| La Stampa 25-10-2007-10-26   In coda a omaggiare le Province  GIANLUCA NICOLETTTI   Dovevano esere
  abolite ma la mannaia non cala. E i presidenti contrattaccano       FIRENZEE il secondo giorno di assemblea generale finalmente i 104 presidenti di
  Provincia ebbero un sospiro di sollievo. Stavano tutti e 104 sotto il cielo
  stellato di faretti alogeni, nell’Auditorium del palazzo dei Congressi di
  Firenze, quando il professor De Rita rivelò i due magici numerelli
  dello studio Censis sul loro indice di gradimento. Il 72,8% del campione
  interpellato ha ritenuto che le Province abbiano una loro ragione di
  esistere. Così può chiudere in bellezza la convention
  dell’Unione Province Italiane che ogni anno chiama a raccolta i suoi
  amministratori.
 
 Almeno fino a che durerà l’effetto Censis quelle anime del limbo
  potranno ritrovare l’orgoglio dell’appartenenza alla più
  impercettibile delle istituzioni, ma anche quella che più spesso viene
  messa sotto alla mannaia del popolo che sbraita contro gli sprechi della
  politica.
 
 Di certo gli uomini di governo passati per Firenze hanno invece fatto a gara
  a confermare la necessità della loro esistenza. Da Chiti alla
  Lanzillotta da Nicolais a Baccini. Rutelli è persino andato a cena con
  tutti quanti assieme. Pecoraro Scanio poi ha battuto i colleghi per
  austerità; per parlare ai presidenti martedì mattina è
  venuto da Roma con l’Eurostar delle 9.45, anziché con l’auto blu. Un tema
  bollente quello degli sprechi e dei lussi. Non se ne parla apertamente, ma si
  sente nell’aria la voglia di mostrarsi rigorosi. Nel giardinetto fuori
  dell’Auditorium c’è una bella sfilata di macchinone con autista.
  Nessuno però ne rivendica il possesso, anzi sembrava che fossero
  lì per caso, tanto tutti ne giravano alla larga. Sembrava quasi che
  temessero solo di sfiorarle. Anche il catering dell’assemblea è stato
  frugale, tutto molto sul pane e finocchiona, guai se si dovesse dire che
  anche lì c’è stato il solito magna magna. «A me nessuno ha mai
  sbeffeggiato, nemmeno mi hanno messo nella casta dei privilegiati!» Per il
  presidente di Brescia Albero Cavalli è una questione di classe: «Voi
  urban people» avvertite la provincia solo come un costo, chi vive la metropoli
  ha l’acqua che gli esce dal rubinetto, non deve pensare a smaltire i rifiuti,
  non sente vicine le calamità idrogeologiche».
 
 Massimo Rossi, da Ascoli Piceno invece ci tiene a dire di essere stato il
  primo e unico presidente «rifondarolo». Infatti rompe la divisa blu
  d'ordinanza dove dal polsino candido spunta il braccialetto etnico con
  perline rasta. Come tanti suoi colleghi anche lui parla del «vasto
  territorio» e mi cita come esempio di intervento quella volta che un
  imprenditore locale, che riforniva la Findus, si accapigliò con
  qualcuno del posto. Così dirottò i suoi ordini verso altri
  fornitori fuori dal territorio. Fu la provincia in quel caso a mettere tutte
  le parti attorno a un tavolo per per ricostruire la locale filiera del pisello
  da surgelare. «Verso la provincia di solito ci si incazza di meno, diciamolo
  i comuni sono in prima linea rispetto al malcontento dei cittadini». Graziano
  Milia è presidente a Cagliari, si vede da come inalbera con orgoglio
  il distintivo dei quattro mori. «E’ un luogo comune, quando si parla di crisi
  della politica subito si dice sopprimiamo le province». Forse è
  così, anche se in Sardegna si sono moltiplicate, da quattro sono
  diventate otto.
 
 Il presidente di Siracusa Bruno Marziano mi prende da parte: «Se si abolisse
  la Provincia le assicuro che in Sicilia, non voglio dire che ci sarebbe una
  rivolta, ma la gente non la prenderebbe per niente bene». Mi spiega che dalle
  sue parti la Provincia è un po’ come «La mamma dei Comuni». Anche
  Sergio Reolon da Belluno fa orecchie da mercante a possibili critiche: «Forse
  vengo da un altro paese, ma dalle mie parti non ho mai sentito nulla di
  simile, il Piave è il fiume più sfruttato d’Europa, chi mai se
  ne è mai occupato se non la Provincia?»
 
 Patrizia Casagrande Esposito da Ancona è una delle sei donne
  presidente (le altre sono Trieste, Avellino, Reggio Emilia, Olbia-Tempio,
  Aquila.) Lei però non vuol sentir parlare di quote rosa e protesta a
  gran voce per il ricordino distribuito all’entrata: «E’ un orologio orribile,
  poi vede è solo da uomo!» Ma si vendicherà, oh se lo
  farà. Sta già organizzando la sua personale assemblea annuale
  tutta al femminile. Da lei a novembre per parlare di occupazione ha invitato
  «solo» 180 donne, tra elette e amministratrici provinciali, ma la sua arma
  segreta sarà proprio il gadget. Ha fatto mettere a punto una
  miracolosa crema per il corpo che ha come base l’olio extra vergine d’oliva
  di cui si fa vanto la sua Provincia. C’è il ramoscello d’ulivo sulla
  confezione, che apparirà mistica come un reliquiario. Lei l’ha
  già provata e pare sia portentosa. Non vede l’ora di passarla alle
  colleghe, Barbara Pollastrini ha assicurato la sua presenza, si farà
  oliare anche lei?
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