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Documento d’interesse   Inserito il 16-1-2009


 

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DOSSIER 1968 – 2008

 

 

La Repubblica — 15 gennaio 2009

 

Lo strano asse Parigi-Rio

 

FRANCESCO MERLO

 

Per il governo brasiliano Cesare Battisti è un incrocio di Simon Bolivar e del giudice Falcone. Battisti, che non è l' irredentista della prima guerra mondiale ma l' omicida giustiziere di quello squadrone della morte che negli anni Settanta si faceva chiamare Pac (Proletari armati per il comunismo), non sarà estradato. Il ministro Genro dice che in Italia potrebbe essere eliminato - pensate! - dalla Cia o dalla mafia, o meglio ancora da tutte e due insieme. Ecco: sembra un delirio, ma è proprio così che il ministro ha detto. Dunque il governo che fa capo a Lula sostiene che l' Italia, controllata dagli yankees di Guantanamo e gestita dai mafiosi stragisti, perseguita "lo scrittore Cesare Battisti", il quale per la verità nel 1976 e nel 1978 non ha ammazzato capi di Stato scortati con kalashnikov e auto blindate ma povera gente per bene, come siamo noi, come sono i nostri vicini di pianerottolo, com' erano appunto i poliziotti Antonio Santoro e Andrea Campagna, com' erano il macellaio Lino Sabbadin e l' orefice Pierluigi Torregiani, il cui figlio è rimasto paralizzato a vita, a monumento della lotta di liberazione dello sparatore Cesare Battisti.. Se l' estradizione di Battisti fosse stata negata dalla Francia ci saremmo rammaricati e probabilmente anche indignati, ma ne avremmo capito le ragioni. Non condivise, ma capite. Il Brasile invece, che è geniale nel calcio e nella tostatura del caffè, ha un basso tasso di civiltà giuridica. Ed è probabilmente per questo che ha negato l' estradizione verso l' Italia di un terrorista condannato per ben quattro omicidi, perché in Brasile l' idea che il terrorismo sia politica è un' idea nobile, è un' idea giuridica. Nel senso che il farsi giustizia con le armi è politica sociale nel paese dei ladruncoli ammazzati per strada dagli assassini organizzati, dagli squadroni della morte. La Francia, dicevamo, può permettersi anche di sbagliare per eccesso di illuminismo e di dare dunque asilo, come purtroppo ha fatto e fa, a brigatisti italiani, a mandanti che si spacciano per perseguitati, agli opinionisti di terrorismo. Ma il governo del Brasile non sbaglia. Più semplicemente ammira Battisti perché nel paese del samba il Diritto è ancora un pasticcio culturale e nel mondo del carnevale c' è una sorta di complicità ideale con tutti i Battisti del mondo, con i terroristi, con i giustizieri. Lula, che pure due mesi fa è stato ricevuto da Berlusconi, deve avere pensato che l' Italia è una repubblichetta latino europea come la sua è latino americana. Anzi, probabilmente Lula crede che tutto il mondo sia fatto di staterelli in bilico tra populismo e dittatura militare. Perciò, nel caso specifico, si inventa addirittura che Battisti è un nemico della Cia e della mafia, una specie di Che Guevara che voleva cambiare gli uomini uccidendo gli uomini secondo la mitologia marxista e rivoluzionaria dei ribelli che hanno col fucile un rapporto leale e uccidono ad armi pari i nemici del popolo. Ebbene, non è stato così per nessun terrorista italiano degli anni settanta. E meno che mai per Battisti. Erano banditi che sparavano alle spalle e alla nuca. Come i mafiosi. E appartengono non alla storia della politica, ma alla criminologia di un Paese che li ha processati nel rispetto delle garanzie e con una generosità giuridica che il Brasile neppure si sogna. Ma diciamo anche che un po' di colpa ce l' ha proprio la Francia, dove Battisti ha goduto e gode di simpatie politiche, culturali, giornalistiche e persino istituzionali (basti per tutti, il sindaco di Parigi Bertrand Delanoe). Nel paese di Voltaire, di Sartre, di Aron, di De Gaulle e di Mitterrand, alcuni intellettuali, in nome della grande tradizione di tolleranza e di libertà, giocano d' azzardo con i Battisti di tutto il mondo e permettono persino al Brasile di sostenere che negli anni settanta in Italia i terroristi non erano mostri assassini ma romantici sognatori, e che c' era una grandezza nascosta in loro, come un fiore nel corpo di una iena, perché il vero mostro stava e ancora sta altrove, nel sottofondo dello Stato italiano repressore. Insomma le castronerie brasiliane trovano in Francia una sponda nobile, la parvenza di una dignità. Al punto che il ministro di una improbabile Ingiustizia brasiliana si erge a Giustiniano e condanna la civile Giustizia italiana. Ecco, se noi ora volessimo trattare il Brasile come il Brasile tratta l' Italia diremmo che il Brasile della ferocia populista, delle favelas e dei ninos trucidati sui marciapiedi, è un grande paese pieno di Battisti. -