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 Il Corriere della Sera
  13-4-2008 Elezioni 2008 La storia Uova, fucili, sesso e calcio  Gaffe, contestazioni e
  «sparizioni»: il film della lunga sfida Gian Antonio Stella «Forza Roma»,
  «Avanti Lazio», «Lista del Grillo Parlante». Deciso ad essere eletto, er candidato presidente sor Nardinotti
  ha messo dentro tutto, nel depliant elettorale. Che je frega de la coerenza? Se si può essere insieme
  democratici e fascisti, liberisti e statalisti, laici e papalini, leghisti e
  meridionalisti, realisti e sognatori, populisti ed elitari si potrà
  ben tifare insieme giallorossi e biancazzurri! Il ragionamento, diciamolo,
  non fa una piega. Ed è il degno cesello, sia pure in una competizione
  secondaria quale le «provinciali » romane, di una campagna elettorale che ha
  offerto davvero di tutto. Compreso il sexy manifesto della vetusta pornostar
  Milly D’Abbraccio che, stampato in caratteri cubitali sopra un fondo schiena
  con corredo di collant a rete, guanti e paillettes, intima: «Basta con queste
  facce da c...». Il bello è che la campagna
  elettorale, nonostante i momenti di volgarità del giorno in cui era
  caduto il governo di sinistra, quando l’ultimo giapponese prodiano
  Nuccio Cusumano si era beccato uno sputo dal
  compagno di partito Tommaso Barbato mentre il nazional
  alleato Nino Strano gli urlava «sei un cesso! checca squallida!», era partita con toni da club
  britannico.  Col Cavaliere da una
  parte e il sempre-giovane Walter dall’altra che, la mano ripiegata sul fianco
  e un fazzolettino di lino alla cinta, si scambiavano sorridendo educati colpi
  di fioretto. E tutti a dire: ah, finalmente, che garbo, come in Europa!
  Macché... Se Veltroni ha cercato fino all’ultimo di restare fedele al ruolo
  scelto («Per quanto aspro e offensivo sarà il loro linguaggio
  elettorale, io non risponderò») fino a tirarsi addosso
  l’incitazione a essere più grintoso, Silvio Berlusconi ci ha
  messo poco a riprendersi la parte che più gli piace. Quella di
  domatore del «suo» popolo. Che eccita e incanta e provoca e incendia toccando
  tutte le corde che sa essere più sensibili. «Anche oggi Veltroni dice
  tre bugie ogni due righe: è la vecchia ricetta stalinista sempre
  valida nella sinistra». «Ha detto 43 menzogne in una sola trasmissione!» «Dovrei ricordare che Veltroni disse che Stalin è
  un benefattore dell’umanità e che il comunismo è un’utopia
  positiva? No, sono cose non vere e io non me la sento di dire bugie. Noi
  siamo i nuovi, non vecchi comunisti riciclati che ricordano quei negozi che
  falliscono e mettono fuori il cartello nuova gestione ».  Il leader
  democratico parlava di «Rimonta spettacolare»?
  Risposta del Cavaliere: «Spettacolare bugia!». Macché, Veltroni sempre
  diritto. Senza azzannare mai: «E’ stata la più bella campagna
  elettorale che mi sia capitato di fare, soprattutto per gli incontri diretti,
  i pranzi a casa delle famiglie». E via a baciare bambini, abbracciare
  disabili, consolare anziani, sorseggiare analcolici
  con George Clooney («Avremmo potuto parlare di cinema, ma abbiamo parlato di
  politica, del Darfur, del Tibet, dell’Africa. Ci
  siamo molto stimati...») per chiudere infine la
  campagna sul palco di Roma cantando con Jovanotti «Mi fido di te» in mezzo a
  un coro di artisti che l’ufficio stampa si è premurato di contare per
  diffondere la lista. Settantuno: Roberto Andò, Zeudi
  Araya, Francesca Archibugi, Pippo Baudo, Margherita
  Buy... Silvio Berlusconi giura da anni di avere fondato «il partito
  dell’amore »? Walter Veltroni quello dell’amicizia.
  Andrea Vantini, il nuovo menestrello del Cavaliere,
  lancia un nuovo inno («Ci hanno provato / scrittori e comici / Un gioco
  perverso / di chi ha già perso / Presidente questo è per te /
  Menomale che Silvio c’è») intitolato «A Silvio»?
  Un gruppo di milanesi risponde con un inno scanzonato imbastito sulle note di
  "Ymca" dei Village
  People con mamme, pargoli, giovani sorridenti: «Cantiamo tutti
  insieme / I am pd
  / I am pd / Senza Silvio
  ma / neanche Dini perché / una nuova stagione c’è / I’m Pd».  E un discolo
  sinistrorso completa la controffensiva con una parodia dell’inno forzista:
  «Certe notti si mangia pesante / la peperonata con le capesante...» Chiunque vinca, cosa resterà? Intanto, i
  vuoti. Come quello lasciato da Clemente Mastella, che ha visto di colpo
  sgretolarsi il suo campanile e dopo esse re stato affettuosamente omaggiato
  al momento di buttare giù il governo è stato scaricato con la
  qualifica di impresentabile e confida che a tornare indietro ci penserebbe
  «dieci volte». O quello lasciato da Michela Brambilla, la rossa salmonata che
  dopo essere stata pompata per mesi dal Cavaliere (si prendeva così sul
  serio da dire cose tipo «col mio pedigree nessuno può giudicarmi»)
  è scomparsa come aveva previsto Marcello Dell’Utri
  bollandola come «una sottomarca». O ancora quello lasciato da Alfonso
  Pecoraro Scanio e Oliviero Diliberto praticamente spariti alle spalle di un
  Fausto Bertinotti tornato a dilagare sugli schermi per comunicare il nuovo
  messaggio che fa inorridire il custode dell’ortodossia Marco Rizzo: «Quella
  comunista in futuro sarà soltanto una "tendenza culturale"
  all’interno della Sinistra arcobaleno».  Per
  non dire delle sedie vuote a Palermo per Gianfranco Fini, così
  irritato dal flop da spiegare a Fabrizio Roncone:
  «Allora, sia chiaro un punto: An è fortissima e il legame che i
  militanti hanno con me, beh, mi pare straordinario. Detto questo, ho ritenuto opportuno fare un
  passo indietro, lasciando che prevalesse l’interesse della patria». A costo
  di rimetterci: «Mediaticamente sì, non
  c’è alcun dubbio, ci ho rimesso. Sebbene io potrei
  stare tutti i giorni in prima pagina...». Resterà la campagna
  bellicosa di un Pierferdinando Casini mai visto prima, schieratissimo
  contro Veltroni ma più ancora contro il Cavaliere («ha una concezione
  padronale della politica») fino a usare parole mai sentite in bocca sua: «Fa schifo chi ha abbandonato Mastella dopo aver
  utilizzato i suoi servigi. Chi ritiene che Mastella sia la causa di tutti i
  guai del Paese non doveva firmargli dei fogli che gli garantivano la presenza
  in Parlamento di diversi parlamentari».  E poi resteranno il
  camerata pregiudicato Giuseppe Ciarrapico («’sta destra macchiata è ’na monnezza») ma più
  ancora la Danielita Santanché,
  versione fascio-cuneese di Evita e Isabelita e
  altre condottiere peroniste. Una che si vantava di portar a spasso il figlio,
  Lorenzino il Magnifichino, con una carrozzina da
  quattro milioni («Che c’entra? Era bella: se ne fosse costati dieci l’avrei presa lo stesso») ma chiama
  a raccolta la plebe contro i politici che «devono guadagnare non più
  di 1.200 euro al mese». Che sfida Berlusconi dicendo «è ossessionato
  da me, ma tanto non gliela do...». Che urla ai
  comizi: «Siiiiii!
  Rivendico di essere fascista se fascista vuol dire cacciare a pedate nel
  sedere gli irregolari e i clandestini!» Che gongola alle maschie battute del
  suo nero pigmalione Francesco Storace: «Meglio una
  destra figa che una destra fighetta...».  E resterà lo
  scambio di manganellate con la camerata Alessandra Mussolini: «Credo che suo
  nonno si rivolti nella tomba a vederla fare la valletta di chi come Fini ha
  definito il fascismo il male assoluto». Risposta: «Proprio stanotte ho
  sognato mio nonno Benito che mi ha detto cosa pensa di lei...».
  «Te lo rivelo io cosa ti ha detto tuo nonno... ». Immortali. E poi ancora la
  minaccia dei fucili di Umberto Bossi «contro la canaglia centralista
  italiana, romana» e le battute poco cavalleresche del Cavaliere sulle
  sostenitrici della «sezione menopausa» e l’opportunità di «candidare
  le babbione» e l’elogio dellutriano
  e berlusconiano al mafioso Vittorio Mangano che non avendo accusato loro come
  volevano i giudici «è un eroe, a modo suo». E l’assalto teppistico a
  Giuliano Ferrara con un lancio di uova che spinse Maurizio Crippa a un
  omaggio irresistibile: «Ovazioni». 13 aprile 2008 |