|     Da lamiafinanza.it
  del 13-2-2008   Perché non convengono le
  obbligazioni strutturate   di
  redazione   Sono fra i prodotti su cui le banche spingono di più,
  reclamizzando la garanzia di un rendimento minimo e la possibilità di
  realizzare un extra rendimento. In realtà sono strumenti costosi,
  complessi e non privi di rischio  Le lettere dei nostri lettori lo confermano: allo sportello della
  banca capita sempre più spesso di sentirsi offrire obbligazioni
  “strutturate”. E molti le sottoscrivono, senza sapere nemmeno che di
  obbligazioni strutturate si tratta. 
 Vediamo allora cosa sono. Si tratta di
  obbligazioni, emesse dalle stesse banche, composte da due componenti: una obbligazione, di solito zero coupon, che quindi non
  corrisponde dividendi, ma garantisce un rendimento a scadenza; e uno
  strumento derivato, di solito un’opzione, dal quale può derivare un extra
  rendimento, un rendimento cioè superiore a quello del mercato
  obbligazionario.
 
 In una obbligazione
  equity linked, legata
  cioè al mercato azionario, per esempio, l’opzione sarà legata
  all’andamento di un indice, o di un paniere di titoli azionari.
 
 Dove stanno i problemi? Innanzitutto nei
  costi. In fase di vendita, la banca incassa il 3-4% del capitale a seconda
  della durata, che di regola è compresa fra i tre e i sette anni.
  Ciò significa che, su 100 euro investiti, almeno 3 vanno in costi, e
  quindi, di fatto, se ne investono 97.
 
 Poi la scarsa trasparenza. Capire i
  meccanismi che determinano l’eventuale extra rendimento è sempre molto
  difficile, anche per chi ha una certa esperienza in materia di investimenti.
  Di fatto, poi, solo l’emittente sa come sono ripartiti i soldi investiti: dei
  97 euro che restano una volta pagate le commissioni, quale parte va
  all’obbligazione e quale all’opzione? E quanto costa l’opzione? I prospetti
  non lo spiegano.
 
 Certo, ad attirare gli investitori è
  la garanzia della restituzione del capitale a scadenza: comunque vadano le
  cose, dopo tre-sette anni si potrà contare sulla restituzione di
  quanto investito. Ma se questo accade, non si può non mettere in conto
  il mancato guadagno che si sarebbe realizzato scegliendo un prodotto
  più semplice – e meno costoso – come per esempio un Btp.
 
 Un altro elemento di rischio è il
  fatto che si tratta di obbligazioni “subordinate”: in caso di insolvenza
  dell’emittente, vengono rimborsate soltanto dopo le altre obbligazioni.
 
 Ultimo, ma non meno importante, problema: la
  liquidità. Chi volesse disinvestire prima della scadenza, può
  in teoria vendere sul mercato secondario. Ma si tratta di un mercato molto poco liquido, e con ogni probabilità l’unica
  controparte disposta a comprare sarà la stessa banca emittente, a
  un prezzo decisamente più basso.
     |