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 Il Corriere della
  Sera (22-3-2008) PARADOSSI ELETTORALI. Il finanziamento dei nanetti di Giovanni Sartori Sono in molti a non capire come mai anche i più nani dei nostri
  partitini si presentino ancora alle elezioni (per il Campidoglio, a Roma, i
  simboli sono 31!). Non si diceva che il coraggioso «andare da solo» di
  Veltroni, in parte imitato da Berlusconi, li avrebbe falciati? Già, si
  diceva. Se Prodi avesse, o avesse mai avuto, il fiuto politico di Berlusconi,
  l'ultimo atto del suo governo poteva essere di cancellare con decreto legge la orrenda normativa sul finanziamento dei partiti che ha
  alimentato la proliferazione di nanetti e addirittura micro-nanetti
  visibili solo con una lente di ingrandimento. Dopo tanti provvedimenti
  impopolari, sarebbe uscito di scena in bellezza con un atto altamente
  popolare. Invece Prodi si è dichiarato difensore dei partitini fino
  all'ultimo minuto, fino a quando il nanetto Mastella lo ha fatto cadere. E
  sì che Mastella lo preavvisava da mesi. Così anche questa
  partita è caduta su Veltroni, che chiaramente si trova ingorgato da
  troppi problemi. Che saranno aggravati, temo, dal suo reclutamento. Entro in
  parlamento, ha dichiarato la giovanissima e leggiadra Marianna Madia,
  capolista Pd nel Lazio, «forte della mia straordinaria.
  inesperienza politica». Se fosse una battuta,
  è difficile essere più spiritosi di così. Ma Marianna
  dice sul serio. Farà carriera. Come Robespierre, crede in tutto quello
  che dice. Sia come sia, sul punto Veltroni ha insediato un gruppo di lavoro
  presieduto dal suo costituzionalista «tuttofare» professor Ceccanti (tale perché si ritroverà, alla Camera,
  unico e solo). L'idea sarebbe «meno soldi pubblici, più soldi
  privati». Ma non è detto che l'idea sia buona. Il sempre richiamato
  esempio degli Stati Uniti è molto variegato. Ma per le elezioni
  presidenziali, che sono le più importanti, le limitazioni normative
  sono state di fatto cancellate dai Pac (Political Action Committees) che sono
  comitati privati e indipendenti che però «fiancheggiano » un candidato,
  e che sono liberi di combinarne di tutti i colori. L'altro modello è
  quello dei matching funds:
  le donazioni dei privati vengono pareggiate dallo Stato. In tal caso
  l'ipotesi divertente è che Berlusconi doni al suo partito 1 miliardo,
  obbligando il Tesoro a fare altrettanto. Ma l'eventualità più
  probabile, in Italia, è che i privati non donino abbastanza per tenere in piedi la baracca. Veniamo al finanziamento
  pubblico. Dopo il referendum del 1993 che lo aboliva i partiti hanno
  rimediato con il rimborso per ogni voto conseguito. Il principio è
  sensato. Ma siccome siamo in Italia è rapidamente degenerato in una
  pappatoria generalizzata. Oggi il rimborso va a tutti i nanetti che arrivano
  all'1 per cento del voto; e dunque a gruppi politici che per gli studiosi
  nemmeno si qualificano come partiti (visto che non riescono ad eleggere
  nessuno). E' questa pioggia benefica di soldi sprecati che foraggia la
  frammentazione e che la sostiene anche in questa elezione. Questa pappatoria,
  non è, beninteso, il solo scandalo che ci affligge sul finanziamento
  pubblico, ma è il primo da decapitare. 22 marzo 2008  |