28-7-2012 Libero
Nuovo bersaglio della speculazione: la Germania di Frau Merkel
di Giuliano Zulin
È ufficialmente iniziata la
madre di tutte le battaglie. Quella finale. Dall’America è partito l’attacco
direttamente alla Germania, quello che era considerato il porto sicuro
d’Europa. L’offensiva è duplice: politica e finanziaria. Con un tocco di
speculazione che non manca mai. Lunedì Tim Geithner, ministro del Tesoro Usa,
sarà in missione proprio in Germania, dove incontrerà Wolfgang
Schaeuble nell’isola del mare del Nord di Sylt dove il ministro delle
Finanze tedesco sta trascorrendo le vacanze. Geithner volerà poi a
Francoforte per parlare con il presidente della Bce Mario Draghi e, con ogni
probabilità, si vedrà pure con Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank. I
vertici si chiuderanno entro il 2 agosto, giovedì, quando ci sarà l’atteso
direttivo della Banca centrale europea e da là dovrà uscire una soluzione
credibile all’eurocrisi, soprattutto dopo le parole forti di Draghi.
Per costringere i tedeschi a cedere
su un meccanismo salva-spread, non bastano però i politici. E così siamo
passati alle minacce, come quella di George Soros, presidente dell’Inet,
l’Institute for New Economic Thinking. «La Germania rischia una
bancarotta se non accetta la monetizzazione del debito da parte della Banca
centrale europea», attaccano dal think tank del finanziere che speculò contro
la lira e la sterlina nel 1992. Anche questa volta c’è un interesse diretto
da parte del finanziere di origine ungherese: a dicembre ha comprato due
miliardi di Btp italiani dall’asta fallimentare del fondo Mf Global di John
Corzine. Tra l’altro, dicono i ben informati, ha preso i titoli italiani a
sconto. Ovvio che, se la Bce prendesse in mano la situazione, gli spread si
abbasserebbero, i valori delle obbligazioni statali aumenterebbero e, in caso
di vendita, Soros farebbe un sacco di soldi. Non c’è tuttavia solo una
questione personale del raider newyorkese dietro l’ennesima sparata
anti-Merkel, perché effettivamente - come ha scritto anche Libero
l’altro giorno - l’egoismo dei teutonici «farà disintegrare l’eurozona». Il
che significherebbe un distrasto pure negli Usa. C’è bisogno, sostengono
dall’Inet di Soros, di unione bancaria, riordino del settore finanziario,
sistema di controllo fiscale, un europrestatore di ultima istanza per i
governi che rispettano il fiscal compact e un regime di ristrutturazione del
debito per gli altri Paesi, con l’obiettivo di evitare fallimenti
disordinati.
Il tempo stringe e gli investitori
si stanno già preparando al peggio, uscendo anche dalla Germania: ieri Il
Sole 24Ore scriveva che a giugno è crollata del 26% la quota dei money market
fund statunitensi investita sulle banche tedesche. La riduzione si è
concentrata sugli investimenti a breve e brevissimo termine: non è dato
sapere la cifra fuggita dagli istituti germanici. Si sa solo che, in base a
una ricerca di Ficht, i dieci maggiori fondi americani hanno alleggerito le
posizioni di almeno una decina di miliardi.
A Berlino insomma cominciano ad
avere paura: per questo la Merkel, con Hollande, ha confermato le frasi
«salva-euro» di Draghi, così come il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang
Schaeuble, che tuttavia insiste sullo scambio rigore-aiuti. Forse per placare
i falchi di governo, come il titolare dell’Economia, Philipp Roesler,
contrario all’acquisto di bond da parte della Bce. Le elezioni sono lontane
(settembre 2013), ma la crisi potrebbe far saltare tutto prima. Anche in casa
dei maestrini tedeschi. L’agosto caldo c’è per tutti.
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