|     Il Corriere della
  Sera 11-3-2008 Il primate di Spagna dopo
  la vittoria di Zapatero: difendere valori in pericolo non è ingerenza  Aldo
  Cazzullo   «Matrimonio,
  aborto, eutanasia: così condurrà il Paese al disastro» Il cardinale Antonio Cañizares: «Giusta la
  battaglia di Giuliano Ferrara»   TOLEDO -
  Prima di parlare, il cardinale Antonio Cañizares,
  primate di Spagna, arcivescovo di Toledo, ha piacere che si veda la sua
  cattedrale. «Qui è nata la Spagna. Nel 593,
  con la conversione del re visigoto Recadero. Anzi,
  Benedetto XVI mi ha detto che a Toledo è nata l’Europa, con l’incontro
  nel cattolicesimo tra tedeschi e latini, due secoli prima di Carlo Magno. Poi
  la chiesa fu distrutta e divenne moschea. Poi fu distrutta la moschea e fu
  ricostruita la chiesa…». Lo chiamano il piccolo Ratzinger, per i capelli
  candidi, il tratto cortese, la fermezza.  Cardinale, avete perso le elezioni? La vittoria di
  Zapatero è la sconfitta dei vescovi spagnoli? «No. Mi congratulo con Zapatero. Siamo pronti a
  collaborare con lui, purché si muova nel solco della Costituzione e persegua,
  come fa la Chiesa, il bene comune. Noi non siamo contro il governo. Certo, i
  conflitti con il potere costituito sono per la Chiesa una condizione storica».
  In Italia si pensa il contrario, al punto talora da identificare la Chiesa
  con il potere. «Forse, in passato. Oggi la Chiesa
  non è il potere, anche se può subirne la tentazione; ma in
  fondo anche Cristo fu tentato. E noi non cesseremo di reclamare contro alcune
  cose che il governo ha fatto o potrà fare».
 Lei ha parlato di una «rivoluzione culturale
  laicista» di Zapatero. Che cosa intende? Questa rivoluzione
  continuerà?«Sì, è in corso una rivoluzione
  culturale. Non solo in Spagna; in tutto l’Occidente. La denuncia Benedetto
  XVI, quando paventa la dittatura del relativismo. La Spagna rappresenta la
  punta più avanzata di questa rivoluzione, con
  le sue leggi “di genere”, che vanno ben oltre il femminismo tradizionale,
  questa sorta di lotta di classe tra uomo e donna. Il governo spagnolo ha
  varato leggi che negano l’evidenza della natura e della ragione, che affidano
  allo Stato la formazione morale dei giovani, che si propongono di fondare una
  nuova cultura su una concezione falsa della libertà».
 Una rivoluzione che ora continuerà. Cosa deve
  fare la Chiesa? «Quanto ha fatto finora. La sinistra parla di
  allargare i diritti. Ma i diritti non si creano in Parlamento. La Chiesa
  vuole collaborare a costruire una società di convivenza e di pace. Ma
  quale convivenza può esserci al di fuori del matrimonio tra un uomo e
  una donna? Quale convivenza può esserci se si intende eliminare Dio
  dalla vita sociale? Quale convivenza può esserci se si nega il diritto
  alla vita? Non abbiamo nulla da rimproverarci: sarebbe un tradimento se
  rinunciassimo a difendere la vita, dal concepimento alla morte naturale. Noi
  non siamo contro la democrazia, ma a favore; chi nega il diritto alla vita
  è contro la democrazia, e conduce la società al disastro. Noi
  difenderemo i valori in pericolo. E ci batteremo contro l’ampliamento della
  legge sull’aborto, e contro l’eutanasia».
 L’aborto in Italia è tornato nell’agenda
  politica. In Spagna la legge è più restrittiva che in Italia.
  Teme che Zapatero intenda cambiarla?«Ci sono a sinistra persone e gruppi che lo
  chiedono. Ma la Corte costituzionale ha riconosciuto i diritti del nascituro.
  Noi dobbiamo innanzitutto chiedere la piena applicazione della legge in
  vigore: sono convinto che molti dei centomila aborti che avvengono in Spagna
  ogni anno sarebbero evitati. Conosco la battaglia di
  Giuliano Ferrara per la moratoria, e vi aderisco. Per il futuro, mi
  batterò per l’abolizione dell’aborto. Che è il peggior degrado
  della storia dell’umanità».
 Zapatero è stato polemico con i vescovi in
  campagna elettorale. Che effetto le ha fatto?«Non l’ho capito. E tuttora, dopo il suo trionfo,
  continuo a non capirlo. Le sue aggressioni verbali si basavano su parole
  manipolate, come quelle del cardinale Rouco Varela, o riferite dai media in modo incompleto, come
  quelle del cardinale García Gasco. Comunque, non ho
  nulla contro la persona. Lui stesso ha detto di non voler ripetere gli
  errori. Prego per lui che imbocchi la strada giusta».
 Questo significa che può cominciare una nuova
  stagione nei rapporti tra governo e Chiesa?«Da parte nostra non esiste, non può esistere
  nessuna nuova stagione. In questi anni la Chiesa spagnola non ha compiuto un
  solo atto di ingerenza. Il cristianesimo è l’unica religione che
  separa fede e politica: a Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che
  è di Cesare. Di Dio sono la vita, la verità, l’uomo».
 La destra non ha fatto propria la battaglia
  culturale della Chiesa. Ora cosa dovrebbe fare, secondo lei, l’opposizione a
  Zapatero, in Parlamento e nella società? «Non mi permetto di dare indicazioni a un partito.
  Dico che il futuro della nostra società si gioca in una grande
  battaglia culturale, e che nessun cattolico, in qualunque partito militi,
  può disertare. Al contrario: il parlamentare, il medico, il docente
  universitario, ognuno deve fare la sua parte. E la Chiesa deve evangelizzare
  la Spagna. Noi non vogliamo essere fattore di divisione, ma del progresso
  autentico; non del progresso che rinchiude la ragione nel recinto della
  scienza».
 Il confronto tra Stato e Chiesa è un tema
  anche della campagna elettorale italiana. Qual è la differenza tra la
  Chiesa spagnola e la nostra? «La Chiesa italiana ha più spazio sui media.
  Quando ci fu il Family Day, tutti i giornali
  dedicarono più pagine alla manifestazione di piazza San Giovanni, emezza pagina a quella laicista di piazza Navona. In
  Spagna molti giornali avrebbero fatto il contrario. Da qui l’impressione che
  la Chiesa italiana sia più ascoltata. Ma guardi che anche in Spagna la
  gente ci sta a sentire. Quando mi incontrano in stazione o all’aeroporto, i
  passanti mi incoraggiano: “Don Antonio, avanti così!”. Quando il
  cardinale Rouco ha invitato i madrileni in piazza,
  sono venuti in due milioni. Finora c’è stato un deficit dei cattolici
  nella vita pubblica, ma le cose stanno cambiando, e il futuro sarà
  diverso».
 L’unità nazionale spagnola è in
  pericolo? «L’unità della Spagna è un bene morale
  che appartiene a tutti, e che tutti dovrebbero difendere. Ad esempio evitando
  qualsiasi trattativa, qualsiasi riconoscimento politico al terrorismo ».
 Che cosa pensa della legge sulla memoria? Non
  è forse giusto eliminare anche dalle chiese lapidi, iscrizioni,
  simboli del franchismo?«È una legge non necessaria. Le sofferenze
  del passato si possono riparare in altri modi. E molte sono già state
  riparate. Fare una legge significa rievocare e rinfocolare le divisioni tra
  di noi. Abbiamo invece bisogno di più riconciliazione, di più
  unità. La vera legge per la memoria è la Costituzione del 1978;
  lì c’è già tutto; il di più è inutile o
  dannoso».
 11 marzo 2008
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