PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il: 1-10-2012 |
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Fermare il declino
Un bluff chiamato liberalizzazioni
Negli ultimi 20 anni l’Italia ha
avuto il primato mondiale negativo della crescita dopo il povero Zimbabwe.
Difatti, a seguito di politiche dissennate seguite da metà degli anni ’70
fino al 1992, il paese ha accumulato un debito pubblico enorme, pari a
circa il 120% del PIL. Negli anni successivi i governi hanno sprecato la
grande opportunità di rimettere in ordine i conti dello stato offertaci
dall’ora vituperata entrata nell’euro. I soldi in meno che abbiamo pagato in
tassi di interesse li abbiamo sprecato in aumenti di spesa corrente in parte
serviti per foraggiare Er Batman. Non essendoci più spazio né per la
politica monetaria (la moneta viene stampata dalla BCE), né al momento per
quella fiscale, in quanto le tasse non vengono ridotte per la comprovata
incapacità della classe politica di tagliare la spesa, l’unico ambito rimasto
per far crescere l’economia e fermare il declino è quello delle riforme del
mercato. Si è tentato con la riforma del diritto del lavoro e ne è venuto
fuori un risultato insoddisfacente, per il quale a fronte della possibilità
di licenziare individualmente qualche dipendente in più si è ristretta
enormemente la flessibilità in entrata. E allora? Rimangono le
liberalizzazioni, di cui si è avuto qualche timido accenno all’alba del governo
Monti, ma che per ora si sono sostanziate in ben poco, se non altro in attesa
di numerosi decreti attuativi. Ed infatti, l’Indice delle liberalizzazioni
del 2012, pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni, quest’anno ha fatto
registrare solo un lieve progresso, dovuto soprattutto alla maggiore apertura
del mercato elettrico, degli ordini professionali, delle infrastrutture
autostradali e dei servizi postali, ma rimane ben distante dai livelli di
eccellenza riscontrabili nei migliori paesi europei. L’Indice funziona così: si prende a
parametro la nazione del Vecchio Continente che ha il mercato più
liberalizzato e gli si assegna il punteggio 100. Dopodiché lo si confronta
con la situazione italiana, che ha fatto registrare un punteggio complessivo
di 52, con un miglioramento di 3 punti rispetto all’anno precedente. Si va da
situazioni come quella del mercato elettrico, dove il Belpaese se la cava con
un più che dignitoso 77 ai servizi idrici, annegati dal referendum a quota
19. Orbene, siccome tra gli ultimi atti
significativi della stagione del governo Monti ci sarà il decreto Crescita 2,
sarebbe bene che l’esecutivo mettesse mano a tre liberalizzazioni di settore
molto importanti, il trasporto ferroviario (punteggio attuale 36), quello
pubblico locale (45) e i servizi postali (52). In quest’ultimo caso i difetti
principali consistono nell’assegnazione in concessione per 15 anni del
compito di garantire il servizio universale esclusivamente a Poste Italiane,
con attribuzione di vantaggi fiscali che secondo l’Antitrust costituiscono un
vantaggio concorrenziale nei confronti degli altri operatori nonché in una
riserva di monopolio legale sempre a Poste Italiane delle notifiche degli
atti giudiziari. Per il trasporto pubblico locale si
dovrebbe accelerare l’operatività della nuova Autorità dei Trasporti, di cui
non è ancora certo persino il nominativo dei componenti. L’Autorità è l’unico
baluardo rimasto dopo il disgraziato referendum del giugno 2011 che, oltre a
“salvare l’acqua”, ha salvato pure i trasporti locali dagli obblighi di
gare e concorrenza. Poiché l’Autorità ha perlomeno il potere di definire
standard di servizi e procedure di gara, si potrebbe evitare che vincano
sempre i gestori uscenti offrendo per di più una qualità del servizio
deplorevole. Infine le ferrovie. Anche qui
l’inizio dell’attività dell’Autorità dei Trasporti dovrebbe portare molti
benefici visti i penetranti poteri regolamentari pro-concorrenziali di cui
essa è dotata. Tuttavia, in quest’ultimo caso bisognerebbe avviare anche la
procedura di separazione della rete ferroviaria da Trenitalia, in modo da
garantire una piena concorrenza sui binari. Perché questi tre settori dovrebbero
essere i primi a dover essere liberalizzati? Ebbene, Poste Italiane,
Trenitalia e servizi pubblici locali sono ottimi candidati per la
privatizzazione e se si vuole ottenere il massimo beneficio dal punto di
vista dell’efficienza economica è certamente consigliabile che un certo grado
di liberalizzazione avvenga prima della vendita ai privati (anche se giustamente
si osserva che in molti casi è proprio la privatizzazione a stimolare la
liberalizzazione). Quindi, se vuole che la lucina in fondo al tunnel si veda
con maggior chiarezza, sarebbe bene che Monti si dedicasse a lettere, treni,
autobus. |
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