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  inserito il 16-3-2007 | |||||||
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| Il PuntO n° 103 Vaticano grossolano. Anzi raffinato!  Di Mauro Novelli 16-3-2007 Troppo grossolana l’azione del
  Vaticano? Tale grossolanità è una immagine di prima battuta,
  velocemente dissolta da una riflessione: a mio avviso, l’azione è di
  ben più ampio respiro e coinvolge senso di appartenenza, recupero di
  autorità e – si spera - di autorevolezza. In soldoni (compatite l’estrema
  sintesi): Senso di appartenenza.  In ambito collettivo, la nostra
  società non offre grandi approdi. Un tempo il “senso di appartenenza” era
  appannaggio forte delle ideologie. Oggi sembra essere relegato, con la stessa
  intensità e come “spirito di corpo”, tra i soli tifosi delle squadre
  di calcio. Il Vaticano vuole ricostituire i
  segni dell’appartenenza: latino, canto gregoriano, indicazioni cogenti,
  richiami, rimproveri ecc. E’ attraverso i segni che ci si riconosce e si
  riconoscono le gerarchie in grado di marcare quei segni come distintivi. I
  vecchi “contrassegni” (croci e crocette appese al collo) sono inflazionati.
  Ne occorrono di nuovi. Chi vuole “appartenere” deve adeguarsi. Una simile
  promozione/imposizione dei segnali farà perdere per strada qualche
  intellettuale (che resta comunque nell’ovile, anche se si considera ai
  margini del gregge), ma forse riconquisterà la rispettosa attenzione
  di gente normale (timorata di Dio) ma ben maggiore di numero.  Autorità. La nostra società ha
  fortemente compromesso il senso di Autorità. Dai professori alla
  magistratura, dalle autorità pubbliche alle forze dell’ordine nessun
  “gestore del potere” sembra  immune
  dalla erosione della considerazione del suo ruolo. Non solo il timore
  (vecchio atteggiamento italico), ma addirittura il rispetto (questione anche
  di educazione) sta venendo meno. Dal momento che nella nostra società
  non è l’autorevolezza a condurre 
  a posizioni di rilievo e di responsabilità, ma le gerarchie
  vengono stabilite esclusivamente attraverso procedure  formalizzate, l’occupazione del potere
  perpetua se stessa: basta agganciarsi per tempo al potente di turno per far
  carriera (spesso senza alcun merito) nei vari gangli sociali, dall’ospedale,
  al consiglio di amministrazione della municipalizzata, dall’azienda privata
  alla pubblica amministrazione.  Il senso di autorità si
  riduce alla sopportazione dell’autorità, da “infilare” appena possibile. Anche la Curia, senza
  l’autorevolezza di Giovanni Paolo II (per altro fortemente personalizzata),
  rischia di subire disarticolanti tensioni erosive.  Per il Vaticano, quindi, in
  assenza di figure autorevoli, si impone un recupero di autorità attraverso
  la iniziale via – tanto semplice quanto efficace - dell’imposizione dei nuovi
  segni.  E’ questo il primo tassello per
  la ricostituzione/riaccettazione del principio di autorità. Certo, il rischio di trasformare
  il senso del sacro (ed i suoi dubbi) in rispetto del catechismo (e delle sue
  certezze) è quello di suggerire/sopportare fanatismi e
  fondamentalismi. Ma in questo momento le gerarchie ritengono più
  congeniali le poche ma ferrate certezze anche se sterili, rispetto ai dubbi
  ed agli interrogativi, anche se vivificanti. Chi ha detto insomma che
  atteggiamenti simili non possano risultare di supporto agli sforzi per il
  superamento della attuale congiuntura?  In conclusione: se azione di
  recupero deve essere, che sia drastica ed efficace.  Caduti e feriti si
  raccoglieranno in seguito. Su un punto il Vaticano non vuole
  – ancora - calcare la mano: la scomunica. Essere scomunicati, vuol dire essere
  estromessi dalla comunità dei cristiani. La conseguenza è
  gravissima. Si ricordino le vicende storiche conseguenti alle scomuniche
  dichiarate dai Papi nell’ultimo millennio. Ma la cosa è stata ad
  arte confusa e mistificata per renderla meno “seria”: l’essere scomunicati,
  cioè non essere più membri del popolo di Dio) è stato
  relegato al personalissimo “non poter prendere la comunione”, cioè non
  poter fare la fila davanti al prete per prendere l’ostia. Proprio in questi
  giorni, il Vaticano ricorda che i divorziati non possono “prendere la
  comunione”. Diciamolo chiaramente: i divorziati sono “scomunicati”
  cioè sono fuori dalla comunione dei Cristiani. Insomma, un eventuale “coccolone”
  mortale li spedirebbe dritti all’inferno. |