sottoscrivere senza esitazioni una piattaforma di pace. L'incognita è invece Shas, partito d'ultraortodossi che respinge a priori l'idea stessa di condividere la città santa con i palestinesi. Da tempo minacciavano Olmert di uscire dalla coalizione "se soltanto viene pronunciato il nome Gerusalemme" nel corso dei negoziati bilaterali. E probabilmente, per appoggiare Livni, chiederanno garanzie precise. "Se lei dovesse cedere al ricatto dei religiosi - ha minacciato ieri sera un esponente laburista - il nostro partito potrebbe restare fuori della coalizione". E' ancora presto per fare previsioni ma sono pochi in Israele a scommettere su un governo di lunga durata e molti danno per scontate elezioni anticipate all'inizio dell'anno nuovo. E.S.

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TZIPI Livni ha un viso troppo dolce e femminile, anche quando tira fuori l (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Di ERIC SALERNO TZIPI Livni ha un viso troppo dolce e femminile, anche quando tira fuori la sua grinta da avvocato divenuta politico, perché qualche maschio israeliano, con ammirazione ma anche un tocco di malcelato disprezzo per le capacità dell'altro sesso, possa un giorno definirla "premier con le palle" com'era stata etichettata Golda Meir, la prima donna a occupare la poltrona di primo ministro in Israele e che anni prima Ben Gurion, uno dei padri fondatori, considerava "l'uomo migliore del suo governo". I tempi sono cambiati, le realtà anche, ma in un Paese noto per essere tra i più maschilisti dell'Occidente non molti giurerebbero sulle possibilità per una donna di venir eletta premier. Golda ottenne quella poltrona per la morte del suo predecessore, esponente di spicco del partito laburista. Livni spera, ora che ha superato le primarie di Kadima, di ottenere anche il consenso dei laburisti e di Shas per presentare un governo nuovo ed evitare, fino al 2010, la sfida delle urne. Molte attrici, persino Ingrid Bergman, hanno portato sullo schermo la figura di Golda Meir. Di alcune sarebbe stata fiera. Certamente le starebbe bene l'ultima interpretazione, quella di Lynn Cohen che nel film di Steven Spielberg ha ricordato i momenti drammatici quando dopo il massacro degli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco dette l'ordine di rintracciare e uccidere i mandanti dell'attentato e altri leader palestinesi come Wail Zuweiter, noto poeta e scrittore freddato nell'atrio della sua casa romana soltanto perché rappresentava il suo popolo in Italia. D'altronde, Meir sosteneva l'inesistenza del popolo palestinese per dire che gli ebrei erano praticamente approdati in un territorio, la Palestina, senza legittimi abitanti. Livni non la pensa così. E guarda poco a Golda Meir nel modellare il proprio futuro. Lei si considera l'erede politico di Ariel Sharon. Il "bulldozer", lo chiamavano dopo la guerra dei "sei giorni" nel 1967 quando respinse le forze egiziane fino al canale di Suez. E nessuno dimentica il suo ruolo nel massacro di Sabra e Chatila a Beirut. Livni, però, preferisce guardare agli ultimi anni dello statista che per colpa di un ictus ha abbandonato il potere nelle mani di Ehud Olmert. E, dice, intende tendere una "mano ai palestinesi" per chiudere una volta per sempre il conflitto centenario degli ebrei d'Israele con il popolo che per Golda non esisteva. Ci riuscirà? E fino a che punto sarà disposta ad andare? Meir e Olmert (e se ci arriverà Livni) hanno in comune di essere approdati alla guida del governo senza consultare il popolo. E hanno in comune la mancanza di esperienza nel campo della sicurezza. Nessuna carriera militare alle spalle, non la dirigenza di un dicastero come quello della difesa. Golda Meir si portava addosso l'aura di "nonna degli israeliani" ma dietro quella immagine rassicurante si mostrava capace di decisioni difficili. Olmert ha cercato credibilità rispondendo a una mal calcolata provocazione di Hezbollah con una guerra, quella del Libano, inutile e disastrosa. E non bastano quei quattro anni come "agente" del Mossad a migliorare di molto le quotazioni della Livni in un momento in cui Israele, i suoi dirigenti e il suo popolo stanno dibattendo se attaccare o meno l'Iran con il rischio di scatenare, parole di un ministro russo, una guerra mondiale.

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ROMA Parli di Israele, dei palestinesi e della pace che non arriva; di Hamas che ora deve g (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Di CLAUDIO RIZZA ROMA Parli di Israele, dei palestinesi e della pace che non arriva; di Hamas che ora deve guardarsi da al Qaeda; degli arabi che temono più l'Iran che gli israeliani; del Libano e della Siria. Più ne parli e più tutto sembra collegato in un gigantesco domino. Senti il ministro degli Esteri, Frattini, denunciare come in Europa l'antisemitismo sia ancora radicato, tanto che bisogna "tenere alta la guardia". E senti l'ex ministro D'Alema contestare l'opinione di chi in Medio Oriente s'è arreso a una pace che non arriva, forse impossibile, immaginando il ritorno a un percorso lento e graduale, contrattaccando: "Il fallimento di Annapolis sarebbe un dramma, il sostegno alla causa dei radicalismi". Cioé la vittoria di Hamas, Hezbollah, della Siria e dell'Iran.Alla Farnesina, organizzato dall'Aspen, va in scena una conferenza internazionale sui rapporti con Gerusalemme, a 60 anni dalla nascita dello Stato di Israele. E tutto è in ballo: le primarie tra Mofaz e la Livni, per scegliere il candidato del Kadima; il dopo Annapolis che langue e allontana la pace; le paure del mondo arabo; il pericolo di due stati palestinesi invece di uno. C'è un pessimismo di fondo, molti arabo-israeliani non vedono luce, ma D'Alema chiude la giornata con un elettroshock. La scelta di Bush su Annapolis, dice, è stata una mossa importante, una sfida che Olmert ha accettato e portato avanti. Speriamo che i cambiamenti politici in Israele rafforzino questa linea, perché Annapolis non deve fallire. "L'alternativa è drammatica: vi sarebbe il collasso palestinese. A Gaza sta prendendo potere al Qaeda assumendo posizioni critiche verso Hamas. Gaza potrebbe diventare un serbatoio qaedista, arriveremmo a rimpiangere Hamas". Poi ancora: "La leadership di Mahmud Abbas (Abu Mazen) è la migliore che i palestinesi abbiano mai avuto. E' stato l'unico a criticare Arafat, è il più aperto alla pace. Rischiare di perderlo è grave. Ed è un rischio grave per Israele che dovrebbe porsi questo problema". Dunque D'Alema incalza Israele: "Offrano loro un accordo di pace per riunificare sotto una guida moderata i palestinesi". Affrontando tutti i problemi, Gerusalemme compresa. E la comunità internazionale dovrebbe farsi carico della questione delle sicurezza e della costruzione dello Stato palestinese. Come? D'Alema ripete le sue idee: una forza internazionale a Gaza, a garanzia dell'accordo sottoscritto; e un "piano Marshall" di aiuti alla Palestina. I soldi degli arabi sono tanti, e poi ci sarebbero Usa e Ue. La Nato potrebbe garantire Israele e creare una struttura di cooperazione con i paesi arabi moderati; la Ue farsi carico dello sviluppo e dell'integrazione economica dell'area. Questo serve per evitare la disgregazione palestinese. Ma soprattutto "leadership forti". In attesa che Israele decida i suoi assetti politici, Frattini ha invitato a cena gli ambasciatori della Lega araba e oggi sarà in Egitto dal presidente Mubarak e dal collega Abu Geit. Il sostegno dell'Italia a Israele è uno dei perni della politica estera del governo. L'ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir, ha apprezzato il sostegno di Frattini e confermato l'analisi sull'antisemitismo: "A volte in Europa vediamo accadere fenomeni di demonizzazione, delegittimazione e doppio standard nei confronti dello stato di Israele". Criticare il governo israeliano è legittimo, ma mischiare questo con l'antisemitismo proprio no.

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Antisemitismo, Frattini lancia l'allerta (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Oggi è Gio, 18 Set 2008 Edizione 196 del 18-09-2008 In Europa l'odio contro gli ebrei si nasconde dietro alla maschera delle critiche a Israele Antisemitismo, Frattini lancia l'allerta di Dimitri Buffa "Dobbiamo riconoscere che vi è stata e vi è in Europa, con un trend che va a diminuire, una freddezza ed una diffidenza nei confronti di Israele che sono difficilmente accettabili". Il ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo le critiche raccolte nelle scorse settimane per le posizioni a dir poco opportunistiche tenute dall'Italia sulla crisi tra Russia e Georgia, per non parlare delle trattative con Gheddafi, ieri si è ricordato di fare parte di un governo occidentale che considera il valore dell'esistenza dello Stato di Israele come "non negoziabile". Frattini, intervenendo a un convegno dell'Aspen Institute incentrato proprio sui difficili rapporti tra Italia, Europa e Israele, ha anche aggiunto che "in Europa c'è stato e c'è ancora in parte un diffuso sentimento di antisemitismo che purtroppo si confonde con la legittima critica politica". Singolare a tale proposito il titolo dato dall'agenzia Adn Kronos al lancio che parlava di questa dichiarazione: "non confondere la critica legittima con l'antisemitismo". Ribaltando il senso del ragionamento l'Adn Kronos è riuscita nell'impresa di fare capire, a chi si fosse limitato a leggere questo titolo, che il problema riguardava chi non è anti semita. La cui colpa sarebbe quella di confondere le critiche al governo israeliano con l'odio anti ebraico. Mentre è ovviamente vero esattamente il contrario. Frattini ha anche ammesso che nel passato c'è stata una "timidezza politica di alcuni leader europei a reagire ad alcuni propositi sconsiderati che sono arrivati fino alla negazione dell'Olocausto e a pubblici proclami di cancellazione dello Stato ebraico dalla cartina del mondo". Un passato peraltro tutt'altro che remoto, visto che il personaggio implicitamente citato è Mahmoud Ahmadinejad, il presidente dell'Iran. Fortunatamente, secondo il titolare della Farnesina, "oggi l'Europa ha capito meglio la necessità di distinguere la diffidenza dalle critiche legittime". Tutto ciò perché, dice sempe Frattini, "bisogna riconoscere che Israele, 60 anni dopo, è una scommessa vinta: è uno Stato prospero e libero e ora dobbiamo lavorare tutti perché sia anche uno Stato sicuro, visto che la sicurezza è un diritto-dovere morale che va applicato senza precondizioni". Parole importanti che peraltro gli elettori del Pdl danno per scontate, visto che sono tutti o quasi filo-israeliani e considerano acquisito il rapporto tra Italia e Israele sviluppatosi anche durante lo scorso governo di Berlusconi. Ma che non possono cancellare tutte le gaffe diplomatiche dei due anni del tandem Prodi-D'Alema, né la sostanza di un inquietante sondaggio proprio dell'Aspen Institute, presentato ieri, secondo cui ancora oggi 70 italiani su 100 guardano con diffidenza allo Stato di Israele.

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Israele, Tzipi Livni e' il nuovo leader del Kadima (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

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LA LIVNI VINCE E SUCCEDE AL PREMIER OLMERT (sezione: Israele/Palestina)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

La Livni vince e succede al premier Olmert MICHELE GIORGIO Gerusalemme. Attesa e tensione dominavano ieri sera le ore precedenti alla chiusura dei seggi elettorali, prolungata di mezz'ora per consentire una maggiore affluenza, ma ben pochi dubitavano del risultato delle primarie di Kadima, il partito di maggioranza relativa. Senza smentire i sondaggi, la cinquantenne Tzipi Livni, ministro degli Esteri, prenderà il posto del premier dimissionario Ehud Olmert, costretto a farsi da parte sotto il peso di inchieste giudiziarie. Unanimi gli exit poll: la Livni ha superato il ministro dei Trasporti Shaul Mofaz - ex capo di Stato maggiore, ritenuto un "falco" poco incline al compromesso con arabi e palestinesi - con oltre dieci punti di margine (49%-37% e 48%-37%). Nella notte, la Livni ha ricevuto la telefonata dello stesso Olmert e si è poi proclamata vincitrice: "Si sono imposti i migliori", ha detto parlando ai suoi sostenitori. Aggiungendo: "Avete fatto un lavoro straordinario, farò di tutto per non deludervi". Con la Livni si è congratulata anche il ministro degli Interni Meir Shitrit, che era uno dei quattro candidati alla guida di Kadima. Dal canto suo il negoziatore palestinese Saeb Arakat ha espresso la speranza che si aprano dei negoziati di pace "seri", dopo la vittoria della ministra. Stimata a Washington e in Europa, apprezzata da molti israeliani per la sua volontà di porre la "questione morale" alla politica israeliana, la Livni nei panni di nuovo leader di Kadima sarà chiamata a formare un nuovo governo. Un'impresa non facile alla luce del clima favorevole nel Paese alle elezioni anticipate ma che, se conclusa con successo, potrebbe incoronarla primo premier donna di Israele dai tempi della "dama di ferro" Golda Meir, che guidò il Paese negli anni 1969-74. E ora a Tel Aviv si guarda già al dopo voto. In base alla legge elettorale israeliana, il capo dello stato Shimon Peres conferirà al più presto l'incarico al nuovo leader di Kadima di formare un nuovo governo. Questi avrà 42 giorni di tempo per mettere in piedi l'esecutivo. Ma non sarà un'operazione semplice visto che il partito dei religiosi ortodossi Shas, chiave di ogni coalizione governativa in Israele, sembra preferire le elezioni anticipate al governo della Livni, accusata di voler negoziare con i palestinesi lo status futuro di Gerusalemme. Il voto anticipato non dispiace anche ad altri partiti della coalizione attuale, tra i quali quello laburista di Barak, e al Likud (destra) di Netanyahu, che sperano di raccogliere consensi proprio dalla fragilità di Kadima, un partito giovane, fondato alla fine del 2005 dall'ex premier Ariel Sharon (tra oltre due anni in coma profondo) che in appena tre anni di vita ha già cambiato tre leader senza riuscire realmente a radicarsi nel Paese. Per questo motivo la Livni potrebbe ritrovarsi non a capo di un governo ma solo di un partito che dovrà preparare in tutta fretta le elezioni anticipate. Diversi analisti, inoltre, non escludono che il partito possa dissolversi con la stessa rapidità con cui vide la luce, e già si diffondono voci di un rientro nei partiti d'origine (Laburista e Likud) di una parte del gruppo dirigente di Kadima.

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L'ITALIA ORMAI CONTA ZERO (sezione: Israele/Palestina)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

"L'Italia ormai conta zero" De Benedetti a Confindustria sindacati e governo: non abbiamo più credibilità Una strigliata. Di più. Un durissimo attacco. Nel mirino finisce lo Stivale. Protagonista, l'imprenditore Carlo De Benedetti che sull'immagine del Belpaese proprio non si risparmia. E non usa mezzi termini. Lancia strali per l'assoluta scomparsa della credibilità internazionale del nostro Paese. "Dobbiamo fare un piccolo atto di umiltà - ha detto ieri al parterre che lo ascoltava durante il suo intervento ad un convegno su Israele organizzato dall'Aspen alla Farnesina - dobbiamo prendere atto del fatto che ormai davvero non contiamo più nulla". Un attacco quello di De Benedetti rivolto a tutti. In prima fila, Confindustria, poi i sindacati e il governo che "non si sono affatto posti il problema di cosa fare da grandi. L'Italia - ha proseguito - è un Paese che è stato ormai cancellato dagli schermi radar del mondo". Un'accusa davvero molto dura. Poi racconta una sua esperienza. "Recentemente sono stato negli Stati Uniti e cosa davvero unica nel suo genere per la prima volta dopo molti anni nessuno mi ha chiesto nulla del nostro Paese. Davvero nessuno. Con la sola eccezione del nostro passato - ha incalzato - sono convinto perciò che se a questo punto arrivasse uno tsunami nessuno si accorgerebbe che l'Italia non c'è più. Questo un po' per il processo di allargamento del mondo e un po' perchè l'Italia non si mai posta il problema in termini reali di cosa fare da grande. Nessuno - ha ribadito - si è posto questo problema nè la Confindustria, nè i sindacati nè il governo". E ancora. Carlo De Benedetti parlando dell'"irrilevanza dell'Italia nel mondo" ha però aggiunto "noi italiani abbiamo tanti difetti ma almeno siamo simpatici. Individualmente, con le nostre caratteristiche personali. E siamo a livello singolo un Paese che sa adattarsi". Parlando poi in particolare dei rapporti con Israele, il manager Carlo De Benedetti ha spiegato che "in campo economico loro guardano a noi nei termini di come vorrebbero essere dal punto di vista del management ma avendo loro la consapevolezza di essere dei leader tecnologici". L'ingegnere ha detto di avere ormai una grande esperienza di investimenti in Israele: "Sono stato per molti anni il primo investitore italiano. È un Paese strano ma ha una sua identità morale e la certezza della propria sopravvivenza. Andare in Israele - ha concluso - è una grande opportunità".

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Una donna alla guida di Israele (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 18-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Esteri Pagina 111 Il ministro degli Esteri supera il rivale Shaul Mofaz. Il difficile compito di formare un nuovo governo Una donna alla guida di Israele Il ministro degli Esteri supera il rivale Shaul Mofaz. Il difficile compito di formare un nuovo governo Tzipi Livni in testa nelle primarie di Kadima --> Tzipi Livni in testa nelle primarie di Kadima GERUSALEMME Scene di giubilo nel quartier generale di Tzipi Livni per i risultati degli exit poll che hanno dato al ministro degli Esteri la vittoria nelle primarie di Kadima con oltre il 40 per cento dei consensi. Ehud Olmert, travolto dagli scandali, è costretto a dimettersi. "Oggi è stato eletto il nuovo primo ministro" ha esclamato esultante il ministro Eli Aflalo, membro del partito, che si era apertamente schierato nel campo della signora Livni. Silenzio invece finora dal quartier generale di Shaul Mofaz, ministro dei trasporti ed ex ministro della Difesa, che in queste elezioni era stato il maggiore rivale della Livni. GOVERNO Le prime reazioni dei partiti sono di prudenza. Il deputato Gilad Eldan, esponente del Likud (destra), il maggiore partito dell'opposizione dalle cui file proviene la Livni, prima di seguire Ariel Sharon in Kadima, ha apertamente escluso che il suo partito possa aderire a un'ampia coalizione di governo guidata dalla Livni. Il leader dello Shas, partito religioso ultraortodosso e membro della coalizione di governo, ministro Eli Ishai, ha detto che il partito non entrerà in un governo Livni se non saranno accolte le sue richieste in materia di politica sociale e "se vi sarà una svendita di Gerusalemme". L'esponente laburista Ofir Pines ha affermato che i laburisti non entreranno a qualunque costo in un governo Livni e chiederanno nuove linee programmatiche. I laburisti, ha detto, non entreranno in un governo di stasi e preferiranno andare a elezioni anticipate. PERES In base alla legge elettorale israeliana, il presidente della repubblica Shimon Peres conferirà l'incarico al nuovo capo del principale partito della coalizione. Questi avrà quindi 42 giorni di tempo per mettere in piedi la compagine del nuovo gabinetto. Operazione di alta ingegneria politica, dati il numero e la eterogeneità dei partiti che fanno parte della coalizione. Se in 42 giorni di consultazioni il capo di Kadima non riuscirà nell'impresa, allora si andrà a dicembre alle elezioni anticipate. LIKUD Di fronte a quest'ultima ipotesi, però, stando ai sondaggi nazionali degli scorsi mesi ben difficilmente il Kadima potrebbe mantenersi al vertice dell'arco costituzionale israeliano. In questa fase, infatti, sarebbe il Likud a occupare la posizione di Kadima, facendo segnare una svolta a destra alla politica dello Stato più nevralgico del Medio Oriente. Il nuovo premier sarebbe così Beniamin Netanyahu, elemento di punta dei falchi. Non si potrebbe escludere, di fronte a tale evenienza, che Kadima si scinda. Da una parte la Livni, che manterrebbe le posizioni centriste e forse potrebbe avvicinarsi ai laburisti e dall'altra Mofaz, l'elemento meno liberal del partito attualmente al governo, che magari potrebbe essere risucchiato nell'orbita di Netanyahu. OLMERT Nel frattempo Olmert - sul quale si è abbattuta una tempesta politico-giudiziaria - benché abbia promesso di dimettersi resterà in carica per gli affari correnti. In serata si è congratulato telefonicamente con Livni.

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Livni, vittoria al fotofinishora l'impresa è governare (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Primarie in israele La leader di Kadima ha tempi stretti per costruire un nuovo esecutivo. E incombe l'ombra di Natanyahu 19/09/2008 Gerusalemme. "La responsabilità che mi è stata conferita dal pubblico mi porta ad affrontare questo lavoro con grandissimo rispetto". Queste le prime parole pronunciate dal ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni dopo la vittoria nelle primarie di Kadima. La Livni ha vinto, ma di stretta misura sarà con ogni probabilità il prossimo primo ministro, dopo le dimissioni di Ehud Olmert : la nuova Golda Meir, a detta di molti quotidiani internazionali. A conclusione di una notte in bianco, il conto delle schede nelle urne ha dato alla signora Livni la vittoria col 43,1% dei voti rispetto al suo principale avversario, il ministro dei trasporti Shaul Mofaz, al quale è andato il 42%. Quest'ultimo, dopo aver preso in considerazione la possibilità di chiedere un nuovo conteggio delle schede, ha deciso di accettare la sconfitta e ha telefonato alla Livni per farle le congratulazioni di rito. In seguito al risultato il ministro Shaul Mofaz, ieri in serata, ha annunciato di voler prendere una pausa dalla politica: "Ho deciso di lasciare la politica, per ora. Voglio riflettere sul mio futuro, su come potrò aiutare lo Stato di Israele al meglio, resterò comunque legato a Kadima e appoggerò sempre il mio partito". Non capita spesso che una signora della politica riesca a sconfiggere tre uomini, oltre a Mofaz, anche il veterano della politica Meir Shitrit e un ex capo dello Shabak , Avi Dihter. Ma la Livni c'è riuscita grazie alla voglia degli israeliani di cambiamento, di una nuova leadership fresca ma sopratutto pulita. Nata 50 anni fa a Tel Aviv da genitori appartenenti alla destra militante e cresciuta nella convinzione ideologica che lo Stato di Israele debba includere l'intera biblica Eretz Israel (Israele e Cisgiordania), il pensiero politico della Livni si è poi spostato su posizioni più moderate ed è ora identificata col centro moderato e pragmatico. Ex ufficiale nelle forze armate e poi per quattro anni nelle file del Mossad, Tzipi Livni, laureata in legge, è stata eletta alla Knesset per la prima volta nel 1999. L'hanno definita "la principessa della politica", ma allo stesso tempo anche la Cenerentola. Principessa di una famiglia con una forte tradizione politica . Cenerentola perchéè riuscita ad arrivare ai vertici del partito in un tempo quasi record. Il suo principe era Ariel Sharon. Toccherà a lei ora formare un governo cercando di non far crollare la traballante coalizione al potere, evitando così di aprire la strada al pericoloso rivale Benjamin Netanyahu, segretario del Likud, pronto a scendere in campo. Il Likud, terza forza politica del paese che, secondo i sondaggi, sarebbe la prima in caso si tornasse alle urne, ha già fatto sapere che non farà parte di un governo di unità nazionale.Per Tzipi Livni sarà molto difficile convincere gli attuali ministri a far parte di una nuova compagine e mantenere viva la coalizione. Se fallisse nella costruzione del nuovo esecutivo, dopo 90 giorni si andrebbe infatti a elezioni. Da parte palestinese la vittoria della Livni viene interpretata in due modi quasi opposti: se per i radicali di Hamas significa che "proseguirà la politica di repressione e aggressione" dei predecessori, l'Autorità Nazionale Palestinese dominata dai nazionalisti pragmatici di Hamas ha accolto invece con palese soddisfazione l'esito della consultazione interna di Kadima. Mara Vigevani 19/09/2008.

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La medaglia dei giusti a chi salvò gli ebrei - federica angeli (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Pagina XXI - Roma La medaglia dei giusti a chi salvò gli ebrei FEDERICA ANGELI (segue dalla prima di cronaca) La medaglia ai due fratelli è stata consegnata ieri da un ministro consigliere dell'Ambasciata di Israele in Sinagoga, dove era presente anche il rabbino emerito di Roma Elio Toaff. "I Fantera hanno compiuto un atto coraggioso - ha detto ancora Pacifici - che, in un periodo in cui si vendevano gli ebrei, denunciandoli, per 5mila lire di allora, significava mettere a rischio la propria vita. Noi gli siamo debitori". Alla cerimonia ha voluto simbolicamente partecipare l'ex sindaco della capitale e leader del Pd Walter Veltroni che ha inviato una lettera. "Storie come questa sono splendide - ha scritto - Nell'Europa dominata dal nazifascismo ci fu chi scelse di aprire la propria casa e di salvare così migliaia di vite".

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Gli scrittori ebrei e le diversità Il primo festival delle letteratura ebraica nato dopo le polemiche alla fiera di Torino (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Di Maria Teresa Cinanni MEMORIA, identità, scrittura e soprattutto confronto con l'altro visto come fonte di ricchezza e crescita. È il filo conduttore del primo festival internazionale di letteratura ebraica che si svolgerà alla Casa dell'Architettura a Roma da domani al 24 settembre. Un fe- stival in cui i nomi noti (Lizzie Doron, Erri De Luca, Lia Levi, Sami Michael) si alterneranno a quelli dei giovani emergenti, come Nathan Englander, che inaugurerà la rassegna sabato 20. E dove gli incontri letterari saranno intervallati da concerti musicali (apre Gabriele Coen con "Jewish experience"), proiezioni di film (Meduse di Shira Geffen e Etgar Keret in programma per martedì 23 settembre), coinvolgimento delle scuole (il 24 settembre incontreranno gli scrittori Lia Levi e Shulim Vogelmann) e dal concorso "Con gli occhi del racconto", indetto dagli organizzatori "per stimolare la partecipazione del pubblico". "Realizzare questo festival è un po' realizzare un sogno - ha spiegato il presidente della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici, durante la presentazione ieri in Campidoglio - La proposta è partita dall'ex delegata comunale alla multietnicità, Franca Coen, proprio durante le polemiche sorte alla Fiera del libro di Torino e l'abbiamo portata avanti per far conoscere la profondità della cultura ebraica anche al di là della Shoah e del conflitto israelo-palestinese". E sul superamento degli stereotipi si sono soffermati durante la presentazione di ieri sia i presidenti della Regione e della Provincia, Piero Marrazzo e Nicola Zingaretti, sia il sindaco Gianni Alemanno che ha sottolineato quanto "tradizione e identità siano valori portanti della cultura ebraica". "Una cultura altra, da conoscere al di là dei luoghi comuni" - ha detto Zingaretti, evidenziando come la conoscenza dell'altro sia "alla base della convivenza in una società dove non ci si può accontentare della tolleranza. Conoscere è un modo per non aver paura - ha ribadito il presidente della Provincia - E paradossalmente la varietà delle metropoli rappresenta l'unico antidoto ai conflitti".

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Israele, per Livni una corsa a ostacoli La vittoria di stretta misura alle primarie di Kadima complica i piani della ministra degli Esteri Per diventare premier dovrà avere una lar (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Ga maggioranza. Ma la destra del Likud vuole elezioni anticipate di Umberto De Giovannangeli QUATTROCENTOTRENTUNO VOTI. Per un unico, piccolo punto percentuale, affiancato da uno sparuto decimale, Tzipi Livni ha vinto le primarie di Kadima. Non è stato il trionfo che sembrava delinearsi la notte scorsa alla chiusura dei seggi, ma è pur sempre una affermazione che equivale alla condizione necessaria (ma non sufficiente) per assumere la guida del governo israeliano; o, se si preferisce, il mezzo obbligato per raggiungere un fine evidente da tempo, prendere il posto di Ehud Olmert, travolto da accuse di corruzione e di uso fraudolento di fondi pubblici. Intanto una prima mossa a sorpresa l'ha fatta ieri sera Shaul Mofaz, il candidato battuto sul filo di lana, annunciando che si concede una pausa politica. Nel sorprendente annuncio ai suoi sostenitori Mofaz ha pure detto: "Non intendo chiedere cariche o compiti di governo o alla Knesset. Resterò membro di Kadima e continuerò a fare tutto quanto in mio potere a suo favore". L'ex capo di stato maggiore, ha spiegato di aver maturato questa decisione dopo essersi consultato con la famiglia. Adesso si attende che Olmert formalizzi le dimissioni, atto che permetterà al presidente Shimon Peres di conferire l'incarico alla nuova leader del partito di maggioranza relativa. Solo allora per Tzipi (come familiarmente la si chiama in Israele) si metterà in moto il timer politico istituzionale, che nello Stato ebraico è regolato su 42 giorni. In questo tempo la premier incaricata dovrà dare prova di essere all'altezza dei bizantinismi che spesso sono alla radice della politica interna israeliana. Perchè vari fattori indicano che il tempo potrebbe non giocare a favore della Livni e che in molti si proveranno a gettare sabbia nel carburatore del suo motore. Il primo è il premier uscente, Olmert. Che potendo restare in carica per gli affari correnti non avrà così tanta fretta di passare la mano alla sua collega di partito, con la quale si è congratulato ma che è noto non avere avuto mai troppo in simpatia. Tanto più che Olmert è determinato a portare avanti finchè potrà il dialogo faticosamente riallacciato con l'Anp, col cui presidente Abu Mazen ha instaurato un buon rapporto personale. Ancor più interessato a far trascorrere i 42 giorni istituzionali con un nulla di fatto è Benyamin Netanyahu, il leader del Likud, la destra storica da cui provengono la stessa Livni e Mofaz. Secondo i sondaggi, se si andasse alle elezioni anticipate ora il Likud passerebbe al primo posto nelle preferenze di un elettorato sempre più su posizioni di destra. La Livni, forse per saggiare le reazioni della coalizione, soprattutto il partito religioso ortodosso Shas, ha detto che vorrebbe cercare di dar vita a un governo di unità nazionale, associandovi anche il Likud. Ma proprio ieri Netanyahu ha criticato Kadima asserendo che non ha futuro. Di certo, Tzipi costruisce il suo presente. All'attacco. La prima mossa intanto l'ha centrata: ha convocato per oggi la dirigenza del partito, compreso Mofaz. Tzipi si è dunque messa immediatamente al lavoro per preparare almeno una bozza di coalizione, sempre che Olmert non traccheggi nelle dimissioni sino alla partenza per New York di Peres, che mercoledì prossimo parteciperà all'assemblea delle Nazioni Unite e non potrà quindi conferire alcun incarico per tutta la settimana. Sul fronte palestinese, reazioni contrastanti. "La signora Livni è intimamente coinvolta nel processo di pace e perciò pensiamo che continuerà a cercare un'intesa con noi", dice a l'Unità Saeb Erekat, stretto collaboratore di Abu Mazen, rallegrandosi per "la scelta del popolo israeliano". Di segno contrario a Gaza le reazioni del movimento islamico Hamas, per il quale tra la Livni e Mofaz non c'è nessuna vera differenza. Il premier di fatto di Hamas, Ismail Haniyeh, ha detto a questo proposito che "tutti i leader israeliani condividono posizioni ostili al nostro popolo, del quale negano i diritti soprattutto su Gerusalemme". La Jihad islamica, fazione islamica sostenuta dall' Iran, ha chiesto al governo di Abu Mazen "di cessare ogni forma di dialogo e negoziato col nemico israeliano, chiunque lo rappresenti".

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Per Israele Tzipi è il cambiamento, come Barack (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

"Per Israele Tzipi è il cambiamento, come Barack" / Roma Scrittrice e firma di punta di Haaretz, Neri Livneh, ha tratteggiato sul quotidiano progressista di Tel Aviv un ritratto non formale, ma ricco di spunti, della donna più potente (politicamente parlando) di Israele: Tzipi Livni, ministra degli Esteri, vincitrice, sia pure sul filo di lana, delle primarie di Kadima. "Più che l'Hillary Clinton d'Israele - osserva - Tzipi Livni può rappresentare per Israele ciò che Barack Obama sta rappresentando per l'America: la speranza di un cambiamento possibile". È tempo di accostamenti. È il tempo di Tzipi Livni. C'è chi guarda agli Stati Uniti e vede nella Livni una sorta di Hillary Clinton israeliana. "Comprendo l'accostamento di genere, ma non credo che le ragioni del successo di Tzipi possano trovare spiegazione in quelle che hanno portata all'ascesa, ma anche alla sconfitta, di Hillary. Soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra pubblico e privato delle due. Tzipi Livni ha custodito gelosamente la sua sfera privata, evitando qualsiasi politicizzazione, mentre Hillary ha dovuto fare i conti con un legame che era immediatamente pubblico e politico. Piuttosto, se accostamenti vanno ricercati, ne trovo più corretto un altro...". Quale? "Quello con Barack Obama. Non tanto per una comunanza di idee, quanto per come la Livni e Obama vengono percepiti dalle rispettive opinioni pubbliche: vale a dire come aria nuova in una politica vecchia che ripropone sempre gli stessi protagonisti". Sempre a proposito di accostamenti. Per restare a Israele, c'è quello con Golda Meir? "Trentaquattro anni dopo, Israele potrebbe, anche se è molto difficile, riavere un primo ministro donna. Ma il rapporto tra Tzipi e Golda finisce qui. Su ciò che ha significato Golda Meir per Israele sono stati scritti decine di libri. Per Tzipi Livni è ancora troppo presto. C'è però da notare una cosa che va a favore della Livni...". A cosa si riferisce? "A come sono state scelte. Per la prima volta nella storia di Israele, una donna è stata eletta alla guida di un partito. Eletta e non scelta, come lo fu Golda Meir, da una commissione ristretta. Tzipi Livni ha vinto una concorrenza agguerrita, che non le ha risparmiato colpi bassi. Una donna ha sconfitto due generali (Shaul Mofaz e e Avi Dichter, ndr.)- Due uomini che hanno cercato di farsi forti del loro passato militare, in una chiave molto "machista", contro una donna "normale". Ma è stata proprio questa normalità a rappresentare una delle ragioni di maggiore appeal di Tzipi Livni non solo e tanto rispetto agli iscritti di Kadima, quanto all'opinione pubblica israeliana che vede in lei la più valida alternativa al ritorno al potere della destra e del suo leader, Benjamin Netanyahu". Cosa incarna oggi Tzipi Livni? "Una speranza di cambiamento. Che va verificata, certamente, ma che esiste. E questo è un bene. Per Israele e per le donne israeliane che dimostrano di poter conciliare pubblico e privato. Forse non dovremo attendere ancora tanto tempo per vedere i tre poteri di Israele - giudiziario, legislativo, esecutivo - guidati da tre donne. Quello sarà un gran giorno per Israele". u.d.g.

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ANTICIPAZIONI (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Tzipi Livni "vince" le primarie di Kadima. Ora la sfida del governo ISRAELE/PALESTINA Z. Schuldiner e M. Giorgio a pagina 10 MILANO | PAGINA 7 L'autopsia sul corpo di Guibré smonta la tesi degli aggressori Domani la manifestazione ECONOMIA | PAGINA 6 L'allarme di Confindustria: "L'Italia è in recessione" CRAC USA | PAGINA 8 Le banche centrali iniettano 300 miliardi di dollari per impedire il grande crollo.

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IERI si sono svolte le elezioni primarie del Kadima il partito che guida la coalizione al gover (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Di CARLO JEAN IERI si sono svolte le elezioni primarie del Kadima il partito che guida la coalizione al governo in Israele per designare il candidato che dovrebbe sostituire il premier dimissionario Ehud Olmert, accusato di corruzione. Vincitrice per pochi centinaia di voti sui 73.500 votanti membri paganti del Kadima è risultata la cinquantenne Tzipi Livni, attuale ministro degli Esteri. Aveva abbandonato il Likud nel 2005, per fondare Kadima con Ariel Sharon. Suo padre e sua madre avevano fatto parte dell'Irgun, il gruppo sionista responsabile di attentati contro le truppe inglesi in Palestina. La Livni aveva lavorato per quattro anni nel Mossad, come analista di intelligence. Nonostante tali precedenti, è una moderata. Svolse un ruolo importante per l'approvazione da parte del Knesset il Parlamento israeliano del ritiro dalla Striscia di Gaza. Non è detto che ce la faccia a divenire premier. Deve ottenere il sostegno della destra del suo stesso partito, che non le perdona l'insistenza di voler trattare con i Palestinesi moderati. Se non riuscisse ad ottenere la maggioranza, entro ottobre dovrebbero essere tenute nuove elezioni. La nomina della Livni a primo ministro sarebbe la seconda donna a ricoprire tale incarico; la prima è stata Golda Meir dovrebbe accelerare il processo di pace. È stata la prima tra gli esponenti politici di Israele a sostenere che andava da fatta una differenza fra i guerriglieri che attaccavano i soldati israeliani ed i terroristi responsabili dell'uccisione di civili. I primi andrebbero considerati soldati; i secondi criminali. La Livni gode di una buona credibilità tra i palestinesi per i suoi tentativi di migliorare le condizioni di vita in Cisgiordania. È poi favorevole a negoziati di pace con la Siria. Non ha mai drammatizzato la minaccia nucleare iraniana. Il suo rivale il ministro dei Trasporti Saul Mofaz, già capo di Stato maggiore e ministro della Difesa e che aveva comandato le Forze armate israeliane durante la Seconda Intifada è molto più intransigente. Si è comunque congratulato con la Livni per la sua vittoria, dissociandosi da taluni suoi sostenitori che vogliono fare ricorso per ricontare i voti. Sa poi benissimo che, se gli israeliani dovessero tornare alle urne, vincerebbero i moderati. Da buon patriota, sa anche che Israele deve approfittare delle buone condizioni che oggi esistono per fare la pace con la Siria. È la premessa per quella con i Palestinesi e per la neutralizzazione dell'Hezbollah in Libano. Se senza l'Egitto non si può fare la guerra, senza la Siria non è possibile alcuna pace in Medio Oriente. Negoziati informali fra Israele e Siria sono in corso da quasi un anno, con la mediazione della Turchia. Il primo ministro turco, Tayyip Ergogan, si è impegnato personalmente. Trattative formali e dirette fra Siria ed Israele sono iniziate qualche mese fa. Vi sono stati già quattro incontri quattro. Un quinto, previsto per il 18 settembre, è stato rinviato, per la crisi del governo israeliano. La Livni ne è una sostenitrice convinta. Ha saputo ottenere il sostegno dell'Arabia Saudita e dell'Egitto. Ma sa che deve concludere nel più breve tempo possibile. Un accordo israelo-siriano non è contrastato solo dall'Iran, ma anche da Mosca, seppure per motivi diversi da quelli di Teheran. L'Iran perderebbe l'alleanza con Damasco e vedrebbe indebolita lo sciita Hezbollah. Il "ritorno geopolitico" di Mosca interessa anche il Medio Oriente. La Russia trae vantaggio nel seminare zizzania. Finché la situazione rimarrà instabile, gli Stati Uniti dovranno continuare a concentrare sforzi e risorse nella regione. Devono continuare la loro "vacanza" dall'Europa Orientale e dal Caucaso. Lo si è visto in Georgia. Mosca continuerebbe ad avere aperta la "finestra di opportunità", apertasi con l'insabbiamento americano in Iraq. Potrebbe fare nuovi "interventi umanitari" in Ucraina, Moldavia e Paesi Baltici. L'unica reazione immediata di Washington potrebbe consistere in ritorsioni finanziarie. Probabilmente sono già in corso. Un'altra opzione consisterebbe in un blocco navale della Russia. Tecnicamente sarebbe possibile, data la potenza navale americana. Politicamente non lo è, per la dipendenza energetica dalla Russia degli alleati europei, sia per le ambiguità della Spd tedesca: il ventilato "equilibrio" di Berlino fra Washington e Mosca segnerebbe la fine della Nato. Gli Usa come al solito si trovano soli. L'outsourcing all'Ue delle trattative con Mosca per la Georgia non ha prodotto risultati molto brillanti. Ha confermato solo che l'Europa è un "mito geopolitico". Nel caso georgiano, gli Usa sono stati lasciati soli anche da Israele. Gerusalemme non può aspettare. Deve approfittare dei contrasti fra sunniti e sciiti. Non vuole che Mosca riarmi la Siria. La conclusione di un accordo con Damasco diventerebbe più difficile. Un forte sostegno russo indurrebbe i siriani a "rilanciare". Inoltre, con il tempo, la presenza russa in Medio Oriente si rafforza. Non è un caso che sia stato segnalato l'arrivo a Beirut di molti agenti dell'Fsb, il successore del Kgb. Palestinesi, Siriani e l'Hezbollah non costituiscono una minaccia mortale per Israele. Lo potrebbe essere oltre che il nucleare iraniano l'Egitto qualora fosse destabilizzato dai Russi il regime di Mubarak. In fin dei conti, Hamas è figlio dei Fratelli Musulmani. Per questo sembra proprio per insistenza della Livni Israele è stato estremamente cauto nei confronti della Russia. Già il 5 agosto tre giorni prima dell'inizio del conflitto in Ossezia del Sud ha sospeso le forniture militari alla Georgia. Può averlo fatto su richiesta russa, oppure perché aveva intuito che cosa sarebbe avvenuto. Con ciò gli Israeliani hanno irritato Washington. Se lo possono permettere. La loro dipendenza dagli Usa rimane elevata sotto il profilo politico e psicologico, ma marginale economicamente e militarmente. Mosca ha apprezzato la decisione israeliana e, con il pragmatismo che la contraddistingue, ha subito ricambiato. La visita in Russia del presidente siriano Assad, andato a chiedere armi moderne, si è conclusa con un nulla di fatto. Beninteso, i "giochi" rimangono aperti. Ma, come messo in rilievo nella recente riunione alla Farnesina dell'Aspen Italia, gli Israeliani hanno ragione ad essere ottimisti. Non solo perché la loro economia va sorprendentemente bene, ma anche perché sono aumentate le prospettive di pace. L'elezione della Livni le rendono più probabili.

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Il popolo che ama raccontare (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Corriere della Sera - ROMA - sezione: Tempo Libero - data: 2008-09-19 num: - pag: 16 categoria: REDAZIONALE Inaugurazione Film e libri: si apre domani il primo Festival della letteratura ebraica Il popolo che ama raccontare Tra gli ospiti Etgar Keret, Sami Michael e Lizzie Doron Scriveva Franz Kafka che in fondo gli ebrei non sono pittori, perché non riescono a dare delle cose una rappresentazione statica, ma le vedono sempre in mutamento. Forse perché il popolo ebraico è sempre stato protagonista, spesso suo malgrado, di migrazioni e profondi cambiamenti, pur riuscendo a tenere viva la propria identità. Per questo gli ebrei sono narratori e per raccontare hanno sempre usato il linguaggio della letteratura e del cinema. C'è un personaggio israeliano che incarna contemporaneamente queste due figure. Si chiama Etgar Keret, ha quarant'anni ed è stato scelto dagli organizzatori del primo Festival della letteratura ebraica per inaugurare, domani alle 21, la manifestazione. Keret parlerà del suo film "Meduse" (premio della critica al festival di Cannes 2007), che ha diretto insieme alla moglie Shira Geffen, e dei suoi libri, considerati un modello del racconto breve. Il festival, curato da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, è stato presentato ieri mattina in Campidoglio alla presenza del sindaco Gianni Alemanno, del presidente della Provincia Piero Marrazzo e di quello della Regione Nicola Zingaretti: tutti convinti che la manifestazione ha l'opportunità di far conoscere una cultura troppe volte ridotta a stereotipi. "L' idea - ha precisato Francesco Marcolini, coordinatore della rassegna - nasce dalla sfida di creare a Roma il centro promozionale della letteratura ebraica. Vogelmann spera che il festival riesca aa aprire una finestra sulla letteratura ebraica, "per mostrare la complessità di un popolo troppe volte associato solo alla Shoah o al conflitto mediorientale ". L'assessore comunale alla Cultura, Umberto Croppi, auspica che in futuro la manifestazione si possa "unire" a quella che si svolge quest'anno "parallelamente a Tel Aviv" sui dialoghi italo-ebraici. Primo ospite, a fianco di Keret, sarà lo scrittore newyorkese Nathan Englander, convinto che "molti hanno paura della letteratura per il potere che ha nel superare i confini". Tra gli altri protagonisti del festival, non solo grandi autori, ma anche giovani talenti da tutto il mondo, che hanno contribuito ad arricchire la tradizione letteraria ebraica. Ci saranno Sami Michael (candidato al Nobel), Haim Baharier, Stefano Levi della Torre, Roberto Piperno e Lizzie Doron. Accanto al festival è stato indetto anche un concorso letterario, "Con gli occhi del racconto", che ha raccolto in un mese più di 300 inediti. Immagine simbolo del festival. In alto, Sami Michael e, sotto, Etgar Keret Lauretta Colonnelli Casa dell'Architettura, dal 20 al 24 settembre. Info:06.36005450.

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Lo show islamofascista di Ahmadinejad (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Oggi è Ven, 19 Set 2008 Edizione 197 del 19-09-2008 Iran Lo show islamofascista di Ahmadinejad di Giorgio Bastiani Il termine "Islamofascismo" non è campato per aria. Lo dimostra la conferenza stampa tenuta ieri a Teheran dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che rieccheggia toni mussoliniani e hitleriani. "Lasciate che approvino nuove sanzioni, così potremo ringraziare Allah", ha dichiarato Ahmadinejad a proposito della minaccia di nuove misure sanzionatorie internazionali, che potrebbero essere decise oggi stesso dal gruppo di negoziatori 5+1. In base a una logica tutta sua, Ahmadinejad, ha affermato che "più saranno le sanzioni e più saremo riconoscenti ad Allah. Le sanzioni - ha aggiunto - dimostrano la debolezza di coloro che le approvano". Ahmadinejad ha attaccato nuovamente anche il Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Questo organismo, ha detto il presidente iraniano, "rappresenta solo gli interessi di pochi paesi e non quelli della comunità internazionale". Certo: le "demoplutocrazie"? Durante la stessa conferenza stampa, Ahmadinejad ha poi ribadito le sue idee sugli ebrei: "Non solo l'idea della grande Israele è morta, ma è morta l'idea stessa di un Paese chiamato Israele. Pertanto conviene a tutti che questa gente che ha occupato la Palestina ritorni da dove è partita, restituendo ai palestinesi la loro patria". "Noi - ha concluso Ahmadinejad - non riconosciamo Israele e nemmeno gli israeliani, ma ci preoccupiamo per quella gente che con l'inganno è stata trasferita su una terra non sua e chiediamo loro di ritornare nei propri Paesi". Anche Hitler, prima di optare per la ghettizzazione e poi per la soluzione finale dei campi di sterminio voleva che gli ebrei se ne andassero da una Germania "non loro" e tornassero "al loro Paese" (i nazisti pensavano al Madagascar). Una storia che Ahmadinejad non vuole ricordare, perché, come ha ribadito ieri: "L'Olocausto è una bugia. Il vero Olocausto lo stanno subendo i palestinesi".

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Intervista a Paolo Bertuccio/ Posti di lavoro per sconfiggere la criminalità (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Oggi è Ven, 19 Set 2008 Edizione 197 del 19-09-2008 Intervista a Paolo Bertuccio/ Posti di lavoro per sconfiggere la criminalità di Paolo Della Sala Paolo Bertuccio è segretario regionale del Pri, partito dalla nobilissima tradizione, nella Liguria che diede i natali a Giuseppe Mazzini, e nell'Italia di Ugo La Malfa. Il Pri è stato l'unico partito italiano ad aver appoggiato Israele anche negli anni neri del terrorismo palestinese, quando i governi italiani, secondo autorevolissime testimonianze (il presidente emerito della Repubblica Cossiga), davano carta bianca ai terroristi che colpivano gli israeliani. Un episodio quasi da "leggi razziali" che andrebbe discusso. Segretario, la scorsa settimana L'Opinione ha intervistato il coordinatore regionale di Forza Italia, on. Scandroglio, il quale ha parlato dell'operato del sindaco di Chiavari Agostino. Lei risiede a Chiavari, qual è il suo giudizio sull'amministrazione? Il quadro è sostanzialmente positivo. Come Scandroglio, sottolineo la necessità di mantenere al livello ottimale la pulizia, i servizi di vigilanza, la manutenzione urbana. I punti negativi riguardano il mondo della produzione, la creazione di posti di lavoro, gli investimenti. Per ora sento parlare di decine di milioni di investimenti nel porto. Va bene, ma l'edilizia, anche se portuale, non è tutto, in un'economia locale e nazionale bloccata. Servono posti di lavoro veri. E' questo il primo punto del nostro programma, da sempre. Oggi sembra quasi che il lavoro non interessi a nessuno, forse si vive ancora di rendita, ma prima o poi questa finisce. Si pensi al turismo: serve un rilancio. Pensi che 40 anni fa i nostri albergatori offrivano il rimborso di tutte le spese di viaggio ai loro ospiti. E' così che hanno creato la ricchezza che ora ci permette di sopravvivere. La sicurezza in Liguria è un tema caldo. Quali le sue priorità? Non ci sono priorità: ogni problema è importante. La creazione di posti di lavoro, se accompagnata dalla diffusione di un'etica del lavoro, è il fondamento della lotta alla criminalità (ma il diritto/dovere di "fare carriera" è stato osteggiato dalle sinistre, che hanno colpe sociali gravissime). La liberalizzazione dell'economia è un modo per offrire a tutti occasioni di crescita, il che combatte la piaga della droga, che colpisce la maggioranza dei giovani, privati di dinamica sociale. Bene le iniziative sulla prostituzione. Finora i sindaci non potevano fare tutto: serviva una legge nazionale, che è arrivata. Adesso si deve agire in tutto nel Tigullio senza ipocrisie: il mestiere più antico del mondo può essere praticato in spazi chiusi, ma deve emergere dall'illegalità. Ciò può avvenire con la creazione di cooperative e col pagamento delle tasse. Mi meraviglia che il governo Prodi, che predicava il "paghiamo tutti le tasse", abbia chiuso gli occhi su quella che è una delle prime fonti di reddito in Italia? Parliamo del commercio, settore importantissimo a Chiavari e in regione. Il commercio è in crisi già da tempo. Servono nuove idee e nuovi imprenditori. Aggiungo: servono nuovi capitali, anche perché fino a qualche anno fa nei negozi di Chiavari arrivavano i residenti della Fontanabuona, che però ora si sono organizzati localmente. Il tunnel tra la costa e la Fontanabuona potrà aiutare Rapallo, ma non il resto del Tigullio e del Levante ligure. Il presidente della Ascom Bovone ha già più volte lanciato l'allarme, e ora è tempo che l'amministrazione risponda alle sue richieste, individuando soluzioni urbanistiche nuove, offrendo facilitazioni a chi opera nel commercio. E' urgente e utile per le aziende come per i consumatori. Elezioni: si stanno già scaldando i motori di tutti i partiti? Il quadro parte da una constatazione: lo schieramento di sinistra è alla fine. Il PD e l'area di Rifondazione non offrono più alcuna soluzione agli elettori, anzi sono diventati parte del problema. Sono scandalizzato dagli scempi urbanistici di Sestri Levante e da quello - inaudito - che si vuole fare a Boccadasse, l'antico porticciolo peschereccio di Genova, che è destinato alla solita "ristrutturazione" targata Coop rosse, con costruzione di appartamenti di lusso etc. Questa situazione impone all'opposizione di cui fa parte il PRI ligure, di muoversi per tempo, senza i ritardi e la mancanza di coordinamento di altre occasioni. Ne discuteremo con gli altri partiti quanto prima. Nel frattempo stiamo per lanciare un'iniziativa importante, un aiuto concreto ai cittadini che non arrivano alla quarta settimana. Ne riparleremo presto.

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Tzipi Livni vince per soli 431 voti e non convince (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 19-09-2008)
Pubblicato anche in: (Opinione, L')

Argomenti: Israele/Palestina

Oggi è Ven, 19 Set 2008 Edizione 197 del 19-09-2008 Israele Tzipi Livni vince per soli 431 voti e non convince di Michael Sfaradi Le primarie di Kadima si sono concluse, come era stato previsto, con la vittoria di Tzipi Livni, ma questa vittoria, al contrario di quello che si poteva credere alla vigilia, anziché rafforzare il partito creato da Sharon, potrebbe portare a termine il lavoro iniziato da Olmert e distruggerlo definitivamente. Le percentuali per un candidato, necessarie ad evitare il ballottaggio sono del 40%, ma in questo caso, per altro rarissimo, sono in due i candidati che hanno superato questa soglia: la Livni con il 43,1% e Shaul Mofaz con il 42%. Questo significa che a conti fatti il segretario del partito, e di conseguenza chi dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere il nuovo primo ministro, è stato deciso da 431 voti di differenza. Le primarie avevano vari obbiettivi come, ad esempio, sostituire in tempi brevi Ehud Olmert, personaggio da tempo scomodo per Kadima. Dovevano dare l'idea, soprattutto agli alleati di governo, di un partito sano ed unito che elimina, rinnovandosi, le mele marce. Dall'analisi del voto, invece, si vedono degli scenari dove è chiaro che nessuno di questi obbiettivi sia stato raggiunto perché le percentuali finali mettono in risalto una spaccatura all'interno di Kadima e questo rende improponibile l'idea di un partito unito, forte e capace di governare in un momento così delicato come quello attuale. Per Tzipi Livni sarà difficile, se non impossibile, convincere gli attuali ministri a far parte di una nuova compagine, e visto che la sua vittoria non è stata schiacciante come avrebbe dovuto essere, mantenere viva la coalizione diventa una missione impossibile. I sondaggi danno Kadima in netto calo di preferenze e gli attuali alleati hanno la forte tentazione di giocare la carta delle elezioni anticipate. Il Likud (che, secondo i sondaggi, sarebbe il più votato in caso si tornasse alle urne) per voce del suo segretario Beniamin Netanyahu ha già fatto sapere che non farà parte di un governo di unità nazionale. Con l'avvicinarsi delle festività ebraiche, il capodanno lunare (Rosh Ha Shanna), il giorno dell'espiazione (Kippur) e la festa delle capanne (Sukkot), le consultazioni per la formazione di un'eventuale nuovo governo potrebbero slittare di almeno tre settimane e il tempo che la Livni ha per presentare un nuovo governo, con una maggioranza certa alla Knesset, al presidente Shimon Peres, è limitato per legge. Nel frattempo Olmert, che aveva assicurato le sue dimissioni all'indomani del voto alle primarie, rimane indisturbato al suo posto e continua a fare danni e ad esercitare il potere come se nulla fosse, continuando, e questo è l'assurdo, i suoi colloqui di pace con Abu Mazen, l'altra marionetta di questo teatro dei burattini. Le regole della democrazia dicono che quello che sta succedendo è tutto legale, ma è chiaro che non possono essere 431 voti di un partito che non ha più il favore popolare a decidere chi deve guidare il paese e questa è la ragione per cui l'insofferenza cresce sia nei partiti che nella popolazione.

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Israele, la Livni è già al lavoro (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 19-09-2008)

Argomenti: Israele/Palestina

Esteri Pagina 113 La vittoria del ministro alle primarie di Kadima è risicata e formare un nuovo governo non sarà facile Israele, la Livni è già al lavoro La vittoria del ministro alle primarie di Kadima è risicata e formare un nuovo governo non sarà facile Il rivale Mozaf annuncia una pausa dalla politica --> Il rivale Mozaf annuncia una pausa dalla politica TEL AVIV Per un unico, piccolo punto percentuale, affiancato da uno sparuto decimale, Tzipi Livni ha vinto le primarie di Kadima. Non è stato il trionfo che sembrava delinearsi la notte scorsa alla chiusura dei seggi, ma è pur sempre una affermazione che equivale alla condizione necessaria (ma non sufficiente) per assumere la guida del governo israeliano; o, se si preferisce, il mezzo obbligato per raggiungere un fine evidente da tempo, prendere il posto di Ehud Olmert, travolto da accuse di corruzione e di uso fraudolento di fondi pubblici. MOFAZ Intanto una prima mossa a sorpresa l'ha fatta questa sera Shaul Mofaz, il candidato battuto sul filo di lana, annunciando che si concede una pausa politica. Adesso si attende che Olmert formalizzi le dimissioni, atto che permetterà al presidente Shimon Peres di conferire l'incarico alla nuova leader del partito di maggioranza relativa. Solo allora per Tzipi (come familiarmente la si chiama in Israele) si metterà in moto il timer politico istituzionale, che nello Stato ebraico è regolato su 42 giorni. In questo tempo la premier incaricata dovrà dare prova di essere all'altezza dei bizantinismi che spesso sono alla radice della politica interna israeliana. Perché vari fattori indicano che il tempo potrebbe non giocare a favore della Livni e che in molti si proveranno a gettare sabbia nel carburatore del suo motore. OLMERT Il primo è il premier uscente, Olmert. Che potendo restare in carica per gli affari correnti (compito mai di pura routine in un paese cruciale per gli equilibri geopolitici mondiali) non avrà così tanta fretta di passare la mano alla sua collega di partito, con la quale si è congratulato ma che è noto non avere avuto mai troppo in simpatia. Tanto più che Olmert è determinato a portare avanti finchè potrà il dialogo faticosamente riallacciato con l'Anp, col cui presidente Abu Mazen ha instaurato un buon rapporto personale. Ancor più interessato a far trascorrere i 42 giorni istituzionali con un nulla di fatto è Benyamin Netanyahu, il leader del Likud, la destra storica da cui provengono la stessa Livni e Mofaz. Secondo i sondaggi, se si andasse alle elezioni anticipate ora il Likud passerebbe al primo posto nelle preferenze di un elettorato sempre più su posizioni di destra. La Livni, forse per saggiare le reazioni della coalizione, soprattutto il partito religioso ortodosso Shas, ha detto che vorrebbe cercare di dar vita a un governo di unità nazionale, associandovi anche il Likud. Ma proprio ieri Netanyahu ha criticato Kadima asserendo che non ha futuro. DIRIGENZA Tzipi, la vincitrice arrivata quasi seconda, la prima mossa intanto l'ha centrata: ha convocato per oggi la dirigenza del partito, compreso Mofaz, che ha detto di non aspirare a cariche o compiti di governo o alla Knesset, il parlamento, ma resterà a disposizione del partito. Tzipi si è dunque messa immediatamente al lavoro per preparare almeno una bozza di coalizione.

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