|     L’Unità
  22-3-2008   
  Secchiate di fango dal Giornale: spariti i regali a Prodi premier Pioggia di smentite, il Governo querela.     Il Giornale di Berlusconi continua a gettar
  fango su Romano Prodi. Ma stavolta è arrivato a inventarsi le cose pur
  di insultare il premier. E così è scattata la querela. Proprio
  le prime tre pagine del quotidiano ordierno sono
  dedicate con dovizia di particolari alla fantomatica scomparsa di tutti i
  doni ricevuti da Prodi nello svolgimento delle funzioni del premier,
  soprattutto di quelli con un valore superiore ai 300 euro, che proprio in
  virtù di una norma promossa da Prodi devono essere devoluti allo
  Stato. 
 “Prodi, dove sono finiti i gioielli?” si chiede un articolo
  un articolo a firma di Gian Marco Chiocci, col sottotitolo: “Una parure di
  diamanti, due statue, un fucile, un orologio prezioso: tutti i regali
  ricevuti dal premier sono spariti”. Dovrebbero essere in una stanza a
  Palazzo Chigi, precisa l’articolo, ma la stanza è vuota. “Ecco le foto
  e gli imbarazzi dei funzionari” sono le didascalie alle foto che incorniciano
  le due pagine interne dedicate al “mistero dei regali di Prodi”.
 
 L’articolo è falso e una pioggia di smentite è caduta sul
  giornale del fratello di Silvio Berlusconi, oltre la querela annunciata dal
  portavoce del governo, Silvio Sircana: «Il
  Presidente del Consiglio ha dato incarico al suo legale di sporgere querela
  nei confronti del Giornale, visto il chiaro intento diffamatorio dei suoi
  ripetuti articoli». «Il Giornale prosegue in una
  campagna tesa evidentemente a denigrare l'immagine del Presidente Prodi -
  afferma Sircana -. Non sembra avere imparato nulla
  dalle infelici conclusioni di sue precedenti “storiche” campagne come quella
  basata sulle dichiarazioni del “supertestimone” Igor Marini», riferendosi al faccenderie che vantava di possedere documenti
  compromettenti sull’affare Telekom Serbia contro alcuni
  politiche del centrosinistra, ma che fu poi arrestato il 29 luglio
  2003 per associazione a delinquere finalizzata a truffe internazionali.
 
 «L'articolo fornisce una ricostruzione alterata e fuorviante – spiega con
  tono duro il segretario generale di palazzo Chigi in
  una lettera all'Avvocatura generale dello Stato - delle vicende inerenti alla
  conservazione dei doni di Stato ingenerando nel lettore la convinzione che
  non vi sia stata una corretta gestione da parte della presidenza del
  Consiglio dei ministri dei doni di Stato ricevuti dal presidente del
  Consiglio dei ministri e dallo stesso consegnati alla medesima
  amministrazione». «La strumentalità della
  ricostruzione - prosegue la lettera - emerge dalla circostanza che, come noto
  al giornalista, i doni di valore eccedente i 300 euro ricevuti dal presidente
  Prodi sono stati, a norma del decreto del presidente del Consiglio dei
  ministri 20 dicembre 2007, dallo stesso consegnati con dichiarazione di non
  volerli trattenere, come risulta da atti protocollati tra il maggio 2007 e il
  febbraio 2008, e si trovano nella cassaforte di un Dipartimento della
  presidenza del Consiglio in attesa dell'allestimento del sito definitivo di
  conservazione. La ricostruzione fatta eccede il legittimo esercizio del
  diritto di cronaca e di critica giornalistica, che deve essere connotato dai
  presupposti della veridicità, della continenza e della
  proporzionalità. Le circostanze di un “mistero dei regali”, che dei
  doni “non c'è traccia”, di “reticenze e imbarazzi dei funzionari” sono
  smentite dagli stessi elementi raccolti dal giornalista, che invece li
  rappresenta in modo distorto e strumentale per giungere ad una fantasiosa
  ricostruzione che ingenera la suggestione di comportamenti scorretti o di
  indebita copertura da parte della pubblica amministrazione».
 
 «La fiducia nelle istituzioni risulta gravemente
  danneggiata da tale attacco giornalistico proprio nel momento in cui esprime
  una pratica di corretta gestione della cosa pubblica -prosegue il segretario
  generale di palazzi Chigi-. Da ciò il danno
  all'immagine che colpisce la presidenza del Consiglio dei ministri. In
  considerazione di quanto esposto, si trasmette copia de “Il Giornale” per la
  parte che qui interessa e s'invita codesta Avvocatura Generale dello Stato
  -conclude la lettera- a valutare la sussistenza degli elementi per la
  proposizione della domanda di risarcimento del danno».
 
 Una risposta puntuale arriva anche per tutta quella sfilza di domande, che
  l’articolo si pone su chi avrebbe allungato le mani sui regali di Prodi. I
  regali preziosi ricevuti da Prodi sono al Dis,
  tutto il resto è pura «illazione». Replica il segretariato generale di
  palazzo Chigi. «Tali doni, dopo le opportune perizie
  e come dimostrato da documenti ufficiali e protocollati, sono stati devoluti
  a suo tempo dal presidente Prodi all'amministrazione e presi in carico
  temporaneamente- puntualizza la presidenza del consiglio- dagli uffici del Dis, nella persona del generale Giuseppe Cucchi, in
  attesa che venga allestita una apposita stanza
  blindata a palazzo Chigi». Dunque, «ogni altra illazione, considerazione
  malevola o tentativo di mettere in cattiva luce l'operato istituzionale e
  personale del presidente Prodi e della presidenza del Consiglio va condannato
  con fermezza e valutato nelle sedi competenti».
 
 «Le parole attribuitemi nell'articolo del “Giornale”, alterano il senso ed il
  testo della mia risposta», dice Massimo Sgrelli,
  capo Dipartimento cerimoniale di Stato di palazzo Chigi.
  «Confermo infatti il valore altamente simbolico di
  un decreto che limiti il valore dei doni ufficiali, da noi sempre auspicato.
  Fra l'altro, la domanda del giornalista non riguardava la restituzione dei
  doni ufficiali ma la loro elencazione e custodia ed il fatto che non comporta
  al mio ufficio conferma soltanto che è curata da altri uffici della
  presidenza», aggiunge Sgrelli.
 
 Dopo tutte le smentite e i procedimenti giudiziari che seguiranno, un mistero
  però rimane. Come ha fatto "Il Giornale" della famiglia
  Berlusconi ad entrare a Palazzo Chigi e scattare le foto ad una cassaforte
  cui dovrebbe essere impedito l'accesso a tutti?
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