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Articoli dal 6 all’8 febbraio 2008

Articoli dal 2 al 5 febbraio 2008 zip

Articoli del 1°-2-2008

Articoli dal 29 al 31 gennaio 2008

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Articoli del 27-1-2008

Articoli del 26-1-2008

Articoli del 24 e 25 gennaio 2008

Articoli dal 18 al 23 gennaio 2008

Articoli dal 13 al 17 gennaio 2008

 

ARCHIVIO GENERALE DEL DOSSIER

 

 

ARTICOLI DEL 1°-2-2008

Winograd: Israele ha perso un'occasione. Ma Olmert è assolto ( da "EUROPA.it" del 01-02-2008)

La mia scelta di pace con la doppia cittadinanza - daniel barenboim ( da "Repubblica, La" del 01-02-2008)

Lo scontro tra palestinesi e israeliani nelle parole e immagini di bakri - emanuela giampaoli ( da "Repubblica, La" del 01-02-2008)

Il levantino : quando Ambler profetizzò l'Armaggedon in Medio Oriente ( da "Unita, L'" del 01-02-2008)

Ebrei, diritto alla normalità ( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

Festeggiare con Israele Ma che cosa? ( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

"Quale futuro per la Palestina?" Se ne discute l'1 ( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ ( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

Rapporto sconfortante di Human Rights Watch USA e Europa colpevoli ( da "Voce d'Italia, La" del 01-02-2008)

Amnesty boccia il rapporto Winograd ( da "Manifesto, Il" del 01-02-2008)

Usa e Ue complici dei violatori , Hrw ( da "Manifesto, Il" del 01-02-2008)

IL CAIRO - L'Egitto ha condannato con molta asprezza Hamas per la violazione una settimana fa della ( da "Messaggero, Il" del 01-02-2008)

Uso strumentale degli intellettuali ( da "Corriere della Sera" del 01-02-2008)

Meshaal: <Gilat Shalit sta bene> ( da "Corriere della Sera" del 01-02-2008)

Così Olmert è sopravvissuto alla guerra ( da "Giornale.it, Il" del 01-02-2008)

Un infermiere confessa: "Ho abusato di cento pazienti" ( da "Quotidiano.net" del 01-02-2008)

Il passo indietro del Cardinal Martini ( da "Opinione, L'" del 01-02-2008)

New York nostro inviato A passi decisi verso il super martedì. L'uomo del momento è il senatore repubblicano McCain, che dopo aver incassato l'appoggio di Rudy Giuliani si può freg ( da "Liberazione" del 01-02-2008)

Un infermiere confessa: "Ho abusato di cento pazienti" ( da "Quotidiano.net" del 01-02-2008)


Articoli

Winograd: Israele ha perso un'occasione. Ma Olmert è assolto (sezione: Israele/Palestina)

( da "EUROPA.it" del 01-02-2008)

 

REPORT SULLA GUERRA IN LIBANO Winograd: Israele ha perso un'occasione. Ma Olmert è assolto MAURIZIO DEBANNE La guerra contro Hezbollah è stata "una occasione mancata" poiché si è chiusa "senza la vittoria" di Israele a causa della "mancanza di una strategia chiara". Queste le conclusioni a cui è arrivata, dopo diciotto mesi di lavoro, la commissione di inchiesta Winograd sulla conduzione della guerra in Libano dell'estate del 2006, in cui sono morti 119 soldati, 44 civili israeliani e circa 1200 libanesi, in gran parte civili. Il rapporto finale, di 500 pagine, accerta "gravi mancanze al più alto livello politico e militare" nella gestione del conflitto perché "una organizzazione paramilitare (gli Hezbollah, ndr) ha potuto resistere per settimane al più potente esercito del Medio Oriente". "I loro razzi hanno continuato a colpire il nostro territorio durante tutta la guerra " senza che si riuscisse a fermarli, ha dichiarato il giudice Eliahu Winograd nella attesa conferenza stampa di ieri pomeriggio, in cui è stato diffuso il rapporto. Nel documento viene però definita "ragionevole" la decisione di Olmert di intraprendere un'offensiva nella fase finale del conflitto, costata la vita di molti soldati, tra cui Uri Grossman, figlio del noto scrittore David Grossman. La commissione scagiona così, su questa delicata questione, il premier israeliano, definendo questo attacco "quasi necessario" e dagli "obiettivi legittimi ", nonostante le Nazioni Unite avessero già annunciato l'inizio del cessate il fuoco. Le conclusioni della commissione hanno "soddisfatto " i collaboratori di Olmert, secondo quanto rivelato dal quotidiano Haaretz. Le ultime ore prima della pubblicazione del rapporto sono state comunque per il premier israeliano, meno turbolente del previsto. In mattinata, infatti, Olmert aveva incassato l'appoggio preventivo e incondizionato del suo partito, Kadima. "Lo stato di Israele pagherebbe un caro prezzo se si andasse alle elezioni anticipato", ha dichiarato il ministro delle finanze Ronnie Bar-On. Anche il ministro per l'edilizia Ze'ev Boim sprona il premier ad andare avanti: "Tutti dicono che Olmert deve prendersi le sue responsabilità. Solo continuando a governare lo farà". Di diverso avviso sembrano essere però i cittadini israeliani. Secondo un sondaggio condotto da un canale commerciale della tv israeliana, il 58 per cento di loro vuole che Olmert lasci. Consapevole dei rischi che corre, il premier israeliano ha cercato in questi ultimi mesi di ampliare la maggioranza in parlamento e di far avanzare il processo di pace. Allo stesso tempo ha usato il pugno di ferro a Gaza e lanciato pesanti avvertimenti all'Iran. Due giorni fa, visitando la divisione Gaza dell'esercito, ha infatti annunciato un incremento di 27 miliardi di dollari nel budget della difesa per i prossimi dieci anni. Con il premier, in visita ai soldati, c'era il ministro della difesa e leader laburista Ehud Barak, l'ago della bilancia nel destino di Olmert. Senza il partito laburista, il premier perderebbe infatti la maggioranza alla Knesset. Lo scorso anno Barak aveva promesso, durante le primarie dei laburisti, che dopo la pubblicazione del rapporto Winograd si sarebbe impegnato per sostituire Olmert o per chiedere elezioni anticipate. Ora Barak non è più convinto che quella sia la strada giusta da percorrere poiché, ha spiegato ai suoi colleghi di partito, l'avvenuta ripresa del negoziato con i palestinesi richiede la partecipazione del premier e la stabilità dell'esecutivo in carica. La maggioranza parlamentare, nelle ultime settimane si è però ristretta, a causa dell'uscita dal governo del partito di estrema destra Yisrael Beitenu che si oppone all'inserimento dello status di Gerusalemme e di altre questioni centrali nei negoziati con i palestinesi. Il futuro politico di Olmert resta così incerto. Per sua fortuna il leader di Kadima non ha per il momento un avversario, se non il leader del Likud Netanyahu, visto però come fumo negli occhi dalla stragrande maggioranza del parlamento. Nell'ombra si prepara però il ministro degli esteri, Tzipi Livni. Nelle ultime settimane l'ex dirigente del Mossad si è lasciata fotografare con i soldati al fronte in pose degne del vero successore di Ariel Sharon.

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La mia scelta di pace con la doppia cittadinanza - daniel barenboim (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 01-02-2008)

 

Cultura La mia scelta di pace con la doppia cittadinanza DANIEL BARENBOIM Desideravano che io crescessi sentendomi parte di una maggioranza, una maggioranza ebraica. La tragedia insita in tutto ciò è che la mia generazione ? quantunque sia stata educata in una società i cui aspetti positivi e i cui valori umani hanno sommamente arricchito il mio pensiero ? ha ignorato l'esistenza di una minoranza dentro Israele stesso, una minoranza non-ebraica, che prima della creazione dello Stato di Israele nel 1948 aveva rappresentato la maggioranza in tutta la Palestina. Una parte della popolazione non-ebraica era rimasta in Israele; gli altri erano stati tenuti fuori per paura o trasferiti con la forza. Nel conflitto israelo-palestinese c'era e c'è tuttora un'incapacità precisa ad ammettere l'interdipendenza delle loro diverse opinioni. La creazione dello Stato di Israele nacque da un'idea ebraico-europea, e se deve proiettare la propria idea di fondo nel futuro, deve accettare l'identità palestinese come un'idea di fondo altrettanto valida. è impossibile non tener conto dello sviluppo demografico: i palestinesi in Israele sono un minoranza, ma una minoranza in rapida espansione e la loro voce deve essere ascoltata, oggi più che mai. Attualmente i palestinesi rappresentano il 22 per cento circa della popolazione di Israele: si tratta di una percentuale che supera quella della minoranza ebraica in qualsiasi Paese e in qualsiasi periodo storico. Il numero complessivo dei palestinesi che vivono in Israele e nei Territori occupati (quella che per gli israeliani è il "Grande Israele" e per i palestinesi la "Grande Palestina") già ora è superiore alla popolazione ebraica. In questo periodo Israele è alle prese con tre problemi a uno stesso tempo: la natura dello Stato ebraico moderno democratico, ovvero la sua stessa identità; il problema dell'identità palestinese nell'ambito di Israele; e il problema della creazione di uno Stato palestinese fuori da Israele. Con Giordania ed Egitto fu possibile raggiungere quella che al meglio è definibile una pace gelida, senza mettere in discussione l'esistenza di Israele come Stato ebraico. Il problema dei palestinesi all'interno di Israele, tuttavia, è molto più complesso da risolvere, sia sul piano teorico sia sul piano pratico. Per Israele, oltre a molte altre cose, significa venire a patti col fatto che la terra non era disabitata o vuota, non era una "terra senza popolo", un'idea divulgata all'epoca della sua creazione. Per i palestinesi, significa accettare il fatto che Israele è uno Stato ebraico ed è lì per restarci. Gli israeliani, con tutto ciò, devono accettare l'integrazione della minoranza palestinese, anche se questo significasse dover cambiare taluni aspetti della natura di Israele; devono altresì accettare le motivazioni e la necessità di fondo della creazione di uno Stato palestinese adiacente allo Stato di Israele. Non soltanto non vi è alternativa, né vi è una bacchetta magica che possa far scomparire i palestinesi, ma oltretutto la loro integrazione è una condizione imprescindibile ? su presupposti di ordine morale, sociale e politico ? per la sopravvivenza stessa di Israele. Quanto più a lungo durerà l'occupazione e quanto più a lungo rimarrà irrisolta l'insoddisfazione dei palestinesi, tanto più difficile sarà trovare un terreno comune di intesa anche solo elementare. Troppo spesso abbiamo già visto nella storia moderna del Medio Oriente che le opportunità di riconciliazione mancate hanno avuto risultati estremamente sfavorevoli per entrambe le parti in causa. Da parte mia, quando mi è stato offerto il passaporto palestinese, l'ho accettato nell'ottica di un segno di riconoscimento per il destino palestinese che io, in quanto israeliano, ho in comune con loro. Un vero cittadino di Israele deve aiutare il popolo palestinese con disponibilità, e quanto meno nel tentativo di comprendere che cosa ha rappresentato per loro la creazione dello Stato di Israele. Il 15 maggio 1948 per gli ebrei è il giorno dell'Indipendenza, ma quello stesso giorno per i palestinesi è Al Nakba, il giorno della Catastrofe. Un vero cittadino di Israele deve chiedersi che cosa hanno fatto gli ebrei ? noti per essere un popolo di cultura ed erudizione ? per condividere il loro patrimonio culturale con i palestinesi. Un vero cittadino di Israele deve chiedersi perché i palestinesi siano condannati a vivere in baraccopoli e ad accettare standard inferiori di educazione e di assistenza medica, invece di ricevere dalle forze occupanti condizioni di vita decorose, dignitose e vivibili, diritto comune a tutti gli esseri umani. In qualsiasi territorio occupato, infatti, l'occupante è responsabile della qualità della vita dell'occupato, e nel caso dei palestinesi i governi israeliani che si sono avvicendati negli ultimi 40 anni hanno miseramente fallito. I palestinesi naturalmente devono continuare a opporre resistenza all'occupazione e a qualsiasi tentativo di negare loro uno Stato e che le esigenze di base dell'individuo siano soddisfatte. Tuttavia, per il loro stesso bene, questa loro resistenza non deve assolutamente esprimersi per mezzo della violenza. Valicare il confine che esiste tra una resistenza risoluta (e che si esprima anche con proteste e dimostrazioni non violente) e la violenza vera e propria significa soltanto causare un numero maggiore di vittime innocenti, senza per altro servire gli interessi a lungo termine del popolo palestinese. Al contempo, i cittadini di Israele hanno altrettanti validi motivi per essere vigili nei confronti delle esigenze e dei diritti del popolo palestinese (sia dentro sia fuori il territorio di Israele), tanto quanto lo sono nei confronti di quelli del loro stesso popolo. Tutto considerato, visto che condividiamo una stessa terra e un comune destino, dovremmo possedere tutti la doppia cittadinanza. Traduzione di Anna Bissanti.

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Lo scontro tra palestinesi e israeliani nelle parole e immagini di bakri - emanuela giampaoli (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 01-02-2008)

 

Pagina XXII - Bologna CINEINCONTRI Lo scontro tra palestinesi e israeliani nelle parole e immagini di Bakri EMANUELA GIAMPAOLI Oggi doppio appuntamento organizzato dalla Cineteca Comunale al cinema Lumière (Via azzo Gardino 65) con l'attore e regista arabo-israeliano Mohammed Bakri autore del documentario "Jenin, Jenin" (ore 18) e interprete del film "Private" di Saverio Costanzo. L'opera documentaristica, il cui produttore è stato assassinato, racconta attraverso le testimonianze dei sopravvissuti l'incursione delle Forze di Difesa israeliane nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania che si è protratto per undici giorni - dal 2 al 19 aprile 2002 - lasciando sul campo 600 morti e un paese dove al posto delle case sono rimaste rovine. Al termine della proiezione Bakri, da anni attivo per la causa del popolo palestinese, incontrerà gli spettatori. Alla crisi mediorientale è dedicato anche "Private"; basato su un fatto realmente accaduto, la pellicola narra la convivenza forzata tra militari israeliani e una famiglia palestinese. Al centro della storia la famiglia B., la cui casa si trova a metà strada tra gli insediamenti israeliani e un villaggio arabo a cui, dopo uno scontro a fuoco, l'esercito israeliano occupa il secondo piano dell'abitazione. Ma la famiglia si rifiuta di lasciare la propria casa.

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Il levantino : quando Ambler profetizzò l'Armaggedon in Medio Oriente (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 01-02-2008)

 

Stai consultando l'edizione del THRILLER Torna il celebre romanzo del maestro di "spy story". Scritto all'inizio dei 70, preconizzò il rischio nucleare nel teatro del conflitto tra Israele e Palestina "Il levantino": quando Ambler profetizzò l'Armaggedon in Medio Oriente di Enzo Verrengia La lezione di Eric Ambler attraversa l'intera letteratura di spionaggio. Ian Fleming fa leggere i suoi romanzi a James Bond. John Le Carré, Len Deighton e Frederick Forsyth non avrebbero mai saputo esplorare con tanta raffinatezza d'intreccio i retroscena della diplomazia se non li avesse istradati Ambler. Un inglese, al pari di Conrad e Kipling. Per tutti loro, la visione dei maneggi internazionali scaturisce dall'estensione dell'Impero Britannico. Infatti lo studioso francese Gabriel Veraldi definisce l'intrigo spionistico "un quasi monopolio anglosassone a prevalenza britannica". Eric Ambler anticipò la seconda guerra mondiale, la successiva suddivisione del mondo in blocchi e i contenziosi insolubili che si trascinano nelle aree non pacificate. Riecco dunque Il levantino (Adelphi, pagine 280, euro 11,00, traduzione di Franco Salvatorelli), dove si preconizza nel 1972 il rischio nucleare nel teatro del conflitto fra israeliani e palestinesi. L'occasione viene dai maneggi di Michael Howell, anglocipriota, erede di un'impresa familiare, l'Agence Commerciale et Maritime Howell, ben posizionata sullo scacchiere del Golfo. Ambler passa le voci della narrazione da Lewis Prescott, corrispondente della Post-Tribune, allo stesso affarista cui è dedicato il titolo, salvo una parentesi per Teresa, la segretaria italiana e amante del Levantino. Il quale dice di sé: "Gli incroci, i bastardi, sono a volte più intelligenti dei loro cugini di razza pura". C'è bisogno di tanta autostima per barcamenarsi in Siria, Paese che ospita i principali interessi di Howell e nel contempo appoggia l'estremismo palestinese. Quest'ultimo s'incarna nella figura di Salah Ghaled, distaccatosi dall'OLP quando Arafat ha accennato alla moderazione e alla mediazione con Israele. Più bandito che guerrigliero, l'uomo infiltra il chimico Issa in una fabbrica di batterie posseduta da Howell in comproprietà con il governo di Damasco. Si comprende allora che il levantino, per la brama di condurre affari nel Medio Oriente, finisca nella scomodissima posizione di fornire mezzi e infrastrutture per compiere massacri. Lo schema della partita è tortuoso. Salah Ghaled non ha bisogno soltanto degli impianti industriali di Howell. Gli occorre qualcuno che diffonda la sua oratoria irredentista. Lewis Prescott, il corrispondente della Post-Tribune, è avvicinato dall'avvenente ed elusiva Melanie Hammad, una libanese che passa con disinvoltura dalle sfilate di moda parigine alla cura delle pubbliche relazioni di Ghaled. La donna propone al giornalista americano un'intervista in esclusiva con il palestinese sulle alture dell'entroterra libanese, agli albori di una crisi che precipiterà la terra dei cedri nella guerra civile degli anni '70 e '80, con la recrudescenza dell'estate 2006. In Il levantino risalta appieno l'inadeguatezza occidentale rispetto alla necessità di comporre la frattura israelo-palestinese e nel contempo sviscerare le contraddizioni che affliggono tutti gli schieramenti coinvolti. Specialmente oggi, dopo la morte di Arafat, quando la leadership palestinese non ancora trova un'unità d'intenti. Incognite geopolitiche alle latitudini di levante ben chiare già dall'anno di uscita del romanzo. Si resta agghiacciati nel leggere un'ironica domanda di Lewis Prescott lanciata durante l'intervista al capo guerrrigliero palestinese: "Crede davvero che la distruzione e lo smembramento dello Stato d'Israele, posto che sia desiderabile, sia ancora possibile senza una terza e finale guerra mondiale?". Straordinario che Ambler lo scriva all'inizio degli anni '70, quando si temeva l'Armageddon per uno scontro ben più titanico, quello che opponeva gli USA all'URSS. Solamente con un'intuizione ai confini della preveggenza l'autore poteva avvertire i pericoli in serbo dopo la caduta della Cortina di Ferro. Il riacutizzarsi di altri conflitti, mai estinti e destinati, anzi, ad accrescere i rischi globali. Come quello che incombe durante l'irripetibile sequenza finale de Il levantino, autentico presagio del terrorismo apocalittico avveratosi l'11 settembre 2001. Eric Ambler non era un politico né un agente segreto. Lavorava nella pubblicità, nel giornalismo, nel cinema e nella televisione. Però possedeva l'intelligenza per vedere al di là dell'immediato. Morì nel 1998, prima che il XXI secolo desse una tragica conferma alle sue intuizioni.

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Ebrei, diritto alla normalità (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

 

Ugo Volli Ebrei, diritto alla normalità L'invito di Israele come ospite d'onore alla prossima Fiera del Libro ha provocato una serie non solo di chiamate al boicottaggio, ma anche di prese di distanza quasi altrettanto ambigue e sgradevoli. Si dice che per principio i boicottaggi culturali non vanno mai fatti, anche se certamente, come ha scritto Parlato sul Manifesto "i Palestinesi sono i nuovi ebrei" del Medio Oriente (e si può facilmente indovinare chi siano i nazisti che li opprimono) oppure che bisogna approfittare dell'occasione per intentare un processo a Israele a proposito delle "colonie", del muro di separazione, dell'"assedio" a Gaza, o delle case palestinesi abbattute, come ha fatto De Luna sulla Stampa di mercoledì. Quel che si nega in questo modo a Israele è la normalità della separazione fra politica e cultura, la responsabilità personale delle posizioni politiche assunte da ciascuno, la distinzione fra politiche contingenti e identità collettiva. In gioco viene messa la legittimità dell'esistenza stessa dello stato di Israele e di tutto ciò che ne proviene. Come ha scritto per esempio Alessandra Mecozzi, responsabile ufficio internazionale della Fiom, "il diritto all'esistenza" di Israele "storicamente legato alla tragedia dello sterminio nazifascista degli ebrei" va però condizionato a una serie di adempimenti come il rispetto dei diritti del popolo palestinese, evidentemente non soddisfatte. Di qui la scelta di un boicottaggio che manifesti l'indegnità di Israele a sedere nel consesso delle nazioni, o almeno di un processo che lo metta sub judice. Il che non si fa naturalmente per Stati che hanno politiche altrettanto discutibili e discusse (la Cina in Tibet, la Russia in Cecenia, la Turchia in Kurdistan, il Marocco nel Sahara occidentale, il Sudan, l'Iran, la Siria e la Libia nei confronti dei loro cittadini): essi magari sbagliano, compiono atrocità e ingiustizie, ma hanno "diritto di esistere", non sono paria fra le nazioni. Israele è sottoposto da molte parti e dichiaratamente a una guerra di annientamento, ma non deve difendersi, non deve rispondere a chi lo colpisce. Se lo fa, perde il suo problematico "diritto all'esistenza". Poco importa che se non lo fa, perde la sua esistenza o quella dei suoi cittadini. Non sono problemi nostri. Per chi abbia memoria storica, queste posizioni si pongono in continuità con altre negazioni di normalità e altri boicottaggi, processi e discriminazioni. Prima della Shoà ci furono le leggi razziali fasciste e la Notte dei Cristalli (di entrambe ricorre quest'anno il settantesimo anniversario): intese a boicottare le attività ebraiche e a emarginare gli ebrei, indegni di far parte della nazione in quanto avari, immorali, rivoluzionari ecc. Prima d'allora, per secoli, vi furono ghetti, mestieri proibiti, processi, espulsioni. Israele oggi, da una parte di molti, continua ad essere trattata come lo sono stati per secoli gli ebrei e per la stessa ragione: il rifiuto di accettarne la normalità, l'idea di una colpa oscura ereditata dall'origine e irrimediabile fino a qualche "soluzione finale".

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Festeggiare con Israele Ma che cosa? (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

 

Polemica Perché dico no a Torino e alla sua iniziativa Festeggiare con Israele Ma che cosa? "La Fiera del Libro ci ripensi: ha compiuto una gaffe politica" SUAD AMIRY Quand'ero piccola mio padre ha fatto in modo che io, le mie due sorelle e mio fratello imparassimo a distinguere tra un ebreo e l'altro: c'erano gli ebrei che il nazismo aveva trasformato nelle sue principali vittime e c'erano i coloni israeliani che occupavano il mio paese. Mi lasciano tuttora stupefatta la confusione "intenzionale" e il conseguente ricatto emotivo per cui qualsiasi critica nei confronti dell'occupante è spudoratamente e di proposito presa per antisemitismo. Da brava figlia di mio padre, ho imparato anche a non lasciarmi intimidire. Invitando Israele come "Paese ospite d'onore" in occasione del sessantesimo anniversario della sua indipendenza, la Fiera del Libro di Torino 2008 è sfortunatamente partita con il piede sbagliato. Mi domando se l'indipendenza dello Stato di Israele, o l'indipendenza di qualsiasi altro Stato, vada considerata un evento politico o un evento culturale. Perché dunque un'organizzazione culturale illustre e stimata come la Fiera del Libro dovrebbe fare l'errore di infilarsi - imponendo di fare altrettanto a scrittori, politici, partiti, editori e l'intero pubblico - in un arroventato dibattito politico, e sentirsi obbligata a prendere posizione su quello che a me non sembra affatto un evento culturale, bensì un avvenimento politico spinoso e controverso. Non siamo tutti consapevoli che il "sessantesimo anniversario dell'indipendenza di Israele" è anche il sessantesimo anniversario della Nakba (catastrofe) per i palestinesi? Nel 1948, sessant'anni fa, Israele cacciò circa 850.000 palestinesi dalla loro terra e la mia famiglia, originaria di Jaffa, ebbe la sorte di essere tra loro. E ci si aspetta che mi unisca ai festeggiamenti per il giorno dell'indipendenza di Israele? L'invito a celebrare l'indipendenza di Israele e non a commemorare la Nakba palestinese è stato, da parte degli organizzatori della Fiera del Libro, un gesto infelice. Che reazione al "dialogo culturale" avrebbero avuto gli scrittori israeliani, se fossero stati invitati a una fiera del libro intitolata ai "sessant'anni della Nakba palestinese"? Si sarebbero, a differenza di noi, dimostrati disponibili? Naturalmente avrei anche potuto suggerire alla Fiera del Libro di essere imparziale e di invitare noi palestinesi a celebrare a nostra volta il "giorno dell'indipendenza" che sogniamo. Purtroppo però, e come risultato di quarant'anni di occupazione israeliana e dell'appoggio che Israele continua a ricevere grazie alla celebrazione della sua indipendenza, quel giorno non vedrà la luce. Non a breve. La Fiera del libro non si è limitata a scegliere come ospite d'onore l'occupante, ma ha invitato l'occupato (persone come me) a partecipare alla celebrazione del giorno della sua indipendenza. Come se non bastasse siamo stati ingiustamente accusati di essere "contro la cultura" e "contro il dialogo". Infine voglio dire la mia sull'espressione "ospite d'onore". Per l'amor del cielo, ma di quale onore stiamo parlando? Accendete la tv e date un'occhiata a quel che l'ospite d'onore sta facendo nella Striscia di Gaza: "boicotta" cibo e combustibile (oggi a Ramallah nevica) per un milione e mezzo di civili palestinesi. È questo l'ospite d'onore che la fiera vuole? E qual è l'Israele di cui si celebra l'indipendenza? L'Israele del piano di partizione approvato dalle Nazioni Unite nel 1947 (che sarei lieta di celebrare con voi, perché allora ci sarebbe anche uno Stato palestinese) o l'Israele che ha occupato altra terra durante la sua "Guerra di indipendenza" del 1948? Oppure il Grande Israele che include anche la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, occupate nel 1967, e da cui ha finora rifiutato di ritirarsi? Purtroppo gli organizzatori della Fiera del Libro sono, di proposito o nel migliore dei casi per sbaglio, partiti col piede sinistro, mettendo se stessi e gli altri (scrittori, case editrici e pubblico) in una posizione politica molto difficile e polarizzata. Se il loro è stato un "errore" involontario, hanno ancora quattro mesi per ripensarci, se non per scusarsi. Mio padre ci diceva sempre: "Meglio chiedere scusa per l'errore fatto che continuare a fare bestialità". Colgo l'occasione per ringraziare tutti gli scrittori e gli intellettuali israeliani che hanno declinato l'invito. Perché la divisione non è tra arabi e ebrei, ma tra chi dice "basta con l'occupazione", e in Israele sono in molti, e chi vocifera sull'argomento, e in Europa sono in tanti a farlo. Invito una delle più stimate fiere del libro d'Italia e del mondo a essere abbastanza coraggiosa da lasciar perdere tutto, "Indipendenza" e "Nakba", e celebrare un'autentica attività culturale di cui tutti possiamo fare parte. Quest'anno non c'è bisogno di ospiti d'onore. (Traduzione di Maria Nadotti).

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"Quale futuro per la Palestina?" Se ne discute l'1 (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

 

ALL'AVOGADRO "Quale futuro per la Palestina?" Se ne discute l'1 Jamil Hilal da Ramallah è un apprezzato sociologo palestinese. Ha coordinato e diretto ricerche su povertà, sottosviluppo e stato sociale in Palestina, pubblicando tra l'altro numerosi articoli e svariati libri sulla questione mediorientale. Ora è in Italia per presentare il volume da lui curato "Palestina quale futuro? La fine della soluzione dei due stati" (Jaca Book 2007). Il primo appuntamento sarà venerdì 1 febbraio alle 20,15 nell'Aula Magna dell'Istituto Avogadro, via Rossini 18. Ne seguiranno altri a Milano, Varese e Roma. L'incontro torinese, che vedrà anche la partecipazione di Gianni Vattimo, si annuncia particolarmente "caldo" perché cade in un momento delicato. Gli organizzatori della Fiera del Libro 2008 hanno invitato Israele come ospite d'onore della kermesse, suscitando l'irritazione del mondo intellettuale arabo - lo scrittore Ibrahim Nasrallah diserterà la manifestazione - e dei gruppi di solidarietà italo-palestinesi, che promettono di boicottare il Salone. Alfredo Tradardi farà il punto della situazione nel suo intervento "Contro l'occupazione israeliana della Fiera del Libro di Torino". L'incontro sarà presentato da Giorgio S. Frankel, moderatrice Diana Carminati. Ingresso libero, info@ism-italia.it.

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IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 01-02-2008)

 

IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ 14,30/19,30, DA MARTEDÌ A DOMENICA 9,30/19,30, GIOVEDÌ E SABATO 9,30/22,30, INGRESSO: INTERO 7,50, RIDOTTO 5,50, BAMBINI (6-14 ANNI) 3,50, TEL 011/5711811, WWW.PALAZZOBRICHERASIO.IT Fino al 24 febbraio, le sale espositive ospitano un'antologica, curata da Luca Beatrice e organizzata in collaborazione con il Mamac di Nizza, che ripercorre attraverso 70 opere le vicende artistiche del principale esponente del Nouveau Realisme. Francisco Goya BIBLIOTECA NAZIONALE UNIVERSITARIA DI TORINO, PIAZZA CARLO ALBERTO 3, ORARI: LUNEDI', MERCOLEDI', VENERDI' E SABATO 9/13, MARTEDI' E GIOVEDI' 9/18 E' aperta sino al 15 marzo "Los Caprichos. Goya Illuminista fra Settecento ed Europa napoleonica". In mostra, l'intera opera di Francisco Goya "Los Caprichos": un insieme di tavole in perfetto stato di conservazione, cui è affiancato un importante nucleo di reperti librari di proprietà della biblioteca. Lo Spazio dell'uomo FONDAZIONE MERZ, VIA LIMONE 24, ORARI: MARTEDI'-DOMENICA 11/19. INGRESSO: INTERO 5 EURO, RIDOTTO 3,50, GRATIS BAMBINI SOTTO I 10 ANNI, MAGGIORI DI 65 , DISABILI E OGNI PRIMA DOMENICA DEL MESE Fino all'11 maggio, un'indagine sulla scena artistica contemporanea cilena, attraverso l'incontro tra storia del passato e realtà del presente. Werner Herzog FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO, VIA MODANE 16, OR.: 12/20, GIOVEDI' 12/23, CHIUSO LUNEDI' Nell'ambito della manifestazione "Segni di Vita. Werner Herzog e il cinema", la Fondazione ospita una mostra ricca di strumenti che permettono di approfondire l'idea di cinema dell'artista tedesco. Accanto alla sezione fotografica, l'esposizione, aperta fino 10 febbraio, segue un itinerario composto da una serie di video. Novecento - Trilogia dell'automobile TORINO ESPOSIZIONI, CORSO MASSIMO D'AZEGLIO 15, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/18,30. Le più belle auto del '900. In esposizione fino al 30 marzo. Why Africa? PINACOTECA AGNELLI, VIA NIZZA 230, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/19. INGR.: INT. 7 EURO, RID. E GRUPPI 6, SCUOLE E BAMBINI 6/12 ANNI 3,50. VISITE GUIDATE 011/0062713. WWW.PINACOTECA-AGNELLI.IT Esposta per la prima volta in Italia una parte della più importante collezione al mondo di arte contemporanea africana. Il tema più ricorrente nelle opere è il profondo legame con il territorio al quale gli artisti si rivolgono proponendo la loro personale esperienza della realtà. La mostra rimane aperta fino al 3 febbraio. Stefano Sagmeister PISCINA MONUMENTALE, CORSO GALILEO FERRARIS 294 Sabato 2 febbraio alle 18,30 conferenza del designer austriaco, in anticipazione del suo nuovo libro "Things I have learned in my life so far", in uscita a marzo. L'originalità e l'audacia creativa fanno di Sagmeister, nato a Bregenz nel 1962, un artista di fama internazionale: è conosciuto per le copertine per i Rolling Stones, Aerosmith, Lou Reed e il manifesto disegnato per l'Aiga-American Institute of Graphic Arts. Ingresso libero, segue cocktail Bombay Sapphuire e dj set con Giorgio Valletta. Manifesti MUSEO DELLA MONTAGNA, P.LE MONTE DEI CAPPUCCINI 7, OR.: 9/19, LUNEDI' CHIUSO. WWW.MUSEOMONTAGNA.ORG Manifesti e film dei primi trent'anni di cinema sulla grande avventura esplorativa in Artide e Antartide. In esposizione fino al 10 febbraio. Splendide preziosità quotidiane MUSEO DI ANTROPOLOGIA, VIA ACCADEMIA ALBERTINA 17 La collezione si arricchisce di un centinaio di reperti del primo '900 dell'Asia Centrale. Le opere rimarranno in esposizione sino al 31 marzo. Torino inedita ARCHIVIO STORICO DELLA CITTÀ DI TORINO, VIA BARBAROUX 32, OR.: LUNEDI'-VENERDI' 8,30/16,30 Quattro panorami di Luigi Vacca; Le opere rimarranno in esposizione fino al 31 marzo. (R)esistere per immagini MUSEO DIFFUSO DELLA RESISTENZA, CORSO VALDOCCO 4/A, TUTTI I GIORNI DALLE 10 ALLE 18, IL GIOVEDÌ DALLE 14 ALLE 22; CHIUSURA IL LUNEDÌ; INGRESSO LIBERO Mostra in omaggio a Germano Facetti: all'uomo sopravvissuto alla Deportazione, al grafico che ha rivoluzionato la Penguin Books, al creativo, attraverso i documenti privati e professionali del ricco fondo acquisito dall'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti". La mostra sarà aperta al pubblico sino al 25 aprile. Palazzo Madama a 1 euro PALAZZO MADAMA, PIAZZA CASTELLO. OR.: MART-DOM 10-18, SAB 10-20, LUN CHIUSO, TEL.: 011/ 4433501, WWW.PALAZZOMADAMATORINO.IT. Dopo il successo ottenuto nel mese di novembre, dedicato alla provincia di Biella, che ha permesso a 1350 biellesi di entrare a Palazzo Madama al prezzo di 1 euro, prosegue l'iniziativa "Province a Palazzo", realizzata dalla Fondazione Torino Musei in collaborazione con la Regione Piemonte. Il mese di febbraio è dedicato a Vercelli e alla sua provincia: i residenti o le persone nate nella provincia di Vercelli possono entrare a Palazzo Madama con biglietto d'ingresso a 1 euro. Lungo il percorso museale sono state selezionate una serie di opere in base alla loro provenienza geografica, altre in virtù del legame con alcuni personaggi significativi (artisti, collezionisti, committenti) che svolsero la loro attività e che furono legati a questo determinato territorio. Percorso guidato (costo: 3 euro) domenica 3 febbraio alle 11. Camilla Ancilotto GALLERIA DAVICO, GALLERIA SUBALPINA 30. TEL.: 011/ 5629152 Fino al 16 febbraio è allestita la personale dell'artista romana che espone opere ispirate a mitologia e storia, ma anche animali e autoritratti. Quadri che prevedono innumerevoli combinazioni perché ogni porzione della campitura è in realtà la faccia di un solido a base triangolare o rettangolare fissato su perni che ne permettono la rotazione. In tal modo il visitatore è invitato a interagire con l'opera e a far girare ogni prisma, come su un grande cubo di Rubik, ottenendo sempre nuove composizioni. Oltre il segno GALLERIA ACCADEMIA, VIA ACCADEMIA ALBERTINA 3, 011/ 885408 Grande collettiva con Sergio Albano, Giulio Da Milano, Massimo Quaglino, Sergio Scanu, Francesco Tabusso, Gianbar, Lilia Meconi, Enrico Paulucci, Edmondo Maneglia, Luciano Schifano, Tatiana Veremejenko, Trento Longaretti, Emilio Scanavino, Marco Lodola. In esposizione anche la tela di Felice Casorati "Ponte Vittorio Emanuele e Piazza Vittorio Veneto a Torino" del 1926. Capitàn Germàn MIAAO, VIA MARIA VITTORIA 5, DAL MARTEDÌ AL VENERDÌ ORE 16-19,30 SABATO E DOMENICA ORE 11/19, LUNEDÌ CHIUSO Artefatti astrali di Germàn Impache; le opere rimarranno in esposizione, fino al 24 febbraio. Mario Lattes ARCHIVIO DI STATO, PIAZZA CASTELLO 209, ORARIO: DA MARTEDÌ A SABATO 10/19; DOMENICA 10/14; INGRESSO LIBERO "Di me e di altri possibili: Mario Lattes pittore, scrittore, editore". La mostra è composta di tre parti: una parte pittorica con un'antologia di quadri dipinti tra il 1960 e il 1995, una parte narrativa comprendente le opere pubblicate (romanzi, poesie, autografi e diari) ed una parte editoriale con alcune opere significative pubblicate nel periodo in cui l'artista era amministratore delegato della casa editrice Lattes. L'esposizione resterà aperta fino al 12 marzo. Cinque personali PIEMONTE ARTISTICO CULTURALE, VIA ROMA 264, ORARI: LUNEDI' - SABATO 15,30/19,30, INGRESSO LIBERO Piemonte Artistico Culturale propone cinque mini-personali con opere di Enrica Berardi, Cristina Botta, Jessy Jacob, Giancarlo Morra e Rosella Porrati. Resteranno esposte sino al 13 febbraio. Jazz me! CIRCOLO ARCI PUEBLO, CORSO PALESTRO 3, MER-SAB DALLE 22 Venerdì 1° febbraio alle 22 inaugurazione della mostra "Jazz me! Ritratti di donna e di jazz", personale di Chiara Gallino, 30enne pittrice e cantante jazz. Durante la serata jam session, con la collaborazione di Roberto Salomone al basso e Davide Massa al piano. IoEspongo XI PASTIS, P.ZZA EMANUELE FILIBERTO 9B, WWW.ASSOCIAZIONEAZIMUT.NET IoEspongo nasce come vetrina per giovani artisti esordienti in cerca di spazi liberi a gratuiti dove poter esprimere la propria creatività a contatto con il pubblico e gli addetti ai lavori. In palio per i vincitori dell'undicesima edizione Mostra personale con catalogo. L'Associazione Culturale Azimut ricorda che è ancora possibile iscriversi a IoEspongo 11° edizione. Tutte le informazioni sul sito www.associazioneazimut.net o telefonando allo 011.56. 92.009 Stili a confronto San Valentino in galleria ARTEINCORNICE, VIA VANCHIGLIA 11, OR.: 9/13 E 15/19, ESCLUSO FEST. E LUN. MATTINA Fino all'8 marzo, la collettiva "Stili a confronto" presenta 24 opere di Piero Gilardi, Giorgio Griffa ed Enrico Paulucci. Prosegue, sempre sino all'8 marzo, una esposizione pensata per l'avvicinarsi della festa di San Valentino e la Festa della Donna, con una selezione rinnovata di opere degli artisti più importanti della galleria. Mario Schifano - Gli anni '80 GALLERIA IN ARCO, PIAZZA VITTORIO VENETO 3, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 10/12,30 E 16/19,30 Dopo la più nota produzione degli anni '60 e '70, Mario Schifano negli anni '80 è stato precursore di un cambiamento che ha segnato la storia dell'arte italiana, promuovendo un recupero della tradizione pittorica. Le sue opere di questo periodo sono in mostra fino al 15 marzo. Daniel Glaser Magdalena Kuntz Miha Strukelj GAGLIARDI ART SYSTEM, CORSO VITTORIO EMANUELE II 90, ORARIO: 15/20 Daniel Glaser e Magdalena Kuntz presentano tre installazioni, mentre Miha Strukelj indaga i confini tra pittura e disegno nell'era della tecnologia. Entrambe le esposizioni terminano il 26 febbraio. Pierre-Yves Le Duc 41 ARTECONTEMPORANEA, VIA MAZZINI 41, ORARI: MARTEDI'-SABATO 15/19, MATTINO E LUNEDI' SU APPUNTAMENTO 011/8129544 "Opera", prima personale a Torino dell'artista francese. L'immagine nasce dal movimento circolare di una spugna insaponata passata su una superficie nera specchiante. L'esposizione di disegni prosegue sino al 28 marzo. Sedie BOTTEGA D'ARTE ED ANTICHI MESTIERI, "INGENIO" DI VIA MONTEBELLO 28B Venerdì 1° febbraio alle 16,30 s'inaugura la personale dell' artista torinese Fulvio Donorà. Propone dipinti su tela. Rimane aperta fino al 13 febbraio. David Gerstein ERMANNO TEDESCHI, VIA C. I. GIULIO 6, ORARI: MARTEDI'-SABATO 11/13 E 16/20 O SU APP. 011/4369917 Personale dell'artista israeliano, che si può visitare sino al 29 febbraio. Cieli interiori VIRANDO, C.SO LANZA 105, OR.: LUN-SAB 16,30/20 Personale di Tiziano Bergamini, in arte Pangolino. L'esposizione, sino al 16 febbraio, ospita 19 tele di cui tre di grandi dimensioni ed è curata da Anna Virando e dal critico d'arte Gianfranco Schialvino. Pangolino riproduce in tutti i suoi dipinti cieli e nuvole del Canavese, collocati in paesaggi dove sono riconoscibili riferimenti della zona in cui vive. Sospesi GALLERIA WEBER & WEBER, VIA SAN TOMMASO 7, OR.: MAR-SAB 15,30-19,30 Giovedì 7 febbraio alle 18 s'inaugura la mostra di Federico Piccari. Fino al 22 marzo. Silvio Brunetto GALLERIA D'ARTE BERMAN, VIA ARCIVESCOVADO 9/18, ORARIO: MARTEDI' - SABATO 10/12,30 E 16/19 "Inverno bianco", personale in esposizione sino al 9 febbraio. Incisioni GALLERIA IL CALAMO, VIA DELLA ROCCA 4/L. ORARIO: 10,30/12,30 E 16,30/19,30 "Incisioni dal XV al XX secolo", rassegna di opere grafiche di maestri antichi e moderni, tra cui alcuni giapponesi. Esposizione sino a fine febbraio. Sospensione GIORGIO PERSANO, VIA P. CLOTILDE 45, OR.: MAR.-SAB. 10/13 E 15,30/19 Installazioni di Marco Gastini ed Eliseo Mattiacci. Le opere rimarranno in esposizione sino al 29 marzo. Torino 1706 BIBLIOTECA VILLA AMORETTI, CORSO ORBASSANO 200 Fino al 29 marzo si può visitare l'esposizione "Le zone di comando dell'assedio di Torino del 1706:il quartiere generale dell'esercito del Re Sole fra la Cascina Olivero e la Fabbrica per gli Esercizi Spirituali". Mariell GALLERIA BOTTISIO, CORSO MATTEOTTI 2/A, OR.: LUN-GIOV:15,30-19,30.VEN-SAB 9,30-12,30-15,30-19,30. Da giovedì 7 febbraio personale dell'artista dal titolo "Analogie": una raccolta di olii e acquarelli realizzati nel periodo 2006-2007. Parte del ricavato viene devoluto al seminario di padre Alexis (Maligisi-Congo). L'esposizione prosegue sino al 23 febbraio. I maestri dell'intaglio, doratura e laccatura LA CLESSIDRA, CORSO MEDITERRANEO 69/8, OR.: 10-12,30, 16-19,30, CHIUSO LUN. In esposizione consolles, specchiere e cornici policrome del XIX e XX secolo: si possono così ammirare i grandi geni, troppo spesso dimenticati, dell'intaglio, della laccatura, della dorata. Apertura della mostra fino al 29 febbraio. Enzo Briscese GALLERIA ARIELE, VIA LAURO ROSSI 9, ANGOLO CORSO GIULIO CESARE, ORARIO: DAL LUNEDI' AL SABATO DALLE 16 ALLE 19,30 "Paesaggio Urbano", personale di tecniche miste e oli del 2006 e del 2007. L'esposizione è aperta sino al 19 febbraio. Arte in mostra 3 SALOTTO DELL'ARTE, VIA ARGONNE 1/C, 339/ 6807922 Nella sala Tre espongono gli artisti Silvano Arboreo, Carla Bovi, Flaviana Chiaretto, Silvana Gatti, Susie Hnilicka, Attilio Lauricella, Laura Marietti, Silvana Nico, Luciano Penco, Sara Scalco, Giuseppe Tarantino, Giovanna Ribaldi, Umberto Vaschetto, Graziella Voghera, Loredana Zucca. Segno forma e colore BIASUTTI, VIA DELLA ROCCA 6/B, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 10,30/12,30 E 15,30/19,30 Collettiva, Le opere rimarranno in esposizione sino al 29 febbraio. Giorgio Laveri GALLERIA TERRE D'ARTE, VIA M. VITTORIA 20/A, OR.: 10,30/12,30 E 16,30/19,30 Personale di opere in ceramica, dell'artista ligure dal titolo: "Effetti personali". Oggetti comuni e commerciali appartenenti alla realtà urbana ingranditi e impreziositi dagli smalti ceramici a fuoco. Le opere rimarranno in esposizione sino all'8 marzo. Collettiva GALLERIA 44, VIA DELLA ROCCA 4/I Fino al 9 febbraio prosegue la collettiva "Artisti in galleria" con opere di Alessandri, Avogadro, Bedini, Caamano, Capello, Chiavedale, Garelli, Gasparian, Gribaudo, Janson, Jervolino, Mammoliti, Piva, Sassu, Savio, Sesia e Trigillo. Incisioni TEART, VIA GIOTTO 14, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 17/19 O SU APPUNTAMENTO 011/6966422 Fino al 9 febbraio, è esposta una collettiva d'incisioni con opere realizzate dai seguenti autori: I. Barth, L. Caprioglio, A. Ciocca, L. Caravella, E. Guerra, A. Guasco, G. Maccioni, E. Monaco, A. Nalli, C. Parsani Motti, L. Porporato, E. Saraceno. Il lettore accanito LIBRERIA GANG DEL PENSIERO, CORSO TELESIO 99 Fino al 23 febbraio è allestita la personale di Carlo Cammarota "Il lettore accanito". Street Art CIRCOLO CULTURALE AMANTES, VIA PRINCIPE AMEDEO 38/A, OR.: LUN-SAB.18-1,30 Mercoledì 6 alle 18,30 inaugura la mostra "StreetArt", che rimane allestita fino al 29 febbraio. In mostra opere degli artisti Br1, El Euro, Paolo e Ufo5. La mostra è un percorso di avvicinamento alla terza edizione di "Rewriting", progetto dedicato al fenomeno graffiti/street art. Luca Pepino ALCHIMISTA, VIA DELLE ROSINE 10 Fino al 7 febbraio sono esposte dieci opere 40x40 del giovane grafico torinese, considerato una promessa nel suo modo di fare arte e "artista del mese" a luglio 2007 sul sito di giovani artisti italiani www.giovaniartisti.it. Ha uno stile tutto personale tra pop art e la minimale. Knz ARCIRCOLOVIZIOSO, VIA SAN BERNARDINO 34C Dal 1° febbraio al 1 marzo "personale-collettiva" del gruppo torinese Knz, formato da cinque artisti provenienti da percorsi diversi che sono giunto a un unico punto di convergenza: un mix creativo di contaminazioni, con radici ben ancorate ai graffiti. Il collettivo, formato da Jaman, Deep, Dab1 , Hide e Shirk si interessa a tutto ciò che è creativo, dai graffiti al graphic design, dai restyling d'interni all'illustrazione. Sergio Spagnolo ATELIER "ARTUPART" VIA MASSENA 42/A Personale, Le opere rimarranno in esposizione sino al 28 febbraio. Illustrazione SPAZIO STEINER, LUNGO DORA AGRIGENTO 20/A, ORARI: LUNEDI'-SABATO 9/13, FESTIVI ESCLUSI "Cosa fanno le befane il resto dell'anno", viaggio fantastico nell'illustrazione per l'infanzia; sino all'8 febbraio. Frammenti di storia GALLERIA ARTEREGINA, CORSO REGINA MARGHERITA 191 Fino al 1° marzo si può visitare la mostra dedicata agli artisti torinesi anni 60. Ciro Palumbo LA SMARRITA - ART RESTAURANT, VIA CESARE BATTIST17/A. Personale dell'artista. Sono esposte le opere della sua nuova produzione. Kurt Mair COOPERATIVA BORGO PO E DECORATORI, VIA LANFRANCHI 28. ORARIO: 10/30/12,30 E 15/19,30, CHIUSO MERCOLEDI' Incisioni a colori; Le opere rimarranno in esposizione sino al 12 febbraio. Collezioni private ACQUAMARINA, CORSO FRANCIA 202 "La venditrice di mele" ed altre composizioni provenienti da collezioni private. Leonardo Pivi e Paolo Schmidlin MARENA ROOM GALLERY, VIA DEI MILLE 40/A, WWW.MARENAROOMSGALLERY.IT Mostra sui due artisti a cura di Luca Beatrice. Fino al 1° marzo. Mondocane EVENTINOVE, VIA DELLA ROCCA 29a, OR.: MAR-SAB 13-19,30 Giovedì 7 alle 18 inaugurazione della mostra di Gianfranco Asveri; fino al 22 marzo. IN PROVINCIA Dipingere la vita moderna CASTELLO DI RIVOLI, PIAZZA MAFALDA DI SAVOIA, RIVOLI, OR.: DA MART. A GIOV. 10-17, VEN-SAB-DOM 10-21. BIGLIETTO: 6,50 EURO. RIDOTTI 4,50. TEL: 011/ 9565220. Inaugurazione martedì 5 febbraio alle 19 per la grande collettiva che ha come tema l'uso dell'immagine fotografica nel linguaggio pittorico. Le opere rimarranno in esposizione sino al 4 marzo. Marc Chagall SALA DELLE ARTI, CERTOSA REALE DI COLLEGNO, VIA TORINO 9, OR.: MAR-VEN 15/18,30 E FESTIVI 10/12 E 15/18,30 "Nicolaj Gogol' - Le anime morte", esposizione di 96 acqueforti, dal 1925 al 1948. Sino al 17 febbraio. Clizia e la femminilità PALAZZO EINAUDI, PIAZZA D'ARMI 6, CHIVASSO E' stato da poco aperto al pubblico il nuovo Museo Clizia di Chivasso. Il primo allestimento è dedicato al tema della figura femminile. Clizia e la natura MUSEO ETNOGRAFICO DEL MULINO NUOVO, VIA ARIOSTO 36 BIS, SETTIMO TORINESE. ORARIO: DOMENICA 15/19, LUNEDI'-VENERDI' VISITE GUIDATE PER GRUPPI E SCUOLE SU PRENOTAZIONE 011/9103591 - 339/4673821 Sino al 23 marzo, prosegue la mostra dedicata al rapporto di Clizia (Mario Giani) con la natura e gli animali. Body and soul BIBLIOTECA ARDUINO, MONCALIERI. OR.: LUN.-VEN. 14/19, SAB. 9,30/13,30, SCUOLE SU PRENOTAZIONE 011/6401603 Il tema della corporeità nella visione di 40 artisti. Sino al 23/2. Pensieri visivi ASSOCIAZIONE NATURA CASCINA BELLEZZA, VIA BELLEZZA 60/A, POIRINO, FRAZ. FAVARIORARIO, TUTTE LE DOMENICHE, 9-16, INGRESSO GRATUITO E' prorogata sino al 17 febbraio la mostra fotografica "Peniseri Visivi, la notte, la cascina, l'acqua e il bosco. Immagini per scoprire, riflettere sulle bellezze della natura" di Piero Di Leo ed Elisa Moretti. Colori nel mondo GALLERIA CIVICA 'PALAZZO OPESSO', VIA SAN GIORGIO 3, CHIERI. OR: FERIALE 16/19, SAB. E FESTIVI 10,30-12,30 e 16/19 La mostra della pinerolese Luciana Libralon s'inaugura venerdì 1 febbraio alle 18 e prosegue fino al 17. In esposizione 50 dipinti dove si nota il suo interesse per le varie etnie del mondo. Arte in mostra UGC CINE' CITE' 45° NORD, ZONA VADO', MONCALIERI. OR.: LUN-VEN 14-1. VEN E SAB. APERTURA FINO ALLE 3. DOM 10,30-1. Sabato 2 alle 18,30 inaugurazione delle mostre di Gian Paolo Abatecola, che propone una selezione di opere astratto-geometriche, e a quella di Ester De Marchi e Rosy Petrelli, mix di figure e paesaggi. Sino al 29 febbraio. Flavio Ullucci LIBRERIA & CAFFETTERIA AREA, VIA FRATELLI PIOL 11, RIVOLI, OR.: MAR/MER/GIO 9-19,30 ; VEN 9/24; SAB/DOM 9/12,30 e 15,30/19,30. Sabato 2 alle 18,30 inaugurazione della prima personale dell'artista dal titolo "Vive la Revelution". In esposizioni oli su tela. Fino al 23 febbraio. Dario Grasso CASCINA ROLAND, V. ANTICA DI FRANCIA 11, VILLAR FOCCHIARDO, OR: VEN 15/19, MER, GIO, SAB. E FEST. SU APP. 328/8649957. INGR. LIBERO Venerdì 1 febbraio è l'ultimo giorno utile per visitare "Il colore delle mie emozioni", acquerelli. Francesco Preverino RELAIS BARRAGE, STR. SAN SECONDO, PINEROLO Personale; sino al 28 febbraio. Franco Frassoni PALAZZO COMUNALE, PIAZZA MATTEOTTI 50, GRUGLIASCO. ORARIO: LUNEDI'-VENERDI' 9/18, SABATO 9/12 Mostra personale di arte figurativa a settanta anni dall'esordio dell'artista, avvenuto nel 1938. Sino al 23 febbraio. Maurizio Sicchiero GALLERIA IL QUADRATO, VIA DELLA PACE 8, CHIERI Personale incisioni. Sino al26/2. Roberto Simone DINOITRE LIBRERIA, VIA CAVOUR 2, ORBASSANO. ORARI DI APERTURA: LUN 15,30 - 19,30, MAR-SAB 9,30 - 12,30 ; 15,30 - 19,30 Esposizione personale di dipinti a olio. Sino a giovedì 7 febbraio. Franco Galetto CAFFE' DELLA RIVA, PASSEGGIATA MARCONI 6, POIRINO. CHIUSO IL MARTEDI' Sino a domenica 3 febbraio, mostra personale di opere astratte. Colori e forme VILLA VALLERO, CORSO INDIPENDENZA 68, RIVAROLO CANAVESE. OR: SAB. E DOM. 16-19 Sabato 2 febbraio alle 18 inaugurazione della mostra di Anna Torriero e Elio Torrieri. Sino al 2/3. Voglia d'infinito SALE ESPOSITIVE DI PIAZZA LITISETTO, RIVAROLO CANAVESE, OR.: MART-SAB 9-12 E 15-18, INGRESSO LIBERO Sabato 2 alle 17 inaugurazione della personale di pittura di Gianmario Quagliotto. Sino al 16/2.

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Rapporto sconfortante di Human Rights Watch USA e Europa colpevoli (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 01-02-2008)

 

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.137 del 01/02/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Esteri L'organizazzione per la difesa dei diritti dell'uomo ha pubblicato il suo rapporto annuale Rapporto sconfortante di Human Rights Watch: USA e Europa colpevoli Troppi autocrati manipolano elezioni nell'indifferenza dell'Occidente Milano, 1 feb.- Il rapporto annuale di Human Rights Watch, l'organizazzione mondiale di difesa dei diritti umani punta il dito anche, e soprattutto, contro gli Stati Uniti e l'Unione Europea. Il rapporto di HRW denuncia l'irregolarità di numerose elezioni e si scaglia contro tutti quegli autocratiche si atteggiano a democratici per il solo fatto di aver indetto elezioni da far ritrasmettere dalle televisioni. "E quando si tratta di partner strategici e commerciali gli Stati Uniti e l'Europa non esitano a felicitarsi con il vincitore", ha dichiarato Kenneth Roth, direttore della sezione americana di HRW. Il rapporto condanna gli abusi americani nella guerra al terrorismo e il "lager" di Guantanamo. Gli Stati Uniti, insieme al loro fido alleato britannico, sono ugualmente sotto accusa per aver concesso ingenti aiuti al Pakistan di Musharraf, senza chiedere in contropartita alcuna garanzia di regolarità per le elezioni previste a febbraio. Il rapporto stigmatizza l'atteggiamento accondiscente dell'Unione Europea nei confronti della Russia di Vladimir Putin,dove non si contano gli abusi contro i dissidenti politici e il popolo ceceno. Nel mirino dell'Organizazzione, la punizione collettiva inflitta da Israele al milione di palestinesi stipati nel fazzoletto della Striscia di Gaza. L'Organizazzione ha inoltre accusato apertamente il governo del Sudan di essere il principale responsabile della tragedia del Darfur. Si parla anche del famigerato Regime militare birmano, che nel 2007 ha represso in modo tanto atroce le richieste di libertà e giustizia che si levavano dai tanti cortei guidati dai monaci buddisti. La Cina merita una menziona speciale per la repressione continua e sitematica degli oppositori, per le vessazioni sui lavoratori immigrati e sull'utilizzo massiccio della pena di morte. Secondo HRW "i Giochi Olimpici che si terranno quest'estate in Cina rappresentano un opportunità storico di dimostrare che il governo di Pechino può trasformare in realtà i diritti umani per 1 miliardo e 400 milioni di persone.".

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Amnesty boccia il rapporto Winograd (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 01-02-2008)

 

Israele Amnesty boccia il rapporto Winograd L'ong attacca "Il documento non considera i civili uccisi e le distruzioni in Libano" Michele Giorgio Gerusalemme "Tutti al lavoro, i nostri impegni ci aspettano". Un Olmert con il sorriso stampato sul volto si è rivolto con queste parole ai suoi collaboratori per dire che il rapporto Winograd sulla guerra in Libano ormai è acqua passata. Il rischio di dimissioni è ridotto al minimo dopo che la commissione d'inchiesta ha "assolto" il premier israeliano dal fallimento della guerra e ha puntato l'indice contro le forze armate. Olmert può dormire tranquillo. Tra qualche settimana in Israele della guerra in Libano avranno memoria solo le famiglie dei 119 soldati e 44 civili morti. Non la dimenticheranno invece i libanesi - 1.200 morti e distruzioni immense - ignorati dall'indagine svolta dalla Commissione Winograd. Sui crimini di guerra commessi da Israele è intervenuto Malcom Smart, direttore del programma di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, denunciando che Winograd e i suoi colleghi non hanno preso in alcuna considerazione i raid aerei e i cannoneggiamenti indiscriminati contro i libanesi. "Alla uccisione di libanesi non coinvolti nelle ostilità e alla distruzione deliberata e massiccia di proprietà e infrastrutture civili, il rapporto ha dedicato un'attenzione minima", ha protestato Smart. La commissione d'inchiesta, ha aggiunto, avrebbe potuto indicare i responsabili di crimini contro i civili, ma ha preferito occuparsi di strategie militari e di decisioni politiche e ha anche affermato che l'interpretazione delle leggi umanitarie è "controversa". Amnesty International - che non manca di condannare Hezbollah per aver sparato razzi katiusha contro i centri abitati israeliani - ha chiesto al governo israeliano di nominare una commissione indipendente con l'incarico di accertare i responsabili di crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani. L'unico vero passaggio del rapporto Winograd sui crimini di guerra è quello riguardante le bombe a grappolo sganciate dall'aviazione israeliana in Libano del sud e che continuano a fare morti 18 mesi dopo il conflitto: oltre trenta, tra cui alcuni sminatori. La commissione ha raccomandato che l'esercito dello Stato ebraico riconsideri il suo regolamento sull'uso delle bombe a grappolo ma evita nel modo più assoluto di condannare di Israele che, secondo Winograd, non avrebbe violato la legge internazionale ma mostrato solo una carenza di "disciplina operativa e di controllo". Tutto ciò mentre le Nazioni Unite e varie Ong sono impegnate in una gigantesca opera di bonifica del Libano del sud, per disinnescare oltre un milione di piccoli ma micidiali ordigni disseminati in un territorio ampio e popolato, peraltro senza aver ancora ricevuto da Israele le mappe delle aree dove sono state sganciate le bombe a grappolo. L'Irin, un'agenzia dell'Onu, ha riferito fa che gli sminatori scoprono ogni mese almeno 10 nuovi siti "infetti", ovvero pieni di ordigni. "Le forze armate israeliane hanno sistemi di attacco computerizzati e sanno dove sono state sganciate le bombe a grappolo. La mancanza delle mappe è l'ostacolo principale al nostro lavoro", ha denunciato Dalya Farran, portavoce del Centro di coordinamento delle Nazioni Unite per lo sminamento del Libano del sud. Sino ad oggi, ha aggiunto Farran, sono stati individuati e disinnescati 137 mila ordigni, appena il 10% delle bombe a grappolo sganciate dall'aviazione israeliana.

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Usa e Ue complici dei violatori , Hrw (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 01-02-2008)

 

Diritti umani "Usa e Ue complici dei violatori", Hrw "Despoti mascherati da democratici" è il titolo che Human Rights Watch ha dato al suo Rapporto annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo, diffuso ieri. Oltre a stigmatizzare i leader a suo avviso più brutali e repressivi, dal Pakistan alla Nigeria, alla Thailandia fino alla Russia, l'organizzazione bacchetta severamente i governanti occidentali che non fanno nulla per smascherare i despoti, o meglio coprono le malefatte di quelli dai quali traggono vantaggi in termini di materie prime strategiche o di geopolitica. Hrw coglie un punto chiave quando, nell'introduzione, scrive che "raramente la democrazia è stata tanto acclamata ma anche tanto violata, così promossa ma anche maltrattata". Non basta, osserva il rapporto, che un paese indica elezioni, per poter essere considerato democratico. "Consentendo agli autocrati di atteggiarsi a democratici senza chiedere loro conto dei diritti civili e politici che sostanziano la democrazia, Usa, Ue e altre influenti democrazie rischiano di indebolire i rapporti umani nel mondo". Anche le stesse potenze cosiddette democratiche sono chiamate direttamente in causa. Usa, Gran Bretagna, Francia sono criticate per aver violato i diritti umani con le misure liberticide prese nella "guerra al terrorismo". Nel mirino di Hrw c'è soprattutto Guantanamo. "Non vi sono prove che vi sia alcun progresso nel trattamento dei cosiddetti nemici combattenti a Guantanamo Bay o nell'uso di strutture segrete di detenzione" in paesi stranieri, si legge nel rapporto, secondo il quale 275 persone sono ancora prigioniere nel campo e almeno 39 sono trattenute in prigioni segrete Usa. Accuse dure anche alla Cina, che per ottenere le Olimpiadi aveva promesso di migliorare il rispetto dei diritti. Invece la situazione è, se possibile, peggiorata: sfratti brutali dei residenti per far posto ai siti dei giochi, pessime condizioni di lavoro per i lavoratori impegnati nelle costruzioni delle strutture e inasprimento nella repressione dei dissidenti. Il direttore di Human Rights Watch, Kenneth Roth, ha chiesto al mondo di premere su Pechino affinché mantenga gli impegni presi. Anche l'Italia è stata chiamata in causa, per le rendition dei cittadini stranieri e per le espulsioni in massa dei cittadini rumeni. Gli eventi di questi giorni hanno fatta guadagnare posti nella lista nera anche a Israele. Il blocco di Gaza, afferma il rapporto, è "una punizione collettiva che viola il diritto internazionale.

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IL CAIRO - L'Egitto ha condannato con molta asprezza Hamas per la violazione una settimana fa della (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 01-02-2008)

 

Frontiera di Rafah con la Striscia di Gaza, mettendo in guardia il movimento islamico che sarà solo sua la responsabilità di un eventuale fallimento dei colloqui sulla crisi, in corso a porte chiuse al Cairo. E sembra difficile che i due rivali palestinesi, invitati a parlarsi con la mediazione dell'Egitto preoccupato per la situazione al confine, trovino un accordo. Mercoledì, il presidente palestinese Mahmud Abbas ha incassato il sostegno dell'Egitto a riacquisire per l'Autorità nazionale palestinese il controllo del confine, come era prima della presa di potere di Hamas su Gaza, nel luglio dello scorso anno. Abu Mazen è ripartito senza concedere nulla, nè dialogo nè accordi, se prima Hamas non rinuncerà al "colpo di stato". Ieri, riferiscono fonti egiziane, il potente capo dei servizi segreti egiziani Omar Soleiman ha espresso "furore e indignazione" per i recenti avvenimenti incontrando il leader del movimento islamico in esilio Khaled Meshaal. Soleiman ha messo in chiaro che l'Egitto non permetterà un'altra penetrazione di palestinesi, come le centinaia di migliaia che nell'ultima settimana si sono riversati a Rafah e nella vicina al Arish per acquistare i beni di prima necessità irreperibili nella Striscia di Gaza, soggetta a embargo israeliano dal 17 gennaio, in risposta a tiri di razzi. L'Egitto, aggiungono le fonti che hanno voluto mantenere l'anonimato, ha chiesto a Hamas di "smettere ogni dimostrazione di forza alla frontiera, di non innalzare più la bandiera palestinese a Rafah e di smettere di parlare di una terza Intifada". Secondo fonti palestinesi, Meshaal ha ribadito la richiesta di un controllo congiunto palestinese-egiziano del valico di Rafah, senza i 92 osservatori dell'Unione europea, come prevede un accordo del 2005, perchè questa missione non è in grado di impedire a Israele di chiudere a piacere il confine. Sempre ieri, soldati israeliani hanno ucciso un membro delle Brigate di al Aqsa in una sparatoria vicino a Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza, mentre l'uomo stava per avvicinarsi al confine.

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Uso strumentale degli intellettuali (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 01-02-2008)

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Terza Pagina - data: 2008-02-01 num: - pag: 57 categoria: REDAZIONALE Il regista Davide Ferrario Uso strumentale degli intellettuali "Io sono convinto che nel conflitto medio-orientale non si possa fare a meno di stare con i palestinesi. Ma proprio per la sua natura di incontro tra scrittori e pubblico, la Fiera è l'occasione per parlare". Lo sostiene il regista Davide Ferrario che, in una lettera inviata a "il Manifesto", si schiera contro il boicottaggio di Israele a Torino e critica l'uso strumentale degli intellettuali. Un uso che "rivela un vecchio meccanismo inconscio nella storia della sinistra: considerare buoni solo coloro che sono “utili alla causa”".

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Meshaal: <Gilat Shalit sta bene> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 01-02-2008)

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-02-01 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Su "Panorama" Meshaal: "Gilat Shalit sta bene" "Il soldato Gilat Shalit è vivo. Sta bene ed è anche trattato con i guanti bianchi. Ma perché tanta ansia per una vita sola?". è Khaled Meshaal, leader politico di Hamas in esilio in Siria, a rassicurare sullo stato di salute del caporale israeliano, rapito dalla milizie palestinesi nel giugno 2006. In un'intervista al settimanale Panorama, oggi in edicola, Meshaal ha poi posto le condizioni del suo movimento per arrivare a una tregua con lo Stato ebraico. "Se Israele si ritira - ha detto - se riconosce Gerusalemme e il ritorno del nostro popolo e se smantella le colonie che ci occupano, siamo pronti a una tregua di dieci anni almeno". Quanto al presidente Abu Mazen, il leader di Hamas ha ricordato che "Israele si nutre dell'agonia dei nostri per esistere politicamente. Il male è che oggi è aiutato da chi fra i nostri fratelli lo appoggia con il silenzio e la complicità". Commentando la drammatica situazione della Striscia di Gaza, isolata dopo il blocco israeliano dei valichi, Meshaal ha dichiarato che "il mondo intero sa che la gente di Gaza muore perché è Israele che vuole questa morte giorno per giorno".

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Così Olmert è sopravvissuto alla guerra (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 01-02-2008)

 

Di Redazione - venerdì 01 febbraio 2008, 07:00 La commissione d'inchiesta Winograd (dal nome del giudice che l'ha presieduta) ha consegnato alla stampa le sue conclusioni sulla guerra del Libano, 629 pagine che non aggiungono molto a quello che già si sapeva. E che possono riassumersi in una sola frase: fallimento del governo e dei comandi militari. Per il premier Olmert, maggiore indiziato da un'opinione pubblica in cerca di un capro espiatorio, il rapporto finale della commissione è stato comunque motivo di sollievo. La Corte suprema israeliana ha proibito alla Commissione di indicare specificatamente responsabilità individuali, e poiché la commissione, nominata dal governo e non dal Parlamento, non aveva il diritto di chiedere le dimissioni di persone responsabili, il premier Olmert ha subito dichiarato - come nel corso dei due anni passati - di non avere intenzione di dimettersi. Questo provocherà una nuova ondata di proteste da parte di media, riservisti, associazioni dei parenti dei caduti che chiedono la testa del primo ministro. Ma c'è almeno una mezza dozzina di buone ragioni perché la crisi di governo sia evitata, per lo meno nell'immediato. 1) Non c'è soluzione di ricambio all'attuale coalizione e la maggior parte dei deputati temono elezioni anticipate dalle quali potrebbero uscire malconci. 2) Tutta la dirigenza politica israeliana è accusata di gravi responsabilità nella condotta di questa guerra. Con Olmert, logicamente, dovrebbero dimettersi altri membri dell'attuale governo che ha approvato la guerra e la sua condotta. E nessuno dei ministri sembra interessato ad abbandonare il campo. 3) Gli ambienti finanziari temono le ricadute negative sull'economia, in pieno sviluppo dopo una lunga crisi. 4) La dirigenza militare ha già iniziato profonde riforme. Da una caduta del governo potrebbe essere trascinata in una crisi interna che scuoterebbe le strutture di comando delle forze armate, il loro prestigio e la disciplina nelle unità combattenti. 5) Un Israele in preda a una nuova pubblica autocritica e in campagna elettorale regalerebbe agli Hezbollah e a Hamas una vittoria d'immagine nel momento in cui entrambe queste organizzazioni sono in difficoltà nel Libano e a Gaza.

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Un infermiere confessa: "Ho abusato di cento pazienti" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Quotidiano.net" del 01-02-2008)

 

Mobile email stampa CHOC IN AMERICA Un infermiere confessa: "Ho abusato di cento pazienti" La polizia indaga su quattordici casi di violenze commesse dal 1980 ad oggi. Le vittime, sia maschi che femmine, erano in gran parte di età avanzata Home prec succ Contenuti correlati Hillary e Obama hanno fatto pace Anzi, forse correranno insieme Focolaio di colera, 58 morti e oltre duemila ammalati Epidemia di meningite, 52 morti in due settimane In Florida vince McCain Giuliani lascia e lo sostiene Anche Schwarzy punta su John Sequestro lampo per una italiana a Maracaibo Trafitto con una spada da samurai per un pallone oltre la staccionata Sito di fondamentalisti annuncia la morte del comandante di al Qaeda Sandusky (Ohio, Usa), 1 febbraio 2008 - La polizia american sta cercando di accertare la verità su quattordici casi di abusi sui circa cento pazienti di centri di cura che un infermiere si autoaccusa di aver abusato dagli anni 1980. Lo hanno annunciato le autorità locali. John Riems, che ora ha 49 anni, è stato arrestato la settimana scorsa con l'accusa di stupro su un paziente parzialmente paralizzato. Un parente del paziente ha avvertito la polizia che ha aperto un'indagine. Tra le quattordici vittime, alcune erano fisicamente o mentalmente nell'incapacità di denunciare i fatti, ha detto il capo della polizia di Perkins, Tim McClung. Le vittime erano sia donne e sia uomini, la maggior parte di età avanzata. Due sono deceduti. Riems ha lavorato come infermiere in una equipe di notte in dodici cliniche e ospedali dell'Ohio settentrionale e in un centro di cura di New York. L'infermiere ha confessato alla polizia che le sue attività criminali sono cominciate poco dopo l'inizio della sua carriera, nel 1985. Per ora è stato incriminato formalmente per un solo caso. Le autorità non hanno voluto svelare se le altre accuse riguardano abusi sessuali o di altra natura. Gli inquirenti hanno riferito anche che Riems non si ricorda con precisione che di una ventina di casi sul centinaio di cui si è accusato. L'indagine prosegue. MAURITANIA Blitz all'ambasciata di Israele.

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Il passo indietro del Cardinal Martini (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 01-02-2008)

 

Oggi è Ven, 01 Feb 2008 Edizione 22 del 01-02-2008 I rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo arrestati dalla "teoria della sostituzione" Il passo indietro del Cardinal Martini Nell'ultimo saggio del cardinale di Milano "Le tenebre e la luce" la religione ebraica diventa frutto di una tradizione degradata perchè considerata come non "autentica" di Giorgio De Neri Nella vita basta farsi una fama, o una nomea, che poi uno se la porta dietro qualunque cosa accada. Anche contro l'evidenza della realtà. E non fanno eccezione neanche gli alti prelati, cioè i cardinali, e lo stesso Pontefice. Leggere per credere, su uno degli ultimi numeri di "Shalom", la polemica messa in piedi dal professor Giorgio Israel con il cardinale di Milano Carlo Maria Martini a proposito dei rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo. Che come è noto in passato non sono stati dei migliori, avendo avuto proprio la Chiesa il monopolio, anzi il marchio di fabbrica, dell'antisemitismo con la famosa dottrina del "deicidio". Ebbene, dice Israel, l'attuale Papa Benedetto XVI porta, forse ingiustamente, la fama di essere un "reazionario", mentre il cardinal Martini viene incensato e venduto da tutti i luogo-comunisti che scrivono sui giornali di sinistra come "l'uomo del dialogo inter-religioso". Ma le cose stanno davvero così? A leggere l'ultimo saggio del cardinal Martini sull'evoluzione dei rapporti tra le due religioni monoteiste sembrerebbe proprio di no, sostiene Israel. Che cita alcuni passi dell'ultimo libro del porporato, "Le tenebre e la luce", accuratamente omessi nell'entusiastica presentazione che gli ha dedicato "Repubblica" qualche settimana or sono. Il professor Israel fa questa premessa: "Dovrebbe essere superfluo ricordare che la "Nostra Aetate" si limitava a dire degli ebrei che sono "ancora" carissimi a Dio e da rispettare per "religiosa carità evangelica". Giovanni Paolo II fece un deciso passo avanti affermando che "chi incontra Gesù, incontra l'ebraismo". L'attuale Papa Benedetto XVI è andato ancora più in là asserendo che i doni di Dio sono irrevocabili". Poi Israel spiega meglio quale sia stato il passo avanti di Ratzinegr con l'ebraismo: "Non sembra che sia stata sufficientemente valutata l'importanza storica di una simile affermazione che mette in soffitta la "teologia della sostituzione", ovvero la tesi secondo cui l'elezione di Israele è stata revocata e sostituita con quella conferita al popolo cristiano ed alla Chiesa: il recente libro del Papa (Gesù di Nazaret) prosegue su tale via, perseguendo l'obbiettivo indicato nel discorso alla Sinagoga di Colonia, ovvero di "fare passi avanti nella valutazione, dal punto di vista teologico, del rapporto fra ebraismo e cristianesimo", senza minimizzare o passare sotto silenzio le differenze". Martini invece, sostiene Israel citando i passi del libro recensito da "Repubblica", torna proprio indietro di un secolo riproponendo proprio la minestra riscaldata della "teoria della sostituzione". "Martini - scrive Israel - sostiene che il Vangelo di Giovanni presenta il processo del Sinedrio a Gesù come una "farsa" e una "caricatura" al fine di mettere in luce il crollo di un'istituzione che avrebbe avuto il compito primario di riconoscere il Messia, verificandone le prove. Sarebbe stato questo l'atto giuridico più alto di tutta la sua storia. Invece fallisce proprio lo scopo fondamentale". "Dare per scontato proprio quel che non lo è - spiega Israel - e cioè che il Sinedrio fosse un'istituzione che "era sorta in vista" di questa "occasione provvidenziale" e che l'avrebbe persa, permette a Martini, con un salto logico sconcertante, di dedurre la fine storica dell'ebraismo". "Non si tratta soltanto della "decadenza di un'istituzione religiosa - scrive il cardinal Martini - si leggono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, non hanno più forza, accecano invece di illuminare, si tratta della decadenza dell'intera tradizione ebraica che, in quanto non più "autentica", va quindi radicalmente superata". Ed ecco la citazione, per così dire incriminata, dal libro del cardinal Martini che riporterebbe indietro di un secolo i rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo: "Molte volte ho insistito sulla necessità di giungere a superare le tradizioni religiose quando non sono più autentiche". Traduzione per chi non è addentro alle cose teologiche: l'ebraismo viene superato dalla parola di Gesù quindi gli ebrei o si convertono oppure sono da considerare quasi alla stregua degli infedeli. Secondo Martini (il cardinale tanto amato dai progressisti e dai fautori del buonismo porporato) il quale dà implicitamente del reazionario a Ratzinger un giorno sì e l'altro pure nelle proprie interviste, "al di là di un dialogo spesso formale il nostro cammino inter-religioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente alle parole di Gesù e, a partire da esse, aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso". Bel dialogo interreligioso quindi: gli ebrei o si convertono .. o si convertono. E Martini quando parla di ebraismo lo fa con sprezzo definendo il tutto "frutto di una tradizione religiosa degradata". Conclusione del ragionamento del professor Israel: "Non mi sono mai scandalizzato che alcune religioni e religiosi vogliano convertire gli altri alla propria fede. È legittimo proporre il valore del proprio percorso. Purché non lo si faccia con la violenza, che non è soltanto quella fisica, ma anche quella consistente nell'affermare il disvalore del percorso religioso altrui". "Nel caso dei rapporti ebraico-cristiani , resi delicati da un passato tanto dolente - ricorda Israel - affermare questo disvalore significa né più né meno sostenere che il dono di Dio è stato revocato. Pertanto, il cardinale Martini ha riproposto, e in termini molto brutali, insistendo su aggettivi spiacevoli, la teologia della sostituzione, facendo un passo persino indietro alla "Nostra Aetate". Chi voglia dialogare con lui (e con chi la pensa come lui) sa quale sia l'intenzione e l'unico possibile esito di tale dialogo: la conversione "radicale" alle parole di Gesù e il riconoscimento del carattere ormai "degradato", "decaduto" e "non autentico" dell'ebraismo." Eppure Martini passa da campione del dialogo inter-religoso mentre la gente crede che sia l'attuale Papa il vero reazionario. E tutto ciò "solo" perché il primo viene dipinto come "di sinistra" e il secondo come "di destra".

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New York nostro inviato A passi decisi verso il super martedì. L'uomo del momento è il senatore repubblicano McCain, che dopo aver incassato l'appoggio di Rudy Giuliani si può freg (sezione: Israele/Palestina)

( da "Liberazione" del 01-02-2008)

 

Dopo l'appoggio di Giuliani, il senatore repubblicano incassa il sostegno del governatore della California Schwarzy incorona McCain E' lui il frontman repubblicano New York nostro inviato A passi decisi verso il super martedì. L'uomo del momento è il senatore repubblicano McCain, che dopo aver incassato l'appoggio di Rudy Giuliani si può fregiare anche di quello del governatore della California Arnold Schwarzenegger che ieri lo ha definito "un eroe americano". Il sostegno dell'uomo che il Grand Old Party non può candidare alla presidenza a causa dei natali austriaci aiuta molto: se il veterano del Vietnam vincerà le primarie del suo partito, avere un governatore che sull'ambiente si è battuto duramente contro l'amministrazione Bush sarà molto utile per la conquista del voto moderato - tanto più che McCain è l'unico a destra che dice qualcosa sull'effetto serra. L'ex Terminator pesa anche sul voto bianco dell'America profonda, in questo caso sono i muscoli e non la battaglia ambientalista a renderlo carismatico. Nel dibattito tra contendenti repubblicani McCain ha braccato Mitt Romney sull'Iraq. Il candidato dell'establishement repubblicano, l'unico in grado di tenere testa al senatore dell'Arizona, avrebbe annunciato un piano per il ritiro quando le cose andavano male e ora tenta di rimangiarselo. McCain gioca le sue carte cercando di far tornare l'attenzione sulla guerra, il candidato mormone prova con l'economia. La gara è serrata ma con la California quasi in tasca e l'appoggio di Giuliani a New York, la bilancia pende senza dubbio per il candidato anziano. Il miliardario mormone ha poi un problema sotto la croce: l'evangelista Huckabee anche in Florida ha mostrato di avere le carte per fare bene in diversi Stati del Sud e del centro dove il voto religioso è determinante. Non sono consensi strappati a McCain quelli. Chi non è contento per come stanno andando le cose nelle primarie repubblicane è il blocco di potere che ha retto il partito dalla presidenza Reagan in poi. A Washington McCain è sempre stato un battitore libero sgradito all'establishement - che gli preferì Bush nel 2000 e oggi punta sul mormone. Un possibile svantaggio presso alcune fette di elettorato particolarmente conservatore in materia di valori o economia (con i falchi in politica estera non ci sono problemi). Il fatto è che nelle elezioni generali molti di quegli elettori, specie quelli più motivati ed esaltati, voterebbero chiunque pur di non vedere un Clinton alla Casa Bianca e probabilmente andrebbero alle urne nonostante l'ex militare. Il fatto di essere un outsider aiuta invece McCain con gli indipendenti. E questo è un guaio per Hillary Rodham Clinton, la candidata che tutti indicano come di schieramento, identificabile con quell'establishement di Washington che con la loro partecipazione alle primarie in tanti sembrano voler punire. I sondaggi continuano a dare un vantaggio chiaro alla senatrice di New York in molti Stati determinanti. Un vantaggio che però si va assottigliando. Gli ultimi due rilevamenti a livello nazionale regalano a Hillary 6 e 7 punti di vantaggio. Per Clinton anche la brutta faccenda tirata fuori dal New York Times secondo cui un suo donatore importante avrebbe ottenuto una commessa in Kazakistan dopo aver visitato il Paese assieme a Bill, il quale aveva tenuto un discorso sulla democrazia alla presenza dell'improbabile - se parliamo di credenziali democratiche - presidente Nazarbayev. E come se non bastasse, ieri la Abc ha mostrato un video nel quale l'allora membro del consiglio di amministrazione della Wal Mart parla a una platea di azionisti dicendo: "Come membro della direzione, sono sempre fiera di quello che facciamo a Wal Mart e del fatto che lo facciamo meglio degli altri". L'uscita di due brutte notizie per Hillary sembra far pensare che lo staff di Obama si sia messo al lavoro. Non c'è niente di scorretto, di falso, come spesso avviene con i repubblicani, ma sono brutti colpi da assorbire. Di contro c'è un "Obama, il nemico di Israele" su un giornale newyorchese famoso per il suo estremismo filo Tel Aviv - che ha però tra i suoi "azionisti" un sostenitore di Hillary, oltre a parecchi repubblicani. Parlando di numeri, ieri Obama ha annunciato di aver raccolto 32 milioni di dollari in un mese. I nuovi donatori sono 70mila. Il successo incredibile dei due candidati democratici era stato raggiungere i 100 milioni a testa in un anno. Questo afflusso di cassa renderà ancora più pervasiva la campagna del senatore dell'Illinois che ieri ha parlato a Phoenix, Arizona davanti a 13mila persone. Con lui la governatrice Napolitano e Caroline Kennedy. Obama ha anche annunicato che da presidente convocherà un summit con i leader arabi "per discutere onestamente e ridurre le distanze tra Occidente e Islam". Il senatore Ted sta facendo comizi pro Obama per conto suo in California, dove può tentare di convincere i liberal dello Stato più popoloso e ricco d'America e corteggiare il voto ispanico vantando il tentativo di far approvare una sanatoria. Anche Hillary in California a fare comizi. Nella notte i due si sono affrontati nell'ultimo dibattito televisivo prima del super martedì. L'ultima volta sono state scintille. E sul palco c'era ancora Edwards. 01/02/2008.

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Un infermiere confessa: "Ho abusato di cento pazienti" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Quotidiano.net" del 01-02-2008)

 

Mobile email stampa CHOC IN AMERICA Un infermiere confessa: "Ho abusato di cento pazienti" La polizia indaga su quattordici casi di violenze commesse dal 1980 ad oggi. Le vittime, sia maschi che femmine, erano in gran parte di età avanzata Home Esteri prec succ Contenuti correlati Hillary e Obama hanno fatto pace Anzi, forse correranno insieme Focolaio di colera, 58 morti e oltre duemila ammalati Epidemia di meningite, 52 morti in due settimane In Florida vince McCain Giuliani lascia e lo sostiene Anche Schwarzy punta su John Sequestro lampo per una italiana a Maracaibo Trafitto con una spada da samurai per un pallone oltre la staccionata Sito di fondamentalisti annuncia la morte del comandante di al Qaeda Sandusky (Ohio, Usa), 1 febbraio 2008 - La polizia american sta cercando di accertare la verità su quattordici casi di abusi sui circa cento pazienti di centri di cura che un infermiere si autoaccusa di aver abusato dagli anni 1980. Lo hanno annunciato le autorità locali. John Riems, che ora ha 49 anni, è stato arrestato la settimana scorsa con l'accusa di stupro su un paziente parzialmente paralizzato. Un parente del paziente ha avvertito la polizia che ha aperto un'indagine. Tra le quattordici vittime, alcune erano fisicamente o mentalmente nell'incapacità di denunciare i fatti, ha detto il capo della polizia di Perkins, Tim McClung. Le vittime erano sia donne e sia uomini, la maggior parte di età avanzata. Due sono deceduti. Riems ha lavorato come infermiere in una equipe di notte in dodici cliniche e ospedali dell'Ohio settentrionale e in un centro di cura di New York. L'infermiere ha confessato alla polizia che le sue attività criminali sono cominciate poco dopo l'inizio della sua carriera, nel 1985. Per ora è stato incriminato formalmente per un solo caso. Le autorità non hanno voluto svelare se le altre accuse riguardano abusi sessuali o di altra natura. Gli inquirenti hanno riferito anche che Riems non si ricorda con precisione che di una ventina di casi sul centinaio di cui si è accusato. L'indagine prosegue. MAURITANIA Blitz all'ambasciata di Israele.

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ARTICOLI DEL 28-1-2008

Scritto&parlato ( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

Quarto giorno d'aria per i palestinesi di Gaza ( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

La forza di resistere Un incontro a Roma ( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

È morto George Habash ( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

I palestinesi riconoscano Israele, rinuncino al terrore e aprano alla democrazia ( da "Stampa, La" del 28-01-2008)

IL GIORNO DELLA MEMORIA LAUREA HONORIS CAUSA A FIRENZE 0 Grossman 'colomba della Shoah' in volo contro tutti i massacri ( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 28-01-2008) + 1 altra fonte

Dal Gerrei alle Alpi per salvare gli ebrei ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-01-2008)

Hamas detta l'agenda di Olmert e Abu Mazen ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-01-2008)

Elie Wiesel: La Shoah resta il Male assoluto ( da "Unita, L'" del 28-01-2008)

La memoria - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

Israeliana la guerra in Libano continua a far danni ( da "Riformista, Il" del 28-01-2008)

GENERAZIONI A CONFRONTO UN CAFFE' CON MADGI ALLAM, L'EGIZIANO CHE DISSE "VIVA ISRAELE" ( da "Riformista, Il" del 28-01-2008)

"l'arte ci aiuta contro il male" - fulvio paloscia ( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

Olmert promette aiuti umanitari ( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

La bistecca fa male alla terra l'effetto serra ci cambia la dieta - mark bittman new york ( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

Alfonso Arbib: <L'antisemitismo sottile è la minaccia di oggi> ( da "Giornale.it, Il" del 28-01-2008)

I religiosi pronti a impallinare Olmert ( da "Giornale.it, Il" del 28-01-2008)

ROMA Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, parte oggi per Israele, subito dopo le ( da "Messaggero, Il" del 28-01-2008)

La guerra che non si può vincere ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Morto George Habash, stratega dei dirottamenti ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Padre Desbois disseppellisce la <Shoah delle pallottole> ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Anche al piano Barenboim è autorevolezza ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Shoah, Milano al Binario 21 <Orrore da non dimenticare> ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

AnnaFrankconkeffiyah:<Oltraggio> ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Israele: l'antisemitismo è in calo in Europa ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Ecco le tessere naziste di Herbert von Karajan ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

FORZE ARMATE ( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Cala l'antisemitismo in Europa secondo un rapporto dello Stato di Israele Shoah, ricordo indelebile Giornata della memoria Manifestazioni in tutta Italia Oggi a Roma convegno su Ol ( da "Tempo, Il" del 28-01-2008)

Vittima della ferocia d'una ideologia di sterminio, ma anche ( da "Tempo, Il" del 28-01-2008)

L'eroe di San Nicolò che salvò centinaia di ebrei ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-01-2008)

Gaza, buio in scena vince la propaganda ( da "Opinione, L'" del 28-01-2008)

Intervista a Franco Perlasca / Anche l'Italia ha il suo "Schindler" ( da "Opinione, L'" del 28-01-2008)

Israele e le nostre responsabilità ( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ ( da "Stampa, La" del 28-01-2008)

Gaza una situazione sempre piu' complessa ( da "Voce d'Italia, La" del 28-01-2008)


Articoli

Scritto&parlato (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

 

Scritto&parlato Israele e le nostre responsabilità La mia nota, sul manifesto del 24 gennaio, contro il boicottaggio alla Fiera del libro di Torino, ha provocato molte reazioni negative, tutte - schematizzo - concentrate su un punto: lo stato d'Israele perseguita i palestinesi e quindi è giusto e doveroso boicottare la sua presenza alla Fiera del libro. Le lettere sono molte. Non è possibile pubblicarle tutte e alcune ho dovuto tagliarle. Chiedo scusa e vengo alla risposta. Innanzitutto ringrazio perché la discussione che si apre è seria e coinvolgente, e dovrebbe continuare. Certo l'attuale comportamento d'Israele porta acqua al mulino dei miei critici, ma possiamo destoricizzare la questione? Caro Michele la persecuzione degli ebrei in tutto il mondo non è un mito del recente passato. La persecuzione è antica e noi cristiani siamo intervenuti con "il popolo deicida", responsabile della crocifissione di Gesù Cristo e poi, vado a memoria, la cacciata dalla Spagna a opera della cattolica Isabella e per ultimo (ma non definitivo) la Shoah . Insomma - penso io - che sarebbe un grave errore destoricizzare la questione ebraica e ridurla solo allo stato d'Israele, perché, peraltro, sempre a mio parere, contrasta con l'essenza dell'ebraismo, che è la diaspora. Insomma non possiamo ridurre la questione ebraica all'attuale stato d'Israele, che pure è un'espressione dell'ebraismo. E poi - aggiungo - dovremmo sforzarci di una riflessione storica anche sui palestinesi, che - sempre a mio parere - sono gli ebrei del mondo arabo: intelligenti e perseguitati; dall'imperialismo occidentale e dalla feudalità araba. Tanto che io credo che la formula "due popoli uno stato", cioè uno stato ebreo-palestinese sarebbe la soluzione naturale, ma impossibile nel contesto dello scontro tra i poteri internazionali forti. Uno stato ebraico-palestinese (lo propone Gheddafi) sarebbe una grande innovazione di pace, ma nell'attuale contesto è impossibile. In tutti i modi critichiamo Israele e la sua politica, ma rinunziamo all'arma del boicottaggio, che ci riporta indietro nei secoli e va contro gli scrittori israeliani che criticano aspramente in governo. p.s. E poi se vogliamo complicare la cosa ancora di più rileggiamoci "Il problema ebraico" di Karl Marx. Valentino Parlato Schiavo del mito? Caro Valentino, ti sono molto affezionato e conosci il grande rispetto che ho per il tuo lavoro. Devo però dirti che sono rimasto senza parole leggendo il tuo intervento sulla Fiera del libro. Senza offesa, mi sconvolge la banalità delle tue motivazioni. Non perché sostengono che sia sbagliato boicottare, ma per il fatto che non sono vere motivazioni. Appaiono un'artificiale difesa d'ufficio di uno stato che è ben lontano dal mito che ti affascinò 60 anni fa. Nelle ragioni che elenchi manca un filo di logica, un filo di analisi, rispetto a quello che accade sul terreno. Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Gli israeliani stanno costruendo un nuovo apartheid che tu però neghi perché non vuoi accettare una realtà che si scontra con il mito. Eppure il nostro amico Daniel Amit aveva saputo spiegarcelo in modo così chiaro. A denunciarlo da anni è anche il maestro Daniel Baremboim, che non è certo un pericoloso estremista. Gli israeliani non sono afrikaner? Vero, ma si comportano allo stesso modo. Con il cuore colmo di delusione. Michele Giorgio Insisti nell'errore Caro Parlato, ho letto il tuo articolo di giovedì scorso. Mi ha colpito molto. Non posso pensare che le cose dette siano frutto di ignoranza, quindi perché? Per sostenere di essere contrario al boicottaggio dimentichi che anche associazioni democratiche israeliane lo sostengono, che è "anche" il 60.mo anniversario della Naqba palestinese (la "memoria" non è a senso unico), che un israeliano non è sempre ebreo, tra gli israeliani ci sono musulmani (molti), cristiani, drusi, atei; ci sono ebrei discriminati da altri ebrei, e è ipocrita dire che boicottare lo stato di Israele per la politica e le azioni contro i palestinesi che porta avanti è essere contro gli ebrei tout court. E cosa c'entra tirare in ballo il ghetto di Varsavia con il boicottaggio ? Non nascondiamoci dietro il dito degli scrittori di grande levatura presenti, tre dei quali portatori accondiscendenti della politica israeliana verso i palestinesi, quando la cultura del paese è molto variegata: dove sono i cosidetti nuovi storici o dissenzienti dal sionismo o gli scrittori palestinesi di Israele? Già sono discriminati in Israele e lo sono anche in Italia. Se fossero stati invitati forse avresti avuto più frecce al tuo arco. E infine, caro Parlato, non è vero che un libro va sempre rispettato, dipende da quello che trasmette e sono sicuro che anche per te molti libri non vanno rispettati. Allora ho l'impressione che usi questi argomenti solo per un pregiudizio, quello di difendere sempre e comunque il governo israeliano. Lino Zambrano cooperante Ong Cric Gaza Invecchi male L'articolo di Valentino Parlato in cui condanna quanti sono impegnati a boicottare l'edizione della Fiera del Libro (dove si vorrebbe ospite d'onore Israele) andrebbe stampato in milioni di copie e fatto girare ovunque. E' un testo che offre molte ragioni proprio a chi vuole boicottare la Fiera. Cosa dice Parlato? Qualunque cosa abbiano o commettano, gli israeliani vanno giustificati. Non li si può condannare oltremodo perché loro, gli israeliani, hanno subito forti persecuzioni da parte dei cattolici prima e dei nazisti poi. Ora, ditemi quale uomo o donna con un minimo di senno può pensare un abominio del genere. Io credo che nemmeno i filo-israeliani che andranno alla Fiera (se rimarrà come voluto dal Comitato che gestisce l'ente, il cui capo è iscritto alla loggia P2, tessera 2095) possano prendere le parole di Parlato per recarsi a Torino senza vergogna. Il "nostro" in un sol colpo è riuscito a spazzare via le idee di Primo Levi, Franco Fortini, Luigi Pintor e infine Stefano Chiarini (che mi sembra un bel modo di ricordarlo ad un anno dalla sua morte). Inoltre ha mandato a quel paese quegli israeliani che si rifiutano di stare dalla parte dell'occupazione. Ha stracciato, infine, molti vecchi articoli della Rossanda, di se stesso... Una cosa ha dimostrato Valentino Parlato: non è sempre vero che si invecchia bene, a volte lo si fa nel peggiore dei modi, come a esempio stare dalla parte degli aguzzini contro le vittime. Francesco Giordano Gli ebrei non sono Israele Caro Valentino Parlato, in relazione al tu articolo, "Un boicottaggio sbagliato", devo dire che condivido l'idea che il boicottaggio possa essere uno strumento a volte discutibile, ma non era questo il tema principale del tuo articolo. Tu sei entrato, mi sembra, proprio nel merito dell'opportunità di contestare lo stato di Israele, e non hai colto, mi sembra, quello che per molti di noi, almeno tra i lettori del manifesto, è invece una discriminante che non viene colta neppure da altri "compagni": l'esistenza di uno stato etnico, anzi, di più, uno stato religioso. Mentre si lotta (forse non tutti) per conservare nel nostro paese almeno il principio della laicità, si accetta che esista, e lo si sostiene, uno stato basato sulla religione (quella ebraica in questo caso) come fosse la cosa più naturale del mondo, anzi, siamo disposti a sostenere che la sua esistenza difenda il diffondersi della democrazia nel mondo. Più volte nel tuo articolo confondi lo stato di Israele con l'ebraismo; cito: "riconoscere agli ebrei il diritto a avere un territorio e uno stato, era obbligatorio", "Gli israeliani - che sono sempre ebrei...", "la persecuzione del popolo ebraico" (a sostegno della necessità dell'esistenza di uno stato ebraico), "non solo perché gli israeliani sono ebrei e non afrikaner", tutte frasi estratte dal tuo articolo, e che, mi sembra, sostengono la necessità dell'esistenza di uno stato appunto ebraico, basato sull'appartenenza religiosa. Un assunto del genere, anche se, come dici tu condiviso dal "compagno Stalin", non lo trovo affatto condivisibile, almeno non dai "compagni" che leggono il manifesto (sono tra l'altro abbonato da vari anni). Con affetto. Francesco Andreini Ebraismo e sionismo Gentile signor Parlato, lei scrive che c'è boicottaggio e boicottaggio... Si potrebbe aggiungere: c'è violenza e violenza, ci sono oppressori e oppressori. E oppressi e oppressi. Per lei, evidentemente, Israele è un oppressore autorizzato e quella israeliana una violenza doc. Perché il boicottaggio contro lo stato razzista del Sudafrica andava bene, mentre quello contro Israele, stato altrettanto razzista e basato sull'apartheid, no? Perché continuare volutamente a confondere ebraismo con sionismo e con la creazione di Israele? E' una manipolazione, è scorretto e allontana qualsiasi giusta soluzione alla questione palestinese. E non aiuta neanche gli ebrei, confusi con le feroci scelte politiche e militari di uno degli stati più spietati del mondo. La Redazione di www.infopal.it Peggio per Stalin Leggendo l'articolo di Valentino Parlato in cui si schiera contro il boicottaggio della Fiera del libro ho provato, confesso, un senso di sgomento. Sgomento che deriva in parte dal difficile momento storico che il popolo palestinese sta attraversando, stretto tra un'occupazione quanto mai feroce e una crescente indifferenza internazionale, che ci impone urgenza nello schierarci in modo netto dalla parte degli oppressi. Ma anche le argomentazioni addotte contro il boicottaggio non mi convincono. In primo luogo viene ricordato che "dopo la seconda guerra mondiale riconoscere agli ebrei il diritto di avere uno stato e un territorio era obbligatorio". Riconoscere il diritto di fondare uno stato ebraico in Palestina, in onore al vecchio testamento, non era affatto obbligatorio e si è rivelato un colossale disastro storico anche se, come ricorda Parlato, "anche Stalin fu a favore". La domanda sorge spontanea: e con ciò? La nascita dello stato di Israele non fu un risarcimento al popolo ebraico per i torti subiti durante la guerra ma il compimento di un progetto sionista studiato nei dettagli, messo in moto da Herzl alla fine dell'800 e portato avanti in modo continuo per tutta la prima metà del XX secolo. La fine della guerra e la conoscenza in Europa degli orrori dell'olocausto determinarono un clima favorevole alle risoluzioni che portano al riconoscimento di Israele. Ben diverso dall'affermare l'obbligatorietà dell'atto. Mi sembra inoltre importante sottolineare che non credo sia obiettivo del boicottaggio la cancellazione del riconoscimento di Israele da parte della comunità internazionale, semmai ricordare a Israele che le risoluzioni della stessa comunità internazionale andrebbero applicate anche quando contrarie ai propri interessi. I confini non dovrebbero essere disegnati coi mattoni su percorsi decisi dal ministro della difesa e ci sono convenzioni che si farebbe bene a rispettare. Chi è stato cacciato dalla propria casa dovrebbe poterne far ritorno così come l'esercito israeliano non dovrebbe poter arrestare delle persone nei territori occupati per poi portarle in Israele e dimenticarle in gattabuia. L'assedio medievale che costringe Gaza alla fame non dovrebbe essere permesso. Cosa c'entri la seconda guerra mondiale con tutto questo non mi è del tutto chiaro. Sicuramente c'entra tanto quanto l'aneddoto sugli ebrei del ghetto di Varsavia che cantarono l'internazionale prima di essere massacrati. Apprezzo il racconto e mi commuove intimamente, anche in virtù di mia nonna, ebrea polacca, ricordare quell'orribile massacro. Ma continuo a non trovare il nesso. Al punto crucialedell'articolo apprendo che "c'è boicottaggio e boicottaggio, quello contro i razzisti sudafricani era più che giusto" ma "Gli israeliani - che sono sempre ebrei - per quanti torti abbiano nei confronti del popolo palestinese non sono in alcun modo paragonabili ai razzisti sudafricani". E perché? Perché per quanti torti facciano, distinguendosi sulla base di un'appartenenza razziale/religiosa, a un altro popolo, non sono paragonabili agli afrikaner? Perché uno stato che ha come fondamento l'appartenenza alla stirpe di Davide, che ritiene il colonialismo un diritto concesso dalla bibbia, che riduce alla fame, alla prigionia, all'umiliazione, il popolo palestinese, non può essere paragonato al Sudafrica razzista? Sia dalla costruzione lessicale, sia da quanto segue nell'articolo, sembrerebbe che ciò che li esonera dal confronto sia proprio la loro condizione di ebrei. Infatti ci viene ricordato che "c'è la storica persecuzione del popolo ebraico, ci sono i ghetti e i campi di sterminio". E oggi ci sono i campi profughi, i check point, le carceri israeliane, l'occupazione, gli assasinii mirati e non. C'è il muro. Credo che un segnale di ripudio forte, netto, e soprattutto non isolato nel tempo contro queste politiche sia molto più importante che un qualsiasi dibattito letterario, per quanto interessante e costruttivo. Mariano Heluani, Caserta Boicottaggio opportuno Raramente non mi trovo in totale e convinta sintonia con Valentino Parlato, ma il suo intervento sulle polemiche che stanno accompagnando la Fiera internazionale del libro di Torino del prossimo maggio non ha fugato tutti i miei dubbi. Non sono in grado di entrare nel merito della querelle, non conoscendo la storia e l'opera degli autori ebraici invitati alla Fiera di Torino. Mi sento però di affermare che, qualora le voci di dissenso, non dico a "questo" governo israeliano ma a tutti gli esecutivi che si sono là succeduti negli ultimi 10-15 anni, non fossero sufficientemente ospitate nella manifestazione torinese allora una qualche forma di boicottaggio sarebbe non solo tollerabile ma quantomeno auspicabile e opportuna. Se non altro per ricordare la differenza (troppo spesso dimenticata) che c'è tra oppressi e oppressori, e che quando un popolo che fu vittima si trasforma in carnefice allora non può più invocare a sua difesa i torti subiti in passato. Enzo Lanciano Il razzismo israeliano Nel suo articolo di giovedì scorso, Valentino Parlato si oppone fermamente al ventilato boicottaggio della Fiera internazionale del libro di Torino che avrà Israele quale ospite d'onore. Le argomentazioni di Parlato (di cui sono un estimatore) stavolta però non convincono. Nel taglio basso di prima pagina scrive d'essere stato a favore del boicottaggio del Sudafrica, ma gli israeliani, sostiene, non sono razzisti come lo erano gli afrikaner. A me pare fuorviante stare a pesare il razzismo dell'uno o dell'altro (quando questo è un tratto comune). Sul razzismo di Israele mi limito a rinviare al saggio "Le racisme de l'Etat d'Israel" di Israel Shahak, che fu presidente della Lega dei diritti dell'uomo di Israele, e al più recente "Shalom fratello arabo" di Nathan Susan. Sugli effetti del razzismo israeliano parla ( almeno sul manifesto, per fortuna di noi lettori) la cronaca quotidiana. Il boicottaggio ha senso quando non è solo contro ma anche quando è per. Il boicottaggio del Sudafrica fu contro l'apartheid e per sostenere la lotta di liberazione dei neri, come era stato chiesto da Nelson Mandela. Il necessario boicottaggio della Fiera (ma non solo di questa) sarebbe contro Israele, che pure pratica l'apartheid, e per sostenere i diritti dei palestinesi, come chiedono quest'ultimi, (vedi l'intervista a Omar Barghouti sul manifesto del 22 gennaio scorso). Israele andrà difeso, quando opererà realmente a favore della pace, nel rispetto del diritto internazionale, e non perché gli ebrei furono trucidati nei campi concentramento. Argomentazioni di questo tipo nuocciono allo stesso Israele! E se la Fiera venisse boicottata dagli stessi Oz, Grossman, Yehoushua, dagli scrittori israeliani e ebrei che si dicono a favore dei diritti dei palestinesi, quei diritti che il loro paese continua a calpestare da sessant'anni? Se questi intellettuali (si)chiedessero: cosa mai dovremmo festeggiare? La storia, antica e moderna, è ricca di esempi di intellettuali che, coerentemente alle proprie posizioni, si sono opposti anche fino alle estreme conseguenze, a scelte, errate, e scellerate, dei propri governanti. Gaddo Melani Riva San Vitale Svizzera.

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Quarto giorno d'aria per i palestinesi di Gaza (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

 

A Rafah, la barriera fra l'Egitto e la Striscia è ancora giù. Ma presto gli egiziani la rimetteranno in piedi e Gaza tornerà un lager. Pacifisti israeliani e palestinesi manifestano insieme al valico di Erez Michele Giorgio Inviato a Erez La frontiera ancora aperta a Rafah non deve illudere nessuno. Gaza era e rimane un territorio sotto assedio, stretto nella morsa del blocco israeliano. Quando gli egiziani chiuderanno il valico, questo lembo di terra palestinese tornerà ad essere una prigione. A ricordarlo a tutti sono stati ieri un migliaio di pacifisti israeliani, attivisti palestinesi e stranieri che, in convoglio, da varie città israeliane e da Gerusalemme hanno raggiunto il valico di Erez, tra Gaza e Israele, per consegnare aiuti umanitari e, più di tutto, per gridare al mondo di liberare il popolo di Gaza. Un grido che non si è levato solo ad Erez perché, nello stesso momento, si sono svolte manifestazioni in sostegno di Gaza in una trentina di città di tutto il mondo tra cui Parigi, Boston, New York, San Francisco, Londra e le italiane Roma, Modena, Bologna, Grosseto, Napoli e Milano. Giunti ad Erez con auto e bus, israeliani, palestinesi e stranieri si sono diretti, scadendo slogan in ebraico ed arabo, a piedi verso il terminal. Un corteo colorato, composto di persone di tutte le età. Tante le bandiere, anche quelle rosse con la falce e il martello, e striscioni, tra cui quello delle donne ebree e palestinesi (molte delle quali velate) unite nella lotta. Gli interventi più applauditi sono stati quelli di Uri Avnery, della professoressa Nurit Peled Elhanan e del medico palestinese Eyad Sarraj che, grazie ad un collegamento telefonico amplificato, ha parlato da Gaza per sottolineare l'importanza di una saldatura delle forze progressiste e pacifiste israeliane e palestinesi nella battaglia per la fine dell'occupazione. Jeff Halper, coordinatore del "Comitato israeliano contro la demolizione delle case", si è rivolto agli abitanti di Sderot che subiscono i lanci di razzi dalla Striscia di Gaza. "Amici di Sderot - ha detto -, il governo Olmert vi tiene in ostaggio, vi obbliga a vivere in una condizione di difficoltà e paura. Hamas ha proposto una tregua immediata ma il governo continua ad ignorarla allo scopo di proseguire la sua politica di assedio di Gaza. Uscite dalle vostre case, unitevi a noi nella lotta nel progetto di una pace giusta per entrambi i popoli". Ad una quarantina di km di distanza, dall'altra parte di Gaza, migliaia di palestinesi continuavano a riversarsi, per il quarto giorno consecutivo, in territorio egiziano approfittando dei nuovi varchi aperti nella barriera di confine dai militanti di Hamas. Si passa anche con le automobili e gli autocarri e i taxisti di Gaza ora organizzano tour turistici fino alla cittadina egiziana di el-Arish, distante una sessantina di chilometri, per la somma di 40 shekel (circa 8 euro). Da ieri c'è anche un flusso in senso contrario, con centinaia di commercianti egiziani che vengono nella Striscia per concordare nuove forniture di generi alimentari e merci di ogni tipo. Non mancano anche gli egiziani desiderosi di visitare un territorio martoriato alle porte del loro paese. Si sono ripetuti gli scontri tra palestinesi e polizia di confine egiziana - il Cairo riferisce del ferimento di una quarantina di agenti, alcuni dei quali sarebbero in gravi condizioni - ma allo stesso tempo dall'Egitto giunge la rassicurazione che la frontiera rimarrà aperta fino a quando i palestinesi non avranno concluso i loro approvvigionamenti. La linea egiziana è mutata più volte in questi giorni, sotto la spinta delle pressioni interne sul regime di Mubarak, volte ad ottenere un aiuto più concreto ai palestinesi, e di quelle di senso contrario provenienti da Usa e Israele. Il Cairo ora sta cercando una via d'uscita politica e se da un lato lancia accuse ad Hamas, dall'altro, dietro le quinte, dialoga con il movimento islamico palestinese. Ieri il ministro degli esteri Ahmed Aboul Gheit ha rinnovato l'offerta di ospitare al Cairo una conferenza per la riconciliazione fra i gruppi palestinesi, già accettata da Hamas ma alla quale il presidente dell'Anp, Abu Mazen, ha risposto con un secco "no" e ha posto come condizione la rinuncia immediata del movimento islamico al controllo della Striscia di Gaza. Aboul Gheit ieri ha incontrato il premier del governo di Ramallah, Salam Fayaad. Di Gaza si parlerà oggi a Gerusalemme durante il nuovo incontro tra Abu Mazen e il premier israeliano Olmert. Abu Mazen ieri ha chiesto ai gruppi armati palestinesi di fermare i lanci di razzi su Israele.

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La forza di resistere Un incontro a Roma (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

 

Palestina La forza di resistere Un incontro a Roma Geraldina Colotti Roma "La tenacia di resistere, il coraggio di rifiutare". Questo il titolo dell'incontro, promosso da un cartello di associazioni pacifiste (Donne in nero, Ebrei contro l'occupazione, Fiom-Cgil, Prc-Se, Comunità palestinese Roma e Lazio, Arci) che ieri a Roma per 4 ore ha tenuto alta l'attenzione nell'affollatissima sala della rivista Carta. Sul grande schermo, la gente di Gaza che attraversa il muro fatto saltare da Hamas con la dinamite: donne e bambini di quella società civile, che è stata al centro della giornata globale dei Wsf. Al tavolo, i pacifisti di Bil'in-Palestina (Basel Mansour), che ogni venerdì manifestano mano nella mano. Bil'in è un piccolo villaggio che il muro ha privato delle terre, nella colonia ebraica di Modi'in, in Cisgiordania: una colonia importante, che prende le terre di cinque villaggi palestinesi. Insediamenti che crescono rapidamente e stanno per ottenere lo statuto di città, mostrando il ruolo del muro nella politica dei fatti compiuti di Israele. Sotto accusa, per questo, il silenzio colpevole dell'Europa, incapace di una risposta efficace alle sollecitazioni degli attivisti - ha detto Alessandra Mecozzi -, registrando "la regressione e l'impotenza" dei movimenti di solidarietà per la Palestina, sotto ricatto da parte di un'informazione "incapace di dire la verità su quel che accade". Accenti ancora più amari quelli dell'europarlamentare Luisa Morgantini, che ha riscontrato la perdita "di identità nazionale" delle forze palestinesi, che si "presentano divise" al tavolo della trattativa. E intanto, l'atteggiamento di Israele pone "un problema di legalità internazionale che travalica il conflitto Israelo-Palestinese", e interroga l'efficacia e la praticabilità degli obiettivi sostenuti fino ad ora da una parte dei movimenti di solidarietà. "La soluzione due popoli due stati sta svanendo, anche i pacifisti lo percepiscono - ha detto Lama Hourani (International women commission, Gaza-Palestina)". Ma l'interrogativo resta: "se Israele non accetta due stati divisi, come potrebbe garantire pari diritti e opportunità ai palestinesi all'interno di uno stesso stato?". Quanto Israele stia diventando impermeabile alle richieste di pace che provengono anche dal suo interno, lo ha mostrato il refusenik Noam Livne: "Abbiamo rifiutato il servizio militare prima dello scoppio della seconda intifada dicendo: non attraverseremo la linea verde con le uniformi militari. Quando siamo diventati tanti, l'esercito al posto dei riservisti, più coscienti, ha mandato i soldati di leva nei territori occupati. Oggi il rifiuto è meno netto. Dobbiamo trovare altre modalità d'azione".

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È morto George Habash (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

 

Era il fondatore dell'Fplp la formazione marxista dell'Olp. Aveva 81 anni, era nato a Lydda (Lod), dal '48 non era mai più tornato in Palestina Michele Giorgio "George Habash per noi era la coscienza della Palestina, l'uomo che aveva cercato con la sua azione politica di tenere legate insieme la memoria collettiva del nostro popolo con l'idea del progresso". Sono state queste le parole che ci ha detto la parlamentare palestinese Khalida Jarrar dopo l'annuncio del morte avvenuta ieri ad Amman del fondatore del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), formazione di marxista, la più importante dell'Olp subito dopo Fatah. E proprio di Fatah e del suo leader Yasser Arafat (morto nel 2004), Habash era stato un acceso rivale mettendone in continuo dubbio la linea politica che giudicava rinunciataria e dannosa alla causa palestinese. A provocare la morte di Habash, 81 anni, è stato un attacco cardiaco: da molti anni era gravemente ammalato e le sue condizioni erano peggiorate in questi ultimi mesi. La sua scomparsa è avvenuta alla vigilia della ripresa del processo in Israele ad Ahmad Saadat, l'attuale segretario generale del Fplp. Israele ha ucciso all'inizio della seconda Intifada il predecessore di Saadat, Abu Ali Mustafa. George Habash in Palestina non è mai tornato dopo averla dovuta lasciare, come altre centinaia di migliaia di palestinesi, nel 1948. Nato 1926 a Lydda (l'attuale città israeliana di Lod) in una famiglia di commercianti di fede greco-ortodossa aveva diviso in gioventù le sue passioni tra lo studio della medicina e il nazionalismo palestinese. Divenne medico a Beirut e per questo in politica ebbe il soprannome di "il dottore". Convinto marxista, cercò di coniugare la lotta per la liberazione dei lavoratori con quella del suo popolo. Nel 1952 creò il Movimento dei nazionalisti arabi (di ispirazione nasseriana) e nel 1967, dopo la disfatta araba nella Guerra dei sei giorni con Israele, fondò il Fplp, marxista-leninista, in aperta contrapposizione ideologica con Arafat che a sua volta aveva preso il pieno controllo di Fatah. Dal Fplp un anno dopo si staccarono due nuovi gruppi, il più moderato Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp) e il Fplp-Comando generale (Fplp-Cg) controllato (ancora oggi) della Siria. Habash visse in quegli anni tra Libano, Giordania e Siria, spesso ponendosi in contrasto con le autorità locali a causa della sua attività che abbinava la lotta per la Palestina con l'ideale rivoluzionario. Divenne un leader noto in tutto il mondo per le operazioni dei combattenti del Fplp, alle quali partecipavano talvolta anche rivoluzionari di altri paesi. Nel 1970 i suoi guerriglieri, allo scopo di ottenere la liberazione di prigionieri politici, dirottarono tre aerei di linea in Giordania e, dopo aver liberato i passeggeri, li distrussero. Per Habash solo la trasformazione radicale del Medio Oriente e il rovesciamento di monarchie ed emirati alleati degli Usa e delle ex-potenze coloniali, avrebbero potuto ridare pieni diritti ai palestinesi e portare allo stesso tempo alla liberazione delle masse lavoratrici arabe. Entrò, ma non solo per questa ragione, in aperto conflitto con il sovrano hashemita Hussein che ordinò una dura repressione contro i guerriglieri palestinesi in Giordania: il "Settembre nero". Habash allora si rifugiò come molti altri palestinesi in Libano. Dopo l'invasione israeliana del 1982, si spostò a Damasco. Nel '92 fu colpito da un ictus che lo limitò molto ma non ciò non gli impedì di riconoscere i gravi limiti e, quindi, di respingere gli accordi di Oslo tra Olp e Israele che Arafat avrebbe firmato nel 1993. Con Habash se ne va un altro pezzo di storia palestinese. Lo riconosce anche l'Anp di Abu Mazen che ha proclamato tre giorni di lutto nazionale.

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I palestinesi riconoscano Israele, rinuncino al terrore e aprano alla democrazia (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 28-01-2008)

 

LA PACE IN MEDIO ORIENTE COME SI BATTONO I TERRORISTI "I palestinesi riconoscano Israele, rinuncino al terrore e aprano alla democrazia" "Braccandoli, aumentando le dimensioni dell'esercito e rafforzando l'intelligence".

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IL GIORNO DELLA MEMORIA LAUREA HONORIS CAUSA A FIRENZE 0 Grossman 'colomba della Shoah' in volo contro tutti i massacri (sezione: Israele/Palestina)

( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 28-01-2008)
Pubblicato anche in:
(Giorno, Il (Nazionale))

 

IL GIORNO DELLA MEMORIA LAUREA HONORIS CAUSA A FIRENZE Grossman 'colomba della Shoah' in volo contro tutti i massacri di LEONARDO STURIALE SERVE una "colomba della Shoah" perché il Giorno della Memoria sfugga ai rischi dell'obbligo rituale, trovi il proprio "significato universale, non esclusivamente ebraico", non diventi "un tributo pagato dal senso di colpa europeo". "Ogni ebreo, che lo voglia o no, è un colombo viaggiatore della Shoah", dice David Grossman (nella foto). E pochi sanno volare alti come lui. Lo scrittore israeliano, 54 anni compiuti da due giorni, laureato ieri honoris causa dall'Università di Firenze, sale sul podio per raccontare la "sua" memoria, o meglio la nostra. E' UNA LEZIONE sull'umanità, sull'arte che riporta al presente i testimoni della tragedia, rende attuali, personali, gli interrogativi della storia. Grossman, amatissimo dai lettori italiani che da ieri a Firenze si accalcano per stringergli la mano, non è mai sfuggito a questo compito. Ne ha fatto, anzi, la sua bandiera, a partire da Vedi alla voce: amore, il suo primo capolavoro. Scritto, racconta Grossman, perchè "non avrei potuto comprendere appieno la mia vita di essere umano, di padre, di ebreo, di israeliano e di scrittore, fintanto che non avessi sperimentato, grazie alla scrittura, l'esistenza che non avevo avuto laggiù, all'epoca della Shoah. Dovevo capire se, e in che modo, sarei stato in grado di mantenere una parvenza umana qualora mi fossi trovato laggiù, come una delle vittime o, Dio non voglia, uno dei carnefici. Volevo sapere cosa un uomo deve cancellare, o rimuovere, dentro di sé per poter essere parte di un meccanismo omicida. Per poter sopprimere altri, o anche "soltanto" accettare quella situazione in silenzio". Interrogativi che non riguardano solo l'Olocausto, quella Storia e chi ne è testimone, diretto o indiretto, ma che sono rivolte a tutti noi, oggi, nella nostra storia. Domande che concernono "anche il nostro rapporto con gli stranieri, i diversi, i deboli di ogni nazione del globo", aggiunge Grossman mentre punta il dito contro "l'indifferenza che il mondo mostra, di volta in volta, verso episodi di massacro in Ruanda, in Congo, in Kosovo, in Cecenia, nel Darfur". QUI STA il significato universale della Giornata della Memoria, come la interpreta la colomba Grossman. Qui sta anche la differenza tra lo scrittore e il cronista, che segue piatto gli eventi, mettendo al riparo il lettore dal messaggio. Grossman, che giornalista è stato, sa bene quale sia il potere dell'arte, la sua, capace di sradicare l'uomo dalla routine dell'orrore proposta dai mass media. Un costruttore di pace, come Grossman, parte da qui. E dal dolore di un padre che ha perso il figlio Uri in battaglia nel luglio 2006, l'ultimo giorno di una guerra in Libano di cui Grossman, insieme ad Amos Oz e Abrham Yehoshoua aveva appena chiesto la fine. Ma ci crede ancora alla pace David Grossman? "Ho sempre speranza, non posso permettermi il lusso di non averla. Ma il momento è molto difficile sia per gli israeliani che per i palestinesi. E non posso dire che i leader di entrambe le parti, siano in grado di fare ciò che dovrebbero. Non ancora, almeno". - -->.

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Dal Gerrei alle Alpi per salvare gli ebrei (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-01-2008)

 

Primo Piano Pagina 105 Dal Gerrei alle Alpi per salvare gli ebrei Una medaglia di Israele ricorda il finanziere Salvatore Corrias --> Una medaglia di Israele ricorda il finanziere Salvatore Corrias Fu ucciso nel gennaio '45 a 36 anni dalle Brigate nere per aver aiutato centinaia di ebrei a fuggire in svizzera. Ora l'Italia ricorda Salvatore Corrias, eroico finanziere di San Nicolò Gerrei. Una medaglia d'oro al merito civile e la medaglia dei giusti tra le nazioni sarà consegnata alla memoria dell'eroico finanziere di San Nicolò Gerrei Salvatore Corrias. L'appuntamento è per domani alle 11 presso il salone d'onore della caserma Sante Laria a Roma, in Piazza Armellini. La consegna verra fatta dal Comandante generale della Guardia di Finanza e dall'ambasciatore dello Stato d'Israele. Saranno presenti il sindaco di San Nicolò Gerrei Silvestro Furcas ed il vice sindaco Maddalena Soro. "Sarà un momento di grande commozione-dice Furcas.- un riconoscimento per la memoria di un eroe che ha dato lustro a San Nicolò Gerrei ma anche a tutta la Sardegna. Le sue gesta di altruismo non potevano essere dimenticate". In realtà di Salvatore Corrias sino a qualche anno fa si sapeva molto poco. Nel 2004 il Comune di San Nicolò Gerrei dopo aver letto un articolo su un giornale della diocesi di Ales, si è occupato di questo suo eroe, promuovendo ricerche tra il Distretto militare, la Guardia di finanza e il Comune di Moltrasio in provincia di Como dove l'eroe aveva vissuto. "Abbiamo parlato con i familiari ancora residenti in paese-racconta l'ex sindaco Umberto Buccella- decidendo di dedicare a Salvatore una lapide che realizzata dallo scultore di Donori, Angelo Casula, è stata inaugurata tre anni fa. E il minimo che si potesse fare per ricordare le sue gesta". Salvatore Corrias fu ucciso 63anni fa dai fascisti che lo avevano accusato di aver favorito la fuga in Svizzera di centinaia di ebrei. Partito soldato, qualche anno dopo indossò la divisa di finanziere. È stato un grande benefattore. Smessi i gradi, restò al confine, salvò famiglie intere, soprattutto ebree. Ma quando fu scoperto, fu fucilato. Purtroppo fu dimenticato. Qui a San Nicolò Gerrei lo ricordano in pochi. "L'ho visto una sola volta - ricorda la nipote Cristina Furcas - ero piccola. Torno a San Nicolò Gerrei in licenza, per qualche giorno. Poi, non l'ho più visto. Di lui conserviamo tutti un grande affetto. È stato sicuramente un eroe". Corrias nacque a San Nicolò Gerrei il 18 novembre del 1909. Vent'anni dopo si arruolò nella Guardia di finanza. Durante la seconda guerra mondiale, fu trasferito nel decimo Battaglione. Fece servizio in Albania. Quindi il ritorno in Italia con destinazione Olgiate Comasco prima, e Moltrasio dopo. Nel 1944, si affiliò alla Brigata Emanuele Arton , una organizzazione partigiana. Così, Salvatore Corrias iniziò a fare la spola sul confine svizzero: molte persone si salvarono grazie al suo eroismo. Il giornale La Provincia di Como si è occupato di lui scrivendo che il giovane sardo ebbe una parte importante nella storia del Movimento di liberazione comasco. Scoperto dai fascisti, Corrias venne fucilato dalle Brigate nere della Repubblica sociale. Era il gennaio di 63 anni fa. Aveva 36 anni. Una storia che non fece il giro di San Nicolò Gerrei. Anzi, Salvatore Corrias, eroico Schindler sardo, fu dimenticato. A San Nicolò Gerrei dopo la sua morte arrivò invece la fidanzata, poi ripartita. Oggi in paese vivono alcuni cugini di Salvatore. Una storia straordinaria. San Nicolò aveva il suo eroe e molti, di questo giovane non sapevano nulla. Ora la festa a Roma, la medaglia d'oro che il sindaco Silvestro Furcas porterà a fine settimana in paese. "Stiamo pensando di esporla al museo. Una storia, quella di Salvatore, destinata così ad essere tramandata nei cuori del paese. San Nicolò Gerrei non dimenticherà il suo soldato-finanziere-eroe". RAFFAELE SERRELI.

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Hamas detta l'agenda di Olmert e Abu Mazen (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-01-2008)

 

Esteri Pagina 109 Medio Oriente Hamas detta l'agenda di Olmert e Abu Mazen Medio Oriente --> GERUSALEMME La necessità di ridimensionare Hamas dopo il prestigio guadagnato fra i palestinesi con il blitz che ha cancellato il confine fra Gaza ed Egitto, è stata ieri al centro di un incontro a Gerusalemme fra il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente dell'Anp Abu Mazen. Poco prima del vertice, il governo israeliano ha informato la Corte Suprema (che esaminava due appelli contro il prolungato blocco della Striscia) di essere pronto a ripristinare "con effetto immediato" le forniture a Gaza di generi di prima necessità nonché di una quantità di gasolio che dovrebbe bastare a garantire il fabbisogno della centrale elettrica locale. Hamas ha già chiarito che non si lascerà mettere con le spalle al muro. L'ex primo ministro Ismail Haniyeh ha anticipato che una delegazione di Hamas si recherà mercoledì da Gaza al Cairo per esigere che "l'assedio alla Striscia sia rimosso" e che al valico di Rafah sia mantenuta l'attuale apertura fino a un accordo che garantisca la fine dell'embargo israeliano. Olmert e Abu Mazen hanno constatato con preoccupazione che l'iniziativa di Hamas sul confine di Rafah, rischia di scardinare definitivamente gli accordi raggiunti due anni fa.

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Elie Wiesel: La Shoah resta il Male assoluto (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 28-01-2008)

 

Stai consultando l'edizione del Elie Wiesel: "La Shoah resta il Male assoluto" di Umberto De Giovannangeli / Segue dalla prima R icordare non è solo un tributo ai milioni di donne e uomini annientati nei lager. "L'antisemitismo e l'odio razziale - riflette Wiesel - segnano anche questo inizio secolo. Non posso perdonare gli aguzzini e coloro che ne esaltano le gesta". Parla a ragion veduta, il grande scrittore, Lui il mostro nazista l'ha visto negli occhi: "Non credo - afferma - che esista il Bene assoluto, nella mia vita, almeno, non l'ho mai incontrato . Ma il Male assoluto l'ho conosciuto e da allora non mi ha più abbandonato: l'ho visto negli occhi dei nostri carnefici, e nelle pietose giustificazioni di chi ripeteva: "Io non c'entro, non sapevo" e lo ritrovo anche oggi in chi nega che l'Olocausto fu innanzitutto il tentativo di annientare gli ebrei". Oggi ricorda Elie Wiesel, lo spettro di una nuova Shoah torna ad essere agitato da "una figura che non può avere un posto nel panorama dei leader politici internazionali. Dovrebbe diventare "persona non grata", per ciò che sta facendo al suo Paese, al suo popolo, a tutta l'umanità. Il nome di questa persona è Mahmoud Ahmadinejad: costui rappresenta la parte più buia dell'orizzonte politico odierno". "Spero che il 2008 - afferma Elie Wiesel - possa essere davvero l'anno della pace in Medio Oriente", ma lo scenario internazionale, e non solo quello mediorientale, è segnato pesantemente dalla crescente insicurezza globale dovuta al terrorismo. "Stiamo lasciando alle nuove generazioni un mondo pieno di paura - riflette il grande scrittore della Memoria - cosa ne faremo, lo trasformeremo in una fortezza?". Nella Giornata della Memoria, è importante raccontare soprattutto ai giovani cosa è stato l'Olocausto. Compito a cui lei non si è mai sottratto. A un ragazzo di oggi che le chiedesse: cosa è stato l'Olocausto?, che risposta darebbe? "È stato il Male assoluto. Ecco cosa è stato. Ciò che ha caratterizzato quel periodo fu una determinazione assoluta nel pianificare e condurre a compimento l'annientamento di un popolo. Questo è stato l'Olocausto, in questo consiste la sua novità rispetto al passato: per la prima volta nella storia, si intendeva eliminare completamente dalla faccia della terra un popolo. Gli ebrei non furono perseguitati e sterminati per motivi specifici, perché credevano o non credevano in Dio, perché erano ricchi o poveri, o perché professavano ideologie nemiche: no, gli ebrei venivano uccisi, umiliati, torturati per il semplice fatto di essere tali. Perché erano colpevoli di esistere: questo è l'orrore incancellabile della Shoah". La memoria dell'Olocausto sembra smarrirsi: c'è chi afferma che ciò è un bene, che ricordare serve solo a perpetuare antiche divisioni. "No, no, sono assolutamente contrario. Dimenticare le vittime significa null'altro che infliggere loro una seconda morte! Una vera riconciliazione, inoltre, non può avvenire che a partire dal ricordo, preservando la memoria di ciò che furono quegli anni. È vero: oggi c'è chi esalta l'oblio, chi ritiene giunto il momento di archiviare il passato. A questa operazione sento il dovere morale di ribellarmi, ieri come oggi: perché per nessuna ragione al mondo è possibile cancellare la distinzione tra il carnefice e la sua vittima. Ed ancor oggi l'Olocausto insegna che quando una comunità viene perseguitata tutto il mondo ne risulta colpito". Molti dei suoi libri hanno trattato il tema della memoria, del ricordo e dell'oblio, e di come la tragedia dell'Olocausto si è trasmessa di padre in figlio nel popolo ebraico, in Israele e nella Diaspora. "È il tema dell'identità ebraica, della sua specificità che non va smarrita ma che non deve mai essere vissuta come "separazione" dal mondo dei "Gentili". In uno dei miei libri, L'oblio, (Bompiani), il protagonista sintetizza così il suo essere ebreo: "Se sono ebreo, sono un uomo. Se non lo sono, non sono nulla. Solo così potrò amare il mio popolo senza odiare gli altri". Questo mi ripetevo allora, nei giorni di Buchenwald, quando i nostri aguzzini volevano cancellare la nostra identità, prima di negarci la vita, per ridurci solo a numeri, quelli marchiati a fuoco sulle nostre braccia. Ma non ci sono riusciti: hanno ucciso sei milioni di ebrei ma non sono riusciti a cancellare la nostra identità. Ed è per questo che oggi, nella Giornata della Memoria, posso dire con il mio Malkiel (il protagonista dell'Oblio, ndr.): è proprio perché amo il popolo ebraico che trovo in me la forza per amare quelli che seguono altre tradizioni. Un ebreo che nega se stesso non fa che scegliere la menzogna". Signor Wiesel, per chi ha vissuto l'esperienza dei lager nazisti ha un senso la parola "perdono"? "È la domanda che ha accompagnato la mia esistenza di sopravvissuto. Ma parole come perdono o misericordia non trovano posto nell'inferno di Auschwitz, di Buchenwald, di Dachau, di Treblinka.. No, non è possibile perdonare gli aguzzini di un tempo e coloro che ancora oggi ne esaltano le gesta. In questi sessantatre anni, ho pregato più volte Dio e la preghiera è la stessa che recitavo quando ero rinchiuso nel lager: "Dio di misericordia, non avere misericordia per gli assassini di bambini ebrei, non avere misericordia per coloro che hanno creato Auschwitz, e Buchenwald, e Dachau, e Treblinka, e Bergen-Belsen.Non perdonare coloro che qui hanno assassinato. Ma questo non vuol dire condannare per sempre il popolo tedesco, perché noi ebrei, le vittime, non crediamo nella colpa collettiva. Solo il colpevole è colpevole". Dal passato che non passa, ad un presente inquietante. Lei ha usato parole durissime contro il presidente iraniano Ahmadinejad. Perché? "Perché costui, nel ridicolizzare le verità storicamente accertate, nell'offendere la memoria dei sopravvissuti all'Olocausto ancora vivi, glorifica l'arte della menzogna. Da numero uno dei negazionisti al mondo, da antisemita con una mente disturbata, dichiara che la "soluzione finale" di Hitler non è mai esistita. E non basta. Secondo Ahmadinejiad, non c'è stato un Olocausto nel passato, ma vi sarà nel futuro. Elucubrazioni di un fanatico? Sì, ma il fanatico si rivolge a folle che plaudono alle sue idee. Parole vuote? Lui non parla per nulla. Sembra impegnato nel mantenere le sue "promesse". Sarebbe un errore mettere in dubbio la sua determinazione. Una persona non predica odio per niente. Appartengo a una generazione che ha imparato a prendere sul serio le parole del nemico. Anche perché queste parole sono accompagnate da fatti: chi c'è dietro l'organizzazione terrorista degli Hezbollah? L'Iran. L'Iran li fornisce di tutte le armi più sofisticate e degli ufficiali che addestrano le loro milizie. Ma cosa vogliono gli Hezbollah? Concezioni territoriali? No. La creazione di uno Stato palestinese che viva fianco a fianco con Israele, cosa che personalmente mi auguro? No. L'unico obiettivo di questo movimento - e del presidente iraniano - è la distruzione di Israele. Ecco perché io sostengo che Ahmadinejad non può avere un posto nel panorama dei leader politici internazionali. Dovrebbe diventare "persona non grata", per quello che sta facendo al suo Paese, al suo popolo, a tutta l'umanità". Nella sua visita in Israele, il presidente Usa Bush, al museo dello Yad Vashem, si è chiesto del perché gli Alleati non avessero bombardato prima Auschwitz. Secondo un filone storiografico, ciò non avvenne perché gli Alleati temevano che bombardando avrebbero ucciso migliaia di prigionieri del campo. "Questa motivazione non regge. Prima però mi lasci dire che ho molto apprezzato le parole del presidente Bush. Il suo è stato un atto di coraggio che è mancato ai suoi predecessori.". Lei parlava di una scusa. "Io ero ad Auschwitz. E posso dirle che ogni volta che assieme ai miei compagni di sventura sentivamo gli aerei sorvolare Auschwitz, pregavamo che bombardassero: sarebbe stata una morte preferibile alle camere a gas. La verità è che non solo gli angloamericani ma anche i russi, avrebbero potuto bombardare i binari della ferrovia che portava ad Auschwitz. In tal modo si poteva salvare la vita di decine di migliaia di ebrei. Così non è stato. E credo che il rimorso per non aver dato l'ordine di bombardare abbia accompagnato i responsabili per tutta la loro vita". GIORNO DELLA MEMORIA Parla lo scrittore premio Nobel nel 1986: "Dimenticare è impossibile e significherebbe uccidere una seconda volta le vittime. Ma non c'è solo il rischio dell'oblio: Ahmadinejad e il terrorismo sono pericoli reali".

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La memoria - (segue dalla prima pagina) (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

 

Cultura LA MEMORIA il discorso di david grossman all'università di firenze i due ebrei salvati da una prostituta e la shoah Gli interrogativi che quella tragedia ci pone riguardano anche i nostri rapporti con gli stranieri, i diversi, i deboli di ogni nazione La storia di Leib ed Ester Rochman non è fra le più terribili. Eppure racchiude una tale sofferenza che da anni non mi dà pace (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Lo scrittore israeliano ha ricevuto ieri a Firenze la laurea ad honorem. Pubblichiamo parte del discorso che ha letto durante la cerimonia. E noi, rappresentanti di questa generazione, di tutti i popoli e le religioni, comprendiamo l'incisività e l'attualità degli interrogativi che la Shoah ci prospetta e la rilevanza che hanno ancora oggi, soprattutto oggi? Queste domande concernono, peraltro, anche il nostro rapporto con gli stranieri, i diversi, i deboli di ogni nazione del globo; concernono l'indifferenza che il mondo mostra, di volta in volta, verso episodi di massacro in Ruanda, in Congo, in Kosovo, in Cecenia, nel Darfur; concernono la malvagità e la crudeltà del genere umano che nel periodo della Shoah si profilarono come concreta possibilità di comportamento. In che modo trovano espressione nella nostra vita e quale influenza hanno sulla conformazione e sulla condotta del genere umano? In altre parole: la memoria che serbiamo della Shoah può essere veramente una sorta di segnale d'avvertimento morale? E siamo noi in grado di trasformare i suoi insegnamenti in parte integrante della nostra vita? (...) Mentre gli altri popoli possono, con relativa facilità, evitare di riflettere sulle conseguenze della Shoah ? e dunque sfuggire a un dibattito profondo che le concerne ? noi, in Israele, siamo condannati a dibatterle ripetutamente, a cadere talvolta nella trappola dell'angoscia esistenziale che la Shoah ha scavato in noi, a definire gli aspetti significativi della nostra vita nei termini categorici, estremi, che la Shoah ha lasciato impresso in noi. In un certo senso si può dire che il popolo ebraico, e di fatto quasi ogni ebreo, sia un colombo viaggiatore della Shoah, che lo voglia o no. Ma affinché questa disquisizione non rimanga a un livello puramente teorico, non appaia come una sorta di dissertazione filosofica distante dagli esseri umani, vorrei raccontarvi una storia di quel periodo. Non è una storia particolarmente traumatica. Ne ho sentite di più brutte e terribili. Eppure racchiude una tale sofferenza e un tale dolore che da anni non mi dà pace. Si tratta della vicenda di un giornalista ebreo polacco di nome Leib Rochman. Negli anni Trenta del secolo scorso Rochman scriveva per un giornale in yiddish pubblicato a Varsavia. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale fece ritorno alla cittadina nella quale era nato, Minsk Mazowiecki, situata a est di Varsavia, dove si attivò come "assistente sociale" tra gli ebrei del ghetto, facendo meraviglie nel procacciare cibo agli affamati. Nel 1942 sposò Ester, anch'ella nativa del luogo, e tre mesi dopo i nazisti sterminarono la comunità ebraica. Dei seimila ebrei della cittadina ne rimasero meno di venti. Leib ed Ester, insieme con la sorella minore di quest'ultima, riuscirono a mettersi in salvo e a trovare rifugio presso una donna polacca il cui soprannome era "Ciotka", zia in polacco, un'anziana prostituta cordiale e piena di vita. (...) Nel suo salotto Ciotka costruì per Leib ed Ester una parete-nascondiglio, a poca distanza da quella originaria. Leib, sua moglie e sua cognata vissero nell'intercapedine tra le due pareti per quasi due anni. A un certo punto decisero di portarvi anche Haim, il fratellino minore di Ester, tenuto prigioniero in un campo dei dintorni, e consegnarono a Ciotka del denaro affinché si recasse al campo, corrompesse le guardie, liberasse Haim e lo conducesse da loro. Ciotka si mise in viaggio ma strada facendo bevve un po', divenne allegra, passò accanto a una fiera, salì su una giostra, si divertì e quando finì di spendere tutto il denaro che aveva con sé tornò a casa senza Haim. Quella notte i tedeschi giustiziarono tutti i prigionieri del campo e anche Haim morì. Quando Leib ed Ester vennero a sapere che Haim non era più in vita decisero di salvare un altro ebreo che, per quanto non fosse loro amico stretto, possedeva una vasta cultura ebraica e parlava la lingua della Bibbia. Poiché credevano che non fossero quasi rimasti ebrei al mondo, ritennero indispensabile tentare di salvare chi potesse perpetuare lo spirito e la tradizione ebraica. (...) Rimasero nascosti fino alla fine della guerra, quando poterono uscire. Leib Rochman era molto malato e debole. I cinque abbandonarono il nascondiglio e si misero in viaggio, senza sapere per dove. (...) Ovunque andassero la gente li indicava e diceva stupita, in tono di scherno: ma come, sono rimasti così tanti ebrei? Una notte trovarono rifugio in un campo di prigionieri vuoto, il cui recinto era stato sfondato, e lì trascorsero la notte. C'erano giacigli e tavolacci e su quelli dormirono. La mattina, al loro risveglio, scoprirono di essere nel campo di concentramento di Meidanek, liberato un paio di giorni prima dai russi, e di aver dormito sui letti dei prigionieri. Alla luce del giorno gironzolarono per il campo e all'improvviso videro la Shoah. Non sapevano esattamente che cosa fosse avvenuto negli ultimi due anni e ora vedevano davanti a sé mucchi di cadaveri e i cumuli di cenere di chi era stato bruciato. Non riuscivano a crederci: tutto era lì, sotto i loro occhi, eppure non riuscivano a capacitarsi che fosse successo veramente, che una cosa simile fosse stata possibile. A quel punto si imbatterono in un gruppo di ufficiali e di guardie del campo catturati dai russi. I soldati dell'Armata rossa accerchiavano i tedeschi che stavano seduti al centro, prigionieri. Così, nello stesso giorno, Leib e compagni videro le vittime e i carnefici. I carnefici in carne ed ossa. Non qualcosa di astratto, un qualche simbolo del male. Lì, davanti a loro, erano gli assassini che avevano messo in atto il piano della "soluzione finale". Di colpo Leib Rochman non fu più in grado di sopportarlo. Corse verso un soldato russo e gli strappò di mano il fucile, con l'intenzione di sparare ai tedeschi. Fermo davanti a loro prese la mira, ma non riuscì a premere il grilletto. Quasi impazzì, urlò, odiò se stesso, ma non poté farlo. Allora gridò, in yiddish: Aufstein, Fallen! ? In piedi! A terra! I tedeschi, sicuri che stesse per ucciderli, fecero ciò che ordinava loro, terrorizzati. Scattarono in piedi e si lasciarono cadere a terra, più volte. Leib capì che non sarebbe riuscito ad ammazzarli. Non sapendo cosa fare buttò via il fucile, si ritirò in disparte e scoppiò a piangere, a tossire e per la prima volta sputò sangue. Allora scoprì di essere malato di tubercolosi. Leib ed Ester Rochman ebbero molte altre vicissitudini, attraversarono numerose nazioni e alla fine giunsero nella terra di Israele. Si stabilirono a Gerusalemme ed ebbero un figlio e una figlia. Quest'ultima, la poetessa Rivka Miriam Rochman, è una mia cara e buona amica ed è da lei che ho appreso questa storia. Leib Rochman fu giornalista dell'emittente radio israeliana "Kol Israel" ma per gran parte della sua vita si dedicò alla scrittura. Pubblicò due romanzi e una raccolta di racconti che ritengo esempi meravigliosi di letteratura innovativa, profonda, che discende negli abissi dell'animo umano. Questa è la storia sua e di sua moglie Ester. Ci sono altre milioni di storie come questa. Ogni persona morta, o sopravvissuta, è una vicenda a sé e tutte queste storie, in apparenza, si mantengono su un piano totalmente diverso da quello su cui sono dibattute oggi le grandi "questioni" relative alla Shoah, sempre che siano dibattute. Tali questioni vertono soprattutto sulla negazione della Shoah, sull'incremento del numero dei neo-nazisti in diverse nazioni e sul rafforzamento dell'antisemitismo nel mondo. Negli ultimi anni la discussione circa il diritto dei tedeschi di considerarsi vittime di quella guerra al pari di altri popoli, o addirittura di creare una simmetria ? errata e inammissibile a mio parere ? tra la loro sofferenza e quella degli ebrei durante la Shoah, si fa sempre più accesa. Le vicende personali di Leib ed Ester Rochman, così come quelle di altri milioni di persone, si mantengono, come ho detto, su un piano diverso, ma senza di esse un dibattito sulla Shoah non sarebbe completo e sarebbe impossibile creare un legame emotivo tra le generazioni future e ciò che avvenne allora. Dirò di più: senza quelle storie personali il dibattito sulla Shoah potrebbe talvolta apparire un tentativo inconsapevole di difendersi dall'orrore palese. E, spingendoci oltre, si potrebbe ipotizzare che senza di esse il dibattito generico, di principio, si spegnerebbe lentamente. Proprio le vicende individuali, private, sono il "luogo" più universale, la dimensione entro la quale è possibile creare il senso di identificazione umana e morale con le vittime che permette a chiunque di porsi ardui interrogativi: come mi sarei comportato io se fossi vissuto a quell'epoca, in quella realtà? Come mi sarei comportato se fossi stato una delle vittime, o un connazionale degli aguzzini? Ho l'impressione che fino a che non risponderemo a queste domande ? ognuno per conto proprio ? fino a che non ci sottoporremo a questo auto-interrogatorio, non potremo dire a noi stessi di aver affrontato pienamente ciò che avvenne laggiù. E se non lo faremo, dimenticheremo. Più si assottiglia il numero dei sopravvissuti ? e malgrado il lavoro di documentazione portato avanti da "Yad vaShem", il museo israeliano dedicato alla memoria delle vittime della Shoah, e, nell'ultimo decennio, dall'archivio Spielberg ? più cresce l'importanza dell'arte quale possibile mezzo per affrontare questi interrogativi. La letteratura, la poesia, il teatro, la musica, il cinema, la pittura e la scultura sono i "luoghi" in cui l'individuo moderno può affrontare la Shoah e sperimentare le sensazioni e la particolare esperienza umana che la ricerca e il dibattito accademici solitamente non sono in grado di far rivivere. Traduzione di Alessandra Shomroni.

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Israeliana la guerra in Libano continua a far danni (sezione: Israele/Palestina)

( da "Riformista, Il" del 28-01-2008)

 

Israeliana la guerra in Libano continua a far danni Olmert rischia grosso, il falco Bibi è già pronto Gerusalemme. La resa dei conti ha una data precisa. Mercoledì 30 gennaio. Esce quel giorno la seconda e ultima parte del rapporto Winograd, la relazione sul comportamento dei vertici politico-militari israeliani durante la guerra in Libano dell'estate 2006. Non che si aspettino grandi sorprese dal rapporto del comitato messo in piedi nell'autunno di quello stesso anno, sotto la spinta del malumore popolare per le decisioni prese negli ultimissimi giorni del conflitto. Giorni cruciali, quando Israele lanciò un'operazione di terra disastrosa dal punto di vista militare, inutile da quello diplomatico, dolorosa per i soldati morti quando il cessate il fuoco era già stato deciso. L'entrata in guerra non viene messa in discussione da nessuno, popolazione o leadership che sia. Ma il Winograd seconda parte si occupa, nello specifico, dei giorni immediatamente precedenti il 14 agosto. E, dicono tutte le indiscrezioni, sarà durissimo con gli uomini che erano allora alla barra di comando. Dopo le dimissioni del capo di stato maggiore Dan Halutz e del ministro della difesa Amir Peretz, resta ora solo Ehud Olmert, al vertice della catena decisionale. Il suo destino, dunque, è il vero rovello aperto dal comitato presieduto dal giudice a riposo Elyahu Winograd. Resterà? Si dimetterà? Sarà messo in minoranza? C'è un gruppo ben preciso che chiede a gran voce le dimissioni di Olmert. Sono i riservisti e le famiglie che hanno perso i propri figli negli ultimi giorni della guerra. Figli mandati a morire senza motivo, accusano. Ma questo giudizio, sostenuto dalla maggioranza silenziosa d'Israele, nasconde anche un retrogusto strettamente politico. Perché la figura più nota del gruppo è Uzi Dayan, discusso leader di un partito, il Tafnit, che si è presentato alle elezioni del 2006 proponendo di attuare la seconda parte del disimpegno voluto da Ariel Sharon: costruzione veloce del Muro di separazione e frontiere decise su basi demografiche, inglobando le grandi colonie israeliane in Cisgiordania. Senza ottenere neanche un seggio in parlamento. Dayan fa gli interessi di Benjamin Netanyahu, dice chi lo contesta, visto che "dimissioni significa elezioni anticipate". E i sondaggi prevedono una valanga di consensi per i pezzi da novanta della destra: Benjamin Netanyahu, Arkadi Gaydamak, Avigdor Lieberman. Certo è che il gruppo dei riservisti e delle famiglie investite dal lutto della guerra sta facendo lobby su tutti quelli che contano. Negli stessi giorni in cui anche altri due attori, diversissimi tra di loro, hanno inciso sul caso Winograd. L'ex ambasciatore Usa all'Onu, John Bolton, che nella sua visita in Israele della scorsa settimana ha raccontato una verità diversa su quei giorni d'agosto 2006, quando il telefono tra Washington e Tel Aviv era rovente e al Palazzo di Vetro si cercava di metter su una risoluzione che facesse tacere le armi. E Hassan Nasrallah, il leader carismatico di Hezbollah, che ha usato la questione dei soldati israeliani nel sud del Libano per incidere sul futuro del governo Olmert, sostenendo che Tsahal si è lasciato alle spalle, ritirandosi, i corpi dei suoi uomini. È questo il nodo cruciale del rapporto Winograd, quello sul quale Olmert rischia di cadere. Mentre alle sue spalle c'è una lunga lista di pretendenti, volontari o involontari che siano. Come Shaul Mofaz, durissimo contro chi ha condotto la guerra del 2006. L'ex capo di stato maggiore ed ex ministro della difesa sta cercando da tempo di essere il candidato di Kadima, il partito del premier, ipotetica fase del dopo-Olmert. Un tentativo insidiato da Tzipi Livni, che domenica ha incontrato - ultima di una serie di leader - proprio il gruppo delle famiglie dei riservisti morti. La scelta deve aver irritato il premier, a giudicare dal comunicato stizzito emesso prima dell'incontro, ma ha anche evidenziato che qualcosa dentro Kadima si sta muovendo. Chi perderebbe dalle dimissioni di Olmert è Ehud Barak, e il Labour. Barak aveva promesso di lasciare il governo se il rapporto Winograd fosse stato duro. Ma ora non è più così sicuro. Perché i sondaggi parlano di una debacle per il Labour in caso di elezioni anticipate. E poi, se Olmert facesse un passo indietro, Barak potrebbe aspirare a sostituirlo, in un governo di emergenza nazionale. Meglio stare a guardare, dunque. Chi non starà a guardare è lo Shas, il partito dei sefarditi religiosi che ha già espresso la sua contrarietà a negoziati israelo-palestinesi sulla divisione di Gerusalemme. Domenica, a casa di Rabbi Ovadia Yosef, il leader spirituale del partito, si è riunito il consiglio rabbinico, i saggi dello Shas. Si dice che l'uscita dal governo ormai sia questione di giorni. E senza quei voti, Olmert perderebbe la maggioranza già erosa dall'abbandono di Yisrael Beitenu. 28/01/2008.

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GENERAZIONI A CONFRONTO UN CAFFE' CON MADGI ALLAM, L'EGIZIANO CHE DISSE "VIVA ISRAELE" (sezione: Israele/Palestina

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( da "Riformista, Il" del 28-01-2008)

Sulle spalle di un gigante dai piedi d'argilla Il problema dell'Onu è la mancanza di un'identità di base Per una serie di peripezie che non sto qui a raccontarvi, nei giorni subito dopo le feste natalizie mi sono ritrovato ad accettare, insieme a un gruppo di amici fabrianesi, un invito a una tavola rotonda informale a casa di Magdi Allam. Nell'elegante salotto straripante di libri e premi d'ogni sorta, attorno ad un desco riccamente imbandito di bevande e cibarie per tutti i gusti, il discorso non tarda a prender piede. Emergono prepotentemente i temi chiave dell'etica del giornalismo e dell'uso corretto dei mezzi d'informazione: "Faccio molta fatica a seguire quotidiani e telegiornali. Allo stato attuale è veramente difficile parlare di giornalismo etico, specialmente quando ci si ritrova bombardati da continue mistificazioni della realtà e da uno sconcertante relativismo dell'informazione. Tutto diventa chiacchiera, mero pettegolezzo. C'è spazio solo per cronaca nera e sensazionalismo". Riscaldati gli animi con questo breve prodromo, ecco arrivare come una valanga i più svariati interrogativi. In primo luogo urgono chiarimenti su Viva Israele, l'ultimo libro del vice del Corriere della sera: "Il mio è volutamente un titolo politicamente scorretto. Non pensate che "viva Israele" significhi abbasso Palestina, io sono per il diritto alla vita di tutti. Ritengo che l'affermazione di un valore come questo sia però realizzabile solo attraverso il riconoscimento dello Stato d'Israele e l'eliminazione di molti pregiudizi. Ci tengo poi a precisare che non c'è alcun nesso tra la stesura di questo libro ed il ricevimento del premio Dan David. Basta ripercorrere i miei articoli per rendersi conto di come sostenessi la causa di Israele già da molto prima". Nel giro di poco poi ci si ritrova a discutere della questione mediorientale e dei problemi legati al mondo arabo. Ci si chiede innanzitutto cosa sia cambiato nella mentalità di questi Paesi con il passare del tempo: "Rispetto agli anni Cinquanta, periodo in cui, perlomeno in Egitto, era diffuso un clima liberale, dove le donne non indossavano il velo e non c'erano problemi a predicare religioni differenti da quella musulmana, oggi, nei Paesi arabi si assiste ad un pressante ritorno all'integralismo. Ricordo la scuola cristiana che frequentavo da ragazzo. Allora era circondata solo da una recinzione a giorno che serviva unicamente a delimitarne il cortile. Tornandoci poco tempo fa mi ritrovai di fronte ad un alto muro di cemento armato, un chiaro simbolo di scissione tra due mondi, una trincea difensiva innalzata contro le ostilità provenienti dal radicalismo e dal terrorismo". Si arriva ad approfondire la questione degli attentati: "Non crediate che i terroristi di cui tanto si parla oggi siano solo gente povera e disperata. Basti pensare che molti sono di origine Saudita, originari quindi di un paese alquanto benestante. Alcuni di questi suicidi sono britannici e molti altri francesi, tutti comunque appartenenti a famiglie di rango medio-alto. Oggi si diventa terroristi soprattutto su base ideologica". Proseguiamo quindi in un crescendo di botta e risposta a proposito degli innumerevoli conflitti scoppiati, delle varie personalità susseguitesi nel vasto teatro del potere e dei trattati di pace mancati. Le provocazioni da parte nostra non mancano, ma forte delle sue conoscenze nel campo il padrone di casa contrappone alle nostre insidie un quadro personale preciso ed estremamente nitido: "Sono contrario alla guerra, ma allo stesso tempo ripudio la sottomissione a tiranni e carnefici. Ritengo impensabile che si sia manifestato esclusivamente contro Bush e l'America, quasi a voler intentare un processo, e che non si sia protestato invece contro le migliaia di morti provocate dai regimi mediorientali". Giungiamo quasi agli sgoccioli e nelle poche decine di minuti rimastici ci concediamo giusto un paio di pareri conclusivi sulla situazione europea ed italiana: "L'Onu oggi è un organismo fortemente screditato ed inefficace nella gestione delle crisi internazionali. Il suo problema principale, che è poi lo stesso dell'Unione Europea, consiste nella mancanza di un quadro di valori fondamentali e quindi di un'identità di base. Già affermare su scala generale l'applicazione di valori come il diritto alla vita e la democrazia sarebbe un buon inizio. Allo stato attuale le Nazioni Unite e ancora meglio L'Unione europea con 27 paesi tanto eterogenei sono paragonabili solo ad un gigante dai piedi d'argilla, una fragile mescolanza di adesioni indistinte". E prosegue: "Della situazione italiana già avevo parlato nei miei articoli in cui mostravo l'atteggiamento troppo accomodante adoperato dalle istituzioni nei confronti di predicatori delle ideologie dell'odio, come nel caso di Abu Imad, o circa le concessioni di poligamia, illegale nel territorio italiano, per non riconoscimento dell'unione matrimoniale secondo rito musulmano. I motivi di questa sorta di sottomissione sono essenzialmente due: la convinzione della classe politica di non dover agire per evitare di acuire tensioni e di rompere equilibri sociali ed in secondo luogo l'interesse economico per il fabbisogno di petrolio e gas, una vera e propria dipendenza che può essere combattuta solo rivalutando la questione del nucleare". Gioele Maria Pignati, 19 anni, Fabriano (An) 28/01/2008.

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"l'arte ci aiuta contro il male" - fulvio paloscia (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

Pagina I - Firenze Grossman riceve la laurea honoris causa nel giorno della Memoria "L'arte ci aiuta contro il male" FULVIO PALOSCIA "I rapporti tra Israele e Palestina? Nutro sempre speranza, non posso permettermi il lusso di non farlo. Ma è un momento difficile, e non posso certo dire che entrambi i leader stiano facendo quello che serve per una pace possibile. Non ancora". Lo scrittore israeliano David Grossman parla con pacatezza mista ad emozione mentre nell'aula magna dell'ateneo risuona ancora l'interminabile applauso, la lunga standing ovation che ha accolto la sua lectio magistralis e che dal tavolo dei docenti universitari in pompa magna si è abbattuta come un'onda di commozione su tutto il pubblico (tra gli altri, i senatori Massimo Livi Bacci e Vittoria Franco, il deputato Valdo Spini, il rabbino capo di Firenze Yoseph Levi). Grossman (che oggi terrà l'intervento di chiusura, alle 12.30, del convegno "Sterminio e stermini" al Mandela Forum) ha ricevuto ieri dall'Università di Firenze la laurea honoris causa "per le alte qualità artistiche e l'illuminato impegno civile". Un'onoreficenza conferita proprio nel Giorno della Memoria: "Se non vogliamo che il dibattito sulla Shoah diventi un obbligo - spiega l'autore di Vedi alla voce amore - dobbiamo capire che l'arte è un mezzo che può restituire, a noi che non l'abbiamo vissuta sulla nostra pelle, tutta la drammaticità e gli insegnamenti della Shoah. Abbiamo senza dubbio bisogno di ricerche accademiche, ma certa astrattezza deve calarsi nella realtà concreta delle storie". L'arte "ci aiuta a stare in guardia contro il male. Dobbiamo stare sempre molto attenti e individuare quando cominciamo a essere conniventi con il male, quando ci abituiamo ai meccanismi di manipolazione: nella vita politica, nel quotidiano, nel nostro rapporto con gli stranieri, con gli sconosciuti". Il discorso vale sia per la narrazione che per il giornalismo: "Quando scrivo per i giornali - dice Grossman - cerco di offrire un nuovo punto di vista sulle cose e di non allontanare chi legge dalla verità. Come narratore, racconto storie; come giornalista, le spiego".

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Olmert promette aiuti umanitari (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

Gaza Il vertice Olmert promette aiuti umanitari GERUSALEMME - La necessità di ridimensionare Hamas, cresciuto di popolarità fra i palestinesi per aver aperto con la forza il confine fra Gaza e l'Egitto, è stata al centro ieri dell'incontro fra il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. L'incontro è parte delle riunioni iniziate dopo il vertice di Annapolis per far ripartire il processo di pace fra israeliani e palestinesi. Secondo un portavoce, Olmert ha promesso ad Abu Mazen che non ci sarà una crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, dando assicurazioni che non verranno interrotte le forniture di aiuti umanitari e di carburante. Il premier israeliano ha detto anche che chiederà al presidente Hosni Mubarak di chiudere al più presto il confine con Gaza. Abu Mazen che mercoledì sarà al Cairo per affrontare la questione.

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La bistecca fa male alla terra l'effetto serra ci cambia la dieta - mark bittman new york (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 28-01-2008)

Cronaca Secondo la Fao la produzione di bestiame mondiale è responsabile di più gas dell'intero sistema dei trasporti Il consumo di carne raddoppierà entro il 2050, se la popolazione mondiale non varierà l'alimentazione La bistecca fa male alla Terra l'effetto serra ci cambia la dieta MARK BITTMAN NEW YORK Un cambiamento epocale nell'uso di una risorsa che si dà per scontata potrebbe essere imminente. No, non si tratta di petrolio, ma di carne. Come il petrolio anche la carne è soggetta a una domanda crescente a mano a mano che le nazioni diventano più ricche e ciò ne fa salire il prezzo. E come il petrolio anche la carne è qualcosa che tutti sono incoraggiati a consumare in quantità minori. La domanda globale di carne si è letteralmente impennata negli ultimi anni, sulla scia di un benessere crescente, alimentata dal proliferare di vaste operazioni di alimentazione forzata di animali d'allevamento. Queste vere e proprie catene di montaggio della carne, che partono dalle fattorie, consumano quantità smisurate di energia, inquinano l'acqua e i pozzi, generano significative quantità di gas serra, e richiedono sempre più montagne di mais, soia e altri cereali, un fatto che ha portato alla distruzione di vaste aree delle foreste pluviali tropicali. Proprio questa settimana il presidente brasiliano ha annunciato provvedimenti di emergenza per fermare gli incendi controllati e l'abbattimento delle foreste pluviali del Paese per creare nuovi pascoli e aree di coltura. Negli ultimi cinque mesi soltanto, ha fatto sapere il governo, sono andate perse 1.250 miglia quadrate di foreste. Nel 1961 il fabbisogno complessivo di carne nel mondo era di 71 milioni di tonnellate. Nel 2007 si stima che sia arrivato a 284 milioni di tonnellate. Il consumo pro-capite di carne è più che raddoppiato in questo arco di tempo. Nel mondo in via di sviluppo è cresciuto del doppio, ed è raddoppiato in venti anni. Il consumo mondiale di carne si prevede che sia destinato a raddoppiare entro il 2050. Produrre carne comporta il consumo di tali e tante risorse che è una vera impresa citarle tutte. Ma si consideri: secondo la Fao, la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite, le terre destinate all'allevamento del bestiame costituiscono il 30 per cento delle terre emerse non ricoperte da ghiacci del pianeta. Questa stessa produzione di bestiame è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra della Terra, più di quelle emesse dai trasporti nel loro complesso. Uno studio dello scorso anno dell'Istituto nazionale di scienze dell'allevamento in Giappone ha stimato che ogni taglio di carne di manzo da un chilogrammo è responsabile dell'equivalente in termini di diossido di carbonio alle emissioni di una vettura media europea ogni 250 chilometri circa e brucia l'energia sufficiente a tenere accesa per 20 giorni una lampadina da 100 watt. Cereali, carne e perfino energia sono collegati tra loro in un rapporto di interdipendenza che potrebbe avere spaventose conseguenze. Benché circa 800 milioni di persone di questo pianeta soffrano la fame o siano affette da malnutrizione, la maggior parte dei raccolti di mais e soia coltivati finiscono a nutrire bestiame, maiali e galline. Ciò avviene malgrado un'implicita inefficienza: per produrre le stesse calorie assimilate tramite il consumo di carni di bestiame allevato e il consumo diretto di cereali occorrono da due a cinque volte più cereali, secondo quanto afferma Rosamond Naylor, docente associato di economia all'università di Stanford. Nel caso di bestiame allevato negli Stati Uniti con cereali questo dato deve essere moltiplicato ancora per dieci. Negli Stati Uniti l'agricoltura praticata per soddisfare la domanda di carne contribuisce, secondo l'Agenzia per la Protezione Ambientale, a circa tre quarti dei problemi di qualità dell'acqua che caratterizzano i fiumi e i corsi d'acqua della nazione. Considerato poi che lo stomaco delle bestie allevate è fatto per digerire erba e non cereali il bestiame allevato a livello industriale prospera soltanto nel senso che acquista peso rapidamente. Questo regime alimentare ha reso possibile allontanare il bestiame dal suo ambiente naturale e incoraggiare l'efficienza dell'allevamento e della macellazione in serie. è tuttavia una prassi che provoca problemi di salute tali che la somministrazione di antibiotici è da ritenersi usuale, al punto da dar vita a batteri resistenti agli antibiotici. Questi animali nutriti a cereali contribuiscono oltre tutto a una serie di problemi sanitari tra gli abitanti più benestanti del pianeta, quali malattie cardiache, alcuni tipi di cancro e diabete. La tesi secondo cui la carne fornisce un apporto proteico è giusta, purché le quantità siano limitate. L'esortazione americana quotidiana a consumare carne - del tipo "guai a te se non mangi la bistecca" - è negativa. Che cosa si può fare? Risposte facili non ce ne sono. Tanto per cominciare occorre una migliore gestione degli sprechi. A ciò contribuirebbe l'abolizione dei sussidi: le Nazioni Unite stimano che questi costituiscono il 31 per cento dei guadagni globali dell'agricoltura. Anche migliori tecniche di allevamento sarebbero utili. Mark W. Rosengrant, direttore della tecnologia ambientale e della produzione presso l'istituto senza fini di lucro International Food Policy Research afferma: "Occorrerebbe investire nell'allevamento e nella gestione del bestiame, per ridurre la filiera necessaria a produrre un livello qualsiasi di carne". E poi c'è la tecnologia. Israele e Corea sono tra i Paesi che stanno sperimentando tecniche di sfruttamento delle scorie e del letame animale per generare elettricità. Altro suggerimento utile potrebbe essere quello di far ritorno al pascolo. Mentre la domanda interna di carne è ormai uguale ovunque, la produzione industriale di bestiame è cresciuta due volte più rapidamente dei metodi di base di sfruttamento delle terre, secondo quanto risulta alle Nazioni Unite. I prezzi reali di carne bovina, di maiali e pollame si sono mantenuti costanti, forse sono perfino scesi, per 40 anni e più, anche se ora stiamo assistendo a un loro aumento di prezzo. Se i prezzi elevati non costringono a cambiare le abitudini alimentari, forse sarà tutto l'insieme - la combinazione di deforestazione, inquinamento, cambiamento del clima, carestia, malattie cardiache e crudeltà sugli animali - a incoraggiare gradualmente qualcosa di molto semplice: mangiare più vegetali e meno animali. Nel suo studio del 2006 sull'impatto dei consumi di carne sul pianeta, intitolato "La lunga ombra del bestiame", la Fao dice: "è motivo di ottimismo prendere atto che la domanda di prodotti animali e di servizi ambientali sono in conflitto tra loro ma possono essere riconciliate". Gli americani, in effetti, stanno comprando sempre più prodotti eco-compatibili, scegliendo carni, uova e latticini prodotti con metodi sostenibili. Il numero dei prodotti e dei mercati di questo tipo si è più che raddoppiato negli ultimi 10 anni. Se gli attuali trend continueranno, invece, la carne diventerà una minaccia più che un'abitudine. Non diventerebbe del tutto insolito consumare carne, ma proprio come i SUV dovranno cedere il passo a vetture ibride, l'epoca dei 220 grammi al giorno di carne sarà giunta alla fine. Forse, dopotutto, non sarà poi così drammatico. (copyright The New York Times) (Traduzione di Anna Bissanti).

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Alfonso Arbib: <L'antisemitismo sottile è la minaccia di oggi> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 28-01-2008)

Alfonso Arbib: "L'antisemitismo sottile è la minaccia di oggi" di Redazione - lunedì 28 gennaio 2008, 07:00 Abbiamo chiesto un commento a caldo ad Alfonso Arbib, Rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, a proposito dell'articolo "Io, ebreo, dico agli ebrei ora basta con i vittimismi" apparso ieri sul Giornale a firma di R. A. Segre. Arbib, classe 1958, originario di Tripoli, è considerato da chi lo conosce "una figura capace di riuscire a tenere insieme le diverse anime degli ebrei milanesi". Il microcosmo più composito in Italia: askenaziti, libici, laici, iraniani, hassidim, persiani e non solo. Professor Arbib, lei ritiene che ci sia una forma di "vittimismo" da parte degli ebrei quando si parla di Shoah? Cosa risponde a chi tempo fa ha sottolineato quello che è un difetto dell'ebraismo italiano (ma non solo), cioè la contemplazione narcisistica del passato, mentre ebraismo significa dare un sguardo sul mondo? "Preciso che non ho letto l'articolo, dunque qualunque commento sarebbe parziale o non corretto. Detto questo sono d'accordo e condivido quanto scritto da Segre: che oggi gli ebrei in Europa siano tutelati e rispettati, che non vi siano delle discriminazioni nei loro confronti, su questo non c'è alcun dubbio. Però credo che vi siano alcuni segni preoccupanti da non sottovalutare. Sono entrambe due realtà oggettive di cui bisogna prendere atto". Quando parla di queste realtà intende l'antisemitismo? "Ripeto, sostenere che oggi ci siano delle persecuzioni o delle discriminazioni nei confronti degli ebrei in Europa e in Italia è falso e fuorviante. Esiste tuttavia una forma di antisemitismo sottile, strisciante e mascherato che mi preoccupa non poco. Si manifesta attraverso la tendenza a tornare a una serie di stereotipi che viene applicata quando si parla di Israele o degli ebrei in quanto ritenuti "pericolosi". Oppure attraverso l'idea di un complotto ebraico che ciclicamente all'occorrenza qualcuno tira fuori. Ma penso anche agli atti vandalici che occasionalmente si manifestano in tutta Europa e anche in Italia. La questione è di saper cogliere in tempo questi segnali per non correre il rischio di non saper più gestire la situazione. L'ho detto più volte e lo ripeto anche oggi: bisogna trasformare ciascuno di questi episodi in un'occasione di monito e di allarme: un invito a non sottovalutare e a non abbassare mai la guardia".

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I religiosi pronti a impallinare Olmert (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 28-01-2008)

Di Redazione - lunedì 28 gennaio 2008, 07:00 Più che un accordo sembra un bluff. Il presidente palestinese Abu Mazen e i suoi fedelissimi, gli stessi che a giugno si fecero buttare fuori dalla Striscia da Hamas, giurano ora di poter risolvere il problema del confine con l'Egitto riprendendo il controllo del valico di Rafah. Il più convinto sembra essere il ministro degli Esteri palestinese, che assicura di aver raggiunto un accordo con il presidente egiziano Hosni Mubarak. Con quel bluff tra le mani Abu Mazen si presenta al vertice di Gerusalemme con il premier israeliano Ehud Olmert. L'incontro è pura cerimonia organizzata per tenere in piedi le speranze di Annapolis. Il presidente palestinese, ulteriormente spiazzato dall'abbattimento della barriera di Rafah, non ha in verità nulla da offrire o pretendere da Olmert. La fine del blocco della Striscia è stato già deciso dell'Alta Corte di Gerusalemme che, proprio ieri, ha ordinato al governo israeliano la ripresa delle forniture alle centrali elettriche di Gaza. Quanto alla proposta di Abu Mazen di riprendere il controllo del valico di Rafah, Olmert si guarda bene dal commentarla. Il premier israeliano in queste ore pensa soprattutto alla propria sopravvivenza politica. La scorsa notte i dodici rabbini del Consiglio dei Saggi riuniti a casa di Ovadia Yosef, padre spirituale del partito ultraortodosso Shas, hanno discusso l'uscita in termini di principio dal governo. Da oggi il capo del partito Eli Yishai potrebbe decidere se abbandonare subito l'esecutivo o attendere ancora. Senza i dodici deputati ortodossi l'esecutivo di Ehud Olmert è praticamente morto. Dopo l'addio a metà gennaio di Avigdor Lieberman e dei suoi deputati, la maggioranza controlla appena 67 dei 120 seggi del Parlamento. "La riunione è un primo passo sulla strada dell'abbandono, ma non significa che questo avvenga immediatamente", confermavano ieri i portavoce del partito. Per vedere cadere l'esecutivo basterà, forse, attendere la presentazione annunciata per dopodomani del rapporto sulla guerra in Libano dell'estate 2006 stillato dalla commissione Winograd. Un giudizio troppo aspro sulle responsabilità del premier, seguito dall'uscita dall'esecutivo dei laburisti, segnerà con tutta probabilità il vero colpo di grazia per Olmert.

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ROMA Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, parte oggi per Israele, subito dopo le (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 28-01-2008)

Consultazioni con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Quirinale. E a Gerusalemme, nelle vesti di presidente dell'Unione interparlamentare, parlerà davanti al parlamento israeliano, la Knesset, riunito per la giornata della Memoria, e ricorderà la "Shoah", lo sterminio di sei milioni di ebrei in Europa da parte dei nazifascisti. Nella stessa sessione, interverrà anche il premier israeliano, Ehud Olmert. La visita di Casini durerà tre giorni, durante i quali avrà incontri al massimo livello. Domani sarà a colloquio con il presidente di Israele, Shimon Peres, con il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, e Silvan Shalom, presidente della delegazione israeliana dell'Unione interparlamentare. Mercoledì, infine, il leader centrista sarà ricevuto dal primo ministro, Ehud Olmert, e visiterà il museo dell'Olocausto, lo Yad Vashem, interamente rinnovato, luogo di grande suggestione e di profonde emozioni, dove viene ripercorsa la storia dello sterminio degli ebrei in Europa, dalle leggi razziali, alle deportazioni nei lager, alle camere a gas fino all'immigrazione clandestina nella Terra promessa, sotto il protettorato inglese, e alla creazione dello Stato di Israele. Un viaggio, particolarmente significativo, dunque, per Casini, da sempre molto interessato alla questione estere, in particolare del Medio Oriente, che rinsalda il suo rapporto con Israele, intessuto già quando era presidente della Camera, che si è ulteriormente rinsaldato da quando presiede l'Unione interparlamentare. Questa volta, lo accompagneranno alcuni amici ebrei romani, gli stessi che sono stati con lui domenica scorsa ad ascoltare il Pontefice a San Pietro, dopo la mancata visita all'università "La Sapienza". A unirli è la consapevolezza che "solo il dialogo, anche tra le posizioni apparentemente più distanti, può favorire il confronto e la costruzione della pace". E sabato sera, con gli stessi amici, proprio in coincidenza con la Giornata della memoria, Casini e la moglie, Azzurra Caltagirone, sono stati ospiti della Fondazione Schnerson, che si occupa delle istituzioni benefiche ebraiche, fondate da Rav Hazan, rabbino dei "Lubavitch", insieme all'ambasciatore di Israele, Ghideon Meir, al Rabbino capo di Roma, Riccardo Pacifici e ai vertici dell'ebraismo romano. R.P.

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La guerra che non si può vincere (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Tempo Libero - data: 2008-01-27 num: - pag: 18 categoria: REDAZIONALE OLMETTO ULTIMA REPLICA La guerra che non si può vincere Il dialogo, l'incontro, il riconoscimento del dritto dell'altro. Eugenio de Giorgi, dammaturgo e regista, con un gruppo di giovani attori porta in scena il pensiero dello scrittore israeliano David Grossman, facendo vivere in brevi scene momenti della tragedia del conflitto israelo-palestinese. Storie ordinarie di vita, di speranze, di paure, di adulti e ragazzi di entrambe le parti in guerra che sognano la "normalità" della pace. Uno spettacolo per conoscere e riflettere.

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Morto George Habash, stratega dei dirottamenti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-01-27 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE A 81 anni Morto George Habash, stratega dei dirottamenti Morto a 81 anni George Habash: fondò il Fronte popolare di liberazione della Palestina, fu rivale di Arafat e stratega dei dirottamenti aerei. Tre giorni di lutto proclamati dall'Autorità Palestinese.

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Padre Desbois disseppellisce la <Shoah delle pallottole> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-01-27 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE Giornata della memoria Qui i nazisti non ricorsero alle camere a gas, ma a fucilazioni di massa nei boschi Padre Desbois disseppellisce la "Shoah delle pallottole" Un prete francese riscrive la storia dell'Olocausto in Ucraina I testimoni: "Sul bordo della fossa era stata sistemata una scala. Ad uno ad uno, completamente nudi, scendevano i gradini e si sdraiavano sui corpi di quelli che erano stati uccisi prima di loro" DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - Il viaggio nella memoria, Patrick Desbois, prete francese, l'ha cominciato nell' infanzia. "Da bambino, mio nonno raccontava gli anni della prigionia in Ucraina. Quando veniva portato fuori dalla cella, per le ore di lavoro forzato, assisteva tutti i giorni a esecuzioni sommarie di ebrei". Dopo un'esperienza di professore di matematica nell'Alto Volta, Patrick Desbois, oggi cinquantenne, decise di entrare in seminario. Ordinato sacerdote, ha speso gli ultimi dieci anni alla ricerca di tracce e testimonianze che confermassero il racconto del nonno. "Ho sempre sentito la Shoah come un dovere e una responsabilità". Il viaggio nella memoria si è trasformato in missione di giustizia ed eccezionale risultato storico, perché alza il velo su un capitolo dell' Olocausto quasi ignorato e mai documentato nelle sue spaventose dimensioni: la scomparsa di un milione e mezzo di ebrei dall'Ucraina occupata dai nazisti. E' uno sterminio sistematico e pianificato, ma il sistema è più rapido e tecnicamente meno complicato delle camere a gas: la fucilazione di massa. "Quando si parla di fucilazione, si è portati a immaginare azioni improvvise e condizionate dagli avvenimenti bellici. Invece - racconta padre Desbois - ho potuto accertare che i nazisti verificavano identità dei prigionieri e origini etniche della popolazione locale prima di passare all'azione. I carnefici erano le truppe speciali inviate a questo scopo da Himmler, ma una parte della popolazione locale fu costretta a collaborare allo sterminio. C'erano gli addetti al trasporto dei cadaveri o alla preparazione delle fosse e ragazzi incaricati di raccogliere i denti d'oro e gli abiti dei morti. I prigionieri ebrei venivano ammassati nei boschi o al centro dei villaggi. Per tenerli tranquilli, girava la voce che si stava preparando un grande trasferimento in Palestina. Fra i civili ucraini, chi non ubbidiva o addirittura nascondeva ebrei veniva condannato a morte. Ma ci sono state uccisioni di ebrei ancor prima che i nazisti occupassero l'Ucraina". Dopo diversi viaggi in Ucraina, con una piccola troupe di interpreti ed esperti balistici, dopo centinaia di interviste di ultimi sopravvissuti e analisi di documenti che, fino alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, erano occultati o inaccessibili, padre Desbois ha localizzato 2.200 luoghi di sterminio - fosse comuni, canali, cimiteri, boschi - e condotto un'inchiesta dettagliata su 600. "Il lavoro continua. Ogni viaggio aggiunge pezzi di questo orrendo mosaico. Ho anche trovato un cimitero di prigionieri italiani fucilati - racconta -. All'inizio mi sembrava un' impresa impossibile. I sopravvissuti sono pochi e ancora meno quelli disposti a parlare. L'Ucraina ha subito anche le deportazioni staliniane e fino agli anni Ottanta ci sono stati processi e fucilazioni per collaborazione con il nazismo. La propaganda sovietica non metteva nel conto gli ebrei, ma parlava in generale di vittime civili. Mi hanno aiutato preti locali, sindaci di villaggi sperduti. Poi, a poco a poco, il velo si è squarciato, la gente ha cominciato a ricordare l'orrore: "Dovevamo preparare il pranzo per i soldati incaricati delle esecuzioni. Loro mangiavano sul bordo della fossa e sparavano. Alla fine del pranzo c'erano un migliaio di ebrei in meno", questo è ad esempio il racconto di una donna che lavorava alla mensa. Un altro mi ha raccontato che un ufficiale accompagnava la fucilazione con un'armonica. E' stato incredibile ritrovare quell'armonica dove c'era la fossa comune". Tutto è stato verificato, filmato in 700 ore di registrazione e repertoriato. La "Shoah delle pallottole" è stata presentata in una mostra a Parigi e raccontata da padre Desbois in un libro ("Porteur de memoires", ed. Michel Lafon) in cui sono raccolte le testimonianze più significative. "Sul bordo della fossa era stata sistemata una scala. Gli ebrei del villaggio dovevano spogliarsi. Ad uno ad uno, famiglia dopo famiglia, completamente nudi, scendevano i gradini e si sdraiavano sui corpi di quelli che erano stati fucilati prima di loro. C'erano uomini, donne e bambini. Un poliziotto tedesco, di nome Humpel, marciava sui corpi e sparava un colpo alla nuca. Indossava un camice bianco, forse per proteggere la divisa dagli schizzi di sangue. Poi risaliva la scala, prendeva un sorso di grappa e ricominciava. Il massacro è durato una giornata intera. Humpel uccise tutti gli ebrei del villaggio. Da solo". Le imprese del soldato Humpel sono ricordate da due sorelle ucraine, Vira e Luba, anziane abitanti del villaggio di Senkivishvka. "I partigiani poi uccisero il soldato Humpel", ricordano. "Sono un prete cattolico, cresciuto nella Bresse. Come sono arrivato fin qui per ascoltare il racconto di poveri contadini su quanto accaduto nei loro villaggi? Come è stato possibile che il sentiero della mia infanzia s'intrecciasse con il racconto dei crimini nazisti? è ciò che provo a raccontarvi in queste pagine", scrive padre Desbois nella prefazione. "Balbettando ", aggiunge. Ex professore di matematica Padre Patrick Desbois ha dedicato gli ultimi dieci anni alla documentazione dello sterminio di un milione e mezzo di ebrei "dimenticato" dalla propaganda sovietica Colpo alla nuca Un SS spara alla nuca a un ebreo ucraino inginocchiato sul bordo di una fossa comune. I carnefici erano le truppe speciali inviate da Himmler, ma una parte della popolazione locale fu costretta a collaborare allo sterminio. Chi non ubbidiva, veniva condannato a morte Massimo Nava.

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Anche al piano Barenboim è autorevolezza (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Spettacoli - data: 2008-01-27 num: - pag: 48 categoria: REDAZIONALE Beethoven Alla Scala Anche al piano Barenboim è autorevolezza di ENRICO GIRARDI C i sono studenti che seguono il concerto su sedie collocate sul palco attorno al pianoforte. E il primo brano che si ascolta è proprio il primo della lunga serie, l'opera 2 n. 1, Sonata di un Beethoven che omaggia Haydn lasciando gli elementi del proprio vocabolario a venire in una forma ancora potenziale. L'inizio del ciclo di 8 concerti che fino a giugno vedranno Daniel Barenboim affrontare alla Scala l'integrale delle Sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven ha vago sapore di Hausmusik. Ma l'impressione dura il tempo di un amen. Un po' fa anche il modo semplice e irrituale con il quale il maestro israelo-argentino entra in una Scala che pure è gremita come nelle migliori occasioni: senza ostentare i tormenti di chi si trovi solo all'attacco dell'altissima vetta ma nemmeno la apparente naturalezza di quanti vogliono comunicare che sostenere l'impresa è cosa ovvia e facile. La verità è che si entra immediatamente in medias res; il pianismo di Beethoven è tutta sostanza, pensiero che dà forma e la testa, prima ancora delle mani, di Barenboim lo dicono con la forza dell'evidenza. Non la ricerca di un'eleganza, non la ricerca ossessiva di un "bel suono", ma il piacere di lasciar parlare la cosa. Ecco allora l'umorismo dell'opera 31 n.3, ecco la follia e la tensione dell'op. 106, l'"impossibile" Hammerklavier. Sì perché tra l'idea di percorrere le 32 "stazioni" in ordine cronologico o in ordine sparso - l'una come diario di una lenta evoluzione, l'altra che sintetizza lo stesso principio anche nello spazio della serata singola: entrambe legittime -, Barenboim opta per quest'ultima, e ogni serata c'è un titolo almeno per ciascuna delle tre fasi in cui la musicologia storica suddivide la parabola creativa del Gigante. Come del direttore d'orchestra Barenboim non si guarda il gesto (o meglio, lo si guarda, ma non come prima cosa), così nel caso del Barenboim pianista non si segue la musica in termini di mera tecnica pianistica, se non quando incappa in frasi un po' fallose (la fuga a tre dell'op. 106 qualche grattacapo lo pone sempre, a chiunque). Prima di ciò emerge il fascino per la prepotente musicalità, il carisma e l'autorevolezza con cui questo interprete smonta e rimonta il testo (forme, linee, pesi, colori, fraseggi, idiomi pianistici e orchestrali) per raccontare un Beethoven alto, nobile, imperiale, alieno da mode e filologie. Si sente anche quanto il pubblico ne sia coinvolto e quanto il trionfo conclusivo non giunga annunciato ma autentico. Maestro scaligero Barenboim al piano Sonate per pianoforte di Beethoven Pianista Daniel Barenboim Teatro alla Scala di Milano.

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Shoah, Milano al Binario 21 <Orrore da non dimenticare> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Cronaca di Milano - data: 2008-01-28 num: - pag: 2 categoria: REDAZIONALE Cerimonie Corteo da San Babila in Stazione, manifestazione in piazza Duomo Shoah, Milano al Binario 21 "Orrore da non dimenticare" Bertinotti agli studenti: spetta a noi vincere il male "Sappiate cogliere i segnali dell'antisemitismo", dice il rabbino Alfonso Arbib rivolto alla platea in piazza Duomo. Perché "la Shoah non è nata dal nulla ma da una lunga storia di pregiudizio ". Un applauso rompe il silenzio che aveva accompagnato il corteo partito da San Babila. Un'ora più tardi, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, parlando alla folla raccolta al Binario 21 della Centrale per salutare i 700 studenti diretti ad Auschwitz con la Provincia, aggiungerà: "Non si può comprendere la Shoah. Ma bisogna conoscere. Perché dipende da noi se il male può ritornare ". La tentazione della retorica è forte nella Giornata della Memoria, quando le bandiere degli ex deportati e sopravvissuti ai campi di sterminio si mescolano a quelle dei giovani della sinistra della Comunità ebrea, degli Amici di Israele bianche e azzurre, dei sindacati confederali e dei rom, che sfilano in corso Vittorio Emanuele. Ci sono i discorsi di rito ma anche il microfono offerto per la prima volta ad Aurelio Mancuso, presidente Arcigay, che interviene accanto al presidente del Consiglio comunale e al segretario Cgil Onorio Rosati. Si consegna ai giovani il fardello del ricordo di una tragedia. E ai giovani era andato in mattinata il pensiero di Haim Baharier, in un Teatro Parenti dove non c'era più posto neanche in piedi. Per quanto se ne parla, ha aggiunto il vicepresidente della Provincia, Mattioli, "non è mai abbastanza ". Piccolo corteo, grande occasione per ricordare alle istituzioni che "si trovi una sede per l'associazione degli ex deportati, sfrattata" come fa Yasha Reibman, deciso a tenere unito il filo che lega il passato al presente. Come farà Ferruccio de Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah, leggendo una lettera ricevuta 10 anni fa, nel 60Ë? delle leggi razziali, da un sopravvissuto. E l'emozione contagerà i liceali al binario 21, e Bertinotti e i curiosi che seguono la cerimonia da un maxischermo in via Aporti. Parole e musica - la fisarmonica del rom Jovic Jovica, e poi un notturno di Chopin - per sigillare i ricordi. Paola D'Amico Giornata Il corteo e l'arrivo in Duomo. Gli studenti al Binario 21.

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AnnaFrankconkeffiyah:<Oltraggio> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache - data: 2008-01-28 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Olanda AnnaFrankconkeffiyah:"Oltraggio" DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME - C'è un innocuo chef con le cuffie che frigge un vinile, una ragazza in lacrime, l'ombra della bimba che vola con i palloncini disegnata da Banksy sul muro israeliano in Cisgiordania, un coniglio gigante, la riproduzione di una vecchia caricatura di Hitler che porta all'altare Stalin vestito da sposa. E c'è pure il volto di Anna Frank, la riproduzione della celebre foto in cui sorride e guarda di lato, con un'aggiunta: al collo porta una keffiyah bianca e rossa palestinese. Ironia e politica, arte e comunicazione. Provocazione e basta secondo il Centro dell'Aja per l'Informazione e la Documentazione su Israele (Cidi): quella cartolina, infilata tra le altre in offerta nei bar e nei ristoranti olandesi, deve essere ritirata perché "offensiva, falsa, di cattivo gusto". "Anna Frank è il simbolo dell'Olocausto e della persecuzione- spiega a nome del Cidi Tuvit Shlomi al quotidiano israeliano Haaretz -. La keffiyah rappresenta la resistenza palestinese all'occupazione dello Stato ebraico. Troviamo questo accostamento inaccettabile". Il comunicato emesso dal Centro è anche più esplicito: "Israele e i palestinesi sono coinvolti in un conflitto. I palestinesi non sono perseguitati, non ci sono campi di sterminio, non c'è genocidio". L'editore delle cartoline, Boomerang, non è d'accordo. Non tanto su quest'ultimo punto, quanto piuttosto sul "cattivo gusto" dell'immagine che ha scelto di stampare. Il ritratto rivisitato della bimba del Diario morta a Bergen-Belsen, già da tempo graffito sui muri di Amsterdam, è stato realizzato da un artista conosciuto come T. con tutt'altro obiettivo, spiega ancora ad Haaretz il caporedattore Pascale Bosboom: "Creare un'immagine ideale, in cui entrambi gli Stati esistono, l'uno accanto all'altro, in pace. Un simbolo di fraternità e di riconciliazione". A. Cop. Palestinese Anna Frank con al collo una keffiyah bianca e rossa palestinese.

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Israele: l'antisemitismo è in calo in Europa (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache - data: 2008-01-28 num: - pag: 16 categoria: REDAZIONALE Giornata della memoria Rutelli: dobbiamo imparare dalla storia Israele: l'antisemitismo è in calo in Europa Bertinotti agli studenti: il male può tornare Celebrazioni in tutti i Paesi. L'ex ambasciatore Horin: il Papa non ne ha parlato all'Angelus ROMA - "C'è un paio di scarpette rosse per la domenica a Buchenwald. Erano di un bambino di tre anni. Forse di tre anni e mezzo. Chissà di che colore erano gli occhi bruciati nei forni. Ma il suo pianto lo possiamo immaginare". Con la voce di una bimba che recitava Joyce Lussu, si è aperta ieri alla Risiera di San Sabba, campo di sterminio nazista a Trieste, la giornata della memoria celebrata in tutta Europa. Per non dimenticare la Shoah, i sopravvissuti e le vittime. Comprese le più piccole come Sergio De Simone: sette anni quando arrivò in Risiera, venne strappato alla mamma, trasferito a Birkenau, torturato da Mengele e ucciso. I 63 anni dalla liberazione di Auschwitz si aprono con una buona notizia. Cala in Europa l'antisemitismo. A sostenerlo è un rapporto presentato dal governo israeliano che vede una diminuzione di "incidenti" rilevati. Ma l'ottimismo si scontra anche con alcuni dati negativi. In Germania, in Gran Bretagna, negli Usa, in Australia e in Ucraina gli episodi di antisemitismo aumentano. "Non abbiamo imparato la lezione della storia?" si chiede dunque alla Conferenza internazionale sull'antisemitismo aperta ieri a Roma dal ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli in assenza di Romano Prodi ("dovuta alla crisi di governo - ha spiegato Rutelli - ma che non diminuisce l'intensità e il significato di questo incontro"). Per il vicepremier "dobbiamo lottare contro la neutralizzazione progressiva della memoria soprattutto mentre i testimoni diretti della Shoah stanno via via scomparendo". Renzo Gattegna, presidente dell'Unione comunità ebraiche, sottolinea che "la Shoah non è solo degli ebrei. E nel giorno della memoria gli ebrei non sono e non vogliono essere protagonisti". Anche se è lo stesso Elie Wiesel, scrittore sopravvissuto al lager, a specificare che "senza l'antisemitismo Auschwitz non ci sarebbe stato". Anche per il presidente della Camera, Fausto Bertinotti "non è vero che il male non può tornare". "Dipende da noi - avverte -. Dalle nostre scelte individuali e collettive". A un gruppo di 700 studenti che ieri è partito per Auschwitz dal binario 21 della stazione di Milano, prima tappa per l'inferno per milioni di ebrei, dissidenti, zingari, gay, Bertinotti ha spiegato: "Esiste una sola cosa peggiore dell'idea che ci sia un'etnia inferiore: l'idea che ce ne sia una superiore". "Voi andate dove è morto l'uomo", ma "credo che un ricordo indelebile possa ricostruire la pace insieme con il dialogo fra le civiltà". A Venezia la ricorrenza si è unita al settantesimo anniversario delle leggi razziali firmate da casa Savoia. E il sindaco Cacciari ha invitato a non dimenticare questa "vergogna". I nazisti "non agirono da soli ma trovarono un complice anche nel-l'Italia fascista con l'adozione delle leggi razziali" ha rincarato il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Anche la tv e le radio sono state mobilitate nel ricordo. E c'è chi, come Nathan Ben Horin, ex ambasciatore di Israele presso la Santa Sede ha notato "con sorpresa e dolore" che il Papa non ne ha fatto cenno nell'Angelus. "Mi ha meravigliato - dice - la differenza con il presidente Napolitano che al Quirinale ha fatto un discorso molto toccante". "Peccato - si rammarica Furio Colombo - che proprio lui, al contrario di Angela Merkel e di persone che in Germania hanno ruoli di responsabilità, ha lasciato questo vuoto che almeno una parola avrebbe potuto riempire". "Si vede che la memoria lui l'ha persa" sdrammatizza, amaro, Riccardo Di Segni chiedendosi "come mai il Papa abbia mancato una celebrazione che non è solo degli ebrei ma di tutto lo Stato". "Wojtyla non se lo sarebbe dimenticato" affonda Viktor Majar. Di tutt'altro parere Riccardo Pacifici: "Qualcosa il Papa l'ha già detta nei giorni scorsi. E di questa giornata si è parlato più di quanto sognassimo. Sta diventando persino imbarazzante ". Virginia Piccolillo GUARDA Video e foto su www.corriere.it.

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Ecco le tessere naziste di Herbert von Karajan (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache - data: 2008-01-28 num: - pag: 17 categoria: REDAZIONALE Berlino I documenti di "Welt" sul passato del maestro Ecco le tessere naziste di Herbert von Karajan DAL NOSTRO INVIATO BERLINO - Era, ed è, uno dei segreti aperti (e tollerati) della Germania. Il passato con simpatie - e protezioni - naziste di Herbert von Karajan, il più amato tra i direttori, quello che dopo la guerra è diventato il simbolo non solo d'un suono moderno, ma anche della rinascita, e non solo culturale, della Germania. E mentre il Paese si appresta a festeggiare i 100 anni della sua nascita (1908-1989) con quello che sarà l'evento musicale dell'anno (festival, concerti, e l'edizione completa delle sue direzioni in 156 Cd), qualche giornale torna a rivangare il suo passato. Del quale il maestro - dice la biografia appena pubblicata dalla sua terza moglie, la modella Eliette, "Mein Leben auf seiner Seite" (la mia vita al suo fianco) - perfino con lei non ha mai voluto parlare. Ed ecco che la Welt, giornale conservatore, tira fuori quello che si sapeva, ma che il pubblico non aveva mai visto. Due tessere del partito nazionalsocialista di von Karajan, la prima del 1933, la seconda del 1935 quando s'era riscritto al partito di Hitler. "Camerata von Karajan ", è il titolo di un lungo servizio. N. 1607525 il primo, quando ancora viveva a Salisburgo e l'Austria non era annessa dal Reich, n. 3430914 il secondo, iscritto alla sezione di Aachen. Peccati di carrierismo, come s'è sempre detto? La voglia d'arrivare che lo portò a dirigere, a trent'anni, e sotto la protezioni di GÖring e Goebbels, "Tristano e Isotta" di Wagner alla Staatsoper? Von Karajan pagò quella scelta, quando gli americani della Zona A gli impedirono fino agli anni Cinquanta di tornare sul palco. Né gli ebrei dimenticarono, se nel 1955 al Carnegie Hall lo accolsero con i manifesti "Lei ha aiutato Hitler a sterminare milioni di persone ", e Israele si è rifiutata di ospitare i Berliner Philarmoniker, lui direttore, fino alla sua morte. Ma di questo, in Germania - nonostante qualche biografia - finora non s'è voluto parlare molto. Ma. G. La tessera La prova del passato con simpatie naziste del direttore d'orchestra Herbert von Karajan, pubblicata dal giornale conservatore tedesco "Welt". Due tessere del partito nazionalsocialista di von Karajan: la prima del 1933, la seconda del 1935, quando s'era riscritto al partito di Hitler In concerto Herbert von Karajan (1908-1989) è stato il più amato tra i direttori d'orchestra tedeschi, quello che dopo la guerra è diventato il simbolo della rinascita della Germania.

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FORZE ARMATE (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 28-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Lettere al Corriere - data: 2008-01-28 num: - pag: 27 categoria: BREVI FORZE ARMATE Raccolta dei rifiuti Caro Romano, uno degli aspetti meno evidenti, ma non per questo meno imbarazzante, della crisi della spazzatura in Campania è rappresentato dall'impiego dell'Esercito nella raccolta dei rifiuti. Una situazione a dir poco paradossale; infatti, mentre una parte delle Forze armate è impegnata in missioni all'estero, impegnata talvolta in combattimento (come in Afghanistan), un'altra parte viene impiegata in compiti che non le dovrebbero spettare. Considerando poi che l'istituzione del modello professionale per le Forze armate stesse si basava sul presupposto che queste ultime avrebbero dovuto trasformarsi in uno strumento militare con compiti e ruoli diversi dal passato e che la ventilata riduzione del numero di militari di cui si parla da tempo avverrebbe proprio sulla base della necessità di ammodernarle ulteriormente per far fronte alle minacce dei giorni nostri, vedere dei soldati alle prese con i rifiuti sembrerebbe ben poco coerente con quanto è stato detto, da più parti, fino ad ora. Giovanni Martinelli giova.mart@tin.it Lei ha ragione naturalmente. Ma quella di Napoli era diventata ormai una emergenza sanitaria e civile, con gravi rischi per la salute e l'ordine pubblico. A chi dovrebbe rivolgersi il governo, in queste circostanze, se non alle Forze armate? Ma il fatto che sia stato costretto a usare uno strumento improprio, concepito per altri fini, rende la sua responsabilità ancora più evidente. STATO ISRAELIANO I confini Caro Romano, lei asserisce che la Palestina mandataria è "oggi inclusa per buona parte nei confini dello Stato israeliano". Il mandato britannico non indicava con esattezza i territori tuttavia precisava che le terre a Est del Giordano facevano parte della Palestina. Dal 1922 questa zona, definita allora Transgiordania, oggi Giordania, quasi l'ottanta per cento della superficie totale, pur rimanendo sotto mandato britannico, fu gradualmente trasferita all'amministrazione di un governo arabo. Ne risulta, quindi, che Israele, l'odierna Palestina e Gaza messi assieme rappresentano circa il 22% dell'originale mandato. Stante l'incertezza dell'attuale situazione è difficile stabilire con esattezza i confini dello Stato d'Israele, ma siamo ben lontani dall'includere in essi il territorio della Palestina mandataria, come lei asserisce. Franco Ottolenghi franco.ottolenghi@ tiscali.it L'originale mandato britannico sopravvisse fino al maggio 1923 quando la Transgiordania venne organizzata come Stato autonomo sotto la guida dell'emiro Abdullah Ibn Hussein, figlio dello sceriffo della Mecca. Da allora Palestina e Transgiordania divennero entità separate, anche se soggette, ma in misura alquanto diversa, al controllo britannico. PARLAMENTO Brutto spettacolo Dopo quanto è successo in questi giorni nel Parlamento la reazione che mi viene immediata è di non andare a votare in caso di elezioni anticipate. Se queste verranno indette spero tanto che nel frattempo avvenga qualcosa che mi convinca del contrario. Vittorio Cravotta Selargius (Ca) IN TRIBUNALE Difendersi da soli L'articolo 6.3.c della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955, numero 848, recita: "Ogni accusato ha diritto a difendersi personalmente o ad avere l'assistenza di un difensore di sua scelta". Per rispettare l'impegno che assumemmo, bisognerebbe permettere che un imputato si possa difendere da solo. Allo scopo, occorrerebbe che il Codice di procedura penale fosse modificato in modo che anche un profano possa difendersi senza farsi rappresentare da un avvocato iscritto all'Ordine. Sarebbe interessante sapere in quali altri Paesi europei esiste l'obbligo di farsi rappresentare, in tribunale, da un avvocato. Mario Scarbocci San Donato Milanese DALLO SPAZIO Caduta del satellite Gli Usa ci mettono in allarme: tra un mese cadrà sulla Terra un satellite spia. C'è spazzatura anche lassù, tanta. Cerchiamo spazi incontaminati ma meglio non metterci piede: l'uomo lascia dietro se una scia pesante e l'entropia avanza. Filippo Testa Baldissero Torinese (To) UOMINI POLITICI Il buon senso Dopo la caduta del governo Prodi il presidente della Repubblica Napolitano, come consuetudine, ha avviato le consultazioni con i leader dei vari partiti. Gli italiani aspettano e sperano che qualcosa cambi in modo radicale soprattutto negli uomini politici e si auspicano che a prescindere dall'appartenere al centro, alla destra o alla sinistra, chiunque ci governi lo faccia con consapevolezza e responsabilità, usando soprattutto il buon senso, altrimenti la caduta di Prodi rimane solo uno scherzo di carnevale. Decimo Pilotto Tombolo (Pd) DORMITORIO PUBBLICO I telefonini Svolgo attività di volontariato presso un dormitorio pubblico (servizio mensa serale). Noto che molti ospiti sono dotati di telefonino. E' davvero così essenziale, anche per persone che non hanno lavoro e vivono di sussidi? Più importante della stessa casa, che non hanno, e vivono in un centro di accoglienza comunale? Daniele Zocca, Bologna IMPRENDITORI Premi in busta paga Alcuni imprenditori hanno iniziato a riconoscere ai dipendenti come premio alla produttività e alla qualità del lavoro svolto un contributo economico in busta paga. Si riconosce informalmente la perdita del potere di acquisto dei salari e le difficoltà di arrivare a fine mese. Ma quello che non si è fatto con interventi diretti e strutturali sul cuneo fiscale non può essere tamponato con qualche una tantum. Andrea Sillioni Bolsena (Vt).

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Cala l'antisemitismo in Europa secondo un rapporto dello Stato di Israele Shoah, ricordo indelebile Giornata della memoria Manifestazioni in tutta Italia Oggi a Roma convegno su Ol (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 28-01-2008)

Cala l'antisemitismo in Europa secondo un rapporto dello Stato di Israele Shoah, ricordo indelebile Giornata della memoria Manifestazioni in tutta Italia Oggi a Roma convegno su "Olocausto e negazionismo" Cala in Europa l'antisemitismo, pur se con qualche eccezione, come indica il rapporto presentato ieri al governo israeliano in occasione del Giorno della Memoria che è stato ricordato in tutta Italia come in gran parte della stessa Europa. E David Grossman, lo scrittore israeliano che ieri ha ricevuto a Firenze la laurea honoris causa, spiega che ogni ebreo è una sorta di "colombo viaggiatore" della Shoah che lo "voglia o no". Home Interni Esteri prec succ Contenuti correlati Pizzi...cati al Senato Pirelli, l'arte nel viaggio. Fotografia, grafica e design in mostra a Milano Napolitano, via alle consultazioni Gaza, l'Egitto apre i varchi ai palestinesi Il Governo supererà lo scoglio della fiducia? Silvia Mancinelli Una prova ... Ed anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti parlando a Milano - dove è partito per una visita ad Auschwitz un treno di studenti - sottolinea l'importanza del ricordo e del dialogo tra le civiltà. "Per la memoria della tragedia irreparabile di Auschwitz, simbolo di tutti i mali del mondo - dice -, credo che un ricordo indelebile possa ricostruire la pace insieme con il dialogo fra le civiltà". A conclusione della giornata - che ricorda il 27 gennaio del 1945 la liberazione di Auschwitz da parte dei sovietici - si tiene a Roma, fino a oggi, il convegno su "Antisemitismo e negazione dell'Olocausto. Moderni crimini contro l'umanità. Il mondo non ha imparato la lezione?", organizzato dal Ministero dei Beni Culturali, che vedrà la partecipazione del vicepremier Francesco Rutelli e quella del presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche Renzo Gattegna. Un convegno che oggi vedrà, tra gli altri, le testimonianze di Franco Frattini per la Ue, del ministro dell'interno Giuliano Amato, ma anche quella di storici importanti come Anna Foa, Vittorio Dan Segre, Riccardo Calimani, Deborah Lipstadt che ha spinto per l'incriminazione dello storico negazionista David Irving, di Charles Small e del Nobel Elie Wiesel, scampato ai campi di sterminio. Quest'anno la ricorrenza del Giorno della Memoria si è intersecata con il 70/mo anniversario delle Leggi razziali del 1938, firmate da casa Savoia, e il sindaco di Venezia Massimo Cacciari sottolinea quest'aspetto: "sono pochi anni - dice - che si sta studiando quella vergogna, perch? poi l'enormità dello sterminio ha fatto sì che quasi si potesse dimenticarla, come se non si potesse paragonare la discriminazione delle leggi razziali alla persecuzione di Auschwitz". Anche il sindaco di Trieste di Forza Italia Roberto Di Piazza - nella cerimonia di alla Risiera di San Sabba unico campo di sterminio in Italia - ammonisce che i nazisti "non agirono da soli ma trovarono un complice anche nell'Italia fascista che con l'adozione delle leggi razziali si indirizz? su una strada di non ritorno". Vai alla homepage 28/01/2008.

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Vittima della ferocia d'una ideologia di sterminio, ma anche (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 28-01-2008)

Vittima della ferocia d'una ideologia di sterminio, ma anche (soprattutto?) della viltà della gente per bene, che sapeva solo tacere, che fingeva di non vedere. Ho ripensato al signor Orvieto ieri, mentre seguivo le cerimonie del 27 gennaio. "Olocausto", nome sacrale; Shoah, parola pesante come un macigno sulle coscienze. Home prec succ Contenuti correlati Pizzi...cati al Senato Pirelli, l'arte nel viaggio. Fotografia, grafica e design in mostra a Milano Napolitano, via alle consultazioni Gaza, l'Egitto apre i varchi ai palestinesi Il Governo supererà lo scoglio della fiducia? Hinkemann, il dramma di un reduce di guerra Le millenarie vicende del genere umano sono piene di orrori. Ma a rendere particolarmente imperdonabili i genocidi del XX secolo contribuiscono due cose: primo, il fatto ch'essi riguardano da vicino le generazioni dei nostri padri, dei nostri nonni e anche le nostre; secondo, essi non appartengono a chissà quale passato di barbarie bensì a un presente che si ama tuttora dipingere come un'età di magnifiche sorti e progressive. Infamie venute dopo i Diritti dell'Uomo; partorite dallo stesso ventre che ha generato Illuminismo e Umanitarismo. Per questo sono tanto più imperdonabili. Il mio studio fiorentino è un ambiente piccolo. Uno scaffale è riempito dalle testimonianze dell'orrore del Novecento: grossi "Libri Neri" (del comunismo, del capitalismo, del colonialismo, della guerra) e una serie di monografie sulle stragi: degli ebrei, degli armeni, dei kulaki russi, degli indiani d'America, dei popoli africani. Il 27 gennaio, anniversario della scoperta del Lager di Auschwitz, è ricorrenza dedicata alla Shoah: a proposito della quale si continua a discutere se essa sia stata "unica" della sua immane tragedia, oppure "esemplare" nel suo carattere di caso estremo magari ma tipico d'un orrore la concezione del quale era del tutto moderna. Non facciamo questione di numeri: non c'è nulla di più ripugnante della computisteria funebre. Il punto è un altro: intender sul serio, e in concreto, il significato di quella frase che troppo spesso pronunziamo distrattamente, come un mantra che rischia di tingersi di retorica e di conformismo. "Dovere della memoria". Sì. Un dovere sacrosanto. Ma che non può essere soltanto passivo. Non dimentichiamo che il ventre che ha partorito quegli orrori è ancora gravido, ma capace di camuffarsi. E sono tante le Auschwitz che funzionano ancora oggi. Nel Vicino e Medio Oriente, dove si muore di guerra e di terrorismo. In Libano, in Israele, in Palestina, dove sarebbe sacrosanto eppure è quasi impossibile distinguere tra vittime e carnefici. Nell'Estremo Sud-Est asiatico e in America latina, dove tirannia e fanatismo falciano quotidianamente vite umane. In Africa, dove si stanno combattendo guerre tribali con mezzi ultramoderni e dove si continua a morire di Aids e di fame. E perfino nel nostro felice e libero Occidente: dagli ospedali dai quali s'innalza verso Dio il grido silenzioso degli innocenti assassinati per carenza o mancanza di cure, o soppressi prima di nascere, fino all'orribile paradosso di luoghi come Guantanamo, nei quali si consuma l'assurdo della violenza perpetrata nel nome della Libertà. Qui non si tratta di esportar democrazia. Si tratta di lottare contro l'infelicità e l'ingiustizia. Vai alla homepage 28/01/2008.

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L'eroe di San Nicolò che salvò centinaia di ebrei (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-01-2008)

Prima Pagina Pagina 2 Gerrei. La medaglia di "giusto" sarà conferita domani da Israele a Roma L'eroe di San Nicolò che salvò centinaia di ebrei Gerrei.. La medaglia di "giusto" sarà conferita domani da Israele a Roma --> Aveva 36 anni quando fu fucilato: le Brigate nere fasciste avevano scoperto che Salvatore Corrias, giovane finanziere di San Nicolò Gerrei, aveva aiutato centinaia di ebrei a riparare in Svizzera. Nel suo paese fu dimenticato e solo di recente si è ricostruita la storia di questo eroe della Resistenza. Domani l'ambasciatore di Israele in Italia gli conferirà la medaglia di giusto nella caserma della Finanza davanti a una delegazione del Comune. La medaglia sarà esposta nel museo cittadino. SERRELI A PAGINA 5.

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Gaza, buio in scena vince la propaganda (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 28-01-2008)

Oggi è Lun, 28 Gen 2008 Edizione 18 del 26-01-2008 Disinformazione di Hamas Gaza, buio in scena vince la propaganda di Dimitri Buffa Lo sapevo. Ci siamo di nuovo cascati. Come su "Scherzi a parte" . Ancora una volta i simpatici cineasti di Hollywood Palestina l'hanno fatta in barba a tutti i media mondiali, molti dei quali ansiosi di farsi fottere in questa maniera, con la simpatica balla di "Gaza al buio perché quei boia degli israeliani ci hanno tolto la luce". A smascherare la sceneggiata ancora una volta il Jerusalem Post che in un articolo dal titolo molto significativo, "Luci spente, camera, azione", ha descritto la conferenza stampa a lume di candela del leader golpista di Hamas Ismael Haniya, che ha convocato all'uopo tutti i volenterosi giornalisti occidentali nel suo ufficio mentre fuori dal palazzo però, piccolo particolare, le luci erano tutte accese. A descrivere la ridicola messinscena anche una bravissima blogger israeliana che scrive per informazionecorretta.com, Deborah Fait. Che ci decrive la farsa con le parole usate da alcuni reporter israeliani: "Haniya, ci ha convocati nel suo ufficio, siamo entrati e abbiamo trovato lui e i suoi ministri, al buio, seduti intorno al tavolo e davanti a ognuno c'era una candela accesa. Strano, abbiamo pensato, perché era giorno e sulle scale c'era la luce elettrica! Avevano chiuso tutte le tende per rendere la stanza completamente buia. Ci ha ordinato di fotografare e di ritornare la sera stessa. Siamo ritornati e abbiamo trovato il quartiere al buio, nelle zone da cui venivamo invece c'era la luce e decine di donne e bambini per la strada con le candele accese in mano". Commento della Fait: "questi sono i racconti dei giornalisti palestinesi arrivati ieri a Gerusalemme. Li abbiamo visti e sentiti in diretta alla TV israeliana e stiamo ancora ridendo. Sembra impossibile che i palestinesi siano tanto sicuri di poter prendere in giro il mondo intero da arrivare a fare le sceneggiate "aiuto non abbiamo la luce, Israele ci sta togliendo tutto!" persino durante il giorno. Sono davvero arcisicuri che Eurabia creda ad ogni loro parola." Scrive ancora la Fait sul proprio blog: "sembra impossibile ma hanno ragione, il mondo gli crede, qualsiasi cosa dicano il mondo pende dalle loro labbra e all'ONU ti schiaffano una bella risoluzione contro Israele, senza nemmeno accennare ai bombardamenti su Sderot. Il mondo urla "Israele affama i palestinesi" e li guarda, belli grassi, hanno persino la pancia, i bambini hanno belle guanciotte rotonde però continuano a gridare i soliti idioti "Israele affama i palestinesi, non possiamo accettare una punizione collettiva". A Sderot invece si? Sderot può essere punita collettivamente? I bambini di Sderot possono im-pazzire di paura? Sparano 50 razzi al giorno, in poco più di 2 anni sono caduti nel sud del Neghev più di 9000 Qassam". E a proposito di leggende da sfatare ieri è caduta miseramente anche quella dell'umanitarismo di Moubarak che avrebbe permesso ai sempre "poveri palestinesi" di approvvigionarsi su territorio egiziano dopo avere fatto saltare il muro di cui non parla nessuno, quello che chiude il valico di Rafah dalla parte egiziana. Ieri infatti è stata la giornata dell'intervento massiccio delle unità anti sommossa egiziane. Le agenzie riportano che "ieri mattina le autorità egiziane avevano deciso di rafforzare il contingente di militari nella zona per riprendere gradualmente il controllo della situazione e ripristinare il confine". Secondo l'inviato della tv araba al-Jazeera, in realtà il valico sarà chiuso oggi, mentre ieri i militari hanno avuto il compito di impedire l'ingresso dei palestinesi in Egitto e di incoraggiare energicamente le decine di migliaia ancora presenti nel loro territorio a tornarsene nella striscia di Gaza. Appena ci scapperà il primo morto, e gli egiziani non vanno molto per il sottile (loro gli omicidi non li mirano ma tendono a socializzarli), vedrete che forse finirà anche la bella favola dell'Egitto equo e solidale.

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Intervista a Franco Perlasca / Anche l'Italia ha il suo "Schindler" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Opinione, L'" del 28-01-2008)

Oggi è Lun, 28 Gen 2008 Edizione 18 del 26-01-2008 Intervista a Franco Perlasca / Anche l'Italia ha il suo "Schindler" Il figlio del commerciante italiano, che fingendosi addetto all'ambasciata spagnola di Budapest pose sotto la sua protezione e salvò da morte sicura circa 5000 ebrei, racconta le gesta del padre di Stefano Magni Anche l'Italia ha il suo "Schindler" da ricordare. Giorgio Perlasca, a Budapest, fingendosi addetto all'ambasciata spagnola, pose sotto la sua protezione e salvò da morte sicura circa 5000 ebrei. Impedì che venissero imbarcati sui vagoni della morte che li avrebbero portati ai campi di sterminio, assicurò loro un rifugio sicuro nelle abitazioni sulla riva del Danubio che erano di proprietà dell'ambasciata (e dunque extra-territoriali) e fornì loro medicinali e viveri. Alla fine del 1944, fingendosi sempre un diplomatico spagnolo e inventando minacce di ritorsioni da parte del governo di Franco, riuscì a convincere il regime nazista ungherese a non radere al suolo il ghetto ebraico di Budapest. Eppure Perlasca non era un politico. Era un commerciante italiano, aveva combattuto come volontario in Etiopia e poi in Spagna, era simpatizzante per il governo di destra ungherese retto dall'ammiraglio Miklos Horthy, dal 1941 alleata con la Germania di Hitler. La situazione cambiò drasticamente il 19 marzo del 1944, quando la Germania occupò il paese e instaurò un regime-fantoccio. Fu allora che iniziò la storia di Perlasca, una storia di eroismo che rimase completamente sconosciuta fino al 1988, quando questo "eroe per caso" fu rintracciato e ricontattato da alcune famiglie ebree ungheresi che aveva salvato. Che cosa spinse Giorgio Perlasca a rischiare così tanto? Ne abbiamo parlato con suo figlio, Franco Perlasca: "Non ci fu alcuna motivazione ideale o politica, ma umanitaria - ci spiega - vedeva le persone che venivano prese e avviate verso i campi di sterminio. Visto che aveva la possibilità di salvarle, lo fece senza dubbi" Com'era la situazione in Ungheria fino alla primavera del 1944? Anche dopo lo scoppio della guerra, l'Ungheria era totalmente diversa rispetto agli altri paesi dell'Europa orientale alleati dei nazisti. Gli ebrei non venivano deportati. Venivano certamente discriminati. Anche in Ungheria erano in vigore leggi razziali, erano state fissate delle quote che li penalizzavano nelle scuole, nelle università e nell'impiego pubblico. Ma la comunità ebraica locale, circa 800.000 individui, era intatta nel marzo del '44. Merito dell'ammiraglio Horthy, una personalità forte che riuscì a tenere a bada Hitler. Quando le Croci Frecciate, i nazisti ungheresi, presero il potere, suo padre cambiò idea sugli ungheresi? La presa del potere dei nazisti fu un vero e proprio colpo di Stato, non una scelta popolare. Naturalmente c'era chi era filo-nazista, come in tutti i paesi dell'Europa in guerra. La società ungherese era molto composita e anche multipartitica: fino ad allora c'erano state elezioni, pur controllate. Il colpo di Stato avvenne dopo che Horty lanciò alla radio il messaggio dell'uscita dell'Ungheria dalla guerra. Probabilmente sbagliò i suoi calcoli e non immaginò quale sarebbe stata la reazione nazista. Il regime che conquistò il potere raggiunse dei livelli di violenza inauditi. I nazisti in Ungheria erano convinti di dover recuperare il tempo perduto, di completare lo sterminio di tutta la comunità ebraica in pochi mesi, quando negli altri paesi c'erano voluti anni. E in pochi mesi, effettivamente, assassinarono i tre quarti dell'intera comunità. La responsabilità del genocidio è di una minoranza fanatica, mentre mio padre ebbe sempre una grandissima stima del popolo ungherese, di cui ammirava soprattutto la fierezza. Un coraggio popolare che fu confermato anche dopo la II Guerra Mondiale, quando l'Ungheria si sollevò contro il potere comunista: quella del '56 fu realmente una sollevazione di popolo, in tutti i sensi. Proprio a proposito dei sovietici: di solito la storia di suo padre finisce con l'arrivo dei sovietici a Budapest. Ma fu veramente un lieto fine? Fu un lieto fine perché l'Armata Rossa pose fine allo sterminio degli ebrei e alla dittatura delle Croci Frecciate. Allo stesso tempo non fu un lieto fine, perché quando l'Armata Rossa entrò in città, nelle prime due settimane scatenò l'inferno. Le truppe d'assalto erano completamente ubriache per darsi coraggio. Tutte le donne che incontrarono, dai 10 ai 90 anni, furono sistematicamente violentate. La situazione fu veramente tragica finché non giunsero le forze di prima linea a ristabilire un minimo di ordine, ma nei primi giorni si visse nel terrore. Suo padre lottò contro tutti e due i totalitarismi del '900. Quali furono le sue scelte politiche nel dopoguerra? Dopo la fine del conflitto mondiale si trasferì a Trieste e partecipò anche attivamente al movimento per far ritornare la città (allora zona occupata e amministrata dagli Alleati, ndr) sotto la sovranità italiana. Non fece mai politica attiva. Aderì inizialmente al Movimento dell'Uomo Qualunque, poi, quando questo scomparve, votò anche la Dc, ma soprattutto il Pli di Malagodi. Dalla metà degli anni '70, si avvicinò anche alla Destra Nazionale. Del fascismo non fu mai nostalgico, anche se sapeva distinguere tra i lati positivi e negativi del regime. Condannava le leggi razziali, l'alleanza con i nazisti e l'entrata in guerra, ma riconosceva la crescita economica, le grandi opere, il riconoscimento dei primi diritti dei lavoratori. Nel dopoguerra non cambiò assolutamente idea. Si riconosceva in alcuni valori che, almeno una volta, era considerati di "destra": amare la patria e anteporre i doveri ai diritti. Suo padre ricevette riconoscimenti da Israele e dall'Ungheria e l'Italia arrivò ultima a decorarlo. Quali furono le ragioni di questo ritardo, secondo lei? La storia di mio padre è difficile da raccontare, anche per motivi ideologici. Perché è la storia di una persona che era stata fascista, che smise di essere fascista, ma non divenne "antifascista" nel senso classico del termine. Non era facilmente inquadrabile da una storiografia che ha sempre distinto in modo netto i buoni e i cattivi. Mio padre era bollato per quel suo "peccato originale" e non era facile trovare una soluzione per un suo pieno riconoscimento. Secondo me, ruppe un po' gli argini il presidente Francesco Cossiga. L'assegnazione a mio padre della medaglia d'oro al valor civile, fu una sua picconata e fu uno dei suoi ultimissimi atti da presidente. Al resto pensò la burocrazia. La comunicazione della decorazione ci arrivò nel settembre del 1992, quando mio padre era mancato in agosto.

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Israele e le nostre responsabilità (sezione: Israele/Palestina)

( da "Manifesto, Il" del 28-01-2008)

Scritto&parlato Israele e le nostre responsabilità Valentino Parlato La mia nota, sul manifesto del 24 gennaio, contro il boicottaggio alla Fiera del libro di Torino, ha provocato molte reazioni negative, tutte - schematizzo - concentrate su un punto: lo stato d'Israele perseguita i palestinesi e quindi è giusto e doveroso boicottare la sua presenza alla Fiera del libro. Le lettere sono molte. Non è possibile pubblicarle tutte e alcune ho dovuto tagliarle. Chiedo scusa e vengo alla risposta. Innanzitutto ringrazio perché la discussione che si apre è seria e coinvolgente, e dovrebbe continuare. Certo l'attuale comportamento d'Israele porta acqua al mulino dei miei critici, ma possiamo destoricizzare la questione? Caro Michele la persecuzione degli ebrei in tutto il mondo non è un mito del recente passato. La persecuzione è antica e noi cristiani siamo intervenuti con "il popolo deicida", responsabile della crocifissione di Gesù Cristo e poi, vado a memoria, la cacciata dalla Spagna a opera della cattolica Isabella e per ultimo (ma non definitivo) la Shoah . Insomma - penso io - che sarebbe un grave errore destoricizzare la questione ebraica e ridurla solo allo stato d'Israele, perché, peraltro, sempre a mio parere, contrasta con l'essenza dell'ebraismo, che è la diaspora. Insomma non possiamo ridurre la questione ebraica all'attuale stato d'Israele, che pure è un'espressione dell'ebraismo. E poi - aggiungo - dovremmo sforzarci di una riflessione storica anche sui palestinesi, che - sempre a mio parere - sono gli ebrei del mondo arabo: intelligenti e perseguitati; dall'imperialismo occidentale e dalla feudalità araba. Tanto che io credo che la formula "due popoli uno stato", cioè uno stato ebreo-palestinese sarebbe la soluzione naturale, ma impossibile nel contesto dello scontro tra i poteri internazionali forti. Uno stato ebraico-palestinese (lo propone Gheddafi) sarebbe una grande innovazione di pace, ma nell'attuale contesto è impossibile. In tutti i modi critichiamo Israele e la sua politica, ma rinunziamo all'arma del boicottaggio, che ci riporta indietro nei secoli e va contro gli scrittori israeliani che criticano aspramente in governo. p.s. E poi se vogliamo complicare la cosa ancora di più rileggiamoci "Il problema ebraico" di Karl Marx. Valentino Parlato Schiavo del mito? Caro Valentino, ti sono molto affezionato e conosci il grande rispetto che ho per il tuo lavoro. Devo però dirti che sono rimasto senza parole leggendo il tuo intervento sulla Fiera del libro. Senza offesa, mi sconvolge la banalità delle tue motivazioni. Non perché sostengono che sia sbagliato boicottare, ma per il fatto che non sono vere motivazioni. Appaiono un'artificiale difesa d'ufficio di uno stato che è ben lontano dal mito che ti affascinò 60 anni fa. Nelle ragioni che elenchi manca un filo di logica, un filo di analisi, rispetto a quello che accade sul terreno. Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Gli israeliani stanno costruendo un nuovo apartheid che tu però neghi perché non vuoi accettare una realtà che si scontra con il mito. Eppure il nostro amico Daniel Amit aveva saputo spiegarcelo in modo così chiaro. A denunciarlo da anni è anche il maestro Daniel Baremboim, che non è certo un pericoloso estremista. Gli israeliani non sono afrikaner? Vero, ma si comportano allo stesso modo. Con il cuore colmo di delusione. Michele Giorgio Insisti nell'errore Caro Parlato, ho letto il tuo articolo di giovedì scorso. Mi ha colpito molto. Non posso pensare che le cose dette siano frutto di ignoranza, quindi perché? Per sostenere di essere contrario al boicottaggio dimentichi che anche associazioni democratiche israeliane lo sostengono, che è "anche" il 60.mo anniversario della Naqba palestinese (la "memoria" non è a senso unico), che un israeliano non è sempre ebreo, tra gli israeliani ci sono musulmani (molti), cristiani, drusi, atei; ci sono ebrei discriminati da altri ebrei, e è ipocrita dire che boicottare lo stato di Israele per la politica e le azioni contro i palestinesi che porta avanti è essere contro gli ebrei tout court. E cosa c'entra tirare in ballo il ghetto di Varsavia con il boicottaggio ? Non nascondiamoci dietro il dito degli scrittori di grande levatura presenti, tre dei quali portatori accondiscendenti della politica israeliana verso i palestinesi, quando la cultura del paese è molto variegata: dove sono i cosidetti nuovi storici o dissenzienti dal sionismo o gli scrittori palestinesi di Israele? Già sono discriminati in Israele e lo sono anche in Italia. Se fossero stati invitati forse avresti avuto più frecce al tuo arco. E infine, caro Parlato, non è vero che un libro va sempre rispettato, dipende da quello che trasmette e sono sicuro che anche per te molti libri non vanno rispettati. Allora ho l'impressione che usi questi argomenti solo per un pregiudizio, quello di difendere sempre e comunque il governo israeliano. Lino Zambrano cooperante Ong Cric Gaza Invecchi male L'articolo di Valentino Parlato in cui condanna quanti sono impegnati a boicottare l'edizione della Fiera del Libro (dove si vorrebbe ospite d'onore Israele) andrebbe stampato in milioni di copie e fatto girare ovunque. E' un testo che offre molte ragioni proprio a chi vuole boicottare la Fiera. Cosa dice Parlato? Qualunque cosa abbiano o commettano, gli israeliani vanno giustificati. Non li si può condannare oltremodo perché loro, gli israeliani, hanno subito forti persecuzioni da parte dei cattolici prima e dei nazisti poi. Ora, ditemi quale uomo o donna con un minimo di senno può pensare un abominio del genere. Io credo che nemmeno i filo-israeliani che andranno alla Fiera (se rimarrà come voluto dal Comitato che gestisce l'ente, il cui capo è iscritto alla loggia P2, tessera 2095) possano prendere le parole di Parlato per recarsi a Torino senza vergogna. Il "nostro" in un sol colpo è riuscito a spazzare via le idee di Primo Levi, Franco Fortini, Luigi Pintor e infine Stefano Chiarini (che mi sembra un bel modo di ricordarlo ad un anno dalla sua morte). Inoltre ha mandato a quel paese quegli israeliani che si rifiutano di stare dalla parte dell'occupazione. Ha stracciato, infine, molti vecchi articoli della Rossanda, di se stesso... Una cosa ha dimostrato Valentino Parlato: non è sempre vero che si invecchia bene, a volte lo si fa nel peggiore dei modi, come a esempio stare dalla parte degli aguzzini contro le vittime. Francesco Giordano Gli ebrei non sono Israele Caro Valentino Parlato, in relazione al tu articolo, "Un boicottaggio sbagliato", devo dire che condivido l'idea che il boicottaggio possa essere uno strumento a volte discutibile, ma non era questo il tema principale del tuo articolo. Tu sei entrato, mi sembra, proprio nel merito dell'opportunità di contestare lo stato di Israele, e non hai colto, mi sembra, quello che per molti di noi, almeno tra i lettori del manifesto, è invece una discriminante che non viene colta neppure da altri "compagni": l'esistenza di uno stato etnico, anzi, di più, uno stato religioso. Mentre si lotta (forse non tutti) per conservare nel nostro paese almeno il principio della laicità, si accetta che esista, e lo si sostiene, uno stato basato sulla religione (quella ebraica in questo caso) come fosse la cosa più naturale del mondo, anzi, siamo disposti a sostenere che la sua esistenza difenda il diffondersi della democrazia nel mondo. Più volte nel tuo articolo confondi lo stato di Israele con l'ebraismo; cito: "riconoscere agli ebrei il diritto a avere un territorio e uno stato, era obbligatorio", "Gli israeliani - che sono sempre ebrei...", "la persecuzione del popolo ebraico" (a sostegno della necessità dell'esistenza di uno stato ebraico), "non solo perché gli israeliani sono ebrei e non afrikaner", tutte frasi estratte dal tuo articolo, e che, mi sembra, sostengono la necessità dell'esistenza di uno stato appunto ebraico, basato sull'appartenenza religiosa. Un assunto del genere, anche se, come dici tu condiviso dal "compagno Stalin", non lo trovo affatto condivisibile, almeno non dai "compagni" che leggono il manifesto (sono tra l'altro abbonato da vari anni). Con affetto. Francesco Andreini Ebraismo e sionismo Gentile signor Parlato, lei scrive che c'è boicottaggio e boicottaggio... Si potrebbe aggiungere: c'è violenza e violenza, ci sono oppressori e oppressori. E oppressi e oppressi. Per lei, evidentemente, Israele è un oppressore autorizzato e quella israeliana una violenza doc. Perché il boicottaggio contro lo stato razzista del Sudafrica andava bene, mentre quello contro Israele, stato altrettanto razzista e basato sull'apartheid, no? Perché continuare volutamente a confondere ebraismo con sionismo e con la creazione di Israele? E' una manipolazione, è scorretto e allontana qualsiasi giusta soluzione alla questione palestinese. E non aiuta neanche gli ebrei, confusi con le feroci scelte politiche e militari di uno degli stati più spietati del mondo. La Redazione di www.infopal.it Peggio per Stalin Leggendo l'articolo di Valentino Parlato in cui si schiera contro il boicottaggio della Fiera del libro ho provato, confesso, un senso di sgomento. Sgomento che deriva in parte dal difficile momento storico che il popolo palestinese sta attraversando, stretto tra un'occupazione quanto mai feroce e una crescente indifferenza internazionale, che ci impone urgenza nello schierarci in modo netto dalla parte degli oppressi. Ma anche le argomentazioni addotte contro il boicottaggio non mi convincono. In primo luogo viene ricordato che "dopo la seconda guerra mondiale riconoscere agli ebrei il diritto di avere uno stato e un territorio era obbligatorio". Riconoscere il diritto di fondare uno stato ebraico in Palestina, in onore al vecchio testamento, non era affatto obbligatorio e si è rivelato un colossale disastro storico anche se, come ricorda Parlato, "anche Stalin fu a favore". La domanda sorge spontanea: e con ciò? La nascita dello stato di Israele non fu un risarcimento al popolo ebraico per i torti subiti durante la guerra ma il compimento di un progetto sionista studiato nei dettagli, messo in moto da Herzl alla fine dell'800 e portato avanti in modo continuo per tutta la prima metà del XX secolo. La fine della guerra e la conoscenza in Europa degli orrori dell'olocausto determinarono un clima favorevole alle risoluzioni che portano al riconoscimento di Israele. Ben diverso dall'affermare l'obbligatorietà dell'atto. Mi sembra inoltre importante sottolineare che non credo sia obiettivo del boicottaggio la cancellazione del riconoscimento di Israele da parte della comunità internazionale, semmai ricordare a Israele che le risoluzioni della stessa comunità internazionale andrebbero applicate anche quando contrarie ai propri interessi. I confini non dovrebbero essere disegnati coi mattoni su percorsi decisi dal ministro della difesa e ci sono convenzioni che si farebbe bene a rispettare. Chi è stato cacciato dalla propria casa dovrebbe poterne far ritorno così come l'esercito israeliano non dovrebbe poter arrestare delle persone nei territori occupati per poi portarle in Israele e dimenticarle in gattabuia. L'assedio medievale che costringe Gaza alla fame non dovrebbe essere permesso. Cosa c'entri la seconda guerra mondiale con tutto questo non mi è del tutto chiaro. Sicuramente c'entra tanto quanto l'aneddoto sugli ebrei del ghetto di Varsavia che cantarono l'internazionale prima di essere massacrati. Apprezzo il racconto e mi commuove intimamente, anche in virtù di mia nonna, ebrea polacca, ricordare quell'orribile massacro. Ma continuo a non trovare il nesso. Al punto crucialedell'articolo apprendo che "c'è boicottaggio e boicottaggio, quello contro i razzisti sudafricani era più che giusto" ma "Gli israeliani - che sono sempre ebrei - per quanti torti abbiano nei confronti del popolo palestinese non sono in alcun modo paragonabili ai razzisti sudafricani". E perché? Perché per quanti torti facciano, distinguendosi sulla base di un'appartenenza razziale/religiosa, a un altro popolo, non sono paragonabili agli afrikaner? Perché uno stato che ha come fondamento l'appartenenza alla stirpe di Davide, che ritiene il colonialismo un diritto concesso dalla bibbia, che riduce alla fame, alla prigionia, all'umiliazione, il popolo palestinese, non può essere paragonato al Sudafrica razzista? Sia dalla costruzione lessicale, sia da quanto segue nell'articolo, sembrerebbe che ciò che li esonera dal confronto sia proprio la loro condizione di ebrei. Infatti ci viene ricordato che "c'è la storica persecuzione del popolo ebraico, ci sono i ghetti e i campi di sterminio". E oggi ci sono i campi profughi, i check point, le carceri israeliane, l'occupazione, gli assasinii mirati e non. C'è il muro. Credo che un segnale di ripudio forte, netto, e soprattutto non isolato nel tempo contro queste politiche sia molto più importante che un qualsiasi dibattito letterario, per quanto interessante e costruttivo. Mariano Heluani, Caserta Boicottaggio opportuno Raramente non mi trovo in totale e convinta sintonia con Valentino Parlato, ma il suo intervento sulle polemiche che stanno accompagnando la Fiera internazionale del libro di Torino del prossimo maggio non ha fugato tutti i miei dubbi. Non sono in grado di entrare nel merito della querelle, non conoscendo la storia e l'opera degli autori ebraici invitati alla Fiera di Torino. Mi sento però di affermare che, qualora le voci di dissenso, non dico a "questo" governo israeliano ma a tutti gli esecutivi che si sono là succeduti negli ultimi 10-15 anni, non fossero sufficientemente ospitate nella manifestazione torinese allora una qualche forma di boicottaggio sarebbe non solo tollerabile ma quantomeno auspicabile e opportuna. Se non altro per ricordare la differenza (troppo spesso dimenticata) che c'è tra oppressi e oppressori, e che quando un popolo che fu vittima si trasforma in carnefice allora non può più invocare a sua difesa i torti subiti in passato. Enzo Lanciano Il razzismo israeliano Nel suo articolo di giovedì scorso, Valentino Parlato si oppone fermamente al ventilato boicottaggio della Fiera internazionale del libro di Torino che avrà Israele quale ospite d'onore. Le argomentazioni di Parlato (di cui sono un estimatore) stavolta però non convincono. Nel taglio basso di prima pagina scrive d'essere stato a favore del boicottaggio del Sudafrica, ma gli israeliani, sostiene, non sono razzisti come lo erano gli afrikaner. A me pare fuorviante stare a pesare il razzismo dell'uno o dell'altro (quando questo è un tratto comune). Sul razzismo di Israele mi limito a rinviare al saggio "Le racisme de l'Etat d'Israel" di Israel Shahak, che fu presidente della Lega dei diritti dell'uomo di Israele, e al più recente "Shalom fratello arabo" di Nathan Susan. Sugli effetti del razzismo israeliano parla ( almeno sul manifesto, per fortuna di noi lettori) la cronaca quotidiana. Il boicottaggio ha senso quando non è solo contro ma anche quando è per. Il boicottaggio del Sudafrica fu contro l'apartheid e per sostenere la lotta di liberazione dei neri, come era stato chiesto da Nelson Mandela. Il necessario boicottaggio della Fiera (ma non solo di questa) sarebbe contro Israele, che pure pratica l'apartheid, e per sostenere i diritti dei palestinesi, come chiedono quest'ultimi, (vedi l'intervista a Omar Barghouti sul manifesto del 22 gennaio scorso). Israele andrà difeso, quando opererà realmente a favore della pace, nel rispetto del diritto internazionale, e non perché gli ebrei furono trucidati nei campi concentramento. Argomentazioni di questo tipo nuocciono allo stesso Israele! E se la Fiera venisse boicottata dagli stessi Oz, Grossman, Yehoushua, dagli scrittori israeliani e ebrei che si dicono a favore dei diritti dei palestinesi, quei diritti che il loro paese continua a calpestare da sessant'anni? Se questi intellettuali (si)chiedessero: cosa mai dovremmo festeggiare? La storia, antica e moderna, è ricca di esempi di intellettuali che, coerentemente alle proprie posizioni, si sono opposti anche fino alle estreme conseguenze, a scelte, errate, e scellerate, dei propri governanti. Gaddo Melani Riva San Vitale Svizzera.

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IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 28-01-2008)

IN CITTA' Arman PALAZZO BRICHERASIO, VIA TEOFILO ROSSI ANGOLO VIA LAGRANGE, ORARI: LUNEDÌ 14,30/19,30, DA MARTEDÌ A DOMENICA 9,30/19,30, GIOVEDÌ E SABATO 9,30/22,30, INGRESSO: INTERO 7,50, RIDOTTO 5,50, BAMBINI (6-14 ANNI) 3,50, TEL 011/5711811, WWW.PALAZZOBRICHERASIO.IT Dal 25 gennaio al 24 febbraio, le sale espositive ospitano un'antologica, curata da Luca Beatrice e organizzata in collaborazione con il Mamac di Nizza, che ripercorre attraverso 70 opere le vicende artistiche del principale esponente del Nouveau Realisme. Francisco Goya BIBLIOTECA NAZIONALE UNIVERSITARIA DI TORINO, PIAZZA CARLO ALBERTO 3, ORARI: LUNEDI', MERCOLEDI', VENERDI' E SABATO 9/13, MARTEDI' E GIOVEDI' 9/18 E' aperta sino al 15 marzo "Los Caprichos. Goya Illuminista fra Settecento ed Europa napoleonica". In mostra, l'intera opera di Francisco Goya "Los Caprichos": un insieme di tavole in perfetto stato di conservazione, cui è affiancato un importante nucleo di reperti librari di proprietà della biblioteca. Lo Spazio dell'uomo FONDAZIONE MERZ, VIA LIMONE 24, ORARI: MARTEDI'-DOMENICA 11/19. INGRESSO: INTERO 5 EURO, RIDOTTO 3,50, GRATIS BAMBINI SOTTO I 10 ANNI, MAGGIORI DI 65 , DISABILI E OGNI PRIMA DOMENICA DEL MESE Fino all'11 maggio, un'indagine sulla scena artistica contemporanea cilena, attraverso l'incontro tra storia del passato e realtà del presente. Werner Herzog FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO, VIA MODANE 16, OR.: 12/20, GIOVEDI' 12/23, CHIUSO LUNEDI' Nell'ambito della manifestazione "Segni di Vita. Werner Herzog e il cinema", la Fondazione ospita una mostra ricca di strumenti che permettono di approfondire l'idea di cinema dell'artista tedesco. Accanto alla sezione fotografica, l'esposizione, aperta fino 10 febbraio, segue un itinerario composto da una serie di video. Novecento - Trilogia dell'automobile TORINO ESPOSIZIONI, CORSO MASSIMO D'AZEGLIO 15, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/18,30. Le più belle auto del '900; fino al 30 marzo. Why Africa? PINACOTECA AGNELLI, VIA NIZZA 230, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/19. INGR.: INT. 7 EURO, RID. E GRUPPI 6, SCUOLE E BAMBINI 6/12 ANNI 3,50. VISITE GUIDATE 011/0062713. WWW.PINACOTECA-AGNELLI.IT Esposta per la prima volta in Italia una parte della più importante collezione al mondo di arte contemporanea africana. Il tema più ricorrente nelle opere è il profondo legame con il territorio al quale gli artisti si rivolgono proponendo la loro personale esperienza della realtà. La mostra rimane aperta fino al 3 febbraio. Acquisizioni GAM, VIA MAGENTA 31, OR: MARTEDI'-DOMENICA 10/18, LA BIGLIETTERIA CHIUDE UN'ORA PRIMA. INGRESSO: 7,50 EURO, RIDOTTO 6; INFO 011/4429518. WWW.GAMTORINO.IT Fino al 27 gennaio, sono esposte 50 delle mille opere acquisite negli ultimi 5 lustri. Tempeste polari MUSEO DELLA MONTAGNA, P.LE MONTE DEI CAPPUCCINI 7, OR.: 9/19, LUNEDI' CHIUSO. WWW.MUSEOMONTAGNA.ORG Manifesti e film dei primi trent'anni di cinema sulla grande avventura esplorativa in Artide e Antartide. Fino al 10 febbraio. Splendide preziosità quotidiane MUSEO DI ANTROPOLOGIA, VIA ACCADEMIA ALBERTINA 17 La collezione si arricchisce di un centinaio di reperti del primo '900 dell'Asia Centrale. Le opere rimarranno in esposizione sino al 31 marzo. Torino inedita ARCHIVIO STORICO DELLA CITTÀ DI TORINO, VIA BARBAROUX 32, OR.: LUNEDI'-VENERDI' 8,30/16,30 Quattro panorami di Luigi Vacca; in esposizione fino al 31 marzo. (R)esistere per immagini MUSEO DIFFUSO DELLA RESISTENZA, CORSO VALDOCCO 4/A, TUTTI I GIORNI DALLE 10 ALLE 18, IL GIOVEDÌ DALLE 14 ALLE 22; CHIUSURA IL LUNEDÌ; INGRESSO LIBERO Mostra in omaggio a Germano Facetti: all'uomo sopravvissuto alla Deportazione, al grafico che ha rivoluzionato la Penguin Books, al creativo, attraverso i documenti privati e professionali del ricco fondo acquisito dall'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti". La mostra sarà aperta al pubblico sino al 25 aprile. Capitàn Germàn MIAAO, VIA MARIA VITTORIA 5, DAL MARTEDÌ AL VENERDÌ ORE 16-19,30 SABATO E DOMENICA ORE 11/19, LUNEDÌ CHIUSO Artefatti astrali di Germàn Impache, fino al 24 febbraio. Mario Lattes ARCHIVIO DI STATO, PIAZZA CASTELLO 209, ORARIO: DA MARTEDÌ A SABATO 10/19; DOMENICA 10/14; INGRESSO LIBERO "Di me e di altri possibili: Mario Lattes pittore, scrittore, editore". La mostra è composta di tre parti: una parte pittorica con un'antologia di quadri dipinti tra il 1960 e il 1995, una parte narrativa comprendente le opere pubblicate (romanzi, poesie, autografi e diari) ed una parte editoriale con alcune opere significative pubblicate nel periodo in cui l'artista era amministratore delegato della casa editrice Lattes. L'esposizione è aperta fino al 12 marzo. Paolo Guasco Cinque personali PIEMONTE ARTISTICO CULTURALE, VIA ROMA 264, ORARI: LUNEDI' - SABATO 15,30/19,30, INGRESSO LIBERO Fino al 26 gennaio, Piemonte Artistico Culturale propone una antologica del pittore torinese Paolo Guasco. La mostra segue quella tenuta alla Civica Galleria d'Arte Filippo Scroppo di Torre Pellice. Alle opere già esposte si aggiunge un importante nucleo appartenente agli anni '70. Martedì 29 gennaio alle 18 s'inaugurano, poi, cinque mini-personali con opere di: Enrica Berardi, Cristina Botta, Jessy Jacob, Giancarlo Morra e Rosella Porrati. Resteranno esposte sino al 13 febbraio. Massimo Ghiotti RETTORATO, V. PO 17. OR: 7.30/18 INGR. VIA PO E 7.30/19.30 INGR.V. VERDI.; SAB. E DOM. INGR. VIA PO 15.30/19.30. Sette sculture di grandi dimensioni (fino al 31 gennaio). Un'ottava scultura è in Piazza Castello, tra le vie Po e Verdi. Mi è sembrato di vedere un U.F.O. EX SCUDERIE DEL PARCO DELLA TESORIERA, CORSO FRANCIA 192, ORARIO: TUTTI I GIORNI 15/18 Siamo soli nell'universo? Una libera e vivace interpretazione di questa riflessione da parte degli artisti: Stefano Gradaschi, Anna Bordignon, Giuseppe Scollo, Elena Mora, Fabio Mattia, Simona Ilaria Di Michele, Teresa Bonaventura, Silvana Gatti, Vincenzo Vanin e Akira Zakamoto. Sino al 31 gennaio. IoEspongo XI PASTIS, P.ZZA EMANUELE FILIBERTO 9B, WWW.ASSOCIAZIONEAZIMUT.NET Fino al 29 gennaio, sono esposte le opere che partecipano alla seconda tornata del concorso; il giorno successivo, dalle ore 22, serata di selezione e votazione del pubblico, con inaugurazione dell'esposizione successiva. Love Artom FROM SPOON TO CITY, CORSO MORTARA 46 Giovedì 31 gennaio alle 18,30, verranno messi all'asta pannelli, tele ed oggetti di design realizzati per il progetto "Love Artom". Il ricavato sarà devoluto all'iniziativa Tredicesima dell'Amicizia della Fondazione La Stampa - Specchio dei Tempi, a favore degli anziani del quartiere. Stili a confronto San Valentino in galleria ARTEINCORNICE, VIA VANCHIGLIA 11, OR.: 9/13 E 15/19, ESCLUSO FEST. E LUN. MATTINA Da sabato 26 gennaio e fino all'8 marzo, la collettiva "Stili a confronto" presenta ventiquattro opere di Piero Gilardi, Giorgio Griffa ed Enrico Paulucci. Prosegue inoltre, sempre sino all'8 marzo, una esposizione pensata per l'avvicinarsi della festa di San Valentino e la Festa della Donna, con una selezione rinnovata di opere degli artisti più importanti della galleria. Mario Schifano - Gli anni '80 GALLERIA IN ARCO, PIAZZA VITTORIO VENETO 3, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 10/12,30 E 16/19,30 Dopo la più nota produzione degli anni '60 e '70, Schifano negli anni '80 è stato precursore di un cambiamento che ha segnato la storia dell'arte italiana, promuovendo un recupero della tradizione pittorica. Le sue opere di questo periodo sono in mostra fino al 15 marzo. Daniel Glaser Magdalena Kuntz Miha Strukelj GAGLIARDI ART SYSTEM, CORSO VITTORIO EMANUELE II 90, ORARIO: 15/20 Daniel Glaser e Magdalena Kuntz presentano tre installazioni, mentre Miha Strukelj indaga i confini tra pittura e disegno nell'era della tecnologia. Entrambe le esposizioni terminano il 26 febbraio. Pierre-Yves Le Duc 41 ARTECONTEMPORANEA, VIA MAZZINI 41, ORARI: MARTEDI'-SABATO 15/19, MATTINO E LUNEDI' SU APPUNTAMENTO 011/8129544 "Opera", prima personale a Torino dell'artista francese. L'esposizione di disegni prosegue sino al 28 marzo. Neve PIRRA, C.SO V. EMANUELE 82, OR.:LUN-SAB 9,30/12,30 E 15,30/19,30. DOM. 9,30/12,30 "Neve. Nel mondo di un solo colore", rassegna di post-impressionisti russi; sino a fine gennaio. Ernesto Jannini e Fausto Morviducci FUSION ART GALLERY, PIAZZA PEYRON 9/G, ORARIO: MARTEDI', GIOVEDI' E VENERDI' 16,30/19,30 O SU APPUNTAMENTO 335/6398351 Personali a cura di Edoardo Di Mauro e Walter Vallini; proseguono sino al 29 gennaio. Stanze-Salvatore Astore ALLEGRETTI, VIA SAN FRANCESCO D'ASSISI 14, ORARIO: MAR-SAB 10/13 E 14/19 Personale; sino al 31 gennaio. Le opere del calendario SALOTTO DELL'ARTE, VIA ARGONNE 1/C, ORARI: LUNEDÌ - VENERDÌ 16,30/19, SABATO 10,30/19,30 Esposizione delle opere pittoriche e sculture pubblicate sul calendario 2008 del "Corriere dell'arte". A queste, si aggiungono alcune altre di: Giancarlo Aleardo Gasparin, Martino Bislacco, Alberto Maria Marchetti, Adri Mazzetti, Lia Laterza, Anna Borgarelli, Adelma Mapelli, Massimo Alfano, Ines Daniela Bertolino, Giorgio Flis, Dolores Dosio e Tatiana Veremejenko. Sino al 26 gennaio. Anni '60 ARTEREGINA, CORSO REGINA MARGHERITA 191, ORARI: MARTEDI' - VENERDI' 15/19, SAB. 9,30/12,30 E 15/19 "Frammenti di storia - Anni '60 - Artisti torinesi ", in esposizione sino al 31 gennaio. Opere di Sergio Agosti, Nino Aimone, Alfredo Billetto, Romano Campagnoli, Antonio Carena, Francesco Casorati, Mauro Chessa, Mario Davico, Pietro Gallina, Gino Gorza, Horiki Katsutomi, Angelo Maggia, Pino Mantovani, Adriano Parisot, Piero Rambaudi, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino e Mario Surbone. Marcello Giovannone FOGLIATO, VIA MAZZINI 9, OR.: 10/12,30 E 16/19,30, CHIUSO FESTIVI E LUNEDI' MATTINA Fino al 29 gennaio, personale dal titolo: "Impronte del tempo". David Gerstein ERMANNO TEDESCHI, VIA C. I. GIULIO 6, ORARI: MARTEDI'-SABATO 11/13 E 16/20 O SU APP. 011/4369917 Personale dell'artista israeliano; sino al 29 febbraio. Sisto Giriodi Pangolino VIRANDO, C.SO LANZA 105, OR.: LUN-SAB 16,30/20 Sino al 26 gennaio, personale di Giriodi; dal 22 al 26 gennaio, è inoltre esposta una serie di carboncini che ritraggono maschere tipiche della Sardegna. Mercoledì 30 gennaio, dalle 18 alle 23, s'inaugura "Cieli interiori", di Tiziano Bergamini, in arte Pangolino; sino al 16 febbraio. Silvio Brunetto GALLERIA D'ARTE BERMAN, VIA ARCIVESCOVADO 9/18, ORARIO: MARTEDI' - SABATO 10/12,30 E 16/19 "Inverno bianco", personale in esposizione sino al 9 febbraio. Incisioni GALLERIA IL CALAMO, VIA DELLA ROCCA 4/L. ORARIO: 10,30/12,30 E 16,30/19,30 "Incisioni dal XV al XX secolo", rassegna di opere grafiche di maestri antichi e moderni, tra cui alcuni giapponesi. Esposizione sino a fine febbraio. Pippo Leocata FOGOLA, PIAZZA CARLO FELICE 15, ORARIO: LUNEDI' 15,30/19,30, DAL MARTEDI' AL SABATO 10,30/19,30, DOMENICA 10,30/13 Esposizione di olii su tela ed acqueforti del pittore catanese; sino al 31 gennaio. Collezioni GALLERIA DEL PONTE, CORSO MONCALIERI 3, OR.: MAR-SAB 10/12,30 E 16/19,30 . Dai Sei di Torino a Carol Rama; le opere rimarranno in esposizione fino al 26 gennaio. Sospensione GIORGIO PERSANO, VIA P. CLOTILDE 45, OR.: MAR.-SAB. 10/13 E 15,30/19 Installazioni di Marco Gastini ed Eliseo Mattiacci. Fino al 29 marzo. Mathew Sawyer GALLERIA SONIA ROSSO, VIA GIULIA DI BAROLO 11/H, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 15/19 O SU APPUNTAMENTO 011/8172478 Sino al 31 gennaio prosegue la personale di collages "Don't tell the others what we were singing". Quadreria GALLERIA MICRO', PIAZZA VITTORIO VENETO 10, ORARI: MARTEDI' - VENERDI' 16/19,30, SABATO 10,30/12,30 E 16/19,30 Esposizione di Natale della galleria, fino al 26 gennaio. Gabriele Arruzzo GALLERIA ALBERTO PEOLA, VIA DELLA ROCCA 29, ORARIO: LUNEDI'-SABATO 15,30/19,30 O SU APPUNTAMENTO 011/8124460 "Hortus conclusus", personale pittorica; in esposizione sino a sabato 26 gennaio. Paul Fryer GUIDO COSTA PROJECTS, VIA MAZZINI 24, ORARIO: LUNEDI'-SABATO 11/13 E 15/19 "In Loving Memory", prima personale italiana dell'artista britannico Paul Fryer. Le opere rimarranno in esposizione sino al 31 gennaio. Incisioni IN-FOLIO, C.SO AGNELLI 34 (2°PIANO), ORARIO: 10,30/12,30 E 15,30/19 200 opere originali di maestri dal XV al XIX secolo; in esposizionesino al 31 gennaio. Enzo Briscese GALLERIA ARIELE, VIA LAURO ROSSI 9, ANGOLO CORSO GIULIO CESARE, ORARIO: DAL LUNEDI' AL SABATO DALLE 16 ALLE 19,30 "Paesaggio Urbano", personale di tecniche miste e oli del 2006 e del 2007. L'esposizione è aperta sino al 19 febbraio. Incisioni di Grandi Maestri SALAMON, VIA VOLTA 9, ORARIO: 10/12,30 E 16/19,30, CHIUSO DOMENICA E LUNEDI' MATTINA Fino al 26 gennaio, stampe di M. Schongauer, I. Van Meckenem, Durer, Rembrandt, Casorati e altri. Segno forma e colore BIASUTTI, VIA DELLA ROCCA 6/B, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 10,30/12,30 E 15,30/19,30 Collettiva, fino al 29 febbraio. Giorgio Laveri GALLERIA TERRE D'ARTE, VIA M. VITTORIA 20/A, OR.: 10,30/12,30 E 16,30/19,30 Giovedì 31 gennaio alle 18 s'inaugura la mostra personale di opere in ceramica, dal titolo: "Effetti personali" che resterà in esposizione sino all'8 marzo. Eraldo Taliano GALLERIA PAOLO TONIN, VIA SAN TOMMASO 6, ORARIO: LUNEDI'-VENERDI' 10,30/12,30 E 15,30/19,30 Personale, sino al 31 gennaio. L'insostenibile leggerezza dell'eros Leonardo Pivi Paolo Schmidlin MARENA ROOMS, VIA DEI MILLE 38, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 15,30/19,30 Sino al 26, collettiva sull'eros. Giovedì 31 (19-21), presenti gli artisti, inaugurazione delle sculture di Leonardo Pivi e Paolo Schmidlin (quest'ultima sino all'1/3). Art away NON PERMANENT GALLERY, VIA MONTEMAGNO 37, ORARIO: MARTEDI' - SABATO 15,30/19,30 OPPURE SU APPUNTAMENTO 011/3724084 Collettiva pittorica e fotografica dal titolo: "Sit number 7: Art away - non conventional Xmas". Espongono: Fernando Montà, Mariella Bogliacino, Mauro Trucano, Nëri Ceccarelli, Nicola Boursier, Oscar Bagnoli, Paolo Cotza, Piero Ariotti, Pier De Felice, Radà e Umberto Grati. Sino al 26 gennaio. Non è tutto oro quello che luccica CATARTICA, VIA GARIBALDI 9 BIS, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 16/20 Mostra-boutique con gioielli e bijoux di 15 artisti. Fino al 26.. Rambaudi GALLERIA ROCCATRE, VIA DELLA ROCCA 3 Prosegue fino a sabato 26 la personale di Piero Rambaudi. Incisioni TEART, VIA GIOTTO 14, ORARIO: MARTEDI'-SABATO 17/19 O SU APPUNTAMENTO 011/6966422 Fino al 9 febbraio, è esposta una collettiva d'incisioni . Gli autori: I. Barth, L. Caprioglio, A. Ciocca, L. Caravella, E. Guerra, A. Guasco, G. Maccioni, E. Monaco, A. Nalli, C. Parsani Motti, L. Porporato, E. Saraceno. Sergio Spagnolo ATELIER "ARTUPART" VIA MASSENA 42/A Prosegue fino al 28 febbraio la personale dell'artista. Dalla Romania AMICI PER L'ARTE, VIA PO 45 Venerdì 25 gennaio è l'ultimo giorno per visitare la mostra collettiva di artisti rumeni. Illustrazione SPAZIO STEINER, LUNGO DORA AGRIGENTO 20/A, ORARI: LUNEDI'-SABATO 9/13, FESTIVI ESCLUSI "Cosa fanno le befane il resto dell'anno", viaggio fantastico nell'illustrazione per l'infanzia; sino all'8 febbraio. Segno, traccia, simbolo LIBRERIA LEGOLIBRI, VIA M. VITTORIA 31, OR.: MAR.-SAB. 9,30/13 E 15,30/19,30 Sino a fine gennaio, una collettiva ispirata al libro "L'uomo senza paura" di Rosanna Rutigliano. Oscar Bagnoli Neri Ceccarelli ALLOCCO ARREDAMENTI, CORSO GALILEO FERRARIS 26 Doppia personale pittorica; sino al 26 gennaio. Carlotta Tararbra CAFFE' FIORIO, VIA PO 8 Dipinti su Torino ed interpretazioni dei grandi maestri; l'esposizione prosegue fino al 10 febbraio. Kurt Mair COOPERATIVA BORGO PO E DECORATORI, VIA LANFRANCHI 28. ORARIO: 10/30/12,30 E 15/19,30, CHIUSO MERCOLEDI' Incisioni a colori; sino al 12/2. Pink art UNICREDIT, C.SO GIULIO CESARE 109 Collettiva, sino a fine gennaio. UniRebum UNICREDIT, V. NIZZA 148 Collettiva, fino al 30 gennaio. IN PROVINCIA Marc Chagall SALA DELLE ARTI, CERTOSA REALE DI COLLEGNO, VIA TORINO 9, OR.: MAR-VEN 15/18,30 E FESTIVI 10/12 E 15/18,30 "Nicolaj Gogol' - Le anime morte", esposizione di 96 acqueforti, dal 1925 al 1948. Sino al 17 febbraio. Clizia e la femminilità PALAZZO EINAUDI, PIAZZA D'ARMI 6, CHIVASSO E' stato da poco aperto al pubblico il nuovo Museo Clizia di Chivasso. Il primo allestimento è dedicato al tema della figura femminile. Clizia e la natura MUSEO ETNOGRAFICO DEL MULINO NUOVO, VIA ARIOSTO 36 BIS, SETTIMO TORINESE. ORARIO: DOMENICA 15/19, LUNEDI'-VENERDI' VISITE GUIDATE PER GRUPPI E SCUOLE SU PRENOTAZIONE 011/9103591 - 339/4673821 Sino al 23 marzo, prosegue la mostra dedicata al rapporto di Clizia (Mario Giani) con la natura e gli animali. Enrico Reycend VILLA VALLERO, CORSO INDIPENDENZA 168, RIVAROLO CANAVESE ORARIO: SABATO16/19 E DOMENICA15/19; SCUOLE E GRUPPI 0124/454680 Retrospettiva; nato a Torino nel 1855, dove è morto nel 1928, Reycend ha inizialmente studiato con Enrico Ghisolfi all'Accademia Albertina e successivamente ha incontrato Lorenzo Delleani, Antonio Fontanesi, Marco Calderini, Filippo Carcano e Leonardo Bazzaro a Milano. Abbandonata l'Accademia, ha esordito nel 1873 alla Promotrice delle Belle Arti di Torino. L'esposizione che lo riguarda è aperta sino al 27 gennaio. 2008. infinite emozioni! GALLERIA CIVICA PALAZZO OPESSO, VIA SAN GIORGIO 3, CHIERI. ORARIO: FERIALE 16/19, SABATO E FESTIVI 10,30/12,30 E 16/19 Inconsueti calendari fotografici per il 2008. Sono presentati, inoltre, alcuni "incontri" tra fotografia ed incisione. Le immagini sono di: Enrico Aliberti, Maurizio Bachis, Elisabetta Bersezio & Federico Ponzetto, Dino Mammola, Matteo Maso, Cesare Matta, Renato Paviglianiti, Andrea Quaglino & Sophie Ancel. Le opere rimarranno in esposizione sino al 27 gennaio. Body and soul BIBLIOTECA ARDUINO, MONCALIERI. OR.: LUN.-VEN. 14/19, SAB. 9,30/13,30, SCUOLE SU PRENOTAZIONE 011/6401603 Il tema della corporeità nella visione di 40 artisti. Le opere rimarranno in esposizione siino al 23/2. Tony Cragg TUCCI RUSSO, V. STAMPERIA 9, T. PELLICE. OR.: ME-DO 10,30/13-15/19 "Sculptures and Drawings", di Tony Cragg, uno tra i più importanti interpreti dell'arte contemporanea internazionale; sino al 30 gennaio. Nelle sale 1 e 2, opere di Merz, Paolini, Penone, Vercruysse e altri. Dario Grasso CASCINA ROLAND, V. ANTICA DI FRANCIA 11, VILLAR FOCCHIARDO, OR: VEN 15/19, MER, GIO, SAB. E FEST. SU APP. 328/8649957. INGR. LIBERO Sino al 1/2 "Il colore delle mie emozioni", acquerelli. Francesco Preverino RELAIS BARRAGE, STR. SAN SECONDO, PINEROLO Personale, le opere rimarranno in esposizione sino al 28 febbraio. Franco Frassoni PALAZZO COMUNALE, PIAZZA MATTEOTTI 50, GRUGLIASCO. ORARIO: LUNEDI'-VENERDI' 9/18, SABATO 9/12 Mostra personale di arte figurativa a settanta anni dall'esordio dell'artista, avvenuto nel 1938. Inaugurazione venerdì 25 gennaio alle 12; prosegue sino al 23 febbraio. Maurizio Sicchiero GALLERIA IL QUADRATO, VIA DELLA PACE 8, CHIERI Sabato 26 gennaio alle 18 s'inaugura la mostra personale d'incisioni di Maurizio Sicchiero. Resterà aperta sino al 26 febbraio. Roberto Simone DINOITRE LIBRERIA, VIA CAVOUR 2, ORBASSANO. ORARI DI APERTURA: LUN 15,30 - 19,30, MAR-SAB 9,30 - 12,30 ; 15,30 - 19,30 Esposizione personale di dipinti a olio. Aperta sino a giovedì 7 febbraio. Opere Recenti GRAN CAFFÈ ROMA, PIAZZA S. LORENZO 23, GIAVENO. ORARI: LUNEDÌ- SABATO 8/21, MARTEDÌ CHIUSO Espongono: Giuseppe Arizio, Pippo Ciarlo, Adriano Franco e Giorgio Viotto. Aperta sino al 25 gennaio. Franco Galetto CAFFE' DELLA RIVA, PASSEGGIATA MARCONI 6, POIRINO. CHIUSO IL MARTEDI' Sino al 3 febbraio, mostra personale di opere astratte.

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Gaza una situazione sempre piu' complessa (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 28-01-2008)

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.133 del 28/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Esteri Stamattina la chiusura di alcune delle breccie aperte nel muro di confine tra Gaza e Egitto Gaza: una situazione sempre piu' complessa Kamilah Khatib della LSE: "Due le preoccupazioni piu' rilevanti: il possibile traffico di armi provenienti dall'egitto verso Gaza, e la fuoriuscita di Militanti di Hamas che potrebbero compiere rapimenti di turisti Israeliani in Egitto" Mentre la situazione al confine tra Gaza e l'Egitto sembra andare verso la normalizzazione, con la chiusura parziale delle frontiere, Gaza, come tutta la Palestina sembra ancora lontana da una reale pacificazione. Mercoledì scorso alcuni miliziani di Hamas erano riusciti a demolire parte del muro divisorio nel confine Sud con l'Egitto, a Rafah, e poi ad aprire una breccia. Il fatto potrebbe aver generato nuovi problemi tra le due principali fazioni palestinesi, Hams e Fatah. L'Egitto si era detto ieri d'accordo con il piano del presidente palestinese Mahmoud Abbas di assumere il controllo del confine di Gaza, escludendo Hamas, che gestisce il territorio. Lo hanno riferito funzionari palestinesi ed egiziani, mentre Hamas ha fatto sapere di non essere d'accordo."C'è un accordo con l'Egitto per mettere fine alla crisi al confine applicando l'accordo del 2005 e il rinnovato controllo delle guardie del presidente palestinesi a Rafah", ha detto il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Malki dal Cairo. Hamas aveva però respinto il piano e aveva detto che terrà dei propri colloqui con l'Egitto."Abbiamo una nostra visione di come il confine deve essere gestito e la forniremo ai nostri fratelli egiziani", ha detto il funzionario di Hamas Sami Abu Zuhri. Stamattina alcuni valichi aperti sono stati chiusi congiuntamente dai militanti di Hamas e dall'esercito egiziano. Ma secondo stime delle Nazioni Unite, almeno 350 mila palestinesi sono penetrati oltre il confine in cerca di medicinali, cibo e materie prime. News ITALIA PRESS ha chiesto a Kamilah Khatib, ricercatrice italiana di origine palestinese con un dottorato conseguito presso la London School of Economics, attualmente Assistente alla Ricerca presso l'Assemblea Parlamentare della NATO, se potrebbero esserci conseguenze a medio e lungo termine di questa azione. Per esempio parte della popolazione non sembra rientrata... qual è la situazione? "Con alcune eccezioni la maggior parte delle persone che ha oltrepassato il confine e' tornata a Gaza, anche perche' lo scopo di questo 'esodo' era la ricerca di cibo, gas e medicinali per le proprie famiglie. Nonostante cio', il Giornale Al Ahram (Egiziano) di oggi dichiari che ci sono almeno 3000 Palestinesi che hanno cercato di entrare nelle province di Qana e il Cairo in modo 'non regolare'e molto altri sono stati trovati in possesso di armi ed esplosivi. Qomunque, questo via vai illegale e' sempre esistito: questa situazione ha solo reso il tutto piu' facile". Israele è poi preoccupata delle implicazioni dalle infiltrazioni di militanti di Hamas e della Jihad Islamica al di fuori del territorio in cui erano confinati; infiltrazioni che potrebbero comportare una riorganizzazione dei movimenti palestinesi che hanno il controllo della Striscia... è una ipotesi probabile? "Io credo che l'ipotesi di una 'riorganizzazione' sia improbabile per un semplice motivo: come già detto qui i militanti di Hamas, e non solo, sono sempre riusciti ad attraversare i confini con l'Egitto tramite tunnel sotterranei percio' questa situazione non offre una occasione che non era disponibile prima. l'occasione per muoversi ed incontrarsi con altri militanti era gia' un opzione esistente resa solo piu' facile dalla situazione attuale. Per quanto concerne le preoccupazioni Israeliane: al momento sussistono varie ipotesi israeliane e possibili scenari sulle attivita' sul confine con l'Egitto. Le due preoccupazioni piu' rilevanti potrebbero essere sia il possibile traffico di armi provenienti dall'egitto verso Gaza, sia la fuoriuscita di Militanti di Hamas che potrebbero compiere rapimenti di turisti Israeliani in Egitto". Gli stessi Fratelli Musulmani egiziani hanno manifestato la loro solidarietà ad Hamas ed alla popolazione della Striscia... possibili futuri legami tra i due gruppi? "I legami con i fratelli musulmani sono sempre esistiti, e non solo con loro. La popolazione egiziana ha manifestato grande soliderieta'. Infatti e' per quest'ultimo motivo che Mubarak non si e' seriamente mosso nel far chiudere in confini. Senza inoltrarci nei dettagli della natura del legame che vige tra hamas ed i FM credo che per i motivi sopra elencati questa situazione non sara' causa di mutamento di rapporti, in altre parole gli incontri o dialoghi tra Hamas e FM si sono sempre svolti in passato, questa non e' affatto una situazione nuova". Come influisce la vicenda sulle relazioni tra Egitto e Israele? "Certamente questi eventi non agevolano le relazioni tra Egitto e Israele. Israele ha spesso giudicato poco producenti gli sforzi egiziani nell'impedire il contrabbando di armi tra i confini. Recentemente, alla fine di gennaio, le autorita' egiziane hanno permesso il passaggio tramite il collegamento di Rafah dei pellegrini di ritorno dal Haj in contrasto con quanto accordato con Israele. Da un lato l'Egitto affronta le pressioni Israeliane di mantenere confini sicuri e dall'altro e' soggetto delle pressioni interne dell'opinione pubblica per quanto concerne gli aiuti ai Palestinesi. Comunque, da un punto di vista ufficiale il portavoce del Dipartimento di Stato americano Tom Casey ha dichiarato che non ci sono indicazioni che gli ultimi avvenimenti abbiano scalfitto le relazioni Egiziane-Israeliane. C'è chi sostiene che il Ministro della Difesa Barak starebbe pensando ad una penetrazione profonda nella Striscia (con il beneplacito di Washington), con l'obiettivo di riconsegnarla alle Forze di Fatah, unica realtà palestinese con cui Gerusalemme ha manifestato di voler dialogare.... cosa comporterebbe ciò per i palestinesi? "E' necessaria una premessa: il portavoce del ministero degli esteri Israeliano ha dichiarato che sta avendo luogo una diplomazia triangolare, Israele-Egitto-Autorita' palestinese, per trovare una soluzione comune, non di natura bellica diciamo. I dettagli non sono ancora stati divulgati. Credo che questa opzione (penetrazione..etc) sia da escludere. Hamas ha 'conquistato' la striscia tramite elezione politiche che riflettono un approvazione del popolo per questa organizzazione. Un intervento israeliano, anche con lo scopo di aiutare Fatah, non avrebbe senso dato che Fatah ha perso a Gaza: le gente ha voluto e tuttora vuole Hamas. E' interessante notare come la situazione attuale nella Striscia faccia convergere e ravvicinare le due forze (Hamas e Fatah) le quali convengono sul fatto che a Gaza esiste una situazione di crisi che va affrontata". L'esplosiva situazione creatasi dopo lo sfondamento del confine tra Gaza e l'Egitto rischia di minare alle fondamenta il piano di pace negoziato ad Annapolis? "Annapolis e' affondato prima di iniziare. Per esempio, ma non solo, Annapolis non ha discusso temi critici come i profughi Palestinesi, la condivisione delle risorse idriche ...etc. Detto cio' sicuramente non saranno gli eventi di Gaza a impedire che Annapolis abbia successo". Potrebbe essere utile un'iniziativa specifica coordinata da Tony Blair, inviato speciale della Ue per il Medio Oriente? Escludere Hamas, per i noti motivi, da ogni bozza di soluzione è ancora la soluzione giusta? "L'esclusione di Hamas o la sua inclusione in qualsiasi negoziazione e' una questione basilare. Personalmente credo che includere Hamas nelle negoziazioni e nel dialogo sia "necessario" per andare avanti. Se si e' in guerra si ha a che fare con i nemici, percio' se si vuole instaurare un contatto ed arrivare ad una pace lo si fa con loro, o non si fa. Se cio' non bastasse Hamas (che ci piaccia o no) e' stata legittimata dai Palestinesi di Gaza (sia Musulmani che Cristiani) tramite elezioni regolari.Dialogare con il 'nemico' non vuol dire necessariamente 'legittimarlo'." Arturo Varvelli.

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ARTICOLI DEL 27-1-2008

Qaddura, braccio destro di Barghouti: <Marwan libero, per liberare la pace> ( da "EUROPA.it" del 27-01-2008)

L'ESODO dalla Striscia verso il Sinai diventa una festa paesana. Anche una s ( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 27-01-2008) + 2 altre fonti

Morto Habash, capo del Fronte popolare ( da "Unita, L'" del 27-01-2008)

Le Chiese cristiane: porre fine al dolore di Gaza L'appello a Ue, Israele e Anp. Ora i palestinesi passano il confine anche in auto ( da "Unita, L'" del 27-01-2008)

Yehoshua: l'Europa ci aiuti a battere l'antisemitismo anche nell'Islam ( da "Unita, L'" del 27-01-2008)

È morto Habash l'anima dura dei palestinesi ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 27-01-2008)

Rutka, 14 anni: <Il mio pianto per la libertà> ( da "Secolo XIX, Il" del 27-01-2008)

Per l'anniversario manifestazioni in tutta Italia ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Mr. Puma: <Ho girato il mondoora torno a casa e recito da solo> ( da "Secolo XIX, Il" del 27-01-2008)

Ebrei in terra d'Israele ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

D ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Gaza, è caos al confine Olmert vede Abu Mazen ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

L'allarme di Barak: <L'Iran prepara un'altra Hiroshima> ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Aretha e Beyoncé ai Grammy Awards ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

La bandiera di israele nella giornata della memoria - davide romano ( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Corteo della memoria ecco perché ci sarà la bandiera di israele ( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Il ciclone barenboim alla scala e in libreria - luigi di fronzo ( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

E' morto habbash, teorico dei dirottamenti - fabio scuto ( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

"tutti devono poter scegliere referendum sullo stato palestinese" - marco panara elena polidori ( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

L'egitto rinuncia a fermare i profughi - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Gennaio 1946, da Vado la prima nave dell'esodo ( da "Stampa, La" del 27-01-2008)

27 gennaio 'Il Giorno della Memoria' ( da "Voce d'Italia, La" del 27-01-2008)

Un gioco pericoloso. Questa, per un dirigente egiziano che abbiamo raggiunto al Cairo, l'ess ( da "Messaggero, Il" del 27-01-2008)

AMMAN George Habash, fondatore del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp) è mor ( da "Messaggero, Il" del 27-01-2008)

Perché non si dimentichi. Anche la tv ricorda dell'Olocausto. Con testimonianze, documenti ( da "Messaggero, Il" del 27-01-2008)

La guerra che non si può vincere ( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Morto George Habash, stratega dei dirottamenti ( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Corano, manager e night club. Un ebreo fantasma a Riad ( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Anche al piano Barenboim è autorevolezza ( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Un treno di folli contro la follia nazista ( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) vuole ( da "Tempo, Il" del 27-01-2008)

Si festeggia il capodanno degli alberi . Pace tra comunità ebraica e tedeschi ( da "Tempo, Il" del 27-01-2008)

L'allarme di Barak: "L'Iran prepara un'altra Hiroshima" ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Barak: l'Iran prepara un'altra Hiroshima ( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

E' morto Habash, fondatore del FPLP ( da "Quotidiano.net" del 27-01-2008)

27 gennaio: "Il Giorno della Memoria" ( da "Voce d'Italia, La" del 27-01-2008)

UN PASSO INDIETRO ( da "Stampa, La" del 27-01-2008)

Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti ( da "Stampa, La" del 27-01-2008)

AMMAN. GEORGE HABASH, FONDATORE DEL FRONTE POPOLARE DI LIBERAZIONE DELLA PALESTINA (FPLP) è MOR ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 27-01-2008)

RESPINTA LA MEDIAZIONE DI MUBARAK RESTA APERTA LA FRONTIERA CON L'EGITTO ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 27-01-2008)

 

 

 

 

 

Articoli

Qaddura, braccio destro di Barghouti: <Marwan libero, per liberare la pace> (sezione: Israele/Palestina)

( da "EUROPA.it" del 27-01-2008)

Qaddura, braccio destro di Barghouti: "Marwan libero, per liberare la pace" Fares Qaddura è uno degli uomini di ducia del leader palestinese, condannato a cinque ergastoli. "Scarcerandolo, Israele guadagnerebbe un valido interlocutore", dice. MAURIZIO DEBANNE Malgrado i cinque ergastoli, Marwan Barghouti resta una figura chiave, nonché tra le più popolari, nel campo palestinese. Dalla sua cella nel carcere Hadarim, a nord di Tel Aviv, intrattiene fitte relazioni con i leader politici palestinesi, ma anche con parlamentari israeliani, come Haim Oron del Meretz, formazione di sinistra. Fares Qaddura, che di anni nelle galere israeliane ne ha passati quattordici, è uno dei suoi più stretti collaboratori. Leader della cosiddetta "nuova guardia" di Al Fatah, ex ministro dell'Anp nel 2003 (allora governava Abu Ala), Qaddura spiega a Europa che se Barghouti fosse scarcerato Israele ne trarrebbe un grande vantaggio, poiché si troverebbe presto a trattare con "un interlocutore valido e capace di tenere insieme la galassia dei movimenti palestinesi". A che punto sono le trattative per la sua liberazione? Marwan, insieme al soldato israeliano Gilad Shalit, è uno dei prigionieri al centro di un negoziato su un possibile scambio di detenuti tra Israele e Hamas. Mi auguro davvero che l'accordo vada in porto molto presto. In Medio Oriente è però purtroppo ancora prevalente l'idea che si possano risolvere i problemi solo con l'uso della forza. Io, come firmatario dell'accordo di Ginevra nel 2003, siglato dal palestinese Yasser Abed Rabbo e dall'israeliano Yossi Beilin, ho provato a invertire questa tendenza, ma debbo riconoscere che è veramente dura lavorare per il dialogo in Medio Oriente. Secondo quanto sostiene Bush è possibile raggiungere la pace in Medio Oriente entro i porssimi 12 mesi. Lei è ottimista o pessimista? Nessuno di noi crede che la pace possa arrivare entro la fine del secondo mandato presidenziale di Bush. Tuttavia si è creata una congiuntura favorevole per la ripresa del dialogo, e non va lasciata cadere. Penso alla conferenza di Annapolis, ma anche al rilancio del piano arabo di pace del 2002, che rappresenta un'occasione unica per ridare vigore al processo di pace. In questo quadro, il coinvolgimento della Siria è strategico. Dobbiamo portare Damasco nel peace camp per toglierla dall'abbraccio dell'Iran. Per quanto riguarda i palestinesi, Abu Mazen è seriamente intenzionato a raggiungere un'intesa molto presto e posso assicurare che il nostro popolo è altrettanto pronto. La maggioranza della popolazione è infatti stanca del conflitto e decisa ad accettare dolorose concessioni pur di vivere in tranquillità. E sono convinto che lo stesso sentimento si riscontri anche tra gli israeliani. Ciò detto, più il tempo passa e più i rancori e le violenze sono destinate ad aumentare. Stiamo dunque perdendo tempo prezioso. A Gaza la situazione si fa sempre più drammatica. Israele è andato via da Gaza chiudendo dietro di sé la porta e gettando via la chiave. Ma la striscia fa parte dei territori palestinesi, quanto la Cisgiordania. In Israele ritengono che Gaza, così come Hamas, sia però un vostro e non un loro problema. Hamas non è un problema solo dei palestinesi, ma anche di Israele. Lo stato ebraico vuole la fine del lancio dei razzi Qassam? Vuole che Hamas riconosca il loro diritto all'esistenza? Allora ci deve aiutare. Israele è il principale responsabile della crescita di Hamas e del fondamentalismo nei territori. La strategia del governo israeliano è stata fino a oggi quella di amministrare il conflitto e non di risolverlo. In che modo Israele è responsabile del radicalismo di Hamas? Per prima cosa per aver contribuito al fallimento degli accordi della Mecca tra Al Fatah e Hamas, che portarono alla formazione di un governo di unità nazionale palestinese. Avendo insistito sulle tre condizioni (riconoscimento di Israele e degli accordi pregressi e fine della violenza, ndr), non ci hanno dato la possibilità di organizzarci come volevamo. Cosa avrebbe dovuto fare Israele? La strategia migliore da attuare è quella dei piccoli passi. Nessuno forse si ricorda che l'Olp, poco più di venti anni fa, era come Hamas. E Olmert venti anni fa era come Lieberman (leader di un partito di destra uscito due settimane fa dal governo, ndr). Noi di Al Fatah e quelli di Kadima abbiamo cambiato idea perché abbiamo fatto i conti con la realtà e abbandonato i sogni irrealizzabili. Il cambiamento delle posizioni estremistiche del movimento islamico avverrà solo attraverso un processo graduale e non interrotto. La comunità internazionale è però da tempo impegnata a sostegno del fronte moderato palestinese, in primis del presidente Abu Mazen. Israele e Stati Uniti dicono che vogliono rafforzare i moderati, ma da quando Abu Mazen è presidente dell'Anp non è stato smantellato nessun check point all'interno della Cisgiordania. Al contrario ci danno tanti soldi e tante armi per combattere Hamas. Ma se la mattina bambini palestinesi vengono uccisi in raid israeliani nella Striscia di Gaza e la sera i nostri negoziatori si incontrano con la Livni, cosa dovrebbe pensare il nostro popolo se non che questa è la strategia peggiore per indebolire Hamas. Il movimento di resistenza islamico sarà più debole solo se il processo di pace andrà avanti.

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L'ESODO dalla Striscia verso il Sinai diventa una festa paesana. Anche una s (sezione: Israele/Palestina)

( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 27-01-2008)
Pubblicato anche in:
(Nazione, La (Nazionale)) (Giorno, Il (Nazionale))

Campagnata ha il sapore della liberazione dopo 40 anni di confini arcigni e "prigionia". Centinaia di auto con la targa verde della Palestina varcano per la prima volta il confine, vanno all'estero, in Egitto. Tutti in colonna, anche sono per trovare amici e parenti, per gustare un piatto di pesce a El Arish. E' festa; partono perfino i militanti duri e puri che hanno smesso si sparare razzi Qassam verso Israele. Ci sono anche auto egiziane che fanno il percorso inverso. Il confine non esiste più, i resti della barriera sono stati demoliti. Tutto è tornato come nel '67, prima della guerra dei sei giorni. Per Hamas, che controlla Gaza, è una vittoria storica. Il presidente palestinese Abu Mazen oggi incontrerà il premier israeliano Ehud Olmert e gli chiederà di passargli il controllo di tutti i valichi della Striscia, per tentare di recuperare un minimo di autorità su Gaza. Israele terrà quei valichi chiusi per tagliare tutti i ponti con Gaza e sbarazzarsene. E' la fine di un mondo. Quello a cui apparteneva anche George Habbash, fondatore del Fronte popolare di liberazione della Palestina, morto ieri a 81 anni. Habbash e il suo Fplp sono stati l'anima del fronte del rifiuto, del no a Israele. Oggi la loro bandiera è degli islamisti di Hamas, padroni di Gaza e di nient'altro. - -->.

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Morto Habash, capo del Fronte popolare (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 27-01-2008)

Stai consultando l'edizione del PALESTINA Morto Habash, capo del Fronte popolare AMMAN È morto a Amman in Giordania George Habash, fu il fondatore del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), in cui confluirono diverse organizzazioni preesistenti. Habash, nato nel 1929 al Cairo , si laureò in medicina all'università americana di Beirut. Era considerato un falco all'interno dell'Olp di Arafat con cui ruppe nel 1993 dopo la firma degli accordi di Oslo. Habash si è sempre rifiutato di riconoscere lo Stato di Israele ed ha sempre sostenuto la lotta armata.. Nel 1992, a Tunisi, rimase colpito da un ictus cerebrale e annunciò il ritiro da tutte le attività politiche per motivi di salute.

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Le Chiese cristiane: porre fine al dolore di Gaza L'appello a Ue, Israele e Anp. Ora i palestinesi passano il confine anche in auto (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 27-01-2008)

Stai consultando l'edizione del Le Chiese cristiane: porre fine al dolore di Gaza L'appello a Ue, Israele e Anp. Ora i palestinesi passano il confine anche in auto "Nel nome di Dio, noi, capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme e della Terrasanta, chiediamo alla comunità internazionale di porre fine alla sofferenza di Gaza". È l'accorato appello lanciato dai patriarchi e dai capi delle Chiese cristiane in Terrasanta in un documento che sottolinea la sofferenza della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza per l'assenza di servizi, acqua e medicine. I leader cristiani ricordano che oltre mezzo milione di persone sono senza cibo e assistenza medica e oltre ottocentomila prive di corrente elettrica. "Questa è un'ingiusta punizione collettiva, un atto immorale in violazione dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale. La chiusura di Gaza deve finire". Nel testo si chiede alla comunità internazionale e alla Ue di agire senza indugi dato che sono a rischio numerose vite umane. Un'esortazione estesa anche a Palestina e a Israele: "Chiediamo ai leader palestinesi di porre fine alle loro divisioni per il bene della gente di Gaza. Mettete da parte le vostre differenze e risolvete la crisi per il bene di tutti gli esseri umani, dimostrando di avere a cuore la sorte dei vostri fratelli e sorelle che già hanno sofferto troppo". Mentre ai governanti israeliani si chiede di "agire responsabilmente e a far cessare il prima possibile questo assedio inumano. Negare ai bambini e ai civili i beni di prima necessità non è un modo per garantire la sicurezza ma serve solo a gettare la regione in condizioni di ulteriore pericoloso deterioramento". Per evitare queste conseguenze occorre che da entrambe le parti sia rispettato il diritto di ogni persona a vivere pacificamente, "considerando - scrivono i patriarchi e i capi delle Chiese cristiane di Terrasanta - l'amore che Dio ha per ogni creatura umana". Solo una pace giusta "proteggerà la dignità della vita civile e sociale di tutti e due i popoli". Rivolgendosi quindi ai miliziani che continuano a sparare razzi , il documento invita gli estremisti a non insistere nelle loro operazioni belliche per non incoraggiare l'opinione pubblica a pensare che tale assedio sia giustificato. Sul terreno, è sempre esodo. Non più solo palestinesi che dalla Striscia si riversano in Egitto attraverso la frontiera di Rafah, ma da ieri anche un flusso in senso contrario, con centinaia, probabilmente migliaia, di egiziani entrati nella Striscia approfittando dalla totale assenza di controlli alla frontiera. In gran maggioranza sono commercianti, la cui presenza è particolarmente visibile nel mercato cittadino di Gaza City, stracolmo di gente e dove per la prima volta da molto tempo negozi e le bancarelle, colpiti da mesi di stretto isolamento della Striscia, tornano a riempirsi di prodotti. E la crisi di Gaza sarà al centro dell'incontro in programma oggi a Gerusalemme tra il presidente dell'Anp Abu Mazen e il premier israeliano Olmert. Fonti palestinesi hanno anticipato che Abu Mazen chiederà a Olmert la fine dell'assedio della Striscia e si offrirà di assumere il controllo dei valichi di confine con Gaza. Chiederà inoltre la fine delle restrizioni ai movimenti di merci e persone in Cisgiordania, mediante la revoca dei numerosi posti di blocco dell'esercito.u.d.g.

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Yehoshua: l'Europa ci aiuti a battere l'antisemitismo anche nell'Islam (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unita, L'" del 27-01-2008)

Stai consultando l'edizione del Yehoshua: l'Europa ci aiuti a battere l'antisemitismo anche nell'Islam di Umberto De Giovannangeli La forza della Memoria nella Giornata della Memoria. Una cavalcata nel tempo. Per non dimenticare. È quella condotta dal più grande scrittore israeliano contemporaneo: Abraham Bet Yehoshua. Oggi viene commemorata in Europa la Giornata della Memoria. Qual è, ai suoi occhi, il valore di questo evento? "Ho un grande rispetto per questa decisione dell'Europa, e penso sia giusto che la commemorazione della Shoah avvenga proprio là, nei luoghi, nelle strade, nelle foreste, in cui tutto ciò è fisicamente avvenuto. La Shoah non è una questione limitata alla Germania. I popoli europei che vi hanno preso parte sono molti, ed è quindi giusto che questa consapevolezza penetri nelle coscienze di tutti gli europei. Penso poi che sia giusto dare una propria identità ad ognuna delle tragedie che rientrano nella triste categoria del genocidio. E sia chiaro che dico questo non per diminuire la gravità degli altri genocidi - come ad esempio quelli avvenuti in Ruanda o in Cambogia - ma per evitare che la specificità di ognuno di questi venga offuscata o confusa. La specificità della Shoah sta - fra l'altro - nella sua incomprensibilità, a meno che non si faccia un semplicistico ricorso alla malvagità umana. Nel caso degli ebrei, non questioni territoriali, ideologiche, etniche, economiche o religiose hanno rappresentato il sostrato del genocidio, come è avvenuto in tutti gli altri casi. Gli ebrei europei aspiravano all'integrazione nelle società in cui vivevano; non rappresentavano alcuna minaccia teologica o religiosa né per le società più vicine alla religione né tanto meno per un regime come quello nazista che era laico e perfino anti-clericale; economicamente parlando, lo sfruttamento degli ebrei vivi sarebbe senz'altro stato enormemente più vantaggioso rispetto all'annientamento deciso nei loro confronti. L'inafferrabilità delle motivazioni che hanno portato alla Shoah non può che rafforzare l'idea che - dopo quanto è avvenuto - solo il popolo ebraico può essere responsabile del proprio futuro". Quindi Israele come patria del popolo ebraico è l'unica soluzione all'antisemitismo? "È così. Le nazioni europee lo avevano già cominciato a capire prima dell'Olocausto, ma purtroppo non abbastanza da precederlo. Dopo la Shoah in parte per convinzione e in parte per l'orrore di cui erano stati testimoni, tutti - tanto l'Europa occidentale quanto quella orientale - in un periodo molto problematico dei loro rapporti, hanno avuto fra i pochi punti di concordia, il supporto alla nascita e allo sviluppo dello Stato d'Israele. Avevano visto a che cosa aveva portato l'antisemitismo, ne sono rimasti inorriditi e hanno compreso che l'antisemitismo non era da combattere solo per salvare le vittime dalla propria sorte di vittime, ma anche per salvare i carnefici dalla propria sorte di carnefici". E la Giornata della Memoria deve aiutare ad approfondire questo aspetto della Shoah? "Questo e tanti altri. Il valore dell'assunzione di responsabilità è importante ma soprattutto per quanto concerne l'approfondimento del significato degli atti del proprio popolo, della comprensione delle motivazioni per cui le cose sono avvenute. In quanto a noi ebrei, dobbiamo scavare nella nostra identità per capire in che modo la nostra presenza nella storia possa avere creato quello oscuro spazio ideologico che è stato colmato da quelle idee insane e farneticanti che sono state fatte proprie da tanti e che hanno portato alla tragedia dell'Olocausto. Ma di quella tragedia c'è un aspetto che non va sottovalutato". Quale? "Riusciamo a capire meglio l'uomo, dopo l'Olocausto. È vero, abbiamo sempre saputo che l'uomo è capace di compiere il male più efferato e il bene più straordinario; ma nonostante questo l'Olocausto ci ha svelato un nuovo abisso di male a cui l'uomo può giungere, ma anche la forza della sua resistenza. Degli scheletri ambulanti nei campi di concentramento, che da un punto di vista biologico dovevano quasi considerarsi come morti, davano ancora delle prove di moralità, dividendo con gli altri l'ultimo pezzo di pane che restava. Dalla disperazione più tremenda può perciò nascere anche la speranza. Noi che siamo stati lì, e che ne siamo usciti, possiamo e secondo me dobbiamo alzare il vessillo della fede nell'uomo". Questo evento - la stessa decisione di celebrare una Giornata della Memoria - è senz'altro un passo importante sul piano della memoria storica, ma i dati di indagini riportano che, nonostante tutto, l'antisemitismo è in espansione. Quali misure si aspetta dall'Europa per debellare questo virus? "Sono preoccupato del fatto che, purtroppo, il virus dell'antisemitismo non è stato debellato. Si è indebolito; oggi non può mostrarsi in tutta la sua virulenza perché considerato inadatto, sconveniente; ma nelle sue nuove mutazioni continua ad essere presente e a lanciare anatemi e accuse spesso ingiuste contro Israele. Io sono il primo a sollevare critiche sugli errori dei governi israeliani, ma nello stesso tempo individuo spessissimo in molti degli attacchi portati a Israele cose che con le divergenze politiche non hanno nulla a che fare e che riportano invece a meccanismi che vorremmo cancellati. So che debellare completamente l'antisemitismo è un obiettivo proibitivo. Ma non lo è il combatterlo sotto ogni sua forma. L'Europa lo deve combattere con tutta la sua forza. Non per il bene degli ebrei ma per il proprio bene. Per la salute delle proprie società. Per non permettere che questo virus si espanda e colpisca le parti vitali del proprio organismo. La Giornata della Memoria ha dietro di sé una storia breve, ma mi sembra già di individuarne la sua importanza. Una importanza che non sta, ovviamente, nelle cerimonie che avvengono quel giorno, ma in tutto quello che c'è intorno, che la prepara: le azioni educative; la trattazione dell'argomento da parte dei mass media. Con il bombardamento di informazioni che ognuno vive ogni giorno, solo un approfondimento morale e intellettuale del tema ha la possibilità di penetrare il cuore e le menti. E gli ebrei continueranno ad aggiungere a questo approfondimento, il proprio lutto, individuale e di popolo". Oggi - con tutte le divergenze politiche esistenti e perfino con il sopra ricordato aumento dell'antisemitismo - l'Europa non è certo ostile a Israele. I pericoli all'esistenza di Israele vengono da altre direzioni, soprattutto dall'Islam radicale e fondamentalista, che spesso abbraccia le tesi negazioniste sull'Olocausto. Come va trattato questo singolare antisemitismo? "In questo sta il doppio impegno dell'Europa. Capire per sé stessa - per il proprio passato e per il proprio futuro - e dall'altra parte aiutare altri - in questo caso il mondo islamico e arabo - a capire fin dove può portare l'estremizzazione. Il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme - lo Yad Vashem - ha messo in rete alcuni giorni fa il proprio sito in arabo. È un'iniziativa lodevole, importante, ma che avrà un senso solo se sarà l'Europa a sostenere la tesi della pericolosità dell'antisemitismo per le società che vogliono progredire civilmente. Solo l'Europa può convincere il mondo arabo degli effetti distruttivi della demonizzazione e della volontà di annientare un altro popolo. E qui entra in gioco la politica. Ma quella buona; quella che potrebbe portare alla soluzione del conflitto fra arabi e israeliani. Con un'Europa che nella sua equidistanza faccia capire al mondo arabo la legittimità dell'esistenza di Israele come patria del popolo ebraico, e a Israele la necessità di dare ai palestinesi un proprio Stato in cui non ci sia alcuna sua ingerenza nelle loro vite. Dopo aver giocato durante la Shoah il ruolo di portatrice di guerra, l'Europa deve ora cercare di essere portatrice di pace. L'impegno in Libano alimenta questa speranza". Il tema della pace ci porta alla più stretta attualità. E al dramma di Gaza. Come uscirne? "Con una tregua. Da negoziare. Subito. Non vedo altre strade, né per noi, tanto meno per i palestinesi. Sia chiaro: lungi da me sottovalutare le responsabilità pesantissime che i capi di Hamas hanno nell'aver determinato questa situazione. Penso che quell'umanità disperata che si trascina in Egitto alla ricerca di cibo debba chiedere conto dei propri patimenti ai leader di Hamas. I lanci continui, martellanti, di razzi contro Sderot, Ashqelon e le altre città del sud di Israele sono alla base di questa situazione. Riconosciuto ciò, resto convinto che la risposta militare, da sola, sia una non risposta. Con Hamas occorre ricercare un cessate il fuoco. E non vale il discorso, riproposto più volte dal primo ministro Ehud Olmert, che Israele non negozia con chi non ci riconosce o vuole distruggerci. Non vale perché è la storia a smentirlo. La storia d'Israele, dalla sua fondazione ai giorni nostri, è segnata da guerre ma anche da accordi fatti con chi non nascondeva, e spesso praticava, il proposito di rigettare a mare gli ebrei. A Olmert dico: segui l'esempio non solo di un padre della patria, come David Ben Gurion, ma anche di leader conservatori, come Menachem Begin, che non considerarono prova di debolezza, ma semmai di forza, la ricerca di un accordo, fosse anche una tregua, con il nemico". In ultimo, tornerei sul valore della Memoria. In un suo libro, lei ha affermato, cito testualmente, che "come figli delle vittime, ci incombe l'obbligo di enunciare al mondo alcuni insegnamenti fondamentali". Qual è quello più attuale? "La profonda repulsione, il rigetto più fermo, per il razzismo e per il nazionalismo oltranzista. Abbiamo visto sulle nostre carni il prezzo del razzismo e del nazionalismo estremisti, e perciò dobbiamo respingere queste manifestazioni non solo per quanto riguarda il passato e noi stessi, ma per ogni luogo e per ogni popolo".

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È morto Habash l'anima dura dei palestinesi (sezione: Israele/Palestina)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 27-01-2008)

Esteri Pagina 110 Lutto: 3 giorni È morto Habash l'anima dura dei palestinesi Lutto: 3 giorni --> AMMAN Georges Habash è morto ieri ad Amman, in ospedale, dove era stato ricoverato dieci giorni fa per problemi cardiaci. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha proclamato in sua memoria tre giorni di lutto nazionale nei Territori palestinesi. Habash ha fatto la storia del movimento palestinese, di cui, attraverso il Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, ha rappresentato l'ala più intransigente. Nome di battaglia il saggio , è nato nel villaggio di Lod verso la fine degli anni '20, da dove la sua famiglia, cristiano-ortodossa, venne scacciata dopo la creazione dello stato di Israele nel 1948. Divenne un leader noto in tutto il mondo nel 1970, quando i suoi guerriglieri dirottarono tre aerei di linea in Giordania e li distrussero, innescando la dura repressione delle autorità giordane contro i guerriglieri palestinesi, che prese il nome di Settembre Nero. Habash si rifugiò come molti altri palestinesi in Libano opponendosi alla linea moderata e arrendevole di Yasser Arafat. Rifiutò gli accordi di Oslo del 1993. La sua salute intanto si era deteriorata notevolmente a causa di un ictus.

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Rutka, 14 anni: <Il mio pianto per la libertà> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 27-01-2008)

Rutka, 14 anni: "Il mio pianto per la libertà" la "ANNA FRANK" polacca Morì ad Auschwitz: il suo diario nascosto in casa, ritrovato solo nel 2005, adesso è stato pubblicato grazie alla sorellastra 27/01/2008 daniela pizzagalli UNA ANNA FRANK polacca: cosìè stata definita Rutka Laskier dopo la scoperta del suo diario, nascosto nel 1943 sotto il pavimento di casa prima di essere mandata a morire ad Auschwitz in una camera a gas. Diventato un libro, il "Diario" (Bompiani, 165 pagine, 12 euro) sta facendo il giro del mondo grazie all'impegno della sorellastra Zahava Laskier Scherz. Oggi quasi sessantenne, Zahava è un'eminente studiosa israeliana e ha una storia davvero romanzesca da raccontare: "Soltanto a 14 anni ho saputo di aver avuto una sorellastra e un fratellastro, quando trovai delle vecchie foto nascoste in un armadio e chiesi turbata a mio padre chi fossero i ragazzini ritratti insieme a lui. Mi confidò che in Polonia, prima della guerra, aveva una moglie e due figli, con i quali fu internato ad Auschwitz, ma lui solo sopravvisse. Immigrato nel 1946 in Israele, si era risposato con mia madre e quando nacqui io, di comune accordo stabilirono di lasciarmi ignara della precedente tragedia familiare". "La memoria di quella ragazzina, morta a 14 anni - prosegue Zahava - mi è rimasta nel cuore, tanto che ho dato poi il suo nome a mia figlia, ma mai più mi sarei aspettata di vedermela balzare davanti agli occhi, quarant'anni dopo, attraverso le pagine del diario, che fa rivivere la sua personalità intelligente e sensibile, un po' volubile come tutti gli adolescenti, e sempre più straziata dalla crescente persecuzione, della cui meta finale era ben consapevole, tanto che avvisò un'amica non ebrea del nascondiglio del diario, affinché lo recuperasse nel caso, che riteneva probabile, non fosse ritornata. Questa signora polacca l'ha tenuto per sé fino al 2005, quando un nipote le chiese notizie su quel periodo sconvolgente, e lei gli mostrò il diario. Resosi conto dell'importanza del documento, la convinse a portarlo al museo storico cittadino, e da lì partirono le ricerche che condussero alla telefonata da me ricevuta in Israele nel 2006, un vero fulmine a ciel sereno. Mi sono assunta il compito di far tradurre e pubblicare il diario per tener vivo il ricordo di Rutka e far sentire la sua voce sgomenta, uscita dal ghetto: "Bisogna farsi forza, non bagnare di notte i cuscini di lacrime. Per chi, per che cosa piango? Forse piango per la libertà". Per reagire al clima di violenza e di minaccia che la circonda e illudersi di avere ancora un'esistenza normale, Rutka scrive fittamente dei rapporti con le amiche e con i ragazzi: "A quanto pare io piaccio a Janek, ma a me lui non fa né caldo né freddo". Invece ne parla continuamente, e si comprende che negare le proprie emozioni è il solo gesto di difesa che le rimane: "Sono già così impregnata delle crudeltà della guerra che persino le notizie più terribili non mi fanno effetto alcuno. Semplicemente, non riesco più a credere che potrò mai uscire per strada senza la "Judenstern" e che la guerra finirà." Sottolinea Zahava: "Quello che impressiona maggiormente è la consapevolezza di quello che accadeva nei campi di sterminio, infatti dice apertamente: "La deportazione è la morte". Pur essendo una ragazzina, era informata di quanto accadeva perché teneva i contatti con il movimento clandestino comunista, come mi ha confermato la signora polacca depositaria del diario". 27/01/2008.

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Per l'anniversario manifestazioni in tutta Italia (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Di Redazione - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 da Milano Sarà un videosaluto di Elie Wiesel, oltre agli interventi del vicepresidente del Consiglio e ministro per i Beni e le attività culturali Francesco Rutelli e del presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna a dare il via al convegno internazionale su "Antisemitismo e i moderni crimini contro l'umanità", in programma oggi e domani a Palazzo Barberini. L'incontro rappresenta il culmine delle manifestazioni, svoltesi anche in settimana, per il Giorno della Memoria, data simbolo dello sterminio degli ebrei europei. Si parlerà di antisemitismo, così come si è concretizzato nell'Europa degli anni '30 e '40 ma anche di genocidi contemporanei, dai Balcani al Rwanda, con un occhio al conflitto interreligioso. L'intera settimana - accompagnata da una forte programmazione tv e radio, sia pubblica sia privata - è stata comunque caratterizzata da una serie di manifestazioni e di cerimonie, quasi tutte all'insegna di un doppio anniversario che si è intersecato con il Giorno della memoria: i 60 anni della Costituzione e i 70 delle Leggi Razziali del novembre del 1938. E proprio questi due temi sono stati, tra l'altro, al centro del discorso del presidente Napolitano al Quirinale - nella manifestazione in onore dei "Giusti tra le Nazioni": "Non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah. Non dimentichiamo gli orrori dell'antisemitismo, che è ancora presente in alcune dottrine, e va contrastato qualunque forma assuma". Così come la cerimonia nella Risiera di San Sabba a Trieste, nell'unico campo di sterminio in territorio italiano, dove il ministro della pubblica istruzione Fioroni ha sottolineato "la vergogna" e "le scuse" per le Leggi Razziali. Per oggi altre manifestazioni sono programmate in tutta Italia. Tra le tante due si svolgeranno a Firenze: all'Università verrà consegnata la laurea honoris causa allo scrittore israeliano David Grossman. A Palazzo Medici Riccardi, in calendario è un convegno in onore di Alberto Nirenstein, scrittore e storico, di recente scomparso.

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Mr. Puma: <Ho girato il mondoora torno a casa e recito da solo> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Secolo XIX, Il" del 27-01-2008)

Mr. Puma: "Ho girato il mondoora torno a casa e recito da solo" teatro di sassello Nuova scommessa dell'artista savonese, che ha lasciato Pippo Delbono LUCI, MUSICA, parole e gesti del corpo. Tutto questo fa parte de "L'occhio del Puma", spettacolo teatrale che verrà messo in scena questa sera al Teatro di Sassello (ore 21,30). Creatore e interprete unico della rappresentazione è l'artista savonese Gianni Briano, in arte Mr. Puma. Un personaggio conosciuto e apprezzato anche all'estero grazie a numerose trionfali tournée in giro per il mondo con la compagnia del regista teatrale Pippo Delbono. Mr. Puma è un personaggio eclettico e istrionico, nato artisticamente a metà degli anni '80 come uno dei maggiori cultori amatoriali della musica reggae. Nel 1986 dà vita al gruppo "Mr. Puma e i Rompotodo", uno dei primi sound system nati in Italia. All'Officina, il primo centro sociale genovese, inizia la sua esperienza rielaborando il modello dei dj giamaicani. Tre anni dopo, dall'incontro con il bassista Roberto Quadrelli, personaggio di spicco dell'underground genovese, nascono "Mr. Puma e i Ragni", gruppo cult di quegli anni a Genova. Importante balzo avanti nel '93 con la nascita di "Mr. Puma e i Raptus". Il progetto dà vita ad uno spettacolo e a un cd, dal titolo "Dal virus alla rivelazione", edito dalla Vox Pop, una delle più importanti etichette discografiche indipendenti. Nel marzo del 1996 inizia la sua collaborazione artistica con il regista teatrale Pippo Delbono, da cui nasce lo spettacolo "Barboni", vincitore di molti premi tra cui il Premio Ubu '97 e il Premio della Critica nel '98. Il successivo "Guerra" porterà Mr. Puma a girare il mondo e a partecipare all'indimenticabile tournée in Palestina e Israele. Nel luglio del 2000, alle Orestiadi di Gibellina, Mr. Puma partecipa ad un nuovo spettacolo di Delbono dal titolo "Il Silenzio". Quattro anni dopo al Festival d'Avignon debutta "Urlo". Lo spettacolo viene accolto trionfalmente in tutta Francia e vince nel 2005 il premio "Olimpici del Teatro". È un ritorno in provincia dopo i successi raccolti in mezzo mondo con Pippo Delbono. "Con Pippo abbiamo scritto pagine importanti - spiega Mr. Puma -. Ma è il momento di camminare da solo". Lo spettacolo in programma a Sassello è la prima tappa di questa evoluzione artistica? "Lo spettacolo è già andato in scena nei mesi scorsi a Milano, Genova e a Parigi. È un working progress che ha trovato la sua forma definitiva. Il progetto è nato tre anni fa in forma embrionale e con il passare del tempo ha trovato la sua dimensione attuale. Torno per la prima volta ad esibirmi nella mia provincia dopo un po' di anni di assenza". Ci descriva lo show di questa sera. "È uno spettacolo multimediale. Unisce la proiezione di video, alla musica, alle parole, alle luci e soprattutto alla gestualità del corpo. È un'opera contemporanea, moderna, condita da monologhi e riflessioni". Come è stato accolto lo spettacolo a Parigi? "È piaciuto molto e sono stato invitato per una serie di esibizioni in cartellone a maggio. Il pubblico francese è molto sensibile alle novità, al contrario di quello italiano che è invece rimasto troppo legato alle rappresentazioni classiche. La Liguria è ancora più chiusa, manca la curiosità e la voglia di assistere a spettacoli innovativi". Come mai la scelta del palcoscenico è caduta sul teatro di Sassello? "La scorsa estate ho messo in scena al Priamàr uno spettacolo con Carlo Deprati, direttore del teatro sassellese. Ci siamo conosciuti e a quel punto il passo è stato breve. A Savona poi non ci sono spazi in grado di ospitare rappresentazioni alternative: il Chiabrera non è il luogo adatto per "L'occhio del Puma", mi hanno invitato al Nuovo Filmstudio, ma in questo caso il palco è troppo piccolo. Il teatro di Sassello invece è la cornice giusta". Insieme a lei sono presenti nello spettacolo altri due savonesi. "Si tratta di Maurizio Oliveri, che ha curato il reparto video, e di Giovanni Astengo, dj con cui ho scelto le musiche". Martin Cervelli 27/01/2008.

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Ebrei in terra d'Israele (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Di Redazione - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 Noi scordiamo donde siamo \[venuti. I nostri nomi ebraici dell'esilio ci disvelano, ricordano il fiore e il frutto, \[e città medievali, metalli, cavalieri diventati pietra, \[e rose in abbondanza, profumi svaporati, gemme, \[molto rosso, lavori manuali che non sono più \[al mondo. (E neanche le mani.) Il taglio del prepuzio ci confonde, \[come dice la Bibbia nel racconto di Sichèm e dei figli \[di Giacobbe: un dolore che dura finché viviamo. Che facciamo, tornando in questo \[luogo con quel dolore. Le nostalgie sono state \[prosciugate con le paludi, il deserto rifiorisce per noi, \[abbiamo figli leggiadri. Anche i relitti delle navi \[naufragate in viaggio giungono a questa costa, anche i venti vi giungono. \[Ma non tutte le vele. Che facciamo in quest'oscura terra che getta ombre gialle che tagliano gli occhi (succede che qualcuno ancora \[dica dopo quaranta o cinquant'anni: "questo sole mi uccide"). Che facciamo delle anime \[di nebbia, dei nomi, degli occhi di selva, dei nostri figli \[leggiadri, del nostro rapido sangue? Il sangue sparso non è radici ma è la cosa più vicina alle radici che abbiano gli uomini.

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D (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

D di Redazione - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 Quasi sessant'anni fa (era il maggio del 1948) nasceva lo stato d'Israele. Sorgeva sul sangue sparso durante la persecuzione degli ebrei e altro sangue avrebbe chiamato, dei popoli arabi decisi ad impedire l'usurpazione della terra che gli ebrei consideravano "promessa". Popoli in lotta, fino ad oggi, che fino ad oggi nel nome di quel sangue, del reciproco sangue sparso per cause opposte, si fanno la guerra e insieme cercano la pace. Una pace difficile, perché la morte chiama altra morte. Da poco è in libreria un'antologia di poeti israeliani del Novecento edita da Einaudi. Tra di essi Yehuda Amichai, scomparso il 22 settembre del 2000, considerato il maggiore dei poeti israeliani moderni, la cui prima raccolta in italiano, Poesie, a cura di Ariel Rathaus e con introduzione di Ted Hughes, fu pubblicata a Milano 2001. Nato a Würzburg, in Germania, nel 1924, Amichai si trasferì in Palestina con la famiglia nel 1936. Fra i temi di questo poeta c'è quello principe dell'amore, tanto che - è stato scritto - sembra che riscriva il luminoso ed enigmatico archetipo del Cantico dei cantici. E d'altra parte il sussulto, lo spasimo d'amore si trasferisce alla terra, considerata una cosa vera e profondamente mistica, alla storia e ai simboli del popolo d'Israele. Tra i molti testi di Amichai su questi temi, quello che qui pubblichiamo, tratto dalla raccolta E non per ricordare, del 1971, che unisce il senso della dispersione, della diaspora, il colore e il sapore del sangue con il sentimento dell'appartenenza, del radicamento sacro, del ritrovamento di un luogo: è una poesia dolorante, scritta toccando i segni di sutura delle ferite millenarie. Consapevole del nuovo tormento e dramma che questa storia comporta: scritta da dentro il dramma, antico e perenne, come sua interna voce.

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Gaza, è caos al confine Olmert vede Abu Mazen (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Di Redazione - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 L'abbattimento del muro che divideva Gaza dall'Egitto ha aperto la strada a interminabili colonne d'auto che ieri per la prima volta hanno potuto lasciare Gaza riversandosi oltre la frontiera. A bordo di potenti fuoristrada, centinaia di uomini appartenenti alle cellule armate hanno lasciato a casa kalahsnikov e uniformi, viaggiando per la prima volta all'estero senza doversi nascondere. Anche per questo le autorità militari israeliane riconoscono che il numero dei lanci di razzi contro la cittadina di Sderot nelle ultime ore è drasticamente calato. Il problema però è quale soluzione definitiva trovare alla situazione creatasi. Il presidente palestinese Abu Mazen è tornato a respingere ieri l'offerta di un negoziato diretto con Hamas mediato dall'Egitto. Il rais egiziano Hosni Mubarak ha allora aggirato il diniego, proponendo tavoli separati che entrambe le fazioni sembrano avere accettato. Oggi Abu Mazen incontrerà anche il premier israeliano Ehud Olmert al quale chiederà l'affidamento dei controlli sulle frontiere della Striscia: è fra le ultime carte rimaste nel mazzo del presidente palestinese per rimanere in gioco.

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L'allarme di Barak: <L'Iran prepara un'altra Hiroshima> (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

L'allarme di Barak: "L'Iran prepara un'altra Hiroshima" di Gian Micalessin - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 La condizionale per Teheran è finita. La presunzione d'innocenza garantita dal rapporto dei servizi segreti americani dello scorso autunno non basta più. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu sta già valutando la risoluzione contenente le nuove sanzioni contro la Repubblica islamica. Israele lancia, invece, una nuova offensiva divulgando le informazioni raccolte dal Mossad e dall'intelligence militare sul fronte nemico. Quelle informazioni, spiega in un'intervista al Washington Post il ministro della Difesa Ehud Barak, delineano l'esistenza di strutture e impianti clandestini in cui i tecnici controllati dai Guardiani della Rivoluzione studiano e sperimentano l'assemblaggio di testate nucleari. "Per quanto ne sappiamo i loro piani sono ad uno stadio avanzato e hanno superato il livello del cosiddetto progetto Manhattan" spiega Barak facendo riferimento al progetto segreto che portò alla costruzione degli ordigni sganciati su Hiroshima e Nagasaki. Lo scenario, tratteggiato dall'intelligence israeliana sembra delineare l'esistenza di laboratori assolutamente sconosciuti agli ispettori dell'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica). "Sospettiamo che stiano già lavorando a testate nucleari per missili terra terra - dichiara Barak - e con molta probabilità hanno almeno un altro centro d'arricchimento clandestino oltre a quello di Natanz". Secondo Israele, insomma, quanto l'Iran fa vedere all'Aiea e al mondo è solo la punta dell'iceberg, uno specchietto per le allodole, dietro cui operano impianti assai più sofisticati con finalità esclusivamente militari. "Le più importanti agenzie d'intelligence internazionali dovrebbero concentrare i loro sforzi - auspica Barak - per capire dove siano l'eventuale centro d'arricchimento clandestino e il gruppo che lavora alle tecnologie militari". La nuova bozza di risoluzione - messa a punto a Berlino la scorsa settimana e approdata ieri all'esame del Consiglio di sicurezza - è un altro sintomo della diffidenza internazionale nei confronti di Teheran. La risoluzione chiede l'immediata sospensione del programma di arricchimento e punta all'introduzione, in caso contrario, di un terzo blocco di sanzioni capace di garantire la sorveglianza degli esponenti alla guida del programma nucleare iraniano. Dunque delle sanzioni ad personam.

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Aretha e Beyoncé ai Grammy Awards (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Di Redazione - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 Aretha Franklin, Beyoncé, Foo Fighters, Carrie Underwood, Mary J. Blige, Clark Sisters, Israel And New Breed, Trin-I-Tee 5:7, Rihanna e i Time (riunitisi in occasione della cerimonia): saranno questi i primi artisti a salire sul palco della 50esima edizione dei Grammy Awards. Lo ha reso noto la Recording Academy. L'evento live andrà in onda dallo Staples Center di Los Angeles e per il pubblico italiano sarà possibile il 10 febbraio assistere alla cerimonia in diretta su Music Box (canale 717 di Sky). La produzione dei Grammy Awards, in partnership con YouTube e Cbs.com, offrirà a 20 musicisti l'opportunità di suonare con i Foo Fighters.

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La bandiera di israele nella giornata della memoria - davide romano (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Pagina I - Milano La celebrazione Rappresenta i profughi più antichi e moderni del mondo La bandiera di Israele nella Giornata della Memoria DAVIDE ROMANO Anche quest'anno la comunità ebraica milanese sfilerà nella Giornata della Memoria con le bandiere israeliane. Ma qual è il legame tra sterminio e Stato ebraico? Molti credono che Israele sia "figlio della Shoah", un risarcimento. Invece è l'opposto: già dal 1917 l'Onu di allora riconobbe allo Stato ebraico il diritto di nascere. Se non lo si fosse impedito, Israele sarebbe stato il miglior "antidoto" alla Shoah. SEGUE A PAGINA VI APPUNTAMENTI IN GIORNO E NOTTE.

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Corteo della memoria ecco perché ci sarà la bandiera di israele (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Pagina VI - Milano CORTEO DELLA MEMORIA ECCO PERCHé CI SARà LA BANDIERA DI ISRAELE SI PENSI AI TANTI EBREI DISPERATI CHE DAL 1938 - quando il regime nazista iniziò a bruciare le sinagoghe - facevano la fila alle ambasciate straniere per i pochi visti disponibili. Se ci fosse stata un'ambasciata israeliana, avrebbe spalancato loro le porte, salvandoli da Auschwitz. La storia di un mio conoscente, scomparso di recente, forse aiuta ancora meglio a capire il legame tra ebrei, Israele, e Shoah. Si chiamava Tuvia. Nato in Romania, giovanissimo fu catturato dai nazisti e deportato in un campo di concentramento, da dove riuscì miracolosamente a fuggire. Alla fine della guerra non aveva nulla: né una famiglia, né una casa dove tornare. L'unica speranza era partire per Tel Aviv per rifarsi una vita. Lo fece, ma da clandestino. L'Inghilterra infatti continuava a limitare fortemente, anche nel dopoguerra, l'immigrazione ebraica. La sua nave fu una delle tante che la marina britannica riuscì a intercettare. Tuvia si ritrovò così internato, insieme a tanti scampati dai lager nazisti, in un campo di raccolta a Cipro. Rimase detenuto in quell'isola fino al 1948, quando fu riconosciuta l'indipendenza di Israele. Quell'anno cambiò la storia: finalmente esisteva un rifugio per tutti gli ebrei del mondo. Tuvia poté arrivare nello Stato ebraico, dove coronò il suo sogno: fu tra i fondatori del kibbutz (cooperativa socialista) Hafikim, nel nord del paese. Fu proprio lì che lo incontrai, qualche anno fa, e mi accennò la storia della sua vita. Gli chiesi perché non avesse mai scritto un libro con le sue memorie. Mi rispose: "Chi lo leggerebbe? Qui in Israele quasi ogni famiglia ha una storia simile". è tragicamente vero. Israele è lo Stato ebraico, e in quanto tale è una nazione fatta di profughi. I primi furono gli ebrei che fuggivano dai pogrom dell'Europa dell'Est e della Russia, a cavallo tra l'800 e il '900. Poi fu la volta degli scampati alla II guerra mondiale. E ancora, nel 1948, furono quasi un milione i profughi ebrei che lasciarono i paesi arabi per raggiungere Israele. Arrivò poi il turno degli ebrei persiani (con l'avvento di Khomeini), degli etiopi e infine, dal 1989, del milione di russi. Per questo la bandiera israeliana sventola nella Giornata della Memoria: per ricordare come si sarebbe potuta evitare la morte di tanti di quei sei milioni di ebrei, e perché è la bandiera dei profughi più antichi e più moderni del mondo. DAVIDE ROMANO.

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Il ciclone barenboim alla scala e in libreria - luigi di fronzo (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Pagina XI - Milano Folla e giovani seguono il maestro e pianista nelle sue esibizioni Il ciclone Barenboim alla Scala e in libreria Oggi in scena Ieri alla Feltrinelli "Tifo Obama" LUIGI DI FRONZO Un altro bagno di folla per il maestro Daniel Barenboim. Ieri, all'incontro col pubblico per il suo libro La musica sveglia il tempo, erano veramente in tanti: quasi tutto il primo piano della Feltrinelli di piazza Piemonte stracolmo di appassionati, e poi una coda lunghissima di persone in cerca di autografo. E lui, disponibile come sempre, tra una battuta spiritosa e una dotta riflessione su temi politici e sociali. Non ha parlato solo di musica, ma anche della "Giornata della memoria", ammonendo che l'antisemitismo non è morto e va sempre combattuto. E si è sbilanciato anche sulle lezioni americane. "Spero veramente in Barack Obama - ha detto - Ma la comunità ebraica non lo voterà, perché le sue opinioni sul conflitto in Medioriente non vanno in parallelo con le posizioni del governo israeliano". Il successo del direttore d'altra parte si vede anche in teatro. Venerdì per la seconda serata del Barenboim-pianista con le Sonate di Beethoven, folla di giovani hanno occupato il palcoscenico scaligero per poi riunirsi festanti intorno all'artista. E si ripeterà naturalmente oggi quando Barenboim scalerà le vette della Sonata op.101, dopo la Patetica op.13, la Marche funèbre op.26 e l'op.79. Ma al di là della pura sociologia, resta l'importanza artistica di un messaggio elevato e profondo che Barenboim riesce a far arrivare. Esecutore spavaldo, disinvolto, quasi istrionesco, che trova una benefica energia nel pubblico ha imparato moltissimo dal podio. Smorza le sonorità, distende le frasi, scava nel suono puro (usando pochissimo pedale); non solo, venerdì sera ha accentuato l'incastro poliritmico nel finale dell'op.31 n.2, ha ritagliato quasi effetti di swing nell'op.14, ha sottolineato il contrappunto delle due mani nell'op.81a e ha tinto di nostalgia il segnale postale dei corni, nel celebre incipit del Les Adieux. Più che magia pianistica, la sua è ormai riflessione personale e filosofica sull'universo di Beethoven, con esiti di travolgente bellezza. Ore 15 al Teatro alla Scala, piazza Scala. Ingresso da 50 a 5 euro. 02/72003744.

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E' morto habbash, teorico dei dirottamenti - fabio scuto (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Fondatore del Fronte popolare, negli anni Settanta organizzò decine di attacchi e raid contro Israele E' morto Habbash, teorico dei dirottamenti Ex compagno d'armi contestò Arafat quando firmò la pace di Oslo nel 1993 FABIO SCUTO Si è spento ieri, consumato dall'età e dai malanni della vecchiaia, George Habbash fondatore del Fronte popolare di Liberazione palestinese, uno dei gruppi più duri della galassia palestinese, l'ala più radicale di orientamento marxista, teorico dei dirottamenti aerei negli Anni Settanta e della lotta armata come unica soluzione del conflitto con Israele, che ha sempre rifiutato di riconoscere. Quando nel 1993 Arafat firmò a Oslo l'accordo di pace che gli consentì di rientrare in Palestina dopo decenni di esilio, definì quella pace un "tradimento" e avrebbe dato ancora battaglia al suo ex-amico e compagno ma un ictus cerebrale ne ridusse la verve e la capacità organizzativa, e nell'ottobre dello stesso anno si dimise da ogni incarico nel Fronte che aveva fondato nel 1967, subito dopo la sconfitta bruciante degli eserciti arabi nella Guerra dei Sei Giorni. Oratore rivoluzionario, nazionalista acceso e intransigente, leader di un gruppo che ha praticato il terrorismo, George Habbash - ma per la sua gente El Hakim (il dottore) - è stato per quarant'anni una delle figure più controverse della galassia palestinese. Con Yasser Arafat e Nayef Hawatmeh, è stato uno degli ultimi leader storici; nei campi profughi il suo nome è stato sempre associato al rifiuto di qualunque compromesso con Israele. Del suo gruppo faceva parte Leila Khaled, l'eroina del terrorismo palestinese che dirottò un jet americano in Siria. Il Fronte di Habbash mostrò subito la sua propensione verso azioni spettacolari, un'attitudine sempre mal digerita da Yasser Arafat, e per tutti i servizi segreti divenne "il Dottor Terrore". Attentati contro gli aerei della "El Al", sabotaggi agli oleodotti, attacchi alle ambasciate israeliane; fino ai dirottamenti multipli degli aerei giordani nel deserto, mentre i feddayn palestinesi fuggivano, cacciati da re Hussein che temeva per il suo fragile trono. Era il settembre 1970, il "Settembre nero palestinese". Dirottamenti e attentati hanno fatto per anni di George Habbash uno degli uomini più ricercati del Medio Oriente. Sulla sua testa, a Tel Aviv come ad Amman c'è stata per decenni una cospicua taglia. Gli uomini del Mossad, ma anche i mukhabarat arabi, hanno cercato più volte di eliminarlo dalla scena. I caccia con la stella di David, con un gesto di pirateria aerea, dirottarono nel 1973 un jet di linea costringendolo ad atterrare, perché il Mossad era convinto che Habbash fosse tra i passeggeri. Il Fronte è sempre stato fortemente rappresentato nei campi profughi in Libano, soprattutto nel sud a Tiro e Sidone, e nei territori arabi occupati dove molte cellule sono attive. E' infatti attorno al Fronte di Habbash che per sette anni, fino al 1981, si costituirà con l'aiuto di alcuni regimi arabi il "Fronte del rifiuto" che tenterà senza successo di fermare l'evoluzione dell'Olp verso la partecipazione ai negoziati di pace. Habbash, che aveva 82 anni, si è spento in un ospedale di Amman, dove era tornato a vivere quando le accuse contro di lui erano cadute in prescrizione e quando l'ospitalità di Damasco dove aveva vissuto per trent'anni si era fatta un po' "stretta". Il presidente dell'Anp Abu Mazen ieri sera appresa la notizia ha fatto annunciare dal suo ufficio tre giorni di lutto nazionale in tutta la Palestina, ordinando che le bandiere nazionali vengano listate a lutto.

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"tutti devono poter scegliere referendum sullo stato palestinese" - marco panara elena polidori (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

Parla il ministro degli Esteri iraniano Mottaki: "La via della pace passa attraverso la giustizia" "Tutti devono poter scegliere referendum sullo stato palestinese" "Il nostro nucleare è pacifico: nuove sanzioni ci spingeranno solo a difenderci" MARCO PANARA ELENA POLIDORI dai nostri inviati DAVOS - Il dramma di Gaza: "Se ne esce solo con un referendum, dove la gente sceglie il regime che desidera". I piani di pace in Medio Oriente? "Mancano di giustizia". Le sanzioni? "Uno strumento d'altri tempi". Parla Manouchehr Mottaki, ministro degli Esteri dell'Iran. Repubblica lo incontra nel suo albergo, in una pausa del Forum di Davos. Come valuta il processo di pace tra Israele e Palestina dopo il viaggio di Bush e quale sarà l'impatto dei fatti di Gaza? "Sicuro che il signor Bush e Israele cerchino la pace?" E lei? "Noi pensiamo di no. La vicenda della Palestina va avanti dal 1948: Annapolis e molte altre iniziative sono state messe in campo senza alcun risultato. La principale ragione è che tutti i piani mancano di giustizia, che è l'elemento principale" Che significa giustizia? "Che dobbiamo avere uno sguardo sulla regione: cristiani, musulmani ed ebrei sono i veri abitanti di quella terra e sono loro a dover decidere il loro destino. 5 milioni di palestinesi sono lontani dalla loro terra, devono tornare e partecipare ad un referendum per decidere sul loro stato. Qualunque decisione prenderanno liberamente, noi la sosterremo". Quindi qual è la prospettiva di questo processo di pace? "Bush ha detto che entro il 2008 sarà completato. Olmert che probabilmente non sarà possibile. Questo significa che non cercano una vera pace ma vogliono imporre la loro volontà sulla Palestina". La soluzione allora? "Si deve fare come in Sudafrica. Mandela ha speso la vita in prigione ma alla fine la gente ha potuto decidere. Questo è il modello". Quale è la posizione dell'Iran su Abu Mazen e Hamas? "Noi raccomandiamo a tutti i leader palestinesi di sedersi intorno ad un tavolo e di agire insieme nell'interesse della popolazione. E' responsabilità di tutta la comunità internazionale, Iran compreso, aiutare i palestinesi". Quale sarà il ruolo dell'Egitto? "L'Iran ha chiesto un incontro ministeriale ad hoc che si terrà il 3 febbraio a Gedda. Condanneremo l'aggressione dei sionisti a Gaza e incoraggeremo i vicini, a cominciare dall'Egitto, a tenere aperto il confine per il passaggio degli aiuti umanitari" Condannerete anche le azioni di Hamas? "La battaglia per la libertà è un diritto essenziale di ogni movimento di liberazione e per questo sin dall'inizio la lotta dei palestinesi non è stata terrorismo". La Rice qui a Davos ha detto che se il suo paese interromperà l'arricchimento uranio è pronta a dialogare in ogni momento, in qualsiasi luogo e su qualsiasi argomento. Lei come risponde? "La posizione dell'Iran è di lasciare il giudizio all'appropriato organismo delle Nazioni Unite che è l'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica ndr.) Da cinque mesi abbiamo accettato un accordo con loro. Sono stati fatti numerosi passi avanti. Buona parte delle richieste sono state soddisfatte. Ci sono anche tre rapporti. Resta da completare una piccola parte del lavoro. A questo punto il Consiglio di sicurezza ha due responsabilità: avere pazienza fino al completamento del lavoro dell'Agenzia, che avverrà in marzo. Poi se l'Aiea confermasse che non ci sono divergenze con l'Iran, deve allora passare il dossier all'Agenzia perché proceda nella collaborazione" Sulle sanzioni, qual è la sua posizione? "Le sanzioni sono uno strumento del passato. Negli ultimi due anni abbiamo stipulato accordi con vari paesi. Molte società Usa, indirettamente, hanno cominciato a fare affari con l'Iran. Credo che riconoscano che le sanzioni o ogni altra azione non basata sui fatti avrà l'effetto di spingere l'Iran a difendere i suoi diritti. Noi non faremo nulla contro le regole. Il Consiglio di sicurezza dovrà eventualmente spiegare all'opinione pubblica del mondo su quali fatti intende basare provvedimenti punitivi contro l'Iran".

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L'egitto rinuncia a fermare i profughi - alberto stabile (sezione: Israele/Palestina)

( da "Repubblica, La" del 27-01-2008)

L'Egitto rinuncia a fermare i profughi Gaza, tre giorni di frontiere aperte per scorte di cibo e combustibili Una quarantina di poliziotti feriti e Il Cairo striglia Hamas: "Così non può durare" ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - "I fratelli palestinesi devono comprendere che la nostra volontà di ospitarli e aiutarli non può tradursi in una minaccia alla vita delle forze di sicurezza egiziane". Una quarantina di feriti tra i poliziotti antisommossa e le guardie di frontiera, alcuni dei quali in stato critico, causati dalle "provocazioni di gruppi palestinesi", sono un prezzo troppo alto da sopportare, dice il ministro degli Esteri egiziano, Ahmed Abul Gheit, per aver mostrato generosità e comprensione verso il dramma di Gaza. L'avvertimento alla dirigenza di Hamas, senza il cui assenso a Gaza non si muove foglia, è implicito. "Queste provocazioni ci preoccupano", continua Abul Gheit, quasi a sottolineare che la pazienza egiziana ha un limite. E tuttavia la decisione del Cairo di permettere l'ingresso alle masse bisognose di tutto provenienti dalla Striscia verrà mantenuta, fino a quando i palestinesi non avranno soddisfatto i loro bisogni (si dice ancora per tre giorni). Ma subito dopo bisognerà trovare una soluzione "concordata attraverso colloqui fra le parti interessate". Non sarà così facile. Per il quarto giorno consecutivo, decine di migliaia di persone, spinte dal desiderio di approvvigionarsi dei beni essenziali che l'embargo vieta loro da mesi, hanno varcato il confine con l'Egitto ormai ridotto a un colabrodo. La novità è che molti sono entrati in macchina, altri hanno cercato di portare dentro i camion, ma pare che non abbiamo potuto superare i posti di blocco posti all'uscita della Rafah egiziana. Molte auto sono entrate cariche di bidoni vuoti e sono tornate con benzina e gasolio, due generi preziosi tuttora sottoposti al blocco israeliano. La polizia egiziana ha prima cercato d'impedire l'ingresso delle macchine, formando catene umane davanti ai varchi principali, poi s'è limitata a osservare da lontano. Nella notte il contingente era stato ridotto per evitare ulteriori tensioni. Ma è evidente che il Cairo non può accettare la situazione creata da Hamas al confine con Gaza. Una situazione in cui le autorità egiziane hanno in sostanza rinunciato a esercitare ogni autorità. Per Mubarak quella della soluzione "concordata con le parti interessate", vale a dire tanto con Hamas, quanto con l'Autorità Palestinese di Abu Mazen, la cui influenza è ormai ridotta alla sola Cisgiordania, è una strada tanto obbligata quanto rischiosa. Lo sfondamento della frontiera ha, se possibile, acuito i contrasti tra Hamas e Abu Mazen. Il leader eletto dei palestinesi ha ieri affermato di avere un piano per risolvere il problema del confine tra Gaza e l'Egitto. Ma per lui il movimento islamico, prendendo nel giungo scorso il potere a Gaza con la forza si è macchiato di un crimine che non può essere perdonato. A meno che gli islamisti non restituiscano il potere all'autorità legittima. Il punto è che né gli Stati Uniti, né Israele, né forse lo stesso Mubarak credono che Abu Mazen abbia i mezzi militari e la forza politica di imporre una soluzione. Insomma, è obbligatorio parlare con Hamas, che ieri, in evidente polemica con Ramallah, si è offerta di riportare l'ordine al confine coordinando direttamente con l'Egitto il funzionamento della frontiera. Un offerta destinata a mettere Mubarak in ulteriore imbarazzo, perché se il Rais non può permettersi di apparire agli occhi dell'opinione pubblica egiziana come colui che appoggia il blocco di Gaza voluto da Israele e assecondato dagli Stati Uniti, dall'altro lato, agli occhi dell'opinione pubblica occidentale Mubarak non può apparire come un partner di Hamas. La delicata situazione alla frontiera tra Gaza e l'Egitto sarà al centro dell'incontro di oggi tra Abu Mazen e il premier israeliano Ehud Olmert. Il leader palestinese rinnoverà la sua offerta di prendersi carico del confine Sud di Gaza, chiedendo al tempo stesso a Olmert di togliere il blocco contro la Striscia e contro la Cisgiordania. Ipotesi assai improbabile.

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Gennaio 1946, da Vado la prima nave dell'esodo (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 27-01-2008)

La storia Mille ebrei emigrarono in Palestina SILVANO GODANI Gennaio 1946, da Vado la prima nave dell'esodo VADO LIGURE Legge 20 luglio 2000, n. 211, ex art. 1 e art. 2: "La Repubblica Italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoàh (sterminio del popolo ebraico).affinché simili eventi non possano mai più accadere". Per l'occasione l'ISREC (Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea), attraverso le ricerche di Antonio Martino ha ritrovato tracce e immagini di una straordinaria storia di "Exodus alla savonese", raccontata con qualche coloritura nei libri di Ada Sereni ("I clandestini del mare") e Mario Toscano ("La porta di Sion"), entrambi sull'immigrazione clandestina di Ebrei europei nel neonato stato di Israele. Un anno prima della nave Exodus (raccontata da Otto Preminger in un film avvincente) che nel 1947 trasporta profughi da Cipro in Palestina, ben due navi partono da Vado per Israele, a dispetto degli Inglesi che osteggiavano l'ingresso degli Ebrei nella "terra promessa". La prima nave, il motoveliero "Rondine" forse costruito dai Cantieri Solimano e ribattezzato "Enzo Sereni" (marito di Ada morto a Dachau nel '44), salpa all'inizio di gennaio del '46 da una banchina di Porto Vado vicino al Faro con un carico di 900 profughi sotto la protezione della polizia partigiana, come ricorda Adriano Scaglia. La seconda, la corvetta canadese "Beauharnois" dismessa nel 1945 ma acquistata dai servizi segreti israeliani del Mossad e poi impiegata nella 1^ flottiglia di 4 navi nello scontro con gli Arabi col nome "Hashomer" (La Guardia), nella notte fra il 18 e il 19 giugno imbarca ben 1294 Ebrei provenienti dai lager via Tarvisio e concentrati nel campo di Tradate, forzando il blocco dei carabinieri schierati sul pontile. Un'operazione imponente resa possibile dalla perfetta organizzazione della Brigata Ebraica in forza all'esercito inglese dotata di automezzi e supporti per le comunicazioni. Perché proprio Savona? Forse perché è più favorevole l'ambiente, visto che a gennaio è l'agente marittimo Giuseppe Musso, repubblicano, a mettere in contatto Ada Sereni con l'armatore e le autorità locali, a giugno, si limitano a prendere atto della situazione. "In un momento così delicato -conclude Umberto Scardaoni presidente dell'ISREC a titolo personale- è giusto ricordare che, nel nome della pace, occorre riconoscere anche ai Palestinesi il diritto di avere una patria, così come abbiamo contribuito a farlo con gli Ebrei". Nel prossimo 19 giugno, perciò, a Vado Ligure si ricorderà l'episodio insieme alla Comunità Ebraica di Genova, all'Ambasciata di Israele e alla Associazione Italia-Israele in collaborazione col Comune.

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27 gennaio 'Il Giorno della Memoria' (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 27-01-2008)

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.132 del 27/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Cultura In ricordo delle vittime del nazismo 27 gennaio: "Il Giorno della Memoria" Tutte le attivita' della "Casa della Memoria e della Storia" di Roma Il 27 gennaio di 63 anni fa, nel 1945, il campo di sterminio nazista di Auschwitz, in Polonia, veniva liberato dall'Armata Rossa, l'esercito russo bolscevico. Dal 2000 questa data è stata scelta dal Parlamento Italiano per istituire "Il Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio del popolo ebraico e di tutti i deportati nei campi nazisti. Molte le attività organizzate anche quest'anno dalla Casa della Memoria e della Storia per la giornata odierna. Già giovedì scorso è stata inaugurata un'installazione fotografica di Giuliano Pastori nello Spazio mostre e sulla Terrazza, dal titolo "Berlino 06: Memorie Quotidiane", che sarà visitabile fino al'8 febbraio. Ma la maggior parte delle attività si concentrano proprio oggi: a partire dalle ore 15.00, nella Sala Multimediale, verrà proiettato il film di Davide Ferrario e Marco Belpoliti "La Strada di Levi", che ripercorre dopo sessant'anni l'itinerario dello scrittore Primo Levi per ritornare a casa dopo la liberazione di Auschwitz. Alle 16.30 "Verso la Memoria", una lettura di poesie sul tema della Deportazione, della Resistenza e della Libertà. A seguire, alle 18.05, proiezione del film-documentario "Io c'ero", ricco di testimonianze di superstiti dei campi nazisti che raccontano la cruda realtà della vita nei lager. Per concludere, alle 19.30, "Canzoni della Resistenza, della Guerra e della tradizione democratica del nostro paese", un intervento musicale di Sara Modiglioni, Piero Brega e del Laboratorio di canti popolari, politici e sociali della Scuola di Musiche del Circolo Gianni Bosio. Contemporaneamente, presso il Centro Telematico, a partire dalle ore 15.00 verrà proiettato il filmato "La deportazione e l'internamento nei lager nazisti dei militari italiani", storia della situazione dei militari italiani dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943, quando durante l'internamento non furono considerati prigionieri di guerra in modo che gli venisse sottratta l'assistenza prevista dalla Convenzione di Ginevra. A seguire, alle 15.50, la proiezione dell'intervita/testimonianza a Franco Venturelli, partigiano che nel 1944 venne deportato a Mathausen. Alle 16.30 proiezione del filmato di Sebastiano Rendina "Un popolo per la libertà. La Resistenza in Italia", che ripercorre gli avvenimenti storici che hanno dato forma alla Resistenza Italiana. Alle 17.15 il film-documentario "Memoria presente: ebrei e città di Roma durante l'occupazione nazista", che ricostruisce la persecuzione antisemita nella Capitale anche attraverso interviste a cittadini ebrei. Infine, alle 18.25, la proiezione del film del regista israeliano Eyal Sivan "Uno specialista: ritratto di un criminale moderno", ricostruzione del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann svoltosi a Gerusalemme nel 1961. Le attività conclusive si svolgeranno il prossimo martedì: alle 15.00, presso la Sala Multimediale, verrà presentato il libro "Roma la città della memoria &ndash; Guida agli archivi della città contemporanea", censimento degli archivi cittadini. Seguirà, alle 17.00, la presentazione del saggio di Giovanna De Angelis "Le donne e la Shoah", un omaggio al coraggio e alla resistenza delle donne internate nei ghetti e nei campi nazisti. Numerosissime dunque le attività fra le quali scegliere per chi desidera ricordare degnamente questo giorno, e rendere onore ai ricordi e alla memoria di pagine ancora incredibilmente vicine della nostra storia più violenta e dolorosa. Il giorno della memoria Fino al 29 gennaio Casa della Memoria e della Storia Via San Francesco di Sales 5, Roma Ingresso libero Orari: dal lunedì al sabato, dalle 10.00 alle 18.00 (mostra fotografica) Info: tel. 066876543 www.casadellamemoria.culturaroma.it Valentina Ricci.

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Un gioco pericoloso. Questa, per un dirigente egiziano che abbiamo raggiunto al Cairo, l'ess (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 27-01-2008)

Di ERIC SALERNO Un gioco pericoloso. Questa, per un dirigente egiziano che abbiamo raggiunto al Cairo, l'essenza di quanto sta accadendo a Gaza. Con rabbia, il ministro degli Esteri Ahmed Abul Gheit ha parlato di "provocazioni" e rilevato che sono una quarantina i soldati e le guardie di frontiera feriti negli scontri con i palestinesi, molti dei quali armati e appartenenti alle milizie fedeli a Hamas. Due ufficiali sono in fin di vita. E sembra perdere quota la pazienza del presidente Mubarak. Ha offerto di mediare la ripresa del dialogo tra Hamas e il presidente palestinese ottenendo, come risposta, due quasi no. I dirigenti del movimento islamico si sono detti disponibili ma poi offrono contatti diretti con il Cairo per gestire insieme, questa la loro formula, il transito sul confine comune. Per Mahmoud Abbas, l'ipotesi dialogo è da scartare fino a quando i "golpisti" manterranno il controllo di Gaza. E stato chiaro: non permetterà a Hamas di servirsi del blocco del confine per guadagnare un riconoscimento ufficiale del suo ruolo nella Striscia. Il presidente intende insistere, invece, con il premier Olmert (si vedranno oggi) perché sia l'Autorità palestinese a gestire tutti i varchi della Striscia. Lui dice che le sue forze sono in grado di farlo. Israele non n'è così convinta. Hamas, nonostante l'isolamento, mostra una capacità organizzativa e politica sorprendente. Alla ricerca di uno sbocco non violento, Mubarak ha deciso di invitare al Cairo per incontri separati, i rappresentanti di Hamas e di Fatah. Il rischio che la situazione possa deteriorare è evidente. Mezzi blindati egiziani si sono avvicinati al confine per impedire alle auto dei palestinesi di continuare a fare avanti e indietro mentre le guardie di frontiera rimandano a casa decine di migliaia d'abitanti di Gaza ancora nell'area che va dal confine a El Arish. Le botteghe di questa città, quaranta chilometri a sud delle barriere abbattute dai militanti islamici, hanno fatto affari d'oro ma ieri la polizia ha ordinato la loro chiusura per far capire a tutti che la grande spesa è finita. Poche decine di chilometri più a nord, al posto di transito di Erez, sul confine tra Gaza e Israele, un migliaio di pacifisti israeliani ha manifestato contro il blocco imposto da Israele e contro il continuo, seppure ridotto, lancio di missili in direzione di Sderot. La loro protesta è stata fatta propria dal presidente palestinese. In un discorso a Ramallah, Abbas ha esortato i gruppi armati a cessare i tiri di razzi e ha accusato Israele di infliggere una "punizione collettiva" alla popolazione della Striscia. "Noi diciamo a tutti quelli che lanciano i razzi: cessate, non date a Israele un pretesto per mostrarsi al mondo come vittima e affermare che Sderot è una vittima".

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AMMAN George Habash, fondatore del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp) è mor (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 27-01-2008)

To ieri ad Amman, dove viveva da alcuni anni. Aveva 81 anni. Habash era nato 1926 a Lydda (l'attuale città israeliana di Lod) in una famiglia di mercanti di religione greco-ortodossa. Era un medico e il suo nome di battaglia era "al Hakim", che significa "il dottore", ma anche "il saggio". Aveva creato nel 1967 l'Fplp, che fu per anni uno dei punti di riferimento delle organizzazioni radicali palestinesi e sempre rifiutò di riconoscere lo Stato di Israele. Nel 1992 era stato colpito da ictus a Tunisi e da allora si era ritirato dall'attività politica.

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Perché non si dimentichi. Anche la tv ricorda dell'Olocausto. Con testimonianze, documenti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Messaggero, Il" del 27-01-2008)

Film tratti dalla storia ed entrari in quella del cinema. A mezzanotte e mezzo, Tg2 Dossier, intervista a Chantal Maas, l'unica ebrea che ha deciso di vivere ad Auschwitz, dove sta allestendo una casa della Memoria. E dell'incubo di Auschwitz parla anche Shlomo Venezia, che fu costretto a far parte di squadra speciale che cremava i corpi degli israeliti massacrati nelle camere a gas. Mentre "I giusti e gli Ingiusti", è il titolo dell'appuntamento con Terra! Il settimanale di Toni Capuozzo e Sandro Provvisionato stavolta inizia con un reportage di Marco corrias da Altavilla Silentina, comune campano dove sparirono una ventina di passaporti per aiutare una ventina di ebrei ungheresi che nonostante i documenti non riuscirono a sfuggire alla deportazione. Quindi sarà Provvisionato a raccontare la Shoa, nella Germania di Trutzhain (a nord di Francoforte), dove esiste ancora il famigerato lager Stalag IX, rimasto tale e quale ad allora. Ma, tutte le emittenti, satellitari e non, dedicano l'intera giornata alle vittime di quel terribile periodo storico. Retequattro e La 7 scelgono il cinema. Stasera Retequattro alle 21,10, ripropone il capolavoro di Spielberg: Schindler's List. Mentre la 7 manda in onda il bellissimo Giardinio dei Finzi Contini di Vittorio De Sica e, e alle 18, Train de vie, il geniale racconto di Radu Mihaileanu.

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La guerra che non si può vincere (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Tempo Libero - data: 2008-01-27 num: - pag: 18 categoria: REDAZIONALE OLMETTO ULTIMA REPLICA La guerra che non si può vincere Il dialogo, l'incontro, il riconoscimento del dritto dell'altro. Eugenio de Giorgi, dammaturgo e regista, con un gruppo di giovani attori porta in scena il pensiero dello scrittore israeliano David Grossman, facendo vivere in brevi scene momenti della tragedia del conflitto israelo-palestinese. Storie ordinarie di vita, di speranze, di paure, di adulti e ragazzi di entrambe le parti in guerra che sognano la "normalità" della pace. Uno spettacolo per conoscere e riflettere.

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Morto George Habash, stratega dei dirottamenti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-01-27 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE A 81 anni Morto George Habash, stratega dei dirottamenti Morto a 81 anni George Habash: fondò il Fronte popolare di liberazione della Palestina, fu rivale di Arafat e stratega dei dirottamenti aerei. Tre giorni di lutto proclamati dall'Autorità Palestinese.

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Corano, manager e night club. Un ebreo fantasma a Riad (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2008-01-27 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE Arabia Saudita Il drammaturgo Tuvia Tenenbom racconta la visita con il presidente Bush in un Paese dove Israele non esiste Corano, manager e night club. Un ebreo fantasma a Riad Qualche giorno fa ho tentato di recarmi in Arabia Saudita o Saudia, com'è chiamata in Medio Oriente, terra che aveva stregato la mia immaginazione. Mi sono dunque collegato al sito web del governo saudita, per avviare la procedura di richiesta del visto. Un sito interessante, non c'è dubbio. Desiderano sapere, ad esempio, "Qual è la tua religione?". Io non professo alcuna religione, ma ho ricevuto un'educazione ebraica ultra-ortodossa, pertanto mi pareva opportuno selezionare "Giudaismo". Ehi, ma come? C'è un problema: il Giudaismo non è tra le opzioni disponibili. Pazienza: salto la domanda sulla "religione " e passo alla successiva: "Luogo di nascita". Ottimo: sono nato in Israele. Come, non lo sapete? Questo Paese non esiste nella mentalità saudita. Così, senza dover troppo attendere, ho definitivamente archiviato il mio sogno saudita. Finché, un giorno, arriva una chiamata dalla Casa Bianca: mi invitano ad accompagnare il presidente Bush nel suo viaggio in Medio Oriente. E, poiché nel tempo libero faccio anche il giornalista, si offrono di risolvere loro il problema del visto. Accetto senza indugi e, in meno di una settimana - hurrà! - sono pronti i documenti. "Accompagnatore del presidente americano", recita il timbro saudita sul passaporto. Che cosa significa? Dovrò partire assieme a Bush? Non lo so né me ne curo, mi limito a prendere l'aereo. Un uomo come me, il cui principale titolo professionale è quello di "Direttore artistico del Teatro Ebraico di New York", è in Arabia Saudita! In qualsiasi altra occasione i sauditi preferirebbero patire un infarto anziché vedere la mia faccia nella loro patria, ma stavolta hanno dovuto fare un'eccezione e io mi sento strafelice. Poi Bush se n'è andato e l'ebreo è rimasto tutto solo all'Holiday Inn di Riad. Ma non a lungo. Più o meno nel medesimo istante in cui l'Air Force One ha toccato il suolo americano, qualcuno mi chiama invitandomi a raggiungere una "persona importante che desidera parlarle". Mi accompagnano, passando per una porta segreta, a un piano sottostante. Il posto sembra avvolto nel buio e nella sporcizia. La targhetta sulla porta recita: "Mohammad Al-Mallah - Human Resources Manager". Che cosa succede? Non sto cercando un lavoro, o sbaglio? Risorse umane?!? "Si sieda", dice l'uomo. "I giornalisti - inizia a farfugliare - fanno domande ma non sanno dove trovare le risposte". Tutte le risposte sono racchiuse "in questo libro", scandisce additando una copia del Corano rilegata in pelle verde. Faccio per aprire il libro, ma il mio interlocutore pare non si diverta, e mi dice in un inglese sgrammaticato: "Tu non sei musulmano, non hai le mani pulite, non toccare il Libro Sacro". Aspetta un secondo, mi dico, come diavolo fa a sapere che sono ebreo? Prima che riesca a trovare una risposta, però, il Responsabile delle Risorse umane enumera in tutta fretta le regole che sono tenuto a rispettare: "Niente foto né riprese, niente interviste, niente discorsi politici. Domande? ". Molto stupidamente rispondo: "Sì, ho una domanda. Pensa che ci potrà mai essere la pace tra israeliani e palestinesi?". "Sì", risponde. "Come è scritto in questo Libro Sacro, muoiano tutti gli ebrei e sul mondo intero regnerà la pace". A questo punto risalgo in camera e scrivo una e-mail all'ambasciata saudita di Washington. Sono l'unico ebreo in Arabia Saudita. Strano, no? Persino nella Germania nazista gli ebrei erano più numerosi... Finalmente mi alzo ed esco a fare due passi. Proviamo a capire dove finisce un ebreo e comincia un saudita, dico tra me e me. Attraverso solitario King Abdulaziz Street. E vedo volare a bassissima quota una squadriglia di quattro aerei militari. è da quando ero bambino in Israele, al tempo della Guerra dei Sei giorni, che non vedo un aereo militare così da vicino. è come se uno spirito magico, fantastico e inspiegabile, mi facesse tornare bambino. Sì, questi velivoli mi rapiscono e, d'incanto, mi riportano indietro di 40 anni, in Prophet Jonah Street a Tel Aviv. Rallento il passo, totalmente ipnotizzato, quando un'altra squadriglia inizia a volare sopra di me. Sento un'irresistibile euforia! Inizio a contare: quattro qui, quattro laggiù, eccone altri quattro, e ancora quattro... e, quando arrivo a 50, mi fermo e basta. Come potrò appurare nei giorni seguenti, questi voli stravaganti sono una routine quotidiana a Riad. Perché si faccia tanto sfoggio di potere sopra un'area densamente popolata, e in un Paese che vanta un immenso spazio aereo nel deserto, Dio solo lo sa. Con un cenno della mano fermo un taxi e faccio ritorno in albergo. Mi sintonizzo su Al Jazeera, che addita gli ebrei come carnefici. Stanno parlando di me?!? Esco fuori e chiamo di nuovo un taxi. Ma tu guarda - penso - è lo stesso tassista che mi ha accompagnato prima! Ben presto scopro che non appena chiamo un taxi in questa città di 5 milioni di abitanti, nove volte su dieci mi imbatto, come per magia, nello stesso conducente. "Dove vuole andare?". "Mi porti in un night". No, davvero non me lo sarei mai sognato. In una terra in cui le donne non possono mostrare altro che due occhi, dieci dita e un enorme sacco nero, neppure il tuo tassista "personale" può accompagnarti in un posto del genere. Benvenuti in Arabia Saudita. Un ebreo, un tassista, niente donne. Ma in quanto ad aeroplani, signori miei, non c'è che da chiedere! Islam e Occidente Donne saudite in un McDonald's a Riad (Ap) Tuvia Tenenbom Tuvia Tenenbom scrittore teatrale e direttore artistico del Teatro Ebraico di New York Traduzione di Enrico Del Sero.

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Anche al piano Barenboim è autorevolezza (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Spettacoli - data: 2008-01-27 num: - pag: 48 categoria: REDAZIONALE Beethoven Alla Scala Anche al piano Barenboim è autorevolezza di ENRICO GIRARDI C i sono studenti che seguono il concerto su sedie collocate sul palco attorno al pianoforte. E il primo brano che si ascolta è proprio il primo della lunga serie, l'opera 2 n. 1, Sonata di un Beethoven che omaggia Haydn lasciando gli elementi del proprio vocabolario a venire in una forma ancora potenziale. L'inizio del ciclo di 8 concerti che fino a giugno vedranno Daniel Barenboim affrontare alla Scala l'integrale delle Sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven ha vago sapore di Hausmusik. Ma l'impressione dura il tempo di un amen. Un po' fa anche il modo semplice e irrituale con il quale il maestro israelo-argentino entra in una Scala che pure è gremita come nelle migliori occasioni: senza ostentare i tormenti di chi si trovi solo all'attacco dell'altissima vetta ma nemmeno la apparente naturalezza di quanti vogliono comunicare che sostenere l'impresa è cosa ovvia e facile. La verità è che si entra immediatamente in medias res; il pianismo di Beethoven è tutta sostanza, pensiero che dà forma e la testa, prima ancora delle mani, di Barenboim lo dicono con la forza dell'evidenza. Non la ricerca di un'eleganza, non la ricerca ossessiva di un "bel suono", ma il piacere di lasciar parlare la cosa. Ecco allora l'umorismo dell'opera 31 n.3, ecco la follia e la tensione dell'op. 106, l'"impossibile" Hammerklavier. Sì perché tra l'idea di percorrere le 32 "stazioni" in ordine cronologico o in ordine sparso - l'una come diario di una lenta evoluzione, l'altra che sintetizza lo stesso principio anche nello spazio della serata singola: entrambe legittime -, Barenboim opta per quest'ultima, e ogni serata c'è un titolo almeno per ciascuna delle tre fasi in cui la musicologia storica suddivide la parabola creativa del Gigante. Come del direttore d'orchestra Barenboim non si guarda il gesto (o meglio, lo si guarda, ma non come prima cosa), così nel caso del Barenboim pianista non si segue la musica in termini di mera tecnica pianistica, se non quando incappa in frasi un po' fallose (la fuga a tre dell'op. 106 qualche grattacapo lo pone sempre, a chiunque). Prima di ciò emerge il fascino per la prepotente musicalità, il carisma e l'autorevolezza con cui questo interprete smonta e rimonta il testo (forme, linee, pesi, colori, fraseggi, idiomi pianistici e orchestrali) per raccontare un Beethoven alto, nobile, imperiale, alieno da mode e filologie. Si sente anche quanto il pubblico ne sia coinvolto e quanto il trionfo conclusivo non giunga annunciato ma autentico. Maestro scaligero Barenboim al piano Sonate per pianoforte di Beethoven Pianista Daniel Barenboim Teatro alla Scala di Milano.

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Un treno di folli contro la follia nazista (sezione: Israele/Palestina)

( da "Corriere della Sera" del 27-01-2008)

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Spettacoli TV - data: 2008-01-27 num: - pag: 69 categoria: BREVI Un treno di folli contro la follia nazista Europa dell'Est, 1941. Per salvare il loro villaggio dai tedeschi, un matto e un mercante organizzano un treno di finti deportati diretti verso Israele. Dialoghi italiani curati da Moni Ovadia, musiche di Goran Bregovic. Regia del rumeno Mihaleanu. Train de vie Cult, ore 21.

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Il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) vuole (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 27-01-2008)

Il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) vuole che il controllo dei valichi di frontiera nella Striscia di Gaza ritorni alle forze dell'Autorità palestinese. Il presidente solleverà questa richiesta nel corso del colloquio che avrà oggi a Gerusalemme col premier israeliano Ehud Olmert. Home Interni Esteri prec succ Contenuti correlati Lottomatica, Repesa vuole rivedere lo spirito vincente di Barcellona Multiservizi, rimosso il presidente Vincenzi Fiorucci è il nuovo presidente "Lavorerò per i giovani" La Procura vuole il giudizio immediato per Valerio Minotti Ranieri vuole subito Mellberg e Sissoko Festa di S. Antonio, Miele presidente del comitato Israele aveva imposto la chiusura di tutti i valichi di confine della Striscia dopo la presa del potere da parte di Hamas, che nega allo Stato ebraico il diritto stesso all'esistenza. La richiesta di Abu Mazen dipende però dall'assenso di Hamas. Al riguardo, un autorevole esponente di Hamas a Gaza, Sami Abu Zuhri, ha detto che il movimento islamico si è offerto di ristabilire il confine tra Gaza e l'Egitto - sfondato mercoledì scorso a Rafah da centinaia di migliaia di palestinesi dopo l'abbattimento della barriera eretta da Israele da parte di miliziani di Hamas - mediante un dialogo diretto col Cairo. A questo scopo Hamas, ha detto Abu Zuhri, è pronto a coordinarsi con l'Egitto. La situazione che si è creata a Rafah, ha assicurato, è "temporanea e eccezionale". Ieri la Palestina ha pianto la morte di George Habash, il fondatore del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp) deceduto ad Amman in Giordania dove s'era trasferito da alcuni anni. Aveva 81 anni. Il Fplp fu per anni uno dei punti di riferimento delle organizzazioni radicali palestinesi e sempre rifiutò di riconoscere lo Stato di Israele. Incessante il flusso di auto che per la prima volta hanno potuto lasciare Gaza riversandosi oltre la frontiera. A bordo di potenti fuoristrada, centinaia di uomini appartenenti alle cellule armate hanno lasciato a casa kalahsnikov e uniformi, viaggiando per la prima volta all'estero senza doversi nascondere. "Niente razzi Qassam in queste ore - ha spiegato un miliziano della Jihad islamica che si presenta con il nome di Abu Obama - andiamo tutti ad El-Arish, sulla costa egiziana: mangiamo il pesce dei nostri e sogni e ci godiamo tranquilli il giorno della vittoria". Anche gli uomini di Hamas che hanno aperto nuove brecce nel muro cancellando ogni ostacolo sul confine, hanno voluto brindare al successo banchettando in terra egiziana. "Qui siamo tranquilli perchè i razzi israeliani in Egitto non ci possono colpire". La polizia egiziana, che consente ai palestinesi libero movimento ma non oltre la cittadina costiera di El-Arish, evita accuratamente ogni controllo sull'identità dei viaggiatori. E mentre migliaia di palestinesi corrono verso l'Egitto, centinaia di egiziani compiono invece il percorso contrario: vogliono tornare nella Striscia per incontrare amici che non vedono da anni, ritrovare parenti dispersi, vendere mercanzie o semplicemente scoprire cosa sia cambiato in tanto tempo oltre la frontiera. Sembrano tornati i confini di 40 anni fa, quando Gaza era sotto il controllo egiziano. Poi nel 1967 ci fu l'invasione israeliana: la zona oltre il canale di Suez rimase tagliata fuori, ma gli scambi tra la gente del Sinai e quella della Striscia proseguirono grazie alla continuità territoriale imposta dall'occupazione. Infine nel 1982 per l'Egitto giunse la restituzione del Sinai, la città di Rafah venne divisa tra egiziani e palestinesi e per la Striscia iniziò l'epoca della barriera. La stessa abbattuta cinque giorni fa. Vai alla homepage 27/01/2008.

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Si festeggia il capodanno degli alberi . Pace tra comunità ebraica e tedeschi (sezione: Israele/Palestina)

( da "Tempo, Il" del 27-01-2008)

Si festeggia il "capodanno degli alberi". Pace tra comunità ebraica e tedeschi Daniel Della Seta Sembrano tutti uguali lì assieme nell'auditorium sorridenti, spontanei, divertenti. Eppure gli occhi dei bambini raccontano pur tra mille diversi colori, mille diverse storie di famiglia, di origini, usi e tradizioni. Home Spettacoli prec succ Contenuti correlati Pizzi...cati al Senato Fiducia al Senato, Prodi a caccia di voti Arriva la lingerie di Dita Von Teese Il Governo supererà lo scoglio della fiducia? Sbanda e investe due anziani Cosimo Bove Indifferenza verso i ... Sono oltre cento i presenti tra gli studenti della Scuola Elementare ebraica Angelo Polacco, della Media Sacerdoti e del Liceo Renzo Levi, presenti con i loro colleghi della Scuola Germanica di Roma, in occasione della festività ebraica di Tu Bishvat, il capodanno degli alberi. Un evento organizzato dal KKL, Fondo Nazionale Ebraico per l'ambiente, dall'ambasciata tedesca e dalla Scuola tedesca. L'addetto culturale dell'ambasciata Schmit Neuerburg, accanto al Preside Ulrich Berner, gli insegnanti Gerhard Moses mostrano grande soddisfazione. La Germania dal '68 è cambiata e, oggi, si è voluto prendere piena coscienza di questa pagina buia del '900. "Anche il nostro governo partecipa alle manifestazioni in chiave educativa e culturale - commenta Wagner - Per la prima volta un'istituzione ebraica è entrata nella scuola germanica, e ne siamo felici perché solo costruendo una storia comune che si nutre per il futuro dell'esperienza passata e del presente sarà possibile combattere i mali del nostro tempo". Un albero di ulivo proveniente dalle colline di Gerusalemme è stato messo a dimora nel giardino della Scuola Germanica, dagli studenti dei due istituti e dal procuratore del KKL israeliano, l'israeliano Rafael Ovadia. Anche in chiave europea la Task Force contro l'antisemitismo ha potuto contare sempre sul sostegno tedesco e italiano. Una cerimonia commovente scandita dalle preghiere nell'atto della piantagione, dai mille simbolismi della tradizione ebraica, e dai canti Shemà Israel, Gerusalemme d'oro e Gam Gam che, uniti al gospel e dall'introduzione di Bach eseguiti non senza emozione dai ragazzi, accompagnati dal maestro Spizzichino e dal maestro Martin Weber e dai giovani musicisti della "Deutsche Schule Rom". Vai alla homepage 27/01/2008.

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L'allarme di Barak: "L'Iran prepara un'altra Hiroshima" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

Di Gian Micalessin - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 La condizionale per Teheran è finita. La presunzione d'innocenza garantita dal rapporto dei servizi segreti americani dello scorso autunno non basta più. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu sta già valutando la risoluzione contenente le nuove sanzioni contro la Repubblica islamica. Israele lancia, invece, una nuova offensiva divulgando le informazioni raccolte dal Mossad e dall'intelligence militare sul fronte nemico. Quelle informazioni, spiega in un'intervista al Washington Post il ministro della Difesa Ehud Barak, delineano l'esistenza di strutture e impianti clandestini in cui i tecnici controllati dai Guardiani della Rivoluzione studiano e sperimentano l'assemblaggio di testate nucleari. "Per quanto ne sappiamo i loro piani sono ad uno stadio avanzato e hanno superato il livello del cosiddetto progetto Manhattan" spiega Barak facendo riferimento al progetto segreto che portò alla costruzione degli ordigni sganciati su Hiroshima e Nagasaki. Lo scenario, tratteggiato dall'intelligence israeliana sembra delineare l'esistenza di laboratori assolutamente sconosciuti agli ispettori dell'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica). "Sospettiamo che stiano già lavorando a testate nucleari per missili terra terra – dichiara Barak - e con molta probabilità hanno almeno un altro centro d'arricchimento clandestino oltre a quello di Natanz". Secondo Israele, insomma, quanto l'Iran fa vedere all'Aiea e al mondo è solo la punta dell'iceberg, uno specchietto per le allodole, dietro cui operano impianti assai più sofisticati con finalità esclusivamente militari. "Le più importanti agenzie d'intelligence internazionali dovrebbero concentrare i loro sforzi - auspica Barak - per capire dove siano l'eventuale centro d'arricchimento clandestino e il gruppo che lavora alle tecnologie militari". La nuova bozza di risoluzione - messa a punto a Berlino la scorsa settimana e approdata ieri all'esame del Consiglio di sicurezza – è un altro sintomo della diffidenza internazionale nei confronti di Teheran. La risoluzione chiede l'immediata sospensione del programma di arricchimento e punta all'introduzione, in caso contrario, di un terzo blocco di sanzioni capace di garantire la sorveglianza degli esponenti alla guida del programma nucleare iraniano. Dunque delle sanzioni ad personam per impedire viaggi all'estero, incontri internazionali o trasferimenti finanziari effettuati da scienziati e comandanti dei Guardiani della Rivoluzione coinvolti nella ricerca nucleare. La messa al bando di alcune personalità del regime era già stata introdotta con due precedenti pacchetti di sanzioni, ma stavolta le restrizioni dovrebbero rivelarsi particolarmente stringenti grazie ad un sistema di controlli e garanzie internazionali.

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Barak: l'Iran prepara un'altra Hiroshima (sezione: Israele/Palestina)

( da "Giornale.it, Il" del 27-01-2008)

L'allarme di Barak: "L'Iran prepara un'altra Hiroshima" di Gian Micalessin - domenica 27 gennaio 2008, 07:00 La condizionale per Teheran è finita. La presunzione d'innocenza garantita dal rapporto dei servizi segreti americani dello scorso autunno non basta più. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu sta già valutando la risoluzione contenente le nuove sanzioni contro la Repubblica islamica. Israele lancia, invece, una nuova offensiva divulgando le informazioni raccolte dal Mossad e dall'intelligence militare sul fronte nemico. Quelle informazioni, spiega in un'intervista al Washington Post il ministro della Difesa Ehud Barak, delineano l'esistenza di strutture e impianti clandestini in cui i tecnici controllati dai Guardiani della Rivoluzione studiano e sperimentano l'assemblaggio di testate nucleari. "Per quanto ne sappiamo i loro piani sono ad uno stadio avanzato e hanno superato il livello del cosiddetto progetto Manhattan" spiega Barak facendo riferimento al progetto segreto che portò alla costruzione degli ordigni sganciati su Hiroshima e Nagasaki. Lo scenario, tratteggiato dall'intelligence israeliana sembra delineare l'esistenza di laboratori assolutamente sconosciuti agli ispettori dell'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica). "Sospettiamo che stiano già lavorando a testate nucleari per missili terra terra – dichiara Barak - e con molta probabilità hanno almeno un altro centro d'arricchimento clandestino oltre a quello di Natanz". Secondo Israele, insomma, quanto l'Iran fa vedere all'Aiea e al mondo è solo la punta dell'iceberg, uno specchietto per le allodole, dietro cui operano impianti assai più sofisticati con finalità esclusivamente militari. "Le più importanti agenzie d'intelligence internazionali dovrebbero concentrare i loro sforzi - auspica Barak - per capire dove siano l'eventuale centro d'arricchimento clandestino e il gruppo che lavora alle tecnologie militari". La nuova bozza di risoluzione - messa a punto a Berlino la scorsa settimana e approdata ieri all'esame del Consiglio di sicurezza – è un altro sintomo della diffidenza internazionale nei confronti di Teheran. La risoluzione chiede l'immediata sospensione del programma di arricchimento e punta all'introduzione, in caso contrario, di un terzo blocco di sanzioni capace di garantire la sorveglianza degli esponenti alla guida del programma nucleare iraniano. Dunque delle sanzioni ad personam per impedire viaggi all'estero, incontri internazionali o trasferimenti finanziari effettuati da scienziati e comandanti dei Guardiani della Rivoluzione coinvolti nella ricerca nucleare. La messa al bando di alcune personalità del regime era già stata introdotta con due precedenti pacchetti di sanzioni, ma stavolta le restrizioni dovrebbero rivelarsi particolarmente stringenti grazie ad un sistema di controlli e garanzie internazionali.

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E' morto Habash, fondatore del FPLP (sezione: Israele/Palestina)

( da "Quotidiano.net" del 27-01-2008)

Mobile email stampa MEDIO ORIENTE E' morto Habash, fondatore del FPLP Fu il fondatore del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Era considerato un falco all'interno dell'Olp di Yasser Arafat con cui ruppe definitivamente nel 1993 dopo la firma degli accordi di Oslo. Habbash si è sempre rifiutato di riconoscere lo Stato di Israele ed ha sempre sostenuto la lotta armata nella guerra contro lo Stato ebraico Home Esteri prec succ Contenuti correlati Bomba in bar di Amsterdam, un morto e quattro feriti Italiano travolto da un fiume in piena Elicottero si schianta in autostrada, un morto Carolina del Sud, è il giorno di Obama I sondaggi: 37% contro il 30 di Hillary Primo distributore automatico di farmaci con marijuana A fuoco l'hotel Montecarlo di Las Vegas Uno degli alberghi più grandi del mondo Venduto per 275 mila euro un murales di Banksy Amman, 26 gennaio 2008 - è morto a Amman in Giordania George Habash, fu il fondatore del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), in cui confluirono diverse organizzazioni preesistenti. Habash, nato nel 1929 al Cairo di origine greco-ortodossa, si laureò in medicina all'università americana di Beirut. Era considerato un falco all'interno dell'Olp di Yasser Arafat con cui ruppe definitivamente nel 1993 dopo la firma degli accordi di Oslo. Habash si è sempre rifiutato di riconoscere lo Stato di Israele ed ha sempre sostenuto la lotta armata nella guerra contro lo Stato ebraico. Per anni è stato il punto di riferimento per tutti i gruppi di opposizione radicali della OLP e ha goduto di un grande prestigio tra le popolazioni palestinesi ed arabe. Nel 1992, a Tunisi, rimase colpito da un ictus cerebrale e fu immediatamente trasferito in un ospedale di Parigi Nello stesso anno, ad ottobre, Habash annunciò il ritiro da tutte le attività politiche per motivi di salute. Idranti contro i palestinesi a Rafah.

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27 gennaio: "Il Giorno della Memoria" (sezione: Israele/Palestina)

( da "Voce d'Italia, La" del 27-01-2008)

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.132 del 27/01/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Cultura In ricordo delle vittime del nazismo 27 gennaio: "Il Giorno della Memoria" Tutte le attivita' della "Casa della Memoria e della Storia" di Roma Il 27 gennaio di 63 anni fa, nel 1945, il campo di sterminio nazista di Auschwitz, in Polonia, veniva liberato dall'Armata Rossa, l'esercito russo bolscevico. Dal 2000 questa data è stata scelta dal Parlamento Italiano per istituire "Il Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio del popolo ebraico e di tutti i deportati nei campi nazisti. Molte le attività organizzate anche quest'anno dalla Casa della Memoria e della Storia per la giornata odierna. Già giovedì scorso è stata inaugurata un'installazione fotografica di Giuliano Pastori nello Spazio mostre e sulla Terrazza, dal titolo "Berlino 06: Memorie Quotidiane", che sarà visitabile fino al'8 febbraio. Ma la maggior parte delle attività si concentrano proprio oggi: a partire dalle ore 15.00, nella Sala Multimediale, verrà proiettato il film di Davide Ferrario e Marco Belpoliti "La Strada di Levi", che ripercorre dopo sessant'anni l'itinerario dello scrittore Primo Levi per ritornare a casa dopo la liberazione di Auschwitz. Alle 16.30 "Verso la Memoria", una lettura di poesie sul tema della Deportazione, della Resistenza e della Libertà. A seguire, alle 18.05, proiezione del film-documentario "Io c'ero", ricco di testimonianze di superstiti dei campi nazisti che raccontano la cruda realtà della vita nei lager. Per concludere, alle 19.30, "Canzoni della Resistenza, della Guerra e della tradizione democratica del nostro paese", un intervento musicale di Sara Modiglioni, Piero Brega e del Laboratorio di canti popolari, politici e sociali della Scuola di Musiche del Circolo Gianni Bosio. Contemporaneamente, presso il Centro Telematico, a partire dalle ore 15.00 verrà proiettato il filmato "La deportazione e l'internamento nei lager nazisti dei militari italiani", storia della situazione dei militari italiani dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943, quando durante l'internamento non furono considerati prigionieri di guerra in modo che gli venisse sottratta l'assistenza prevista dalla Convenzione di Ginevra. A seguire, alle 15.50, la proiezione dell'intervita/testimonianza a Franco Venturelli, partigiano che nel 1944 venne deportato a Mathausen. Alle 16.30 proiezione del filmato di Sebastiano Rendina "Un popolo per la libertà. La Resistenza in Italia", che ripercorre gli avvenimenti storici che hanno dato forma alla Resistenza Italiana. Alle 17.15 il film-documentario "Memoria presente: ebrei e città di Roma durante l'occupazione nazista", che ricostruisce la persecuzione antisemita nella Capitale anche attraverso interviste a cittadini ebrei. Infine, alle 18.25, la proiezione del film del regista israeliano Eyal Sivan "Uno specialista: ritratto di un criminale moderno", ricostruzione del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann svoltosi a Gerusalemme nel 1961. Le attività conclusive si svolgeranno il prossimo martedì: alle 15.00, presso la Sala Multimediale, verrà presentato il libro "Roma la città della memoria &ndash; Guida agli archivi della città contemporanea", censimento degli archivi cittadini. Seguirà, alle 17.00, la presentazione del saggio di Giovanna De Angelis "Le donne e la Shoah", un omaggio al coraggio e alla resistenza delle donne internate nei ghetti e nei campi nazisti. Numerosissime dunque le attività fra le quali scegliere per chi desidera ricordare degnamente questo giorno, e rendere onore ai ricordi e alla memoria di pagine ancora incredibilmente vicine della nostra storia più violenta e dolorosa. Il giorno della memoria Fino al 29 gennaio Casa della Memoria e della Storia Via San Francesco di Sales 5, Roma Ingresso libero Orari: dal lunedì al sabato, dalle 10.00 alle 18.00 (mostra fotografica) Info: tel. 066876543 www.casadellamemoria.culturaroma.it Valentina Ricci.

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UN PASSO INDIETRO (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 27-01-2008)

DI la settimana GABRIELE FERRARIS UN PASSO INDIETRO Abbiamo anche noi la nostra Sapienza. Nel senso dell'università romana, perché in quanto a virtù sapienziali ne scorgiamo poche, nell'alzata d'ingegno di Vincenzo Chieppa, consigliere regionale dei Comunisti Italiani: egli ha pensato bene di sindacare la decisione della Fiera del Libro, che ha scelto Israele come ospite d'onore della prossima edizione. Chieppa ha scritto al presidente della Fiera, Rolando Picchioni, chiedendogli di invitare (per una sorta di "par condicio": è un dramma, quando i politici apprendono uno straccio di latinorum...) anche l'Autorità Palestinese, sempre come ospite d'onore. A far buon peso, un altrimenti ignoto "presidente della Lega degli scrittori giordani" ha invitato gli intellettuali italiani a boicottare la Fiera. Il presidente Picchioni e il direttore Ferrero hanno dato prova di civiltà prendendo quasi sul serio Chieppa (il giordano, era proprio impossibile...), e rispondendogli che il ruolo particolare di Israele alla Fiera di quest'anno non esclude la partecipazione di nessuno, neppure dell'Autorità Palestinese. Ma si sono ben guardati dal considerare l'ipotesi di un "invito cerchiobottista" che, a questo punto, suonerebbe quantomeno imbarazzante. Peccano però d'ottimismo, ritenendo bastevole tale spiegazione. Bisognava partire dai fondamentali, spiegando che: 1) certe derive portano dritte al grottesco (se in futuro l'ospite d'onore fossero gli Stati Uniti, chi convocare per "contrappeso"? L'Iran? La guerriglia irachena?); 2) Israele può avere, come ogni governo, torti gravi, ma è uno Stato democratico, riconosciuto dal consorzio civile; 3) tra i tanti scrittori israeliani di talento, molti manifestano liberamente nel loro Paese dissenso dalle politiche del loro Paese. Le ingerenze dei politici devastano ogni sfera della vita sociale; ancor più quando aggrediscono - spregiando logica, buon senso e sintassi - la cultura. Almeno lì, facciano un passo indietro, non essendo attrezzati per avventurarsi in quei territori. La Fiera è sana e ben gestita: la lascino in pace, baloccandosi piuttosto con i numerosi carrozzoni che sono già riusciti a mandare a ramengo.

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Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti (sezione: Israele/Palestina)

( da "Stampa, La" del 27-01-2008)

COMMEMORAZIONI Omaggio del Comune alle lapidi dei caduti Commemorazione ufficiale domenica 27 al cimitero monumentale. Il Comune, in collaborazione con l'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, Associazione nazionale ex internati, Comunità Ebraica di Torino e la Fondazione Teatro Stabile organizza infatti tre momenti di riflessione per il giorno della memoria. Alle 9,30 commemorazione e omaggio alle lapidi dei caduti. Sempre domenica, ma alle 11, a Palazzo Civico, invece, "Celebrazioni in Sala Rossa" alla presenza del sindaco Sergio Chiamparino e del presidente del consiglio comunale Giuseppe Castronovo: è prevista la testimonianza di Pensiero Acutis, presidente regionale Anei, e di Tullio Levi, presidente della Comunità ebraica. Segue un momento musicale "In memoriam" con l'Ensemble da Camera Meitar, che viene da Israele. Partecipa anche il mandolinista Avi Avital. Lunedì 28 alle 17,30 al Teatro Vittoria, via Gramsci 4, si conclude con lo spettacolo "Zingari: l'Olocausto dimenticato", un monologo di e con Pino Petruzzelli a cura del Centro Teatro Ipotesi. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Per info Gabinetto del Sindaco 011/442.32.05. \.

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AMMAN. GEORGE HABASH, FONDATORE DEL FRONTE POPOLARE DI LIBERAZIONE DELLA PALESTINA (FPLP) è MOR (sezione: Israele/Palestina)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 27-01-2008)

Amman. George Habash, fondatore del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp) è morto ad Amman, dove viveva da alcuni anni. Aveva 81 anni. Habash era nato 1926 a Lydda (l'attuale città israeliana di Lod) in una famiglia di mercanti di religione greco-ortodossa. Era un medico e aveva preso come nome di battaglia "Al Hakim", che significa "il dottore", ma anche "il saggio". Aveva creato nel 1967 l'Fplp, che fu per anni uno dei punti di riferimento delle organizzazioni radicali palestinesi. La sua fazione si era sempre rifiutata di riconoscere lo Stato di Israele. Nel 1992 era stato colpito da ictus nel suo esilio di Tunisi e da allora si era ritirato dall'attività politica. Successivamente si era stabilito in Giordania.

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RESPINTA LA MEDIAZIONE DI MUBARAK RESTA APERTA LA FRONTIERA CON L'EGITTO (sezione: Israele/Palestina)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 27-01-2008)

Respinta la mediazione di Mubarak Resta aperta la frontiera con l'Egitto MICHELE GIORGIO Gerusalemme. La frontiera tra Gaza e l'Egitto rimarrà aperta sino a quando i palestinesi avranno bisogno di rifornirsi. Lo assicurano le autorità del Cairo che tuttavia cercano una via d'uscita alla crisi esplosa lungo il confine e sono perciò tornate ad offrire una mediazione tra Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, e il movimento islamico Hamas. Offerta rispedita subito al mittente. Abu Mazen ha denunciato come "un crimine" la presa del potere, lo scorso giugno, a Gaza da parte di Hamas e ha messo in chiaro che non dialogherà con gli islamisti. Il rais palestinese non ha fatto alcun riferimento all'incontro al Cairo tra rappresentanti di Fatah e Hamas proposto dall'Egitto, ma le sue parole sono state ugualmente chiare. Il movimento islamico sperava di potersi sedere ad un tavolo di trattative su una riapertura concordata del valico di Rafah e, quindi, di cogliere un riconoscimento politico di sicuro rilievo. Abu Mazen è intenzionato a impedire che ciò accada e nell'entourage del presidente non nascondono il disappunto per le aperture fatte dagli egiziani ad Hamas. Abu Mazen, ha spiegato uno dei suoi più stretti collaboratori, non vuole cambiare le carte in tavola e chiede il rispetto dell'accordo raggiunto nel novembre 2005 che prevede la gestione del valico di Rafah con l'Egitto affidata solo alle forze di sicurezza dell'Anp, con la supervisione degli osservatori dell'Unione europea (attualmente sotto il comando del generale dei carabinieri Pietro Pistolese). E allo scopo evidente di aggirare l'iniziativa egiziana, il presidente dell'Anp solleverà la questione della frontiera di Rafah e di tutti i valichi durante i colloqui che avrà oggi a Gerusalemme col premier israeliano Ehud Olmert con il quale intende verificare la partnership stabilita alla conferenza di Annapolis dello scorso novembre. In anticipo sui colloqui di oggi il presidente palestinese ha esortato i gruppi armati a Gaza a cessare i tiri di razzi Qassam su Israele e lanciato nuove accuse agli islamisti. "Hamas - ha detto - ha commesso un crimine a Gaza...a tutti coloro che lanciano i razzi diciamo: fermatevi, non date a Israele un pretesto per mostrarsi al mondo come vittima". Intanto a Rafah regna la confusione. La frontiera è rimasta aperta anche ieri, per il quarto giorno consecutivo, e il passaggio sta consentendo a centinaia di migliaia di palestinesi di attraversare il valico e recarsi senza alcun controllo in Egitto. Ieri per qualche ora è entrato in funzione anche un servizio di taxi che collegava - per la prima volta - Gaza alla città egiziana di al-Arish al prezzo di 40 shekel (circa sette euro). Il passaggio delle auto è stato a un certo punto della giornata interrotto dalle forze di sicurezza egiziane, ma quello dei pedoni è andato avanti normalmente e con esso il flusso di merci dall'Egitto verso Gaza. Anche numerosi egiziani hanno compiuto il tragitto inverso, alcuni per vendere le loro merci, altri per curiosità. Dall'altra parte di Gaza, al valico di Erez con Israele, ieri almeno 2000 pacifisti hanno manifestato in segno di solidarietà con il popolo palestinese giungendo da diverse città israeliane. Un lungo corteo di autobus e macchine ha scortato alcuni camion carichi di generi di prima necessità destinati agli abitanti della Striscia.

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