CENACOLO
DEI COGITANTI |
E intanto parte il grande
assalto al Re Dollaro ( da "Stampa, La" del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: governo di Pechino ai
propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi
comuni, e la progressiva apertura dei mercati finanziari interni agli operatori
stranieri, porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel
2012, secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a
25 tra le maggiori società di gestione mondiali.
La settimana scorsa, in Russia,
i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti per la prima volt... (
da "Stampa, La"
del 22-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: governo di Pechino ai
propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi
comuni, e la progressiva apertura dei mercati finanziari interni agli operatori
stranieri, porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari
nel 2012, secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi
web a 25 tra le maggiori società di gestione mondiali.
mutui, corsa al tasso variabile
le famiglie tornano a rischiare - rosa serrano (
da "Repubblica, La"
del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: ciclo espansivo del
mercato immobiliare e la crisi finanziaria ? spiega Giuseppe Piano Mortari,
direttore operativo di Assofin ? ha fatto emergere una maggiore prudenza sia
nella domanda di mutui, sia nella disponibiltà delle banche a concederli. Si
sono ridotti gli importi e le durate medie dei finanziamenti, ma anche le
operazioni che coprono oltre l´80 per cento del valore dell´
Cina e Stati Uniti ora tocca a
voi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la seconda
probabilmente produrrebbe disastri nei mercati finanziari. Per una ripresa
sostenuta la spesa interna deve scendere negli Stati Uniti e salire in Cina e
in gran parte del resto del mondo, congiuntamente ad aggiustamenti dei tassi di
cambio. La cooperazione globale ha giocato un ruolo cruciale lo scorso anno per
evitare una crisi peggiore.
L'Europa è stanca, viva
l'Europa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: armonizzazione dei
sistemi fiscali e una comune politica finanziaria affinché l'Unione Europea
possa esigere un nuovo e credibile ordinamento dei mercati finanziari
internazionali. è stata anche espressa la volontà d'influenzare in futuro la
composizione e la politica della Commissione europea e di esigere referendum
popolari sulle questioni europee.
Evitare vuoti regolamentari tra
la riforma Usa e quella Ue ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: lanciando un vasto
programma di educazione finanziaria. I consumatori sono alla mercè di chi offre
prodotti finanziari. Il lato della domanda sul mercato dei titoli è stato
troppo trascurato. Basta ricordare che cosa è successo a chi ha investito nei
titoli di Stato dell'Argentina: il sistema italiano non ha protetto i
risparmiatori che non potevano valutare la rischiosità di quei bond.
Massiah (Ubi): La sfida è la
qualità del credito ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: Fattori bilanciatiin
parte da un andamento più favorevole dei mercati finanziari rispetto al 2008 e
dagli interventi sui costi. Nel nostro caso, in particolare si raccolgono anche
i risultati delle sinergie del processo di fusione» osserva Massiah, secondo il
quale comunque «la vera grande scommessa per le banche è quella delle qualità
del credito ».
Quell'annuncio è una missione (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: Lo sfondo dei mutati
paradigmi economico-finanziari nella grande crisi, che condiziona questi ultimi
tempi, non solo ne ha ritardato la conclusione ma ha anche offerto al pontefice
di rispondere al dovere spirituale di "parlare" sul fronte franoso di
equilibri teorici e pratici ritenuti non più praticabili.
Fotovoltaico sulla via del
consolidamento ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: Sorgenia Solar
«Fotovoltaico sulla via del consolidamento» «La crisi finanziaria favorirà la
razionalizzazione del business fotovoltaico », dice Umberto Catani,
amministratore delegato di Sorgenia Solar (gruppo Sorgenia). «L'incentivazione
spiega - ha fatto nascere molte iniziative locali, che però non hanno gambe.
Questione terza Italia (
da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)"
del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: Tuttavia, la crisi
finanziaria globale si è verificata nello stesso tempo e in tutti i paesi in
modo trasversale, annullando un tempo utile al nostro sistema produttivo per
cercare nuovi mercati alternativi. Accelerando spasmodicamente il tempo
richiesto per adeguarsi ai nuovi scenari.
Roma calcio il rebus irrisolto (
da "Corriere della Sera"
del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: privata però della
parte di patrimonio su cui dovrebbe basarsi la solidità finanziaria della
società. Chi fa dunque parte della misteriosa cordata? Qualche costruttore? I
tifosi aspettano risposte. E la Consob, la Commissione di vigilanza sui mercati
finanziari, continua a seguire gli sviluppi della vicenda. Vinicio Fioranelli
Rosella Sensi
Il ritorno di Steve Jobs in
trionfo il nuovo iPhone ( da "Repubblica.it" del 22-06-2009)
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Crisi
Abstract: sempre nella nota
diffusa lo scorso gennaio, per la fine di giugno. OAS_RICH('Middle'); I mercati
finanziari sembrano però ancora increduli. L'effetto combinato del ritorno di
Jobs e del nuovo iPhone non ha avuto riscontro positivo a Wall Street, dove il
titolo Apple ha perso terreno. (22 giugno 2009
borse giù, milano maglia nera:
-4% trichet: rischi di inaspettate turbolenze - elena polidori (
da "Repubblica, La"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: Ci sono ancora rischi
di una improvvisa emergenza per una inaspettata turbolenza sui mercati
finanziari». Ovunque grava il timore della recessione, riacceso dalla World
Bank che corregge al 2,9% il calo del Pil mondiale 2009 e pronostica un ribasso
dell´1,6% nei paesi in via di sviluppo esclusi Cina e India: tutti i dati sono
inferiori alle attese.
crisi, liguria a doppia
velocità la produzione tiene, il commercio ko - raffaele niri (
da "Repubblica, La"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: La morsa della
recessione che partita dai mercati finanziari è arrivata all´economia reale,
colpendo allo stomaco imprese e famiglie, non stringe ovunque con la stessa
forza. In alcune regioni - Toscana e Marche, soprattutto, ma anche Lombardia -
si sente più che in Valle d´Aosta, Liguria e Basilicata) anche se tra i primi
in classifica e gli ultimi non esistono distanze abissali»
"mai il burqa in
francia" sarkozy sfida l'islam - giampiero martinotti (
da "Repubblica, La"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: mesi di tempo per
studiare i settori in cui si dovrà investire e poi farà ricorso ai
risparmiatori e ai mercati finanziari. Per il resto, Sarkozy ha promesso un
nuovo negoziato sulle pensioni, l´introduzione progressiva della tassa sul Co2,
la riforma per snellire gli enti locali. Il presidente ha anche detto la sua
sul burqa: «Non è il benvenuto sul territorio della Repubblica.
Bce: Shock imprevisti possono
frenare il rilancio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: © RIPRODUZIONE
RISERVATA Apagina 31 Il protezionismo preoccupa l'establishment tedesco
GERMANIA Dall'economia tedesca stanno arrivando segnali di stabilizzazione con
la fiducia delle imprese ai massimi da novembre Prudente. Jean-Claude Trichet
AFP
Emergenti a secco di capitali (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: dovuta anche alla
massiccia ristrutturazione dei sistemi bancari nei paesi avanzati e
all'instabilità dei mercati finanziari, può ostacolare seriamente il rilancio.
«Il crollo dei flussi - dice l'economista della Banca mondiale, Mick Riordan,
uno degli autori del rapporto - è stato pesante soprattutto nell'ultimo
trimestre 2008, dopo il fallimento di Lehman.
Tremila operai a sostegno dello
sciopero di Lindsey ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: ordine che ammantò di
protezionismo l'operato delle Trade Unions. Questa volta il quadro è
differente, ma forse più preoccupante. Quella che di fatto è messa in
discussione è la norma dello sciopero in segno di solidarietà, uno dei passaggi
cruciali delle riforme realizzate da Margaret Thatcher per contenere lo
strapotere dei sindacati.
Siemens Italia investe nel
solare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: Sullo sfondo della
peggior crisi finanziaria degli ultimi decenni, queste misure ammortizzano
almeno parzialmente il brusco declino nella domanda da parte del settore
privato». Analizzando i programmi di stimolo economico avviati dai diversi
Paesi, la quota più significativa accessibile a Siemens è quella generata dagli
Stati Uniti per un totale di 85 miliardi di euro,
All'esame del goveno l'albo dei
consulenti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: 24 Ore sezione: FINANZA
E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 41 autore: Regole. Ricadute della Mifid
All'esame del goveno l'albo dei consulenti Stefano Elli Alla terza proroga e a
un anno dall'entratain vigore della Mifid, la direttiva comunitaria sui mercati
finanziari, potrebbe finalmente partire l'albo dei consulenti finanziari.
Porsche a caccia di fondi (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: settore è stata
innescata dalla crisi finanziaria, la qualità delle auto made in Usa migliora
paradossalmente proprio nell'anno in cui due costruttori su tre sono falliti.
Secondo il rapporto annuale della società di consulenza J.D. Power, Detroit è
riuscita a migliorare la qualità iniziale dei veicoli del 10%nel 2009
nonostante l'impatto delle difficoltà economiche e della recessione:
Maxi-prestito per la Francia (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: è quella di «un grande
prestito di stato presso i risparmiatori o presso i mercati finanziari» per
alimentare la crescita di domani: infrastrutture, scuola, università, ricerca,
riconversione ecologica dell'economia per ridurre le emissioni di CO2 e
combattere i cambiamenti climatici. Insomma, del nuovo debito per una nobile
causa.
Berlino darà battaglia sul
protezionismo al G-8 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: ANALISI Berlino darà
battaglia sul protezionismo al G-8 di Beda Romano C resce in Germania il timore
di un'ondata di protezionismo a livello mondiale, complice la crisi economica.
L'establishment politico dà battaglia su un tema che preoccupa non poco il
primo esportatore al mondo, e che certo non può lasciare indifferente gli altri
paesi leader sui mercati internazionali,
Affonda l'industria, le borse
traballano, si invocano riforme ( da "Manifesto, Il" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: sussiste il rischio di
una inaspettata turbolenza sui mercati finanziari» - sarebbe stato forse più
onesto dire «ci aspettiamo una nuova turbolenza», no? -, ha trovato il tempo di
dare indicazioni ai governi continentali: fare la «riforma delle pensioni».
Naturalmente per «dare una prospettiva ai nostri figli e ai nostri nipoti e
avere un bilancio ragionevole e un deficit ragionevole»
Trichet avverte i mercati:
ancora rischi Tonfo delle Borse, Milano cede il 4,1% (
da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: ha aggiunto l'esponente
italiano del board Bce, «nella pratica, le istituzioni e i mercati finanziari
nazionali competono tra loro». Mentre «quello che serve è un set di regole
comuni e un quadro chiaro per risolvere le controversie tra autorità nazionali,
soprattutto per quel che riguarda i gruppi finanziari transfrontalieri».
Presente nero, futuro incerto (
da "Manifesto, Il"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: La crisi finanziaria ha
inoltre assestato un duro colpo ai flussi di capitale, provocando un notevole
calo degli investimenti nei paesi emergenti. Per i paesi più poveri, che fanno
affidamento su rimesse dei migranti e aiuti esteri, aumenta il rischio-fame.
Generali, le mosse dei soci
francesi e la scadenza di Bernheim (
da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: ed è probabile tengano
conto della buona tenuta dimostrata dal gruppo nella crisi finanziaria. Prima
dell'assemblea Generali è in ogni caso atteso un altro appuntamento: il rinnovo
del patto Mediobanca, che scade a dicembre con eventuali disdette entro settembre.
Lo stesso Bolloré sembra essersi speso di recente a nome di gran parte dei soci
dicendo: «Penso che resteranno tutti».
Dissensi nel board, giù British
Airways ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/1 Dissensi nel board,
giù British Airways Sotto pressione ieri alla Borsa di Londra British Airways
(-8,74%), che ha chiuso a 124,48 pence, il minimo della seduta. Tra le cause
della frenata le dichiarazioni di Richard Branson, proprietario di Virgin,
No a Xstrata, corre Anglo
American ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/2 No a Xstrata, corre
Anglo American Il gruppo minerario Anglo American ha respinto al mittente
l'offerta di fusione avanzata dalla rivale Xstrata. Anglo- American, in una
nota, ha definito «inaccettabili» i termini dell'operazione proposta dalla
compagnia svizzera,
<Q (
da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
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Crisi
Abstract: Sunstein per
interpretare la crisi del sistema finanziario e che si è portato Sunstein alla
Casa Bianca come «zar delle regole»: il supervisore dei processi di riforma,
soprattutto su energia e ambiente. Anche se hanno conquistato il Nobel nel 2002
con Daniel Kahneman (seguace di Thaler), gli economisti comportamentali in
passato non sono stati presi molto sul serio da quelli classici,
Amianto, nove fanno causa agli
ex dirigenti Michelin ( da "Stampa, La" del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: azienda sta
attraversando una profonda crisi finanziaria e gli operai sono in cassa
integrazione. «L'incontro in Regione - dicono Ugo Brunetto, Cisl e Mimmo
Formicola, Cgil - previsto il 30 giugno è stato anticipato a venerdì». Domani
alle 13 nuovo picchetto. \[FIRMA]BARBARA MORRA CUNEO In cinque sono morti e
quattro stanno lottando contro il cancro.
pensioni, in dieci anni +23% di
spesa - barbara ardu ( da "Repubblica, La" del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: positivi che hanno
contenuto la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari: oltre alla
gestione del debito da parte del Tesoro, la stabilità del sistema bancario e il
basso indebitamento delle famiglie. Ma la promozione non cambia i numeri: il
debito pubblico, avverte Bruxelles, potrebbe schizzare fino al 116,1 per cento
del Pil nel 2010, mettendo a rischio la crescita.
la crisi ferma l'impresa
lombardia - giorgio lonardi ( da "Repubblica, La" del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: metà di marzo le
tensioni sui mercati finanziari si sono allentate ma è ancora presto per dire
quando usciremo dalla crisi». Poi aggiunge: «Ci sono segnali incoraggianti che
la fase più acuta della recessione abbia iniziato ad affievolirsi. Adesso lo
snodo fondamentale è evitare che la crisi di fiducia si trasferisca sui
consumatori e si avviti in una riduzione dei consumi interni»
Il mondo ritorna a correre l'Italia
non si fermi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: minato il cosiddetto
principio della capacità di autoregolamentazione dei mercati finanziari. Ma
questa affermazione rivela una conoscenza superficiale della moderna teoria
economica. Come ha ricordato Roberto Perotti (Il Sole 24 Ore del 27 maggio), la
fiducia nella capacità di autoregolamentazione dei mercati finanziari
appartiene all'ideologia politica, non alla dottrina economica.
Pensioni troppo care (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: impatto della crisi
finanziaria sui fondi pensione,i cui investimenti l'anno scorso hanno perso il
23% del loro valore; una svalutazione complessiva di 5.400 miliardi di dollari.
Intanto la Commissione europea apprezza l'azione anti-crisi messa in campo dal
governo italiano ma nel suo rapporto finale sui conti pubblici torna a parlare
di allarme debito.
Sanzioni ai paradisi fiscali (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: crisi. Svizzera,
Austria e Lussemburgo accettano l'intesa promossa da Parigi e Berlino Sanzioni
ai paradisi fiscali Paesi Ocse autorizzati ad adottare misure di ritorsione ad
hoc Vittorio Da Rold «Non c'è niente di meglio di una crisi finanziaria per
minare il senso di superiorità dei grandi paesi e costringerli a fare la lotta
ai paradisi fiscali,
Usa e Ue accusano Pechino alla
Wto ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il Sole-24 Ore sezione:
MONDO data: 2009-06-24 - pag: 11 autore: Protezionismo. Presentata una
richiesta congiunta di consultazioni formali, la prima sotto l'amministrazione
Obama Usa e Ue accusano Pechino alla Wto Alla Cina si contesta di frenare
l'export di materie prime con quote e dazi Enrico Brivio BRUXELLES.
Erbacce tra i germogli della
ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: potrebbero non riuscire
a evitare una grave crisi finanziaria, nonostante il consistente supporto del
Fmi. Per concludere, ridurre gli squilibri globali implicherà che nella
bilancia dei pagamenti i deficit delle economie spendaccione (gli Stati Uniti e
gli altri paesi anglosassoni) restringeranno i surplus dei paesi super
risparmiatori (la Cina e gli altri mercati emergenti,
Fiat prepara emissione da un
miliardo di euro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma le condizioni sul
mercato sono drasticamente cambiate dopo la crisi finanziaria seguita al crack
Lehman). Il sindacato di collocamento dell'emissione obbligazionaria in
cantiere dovrebbe comprendere le banche che già quattro mesi fa hanno sostenuto
il Lingotto con un prestito da un miliardo, ovvero Intesa Sanpaolo, UniCredit e
Calyon, e forse un'altra banca estera.
La finanza torna all'aratro:
hedge a caccia di terreni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi economica e il
crollo dei mercati finanziari hanno tuttavia attirato nella stessa arena un
numero crescente di hedge funds, alla ricerca di nuovi asset capaci di generare
un ritorno anche in tempi di recessione: investitori in questo caso interessati
non tanto al raccolto, quanto alla raccolta.
In attesa della Fed l'euro si
rafforza sul dollaro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Verso la chiusura,
anche il buon andamento dei mercati finanziari ha contribuito a risollevare le
quotazioni dell'euro. La moneta è passata di mano per 1,3993 dollari e si è
rafforzata anche sullo yen, a 133,42. A 95,35 invece il cambio dollaro/ yen.
Potanin punta a entrare in
Norilsk ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: con l'inizio della
crisi finanziaria. Per non perdere Norilsk Nickel, in autunno Deripaska riuscì
a ottenere il primo intervento del Cremlino in soccorso degli oligarchi, un
prestito di 4,5 miliardi, e ora quel 25% è parcheggiato alla Veb, una delle
grandi banche di stato che hanno gestito gli aiuti.
La "rivoluzione
solare" parte da PV Rome Mediterranean 2009 (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Anche se il settore
solare non è stato risparmiato dalla stretta creditizia provocata dalla crisi
finanziaria globale, si conferma da più parti che i fattori fondamentali del
fotovoltaico rimangono intatti, come è provato dalla riduzione del prezzo dei moduli
(dal 10 al 20% solo nell'ultimo anno). Coniugare il know how della ?fascia
tecnologica europea' con il potenziale della ?
Un rischio per tutti: il
ritorno degli eccessi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ed è probabile che ciò
avvenga prima che la capacità inutilizzata sia riassorbita: i tempi di reazione
dei mercati finanziari sono sempre più rapidi di quelli dell'economia reale. Il
corollario di questo ragionamento è che dobbiamo aspettarci un'accentuata
volatilità dei prezzi delle attività finanziarie. Le bolle e gli eccessi
speculativi non finiranno con questa crisi.
Marcegaglia: meno tasse su
aziende e lavoro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ci sono ancora rischi
di un protezionismo strisciante. è cruciale, quindi, che il Governo inserisca
nel decreto sulla manovra d'estate alcune misure su cui la presidente di
Confindustria sta insistendo. Prima di tutto, come ha ripetuto ieri, la
detassazione degli utili reinvestiti, un volano importante per quelle aziende
che decidono di continuare ad investire.
In Italia alle pensioni il 29%
del budget ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi, infatti,
«amplifica ed evidenzia i problemi strutturali di lungo termine già pesenti che
molti sistemi pensionistici devono affrontare per l'invecchiamento della
popolazione». La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime Usa ha colpito
duro i fondi pensione privati nei paesi dell'area Ocse: l'impatto però è stato
diverso nei singoli paesi,
Ue: il debito zavorra per la
ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sono riusciti a
contenere la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari e a rendere
meno fosco il quadro. è la situazione di bilancio italiana in tempi di crisi,
come dipinta dal rapporto sulle finanze pubbliche 2009 pubblicato ieri dalla
Commissione Ue. In acque difficili, permangono elementi di debolezza
strutturale.
Mettere il 'mattone' nel
Portafoglio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dimostrare la sua
validità anche attraverso i momenti più perturbati dei mercati finanziari. In
diversi Paesi europei, e in Italia in particolare, dove si sono evitati gli
eccessi speculativi e le spericolate operazioni di debito proprie soprattutto
del cosiddetto ?modello anglosassone', il periodo di inusuale recessione
economica ha provocato solo marginali correzioni dei valori,
Investire oltre la crisi:
diversificazione immobiliare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Investendo non solo nei
mercati finanziari ma anche in beni reali, come immobili e aziende, che
risultano poco esposti e vincolati all'andamento e agli strappi
dell'inflazione. Primi tra tutti i beni immobiliari, che se sono di qualità
offrono rendimenti interessanti, soffrono meno per le difficoltà dei mercati
finanziari, e non si svalutano nel tempo.
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma ora pensiamo al bene
comune» ROMA Crisi di valori, crisi economica e crisi culturale. Diciassette
politici cattolici, insieme lanciano un appello: «Torniamo al bene comune».
Sono cinque del Pd (Baio Dossi, Paola Binetti, Luigi Bobba, Marco Calgaro,
Claudio Gustavino), sei Udc (Carlo Casini, Rocco Buttiglione, Luisa Santolini,
Luca Volonté,
Europa e Usa contro Pechino:
protezionismo sulle materie prime (
da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
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Crisi
Abstract: protezionismo sulle
materie prime DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES «Pechino bara»: potrebbe
stare in queste due parole, la denuncia fatta ieri da Unione Europea e Stati
Uniti. I due colossi accusano ufficialmente il terzo, cioè la Cina, di
stravolgere le regole del libero mercato con le restrizioni che impone
all'esportazione di sue materie prime strategiche,
L'intesa Nokia-Intel affossa
StM ( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 Il caso a
Milano L'intesa Nokia-Intel affossa StM (fa.chi.) L'accordo tra Nokia e Intel e
le voci sulla cessione della quota di Areva fanno male a StMicrolectronics, che
ha registrato la peggiore performance fra i titoli del Ftse-Mib chiudendo in
calo del 4,
Il piano Olofsson rilancia
Carrefour ( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 Il caso a
Parigi Il piano Olofsson rilancia Carrefour (g.fer.) Piace al mercato il piano
di rilancio che Lars Olofsson, nominato all'inizio dell'anno direttore generale
di Carrefour al posto di José-Luis Duran, ha presentato ieri a Parigi.
Indici in calo, corre Campari (
da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari
Indici in calo, corre Campari Luxottica Il titolo, inserito nella lista dei
preferiti di Bank of America, rimbalza del 3,95% In linea con l'andamento delle
altre Borse europee, dove ha dominato la volatilità, a Piazza Affari l'indice
Ftse-
Super ricchi, scomparsi due su
dieci ( da "Stampa, La" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che paga la crisi
finanziaria e immobiliare. Guadagna posizioni il Brasile, cala la Russia,
crolla Hong Kong e soffre l'India, «segno che chi è cresciuto più velocemente,
cade con altrettanta rapidità», spiegano gli esperti. Ovunque pesano fattori
simili: la Borsa che ha dimezzato le capitalizzazioni - e dunque i portafogli
di chi si era buttato sulle azioni -
La Fed del presidente Ben
Bernanke ha deciso di lasciare i tassi di sconto Usa invariati fra 0 e 0,25%.
Secondo la banca centrale, il passo della contrazione economica sta rallenta (
da "Stampa, La"
del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Secondo la banca
centrale, «il passo della contrazione economica sta rallentando e le condizioni
dei mercati finanziari sono generalmente migliorate negli ultimi mesi».
Inoltre, i consumi delle famiglie «hanno mostrato ulteriori segni di
stabilizzazione»
le nuove regole per incarichi
professionali - nicola pagliara ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Draghi e agli esperti
il compito di esplorare quali vie possano essere le migliori per regolare
l´andamento dei mercati finanziari. Ma per quanto riguarda il mondo del lavoro
professionale, mi posso permettere di intervenire con una certa competenza, frutto
di cinquant´anni di attività. La nostra professione (ma non è la sola) sta
attraversando un periodo nero come neppure nel ?
coccia: "tirrenia privata
in due mosse" - massimo minella (
da "Repubblica, La"
del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Prima della crisi
finanziaria avevamo già istituito un tavolo di confronto con il mondo bancario.
Ma forse non era sufficiente. Così, abbiamo deciso di andare in onda». In che
senso? «Abbiamo fatto un accordo con un canale satellitare per una serie di
programmi tematici per mettere a confronto armamento e finanza».
mutui, è il momento del tasso
variabile e se l'euribor sale c'è la rata protetta - rosa serrano (
da "Repubblica, La"
del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: L´improvvisa crisi
finanziaria ha "miracolato" i mutuatari a tasso
"ondeggiante". Ora l´Euribor a 1 mese/365 è addirittura sotto la
soglia dell´1% fissata dalla Bce e con un differenziale di ben tre punti
rispetto all´Irs (il parametro che viene utilizzato per indicizzare i mutui a
tasso fisso).
Intesa a Roma per il credito al
commercio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: pressoché bloccato
dalla crisi finanziaria. Per la prima volta, però, le operazioni saranno legate
a transazioni commerciali di medio-lungo periodo. La tipologia di
finanziamento, secondo fonti di Unicredit, sarà focalizzata su alcune aree di
particolare interesse per l'industria italiana, come la fornitura di macchinari
e impianti e la realizzazione di infrastrutture.
Più regole globali per la
ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sta ora causando una
catena di nuove tensioni e di crisi: crisi finanziaria; crisi alimentare. Sono
crisi che hanno causa globale, ma impatto locale»). Sconcerto, perché nel
giugno del 2008 non era ancora d'uso parlare dicrisi.L'impatto della crisi è
arrivato in autunno, ed è stato tanto sul resto del mondo, quanto sull'Italia.
L'Europa è un tabù per le
banche cinesi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Quali sono stati gli
effetti della crisi per il comparto finanziario in Cina? Le banche cinesi non
avevano forti esposizioni sul mercato dei derivati e quindi l'impatto della
crisi finanziaria è stato minore. Hanno subito indirettamente, invece, gli effetti
della crisi economica, ma il governo cinese ha varato stimoli per il settore
infrastrutture,
L'Fsa richiama i banchieri
inglesi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dibattito sulle regole dei
mercati finanziari e soprattutto su chi le deve applicare Adair Turner è stato
esplicito: «Ci sono segni che molti attori del mondo bancario si stiano
dimenticando la lezione della più grande crisi finanziaria nella storia del
capitalismo creata da un approccio fondamentalmente sbagliato che ha radici
nella convinzione che il mercato si regoli da solo»
I nuovi controlli finanziari. (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che tiene conto delle
responsabilità in materia di stabilità finanziaria, di controllo del rischio
sistemico e della funzione che le stesse hanno svolto nella gestione della
crisi». Per il vicedirettore generale della Banca d'Italia, le banche centrali
hanno conoscenze sul funzionamento dei mercati finanziari che «provengono
dall'esercizio della politica monetaria.
Passerella italiana nella City
di Londra ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 24 Ore sezione: PRIMO
PIANO data: 2009-06-25 - pag: 8 autore: Mercati finanziari. Quattordici blue
chip incontrano gli investitori Passerella italiana nella City di Londra LONDRA
Quattordici imprese quotate nel settore blue chip di Borsa italiana hanno concluso
ieri la due giorni di road show londinese con decine di investitori.
Brillano Mediolanum e Tenaris (
da "Corriere della Sera"
del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 La Giornata in
Borsa di Giacomo Ferrari Brillano Mediolanum e Tenaris Positive ieri tutte le
Borse, sostenute dall'avvio positivo di Wall Street, spinta dal balzo degli
ordini di beni durevoli negli Usa.
Le commesse estere spingono
Saipem ( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 Il caso a
Milano Le commesse estere spingono Saipem (g.fer.) Nonostante la frenata del
prezzo del greggio, a Piazza Affari i titoli petroliferi quotati a Piazza
Affari hanno chiuso ieri in progresso, in linea con il resto del listino.
Qatar punta su Volkswagen, il
titolo vola ( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Francoforte Qatar punta su
Volkswagen, il titolo vola (g.fer.) Balzo dell'11,71% ieri alla Borsa di
Francoforte per Volkswagen, che ha chiuso sui massimi della seduta a 250,5
euro. In una giornata già positiva per il comparto auto in Europa, a far volare
il titolo della società di Wolfsburg è stata l'
"distratti da al qaeda e
derubati da wall street" napoleoni discute di crisi e terrorismo con
delbono ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la Napoleoni riprende e
sviluppa alcune tesi presentate nei libri precendenti per dare una nuova chiave
di lettura della crisi finanziaria. "Distratti da Al Qaeda e derubati da
Wall Strett" (questo il sottotitolo del libro), l´autrice spiega come la
politica economica perseguita da Bush per sostenere la guerra contro il
terrorismo abbia gonfiato a dismisura la bolla finanziaria.
usa, tassi fermi con mercati
migliori maxi-iniezione di liquidità dalla bce - vittoria puledda (
da "Repubblica, La"
del 25-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le condizioni sui
mercati finanziari sono generalmente migliorate» e che la contrazione dell´economia
sta rallentando, insieme alla previsione di un´inflazione che non dà segnali di
pericolo. Però, e probabilmente su questa seconda parte del messaggio si sono
concentrati gli operatori, è anche previsto che l´economia «resterà debole
ancora per qualche tempo»
tagli dal governo e crisi sulle
entrate la moratti chiude le spese agli assessori - alessia gallione (
da "Repubblica, La"
del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La prima è proprio: «Il
riconoscimento di congrui trasferimenti erariali a fronte della riduzione
dell´Ici». La seconda: «L´andamento economico generale a seguito della crisi
finanziaria del 2008, che incide indirettamente sulle entrate del Comune».
Ovvero: mercato edilizio e della pubblicità. Quale sarà il saldo a fine anno?
reddito procapite, madrid resta
avanti - vittoria puledda ( da "Repubblica, La" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a quota 140 nonostante
i problemi evidenziati durante la crisi finanziaria e nonostante proprio ieri
il Fondo monetario internazionale abbia paventato che nel 2010 il sistema
bancario di Dublino potrebbe andare incontro a perdite fino a 35 miliardi di euro.
Sotto l´Italia, tra i paesi di Eurolandia ci sono Grecia, Slovenia, Slovacchia,
Portogallo, Cipro e Malta.
Senza Wto non c'è crescita (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il protezionismo,
richiesto anche dall'opinione pubblica, è in ascesa e rappresenta una minaccia
seria. Le nuove misure protezioniste decise dalla Cina segnalano quanto sarebbe
pericoloso asternersi dall'intervenire. C'è stato un declino sostanziale del
sostegno politico alla globalizzazione.
Il ritornello stonato dei
mercati efficienti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: i mercati finanziari
sono caratterizzati da una memoria cortissima, «sono pochi i campi
dell'attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della
finanza». L'autore è analista della Société Générale Traduzione di Sylvie
Coyaud DUBBI E PROSPETTIVE Le bolle, la valutazione dei gestori, i risultati
nel breve periodo:
LEZIONI PER IL FUTURO (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: università Bocconi e d
editorialista del Sole 24 Ore Guido Tabellini ha ospitato gli interventi di
economisti, giornalisti politicie intellettuali. Il filo comune: trovare uan
nuova via per riformare i mercati finanziari e/o i comportamenti degli operatori.
Lo stesso Tabellini ha concluso il dibattito martedì scorso.
www.ilsole24ore.com Tutti gli articoli del dibattito
Riciclaggio e scalate sotto il
tiro della Gdf ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 235esimo anniversario
Riciclaggio e scalate sotto il tiro della Gdf MILANO Indagini su trasparenza
dei mercati finanziari e di Borsa per «indebite» scalate bancarie. Evasioni
fiscali di una grossa società di telecomunicazioni su redditi per8 miliardi
(oltre a 53 milioni di Iva non pagata). Frodi alimentari nel settore
lattiero-caseario (339 tonnellate di prodotti avariati o scaduti).
Dottori commercialisti a quota
50mila ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: gestioni patrimoniali
determinate dalla crisi finanziaria, la Cassa è corsa ai ripari. Circa 190
milioni vanno a integrare il fondo oscillazioni titoli. Durante l'assemblea che
ha approvato il bilancio di esercizio 2008 è stato illustrato ai delegati,
oltre ai provvedimenti di carattere assistenziale deliberati dal consiglio di
amministrazione in favore dei commercialisti abruzzesi,
Sui consulenti pesano i titoli
tossici ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: della crisi finanziaria
si materializzano nero su bianco anche sui risultati delle Casse di previdenza
dei professionsti. Ieri,l'assemblea dei delegati dell'Enpacl, l'ente dei
consulenti del lavoro, ha approvato il consuntivo 2008 che ha dovuto fare i
conti con il terremoto finanziario che ha spazzato via «Lehman Brothers »: i
titoli strutturati nel portafoglio della cassa ammontano,
Profumo: le Pmi soffrono ma noi
non c'entriamo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le smanie di
protezionismo, la pericolosità dell'ottica di breve periodo,l'arma spuntata del
Fondo monetario nei confronti delle superpotenze, le cattive regole o la
mancanza di regole o la scarsa applicazione delle stesse. Lorenzo Bini Smaghi,
membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha riaffermato
l'importanza di soluzioni e obiettivi di medio-
L'attività delocalizzata eleva
le professionalità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria,
che ha preso corpo nella seconda metà del 2008 e ha causato una recessione
globale, non sembra avere mutato l'orientamento delle imprese: i rapporti con
l'estero sono sempre più un'opportunità per la crescita dell'azienda, piuttosto
che una mera ricerca di ricavi maggiori sull'unità di output.
Mediobanca, governance in
Bankitalia ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le «due velocità »
dell'istituto guidato da Alberto Nagel nella crisi finanziaria: a fronte delle
svalutazioni dovute alla tempesta sui mercati, Piazzetta Cuccia ha messo a
segno a marzo la migliore performance dei ricavi «core» da attività di banca
d'affari degli ultimi 18 mesi, tornando di fatto ai livelli pre-crisi.
Indici in lieve calo, frena
Pirelli ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa
di Giacomo Ferrari Indici in lieve calo, frena Pirelli StMicroelectronics La
ripresa del comparto hi-tech spinge StM, che cresce del 2,68% Moderata
flessione ieri per le Borse europee dopo il balzo di mercoledì.
Vola Bed Bath dopo la
trimestrale ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 Il caso a New York Vola Bed Bath dopo la
trimestrale (g.fer.) Crescita a sorpresa per i risultati trimestrali di Bed
Bath & Beyond, il colosso Usa dei prodotti per la casa. I dati, comunicati
ieri, hanno riacceso le speranze in un effettivo rallentamento della recessione
e in una ripresa dei consumi.
Eni in
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 Il caso a
Milano Eni in «pole» per il petrolio iracheno (g.fer.) C'è il nome della
compagnia petrolifera che gestirà il giacimento iracheno di Nassiriya, ma il
ministro competente non ha voluto rivelarlo prima dell'approvazione del
Governo.
La Cina ha già ripreso a
correre E il protezionismo non è la risposta (
da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la recessione in Europa
è il risultato diretto della crisi finanziaria, il rallentamento cinese deriva
soprattutto dalle misure adottate nel 2008 per controllare l'inflazione. La
crisi finanziaria non ha quasi toccato la Cina. Quando la stasi è determinata
principalmente da scelte di politica economica del governo, come le restrizioni
creditizie e l'aumento dei tassi di interesse,
La recessione e le riforme a
costo zero ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: quando il mondo uscirà
dalla crisi finanziaria, e non dipende da noi. Quando sarà, comunque, noi
rischiamo di regredire dalla recessione alla depressione. A dirlo non è un
irriducibile catastrofista, ma il più ottimista dei banchieri italiani, Corrado
Passera, che sul Sole 24 ore di domenica individua nel cattivo funzionamento
del sistema istituzionale il principale handicap dell'
Il credito sta migliorando
Ridotti i finanziamenti anticrac ( da "Stampa, La" del 26-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: emergenza varati nel
pieno della crisi finanziaria, alla luce del miglioramento delle condizioni del
credito. La Fed ha annunciato che ridurrà da
"Giudizio positivo, però
bisogna fare ancora di più" ( da "Stampa, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «di perdere un terzo
del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale,
va bene ridisegnare le regole dei mercati finanziari e delle economie, ma
attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri devono tornare a
fare i banchieri, a sostenere l'economia reale».
Il nostro giudizio è
complessivamente positivo, alcune richieste degli imprenditori sono state ... (
da "Stampa, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «di perdere un terzo
del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale,
va bene ridisegnare le regole dei mercati finanziari e delle economie, ma
attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri devono tornare a
fare i banchieri, a sostenere l'economia reale».
Futuro incerto per Neograf e
Rotoflex ( da "Stampa, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le due società sono in
crisi finanziaria a causa, sostengono i dirigenti, della stretta del credito
delle banche, della diminuzione delle commesse e per il ritardo nei pagamenti
da parte di alcuni clienti. «Per quanto riguarda la Rotoflex - dice Giorgio
Ciravegna, della Cisl - secondo la proprietà è imminente la cessione
dell'azienda a una multinazionale olandese.
il lato oscuro dei mercati -
alessandro penati ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Pagina 24 - Economia IL
MERCATO IL LATO OSCURO DEI MERCATI La riforma europea è complessa, farraginosa
e richiederà tempi lunghi ALESSANDRO PENATI L´Unione Europea ha appena varato
la riforma della regolamentazione finanziaria. Una costruzione complessa, farraginosa,
e che richiederà tempi lunghi.
consob, dimissioni di cardia ma
palazzo chigi le respinge - luca iezzi (
da "Repubblica, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Autorità dei mercati
finanziari si trascina da mesi e riguarda l´obbligo di pubblicazione delle
comunicazioni che riguardano la vita delle società quotate e delle compagnie di
gestione del risparmio. La Consob, nel recepire la direttiva europea
"transparency" ha deciso che gli avvisi societari - ad esempio
convocazioni di assemblee,
ALLE ORIGINI DEL DECLINO (
da "Manifesto, Il"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Protezionismo degli
ancora occupati davanti a una crisi che non intendono. Mai, per parafrasare
Guicciardini, la gente italiana è stata così infelice e così cattiva. 6. Se
«sinistra» ha avuto un senso nel XIX e XX secolo era libertà, eguaglianza,
fraternità, declinate nell'eredità della rivoluzione francese.
Dall'Italia alla fragile
economia mondiale ( da "Manifesto, Il" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria e
le regole non scritte» di Marco Onado (Laterza); «Come si esce dalla crisi
finanziaria» di Alberto Berrini (Bollati Boringhieri); «La crisi economica
mondiale. Dieci considerazioni» di Gliulio Sapelli (Bollati Boringhieri).
Iran, il G8
Argomenti:
Crisi
Abstract: dovuto partecipare a
tre giorni di conferenza sulla crisi finanziaria globale, organizzati a New
York dalle Nazioni Unite. Davide Frattini Foto di gruppo Il «ministro degli
Esteri» Ue Javier Solana, il britannico David Miliband, il sottosegretario Usa
William Burns (Hillary Clinton era assente per una frattura al braccio, il
francese Bernard Kouchner, il canadese Lawrence Cannon,
Indici in calo, giù Lottomatica (
da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 La Giornata in
Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo, giù Lottomatica Ancora un ribasso per
le Borse europee, sulle quali ha influito l'avvio negativo di Wall Street. Quanto
a Piazza Affari, nell'ultima seduta della settimana l'indice Ftse-Mib ha ceduto
lo 0,
L'aumento di capitale punisce
Ubs ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 Il caso a
Zurigo L'aumento di capitale punisce Ubs (g.fer.) La perdita annunciata per il
secondo trimestre 2009 e, soprattutto, la richiesta di nuovi capitali al
mercato per farvi fronte, sono le cause della caduta di ieri di Ubs alla Borsa
di Zurigo.
Areva, lo Stato scende e il
titolo frena ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 Il caso a
Parigi Areva, lo Stato scende e il titolo frena (g.fer.) Frenano alla Borsa di
Parigi le azioni di Areva, che in chiusura hanno segnato un calo del 3,51% a
403 euro, dopo aver toccato nel corso della seduta un minimo di 384,72.
A Genova la sfilata del Gay
Pride ( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Alla parata
dell'orgoglio omosessuale di Genova irrompe anche la crisi finanziaria.
Chiedono un lavoro, infatti, alcuni dei transessuali che sfilano al corteo del
Gay Pride. Uno striscione porta la scritta «dateci un lavoro per una vita
dignitosa», un altro «gli italiani ci obbligano a prostituirci, vogliamo un
lavoro diurno».
Scoperti sei nuovi evasori
totali ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: globalizzazione e
tutela della collettività: «La crisi finanziaria internazionale - ha detto - ha
avuto pesanti ripercussioni sulle attività economiche». Un elogio è stato
espresso sulle concrete misure anti crisi varate dal governo valdostano, volte
a sostenere il potere di acquisto e rilanciare la competitività del sistema
produttivo locale.
[FIRMA]STEFANO LEPRI ROMA
Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. &... (
da "Stampa, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: STEFANO LEPRI ROMA
Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. «Abbiamo notato segni di
miglioramento» nell'economia del mondo e in «alcuni» mercati finanziari, ma le
banche non hanno ancora i bilanci a posto, e non appaiono ancora solide abbastanza
per fornire alle imprese tutto il credito che servirà alla ripresa.
"È vero, sbagliamo Ma chi
è capace a fare di meglio?" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a crisi finanziaria
scoppiata, il Fmi nel gennaio 2008 esortò a prendere immediate misure per
evitare che si trasmettesse alla produzione, l'appello cadde nel vuoto. Si
disse che il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, era un
socialista francese incline a riproporre vecchie politiche di sinistra;
"non siamo fuori dalla
crisi l'economia è ancora fragile" - vittoria puledda (
da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: organizzazione che vigila
sui rischi dei mercati finanziari, alla sua prima riunione allargata a 20
componenti. Se si guarda ad alcuni indicatori di mercato, ha ricordato Draghi,
il mondo è più o meno tornato indietro ai livelli precedenti al fallimento
della Lehman Brothers, non a quelli prima della crisi: «Noi dobbiamo fare in
modo che un fallimento come Lehman non possa ripetersi»
nova coop sfida la recessione
crescono soci, utile e fatturato ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: milioni dopo aver
spesato perdite e svalutazioni finanziarie per 53,3 milioni. Un cash flow di
41,7 milioni, costituito quindi quasi esclusivamente da ammortamenti, dimostra
però che la cooperativa ha saputo far fronte alla crisi dei mercati finanziari
e generare risorse. «Il nostro - ha, tra l´altro, spiegato il presidente,
Ernesto Dalle Rive - non è un bilancio di contenimento,
L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA
CHIAVE ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: LA CRISI E LE RIFORME
L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA CHIAVE di MARIO MONTI N ei mesi scorsi ho
espresso apprezzamento al governo, in particolare al ministro Giulio Tremonti,
per la gestione, accorta e sicura, della difficile crisi finanziaria. Ho invece
criticato lo stimolo apportato dallo Stato per contrastare la recessione,
La lobby del carbone frena la
svolta di Barack ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crescendo per le
incertezze sulla riforma della sanità e il varo di un nuovo sistema di
sorveglianza dei mercati finanziari che tiene in piedi la vecchia architettura,
troppo complessa e contraddittoria. Adesso è la volta dell'ambiente, un punto-chiave
del programma di Obama. La distanza tra le promesse elettorali e le dure
necessità economiche e della politica cresce giorno dopo giorno.
Il sole catturato dal deserto
nei piani di Germania e Italia ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che sarebbe maggiore se
non ci fosse stata la crisi finanziaria, la quale, calcola il Politecnico, nel
2009 farà perdere 300 megawatt di potenza installata. Il Vaticano ha messo i
pannelli sulla Sala Nervi con un progetto italotedesco, la Sicilia è
giustamente all'avanguardia e a Noto si dovrebbe realizzare una delle centrali
fotovoltaiche più grandi al mondo,
I conti di Bono:
Argomenti:
Crisi
Abstract: non dovrebbero usare la
crisi finanziaria come una scusa per tagliare l'aiuto allo sviluppo». Il motivo
è la sopravvivenza di decine di migliaia di esseri umani: «Poiché il 70 per
cento del finanziamento della sanità viene dai donatori esterni, come è il caso
di molti paesi dell'Africa, tagliare gli aiuti significa sacrificare vite
umane».
Draghi: segni di miglioramento
ma mercati ancora fragili ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: segni di miglioramento
ma mercati ancora fragili Il governatore: per una «exit strategy» bisogna
aspettare BASILEA Ci sono «segnali di un miglioramento dell'economia mondiale e
di alcuni mercati finanziari», come quello della raccolta, ha affermato il governatore
della Banca d'Italia Mario Draghi, parlando a Basilea, come presidente del
Financial Stability Board (
Shanghai locomotiva delle
Borse, sarà corsa ai titoli del Bric (
da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sarà corsa ai titoli
del Bric La locomotiva dei mercati finanziari oggi parte da Pechino. Un'ideale
classifica delle Nuove economie più interessanti comincia con la Cina, la più
votata dagli esperti perché ha pochi debiti e una capacità di crescita
sostenibile del Pil pari al 6-7% l'anno. Poi prosegue con India e Brasile
(quasi a pari merito), mentre Russia e Paesi dell'
Decisiva la rimonta da quota
1,55 a 1,40 del biglietto verde nel cambio con l'euro (
da "Stampa, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma al contrario hanno
subito il recente rialzo dei tassi di mercato nell'area del dollaro. Sui
mercati finanziari le quotazioni dei titoli di Stato Usa e delle altre
obbligazioni sono calate per il timore dell'inflazione e per un certo ritorno
al rischio degli investitori, che hanno riscoperto le azioni iniziando a
scommettere sulla ripresa delle economie.
[FIRMA]LUCA FORNOVO TORINO Non
troppe azioni, al massimo un 30% privilegiando i titoli dell... (
da "Stampa, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: rendita e mettere al
sicuro i loro risparmi dalle turbolenze dei mercati finanziari, senza però
perdere il treno della ripresa delle Borse. «Questo è il portafoglio tipico che
proponiamo ai nostri clienti facoltosi - spiega Francesco Cosmelli, direttore
centrale Private Banking di Banca Akros - anche se va precisato che le nostre
gestioni patrimoniali sono estremamente personalizzate,
No exit strategy, economia
fragile ( da "Manifesto, Il" del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «segnali di
miglioramento dell'economia mondiale e in alcuni mercati finanziari,
specialmente nel mercato della raccolta». Draghi ha dato il benvenuto alle
diverse iniziative nazionali per incorporare nelle loro norme i i nuovi
principi per regolare gli stipendi dei manager, principi realizzati dall'Fsb.
Draghi: restano fragilità (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: vice ministro
finanziario del Canada); è previsto inoltre un gruppo di lavoro sulla
prevenzione e gestione delle crisi finanziarie cross-border (Paul
Tucker,vicegovernatore della Banca d'Inghilterra). Terminati i dibattiti
dell'Fsb e la riunione del G10,oggi Draghi parteciperà qui a Basilea al cda
della Bri.
Banchieri non sprecate
l'occasione della crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: occasione della crisi
di Franco Locatelli è molto improbabile che il film di Ron Howard ( Angeli e
demoni) o l'omonimo best-seller di Dan Brown ci aiutino a rispondere
all'intrigante domanda che Marco Onado si pone, nel suo recente saggio sulla
crisi finanziaria ( I nodi al pettine), su quale sia la vera natura dei
banchieri.
La Grande fuga dalla finanza (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nonostante la crisi
finanziaria, il credit crunch e la vasta casistica delle controversie che
contrappongono clientela a sistema del credito, sembra che il rapporto tra
utenti e sportello tenga. Lo sostengono due indagini distinte: la prima di
Gfk-Eurisko, società di ricerche e consulenze di mercato, che dal 1987 cura il
rapporto annuale Multifinanziaria.
Perché ci piace lo squalo (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: beauty contest di cui
parlava Keynes con riferimento ai mercati finanziari: il gioco non consiste
nell'esprimere quel che piace a te, quanto piuttosto nell'indovinare ciò che tu
credi piacerà alla maggior parte. I due libri che presentiamo, usciti in edizione
italiana a distanza di un paio di mesi, si prestano idealmente a una lettura
congiunta perché sono in gran parte complementari.
Un rimbalzo pieno di eccessi (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Infine non è detto che
dopo il9 marzo i mercati finanziari abbiano davvero invertito la tendenza e la
schiera dei pessimisti sostiene da mesi che questo rialzo è una delle tante
trappole di una Borsa ancora volta al ribasso.Senza voler dar peso a questa
tesi, va tuttavia osservato che i maggiori indici sono andati oltre il livello
suggerito dalle presenti condizioni economiche.
Un varco ai precari del
pubblico ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ove sussistano
eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le
operazioni derivate in essere. La predetta ristrutturazione, finalizzata
esclusivamente alla salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle posizioni
finanziarie, si svolge con il supporto dell'advisor finanziario previsto
nell'ambito del piano di rientro di cui all'articolo 1,
"Mr. Madoff la condanno a
150 anni" ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uomo che più ha
incarnato l'avidità degli speculatori di Wall Street, a cui l'America imputa la
crisi finanziaria che ha innescato la recessione, resta però il dubbio su come
sia stato possibile gestire tanto a lungo un inganno di tali dimensioni avendo
come unico complice il contabile David Friehling, a sua volta incriminato per
frode.
la diga verde di pechino -
pechino ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a denunciare il protezionismo
occulto che crea una barriera alla vendita dei pc stranieri. La sfida più
audace viene dall´interno. Un gruppo di avvocati cinesi ha osato fare ricorso
in tribunale contro la Diga Verde. Astutamente, la strategia dei legali non
chiama in causa il diritto all´informazione e la libertà di espressione.
amia, arrivano gli stipendi
raccolta in tilt senza straordinari - sara scarafia (
da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Subito un aiuto per
risolvere la crisi finanziaria del Comune" SARA SCARAFIA L´immondiza torna
a soffocare la città. Ieri decine di quartieri si sono svegliati sommersi dai
rifiuti: da Mondello a Borgo Nuovo, dall´Addaura a Passo di Rigano. Ma i
cassonetti erano pieni anche nelle zone più centrali, da via Brigata Verona ai
vicoli del centro storico.
crisi, errani contro il governo (
da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: parlando dell´atteggiamento
da tenere di fronte alla crisi finanziaria. «Quello che mi preoccupa davvero -
ha proseguito rispondendo ai cronisti - è non vedere in questo paese nessun
progetto per uscire da questa crisi. Cioè manca un progetto di una politica
innovativa capace di intraprendere un percorso virtuoso».
"caduta libera finita, ora
lenta ripresa" - vittoria puledda (
da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: della Commissione Ue,
secondo cui «gli indicatori della fiducia e i mercati finanziari hanno
cominciato a trasmettere alcuni primi segnali di miglioramento», ma la
situazione «resta fragile»; sono stati evitati gli errori del passato però la
crisi non è finita e «la pressione» sui conti pubblici «sta aumentando».
lufthansa rilancia su malpensa
ma frena in casa ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: commentava ieri lunedì
la Frankfurter Allgemeine che pure non è sospetta di simpatie per la Spd. Il
partito della cancelliera, nota il più influente quotidiano tedesco, sembra
parlare da un´altra epoca, da prima della crisi finanziaria internazionale, e si
getta da solo in una grave crisi di credibilità. Andrea Tarquini
Un'estate di audacia e le
imprese respirano ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ma è altrettanto vero
che, soprattutto nelle piccole aziende, si sta diffondendo la sensazione di una
sottovalutazione della crisi e dei suoi potenziali effetti. Ormai è abbastanza
chiaro a tutti che il governo teme le "sanzioni" dei mercati
finanziari. Continua u pagina
Entrate in calo di 37 miliardi (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Da Bruxelles la
commissione Ue parla segnali di miglioramento dell'economia europea e di lenta
stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la situazione resta fragile».
Servizi u pagine 5 e 19 Commento u pagina
Etica e regole per l'economia
della globalità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: solo qualche giorno fa
aveva ribadito che «la crisi finanziaria ed economica mostra in modo evidente
come siano da ripensare certi paradigmi economico-finanziari che sono stati
dominanti negli ultimi anni». E oggi c'è chi dice che Benedetto XVI con la sua
prossima enciclica sociale «mostrerà di essere a sinistra della maggior parte
degli americani,
In Eurolandia segni di
miglioramento ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: economia e di lenta
stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la situazione resta fragile e
si dovrebbero ancora verificare grandi deprezzamenti di attivi» nel settore
bancario. Sullo sfondo resta sempre, per ora immutato, lo scenario della
crescita negativa però non c'è dubbio che gli indicatori pubblicati ieri in
contemporanea con il rapporto Ue,
Il fisco europeo tra dirigismo
e concorrenza ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nei paesi conducano a
reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari paesi nel caos
politico o in regimi non democratici». Sono i sistemi fiscali a elevata
progressività, ha spiegato Monti, quelli che strutturalmente tendono a ridurre
le diseguaglianze. D'altra parte,aggiungono icritici della concorrenza fiscale,
guardate cosa è successo alle ex Tigri del Baltico,
Tagli alle emissioni a
rischio-dazi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Un simile sistema di
tariffe doganali così complesse e differenziate è proprio quel genere di
protezionismo per eliminare il quale i governi si sono a lungo adoperati, sin
dall'inizio del processo Gatt, avviato oltre 50 anni fa. Ma c'è di peggio:i
sistemi di cap andtrade in pratica non si affidano unicamente alle aste
pubbliche per distribuire i permessi per le emissioni.
La crisi? Si esorcizza con i
convegni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Tutti siamo d'accordo,a
parole,a rifiutare il protezionismo, causa, negli anni Trenta, della grande
crisi. La mia non è affatto facile ironia su questo diluvio di convegni e
seminari. Al contrario, partecipo a molti di essi e per alcuni ne sono stato
promotore. Capisco e condivido l'ansia di conoscere.
Fini: crisi del governo?
Fantasie ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: contrario al
protezionismo e allo statalismo (espansione del debito e dei deficit pubblici),
come misure per superare la crisi mondiale, ha messo in chiaro che in futuro
bisogna fare meno finanza e produrre più ricchezza reale. Ma soprattutto
pensare a un'economia più sociale, che ponga l'accento sulle persone e riduca
il gap esistente tra Nord e Sud (
Ora non si torni allo
statalismo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: terreno su cui si è manifestata
la crisi in atto sembra doversi individuare nello scarto esistente tra lo
sviluppo impetuoso del comparto finanziario e la fragilità dell'assetto della
sua regolamentazione, con particolare riferimento alla sottovalutazione dei
rischi endemici. Le degenerazioni causate da tale squilibrio non possono dunque
essere imputate al mercato e alla concorrenza,
Disagio nel vertice Consob dopo
lo scontro sugli avvisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il Sole-24 Ore sezione:
FINANZA E MERCATI data: 2009-06-30 - pag: 42 autore: Regole. Le dimissioni
(respinte) di Cardia aprono un caso Disagio nel vertice Consob dopo lo scontro
sugli «avvisi» Riccardo Sabbatini Il dissidio è sugli avvisi finanziari a
pagamento, ma non soltanto su quello.
Solo un quinto dei soldi va
davvero ai poveri ( da "Manifesto, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Anche per evitare il
tracollo del 2008 quando, riporta ancora il bilancio della Cei, i «proventi
finanziari» sono scesi dai 33 milioni del
Non sottovalutare gli anticorpi
del sistema ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La candida relazione
ammette che «il sistema finanziario moderno è immensamente complesso, forse
troppo per essere veramente compreso ». Parole forti, che suscitano subito un
angoscioso interrogativo. Vuol dire che siamo condannati, finita questa crisi,
a piombare in un'altra? Le crisi economiche, scrisse Joseph Schumpeter, non
sono come le tonsille,
Crescita minacciata, la finanza
dimagrirà ( da "Manifesto, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ripetuto dai scentri
studi degli enti internazionali e sovranazionali (quelli invisi al premier) è
lo stesso da mesi: la crisi finanziaria sembra superata, così come la fase
peggiore del crollo dell'economia reale. Questa posizione tuttavia non implica
assolutamente che ci sarà un ritorno alle «magnifiche sorti e progressive» del
capitalismo dell'ultimo decennio.
Bocciati i colossi del credito (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: non aveva avuto paura
di lanciare segnali di allarme sulla crisi finanziaria che si preparava. Ora,
dopo aver avuto tristemente ragione, propone, nel rapporto 2009 pubblicato
ieri, analisi e idee anche più coraggiose. è solo un esempio l'invito a
«tassare in pratica le dimensioni delle banche». La proposta è di chiedere un
patrimonio crescente oppure una leva finanziaria minore,
Dolci come il cioccolato i
profitti dei gruppi turchi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sempre secondo la
rivista Fortune, la crisi finanziaria internazionale ha colpito ma senza
piegare le altre società turche. Le maxi-imprese della Mezzaluna avrebbero sì
visto diminuire i loro profittia causa della tempesta economica, ma avrebbero
aumentato sia le vendite interne sia l'export.
Greenergy, tutta la forza
dell'energia "verde" a Milano (
da "Sole 24 Ore, Il"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: hanno risentito della
crisi finanziaria, sono pronte a ripartire sfruttando i cospicui finanziamenti
?anticiclici' che molti Paesi hanno messo a disposizione - spiega Gianni
Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e presidente di Exalto - . è
il caso degli Usa, con 70 miliardi di dollari destinati a efficienza e
rinnovabili che daranno i loro frutti a partire dal 2010,
Almunia: passato il peggio ma
ripresa lenta Geithner: il sistema migliora (
da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la conseguenza prima
del trasferimento della crisi finanziaria sul piano dell'economia reale: «Il
rialzo della disoccupazione nota ancora la Commissione Europea - potrebbe
infrangere la fiducia e pesare pesantemente sulla ripresa». Ad aprile, infatti,
la disoccupazione media della zona Euro ha toccato il culmine negli ultimi 10
anni: 9,2%.
Rimbalzano gli indici, bene
Fiat ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari
Rimbalzano gli indici, bene Fiat Energetici A2A (+2,93%) e Tenaris (+2,87%)
guidano i rialzi del comparto energetico Dopo un avvio titubante, la seduta a
Piazza Affari ha decisamente imboccato la strada del rialzo, terminando con
l'indice Ftse-
Il Gratta e Vinci frena
Lottomatica ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 Il caso a
Milano Il Gratta e Vinci frena Lottomatica (g.fer.) Anche se riuscirà a vincere
la nuova gara per il Gratta e Vinci, Lottomatica dovrà probabilmente pagare di
più la concessione, che tutti davano per rinnovabile alla scadenza del maggio
2010.
Deutsche Bank spinge Microsoft (
da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati
Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 Il caso a New York Deutsche Bank spinge
Microsoft (g.fer.) Una forte correzione al rialzo del target-price (da
Le lingue salvate sulla via
dell'ambra ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: colpita con virulenza
dalla crisi finanziaria internazionale, ed è una magra consolazione che gli
altri due Stati baltici stiano peggio. Girando per le strade di Vilnius,
ordinate pulite e ben tenute, e anche nei dintorni lindi e sereni, non ci si
accorge della crisi, evidentemente affrontata con civile dignità.
( da "Stampa, La" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Gli
ultimi arrivati si alleano per contare sull'arena del mondo il caso E intanto
parte il grande assalto al Re Dollaro NEW YORK La settimana scorsa, in Russia,
i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti per la prima volta, da soli,
per cercare quella voce comune che non hanno. Insieme pesano già per il 15% del
Pil mondiale, e detengono il 40% delle riserve valutarie, in dollari e altre
monete forti e in oro. Ma non rappresentano un blocco economico, con il Brasile
e la Russia esportatori di risorse naturali, la Cina votata in prevalenza all'export
dei suoi prodotti industriali, e l'India che punta principalmente alla
espansione interna. Né sono in particolare sintonia politica: i regimi
democratici del Brasile e dell'India convivono con i due governi saldamente
autocratici e illiberali di Pechino e Mosca. La crescita dei consumi interni
nei Paesi del Bric è tuttavia uno dei fattori che i gestori citano a sostegno
della appetibilità di quelle economie, destinate ad assistere nei prossimi anni
all'aumento percentuale della fascia facoltosa della popolazione, quella capace
di investire e comprare merci e servizi al ritmo dei Paesi industrializzati. La
base è enorme, con i quattro del Bric che hanno insieme 2.787 milioni di
abitanti, contro i 3.920 milioni del resto del mondo. La Cina è la più popolosa
con 1.300 milioni di persone, seguita dall'India con 1.150, dal Brasile con 191
e dalla Russia con 146 milioni. E la Cina, per Wall Street&Technology, è
anche quella con il settore del risparmio gestito dal potenziale di crescita
più interessante nel medio termine. Per la recessione globale, tra la fine del
2007 e la fine del 2008 il sistema dei fondi cinesi si è ristretto da 457
miliardi di dollari a 275, ma le crescenti concessioni del governo
di Pechino ai propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso
i fondi comuni, e la progressiva apertura dei mercati
finanziari interni agli operatori stranieri,
porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel 2012,
secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a 25
tra le maggiori società di gestione mondiali. Fino al 2006 i cinesi
potevano investire solo in azioni e bond nazionali, ma poi nel 2007 è stata
data loro la possibilità di investire all'estero attraverso i fondi comuni. Di
recente, nel 2008, Cina e Usa si sono accordati per consentire ai cittadini
cinesi di investire sul mercato azionario di Wall Street attraverso fondi e
altre società finanziarie domestiche. I quattro del
Bric sono gli ultimi arrivati al tavolo del potere economico internazionale, e
vogliono farsi sentire: la Russia è già nel G8, tutti sono nel G20, ma
costruendosi il loro G4 puntano ad avere complessivamente un ruolo più
importante nelle istituzioni globali, dal Fondo monetario alla Banca mondiale.
«Il Bric dovrebbe creare le condizioni per un ordine mondiale più giusto», ha
detto il presidente russo Dmitri Medvedev alla conferenza, il cui comunicato di
chiusura cita gli obiettivi della «voce più forte nelle istituzioni
internazionali» e di un «più diversificato sistema monetario globale». In
pratica, è partito l'assalto al dollaro, valuta ancora oggi largamente
dominante. E il futuro di un dollaro indebolito dal Bric è un'altra variabile
di cui tener conto investendo in euro fuori dall'Eurozona.
( da "Stampa, La" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
La
settimana scorsa, in Russia, i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti
per la prima volta, da soli, per cercare quella voce comune che non hanno.
Insieme pesano già per il 15% del Pil mondiale, e detengono il 40% delle
riserve valutarie, in dollari e altre monete forti e in oro. Ma non
rappresentano un blocco economico, con il Brasile e la Russia esportatori di
risorse naturali, la Cina votata in prevalenza all'export dei suoi prodotti
industriali, e l'India che punta principalmente alla espansione interna. Né
sono in particolare sintonia politica: i regimi democratici del Brasile e
dell'India convivono con i due governi saldamente autocratici e illiberali di
Pechino e Mosca. La crescita dei consumi interni nei Paesi del Bric è tuttavia
uno dei fattori che i gestori citano a sostegno della appetibilità di quelle
economie, destinate ad assistere nei prossimi anni all'aumento percentuale
della fascia facoltosa della popolazione, quella capace di investire e comprare
merci e servizi al ritmo dei Paesi industrializzati. La base è enorme, con i
quattro del Bric che hanno insieme 2.787 milioni di abitanti, contro i 3.920
milioni del resto del mondo. La Cina è la più popolosa con 1.300 milioni di
persone, seguita dall'India con 1.150, dal Brasile con 191 e dalla Russia con
146 milioni. E la Cina, per Wall Street&Technology, è anche quella con il
settore del risparmio gestito dal potenziale di crescita più interessante nel
medio termine. Per la recessione globale, tra la fine del 2007 e la fine del
2008 il sistema dei fondi cinesi si è ristretto da 457 miliardi di dollari a
275, ma le crescenti concessioni del governo di Pechino ai
propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi
comuni, e la progressiva apertura dei mercati
finanziari interni agli operatori stranieri,
porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel 2012,
secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a 25
tra le maggiori società di gestione mondiali. Fino al 2006 i cinesi
potevano investire solo in azioni e bond nazionali, ma poi nel 2007 è stata
data loro la possibilità di investire all'estero attraverso i fondi comuni. Di
recente, nel 2008, Cina e Usa si sono accordati per consentire ai cittadini
cinesi di investire sul mercato azionario di Wall Street attraverso fondi e
altre società finanziarie domestiche. I quattro del
Bric sono gli ultimi arrivati al tavolo del potere economico internazionale, e
vogliono farsi sentire: la Russia è già nel G8, tutti sono nel G20, ma
costruendosi il loro G4 puntano ad avere complessivamente un ruolo più
importante nelle istituzioni globali, dal Fondo monetario alla Banca mondiale.
«Il Bric dovrebbe creare le condizioni per un ordine mondiale più giusto», ha
detto il presidente russo Dmitri Medvedev alla conferenza, il cui comunicato di
chiusura cita gli obiettivi della «voce più forte nelle istituzioni
internazionali» e di un «più diversificato sistema monetario globale». In
pratica, è partito l'assalto al dollaro, valuta ancora oggi largamente
dominante. E il futuro di un dollaro indebolito dal Bric è un'altra variabile
di cui tener conto investendo in euro fuori dall'Eurozona.
( da "Repubblica, La" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
17 - Economia Mutui, corsa al tasso variabile le famiglie tornano a rischiare
Ma le richieste totali crollano: 32% in meno in 5 mesi Il dossier Allettati dai
costi ridotti, le famiglie snobbano il fisso. Una bolla pronta a scoppiare di
nuovo ROSA SERRANO ROMA - Si comprano meno case, crollano i mutui, ma chi -
comunque sia - decide di indebitarsi per investire nel mattone sceglie un
prestito a tasso variabile piuttosto che uno a tasso fisso. E´ così che la crisi incide sul mercato immobiliare. I numeri parlano
chiaro: secondo dati Assofin, nel primo trimestre di quest´anno le erogazioni
di nuovi mutui hanno registrato una flessione del 32,5 per cento rispetto allo
stesso periodo dello scorso anno. «La fine del ciclo espansivo del mercato
immobiliare e la crisi finanziaria spiega Giuseppe Piano Mortari, direttore operativo di
Assofin ha fatto emergere una maggiore prudenza sia nella domanda di
mutui, sia nella disponibiltà delle banche a concederli. Si sono ridotti gli
importi e le durate medie dei finanziamenti, ma anche le operazioni che coprono oltre
l´80 per cento del valore dell´immobile». Detto questo, chi decide di aprire un
mutuo sempre più spesso - attratto dalle migliori condizioni ottenibili in
questo periodo - opta per il tasso variabile. Dai dati dell´Osservatorio di
MutuiOnline emerge che la richiesta di mutui a tasso «ondeggiante» è più che
raddoppiata, passando dal 18,2 per cento del primo semestre 2008 al 47,4 dei
primi cinque mesi di quest´anno. In verità gli esperti consigliano di andarci
piano, perché il variabile è, per definizione, molto sensibile all´andamento
dall´economia: ai primi segnali di ripresa i tassi ricominceranno a correre e
le rate lieviteranno. L´esperienza vissuta dai molti mutuatari che negli anni
scorsi avevano optato per il mutuo a tasso variabile dovrebbe indurre alla
massima cautela. Un solo esempio è sufficiente per dimostrare il vero e proprio
dramma vissuto da chi, da un mese all´altro, si è visto non in grado di far
fronte al debito: nel maggio 2005 l´Euribor a 1 mese/365 quotava 2,13 per
cento, a fine settembre raggiunse il suo picco con il 5,12 (più che
raddoppiando in pochi mesi). Ora, l´improvvisa crisi
finanziaria ha «miracolato» i mutuatari a tasso variabile. L´Euribor a
un mese/365 è addirittura sotto la soglia dell´1 per cento fissato dalla Bce.
Ottime condizioni quindi per chi accende un mutuo variabile: per mutui
ventennali di 100 mila euro la differenza con il tasso fisso può raggiungere i
150 euro al mese. Ma è opportuno che chi ha intenzione di chiedere un
finanziamento immobiliare non si faccia abbagliare da tassi che ora sono
ridotti al lumicino, ma che non dureranno all´infinito. «Chi vuole approfittare
del momento spiega Roberto Anedda, vicepresidente di
MutuiOnline dovrà pianificare le possibili impennate dei tassi e ragionare sulle
sue possibilità di reddito nel medio e nel lungo periodo». La carta da giocare
per una maggiore tutela è quella di scegliere un finanziamento a tasso
"ondeggiante" che preveda, però, l´intervento di un ombrello
protettivo, cioè un tetto oltre il quale il tasso non potrà comunque andare.
Sono leggermente meno convenienti, ma forniscono una garanzia. L´ "Mps
Protezione" a tasso variabile con cap proposto da Monte Paschi di Siena
prevede, per esempio, un tasso massimo garantito del 5,50. Attualmente i mutui
a tasso fisso oscillano fra il 5,36 e il 6,25 per cento.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI data: 2009-06-21 - pag: 10 autore: Cina e Stati
Uniti ora tocca a voi di Olivier Blanchard N el 2007, preoccupato per i
crescenti squilibri della bilancia dei pagamenti, il Fondo monetario internazionale
organizzò consultazioni multilaterali per decidere il da farsi. Quasi tutti
ritenevano che la soluzione fosse semplice e lineare. Semplificando al massimo:
convincere i consumatori americani a spendere di menoe convincere i consumatori
cinesi a spendere di più. Avrebbe fatto bene agli Stati Uniti, avrebbe fatto
bene alla Cina e avrebbe fatto bene al mondo (ci furono messaggi anche per gli
altri protagonisti- il Giappone,l'Europa,l'Arabia Saudita - ma erano meno
importanti.) Avrebbe fatto bene agli Stati Uniti: era chiaro già allora che
l'orgia consumistica in cui si erano lanciati i consumatori americani era
qualcosa di dissennato e che molti di loro avrebbero avuto problemi al momento
della pensione. Avrebbe fatto bene alla Cina: era evidente che la risparmiosità
dei cinesi era dovuta in gran parte all'assenza di una rete di sicurezza
sociale. Garantire cure sanitarie e pensioni era qualcosa d'auspicabile di per
sé e avrebbe naturalmente indotto i consumatori a spendere di più. Avrebbe
fatto bene al mondo: i cambiamenti dei modelli di consumo, uniti alla
rivalutazione del renminbi rispetto al dollaro, avrebbero potuto mantenere la
piena occupazione sia negli Stati Uniti che in Cina, e ridurre gli squilibri
commerciali correnti. Una riduzione dei consumi negli Usa sarebbe stata
compensata da un aumento delle esportazioni. Un aumento dei consumi in Cina
sarebbe stato compensato da una riduzione delle esportazioni. Il deficit
commerciale americano si sarebbe ridotto e si sarebbe ridotto, sull'altro versante,
il surplus cinese. Col progressivo avanzamento di questo ordinato processo di
aggiustamento, e con la progressiva riduzione degli squilibri, sarebbe
diminuito il rischio di un improvviso tracollo del dollaro. E il mondo sarebbe
stato molto più in forma. Un esempio notevole di pianificazione macroeconomica
globale. Ma, almeno fino alla crisi, non è successo granché. Gli ottimisti
consumatori statunitensi semplicemente non erano dell'umore giusto per cambiare
abitudini. E il governo cinese, di fronte al successo della sua strategia di
crescita trainata dalle esportazioni e preoccupato di continuare a far
aumentare l'occupazione, insisteva a mettere l'export al primo posto. Come a
dar ragione agli scettici, la crisi stessa non è stata innescata dagli squilibri
globali. Il dollaro non è crollato, come si temeva. E dal momento in cui è
cominciata la crisi, la soluzione degli squilibri globali è precipitata in
fondo alla lista delle priorità. Tutti si sono concentrati, giustamente, sullo
stato del sistema finanziario. Man mano che la crisi
si sviluppa, tuttavia, e quando si comincerà a intravedere la ripresa in fondo
al tunnel, la questione degli squilibri globali probabilmente tornerà di
attualità. Ancora una volta dovranno essere gli Stati Uniti e la Cina a giocare
un ruolo centrale. Metà dell'aggiustamento ipotizzato nelle consultazioni
multilaterali si sta verificando: i consumatori americani, finalmente, stanno
riducendo le spese. Hanno perso molti soldi e avranno bisogno di molti anni di
risparmi supplementari per compensare queste perdite. E soprattutto hanno
imparato una lezione più generale. Il mondo è un luogo più rischioso di quello
che credevano. I prezzi delle azioni e delle case possono scendere, e scendere
di parecchio. Per mettere da parte soldi per la pensione forse serve
risparmiare molto di più di quello che credevano necessario prima della crisi.
L'incognita maggiore riguarda l'altra metà dell'aggiustamento. La Cina ha
reagito alla crisi incrementando fortemente la spesa, concentrandosi più sugli
investimenti che sui consumi. è la politica giusta, considerando la necessità
di far salire rapidamente la spesa, ma questo incremento degli investimenti ha
necessariamente una durata limitata.L'interrogativo è se, col passare del
tempo, la Cina permetterà che crescano i consumi. Se lo farà, il piano del 2007
potrebbe trovare compimento. L'incremento delle esportazioni americane
rimpiazzerà il calo dei consumi e contribuirà a sostenere la ripresa negli Usa.
L'incremento dei consumi in Cina compenserà il calo dello esportazioni e
consentirà a Pechino di mantenere i suoi elevati livelli di crescita. La
ripresa mondiale potrà andare avanti e potremo uscir fuori con un'economia
mondiale più equilibrata. Questo scenario si svilupperà naturalmente? Forse, o
forse no. La Cina ha annunciato un'ambiziosa riforma sani-taria, che va nella
direzione giusta. Ma il modello di crescita basato sulle esportazioni che
Pechino ha perseguito con tanto successo fino a questo momento non verrà
abbandonato dall'oggi al domani. E, guardando oltre la Cina, la crisi potrebbe
aver convinto molti Paesi ad accumulare riserve ancora maggiori, incrementando
ancora di più le attuali eccedenze negli scambi con l'estero. Questi Paesi non
avranno tanta voglia di lasciare che le loro monete si rivalutino rispetto al
dollaro, per consentire la crescita delle esportazioni Usa. E che succederà se
non ci sarà nessun riequilibrio? Senza una forte domanda interna e un
incremento delle esportazioni, la ripresa Usa potrebbe indebolirsi una volta
venuti meno, gradualmente, gli effetti benefici del piano di rilancio. In tempi
normali potrebbe essere d'aiuto la politica monetaria, con un abbassamento dei
tassi d'interesse e un incremento della domanda: ma questi non sono tempi
normali e i tassi non possono scendere ulteriormente. E dunque il Governo
americano sarà sottoposto a forti pressioni per tenere alta la spesa pubblica
fintanto che la domanda privata rimarrà debole, rischiando di determinare una
situazione di deficit più grande e più protratta di quello che sarebbe saggio.
Un forte piano di spesa era ed è ancora necessario per combattere la crisi, ma
non può andare avanti all'infinito;a un certo punto la dinamica del debito
diventerà insostenibile, i mercati reagiranno e i
deficit di bilancio diventeranno controproducenti. Una ripresa debole e una
dinamica del debito insostenibile negli Usa probabilmente non porteranno
nulladi buono per l'economia mondiale. La prima bloccherebbe la ripresa anche
nel resto del mondo; la seconda probabilmente produrrebbe
disastri nei mercati finanziari. Per una ripresa sostenuta la spesa interna deve scendere negli
Stati Uniti e salire in Cina e in gran parte del resto del mondo,
congiuntamente ad aggiustamenti dei tassi di cambio. La cooperazione globale ha
giocato un ruolo cruciale lo scorso anno per evitare una crisi peggiore.
Ora serve ancora più cooperazione globale, con gli Stati Uniti e la Cina a
giocare un ruolo guida. L'autore è chief economist dell'Fmi. (Traduzione di
Fabio Galimberti) VISTO DALL'AMERICA Il mondo è un luogo molto più rischioso di
quanto si pensava: i prezzi delle azioni e delle case possono scendere, e di
parecchio VISTO DALL'ASIA Finora si è agito sugli investimenti (ed è bene):
l'interrogativo è se si permetterà di far aumentare i consumi
( da "Sole 24 Ore, Il" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI data: 2009-06-21 - pag: 11 autore: L'Europa è
stanca, viva l'Europa La disaffezione dei cittadini si può e si deve battere,
rafforzando la partecipazione di Patrizia Nanz D al 4 al 7 giugno, circa 375
milioni di elettori di 27 stati europei hanno votato una nuova rappresentanza
popolare comune. Si è trattato di una delle più grandi elezioni democratiche al
mondo. Nonostante l'importanza di queste elezioni ( si pensi che ormai quasi
l'80%delle competenze decisionali politiche nazionali si sono spostate a
Bruxelles e a Strasburgo) l'affluenza alle urne ha confermato il costante calo
di partecipazione che dal 1979, anno della prima votazione europea, ha
contraddistinto queste elezioni. Ci siamo stancati dell'Europa? Oppure la
disaffezione al voto non è che una silenziosa protesta contro il modo
paternalistico e privo di trasparenza con cui i governi conducono una politica
europea al di sopra delle nostre teste? Dopo il fallito varo della Costituzione
europea, i governi sono impegnati a imporre, malgrado il "no" degli
irlandesi, l'accordo di base di Lisbona. Che cosa vuole diventare l'Unione Europea?
Perché ne abbiamo bisogno?Ormai dovrebbe essere chiaro a chiunque che Lisbona è
nient'altro che una soluzione burocratica che non offre alcuna risposta a
queste domande. Dall'allargamento verso Est,che ha portato con sé un forte
divario di benessere ed enormi conflitti d'interesse, i governi nazionali non
sanno più come devono governare l'Europa. Lavorano al ribasso, senza
convinzione, con un modello di governo minimalista che pone al centro
dell'attenzione gli interessi nazionali. Negli ultimi anni, con l'eccezione del
primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker, non un solo capo di governo
ha cercato di proporre un'Europa politica più forte. Viviamo forse in una
"post-democrazia" europea, in cui abbiamo ceduto volontariamente il potere
ai tecnocrati di Bruxelles e ai leader del Consiglio europeo? Davvero vogliamo
avere così scarsa voce in capitolo nell'Unione?Oppure si deve imputare
ildisinteresse verso le elezioni europee a una sensazione d'impotenza e alla
mancanza d'informazioni? Nel giugno 2008, il 68% dei cittadini europei riteneva
che il proprio voto non avrebbe cambiato nulla e più della metà dichiarava di
non ritenersi sufficientemente informata per potersi recarea votare
(Eurobarometro). Eppure le singole persone non rifiutavano l'Europa,al
contrario: per la maggioranza relativa degli intervistati, l'Unione Europea
suscitava un'idea positiva, in Irlanda addirittura per il 65%, e questo al
momento del fallito referendum! La chiusura nazionale dei politici e la
disattenzione con cui l'argomento è stato trattato e continua ad essere
trattato dai mass media sono il vero motivo del limitato interesse per le
elezioni europee. I partiti politici hanno attribuito a queste elezioni scarsa
importanza, perché non erano in gioco posizioni di potere a livello nazionale,
al più ne hanno fatto un uso strumentale per misurare il proprio successo
futuro. Più le campagne elettorali europee vengono condotte fiaccamente dai
partiti, tanto meno le elezioni diventano oggetto di dibattito nelle sfere
pubbliche nazionali. L'insufficiente voce mediatica sull'Unione Europea si
conforma al presunto scarso interesse del pubblico e al carente sostegno dei
nostri rappresentanti. Il disinteresse della politica nazionale e quello dei
media si rafforzano reciprocamente, con la conseguenza che i cittadini non
possono partecipare adeguatamente ai processi di formazione della volontà
europea. Ma se non si rafforza la partecipazione dei cittadini, l'Europa
politica è destinata a fallire. Esistono altre strade per l'Europa?Dopo il
"no" degli irlandesi a Lisbona e dopo lo "stizzito
silenzio" dei governi sul futuro dell'Europa, il filosofo JÜrgen Habermas
chiese che fosse la popolazione a decidere tramite un referendum paneuropeo se
volesse o no un'effettiva unione politica. Questo referendum avrebbe senza
alcun dubbio destato la coscienza pubblica e dato vitalità alle prossime
elezioni europee. Purtroppo i leader di governo si sono dimostrati sordi alle
richieste di una democrazia diretta in Europa. Oltre ai referendum, che si accontentano
di un "sì" o di un "no", oggi vengono utilizzate forme
innovative di partecipazione dei cittadini in grado di avviare un differenziato
processo di formazione della volontà popolare anche su temi complessi. Si
tratta di procedure deliberative che si svolgonoa più riprese e alle quali
prendono parte cittadini, esperti, moderatori e politici. Nella presidenza
Obama, per esempio, è stata introdotta la figura di una "direttrice della
partecipazione dei cittadini". Simili metodi di partecipazione servono
anche per promuovere decisioni d'indirizzo di una comunità politica, come hanno
dimostrato nel 2007 nel Québec i 22 forum di cittadini con un totale di 10mila
partecipanti, in cui furono affrontate domande fondamentali sul rapporto con
gli immigrati. A questi dibattiti trasmessi in televisione, che toccarono temi
come l'uso del velo o la legittimità del crocefisso nei luoghi statali e
raggiunsero un'ampia opinione pubblica, presero parte studenti e casalinghe,
impiegati e disoccupati, musulmani e xenofobi. Questi processi di
partecipazione possono quindi integrare con efficacia modelli esistenti di
democrazia rappresentativa proprio in caso di forti conflitti d'interessi e
valori. Un analogo esperimento è stato fatto anche in Germania. Da metà
febbraio a fine aprile di quest'anno,361 cittadiniscelti a caso hanno preso
parte alle discussioni del «BÜrger Forum Europa», organizzato dalla Fondazione
Bertelsmann e dalla Fondazione Heinz Nixdorf. L'entusiasmo e il coinvolgimento
sono stati sorprendenti e hanno superato le differenze di età e d'istruzione.
Durante l'incontro d'esordio, svoltosi a Berlino e cui partecipava anche il
cancelliere Angela Merkel, 45 cittadini, suddivisi in comitati tematici, hanno
discusso in modo controverso ma costruttivo per due giorni. L'entusiasmo e
l'impegno sono proseguiti nelle successive otto settimane: i partecipanti hanno
concordato sulle sfide più importanti dell'Europa e hanno elaborato online
numerose proposte di soluzioni. Alcuni di loro sono stati designati a filtrare
i più di 8mila commenti e a redigere un dettagliato "programma dei
cittadini". Ne è emerso che i cittadini sono più interessati al benessere
comune europeo di quanto non lo siano i leader politici! Nel programma si
chiede l'armonizzazione dei sistemi fiscali e una comune
politica finanziaria
affinché l'Unione Europea possa esigere un nuovo e credibile ordinamento dei mercati finanziari internazionali. è
stata anche espressa la volontà d'influenzare in futuro la composizione e la
politica della Commissione europea e di esigere referendum popolari sulle
questioni europee. Una forma di partecipazione dei cittadini di questo
tipo è stata sperimentata anche a livello europeo. Nell'ottobre del 2006,a
Bruxelles, 1.800 cittadini di tutti gli stati membri, riuniti in una
"citizens' conference", hanno per la prima volta potuto superare i
confini linguistici e nazionali, scambiandosi idee sul futuro sociale ed
economico dell'Europa. Questo dialogo paneuropeo è stato parallelamente portato
avanti in conferenze nazionali e regionali e si è concluso con una
dichiarazione dei cittadini europei sostenuta da tutti i partecipanti nella
quale si chiede " più" Europa. Prima delle elezioni europee, questo
tipo di conferenza è stata riproposta online.I cittadini non sono stanchi dell'Europa,
al contrario, nutrono un vivo interesse e sono prontia contribuire
personalmente anche sacrificando parte del proprio tempo. Un maggiore ricorso a
tali forme di partecipazione deliberativa rafforzerebbe la democrazia europea.
Per raggiungere questo obiettivo, occorre che i risultati dei forum vengano
accolti dai rappresentanti politici e discussi sui media. Solo in questo modo
potrà avviarsi una più ampia formazione dell'opinione pubblica sul futuro
dell'Unione. Potremmo a quel punto trovarci all'inizio di una rifondazione
dell'Unione Europea, una rifondazione che parte dai cittadini stessi e in grado
di spronare i politici nazionali stanchi dell'Europa. Patrizia Nanz insegna
Scienze politiche all'Università di Brema. La casa editrice Feltrinelli ha appena
pubblicato il suo libro, «Europolis. Un'idea controcorrente di integrazione
politica». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PROPOSTA DI HABERMAS La crisi seguita al
«no» degli irlandesi al Trattato di Lisbona ha spinto il filosofo tedesco a
chiedere un referendum sull'Unione OLTRE I CONFINI Numerose esperienze sul
campo dimostrano che le persone, se ben informate, sono in realtà interessate a
sostenere il progetto unitario Europa da rifare. L'artista David Cerny di
fronte alla sua enorme scultura-puzzle Entropa con tutti i luoghi comuni dei 27
paesi: posta sulla facciata del Consiglio europeo all'inizio della presidenza
ceca, l'opera ha causato accese polemiche per la sua forte carica ironica.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-21 - pag: 7 autore: INTERVISTA
Pier Carlo Padoan Vicesegretario generale Ocse «Evitare vuoti regolamentari tra
la riforma Usa e quella Ue» di Orazio Carabini D opo il piano di riforma che
Barack Obama ha trasmesso al Congresso americano, anche l'Unione europea
venerdì scorso ha fatto un passo avanti verso una nuova struttura di vigilanza
sui mercati finanziari. «Forse c'è una visione comune,
ma dire che c'è una convergenza è difficile», spiega, in questa intervista al
Sole-24 Ore, Pier Carlo Padoan, l'economista italiano che dopo essere stao
direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale, è vicesegeratrio
generale dell'Ocse. Toccherà al Financial stability board verificare che non si
creino vuoti normativi in cui potrebbero incunearsi nuovi sistemiombra in grado
di generare instabilità nel sistema. E di innescare altre crisi. è la Fed che
esce vittoriosa dalla riforma di Obama? Intanto vediamo come questa riforma
uscirà dal Congresso. Certo, il rafforzamento della Fed è il fatto più visibile
ma anche i poteri del Tesoro, nell'attuale schema, aumentano. Quindi, la Fed
non è la sola istituzione che esce rafforzata nel disegno di riforma. La
molteplicità dei regolatori rimane e quindi il sistema di checks and balances
caro agli americani non viene intaccato. Ma la Fed – si obietta – è una delle
origini della crisi. è necessario dare a una delle istituzioni un ruolo
centrale in modo che abbia la responsabilità della stabilità complessiva del
sistema. E poi, se ha sbagliato in passato, non è detto che la Fed debba per
forza sbagliare nel futuro. Rimangono troppi regolatori? Qual è il numero
giusto? Come si determina la complessità del sistema di sorveglianza? E quali
sono gli obiettivi della vigilanza? Non è facile rispondere. Tanto che la
riforma di Barack Obama produce effetti paradossali. L'Agenzia per la
protezione del consumatore è un'authority in più, ma colma un vuoto importante.
Per esempio, può difendere le famiglie da chi offre mutui che poi abbiamo visto
come vanno a finire. Insomma, bisogna valutare bene a che cosa serve
un'authority perchè i mercati si sono diversificati e
chi vigila si deve adeguare alle innovazioni. La protezione del risparmiatore
dai tranelli dei contratti diventa finalmente un obiettivo primario. L'Ocse
aveva già messo in evidenza questo aspetto già prima della crisi, lanciando un vasto programma di educazione finanziaria. I consumatori sono alla
mercè di chi offre prodotti finanziari. Il lato della domanda sul mercato dei titoli è stato troppo
trascurato. Basta ricordare che cosa è successo a chi ha investito nei titoli
di Stato dell'Argentina: il sistema italiano non ha protetto i risparmiatori
che non potevano valutare la rischiosità di quei bond. Mi sembra un
punto davvero importante. Suona però come una sconfitta delle banche centrali e
delle Consob, le autorità di vigilanza sui mercati:
voi non siete state capaci di imporre la trasparenza, meglio che questo
mestiere lo faccia qualcun altro. In Europa accadrà la stessa cosa? Penso che
si debba fare dovunque è necessario. In Europa i titoli che si possono
acquistare sono diversi ma la protezione del risparmiatore va affrontata in
senso lato. Gli americani hanno avviato una riforma, l'Europa,sempre in
ritardo, si accinge a farlo. Si può dire che dietro ai due progetti c'è una
visione comune? Forse una visione comune c'è. è più difficile sostenere che ci
sia una convergenza tra i due progetti. Il problema strutturale europeo è
diverso da quello americano. Da noi le autorità nazionali mantengono poteri
importanti. Insomma i sistemi sono diversi. Penso che il Financial stability
board avrà molto da fare per evitare che ci siano dissonanze troppo forti. Qual
è il rischio? Il rischio è che rimangano dei buchi nella rete di sorveglianza.
E in questi vuoti si possono infilare operatori che gestiscono particolari
attività finanziarie avvantaggiandosi con arbitraggi
regolamentari. Il risultato è una minore trasparenza, con la possibiltià che si
formino e rimangano "coperti" dei sistemi-ombra. Come si evita questo
rischio? Serve un monitoraggio continuo per verificare che il nuovo sistema
funzioni bene. Ed è importante che ci sia un quadro di principi condivisi, per
ragioni pratiche ancora più che etiche. Perché questo è il lato oscuro della globalizzazione:
i vuoti di regole sulla governance, sulla remunerazione dei manager generano
nuova instabilità. Questa ri-regolazione darà fastidio... Non si vuole
opprimere il sistema con nuove regole ma è necessario identificare i vuoti
normativi dove si creano. Il Global charter o i Global legal standard servono a
verificare che i due apparati, quello americano e quello europeo, interagiscano
e per ricordarci che il sistema è uno solo. Ma i settori più colpiti
reagiranno... Certo che reagiranno e già al Congresso vedremo come i propositi
del piano Obama saranno recepiti. Ma anche in altre parti del mondo assisteremo
alla reazione di chi si sente colpito. Sarà banale, ma occorre una visione
politica complessiva e un'azione, sempre politica, che eviti un annacquamento
delle regole. C'è sempre stato un trade off tra regolazione ed efficienza:
tocca alla guida politica trovare il giusto equilibrio. © RIPRODUZIONE
RISERVATA «Bene la nuova Agenzia per la protezione del risparmiatore: è stata
troppo trascurata» «Serve un monitoraggio continuo per verificare che il nuovo
sistema funzioni bene» Pier Carlo Padoan IMAGOECONOMICA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-21 - pag: 7 autore: Massiah
(Ubi): «La sfida è la qualità del credito» Monica D'Ascenzo MILANO Il settore
bancario non può ancora parlare di ripresa. Non sono sufficienti pochi segnali
positivi per vedere la luce. Il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor
Massiah, ritiene che non si possa abbandonare un atteggiamento cauto: «Troppo
presto per dare qualunque tipo di giudizio su un'eventuale ripresa.Non dobbiamo
abbassare la guardia e dobbiamo continuare ad avere un atteggiamento di
grandissimo rigore perché stiamo affrontando una delle maggiori crisi della
storia» spiega Massiah, precisando: «Abbiamo dichiarato per primi che il 2009
sarebbe stato un anno difficile. Ci siamo quindi preparati per affrontarlo in
modo adeguato. All'interno di uno scenario così complesso Ubi Banca ha potuto e
può contare su alcuni aspetti di forza: la qualità del credito, la solidità
patrimoniale e la vicinanza alla clientela». I bilanci 2009 delle banche
soffriranno «sicuramente per un minor margine da interessie minori commissioni.
Fattori bilanciatiin parte da un andamento più favorevole
dei mercati finanziari
rispetto al 2008 e dagli interventi sui costi. Nel nostro caso, in particolare
si raccolgono anche i risultati delle sinergie del processo di fusione» osserva
Massiah, secondo il quale comunque «la vera grande scommessa per le banche è
quella delle qualità del credito ».E alla domanda su quale sarà
l'impatto per gli istituti di credito del deterioramento del credito e
dell'aumento di default stimati dalle agenzie di rating, il consigliere
delegato di Ubi Banca risponde: «Il costo del credito quest'anno sarà
sicuramente maggiore rispetto all'anno scorso. Noi, però, siamo stati
particolarmente severi nel 2008, continuando nell'approccio rigoroso che ci ha
sempre contraddistinto. Questo approccio rende più efficace, in quanto più
tempestiva, la gestione del credito problematico con risultati che si vedono
nel medio periodo. Questo rigore non ha però impedito ai crediti di crescere
nei primi tre mesi dell'anno del 4% contro la media del sistema del 2,8 per
cento». Il gruppo è impegnato in due operazioni di rafforzamento patrimoniale:
l'Ops su tre serie di strumenti innovativi di capitale e cinque serie di
passività subordinate di 2Úlivello e un'emissione obbligazionaria convertibile
per un importo massimo di 639 milioni. Nel primo caso l'operazione si è chiusa
con successo e avrà un impatto sul conto economico grazie a «una plusvalenza
lorda dell'offerta pubblica di scambio stimata nell'ordine dei 60 milioni di
euro». Nel caso dell'emissione obbligazionaria convertibile, invece, parte
domani il periodo di esercizio dei diritti di opzione riservati agli azionisti
della banca. «Non avevamo bisogno di capitale subito, ma avevamo bisogno di una
polizza assicurativa che ci garantisse nel tempo la possibilità di attingere a
una riserva di capitale. Da qui la decisione di emettere un bond convertibile
in azione, che comunque garantisse ai sottoscrittori il 100% del capitale
investito» precisa il consigliere delegato di Ubi Banca. Il gruppo ha chiuso il
2008 con un core Tier 1 al 7,1% e l'obiettivo, confermato, è quello di chiudere
l'esercizio in corso «poco sopra e poco sotto il 7%». «La banca – spiega
Massiah – non ha alcuna necessità di fare ricorsoai Tremonti bond. Ritenevamo
peraltro ci fosse l'occasione per ottimizzare il nostro capitale e lo abbiamo
fatto con uno strumento che ha caratteristiche per cui risulta più economico
rispetto ai bond con aiuti di stato e con il vantaggio della deducibilità
fiscale che gli aiutidi stato in quanto capitale immediato non hanno ». ©
RIPRODUZIONE RISERVATA IL CONSIGLIERE DELEGATO «Dobbiamo continuare ad avere un
atteggiamento di grandissimo rigore per poter affrontare una delle maggiori
crisi della storia» Ubi Banca. Il consigliere delegato Victor Massiah INFOPHOTO
( da "Sole 24 Ore, Il" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: RELIGIONIE SOCIETA data: 2009-06-21 - pag: 35 autore:
Quell'annuncio è una missione di Giuseppe Bonfrate n'enciclica sociale che
dovrebbe avere come titolo U Caritas in Veritate è attesa per i prossimi
giorni. è la terza del pontificato di Benedetto XVI. Lo
sfondo dei mutati paradigmi economico-finanziari nella grande crisi, che condiziona questi ultimi
tempi, non solo ne ha ritardato la conclusione ma ha anche offerto al pontefice
di rispondere al dovere spirituale di "parlare" sul fronte franoso di
equilibri teorici e pratici ritenuti non più praticabili. La carità,
forma di Dio, oggetto della sua prima enciclica, proprio come lì veniva
illustrato ( Deus Caritas est, n. 31c) è l'unica parola che resiste nel
silenzio del mistero e ora, sembrerebbe, anche nello sconforto teoretico degli
analisti economici. L'atteso documento s'inserisce nella tradizione della
dottrina sociale della Chiesa che da Leone XIII in poi, in maniera
sistematica,offre risposte alle emergenze sociali ed economiche. Essa si
traduce anche in lettura cristiana dei tempi, delle opportunità e dei pericoli.
Nel passato mancò alla Chiesa l'avvertenza di non lasciare vuoto questo campo
nonostante la richiesta di una sua parola chiara, come quando nel Quattrocento
da chi praticava affari si sollevò la domanda sulla liceità degli interessi
finanziari e del debito pubblico. Da tali interrogazioni non è escluso il
cristiano che è attraversato da un'unica tensione che sdoppia le visioni.
Occupandosi del mondo pensa al cielo in attesa di abitarlo come dimora
definitiva che, secondo san Paolo, sarà la patria della giustizia. Ma la strada
che percorre è fatta di terra. La speranza della mèta finale non indebolisce ma
nutre la sollecitudine, le passioni e gli sforzi che si praticano nella storia
presente. Alla base della dottrina sociale della Chiesa c'è la convinzione che
gli uomini siano in grado di cambiare in modo anche radicale le regole e la
qualità delle relazioni e delle strutture sociali per tendere a quella
giustizia promessa. Per la Chiesa il suo annuncio è una missione di verità e
carità. Ma è anche una sfida a misurare la compatibilità tra radice
soprannaturale e analisi realista porgendo il criterio spirituale come
contributo efficace. Il Vangelo di fronte alla crisi
finanziaria offre l'ammonimento della parabola della casa costruita
sulla roccia (Matteo 7, 21-27).Vi si riferisce anche il presidente Obama nei
suoi discorsi agli americani spaventati. Essi devono ricavare dagli eventi una
lezione: evitare le fondamenta di sabbia.Paradossalmente –e ilcristianesimo ha
un'anima paradossale – i sostantivi rassicuranti, denaro, potere, successo, da
indicatori essenziali dell'ordine della realtà mostrano la loro essenza
friabile e illusoria. Ma si attendono anche le valutazioni di Benedetto XVI
riguardo al difficile equilibrio tra mercatismo e statalismo. Il principio di
«sussidiarietà» (introdotto da Leone XIII e precisato da Pio XI) prevede che
qualsiasi intervento da parte dello Stato nella società abbia il fine –in
situazioni eccezionali – di aiutare in maniera suppletiva ( subsidium) le
membra del corpo sociale, e non di assorbirle o distruggerle. Se le forme di
intervento si dilatano e radicano si corre il rischio di deresponsabilizzare la
società e avvilire la creatività sociale. Nella dottrina vengono proposti i
principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive di azione da cui
partire per promuovere un umanesimo integrale e solidale, capace di animare un
nuovo ordine sociale, economico e politico, fondato sulla dignità e sulla
libertà di ogni persona umana, da attuare nella pace, nella giustizia e nella
solidarietà. Si propone il modello di un umanesimo che può essere realizzato se
i singoli uomini e donne e le loro comunità sapranno coltivare le virtù morali
e sociali in se stessi e diffonderle nella società. Nessuna lusinga dovrebbe
ottundere la vigilanza della Chiesa. Essa l'aveva appreso dopo la fine delle
persecuzioni anticristiane. Cominciava il confronto con il potere e le sue
tentazioni. Si trattava di comprendere quale missione doveva esercitarsi nel
nuovo contesto che appariva solo in superficie propizio. Scegliere la
testimonianza esemplare significava anche spingersi – come fece Ilario di
Poitiers – ad accusare l'imperatore, con le sue ambigue protezioni e
rassicurazioni, di attentare all'anima della Chiesa, uccidendola con il denaro
e gli onori. Più pesante pena del sangue versato dai martiri. © RIPRODUZIONE
RISERVATA La convinzione di poter cambiare regole e qualità delle strutture
comunitarie per tendere alla giustizia promessa
( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)"
del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore del lunedì sezione: FINANZA data: 2009-06-22 - pag: 22 autore:
INTERVISTA Umberto Catani A.d. Sorgenia Solar «Fotovoltaico
sulla via del consolidamento» «La crisi finanziaria favorirà la razionalizzazione del business fotovoltaico », dice
Umberto Catani, amministratore delegato di Sorgenia Solar (gruppo Sorgenia).
«L'incentivazione spiega - ha fatto nascere molte iniziative locali, che però
non hanno gambe. Quindi un consolidamento a favore dei grandi gruppi
sarà inevitabile. Naturalmente rimarranno a livello locale le attività di
integrazione di sistema e di installazione ». Sorgenia Solar, grazie a circa 70
milioni di euro di investimenti – e a un ambizioso piano industriale da attuare
entro il 2012 –è il maggior produttore privato di energia fotovoltaica in
Italia. Ma i Governi, dagli Usa alla Cina, puntano in modo deciso sulle
rinnovabili. La Cina è opportunità di sviluppo o rischio di concorrenza? I
cinesi si sono dotati di una capacità produttiva esagerata, e adesso pagano
pegno. Malgrado ciò, però, continuano ad annunciare l'avvio di nuove iniziative
industriali. Il piano del Governo cinese è volto soprattutto alla salvaguardia
dell'industria nazionale. Non penso che per i produttori occidentali ci siano
possibilità di sviluppo in Cina. Ma un problema è la concorrenza in Occidente?
Con quella già ci confrontiamo tutti i giorni. I cinesi sono in grado di condizionare
i prezzi e i loro prodotti, almeno quelli dei produttori più noti, sono di
buona qualità. Le migliori aziende stanno anche sviluppando la ricerca, per
migliorare con continuità le prestazioni. Per contro continuano ad affacciarsi
sul mercato molte nuove aziende cinesi che offrono prodotti di basso livello.
Lo sviluppo del solare è stato spinto dagli incentivi. Questa politica dei
bonus potrà continuare a lungo? Gli incentivi servono per lanciare un settore
nella prima fase e portarlo, poi, a una crescita autonoma. In Italia credo
siano ancora necessari, magari con una progressiva riduzione, per qualche anno,
ma è chiaro che prima o poi dovranno finire. Per consolidare i risultati
ottenuti e non disperdere i benefici degli incentivi pagati, serve però una
politica generale di sostegno, che indichi per esempio un piano chiaro di messa
in servizio di nuovi impianti inquadrati nel sistema energetico nazionale e una
semplificazione burocratica. Questo consentirebbe agli operatori di
organizzarsi puntando a costi di produzione del Kwh fotovoltaico confrontabili
con quelli di altri sistemi di generazione. Un obiettivo nazionale apprezzabile
sarebbe quello di dotare tutte le nuove costruzioni di impianti fotovoltaici
autonomi, ma per questo c'è ancora molto da lavorare. Al.R. © RIPRODUZIONE
RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)"
del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore del lunedì sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-22 - pag: 3 autore:
DALLA PRIMA Questione «terza Italia» è invece un fattore di accelerazione di
fenomeni che sono già in corso di realizzazione, sia sotto il profilo dei suoi
aspetti positivi (innovazione, nuove tecnologie), sia sotto quelli negativi
(perdita di posti di lavoro, chiusura di imprese). Il sistema produttivo
industriale da diversi anni è attraversato da un processo di metamorfosi
profonda e che nel recente passato ha già conosciuto scuotimenti importanti,
come nel caso dell'ingresso della Cina nel commercio internazionale. A questi
eventi, la parte più significativa delle imprese ha risposto positivamente
ridefinendo la propria organizzazione, spostando all'estero le fasi produttive a
minore valore aggiunto, elevando la qualità dei propri prodotti, organizzando
la filiera e le reti. Tuttavia, la crisi finanziaria globale si è
verificata nello stesso tempo e in tutti i paesi in modo trasversale,
annullando un tempo utile al nostro sistema produttivo per cercare nuovi
mercati alternativi. Accelerando spasmodicamente il tempo richiesto per
adeguarsi ai nuovi scenari. In questo senso, l'interrogativo che la crisi globale pone è se effettivamente abbia una natura
"meritocratica" nelle sue conseguenze. Ovvero se la selezione che sta
avvenendo, lascerà domani vivere le imprese che hanno saputo rischiare di più
nell'innovazione, nel riposizionarsi sui mercati, nell'internazionalizzazione
dei rapporti. E che per fare questi processi hanno dovuto accedere a
finanziatori e al sistema del credito. Quest'ultimo, però, in questa fase di
incertezza, è più restio a rischiare insieme alle imprese. Una risposta ancora
non c'è,e solo il futuro prossimo lo farà capire. Tuttavia è un possibile
effetto che solo una politica degli interventi accorta a sostegno delle imprese
può contenere. Nel contempo, però, anche le realtà socio economiche più
attardate nello sviluppo e con situazioni sociali più complicate (come nel caso
di alcune realtà non tutte - del Mezzogiorno) risentono maggiormente degli
effetti della crisi. In questi casi, pesano uno
sviluppo industriale più rarefatto e disomogeneo, la limitatezza di
infrastrutture materiali e sociali adeguate, situazioni di degrado diffuse. In
una situazione di difficoltà già accentuata, la crisi
fa pesare ulteriormente i suoi effetti deflagranti. Dunque, la recessione
sbalza e amplifica ulteriormente i dualismi presenti nel nostro paese: le due
grandi "questioni" dell'Italia, quella settentrionale e quella
meridionale, trovano qui un'ulteriore conferma. E, forse, se ne sta affacciando
anche una che riguarda il Centro Italia. Una crisi,
quindi, ma effetti diversi. Il rischio assolutamente da evitare per l'Italia è
di accentuare ulteriormente le distanze interne in vista della ripresa. Daniele
Marini daniele.marini@unipd.it © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Corriere della Sera"
del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Sport data: 22/06/2009 - pag: 8 Capitalisti della Capitale
di PAOLO FOSCHI Roma calcio il rebus irrisolto Chi ci sarà in cima alla
cordata? Chi, dietro l'offerta che Vinicio Fioranelli, procuratore di calcio,
ha presentato per acquisire l'As Roma dalla famiglia e da Rosella Sensi? La
domanda rimbalza da giorni nei salotti capitolini (e non solo) della finanza.
Secondo quanto dichiarato dallo stesso Fioranelli, con lui ci sarebbe l'uomo
d'affari svizzero Volker Flick e una non meglio precisata cordata elvetica. I
tifosi temono che l'operazione possa portare a uno spacchettamento del
patrimonio della società, per pagare l'acquisto e coprire i debiti. Del resto
dal punto di vista imprenditoriale, più che il marchio calcistico e le prodezze
dei vari Francesco Totti e Daniele De Rossi fanno gola gli asset immobiliari e
i potenziali business della città dello sport di Torrevecchia e il nuovo
stadio, su cui hanno già messo gli occhi i big del settore delle costruzioni.
Insomma chi compra potrebbe poi cedere in chiave speculativa la parte
immobiliare, pagare l'operazione con i soldi incassati e tenersi la squadra, privata però della parte di patrimonio su cui dovrebbe basarsi la
solidità finanziaria della
società. Chi fa dunque parte della misteriosa cordata? Qualche costruttore? I
tifosi aspettano risposte. E la Consob, la Commissione di vigilanza sui mercati finanziari, continua a seguire
gli sviluppi della vicenda. Vinicio Fioranelli Rosella Sensi
( da "Repubblica.it" del
22-06-2009)
Argomenti: Crisi
NEW YORK
- Le sue condizioni di salute hanno tenuto con il fiato sospeso per mesi tutti
gli appasionati di tecnologia. Steve Jobs affida oggi a un comunicato stampa il
suo ritorno sulla scena mediatica, il suo primo atto ufficiale dopo mesi di
assenza. Lo fa per commentare il grande successo del nuovo modello di iPhone,
il 3GS, che in tre giorni dal lancio sul mercato ha venduto un milione di
pezzi. Cifre sbalorditive. Ai nuovi iPhone venduti vanno infatti aggiunti i sei
milioni di download effettuati per aggiornare con il nuovo firmware 3.0 i
vecchi modelli di iPhone e iTouch. "I consumatori stanno votando e
l'iPhone sta vincendo - scrive Jobs - Con oltre 50mila applicazioni disponibili
sul rivoluzionario App Store di Apple l'iPhone è sempre più popolare". Il
trionfale annuncio di Jobs sembra mettere definitivamente a tacere le voci
sulle sue condizioni di salute. Il fondatore dell'azienda di Cupertino riappare
dopo sei mesi di stop forzato. Nei giorni scorsi il New York Times aveva
scritto - mai smentito - che Jobs si stava ristabilendo dopo aver subito un
trapianto di fegato. Voci che si sono scontrate con il netto riserbo da sempre
mantenuto dalla Apple sulle condizioni del suo amministratore delegato. A
gennaio un comunicato ufficiale aveva annunciato il rititro di Jobs per sei
mesi "a causa di una serie di cure ormonali da effettuare". A destare
immediate preoccupazioni era stata la storia clinica di Jobs, già operato nel
2004 per un cancro al pancreas e affetto da diabete sin dal 2005. Il comunicato
di oggi potrebbe preannunciare il ritorno di Jobs in carne e ossa previsto, sempre nella nota diffusa lo scorso gennaio, per la fine di
giugno. OAS_RICH('Middle'); I mercati finanziari sembrano però ancora increduli. L'effetto combinato del ritorno
di Jobs e del nuovo iPhone non ha avuto riscontro positivo a Wall Street, dove
il titolo Apple ha perso terreno. (22 giugno 2009
( da "Repubblica, La" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
24 - Economia Borse giù, Milano maglia nera: -4% Trichet: rischi di inaspettate
turbolenze L´Europa brucia 110 miliardi. Industria italiana indietro tutta La
Banca Mondiale taglia le stime sul Pil : resistono solo India e Cina. Tonfo in
Italia di fatturato e ordinativi in aprile ELENA POLIDORI ROMA - Le Borse
soffrono. Vanno tutte giù spaventate dall´ennesimo ritocco delle stime di
crescita dell´economia deciso dalla Banca mondiale, da una serie di dati che
pesano singolarmente su ciascun mercato (per l´Italia il crollo di fatturato e
ordinativi dell´Industria) e non ultimo da una buia previsione di Jean-Claude
Trichet, presidente della Bce: «Ci sono ancora rischi di
una improvvisa emergenza per una inaspettata turbolenza sui mercati finanziari». Ovunque grava il
timore della recessione, riacceso dalla World Bank che corregge al 2,9% il calo
del Pil mondiale 2009 e pronostica un ribasso dell´1,6% nei paesi in via di
sviluppo esclusi Cina e India: tutti i dati sono inferiori alle attese.
Così, da Parigi a Madrid, da Londra a Francoforte, avanza il segno meno,
complici anche alcune scadenze tecniche. In un giorno solo l´Europa brucia 110
miliardi. Perde pure Wall Street (Dow Jones -2,35%). Milano guida i ribassi con
l´indice Ftse Mib che lascia sul campo oltre il 4%. Sui risultati italiani
influiscono anche i dati del fatturato dell´industria ad aprile che non ha
variazioni sul mese precedente ma accusa un calo del 22,2% su aprile 2008. Gli
ordinativi scendono del 3,7% su marzo e del 32,2% su aprile 2008. L´industria
dell´auto registra un calo degli ordini del 20,2% su base annua (-44,5% esteri
ma più 4,6% nazionali con un piccolo balzo). Il fatturato segna una flessione
complessiva del 31,1% su base annua(-5,5% nazionale, -58,1% estero). «Siamo al
fondo della crisi. Sono fiducioso che la ripresa sia già iniziata», assicura il
ministro Claudio Scajola. Sui mercati però c´è
tensione. Trichet spiega che «ci sono i primi segnali che la debolezza
dell´economia sta rallentando», ma invita a «restare in allerta»: «Ci troviamo
ancora in acque non esplorate». Quindi esorta i governi a pensare ad una
exit-strategy dalle misure anti-crisi; vuole che tornino a preoccuparsi della
sostenibilità dei conti pubblici, messa a dura prova dalla recessione. Piano
piano questo il succo del messaggio - bisogna che i paesi
trovino «un giusto equilibrio» tra la necessità di reagire alla crisi e
«l´altrettanto innegabile obbligo di ritornare su un sentiero sostenibile nel medio
termine». Una necessità, quest´ultima, evidenziata anche dal Commissario Ue,
Joaquin Almunia: «Non possiamo permetterci di uscire da questa recessione
creando grandi squilibri che saranno all´origine della prossima crisi». Tra i
punti interrogativi anche quelli più tecnici che hanno a che fare con il
rafforzamento della vigilanza Ue approvato dal Consiglio europeo in una
versione compromissione per via delle forti resistenze inglesi. «I leader hanno
deciso di non decidere», commenta Lorenzo Bini Smaghi, del board Bce. «Speriamo
di non dovere aspettare la prossima crisi per fare una scelta più chiara». Per
la cronaca: negli Usa Obama difende il piano per dare nuovi poteri alla Fed
come "supervisore dei rischi sistemici" del domani. La questione
della prossima crisi, della prossima emergenza aleggia sui mercati,
specie dopo l´uscita di Trichet: «Siamo ancora in una fase di discesa
dell´economia. Ci sono rischi di impreviste turbolenze finanziarie».
E in qualche maniera di pericoli simili parla anche la Banca Mondiale quando
afferma che «per prevenire una seconda fase di instabilità i paesi devono
riformare il settore finanziario e sostenere le
nazioni più povere». Pur prevenendo un recupero nel 2010, questi esperti
dicono: siamo entrati «in un´era di crescita più bassa» che richiederà più
controlli del settore finanziario.
( da "Repubblica, La" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
II - Genova Crisi, Liguria a doppia velocità la produzione tiene, il commercio
ko Consumi giù meno che altrove, ma negozi decimati Dati pessimi su alberghi e
ristoranti: chiusure a raffica, poche le inaugurazioni Il titolare della
gioielleria è anche presidente del Civ: "Noi commercianti siamo incapaci
di lavorare in gruppo" RAFFAELE NIRI Mugugnavate che c´è poco lavoro, che
le attività economiche languono, che gli indici relativi ai consumi fanno
pietà? Liguri, tornate a sorridere: non solo la crisi non è uguale per tutti,
ma vivete in un´isola felice. Almeno per un po´. Nella classifica tra le
regioni in cui si è avvertita maggiormente la crisi - redatta dal "Centro
studi Sintesi" per conto del Sole 24 Ore, valutando 14 indicatori diversi
- la Liguria è messa malissimo. Cioè benissimo: tutto è relativo, naturalmente,
ma peggio (meglio) di noi c´è solo la Valle d´Aosta. In sintesi: l´intensità
della crisi sulla Liguria ha un impatto bassissimo (siamo in linea con la
Basilicata, la Sardegna, il Molise, ma leggermente meno in ansia di queste tre
regioni), siamo in assoluto la regione che ha meno problemi con le attività
economiche, siamo al penultimo posto come crollo dei consumi (in diciotto
regioni la diminuzione è stata molto più vistosa), siamo a metà classifica solo
per quanto concerne la crisi di credito alle imprese. C´è da sorridere, allora?
Nemmeno per sogno: come spiega la stessa indagine "in Liguria gli antidoti
alla crisi sono rappresentati dall´elevata terziarizzazione del tessuto
produttivo, dal rapporto quasi inesistente col commercio estero e dal
turismo". Ma questi "antidoti" sono smentiti pesantemente da
tutti gli addetti ai lavori. Come ha riportato Repubblica nella sua edizione di
domenica, tanto il presidente della Camera di commercio Paolo Odone quanto il
presidente di Carige Giovanni Berneschi in una tavola rotonda svoltasi sabato
al Porto Antico hanno lanciato un accoratissimo "allarme terziario".
Rincara la dose il segretario degli artigiani della Cna, Roberto Timossi:
«Magari non chiudono, i nostri artigiani, ma sono ripiegati su se stessi.
Magari non licenziano, perché sanno che i tempi di vacche magre passeranno e
poi formare un dipendente sarà molto più costoso. Ma conosco decine di
lattonieri, muratori, elettricisti, titolari di micro-imprese, che continuano a
sacrificare orari e guadagni, nella speranza che prima o poi il brutto passi».
Le cifre che riportiamo in tabella parlano da sole. Nel commercio, tanto nel
2007 quanto nel 2008, c´è un gap di oltre mille aziende tra quelle che hanno
aperto e quelle che hanno chiuso: in soldoni, in appena due anni, hanno chiuso
2.350 attività più di quante ne siano state aperte. Per alberghi e ristoranti,
percentualmente parlando, ancora peggio: 1.400 nuove attività in due anni e
1.900 chiusure, saldo a meno cinquecento. E questo è il settore che tiene. E
allora così ci tiene a galla? I numeri assoluti: visto che c´è poco export, per
quanto l´export cali, il dato non si sente. Visto che c´è poco lavoro, per
quanto i posti diminuiscano, il grosso del reddito è comunque dato dalle
pensioni. E così via. Spiega l´indagine del "Centro studi Sintesi": «La morsa della recessione che partita dai mercati finanziari è arrivata
all´economia reale, colpendo allo stomaco imprese e famiglie, non stringe
ovunque con la stessa forza. In alcune regioni - Toscana e Marche, soprattutto,
ma anche Lombardia - si sente più che in Valle d´Aosta, Liguria e Basilicata)
anche se tra i primi in classifica e gli ultimi non esistono distanze abissali».
Comunque, consoliamoci: il resto d´Italia è messo peggio di noi.
( da "Repubblica, La" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
17 - Esteri "Mai il burqa in Francia" Sarkozy sfida l´Islam Un
prestito nazionale per favorire gli investimenti Non ci saranno misure di
austerità né nuove imposte per colmare il disavanzo pubblico GIAMPIERO
MARTINOTTI dal nostro corrispondente PARIGI - I fasti di Versailles, la pompa
dei corazzieri in tenuta da cerimonia, un discorso ecumenico: Nicolas Sarkozy
ha vestito i panni del "Presidente Sole", come lo ha ribattezzato una
parte della stampa, per parlare di fronte alle Camere riunite a Congresso. Per
trovare un precedente bisogna risalire addirittura al 1848, quando il principe
presidente, Charles-Louis Napoléon, non ancora Napoleone III, si rivolse
direttamente ai deputati. Dal 1875, la Repubblica aveva vietato al capo dello
Stato di mettere piede in Parlamento e solo la riforma costituzionale dell´anno
scorso ha messo fine a una lunga tradizione. Un avvenimento solenne, accettato
controvoglia dall´opposizione, che ha accusato Sarkozy di civettare con
l´Ancien Régime. Un cerimoniale studiato nei dettagli, ma poche novità
politiche di rilievo. In sostanza, due sono stati gli annunci del presidente:
l´idea di lanciare un prestito pubblico per finanziare gli investimenti
essenziali per il futuro e il no al burqa. Per il resto, Sarkozy ha ricordato molto
i valori della `République´, primo fra tutti la solidarietà in tempo di crisi.
La forma, insomma, è stata più importante del contenuto. Arrivato al castello
di Versailles insieme alla moglie, che lo ha ascoltato dalla tribuna del
pubblico e lo ha applaudito sorridente, il capo dello Stato ha voluto
soprattutto mostrare al paese, anche da un punto di vista protocollare, che è
lui a dettare la politica francese, riducendo il primo ministro a un semplice
esecutore. E´ stato spesso così sotto la Quinta Repubblica, oggi lo è ancor più
che in passato: «Rivolgendomi a voi, sono cosciente d´inaugurare un cambiamento
profondo nella nostra tradizione repubblicana. E´ venuto il momento di
stabilire tra il potere esecutivo e il potere legislativo rapporti più consoni
allo spirito di una democrazia pacificata, in cui tutti si ascoltano e si
rispettano». Una visione non condivisa dall´opposizione: comunisti e verdi
hanno boicottato la seduta, i socialisti hanno ascoltato il presidente, ma
hanno disertato il dibattito seguito alle sue dichiarazioni. A nessuno è
sfuggito l´intento politico di Sarkozy: ha voluto sfruttare la vittoria alle
europee per dare un nuovo impulso al suo quinquennio presidenziale, indicando a
grandi linee le prossime riforme. Domani procederà a un rimpasto governativo,
ma limitato ad alcune poltrone. Il capo dello Stato ha promesso che non ci
saranno misure di austerità, né nuove imposte per colmare il disavanzo
pubblico, che quest´anno raggiungerà il 7,5% del pil. Ha promesso tagli alle
spese inutili e a quelle di funzionamento. Ed ha annunciato un grande prestito
pubblico per finanziare gli investimenti del futuro: il governo avrà tre mesi di tempo per studiare i settori in cui si dovrà investire e
poi farà ricorso ai risparmiatori e ai mercati finanziari. Per il resto, Sarkozy ha promesso un nuovo negoziato sulle
pensioni, l´introduzione progressiva della tassa sul Co2, la riforma per
snellire gli enti locali. Il presidente ha anche detto la sua sul burqa: «Non è
il benvenuto sul territorio della Repubblica. Non si tratta di un
problema religioso, ma di un problema di dignità della donna - ha detto
raccogliendo l´applauso più caloroso - . E´ un segno di asservimento, di
avvilimento». Sarkozy ha però lasciato al Parlamento il compito di analizzare il
fenomeno e proporre provvedimenti.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 8 autore: Trichet mette in
guardia sui colpi di coda del credit crunch Bce: «Shock imprevisti possono
frenare il rilancio» Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
L'economia tedesca sta lanciando nuovi segnali di stabilizzazione, dopo il
crollo della fine del 2008. La situazione però rimane incerta, come ha ribadito
ieri la Banca centrale europea. L'istituto ha avvertito della possibilità di
nuovi improvvisi scossoni in un settore finanziario che questa settimana
beneficerà di una maxi operazione di rifinanziamento della Bce. L'indice Ifo,
che riflette la fiducia delle imprese tedesche, è risalito in giugno ai massimi
da novembre, balzando da
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 8 autore: I volti della
crisi. La recessione è più profonda del previsto e il Pil mondiale scenderà del
2,9% Emergenti a secco di capitali Banca mondiale: gli investimenti esteri si
dimezzeranno nel 2009 Alessandro Merli Il crollo dei flussi di capitale verso i
paesi emergenti rischia di far deragliare la ripresa globale, che si spera
possa essere trainata proprio da questi paesi. La Banca mondiale ha diffuso
ieri un rapporto secondo cui i flussi netti di capitali privati hanno accusato
nel 2008 una brusca caduta, a 707 miliardi di dollari, dal picco di 1.200
miliardi del 2007. La Banca prevede che saranno poco meno che dimezzati
quest'anno,scendendo a 363 miliardi. Le cifre, anche se su un campione diverso
di paesi, confermano una tendenza evidenziata nei giorni scorsi dalle stime
dell'associazione delle grandi banche internazionali, l'Institute of
international finance. Il presidente della World Bank, Robert Zoellick, aveva
già anticipato, alla vigilia del G-8 di Lecce, le previsioni del rapporto
riguardo l'andamento dell'economia globale,che accuserà una contrazione
quest'anno del 2,9 per cento (superiore a quanto finora previsto). I paesi in
via di sviluppo cresceranno solo dell'1,2%, in netta decelerazione dall'8,1 del
2007 e dal 5,9 del 2008. Escludendo Cina e India, il Pil degli altri paesi in
via di sviluppo cadrà quest'anno dell'1,6%.La ripresa dovrebbe arrivare
dall'anno prossimo, con una crescita per l'economia mondiale del 2% e per i
paesi in via di sviluppo del 4,4. La scarsità di capitali, dovuta
anche alla massiccia ristrutturazione dei sistemi bancari nei paesi avanzati e
all'instabilità dei mercati finanziari, può ostacolare seriamente il rilancio. «Il crollo dei flussi -
dice l'economista della Banca mondiale, Mick Riordan, uno degli autori del
rapporto - è stato pesante soprattutto nell'ultimo trimestre 2008, dopo il
fallimento di Lehman. Nel primo trimestre di quest'anno, c'è stato
qualche segnale incoraggiante con il ritorno sui mercati
dei capitali di alcune emissioni sovrane. I prestiti bancari e gli investimenti
azionari di portafoglio però sono ancora in calo». Nel complesso, i paesi in
via di sviluppo avranno necessità di finanziamento fra i 350 e i 635 miliardi
di dollari, ma difficilmente il crollo dei flussi privati sarà interamente
compensato da fondi pubblici. L'analisi delle diverse regioni dell'economia
mondiale presenta uno spettro molto ampio di reazioni alla crisi: dall'Estremo
oriente,un'area a grande vocazione esportatrice, dove ha pesato il
ridimensionamento del commercio mondiale, ma che sembra la più pronta alla
ripresa, grazie anche alla spinta dello stimolo fiscale adottato dalla Cina;
all'Europa centrale e orientale, che aveva basato lo sviluppo degli ultimi anni
sui flussi di capitali esteri che sono caduti del 47% dal 2007 al 2008. Il Pil
di quest'area subirà quest'anno una contrazione del 4,7%, con un rimbalzo solo
all'1,6 nel 2010. «Ampli deficit delle partite correnti e il surriscaldamento
dell'economia hanno reso molti paesi vulnerabili all'improvvisa inversione dei
flussi di capitale e alla domanda più debole di esportazioni», dice il
rapporto. Si tratta di una delle aree dove sono più forti gli interessi
italiani, soprattutto con il coinvolgimento delle grandi banche, Unicredito e
Intesa San Paolo. «Credo che i pericoli di collasso siano stati evitati - dice
Riordan - con i pacchetti di finanziamenti delle istituzioni internazionali, ma
l'area resta una delle più a rischio». © RIPRODUZIONE RISERVATA IN DIFFICOLTà
La flessione sarà del 4,5% per l'Eurozona e del 3% per gli Stati Uniti Male i
paesi in via di sviluppo Ripresa debole nel 2010
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 10 autore: Regno Unito. Si
allarga a tutto il paese la protesta contro Total Tremila operai a sostegno
dello sciopero di Lindsey Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente Si
allarga a tutta la Gran Bretagna la protesta per i licenziamenti alla
raffineria della compagnia petrolifera Total di Lindsey, in Lancashire, che fu
teatro del clamoroso sciopero anti-italiano dei mesi scorsi. Novecento operai
hanno incrociato le braccia in Cumbria, quattrocento in Galles occidentale,
duecento in quello meridionale, mille in Teeside e altre centinaia sparse in
tutto il paese. Astensioni dal lavoro decise in segno di solidarietà per il licenziamento
di 647 lavoratori della Total accusati di aver, improvvisamente, scioperato
contro il taglio di 51 posti deciso da due società che operano in subappalto
nel complesso della raffineria. Total non si considera responsabile delle
azioni delle imprese che operano in subappalto e non ha accettato le modalità
dell'agitazione decisa dai suoi dipendenti. Dopo aver consegnato le lettere di
licenziamento la società francese si è detta pronta revocarle se la protesta
fosse rientrata immediatamente. La risposta è arrivata ieri mattina sotto forma
di un falò nel quale i lavoratori hanno bruciato le lettere inviate loro dalla
Total. Contemporaneamente, come fosse stata accesa una miccia, si è estesa la
protesta in segno di solidarietà con i lavoratori di Lindsey che già aveva
occhieggiato venerdì. Ieri, però, i numeri si sono moltiplicati con più di
tremila operai in agitazione in tutto il paese e la distribuzione geografica
delle astensioni fa temere possibili azioni più dure e su vasta scala. La
giornata di ieri è trascorsa nel tentativo di mediare fra le parti con Total
ferma nel chiedere ai lavoratori di presentare nuovamente domanda per il posto
perduto entro le cinque del pomeriggio, deadline alla quale la compagnia non
intendeva derogare. In sostanza la società francese non ha più intenzione di
garantire quei posti che ha tagliato dopo lo sciopero selvaggio dei giorni
scorsi. Questa mattina la protesta a Lindsey riprenderà e riprenderanno pure
gli scioperi per simpatia nel resto del paese. In Gran Bretagna le agitazioni
di categoria in segno di solidarietà non sono legali e avvengono oltre le
dinamiche sindacali classiche. Per questo sono particolarmente pericolose. Era
successo in occasione dello sciopero contro gli italiani che proprio a Lindsey
lavoravano in subappalto. All'epoca lo slogan dei manifestanti era "Posti
di lavoro inglesi per lavoratori inglesi", parola d'ordine
che ammantò di protezionismo l'operato delle Trade Unions. Questa volta il quadro è
differente, ma forse più preoccupante. Quella che di fatto è messa in
discussione è la norma dello sciopero in segno di solidarietà, uno dei passaggi
cruciali delle riforme realizzate da Margaret Thatcher per contenere lo
strapotere dei sindacati. In un contesto di recessione e crisi come
quello attuale il sindacato tende a riprendere l'iniziativa o rischia di essere
scavalcato. L'efficacia delle azioni di protesta passa spesso attraverso
astensioni generalizzate e improvvise. Le Unions, ufficialmente, non possono
sostenere scioperi di questo tipo e talvolta sembrano subirli. Che ne siano gli
ispiratori o che siano superati da una base più radicale della stessa
leadership sindacale, è difficile da dire. Resta però la certezza che la
recessione stia mettendo a dura prova la "pace sociale" britannica
degli ultimi vent'anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCONTRO SOCIALE Crescono le
azioni di solidarietà dei lavoratori La compagnia non intende riassumere i
dipendenti licenziati nella raffineria
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-06-23 - pag: 23 autore:
Ambiente. La multinazionale perfeziona l'acquisto del 28% di Archimede Siemens
Italia investe nel solare La green economy conquista anche Siemens Italia, che
ha confermato l'avvenuto acquisto del 28% delle quote di Archimede Solar
Energy, azienda specializzata nel settore del solare termodinamico.
L'obiettivo, ha spiegato Federico Golla, vicepresidente e amministratore
delegato del ramo italiano della multinazionale tedesca, «è quello di espandere
le nostre competenze nelle turbine a vapore per centrali solari a
concentrazione». All'acquisizione dovrebbe seguire a breve la costruzione di un
nuovo sito produttivo in Umbria che andrà a occupare circa 120 addetti. «Per
Siemens – ha continuato Golla – ciò significherà prepararsi a diventare uno dei
principali fornitori per questo genere di impianti e quindi giocare un ruolo
cruciale nello sviluppo delle energie rinnovabili in Italia». Una strategia in
linea con le direttrici del gruppo che, ieri, per bocca del suo presidente e
Ceo, Peter Loescher, ha anticipato che, grazie ai programmi di stimolo
all'economia già annunciati dai Governi in tutto il mondo, Siemens si aspetta
di ottenere, in tre anni, nuovi ordini per 15 miliardi di euro, il 40% dei
quali andrannoa incrementare in maniera significativa la quota proveniente dal
portafoglio ambientale. «Con i loro programmi ha chiarito Loescher- i Governi
mondiali stanno mandando i giusti segnali. Sullo sfondo
della peggior crisi finanziaria degli ultimi decenni, queste misure ammortizzano almeno
parzialmente il brusco declino nella domanda da parte del settore privato».
Analizzando i programmi di stimolo economico avviati dai diversi Paesi, la
quota più significativa accessibile a Siemens è quella generata dagli Stati
Uniti per un totale di 85 miliardi di euro, seguiti da Cina (25
miliardi) e Germania (5 miliardi). «Buona parte di questi investimenti - ha
continuato Loescher- sono destinati alle tecnologie verdi: in Cina
rappresentano circa il 50%, mentre in Germania raggiungono il 60 per cento. Ma
Siemens può aiutare anche altri Paesi a raggiungere i rispettivi obiettivi di
protezione ambientale, soprattutto collaborando strettamente con le
amministrazioni locali». E uno di questi, appunto, è l'Italia,al cui sistema
produttivo l'Esecutivo ha riservato un pacchetto di 40 miliardi di euro fra
finanziamenti infrastrutturali e aiuti diretti alle imprese: «Possiamo contare
su uno dei migliori sistemi di incentivi in Europa per stimolare gli investimenti
nelle fonti rinnovabili - ha sottolineato Golla -. Investimenti che per noi
sono strategici: insieme ad altri programmi governativi disponibili per lo
sviluppo di sistemi e soluzioni ecosostenibili e di risparmio energetico,
Siemens Italia sta progettando di sviluppare ulteriormente la propria quota di
mercato, con una stima di crescita di circa 40 milioni di euro. In Italia,
infatti, possiamo fare leva sul nostro centro per il manufacturing execution
system a Genova, che dà lavoro a più di 600 persone, sul centro di competenza
internazionale per il trattamento delle acque a Pavia, sul sito di produzione
di trasformatori a Savona e ora anche sull'Archimede Solar Energy». Anche la
sanità, infine, fra le priorità di Siemens: «Sappiamo come progettare un ospedale
ecologico che operi con un approccio basato su workflow. E sappiamo che è
questo genere di investimenti che permetterà al nostro Paese di crescere », è
la conclusione di Golla. M.D.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 41
autore: Regole. Ricadute della Mifid All'esame del goveno l'albo dei consulenti
Stefano Elli Alla terza proroga e a un anno dall'entratain vigore della Mifid,
la direttiva comunitaria sui mercati finanziari, potrebbe finalmente partire l'albo dei consulenti finanziari. è previsto per oggi,
in sede di pre consiglio dei ministri,l'esame definitivo dello schema di
decreto legislativo che andrà a modificare il Testo unico della Finanza
(decreto 58/1998) e il decreto 164/2007 in materia di mercati
degli strumenti finanziari. Tra le novità più attese
nel settore spicca, appunto, l'istituzione dell'albo delle persone fisiche
consulenti finanziari che andrà ad aggiungersi a
quello già esistente dei promotori: un parallelismo sottolineato anche dai
chiarimenti degli aspetti tecnico normativi del provvedimento. L'albo, atteso
da tempo da migliaia di operatori del settore, sarà tenuto, analogamente a
quanto avviene per i promotori, da un organismo composto da un presidente e da
quattro membri di cui due in rappresentanza degli iscritti designati secondo le
modalità fissate dallo statuto dell'organismo. Si tratterà di un organismo
dotato di autonomia finanziaria: riscuoterà, dunque, i
contributi dagli iscritti, da coloro che richiederanno l'iscrizione e dagli
aspiranti consulenti, che intendessero sottoporsi alle prove valutative volte a
stabilirne l'idoneità professionale. Non è che l'ultimo di una serie di
interventi normativi tesi a regolamentare un settore complesso e sfilacciato
come quello degli intermediari della finanza e del credito. Il decreto,
infatti, si accompagna al Provvedimento di Banca d'Italia pubblicato in
Gazzetta Ufficiale il 20 giugno scorso che va a regolare la materia dei
soggetti operanti nel settore finanziario. Le
disposizioni di Palazzo Koch, vanno a modificare le modalità d'iscrizione e di
cancellazione nell'elenco generale previsto dall'articolo 106 del Testo unico
bancario. Il tutto andando a innalzare l'asticella, sino a questo momento
piuttosto bassa, dell'accesso al settore. Tanto bassa da avere reso in questi
ultimi anni particolarmente complesso un adeguato controllo da parte
dell'Authority anche nel compo degli intermediari creditizi: una situazione
alla quale in Via Nazionale si è deciso di mettere un freno definitivo. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA DOPO TRE PROROGHE A Palazzo Chigi il testo definitivo
delle modifiche alla «legge Draghi» Banca d'Italia stringe sui requisiti degli
intermediari
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 43 autore: Auto.
La richiesta di aiuti bocciata da Berlino verrà ripresentata Porsche a caccia
di fondi FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Porsche resta alla disperata
ricerca di soldi, dopo che la mancata scalata a Volkswagen ha creato debiti per
nove miliardi di euro. Le indiscrezioni di venerdì scorso sono state
confermate: la richiesta di un prestito statale da 1,75 miliardi di euro è
stata bocciata dalla banca pubblica KfW, tanto che la società di Stoccarda deve
ripresentare domanda al governo tedesco. Al tempo stesso, Porsche continua i
negoziati con l'emirato arabo del Qatar, pronto ad acquistare una quota del 25-
30%. Novità vi potrebbero essere tra la fine di giugno e l'inizio di luglio. La
stampa tedesca ha rivelato che anche Daimler starebbe discutendol'ipotesi di
entrare nel capitale del produttore di auto sportive (si veda il Sole 24 Ore di
sabato). Le società hanno nicchiato. Daimler ha detto ieri che «nel settore
automobilistico tutti parlano con tutti». Se Porsche è in difficoltà, il
produttore delle Mercedes-Benz non è in una situazione migliore, tanto che nei
mesi scorsi ha ricevuto l'aiuto dell'emirato arabo di Abu Dhabi cui ha ceduto
una quota del 9%. Tenendo conto che Porsche controlla il 51% di Volkswagen, un
eventuale ingresso di Daimler nella società di Stoccarda potrebbe provocare
problemi di antitrust anche perché Porsche, oltre a trattare con il Qatar e con
il produttore di MercedesBenz, sta anche negoziando una difficile integrazione
con la stessa Vw. Complice la scalata fallita, l'obiettivo tra le due aziende è
ormai una fusione. Negli Stati Uniti, dove la ristrutturazione del settore è stata innescata dalla crisi
finanziaria, la qualità delle auto made in Usa migliora
paradossalmente proprio nell'anno in cui due costruttori su tre sono falliti.
Secondo il rapporto annuale della società di consulenza J.D. Power, Detroit è
riuscita a migliorare la qualità iniziale dei veicoli del 10%nel 2009
nonostante l'impatto delle difficoltà economiche e della recessione: sia
Ford che Gm e Chrysler hanno ridotto il numero di difetti iniziali, anche se
restano lontane dal primo posto in classifica, per il quale quest'anno Lexus
(il marchio di lusso di Toyota) ha risorpassato Porsche. All'ultimo posto si è
invece piazzata la Mini (Bmw). Secondo David Sargent, vice president della Jd
Power, il gap di qualità tra case americane e straniere è sceso ai minimi
storici. Particolarmente rilevante il balzo di Chrysler; il marchio Jeep, ultimo
nel
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 13 autore: Parigi. Il
presidente ha annunciato il finanziamento a dispetto di un deficit stimato al
7,5% del Pil Maxi-prestito per la Francia Sarkozy: politica del rigore
fallimentare, non aumenterò le tasse Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro
corrispondente L'iper-presidente è di ritorno. Galvanizzato dal successo delle
elezioni europee e da un indice di popolarità nuovamente in ascesa, Nicolas
Sarkozy ha scelto una cornice solenne, inedita (e regale) per un presidente
della V Repubblica - la sessione plenaria di Camera e Senato in Consiglio a
Versailles - per tracciare il cammino della fase due del quinquennato: come
uscire dalla crisi, quali riforme portare avanti e con quali risorse. Con un
discorso di tre quarti d'ora reso possibile da una riforma costituzionale (è
dal 1875 che un capo di stato non poteva esprimersi davanti ai rappresentanti
del potere legislativo) Sarkozy si è espresso con sobrietà, ma senza entrare
troppo nei dettagli. Una vaghezza istituzionale che non gli è propria ma che
non ha risparmiato all'audience una piccola-grande sorpresa. Il coniglio nel
cilindro si chiama stavolta maxi-prestito di stato, a dispetto di un deficit
pubblico abbondantemente fuori controllo (7-7,5% del Pil previsto quest'anno e
il prossimo, se tutto andrà bene) e dei più recenti appelli della Bce alla
moderazione nella spesa pubblica una volta che si sarà materializzata la
ripresa economica. Solo che la crisi, secondo il presidente francese, «non è
finita e nemmeno sappiamo quando finirà». Un supplemento di incertezza sul
futuro a medio termine che può giustificare, nuovamente, politiche e strumenti
eccezionali in risposta a una situazione senza precedenti. Non ci sarà, però,
una politica di austerità, «che in passatoè già fallita» e, parola di
presidente, «nemmeno un aumento delle tasse perché così ritarderemmo
ulteriormente la ripresa economica». Una soluzione possibile, secondo Sarkozy, è quella di «un grande prestito di stato presso i risparmiatori o
presso i mercati finanziari»
per alimentare la crescita di domani: infrastrutture, scuola, università,
ricerca, riconversione ecologica dell'economia per ridurre le emissioni di CO2
e combattere i cambiamenti climatici. Insomma, del nuovo debito per una nobile
causa. Tutte da definire le modalità e l'ammontare di questo prestito,
che ha almeno un precedente illustre nel "prestito Balladur" del 1993
(si veda la scheda). I dettagli saranno frutto di una grande concertazione tra
imprenditori, sindacato, ricercatori e parlamentarichepartiràil 1Úluglioedurerà
tre mesi. In autunno si conoscerà dunque quanto e come lo stato francese farà
appello al mercato e/o ai risparmiatori per consolidare l'uscita dalla crisi
economica. Non è un deficit che sembra preoccupare Sarkozy poiché si tratta,
secondo lui, di un indebitamento virtuoso, mirato agli investimenti. La lotta
sarkoziana al deficit strutturale è una lotta alla spesa corrente, a una
pubblica amministrazione ipertrofica e piena di sovrapposizioni: «Quello del
prestito è un annuncio fortemente politico. Perché si trasformi in
un'operazione appetibile per gli investitori, lo stato dovrà sostenere un costo
non indifferente. Non so quanto saranno contenti all'Agence France Trésor,
l'agenzia che gestisce il debito e la tesoreria di stato », dice il capo-economista
di una grande istituzione finanziaria francese. Il
prestito Balladur - 110 miliardi di franchi, oggi 16,5 miliardi di euro - venne
collocato con un tasso d'interesse del 6% mentre l'emissione obbligazionaria
lanciata di recente dal colosso dell'elettricità Edf (controllato all'85% dallo
stato francese) prevede una cedola annua del 4,5 per cento. «Non possiamo
continuare a fissare delle priorità- si è giustificato il presidente - e non
dotarci dei mezzi necessari per conseguirle. è impossibile farlo nell'attuale
contesto di bilancio». L'uscita di Sarkozy rilancerà prevedibilmente il
dibattito e la polemica in sede europea sul rischio di un'esplosione del debito
come possibile conseguenza devastante della crisi. Il capo di stato francese ha
inoltre preannunciato che intorno alla metà del 2010 sarà affrontata la riforma
del sistema previdenziale e che in quell'occasione non vi saranno tabù: «Tutto
sarà messo sul tavolo negoziale, dall'incremento della carriera retributiva
all'allungamento dell'età pensionabile alla punibilità del lavoro ». Domani,
infine, in parte conseguenza delle europee e in parte della volontà di dare
nuovo impulso alla fase due del progetto riformista, ci sarà il rimpasto
governativo atteso da mesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA AL CONGRESSO Il discorso a
Versailles davanti alle Camere riunite: non accadeva dal
( da "Sole 24 Ore, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 31 autore: ANALISI Berlino darà battaglia sul protezionismo al G-8 di Beda Romano C resce in Germania il timore di un'ondata
di protezionismo a livello
mondiale, complice la crisi economica. L'establishment politico dà battaglia su
un tema che preoccupa non poco il primo esportatore al mondo, e che certo non
può lasciare indifferente gli altri paesi leader sui mercati internazionali,
a iniziare dall'Italia. All'inizio del mese, l'associazione imprenditoriale Bdi
ha scritto una lettera di quattro pagine al Congresso americano in cui
definisce il testo dell'American Recovery and Reinvestment Act «poco
trasparente» e attacca in particolare le regole interinali, considerandole
«piene di ambiguità », tali da permettere alle autorità di chiudere il mercato
alle imprese straniere. Sulla falsariga della clausola Buy American, il governo
cinese ha introdotto norme che impongono alle aziende locali di acquistare
prodotti nazionali. «Un segnale pessimo», lo ha definito JÜrgen Hambrecht,
presidente di Basf. Qualche giorno prima il banchiere della Deutsche Bank,
Josef Ackermann, aveva pronunciato un discorso a Pechino particolarmente
esplicito. Riferendosi agli aiuti bancari, il presidente della prima banca
tedesca aveva spiegato che «il fenomeno potrebbe creare un ambiente protezionista
penalizzante per tutti». Dinanzi a questi episodi, l'establishment tedesco si
sta preparando a dare battaglia sia in occasione del G-8 all'Aquila in luglio
che durante il G-20 di Pittsburgh in settembre. «Misure protezioniste sono
emerse anche in America latina – commenta Alexander Lau, lobbista a Bruxelles
per l'associazione tedesca delle Camere di commercio Dihk –. La questione
preoccupa le nostre aziende: capiamo il riflesso di difendere i mercati
nazionali in momenti di crisi, ma è pericoloso perché rischia di pesare sulla
ripresa economica». La stampa tedesca segue la questione con grande attenzione.
Non le sono sfuggiti per esempio gli aumenti dei dazi doganali in Russia,
India, Turchia, Ecuador o Argentina. La Banca mondiale ha registrato 89 nuove
restrizioni al commercio dall'ottobre scorso, di cui ben 23 dall'inizio di
aprile quando si svolse la riunione del G-
( da "Manifesto, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
DIARIO
DELLA CRISI Affonda l'industria, le borse traballano, si invocano «riforme»
Francesco Piccioni C'è sempre un indicatore preciso per capire dove va
l'economia, ed è il prezzo del petrolio. Se la ripresa sembra alle porte il
prezzo sale perché se ne consumerà di più, altrimenti scende. Ieri, al Nymex di
New York, ha perso oltre il 4%, tornando intorno ai 66 dollari (nei giorni
scorsi aveva più volte superato i 72). Se non vi fidate dei prezzi
internazionali, pensando che possano essere manipolati dalla speculazione (ed
entro certi limiti a volte è anche vero), potete trovare conferma nel dati del
fatturato (controvalore di merci già vendute) e soprattutto negli ordinativi.
Restando in Italia - dove un ilare ministro dello sviluppo economico come
Claudio Scajola ha commentato i dati Istat dicendosi «fiducioso che la risalita
sia già iniziata» - il fatturato dell'industria ha fatto segnare, nel mese di
aprile, una variazione nulla rispetto al mese di marzo, ma anche un
catastrofico -22,2% rispetto a un anno prima. Ancora peggio per gli ordinativi,
che fotografano il futuro prossimo. Qui, nel mese di aprile, c'è stata una
riduzione secca del 3,7% rispetto a marzo, ma addirittura del 32,2 rispetto
allo stesso mese del 2008. Di cosa è contento, dunque, il ministro?
Probabilmente di quel +4,6% negli acquisti nazionali di automobili (con quella
massa di incentivi messi in campo, stupisce semmai che il dato non sia
migliore). Ma se guardasse (e dovrebbe farlo per dovere istituzionale!) agli
ordini dall'estero per la stessa auto vedrebbe un terrorizzante -44,5%. A
soffrire di più è proprio l'industria metalmeccanica, quella che da sola
rappresenta in genere il 50% delle esportazioni nazionali. Qui i dati sono da
stato di guerra: -41,1% nella metallurgia, -44 nella fabbricazione di
macchinari, -30,4 per le apparecchiature per uso domestico elettriche e non, -30,1
per i prodotti petroliferi raffinati. Per compensazione, vanno un po' meglio i
preparati farmaceutici (+3,4%). E se ne vedono facilmente le ragioni... Con
dati così alle spalle, anche in altri paesi europei, ci si aspettarebbe dalle
autorità finanziarie un briciolo di ragionamenti
concreti, e quindi la richiesta di un stimolo alle politiche della domanda. E
invece l'imperturbabile Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, che pure è
costretto ad ammettere che «sussiste il rischio di una
inaspettata turbolenza sui mercati finanziari» - sarebbe stato forse più onesto dire «ci aspettiamo una nuova
turbolenza», no? -, ha trovato il tempo di dare indicazioni ai governi
continentali: fare la «riforma delle pensioni». Naturalmente per «dare una
prospettiva ai nostri figli e ai nostri nipoti e avere un bilancio ragionevole
e un deficit ragionevole». L'equazione è chiara: un «mercato del lavoro
più flessibile» per i figli (che in tal modo avranno solo lavori precari, a
bassissima o nulla contribuzione), e un «allungamento dell'età pensionabile»
per i padri (che non potranno perciò lasciare i posti di lavoro liberi per la
generazione successiva. Risultato: tutti - giovani e vecchi - al lavoro sempre,
per tutta la vita, a un salario basso e senza più diritti. Una modesta
proposta: si potrebbe abbassare l'età pensionabile di Trichet, del board della
Bce e dei suoi funzionari, in modo da sostituirli subito. E tagliare
drasticamente, magari, il favoloso assegno pensionistico cui avranno comunque
diritto. Per giustizia, non per altro.
( da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 23/06/2009 - pag: 41 Recessione Il
presidente Bce: possibili altre turbolenze. Bini Smaghi: vigilanza Ue, troppa
indecisione Trichet avverte i mercati: ancora rischi
Tonfo delle Borse, Milano cede il 4,1% Francoforte -3,2%. Su Piazza Affari
l'effetto cedola. Giù euro e petrolio FRANCOFORTE L'economia mondiale? «Siamo
ancora in una fase di discesa dell'attività economica. E anche se ci sono primi
segnali di miglioramento, dobbiamo restare in allerta » ha ammonito ieri il
presidente della Bce Jean-Claude Trichet. Perché, ha proseguito, «ci troviamo
in acque non ancora esplorate» della crisi più profonda del dopoguerra; e «c'è
il rischio di un improvviso riemergere di turbolenze finanziarie
inaspettate», che potrebbe minare sul nascere la ripresa attesa finora per la
metà del 2010. Il segnale d'allarme, lanciato dal numero uno della Bce, nel
corso di una conferenza a Madrid, è coinciso con uno scivolone delle borse, sul
quale pesano i timori per le prospettive dell'economia mondiale. Definite
«molto incerte» dalla Banca Mondiale, che ieri ha rivisto al ribasso - a meno
2,9%, dal meno 1,7% di marzo - le previsioni sul 2009. Mentre nel 2010 la
situazione generale dovrebbe migliorare, e il pil mondiale dovrebbe tornare a crescere
del 2%. L'indice tedesco Ifo ieri ha sorpreso al rialzo. Ma le borse hanno
guardato alle notizie negative: la maglia nera è andata, complice anche lo
stacco cedole, a Milano con l'indice principale in calo del 4,1%. Francoforte è
scesa del 3, 2%, Parigi del 3,04%, Londra del 2,57%, e il Dow Jones ha chiuso
in calo del 2,37%. In caduta anche l'euro, a 1,3858 dollari, mentre il petrolio
a New York è sceso a 66,55 dollari. In ripresa invece l'obbligazionario, dopo
aver constatato che, forse, l'euforia dei mercati
delle scorse settimane era eccessiva. Per questo, hanno spiegato gli operatori,
la borsa non ha reagito al miglioramento del clima fra le imprese tedesche, con
l'indice Ifo aumentato in giugno a 85,9 punti dagli 84,3 di maggio (il top
degli ultimi sette mesi). Trichet ha difeso i provvedimenti presi dai banchieri
di Eurolandia per combattere la crisi, come l'offerta illimitata di liquidità
alle banche e l'acquisto, da luglio, di obbligazioni garantite per 60 miliardi.
L'altro corno della politica monetaria non promette invece sorprese: la Bce
segnala che i tassi sono «adeguati», resteranno invariati nella riunione del 2
luglio. Per il momento, secondo Trichet, spetta ai governi studiare strategie
di rientro dal debito alimentato dalle misure anticrisi. Gli stessi governi che
non trovano ancora soluzione al nodo delle regole. «I leader europei - ha
scritto ieri Lorenzo Bini Smaghi sul Financial Times - hanno deciso di non
decidere » sulla riforma delle autorità di vigilanza. In questo modo, ha aggiunto l'esponente italiano del board Bce, «nella pratica,
le istituzioni e i mercati finanziari nazionali competono tra loro». Mentre «quello che serve è un set
di regole comuni e un quadro chiaro per risolvere le controversie tra autorità
nazionali, soprattutto per quel che riguarda i gruppi finanziari transfrontalieri». Marika de Feo
( da "Manifesto, Il" del
23-06-2009)
Argomenti: Crisi
CRISI
GLOBALE La Banca mondiale gela i facili ottimismi: il Pil crollerà quest'anno
del 2.9% Presente nero, futuro incerto «Per i paesi poveri è meglio la spesa
sociale che il taglio delle tasse» Carlo Leone Del Bello Sulla situazione
economica attuale, la Banca mondiale è molto meno ottimista di quanto i vari
ministri italiani ci invitino a essere. La domanda globale di beni è crollata,
e con questa il commercio internazionale: ciò fa sì che la crescita economica
sia tuttora un miraggio, e la ripresa molto probabilmente sarà decisamente
tiepida. La crisi finanziaria ha inoltre assestato un duro colpo ai flussi di capitale,
provocando un notevole calo degli investimenti nei paesi emergenti. Per i paesi
più poveri, che fanno affidamento su rimesse dei migranti e aiuti esteri,
aumenta il rischio-fame. Il rapporto annuale della World bank sulla
finanza dello sviluppo, presentato a Seul, lascia poco spazio all'ottimismo, e
ridimensiona le speranze che avevano suscitato i «germogli verdi» spuntati qua
e là in alcune rilevazioni mensili dei mesi scorsi. Il Pil mondiale diminuirà
del 2,9% nel 2009, trascinato giù dai paesi sviluppati, il quale prodotto
interno crollerà del 4,2%. Andrà meglio ai paesi in via di sviluppo (Pvs), che
cresceranno dell'1,2%. Esclusa la Cina e l'India tuttavia, i Pvs
sperimenteranno una crescita negativa dell'1,6%. A essere colpita è soprattutto
la produzione industriale di beni manifatturieri, soprattutto a causa del
crollo della domanda mondiale. In tutto il mondo le esportazioni (in volume)
sono diminuite in media del 24%, con punte del 36% in Giappone e del 38% in
Russia. Questo forte raffreddamento dell'economia mondiale non poteva non
riflettersi nei prezzi delle materie prime, i quali in media risultano più che
dimezzati rispetto al 2008. La domanda mondiale di petrolio è calata del 3,7%,
mentre quella di alluminio è crollata del 20%. Per Justin Lin, capo economista
della Banca, le «straordinarie misure adottate dai governi hanno evitato il
collasso completo del sistema finanziario globale», tuttavia la recessione nei
«settori reali» persiste. Pertanto, per invertire il ciclo, ci sarebbe bisogno
di forti misure di politica economica, soprattutto per far riprendere il
credito domestico e i flussi di capitale globali. Questi infatti si sono
drammaticamente prosciugati. La Banca stima che i flussi di capitale privati
sono passati in tre anni da 1.200 miliardi di dollari nel
( da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 23/06/2009 - pag: 43 Il Leone di Trieste
Generali, le mosse dei soci francesi e la scadenza di Bernheim MILANO Antoine
Bernheim continua a ripeterlo: nell'aprile 2010 non si ricandiderà per la
presidenza delle Generali, ma accetterebbe un nuovo mandato se glielo
chiedessero. Rispetto a un'ipotesi del genere però anche i soci francesi di
Mediobanca, sponsor dell'ex banchiere di Lazard, sembrano sempre più cauti.
Domenica Tarak ben Ammar, vicino a Vincent Bolloré, capofila del nucleo
transalpino di Piazzetta Cuccia, ha lasciato intendere al Corriere della Sera
che il momento delle scelte non è maturo. E pochi giorni prima lo stesso
Bolloré ha sottolineato che «spetta al consiglio di Generali decidere ciò che
va fatto». Lui «è solo consigliere e socio di Mediobanca». Prese di distanza?
Certo meno evidenti di quella di Salvatore Ligresti, che di recente ha pesato
le parole per dire che Bernheim «è stato» un ottimo presidente. Ma sembra di
capire che tra gli azionisti di Mediobanca, il socio maggiore della compagnia
con circa il 15%, stia maturando la convinzione che un nuovo mandato triennale
al presidente del Leone che sta per compiere 85 anni non corrisponda a un
modello di governance condiviso. Inizia quindi la partita delle candidature?
Ben Ammar, dopo aver detto di comprendere bene i legami fra Bernheim e le
Generali e di non conoscere nessuno che «a quell'età gradirebbe dare le
dimissioni, nelle aziende o nella politica», ha tuttavia «frenato» sul fischio
d'inizio: «Se aprissimo oggi il totonomine, da qui all'aprile 2010
spunterebbero 102 candidati. Non so chi riuscirebbe a mettere tutti d'accordo.
E se questo farebbe bene all'azienda». In effetti mancano 10 mesi che per le
scelte sui vertici a Trieste rappresentano un'eternità: a Trieste i giochi si
fanno negli ultimi giorni, se non nella notte precedente l'assemblea e il
consiglio. È vero che nell'aprile 2010 verrà rinnovato il board e che quindi
dovranno essere presentate per tempo le liste, ma si tratta comunque di una
corsa che rischia di terminare al fotofinish. E che potrebbe prevedere un
riassetto più complessivo della squadra di comando. Le riflessioni sembrano
comunque orientate verso la selezione di un presidente non operativo ed è probabile tengano conto della buona tenuta dimostrata dal
gruppo nella crisi finanziaria. Prima dell'assemblea Generali è in ogni caso atteso un altro
appuntamento: il rinnovo del patto Mediobanca, che scade a dicembre con
eventuali disdette entro settembre. Lo stesso Bolloré sembra essersi speso di
recente a nome di gran parte dei soci dicendo: «Penso che resteranno tutti».
Nel frattempo il Leone prosegue nella strategia di espansione all'estero e in
particolare nell'Est Europa. In Russia però un accordo sembra lontano: Oleg
Deripaska avrebbe respinto un'offerta da un milione di dollari per la
Ingosstrakh. La crisi in effetti avrebbe reso più
difficile l'intesa su prezzo ed eventuali quote in una possibile joint venture.
In Russia Per il Leone in Russia un accordo con Deripaska sembra lontano
Antoine Bernheim, presidente delle Assicurazioni Generali. Ad aprile dell'anno
prossimo la scadenza del suo mandato alla guida della compagnia triestina
Sergio Bocconi
( da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/1 Dissensi nel board, giù British Airways
Sotto pressione ieri alla Borsa di Londra British Airways (-8,74%), che ha
chiuso a 124,48 pence, il minimo della seduta. Tra le cause della frenata le
dichiarazioni di Richard Branson, proprietario di Virgin, che ha escluso
qualsiasi interesse per la società, ma anche le voci di dissensi all'interno
del board sulle strategie future. Nei giorni scorsi British Airways aveva
chiesto ai propri dipendenti di rinunciare a un mese di stipendio per
contribuire a risanare l'azienda. Il calo del titolo ha coinvolto l'intero
settore in Europa: segno meno anche per Air France-Klm (-3,57%) a Parigi e
Lufthansa (-2,73%) a Francoforte. Willie Walsh ceo di B. Airways
( da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/2 No a Xstrata, corre Anglo American Il
gruppo minerario Anglo American ha respinto al mittente l'offerta di fusione
avanzata dalla rivale Xstrata. Anglo- American, in una nota, ha definito
«inaccettabili» i termini dell'operazione proposta dalla compagnia svizzera,
sottolineando inoltre che l'operazione indebolirebbe profondamente la sua
leadership in mercati come quelli del platino, dei
minerali ferrosi e dei diamanti. Il no alla fusione ha fatto bene al titolo,
che ieri alla Borsa di Londra, in una seduta particolarmente pesante, ha
guadagnato il 9,95 chiudendo a 1.784,43 pence. Stazionari i volumi (3,7 milioni
i titoli scambiati). Cynthia Carroll ceo Anglo American
( da "Corriere della Sera"
del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Libri data: 23/06/2009 - pag: 50 Bestseller Il vademecum di
Richard Thaler e Cass Sunstein, teorici del «paternalismo libertario» Fai la
cosa giusta: una «spinta gentile» per battere la crisi
di MASSIMO GAGGI «Q uando, all'interno di ogni orinatoio dell'aeroporto di
Amsterdam è stato messo un adesivo con l'immagine di una mosca, la quantità di
pipì finita sul pavimento, sotto le latrine, è diminuita dell'80 per cento.
Evidentemente, anche nei comportamenti più casuali, gli uomini sono motivati
dalla possibilità di prendere di mira un bersaglio. È altrettanto evidente che
è possibile spingerli ad un comportamento positivo in modo lieve», senza
introdurre obblighi o minacciare sanzioni. Quello delle mosche di Amsterdam è
l'esempio preferito da Richard Thaler docente dell'Università di Chicago,
fondatore dell'economia comportamentale e autore, insieme al giurista di
Harvard Cass Sunstein, di Nudge, un «bestseller» negli Usa per spiegare la
filosofia del «paternalismo libertario » che è alla base del loro lavoro: un
libro, ora pubblicato anche in Italia da Feltrinelli, che dà alla parola «nudge
» (pungolo) il significato di «spinta gentile». Tutto un po' minimalista,
all'apparenza: nell'edizione americana il libro sembra un «vademecum» per
vivere meglio prendendo decisioni più sagge, meno istintive, nei campi più
disparati: dal modo di investire i risparmi per la pensione allo smaltimento
ecologico dei rifiuti; dai disincentivi alle abitudini alimentari che portano
all'obesità alle clausole matrimoniali «automatiche» per proteggere il coniuge
debole in caso di divorzio. Come influenzare le scelte? Non con prescrizioni o
divieti, dicono gli autori, ma con la «spinta gentile» di piccoli incentivi
sufficienti a cambiare i comportamenti casuali della gente; lasciando, però,
ognuno libero di fare le sue scelte. Così il manager di una mensa aziendale
viene ribattezzato «architetto delle scelte» perché, decidendo di esporre
frutta e verdura all'altezza degli occhi, può incentivare il consumo di cibi
sani rispetto al «junk food». Piccoli sforzi, minimizzano gli autori, che
possono avere conseguenze importanti, anche sul piano economico e su quello
sociale. Ad esempio negli Usa, dove la pensione pagata dallo Stato e ben poca
cosa e la previdenza è affidata soprattutto ai piani assicurativi individuali,
il numero dei dipendenti con una copertura è raddoppiato da quando i datori di
lavoro, anziché chiedere a ogni nuovo assunto di sottoscrivere una polizza,
hanno adottato l'approccio opposto, ricorrendo al silenzio-assenso. Nessun
ordine calato dall'alto, solo un pungolo che funziona, sostengono i due
«paternalisti libertari» le cui idee, però, non sono poi così poco ambiziose.
Anzi: Nudge, pubblicato negli Usa un anno fa, è stato uno dei libri-guida della
campagna elettorale di Obama che ha usato proprio il metodo di Thaler e Sunstein per interpretare la crisi del sistema finanziario e che si è portato Sunstein alla Casa
Bianca come «zar delle regole»: il supervisore dei processi di riforma,
soprattutto su energia e ambiente. Anche se hanno conquistato il Nobel nel 2002
con Daniel Kahneman (seguace di Thaler), gli economisti comportamentali in
passato non sono stati presi molto sul serio da quelli classici,
abituati a basare le loro analisi sull'assunto del comportamento razionale dell
«homo oeconomicus ». Per i comportamentalisti, invece, sono molti i fattori
esterni, le influenze, i condizionamenti psicologici che alterano il profilo
razionale delle scelte umani. Per questo è utile aiutare le scelte vantaggiose
con piccoli incentivi. Smentendo chi ha fin qui sostenuto che i mercati (e,
quindi, i soggetti economici) sono perfettamente in grado di autoregolamentarsi
e di trovare un punto di equilibrio, la crisi finanziaria
ha improvvisamente dato grande popolarità alle tesi della scuola di Thaler e
Kahneman. Quelle riprese in Nudge fanno venire qualche mal di pancia non solo a
liberisti, ma anche ai guardiani dell'ideologia dei due schieramenti. La
sinistra «liberal» ostenta diffidenza perché i due pensatori, centrando
comunque la loro analisi sulle decisioni personali e sul modo di influenzarle,
restano ancorati all'individualismo: non sposano la logica dell'intervento
pubblico in economia, né sono disposti a sostenere che il benessere sociale va
garantito con atti di governo vincolanti. Ma anche libertari e conservatori
contrari allo statalismo sono in allarme: temono che, servendosi del
«paternalismo libertario», i governi possano diventare persuasori occulti molto
più insidiosi di un'amministrazione che, alla luce del sole, cerca di
rafforzare la sua presa sulla società. A tutte queste obiezioni Thaler risponde
semplicemente che la filosofia del «pungolo» non è di destra né di sinistra.
Una nuova versione della «terza via»? Sembra solo una battuta, ma la filosofia
di Nudge non va nemmeno sottovalutata perché, così come ha nemici sia a destra
che a sinistra, ha grandi sostenitori su tutti e due i fronti: uno,
assolutamente entusiasta, è il leader conservatore inglese David Cameron che ha
invitato i due autori a Londra per discutere le loro idee con la dirigenza
«tory». Intanto un'icona progressista come Obama, che all'università di Chicago
ha frequentato per anni Thaler e Sunstein (marito di un'altra collaboratrice
del presidente, Samantha Power), si prepara a ricorrere a qualche pungolo (più
o meno) gentile per spingere gli americani a comprare auto più piccole e
«risparmiose», anche ora che il prezzo della benzina negli Usa è sceso sotto
l'equivalente di mezzo euro al litro. Una spinta che, probabilmente, assumerà
la forma degli incentivi all'acquisto di veicoli più efficienti e della
parallela tassazione di quelli più inquinanti. Istruzioni Dal modo di investire
i risparmi per la pensione allo smaltimento ecologico (LAEL HENDERSON / CORBIS)
( da "Stampa, La" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
A
MORETTA LAVORO Amianto, nove fanno causa agli ex dirigenti Michelin Sabato a
Cuneo udienza preliminare per omicidio colposo e lesioni personali Neograf,
domani un nuovo picchetto CRISI E PROTESTE Precedenti. Due inchieste simili
Alcuni degli attuali imputati erano stati condannati in primo grado Operai in
pensione malati e parenti di 5 morti di cancro Presidio, ieri dalle 13 alle 15,
dei 200 dipendenti Neograf di fronte ai cancelli. L'azienda
sta attraversando una profonda crisi finanziaria e gli operai sono in cassa integrazione. «L'incontro in Regione
- dicono Ugo Brunetto, Cisl e Mimmo Formicola, Cgil - previsto il 30 giugno è
stato anticipato a venerdì». Domani alle 13 nuovo picchetto. \[FIRMA]BARBARA
MORRA CUNEO In cinque sono morti e quattro stanno lottando contro il cancro.
Sono tutti ex dipendenti della Michelin di Cuneo. I familiari e i
«sopravvissuti» hanno fatto causa alla multinazionale francese perchè ritengono
che la causa di decessi e lesioni sia l'amianto che c'era in fabbrica. E'
fissata per sabato nel tribunale di Cuneo l'udienza preliminare in cui sono
imputati sei ex dirigenti dello stabilimento cuneese, responsabili dell'azienda
dagli anni Settanta alla fine dei Novanta. Il giudice dovrà decidere se
disporre il rinvio a giudizio chiesto dal pm Marco Sanini. L'accusa è di omicidio
colposo e lesioni personali. Una trafila che il palazzo di giustizia conosce
bene perchè due inchieste simili, condotte dallo stesso pubblico ministero - in
parte con gli stessi imputati - si sono concluse con condanne in primo grado.
Questa volta c'è una particolarità. Entrambi gli altri processi riguardavano
ciascuno la morte di un singolo lavoratore: Bruno Tallone, morto nel 2002 per
cancro al polmone e Giuseppe Politano di Beinette, deceduto a causa di un
mesotelioma pleurico. Sabato all'udienza preliminare ci saranno invece non più
solo una, ma nove parti offese che chiederanno di potersi costituire parte
civile. Se sarà disposto il rinvio a giudizio di ciacuno verranno ricostruite
storia lavorativa e personale. Un impatto, sulla Michelin e sui suoi ex
dirigenti, più pesante rispetto ai primi due processi. «Le morti sono avvenute
per patologie vescicali e pleuriche - spiegano dallo studio torinese
dell'avvocato Laura D'Amico che assiste quattro parti offese -. Chi è in vita
ha contratto lo stesso tipo di malattie». L'obiettivo di familiari e presunte
vittime è ottenere un risarcimento dei danni da chi, sostengono, avesse il
dovere di predisporre misure di sicurezza. Il tutto anche se a distanza di anni
dalla fine del rapporto di lavoro. Nell'ultima delle cause decise a Cuneo il
giudice stabilì a carico degli imputati una provvisionale (un anticipo sul
risarcimento) di 111.407 euro. Se l'azione «a nove» andasse a buon fine la
somma sarebbe decisamente più alta. A difendere la Michelin è l'avvocato Giovannandrea
Anfora di Torino che ha già impugnato in appello le due decisioni dei giudici
cuneesi. «Sul procedimento in corso - osserva - è presto per fare commenti. In
ogni caso lo stabilimento di Cuneo, quando fu costruito negli Anni Settanta,
era già dotato di misure di sicurezza e di tutela ambientale all'avanguardia
che con il tempo sono state non solo mantenute, ma aumentate».
( da "Repubblica, La" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
24 - Economia Pensioni, in dieci anni +23% di spesa Ocse: "Italia maglia
nera. Ripresa dal 2011". Dalla Ue allarme debito BARBARA ARDU BARBARA ARDù
ROMA - Pensioni e debito pubblico rimangono le spine nel fianco dell´economia
italiana. Le prime, secondo il Rapporto 2009 dell´Ocse, sono in continua
crescita e divorano un terzo della spesa pubblica, mentre l´alto livello del
debito, ha sottolineato ieri la Commissione Ue, rende vulnerabile l´Italia sui mercati. Problemi antichi, che rischiano di far saltare il
sistema pensionistico e rallentare la crescita. è l´Ocse a bacchettare l´Italia
per l´elevata spesa per pensioni. Siamo i peggiori tra i trenta Paesi
dell´area, quelli che spendono più di tutti per assicurare un assegno di
vecchiaia a chi smette di lavorare. Da anni siamo in cima alla classifica, ma
invece di migliorare le cose peggiorano: la spesa pensionistica in un decennio,
dal 1995 al 2005, è cresciuta del 23 per cento e assorbe ormai il 30 per cento
del bilancio statale (contro il 16 degli altri Paesi Ocse). Il che vuol dire
che nelle casse dello Stato rimane ben poco per finanziare altri programmi di
assistenza. Non solo. Le pensioni rappresentano il 14,7 per cento del Pil, il
doppio rispetto agli altri Paesi. Troppo alto anche il peso dei contributi
previdenziali, che sfiora il 33 per cento dei guadagni, contro una media Ocse
del 21. Numeri, che secondo gli economisti di Parigi, riflettono la lentezza
con cui sono state applicate le riforme, che non possono più attendere. La
preoccupazione principale è nel rinvio dell´adozione dei nuovi coefficienti di
trasformazione contributiva (che legano l´avanzare dell´età all´assegno
pensionistico). Dito puntato anche contro i ritardi nell´aumento dell´età per
le pensioni di anzianità e per l´adeguamento tra uomini e donne (un punto su
cui oggi la Ue dovrebbe mettere in mora l´Italia). Di ritoccare il sistema
delle pensioni in piena crisi il ministro Sacconi non ne ha voluto sapere. All´Ocse
ribattono invece i sindacati: il problema è che sulla spesa previdenziale grava
il peso dell´assistenza, mentre l´ex ministro del Lavoro Damiano, autore della
riforma nel 2007, spiega che i dati Ocse sono vecchi e che «bisogna attendere
l´effetto» degli interventi in atto. Pensioni a parte secondo l´Ocse la ripresa
si allontana al 2011, mentre aumenteranno i disoccupati: venti milioni di senza
lavoro in più nell´arco di due anni. Un quadro che allargato al resto del mondo
si fa più drammatico. Jean Paul Fitoussi, che ieri ha partecipato a un convegno
organizzato dall´Aises, ha denunciato che la crisi ha prodotto 200 milioni di
nuovi poveri e 60 milioni di neo-disoccupati. «L´errore dell´Europa - ha detto
l´economista francese - è stato quello di regolare profondamente gli Stati e
deregolare completamente i mercati». L´unica
promozione arriva dalla Commissione Ue, che valuta «apprezzabile» l´azione del
Tesoro italiano nella gestione del debito pubblico, altra spina nel fianco
dell´Italia. Tre, secondo la Ue, i fattori positivi che
hanno contenuto la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari: oltre alla gestione
del debito da parte del Tesoro, la stabilità del sistema bancario e il basso
indebitamento delle famiglie. Ma la promozione non cambia i numeri: il debito
pubblico, avverte Bruxelles, potrebbe schizzare fino al 116,1 per cento del Pil
nel 2010, mettendo a rischio la crescita.
( da "Repubblica, La" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
XV - Milano La crisi ferma l´impresa Lombardia Indagine Bankitalia: il
fatturato dell´industria crolla del 19% L´80% delle aziende teme una fase
"molto grave", il 72% sostiene di aver tagliato i costi E per una su
due è difficile il credito GIORGIO LONARDI è una crisi che fa paura quella che
si è abbattuta sul sistema produttivo lombardo. Anche se qua e là s´intravedono
barlumi di ottimismo, come sottolinea Salvatore Messina, direttore della Sede
di Milano della Banca d´Italia, la situazione rimane grave. Precisa Messina:
«Dalla metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate ma
è ancora presto per dire quando usciremo dalla crisi». Poi aggiunge: «Ci sono
segnali incoraggianti che la fase più acuta della recessione abbia iniziato ad
affievolirsi. Adesso lo snodo fondamentale è evitare che la crisi di fiducia si
trasferisca sui consumatori e si avviti in una riduzione dei consumi interni».
Ad ogni modo l´indagine condotta dalla stessa Banca d´Italia fra febbraio e
marzo su un campione significativo di imprese industriali con oltre 20 addetti
disegna un ritratto allarmante. A cominciare dal fatto che l´80,6% del campione
considera la crisi stessa di «gravità inusitata». Ma non è tutto. Perché a
marzo di quest´anno il fatturato dell´industria aveva subito un brutto crollo
del 19,9% rispetto all´autunno del 2008. Il calo dei ricavi, dunque. Banca
d´Italia, però, non si accontenta e va a più fondo. Ci spiega così che il 72,4%
ha cercato di fronteggiare la congiuntura tagliando i costi e che il 45,3% si è
dovuto rassegnare a una robusta limatura dei margini. Se aggiungiamo che già
l´anno scorso circa un quarto delle imprese ha chiuso il bilancio in perdita il
quadro si delinea nei suoi contorni più negativi. Il pregio del rapporto di
Bankitalia su "L´economia della Lombardia nel 2008" di cui l´indagine
sulle aziende industriali è solo un capitolo, per quanto corposo, è quello di
indagare a fondo sulle dinamiche economiche di una regione che rimane la
«locomotiva» dell´economia italiana. Insomma, se Milano e la Lombardia si
fermano vuol dire che arretra tutta l´Italia. Ecco perché se il 43,9% delle
aziende ha tagliato gli investimenti si devono preoccupare tutti, non solo i
lombardi. Fra i problemi che deve affrontare il sistema produttivo regionale
c´è quello del ricorso al credito. Lo conferma il fatto che il 44,9% delle
aziende «ha percepito un inasprimento delle condizioni complessive di
indebitamento». A questo proposito Salvatore Rossi, direttore centrale della
Banca d´Italia per la Ricerca Economica da una parte ha sottolineato che in una
fase delicata come questa il sistema creditizio deve essere prudente.
Dall´altra però, lo stesso Rossi ha sottolineato che ci sono una serie di
aziende sane che sono state sorprese dalla crisi mentre stavano ristrutturando
i loro processi produttivi per rispondere con più efficacia alle richieste del
mercato. E allora? «Sarebbe un peccato - osserva Rossi - se queste imprese che
sono sane fossero impallinate come un´anatra che ha appena preso il volo».
L´invito alle banche è dunque di discernere fra le aziende che hanno le carte
in regole e buoni progetti da sviluppare e le «cattive società» che non danno
affidamento.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-24 - pag: 1 autore: LEZIONI PER IL
FUTURO Il mondo ritorna a correre l'Italia non si fermi di Guido Tabellini I l
dibattito sulle «Lezioni per il Futuro», aperto sul Sole 24 Ore con il mio
articolo del 7 maggio, ha ospitato interventi di grande rilievo e offerto
numerosi e importanti spunti di riflessione. Il dibattito è stato troppo ricco
di contenuti per poterlo riassumere o per commentare tutte le questioni
sollevate. Senza alcuna pretesa di completezza, vorrei tuttavia riprendere
alcune delle idee che sono emerse. La crisi e le dottrine economiche Non c'è
alcun dubbio che la crisi in corso sarà ricordata come un evento d'importanza
storica, paragonabile alla Grande Depressione del '29 e alla spirale inflazionistica
che è seguita al crollo di Bretton Woods e al primo shock petrolifero negli
anni 70. Entrambi quegli eventi hanno avuto un profondo impatto, non solo sulla
realtà economica e politica, ma anche sul mondo delle idee. La Grande
Depressione ha portato alla rivoluzione keynesiana e ha trasformato il modo di
pensare su ruolo e obiettivi della politica economica e sui confini tra stato e
mercato. L'inflazione degli anni 70 è stata seguita dalla controrivoluzione
monetarista guidata dalle idee di Milton Friedman. E questa volta? Vi sarà
un'altra rivoluzione nelle idee degli economisti circa i compiti della politica
economica e il funzionamento di un'economia di mercato? Io penso di no. Le
lezioni da trarre, per quanto importanti, sono più circoscritte. Riguardano
principalmente il funzionamento di alcuni aspetti dei mercati
finanziari, e in particolare la gestione del rischio, e l'assetto della
regolamentazione finanziaria. Ma non vi sarà una
revisione sostanziale degli obiettivi di politica economica, né dei concetti
fondamentali di come funziona un'economia di mercato. Chi afferma il contrario
in genere pensa che la crisi abbia minato il cosiddetto
principio della capacità di autoregolamentazione dei mercati
finanziari. Ma questa affermazione rivela una conoscenza
superficiale della moderna teoria economica. Come ha ricordato Roberto Perotti
(Il Sole 24 Ore del 27 maggio), la fiducia nella capacità di
autoregolamentazione dei mercati finanziari appartiene all'ideologia politica, non alla dottrina economica.
è da trent'anni che gli economisti studiano i fallimenti dei mercati
finanziari, le bolle speculative, le asimmetrie informative che
distorcono gli incentivi dei manager e degli intermediari finanziari,
le crisi di liquidità. Le lezioni da trarre riguardano l'impostazione e i
contenuti della regolamentazione finanziaria, non la
sua necessità. Prova ne è che la crisi ha travolto soprattutto le banche, il
settore più regolamentato di tutti. La nuova regolamentazione finanziaria In questi giorni cominciano a prendere forma le
prime proposte di come ridisegnare la regolamentazione finanziaria.
Il piano più dettagliato, appena presentato da Barack Obama, si basa su tre
lezioni tratte dalla crisi. Primo, l'assetto di regole esistenti si concentrava
sulla stabilità delle singole istituzioni finanziarie,
trascurando il rischio sistemico. Continua u pagina
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-24 - pag: 1 autore: La Ue promuove
l'azione anti-crisi del governo ma è allarme debito
«Pensioni troppo care» Ocse: spesa al 14% del Pil, il doppio della media La
spesa per pensioni più elevata rispetto al Pil: 14%, il doppio della media
Ocse. Ma, anche, uno dei più forti carichi fiscali sugli assegni previdenziali:
il 24%.è la fotografia scattata dall'organizzazione parigina sulla spesa
previdenziale e assistenziale nei principali paesi industrializzati. Tra le
particolarità della situazione italiana il forte divario tra gli assegni
percepiti dalle donne (penalizzate da carriere lavorative discontinue e più
brevi rispetto a quelle degli uomini) e il peso della spesa previdenziale sul
totale della spesa pubblica, che è arrivata al 29%. Il rapporto Ocse sottolinea
anche l'impatto della crisi
finanziaria sui fondi pensione,i cui investimenti
l'anno scorso hanno perso il 23% del loro valore; una svalutazione complessiva
di 5.400 miliardi di dollari. Intanto la Commissione europea apprezza l'azione
anti-crisi messa in campo
dal governo italiano ma nel suo rapporto finale sui conti pubblici torna a
parlare di allarme debito. Servizi u pagina
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-24 - pag: 10 autore: Politiche anti-crisi. Svizzera, Austria e Lussemburgo
accettano l'intesa promossa da Parigi e Berlino Sanzioni ai paradisi fiscali
Paesi Ocse autorizzati ad adottare misure di ritorsione ad hoc Vittorio Da Rold
«Non c'è niente di meglio di una crisi finanziaria per minare il senso di superiorità dei grandi paesi e
costringerli a fare la lotta ai paradisi fiscali, per trovare fondi
utili a sostenere le loro asfittiche economie». Così un esperto Ocse, che vuole
restare anonimo, commenta la svolta di Berlino. Un meeting partito in sordina
ieri nella capitale tedesca, dovei ministri finanziari di 19 paesi Ocse, tra
cui Eric Worth per la Francia e Peer SteinbrÜck per la Germania, hanno
raggiunto un accordo a lungo inseguito nelle cancellerie sulla possibilità di
imporre sanzioni («misure difensive Francia e Germania (che a settembre andrà
alle urne e vuole fare della battaglia agli evasori una bandiera politica
bipartisan) hanno chiesto agli altri 17 paesi presenti che lo scambio di
informazioni fiscali e la cooperazione amministrativa sia un passo necessario
per contrastare la concorrenza sleale ed evitare di penalizzare i contribuenti
onesti. Chi non rispetterà gli accordi Ocse sulla trasparenza o attuerà le
solite pratiche dilatorie per non tener fede alle intese sottoscritte verrà
colpito da sanzioni. Misure che prevedono l'aumento delle ritenute alla fonte
rispetto a un larga tipologia di pagamenti «fatti da giurisdizioni non
cooperative»; l'abolizione della possibilità di deduzione di spese di pagamento
effettuate nei tax haven; fine dei trattati tributari con nazioni o territori
che rifiutano di scambiare informazioni. Sembrano poca cosa, ma sono in realtà
delle armi micidiali se messe in mano a superispettori a caccia di tesoretti
nascosti nei paradisi fiscali e che possono rendere la vita difficile a chi
cerca di evitare di pagare le tasse nella propria nazione e rischia LA
POSIZIONE ITALIANA Tremonti: «Sì a regole internazionali per impedire che i
capitali vengano portati in paesi compiacenti come nelle caverne di Ali Babà» »,
dice pudicamente il comunicato ufficiale) ai paesi che non rispettano gli
standard fissati dall'organizzazione in materia di paradisi fiscali. Una svolta
storica, ha dichiarato palesemente soddisfatto il socialdemocratico ministro
delle finanze tedesco SteinbrÜck, aggiungendo di essere «felice» che la
decisione sia stata sottoscritta anche dagli ex reprobi «Svizzera, Austria e
Lussemburgo». Cosa è successo in realtà dietro le quinte per arrivare a un tale
capovolgimento di posizioni? La determinazione politica viene anche
dall'Italia, dove soffiano venti di scudo fiscale (per far rientrare i capitali
dall'estero) e non caso ieri il ministro dell'Economia Giulio Tremonti,
all'inagurazione dell'anno accademico della Guardia di Finanza (3,1 miliardi
l'ammontare dei casi di evasione internazionale scoperti primi cinque mesi
2009), è ora delle ritenute alla fonte ben maggiori fuori casa. entrato in
argomento nel suo modo immaginifico: «è difficile fare contrasto all'evasione
fiscale se appena fuori dai confini è possibile, comodo, sicuro, depositare il
bottino come nella caverna di Ali Baba». Così, con un paragone tratto dalle
Mille e una notte, Tremonti, ha rilanciato la necessità di una lotta comune a
livello internazionale contro i paradisi. Di fronte a uno schieramento compatto
la Svizzera - che aveva ritenuto una pugnalata alle spalle il fatto di essere
stata messa lo scorso aprile dall'Ocse (di cui è membro) nella lista
"nera" o ora in quella "grigia" dei paradisi fiscali - dopo
che a marzo aveva accettato di ammorbidire le regole sul segreto bancario, ha
deciso di collaborare. Berna ora conta di ratificare entro fine anno una
dozzina di accordi per essere conforme alle regole Ocse inmateria di
trasparenza e scambio di informazioni fiscali e uscire così dalla lista
"grigia", dove è in compagnia di paesi come Panama. Non solo. Anche
l'Austria sta approvando un disegno di legge che renderà la cooperazione
fiscale più facile, come pure il Belgio e il Granducato del Lussemburgo. I
tempi cambiano e i paradisi fiscali hanno capito che non potevano continuare a
fare i "pirati fiscali" a scapito dei paesi vicini, ora alle prese
con recessioni pesanti e deficit che si impennano ben oltre il vecchio e ormai
dimenticato limite del tre per cento di Maastricht. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-24 - pag: 11 autore:
Protezionismo. Presentata una richiesta congiunta di consultazioni formali, la
prima sotto l'amministrazione Obama Usa e Ue accusano Pechino alla Wto Alla
Cina si contesta di frenare l'export di materie prime con quote e dazi Enrico
Brivio BRUXELLES. Dal nostro inviato La Cina dovrà difendersi sul banco degli
imputati della Wto dalle accuse presentate in tandem da Unione europea e Stati
Uniti di attuare illecite restrizioni all'export di materie prime, che aiutano
le imprese di Pechino a danno delle concorrenti straniere. Bruxelles e
Washington hanno presentato ieri una richiesta di consultazioni formali, primo
passo per avviare una disputa a Ginevra. Le denunce dei due partner atlantici
(la prima sotto l'amministrazione Obama) accusano il governo cinese di mettere
in atto quote, dazi e prezzi minimi illegali sull'export di 20 prodotti chiave
per l'industria manifatturiera, tra i quali fosforo giallo, fluorite,
tungsteno, bauxite, coke, magnesio, manganese, silicone e zinco. Alcuni di
questi materiali sono disponibili in larga quantità solo in Cina. Le
restrizioni di Pechino avvantaggiano la produzione nazionale e creano pressioni
al rialzo sugli approvvigionamenti delle imprese europee e americane, impegnate
in produzioni che vanno dai semiconduttori agli aerei, dai detergenti alle
lampadine. Secondo Bruxelles, i dazi cinesi sull'import europeo dal valore di
4,5 miliardi di euro hanno potenzialmente un impatto sul 4% della produzione
industriale comunitaria, interessando circa mezzo milione di posti di lavoro.
Per la Commissione Ue il vantaggio illecito ottenuto dalle aziende cinesi,
rispetto alle concorrenti straniere, si fa sentire in particolare nei settori
della chimica,dell'acciaio e dei metalli non ferrosi, ma anche in molti altri
comparti derivati, che a loro volta si riforniscono da queste industrie di
base. «Le restrizioni cinesi sulle materie prime distorcono la concorrenza e
aumentano i prezzi globali - ha tuonato il commissario europeo al Commercio,
Catherine CONSEGUENZE GLOBALI propria industria», ha osservato il
Rappresentante per il commercio Usa, Ron Kirk. «La Cina è un produttore leader
delle materie prime in questione e l'accesso a questi prodotti è fondamentale
per le imprese americane». Già due volte in passato Unione europea e Stati
Uniti avevano avviato azioni congiunte di fronte alla Wto nei confronti delle
pratiche commerciali cinesi: una volta nei confronti dei dazi sulla
componentistica automobilistica ( e sul tema Pechino ha perso il suo primo
appello alla Wto il 18 luglio scorso)e una sull'informazione finanziaria da
parte dei media stranieri (conclusosi con un accordo a tre in novembre). La
nuova azione euro-americana apre però un fronte scottante con la Cina. Proprio
perché in questa fase di recessione globale e di crescente competizione sui
mercati internazionali, le tasse implicite sull'export mantenute in vigore dal
governo cinese hanno l'effetto di aumentare le distorsioni commerciali e di
porre molte imprese europee e americane di fronte alla morsa di prezzi
crescenti di materiali chiave. Da parte europea, l'Unione ha sottolineato che
le consultazioni richieste si concentrano su un primo ventaglio di misure e
prodotti, ma non ha escluso che ulteriori azioni vengano intraprese riguardanti
anche altri provvedimenti cinesi. Le restrizioni del governo cinese
avvantaggiano la produzione nazionale in settori chiave come aeronautica e
semiconduttori Ashton - rendendo ancora più difficile la situazione delle
nostre imprese in questo momento di crisi ». La Ashton ha anche auspicato di
trovare una soluzione concordata con Pechino nella fase di consultazione, senza
dover arrivare a un pronunciamento della Wto. Dello stesso tono allarmato le
dichiarazioni arrivate da Washington. «Siamo molto preoccupati in quanto sembra
trattarsi di una politica deliberata di Pechino per sovvenzionare la ©
RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-24 - pag: 15 autore:
Erbacce tra i germogli della ripresa Ci sono debolezze strutturali che se non
trovano soluzione rallenteranno la crescita globale di Nouriel Roubini D ati
recenti segnalano che forse il ritmo di contrazione dell'economia mondiale sta
rallentando. Ma le speranze di veder spuntare i "germogli verdi"
della ripresa sono state spazzate via dal proliferare di erbacce. I dati
recenti sull'occupazione, le vendite al dettaglio, la produzione industriale e
l'immobiliare negli Stati Uniti rimangono molto deboli. Il dato sulla crescita
del Pil in Europa nel primo trimestre è da brividi; l'economia giapponese è
ancora in stato comatoso; e perfino la Cina - che si sta riprendendo - ha un
export molto fiacco. Ecco perché la convinzione generale che la caduta
dell'economia globale si avvicini a toccare il fondo si è dimostrata - una
volta di più - eccessivamente ottimistica. Dopo il crollo della Lehman Brothers
nel settembre del 2008, il sistema finanziario globale si è quasi disintegrato
e l'economia mondiale è precipitata in caduta libera. Il ritmo di contrazione
dell'economia nell'ultimo trimestre del 2008 e nel primo trimestre del
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-24 - pag: 42 autore:
Elkann: «Servirebbero aggregazioni tra i costruttori» Fiat prepara emissione da
un miliardo di euro Andrea Malan Fiat potrebbe emettere in tempi brevi un bond
da un miliardo di dollari. Le indiscrezioni di stampa non sono state confermate
dal Lingotto, ma fonti finanziarie confermano che il gruppo torinese potrebbe
approfittare in tempi brevissimi del buon momento dei mercati e dell'appetito
degli investitori per le emissioni corporate. Il Lingotto seguirebbe Eni,
Telecom, Bulgari e Bpm, protagoniste di recenti emissioni. Proprio ieri il
collocamento dell'emissione Eni da 2 miliardi si è chiuso in anticipo,
confermando la finestra di opportunità. Il difficile momento del settore auto
consiglia del resto di mettere fieno in cascina: la stessa Peugeot - che pure
all'inizio dell'anno ha ricevuto 3 miliardi di euro dallo stato francese ha
lanciato ieri un'emissione convertibile fino a 575 milioni di euro. Secondo le
anticipazioni di «Finanza e Mercati» il bond in preparazione al Lingotto
sarebbe un triennale (scadenza 2012) riservato agli istituzionali. Torino
punterebbe a una cedola attorno al 10% – un rendimento comparabile a quello del
bond 2011 già sul mercato e prevalentemente diffuso presso la clientela al
dettaglio;l'altro benchmark di riferimento per il Lingotto è il bond con
scadenza 2013, collocato invece nei portafogli dei clienti istituzionali ( come
quello in arrivo) e che ha un rendimento sul mercato superiore (tra l'11,5 e il
12 per cento). Fiat ha un rating BB+da Standard &Poor's,ovvero appena al di
sotto del cosiddetto investment grade. La nuova emissione arriverebbe a due
anni esatti dalla precedente - un decennale da 1 miliardo emesso nel 2007 con
cedola 5,62% (il rating Fiat era più basso di quello attuale, ma le condizioni sul mercato sono drasticamente cambiate dopo la crisi finanziaria seguita al crack
Lehman). Il sindacato di collocamento dell'emissione obbligazionaria in
cantiere dovrebbe comprendere le banche che già quattro mesi fa hanno sostenuto
il Lingotto con un prestito da un miliardo, ovvero Intesa Sanpaolo, UniCredit e
Calyon, e forse un'altra banca estera. Il gruppo è riuscito da qualche
mese a riattivare il canale delle cartolarizzazioni per Cnh (la controllata che
produce macchine agricole e da cantiere) con due emissioni da 1,5 miliardi di
dollari e 750 milioni e una terza in cantiere. Proprio ieri la Fiat ha
annunciato la chiusura entro due anni dell'impianto Cnh di Imola, che dà lavoro
a 500 dipendenti (si veda l'articolo a pagina 22). Ieri John Elkann,
vicepresidente Fiat, ha auspicato che «alla fine della crisi
economica nel settore automotive ci siano meno produttori che prima della crisi. Aggregando i diversi costruttori si avrebbe la
possibilità di investire meno, in nuovi prodotti, con meno unità, risolvendo
così la sovracapacità». La gara per Opel, intanto, si conferma tutt'altro che
chiusa: il ministro tedesco dell'Economia zu Guttenberg ha detto ieri che
«Magna ha la priorità»; ma gli altri pretendenti restano in gara, a partire
dalla cinese Baic – la cui delegazione ha visitato in questi giorni il
quartiere generale Opel di Ruesselsheim presentando al management la propria
offerta – per arrivare al fondo Ripplewood e a Fiat. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LO SCENARIO Intesa Sanpaolo e UniCredit probabili collocatori Su Opel Magna
stringe i tempi ma la partita resta aperta agli altri contendenti
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-24 - pag: 45 autore:
Strategie alternative La finanza torna all'aratro: hedge a caccia di terreni
Sissi Bellomo U n tempo i proprietari terrieri vivevano in campagna, a stretto
contatto con i loro investimenti. Oggi i nuovi latifondisti lavorano a Wall
Street o nelle stanze dei palazzi governativi. Protagonistiassolutidelfenomeno
del land grabbing, l'accaparramento di terreni coltivabili, sono paesi come
l'Arabia Saudita o la Cina, dotati di grandi capitali, ma privi delle risorse
agricole necessarie per sfamare la propria popolazione. La
crisi economica e il crollo dei mercati finanziari hanno tuttavia attirato nella stessa arena un numero crescente
di hedge funds, alla ricerca di nuovi asset capaci di generare un ritorno anche
in tempi di recessione: investitori in questo caso interessati non tanto al
raccolto, quanto alla raccolta. Del risparmio, si intende. L'acquisto di
terreni coltivabili a fini speculativi non è una novità assoluta. Ma
l'interesse non è mai stato così vivo: a New York in questi giorni è in corso
un convegno dedicato esclusivamente a questo tipo di investimento, intitolato
«Global AgInvesting», che ha attirato centinaia di professionisti del mondo finanziario. Tutti desiderosi di approfondire le
potenzialità di un settore ancora poco conosciuto, ma che si è già conquistato
l'entusiasmo di parecchi guru dei mercati: dal finanziere
George Soros a Lord Jacob Rothschild, erede della celebre dinastia di
banchieri. Nonostante la competizione stia rapidamente aumentando, «questo è un
business che potrà dare ancora molte soddisfazioni nei prossimi 10-15 anni»,
assicura Jeffrey Conrad, presidente dell'Hancock Agricultural Investment Group,
uno dei pionieri del settore, in cui ha cominciato a investire nel 1990. Il suo
fondo negli ultimi cinque anni ha avuto un rendimento medio annualizzato 12,9%
e Conrad si aspetta che anche i suoi concorrenti possano puntare in futuro a un
rendimento lordo tra il 9 e il 12 per cento. I rischi, soprattutto di tipo
normativo e valutario, non mancano, specie per i fondi che investono in paesi
in via di sviluppo, con governi ed economie instabili. Tuttavia, accumulare
ettari di terra è relativamente facile e quasi ovunque non vi sono regole o
controlli eccessivamente rigidi. Inoltre, i fondamentali del settore sono
decisamente robusti. Specie se si guarda al medio- lungo periodo. La terra è
infatti un bene in offerta limitata: al massimo si può migliorare la resa delle
coltivazioni, ma ricavarne di nuove è sempre più difficile. Per contro, la
domanda non potrà che aumentare, insieme ai bisogni alimentari della
popolazione mondiale, che nei prossimi quarant'anni potrebbe crescere da
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
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Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-24 - pag: 47 autore: CAMBI
E TASSI www.ilsole24ore.com COMMENTI E DATI IN TEMPO REALE In attesa della Fed
l'euro si rafforza sul dollaro L' euro si rafforza e torna sopra quota 1,40
dolla-ri. La moneta europea ha oscillato a ridosso del massimo di seduta di
1,4039 dollari, contro 1,3867 degli ultimi scambi di lunedì a New York, con il
biglietto verde che ha sofferto ieri l'attesa per l'esito della riunione di
politica monetaria della Federal Reserve di oggi. Gli economisti danno per
scontato che la Fed deciderà di lasciare i tassi di interesse vicino allo zero
e si aspettano che i banchieri centrali americani raffredderanno le aspettative
di una stretta monetaria entro la fine dell'anno. Verso la
chiusura, anche il buon andamento dei mercati
finanziari ha contribuito a risollevare le
quotazioni dell'euro. La moneta è passata di mano per 1,3993 dollari e si è
rafforzata anche sullo yen, a 133,42. A 95,35 invece il cambio dollaro/ yen.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-06-24 - pag: 48 autore: Russia.
L'oligarca vorrebbe acquistare il 25% da Rusal, oggi in difficoltà Potanin
punta a entrare in Norilsk Antonella Scott MOSCA. Dal nostro inviato
Approfittando delle difficoltà finanziarie del grande rivale, Vladimir Potanin
avrebbe iniziato una marcia di avvicinamento alla quota di Oleg Deripaska nel
colosso minerario Norilsk Nickel. Lo scrivono due quotidiani russi, Kommersant
e Vedomosti, citando fonti vicine a Interros, la holding di Potanin, che ha in
seguito confermato l'interesse: pagando quello che una fonte ha definito «un
buon prezzo», l'oligarca del nickel sarebbe pronto ad acquistare il 25% della
compagnia, una quota identica a quella che Deripaska comprò nell'aprile 2008 da
Mikhail Prokhorov per 4,5 miliardi di dollari. L'affare rese ricco Prokhorov,
il più ricco in Russia, e diede invece inizio ai problemi di Deripaska e della
sua Rusal, che aveva impegnato le azioni come collaterale con le banche che
hanno finanziato la transazione, per vederne ridotto sensibilmente il valore
poco dopo, con l'inizio della crisi
finanziaria. Per non perdere Norilsk Nickel, in
autunno Deripaska riuscì a ottenere il primo intervento del Cremlino in soccorso
degli oligarchi, un prestito di 4,5 miliardi, e ora quel 25% è parcheggiato
alla Veb, una delle grandi banche di stato che hanno gestito gli aiuti.
è con il suo capo, Vladimir Dmitrjev, che Potanin avrebbe avuto un primo
incontro informale, avanzando la propria offerta. La Vnesheconombank ha
accettato di ristrutturare il debito di Deripaska, dandogli ancora un anno di
tempo, fino all'ottobre 2010: pur sottolineando di non avere avviato colloqui
con Rusal, le fonti di Interros non ritengono che all'epoca Deripaska sarà in
grado di estinguere il prestito. Potanin possiede il 25% più un'azione, a
fronte del 25% più due azioni di Deripaska: se riuscirà, avrà il controllo del
gruppo minerario. Ma se lui gioca d'anticipo, il rivale ripete di non avere
alcuna intenzione di cedere. «L'acquisto di Norilsk Nickel per noi è un
investimento strategico. Non intendiamo vendere la quota », ha chiarito ieri
Rusal con una dichiarazione scritta. La pace siglata in primavera tra i due
azionisti è durata poco, alla Rusal non hanno apprezzato la conversazione tra
Potanin e Dmitrjev: Potanin, spiegano, «non è stato molto corretto. Avrebbe
dovuto parlare prima con noi». Anche con il governo, a cui spetta l'ultima
parola, Potanin avrebbe già avuto contatti. Ma su queste indiscrezioni il
portavoce di Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, non ha voluto rilasciare alcun
commento. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( ARTENERGY ) data: 2009-06-24 - pag: 20 autore: A
cura de Il Sole 24 ORE System INFORMAZIONE PUBBLICITARIA EVENTI - IL SALONE SI
TERRà ALLA FIERA DI ROMA DAL 30 SETTEMBRE AL 2 OTTOBRE La “rivoluzione solare”
parte da PV Rome Mediterranean 2009 Il fotovoltaico cresce rapidamente e
conquista nuovi mercati in tutto il mondo. L'industria del settore si dà
appuntamento nella capitale per la fiera di riferimento E ntro il
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 2 autore: Un rischio
per tutti: il ritorno degli eccessi Le regole e i nuovi controlli proposti da
Obama saranno la via d'uscita dalla recessione di Guido Tabellini u Continua da
pagina 1 P er rimediare a questo problema, Obama ha proposto d'istituire un
nuovo organo di coordinamento tra le diverse agenzie di regolamentazione, e di
dare alla Federal Reserve un ampio mandato di supervisione e regolamentazione
su tutte le istituzioni finanziarie sufficientemente
grandi e interconnesse da poter influire sul rischio sistemico (e non solo le
banche) prevedendo la possibilità di variare discrezionalmente i requisiti
patrimoniali e di liquidità anche in funzione anti-ciclica. è anche prevista
una regolamentazione assai più stringente dei mercati
dei derivati e dei sistemi di pagamento. Secondo, la gestione della crisi ha
evidenziato le difficoltà nel contenere le conseguenze di fallimenti di
istituzioni come Lehman, Bear Stearns o Aig, con implicazioni sistemiche. Per
questo l'amministrazione propone un meccanismo di risoluzione delle crisi di
grandi istituzioni finanziarie, che concede alle
autorità poteri straordinari per difendere la stabilità sistemica, anche a
scapito degli interessi di azionisti o di particolari classi di creditori.
Terzo, la crisi ha messo in luce i conflitti d'interesse associati alle agenzie
di rating e alle innovazioni finanziarie basate sulle
asset backed securities, che separavano le attività d'erogazione dei prestiti
dalle decisioni d'investimento finanziario. Per
ovviarea questi problemi, l'amministrazione chiede che chi eroga il prestito
sia costretto a tenerne in portafoglio una quota ( per altro molto piccola,
solo il 5%), impone maggiori requisiti di trasparenza e riduce la rilevanza
delle agenzie di rating. Si può dissentire nel merito dei singoli
provvedimenti. In particolare, è un peccato che il Presidente Obama si sia
lasciato scappare questa occasione per semplificare l'assetto complessivo che
attualmente prevede un numero eccessivo d'autorità di supervisione e
regolamentazione. E forse non si sentiva il bisogno di aggiungere anche una
nuova agenzia con il compito di proteggere i consumatori contro pratiche
predatorie nella concessioni dei prestiti. Al contrario, il vincolo di tenere
in portafoglio almeno il 5% dei prestiti erogati sembra troppo blando per
incidere davvero sugli incentivi distorti degli intermediari. Ma non c'è dubbio
che si tratti di un progetto ambizioso e in linea con i principali insegnamenti
che è possibile trarre dalla crisi. Speriamo ora che il Congresso e le lobby
della finanza non ne stravolgano o indeboliscano i contenuti. è anche
interessante notare cosa Obama ha omesso di fare: il progetto di riforma non
prevede alcun tetto o limite ai compensi dei manager delle banche. Chi vedeva
nel nuovo Presidente il paladino della guerra alla diseguaglianza e alla
plutocrazia dei manager troppo pagati resterà deluso. Anche l'Unione Europea
sta impostando una riforma della regolamentazione finanziaria,
che pone particolare enfasi sul rischio sistemico. Ma i primi segnali sono
deludenti. Il Consiglio dei capi di stato riuniti a Bruxelles il 18-19 giugno
ha approvato l'idea di costituire un nuovo organo, lo European Systemic Risk
Board (Esrc), con compiti analoghi a quelli del nuovo Consiglio proposto dal
Presidente degli Stati Uniti, tra cui quello di emettere raccomandazioni alle
autorità nazionali di supervisione per prevenire il rischio sistemico. Ma
mentre il piano Obama prevede che vi sia un'unica agenzia, la Federal Reserve,
con il compito di supervedere e regolamentare le istituzioni finanziarie
che hanno implicazioni sistemiche, in Europa ne resterebbero 27. Nulla
garantisce che le raccomandazioni emesse dal centro siano poi attuate alla
periferia. Rispetto alla situazione attuale, la nascita dell'Esrc sarebbe un
passo avanti, perché darebbe più efficacia al coordinamento della supervisione
nazionale. Ma rispetto alle esigenze della finanza globale e agli insegnamenti
di questa crisi, rischia di essere ancora un'occasione sprecata. Sarebbe stato
meglio conferire alla Bce poteri di supervisione e regolamentazione analoghi a
quelli previsti dal piano Obama per la Fed. Gli squilibri internazionali Una
lezione importante della crisi, sottolineata da diversi contributi al
dibattito, riguarda il ruolo avuto dagli squilibri internazionali. Prima della
crisi, in molti pensavano che i disavanzi con l'estero degli Stati Uniti
fossero insostenibili, e che prima o poi avrebbero provocato un crollo nella
finanza internazionale. La crisi c'è stata, ma non è stata causata da
un'interruzione del flusso degli investimenti in dollari. Il meccanismo che
lega la crisi agli squilibri internazionali è più indiretto. Se le famiglie
americane accumulavano debiti invece di risparmiare, è anche perché sugli Stati
Uniti si è riversato un fiume di liquidità proveniente dai paesi in via di
sviluppo, con diverse motivazioni: la manipolazione del cambio per favorire le
esportazioni cinesi, la costituzione di riserve valutarie in seguito alla crisi
asiatica del '97, la ricerca d'investimenti liquidi e a basso rischio
altrimenti non reperibili. Ora il consumatore americano ha imparato la lezione,
e sta ricostituendo i suoi risparmi. Ma gli Stati Uniti restano in disavanzo
con l'estero, sebbene meno che in passato, perché nel frattempo sta
indebitandosi lo stato. Ciò è inevitabile, se si vuole evitare una frenata
troppo brusca dell'economia americana. Ma non elimina le preoccupazioni
originarie sull'insostenibilità della situazione. Prima o poi il disavanzo con
l'estero americano dovrà chiudersi,e il flusso d'investimenti in dollari si
prosciugherà. Come ha ricordato Barry Eichengreen, l'incognita è cosa succederà
al dollaro e ai rendimenti sul debito pubblico americano in quelle circostanze.
Ma qui non vi è alcuna riforma all'assetto nazionale della regolamentazione che
possa rimediare al problema. E la moneta mondiale evocata da Tommaso Padoa-
Schioppa rimane un sogno lontano. La fine della grande moderazione Il decennio
precedente lo scoppio della crisi era chiamato il periodo della "grande
moderazione", per sottolineare la grande stabilità macroeconomica nei
paesi avanzati rispetto alla volatilità degli anni 80 e 90. Ora, per
fronteggiare la crisi, le banche centrali di tutto il mondo hanno iniettato
ingenti dosi di liquidità nell'economia mondiale. Vuol dire che, dopo aver
perso la stabilità della crescita, dovremo rinunciare anche alla stabilità dei
prezzi? Come ha sottolineato Carlo De Benedetti, nel prossimo futuro il
pericolo maggiore sarà la deflazione. Le economie hanno accumulato una grande
capacità inutilizzata, e la disoccupazione continuerà ad aumentare almeno per
tutto il
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24
Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 3 autore: La presidente della
Confindustria preme sull'Esecutivo: dalla manovra d'estate ci aspettiamo molto
Marcegaglia: meno tasse su aziende e lavoro Nicoletta Picchio ROMA La manovra
d'estate dovrebbe arrivare venerdì, con il Consiglio dei ministri. Ed Emma
Marcegaglia attende con molto interesse: «Ci sono una serie di cose che abbiamo
chiesto, se verranno confermate sono una risposta utile, per non far sentire
sole le imprese. Ci aspettiamo dal decreto un segnale chiaro». La presidente di
Confindustria parla entrando al convegno dell'Aspen sul "Il mondo dopo la
crisi", dove l'attende al tavolo dei relatori il ministro dell'Economia,
Giulio Tremonti (appena riconfermato presidente Aspen Italia). Lo scenario che
disegna la Marcegaglia parte dalla considerazione che «i timori di crash
finanziari sono più remoti » e che «si può guardare alla crisi con meno
preoccupazione ». Ma la situazione resta difficile: le aziende soffrono per
cali di ordinativi e fatturato; ci sono ancora rischi di un
protezionismo strisciante.
è cruciale, quindi, che il Governo inserisca nel decreto sulla manovra d'estate
alcune misure su cui la presidente di Confindustria sta insistendo. Prima di
tutto, come ha ripetuto ieri, la detassazione degli utili reinvestiti, un
volano importante per quelle aziende che decidono di continuare ad investire.
Il Governo, poi, ha spiegato la Marcegaglia, ha in mente incentivi per le
imprese che non licenziano e che ritirano i propri lavoratori dalla cassa
integrazione, facendo formazione. Inoltre,c'è sul tavolo un aumento della
compensazione tra debiti e crediti d'imposta. Sono misure necessarie per
fronteggiare l'emergenza. Poi, ha aggiunto la presidente degli industriali, nel
medio termine, è necessario un calo delle tasse sia sulle imprese che sul
lavoro. Sono dell'altro ieri di dati di Eurostat che ci colloca in testa alla
classifica nelle tasse sul lavoro. Ed anche i sindacati premono: come hanno
detto sia Guglielmo Epifani e Raffaele Bonanni, leader di Cgil e Cisl, va bene
la detassazione degli utili reinvestiti, ma occorre anche una sforbiciata al
prelievo fiscale su lavoratori e imprese. Per la ripresa, prevista dal Centro
studi di Confindustria nel 2010, con un +0,7% di Pil, è fondamentale l'apertura
dei mercati, oltre ad individuare nuovi driver di sviluppo. Sul protezionismo, la Marcegaglia vede «alcune situazioni
preoccupanti ». Misure «vischiose, non chiare, ma negative». Ed ha citato una
recente ricerca da cui emerge che ben 47 Paesi hanno adottato decisioni
protezionistiche, dal buy America e buy Cina, a leve tariffarie o burocratiche,
che incidono anche sulla mobilità dei talenti. Per evitare queste spinte,
secondo la presidente di Confindustria bisogna rilanciare il Doha Round, il
negoziato del Wto avviato nel 2001 e non ancora concluso. «Evitiamo obiettivi
troppo ambiziosi, meglio puntare su poche cose e arriva-re all'intesa »,
lasciando i mercati aperti e puntualizzando le regole: «Un mondo chiuso, per
l'Italia che è un Paese esportatore, è un danno». Quanto al modello di crescita
per il futuro, secondo la Marcegaglia il motore sarà la green economy,legataall'innovazione
tecnologica e alla ricerca. Secondo uno studio Ocse, in questo settore in
Germania lavorano 250mila persone e nel 2020 i dipendenti supereranno quelli
dell'auto. Nel solare termico, per fare un altro esempio, da noi gli occupati
sono 3mila, in Germania 17mila. «Stiamo recuperando un gap, ma per accelerare
serve un quadro chiaro di regole e incentivi ». E sarà importantissimo il
risultato del vertice di Copenhagen sul clima: «La riduzione di Co2 deve
coinvolgere anche le economie emergenti e non solo la Ue». LE PRIORITà Al primo
posto delle richieste le agevolazioni sugli investimenti e la restituzione dei
crediti delle imprese con la pubblica amministrazione
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 5 autore: La spesa è
salita del 37% in 15 anni ed è la più elevata dell'area Ocse in rapporto al Pil
In Italia alle pensioni il 29% del budget Vittorio Da Rold Il Fisco
"pesa" per il 24% sulle pensioni in Italia dove però
contemporaneamente si registra la maggior uscita per le prestazioni
previdenziali pari al 29% di tutta la spesa pubblica o, se preferite, al 14%
del pil nazionale. Quota peraltro destinata ad aumentare visto che la crisi rallenterà l'ampiezza complessiva della
"torta" da dividere. Sono questi i dati più significativi che
emergono dall'ultimo rapporto Ocse sui sistemi pensionistici nei maggior paesi
industrializzati del pianeta. Lo studio calcola al 24% il prelievo di tasse e
contributi sulle pensioni in Italia, quasi il doppio rispetto alla media Ocse
che veleggia al 12,7%. Più tartassati di noi ci sono solo i pensionati danesi
(33,2%) quelli svedesi (27,9%), finlandesi (24,9), gli austriaci (24,7%), ma
con servizi sociali migliori rispetto ai nostri standard, mentre gli over
65enni francesi (12,6%) e i tedeschi ( 19,6%) si godono un prelievo molto più
ridotto. La Penisola si distingue anche perché le pensioni dell'altra metà del
cielo sono mediamente inferiori di un terzo rispetto agli uomini di riflesso
anche alla minore età di pensionamento delle donne. Il tasso di sostituzione
lordo ( cioé la percentuale del salario individuale precedente garantita dalla
pensione) in Italia é stimata al 67,9% per gli uomini e al 52,8% per le donne.
In media nell'area Ocse il tasso di sostituzione é del 59% per i redditi medi e
del 71,9% per i reddito bassi. Ma se lo Stato prende con il Fisco e i
contributi previdenziali è generoso sul fronte della uscite dove l'Ocse
fotografa una situazione che vede l'Italia battere tutti i partner per la
maggiore spesa pubblica per le pensioni tra i Paesi industrializzati e anche i
contributi previdenziali più elevati. Una situazione che dovrebbe richiedere
delle riforme a tambur battente ma che, invece, restano al palo. Anche perché
troppe risorse drenate dalle pensioni privano lo stato di indirizzare fondi ai
giovani, negli aiuti alle famiglie o all'istruzione. Sulla base dei dati 2005,
la spesa per le pensioni in Italia totalizza il 14% del Pil, il doppio della
media Ocse (7,2%), con un incremento dal 1990 al 2005 del 37,9 per cento. Non
solo, le pensioni assorbono il 29% del budget pubblico contro il 16% della
media Ocse. Tuttavia, osserva l'organizzazione internazionale con rammarico
«molti dei cambiamenti vitali per la sostenibilità del sistema sono stati
ripetutamente rinviati ». In particolare sono state rimandate le modifiche che
avrebbero portato un aumento dell'età di pensionamento e un riduzione degli
assegni pensionistici per tenere conto dell'aumento delle aspettative di vita.
Aspettative che in Italia raggiungono gli 84,5 anni rispetto agli 83,4
dell'Ocse. Il problema italiano è che la percentuale degli over65enni sulla
popolazione al lavoro raggiunge il 32,5% contro una media Ocse appena del 23,8
per cento: insomma troppi pensionati rispetto a chi lavora! A livello Ocse, la crisi - nota ancora l'Organizzazione parigina - ha inferto
un duro colpo ai fondi pensione privati i cui investimenti nel 2008 hanno perso
il 23% del valore, in totale 5.400 miliardi di dollari. «Dati spaventosi »,
commenta letteralmente l'Ocse nel suo rapporto. Un duro colpo al cosidetto
secondo pilastro pensionistico che in Italia conta 5 milioni di aderenti.
«Nessun sistema pensionistico é immune», ammonisce peraltro l'Organizzazione
che si attende ricadute anche sulla previdenza pubblica. La
crisi, infatti, «amplifica
ed evidenzia i problemi strutturali di lungo termine già pesenti che molti
sistemi pensionistici devono affrontare per l'invecchiamento della
popolazione». La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime Usa ha colpito duro i fondi
pensione privati nei paesi dell'area Ocse: l'impatto però è stato diverso nei singoli
paesi, in proporzione all'importanza delle pensioni private nell'intero
pacchetto pensioni-redditi, che è particolarmente ampia negli Stati Uniti
(quasi metà dell'intera perdita), in Australia, Danimarca, Olanda e Gran
Bretagna. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL PESO DEL FISCO Tassazione e contributi
assorbono un quarto degli assegni. Fondi in difficoltà con la crisi: nel 2008 hanno perso il 23% del valore
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 5 autore: Ue: il
debito zavorra per la ripresa Rapporto di Bruxelles: rischi sui costi del
capitale, ma il Tesoro ha gestito bene le emissioni Enrico Brivio BRUXELLES.
Dal nostro inviato Nel vortice della peggiore recessione europea del
dopoguerra, l'economia italiana resta inevitabilmente vulnerabile, a causa
dell'alto debito pubblico; ma la «prudente» risposta data dal Governo alla
crisi, combinata alla relativa stabilità del sistema bancario nazionale, sono riusciti a contenere la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari e a rendere meno
fosco il quadro. è la situazione di bilancio italiana in tempi di crisi, come dipinta
dal rapporto sulle finanze pubbliche 2009 pubblicato ieri dalla Commissione Ue.
In acque difficili, permangono elementi di debolezza strutturale. I
danni sono stati però limitati, secondo Bruxelles, dalle risposte controllate
di stimolo dell'economia e dall'attenta gestione delle emissioni da parte del
Tesoro. La Commissione Ue definisce «rassicurante » il fatto che le aste di
titoli pubblici italiani degli ultimi mesi, volte anche ad allungare le
scadenze medie del debito pubblico e ad aumentare la liquidità, siano state un
successo. Soprattutto se si considera l'intasamento di emissioni di titoli a
livello globale nell'ultimo periodo e il fatto che gli investitori stranieri
rappresentano oltre la metà degli acquirenti di titoli pubblici italiani. Una
valutazione che, secondo fonti comunitarie, è stata avvalorata anche dai pareri
raccolti durante incontri con analisti di mercato. Per la prima volta in un
documento ufficiale la Commissione Ue sposa anche la teoria, più volte ripetuta
negli ultimi mesi dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, di trovare un
migliore metro del rischio Paese, considerando la combinazione tra debito
pubblico e indebitamento privato (incluso il settore bancario), e non solo lo
stato delle finanze pubbliche. «Una lezione tratta dalla crisi attuale –
osserva il rapporto di Bruxelles - è che guardando all'insieme delle variabili finanziarie, cioè attività e passività, i bilancio
settoriali e aggregati di un Paese forniscono una più completa visione della
vulnerabilità sistemica che non se si guarda al solo debito pubblico». E in
questa «visione integrata» l'Italia, rispetto a Paesi con sistemi bancari e finanziari altamente a rischio come l'Irlanda, appare in
posizione migliore: non ha squilibri esterni rilevanti, le imprese hanno una
posizione finanziaria equilibrata, le famiglie hanno
pochi debiti (relativamente ai livelli di altri partner) e continuano a
risparmiare. Un approccio sistemico che non può cambiare i parametri fissati
dai Trattati e dal Patto di stabilità, ma di cui la Commissione sembra ora
intenzionata a tenere conto quando dovrà redigere le raccomandazioni per ogni
Paese e stabilire i tempi di rientro al di sotto della soglia deficit/Pil del
3%, rispetto al 4,5% previsto da Bruxelles per l'Italia nel 2009 e al 4,8% a
politiche invariate nel 2010. Seppure con questi elementi di conforto,
l'Esecutivo Ue non naconde i rischi che permangono a causa di un enorme debito
pubblico italiano stimato al 116,1% nel 2010. Un rischio riflesso dal balzo in
gennaio nello spread tra i titoli decennali italiani e i Bund tedeschi che
raggiunto i 170 punti base contro una media di 25 punti base tra il 1999 e il
2007, per poi ridiscendere a 90-100 punti base in maggio. Per questo Bruxelles
conferma che l'Italia fa parte di un gruppo di paesi dell'eurozona (con Cipro,
Grecia e Slovacchia) con «un limitato margine di manovra di bilancio». Più in
generale il rapporto Ue stima che in Europa il costo dei salvataggi finanziari ammonterà tra il 2,75 e il 16,5% del Pil e
sottolinea la necessità di definire una exit strategy che permetta di passare
dagli stimoli di breve periodo, che hanno fatto aumentare gli indebitamenti
pubblici, a un quadro di risanamento finanziario nel
medio termine, non appena la ripresa prenderà forma. «Le esperienze del passato
sono delle lezioni utili, che ci mostrano come i costi di bilancio delle crisi
bancarie possano essere contenuti e quali fattori possano facilitare il ritorno
a conti pubblici sani», ha commentato il commissario per gli Affari economici,
Joaquin Almunia, aggiungendo:«L'efficacia della politica di rilancio di
bilancio a breve termine dipende in larga parte da un impegno credibile a
mettere fine allo stimolo una volta che l'economia tornerà a crescere». ©
RIPRODUZIONE RISERVATA FATTORI POSITIVI L'equilibrio della bilancia commerciale
e lo scarso indebitamento privato fanno sì che la situazione sia sotto
controllo
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
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Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( BANCA MEDIOLANUM ) data: 2009-06-24 - pag: 34
autore: L'intervento di Walter Ottolenghi* Mettere il mattone' nel Portafoglio L a diversificazione degli
investimenti nel settore immobiliare continua a dimostrare la sua validità anche attraverso i
momenti più perturbati dei mercati finanziari. In
diversi Paesi europei, e in Italia in particolare, dove si sono evitati gli
eccessi speculativi e le spericolate operazioni di debito proprie soprattutto
del cosiddetto modello anglosassone', il periodo
di inusuale recessione economica ha provocato solo marginali correzioni dei
valori, soprattutto per quanto riguarda gli immobili di buona qualità e messi a
reddito con conduttori dalla solida situazione economica. Il rendimento prodotto
dai canoni di locazione ha infatti contribuito a confermare l'idoneità di
questa forma d'investimento come ideale complemento e fattore equilibrante
delle altre forme di risparmio presenti nel patrimonio delle famiglie. Il Fondo
Immobiliare Mediolanum Real Estate ha seguito in modo attivo l'evoluzione del
mercato nel corso degli ultimi tre anni e si è presentato all'appuntamento del
2009 con le carte in regola per cogliere le opportunità che lo scenario attuale
presenta. Tra il 2006 e il 2007 il Fondo Real Estate ha costituito la base
principale del proprio portafoglio d'investimenti evitando di rincorrere facili
obiettivi di impiego immediato delle risorse economiche raccolte per perseguire
effimeri successi di facciata, ma ha operato una lenta selezione, privilegiando
gli impieghi caratterizzati da un elevato rendimento locativo e da prezzi
d'acquisto che esprimessero valori al metro quadro non contagiati dalla febbre
degli immobiliaristi d'assalto, che ancora fino a non molti mesi fa alteravano
il profilo del mercato. Il 2008 è stato un anno intermedio, di sostanziale
osservazione e attesa, nel corso del quale si è ottimizzata la gestione del
patrimonio acquisito. In tutto questo periodo, il Fondo ha distribuito cedole
corrispondenti a circa il 4% annuo del valore iniziale della quota investita.
Venendo alla prima metà del 2009, il Fondo ha ripreso a investire, mettendo a
segno due acquisizioni (entrambe a destinazione uffici, la prima nel centro di
Milano, la seconda in uno dei principali distretti direzionali che circondano
il capoluogo lombardo) che possono essere esemplificative delle opportunità che
si stanno presentando attualmente nel comparto immobiliare: vantaggiosi
rendimenti da locazione e risultati molto interessanti in prospettiva. E la
società di gestione sta attualmente valutando diverse altre opportunità
d'investimento che stanno maturando in questa particolare situazione di
mercato. All'inizio di giugno, in particolare, è già stata finalizzata
l'acquisizione di una galleria commerciale strategicamente collocata in una
regione centrale italiana, avviata da diversi anni con risultati di successo e
in progressiva crescita. *amministratore delegato di Mediolanum Gestione Fondi
Nell'immagine uno stabile a Padova che fa parte del patrimonio immobiliare su
cui investe il Fondo Immobiliare Mediolanum Real Estate
( da "Sole 24 Ore, Il" del
24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( BANCA MEDIOLANUM ) data: 2009-06-24 - pag: 34
autore: Beni reali al riparo dall'inflazione Investire oltre la crisi:
diversificazione immobiliare Investire anche in beni reali, come le opportunità
immobiliari, per mettersi al riparo dai futuri rischi di crescita
dell'inflazione U na rotta che dalle ondate della crisi economica e finanziaria internazionale porta allo scenario che ci
attende dopo la tempesta. Per chi guarda alla gestione dei propri risparmi e
investimenti in maniera adeguata, vale a dire non navigando a vista senza
chiedersi quali siano le prospettive all'orizzonte, ma orientando la bussola
per seguire un percorso preciso, lungimirante nel tempo, e cercando di
anticipare le tappe che ci attendono, una rotta può essere già tracciata:
diversificare sempre gli investimenti in modo da distribuirli su risorse e
settori diversi, per proteggersi dalle burrasche che si possono abbattere da
una parte o dall'altra. E mettersi al riparo dai rischi di crescita
dell'inflazione che seguirà la ripresa dell'economia nei prossimi anni, dopo la
recessione e il superamento della crisi internazionale. Come? Investendo non solo nei mercati
finanziari ma anche in beni reali, come immobili e
aziende, che risultano poco esposti e vincolati all'andamento e agli strappi
dell'inflazione. Primi tra tutti i beni immobiliari, che se sono di qualità
offrono rendimenti interessanti, soffrono meno per le difficoltà dei mercati finanziari, e non si svalutano
nel tempo. La diversificazione delle soluzioni di investimenti di ogni
singolo risparmiatore e cliente è da sempre una delle principali linee guida
che orientano l'attività di Banca Mediolanum, e dei suoi Family Banker, una
strategia fondamentale per gestire al meglio le risorse a disposizione. Per
diversificare è indispensabile distribuire gli investimenti fra soluzioni e
beni diversi, in modo da ridurre le incognite che si possono presentare
concentrando tutto il capitale su un'unica scelta o poche soluzioni. Partendo
sempre dalle diverse tipologie d'investimento finanziario:
titoli azionari, obbligazionari, prodotti assicurativi e previdenziali, che
hanno caratteristiche, potenzialità e prospettive differenti, a seconda del
profilo del singolo investitore, della durata dell'investimento, degli
obiettivi di rendimento finale. In questo quadro, e guardando all'orizzonte che
ci attende nei prossimi mesi e anni, molti economisti e analisti finanziari prevedono già che la ripresa economica che
seguirà e supererà la crisi in corso porterà anche nuova inflazione,
probabilmente con un aumento consistente del carovita e degli indici ad esso
collegati, in tutto il mondo. E proprio per questo, oggi e nello scenario che
abbiamo di fronte, diversificare significa investire oltre che in soluzioni finanziarie tradizionali',
calibrate su misura per ogni singolo cliente, anche in soluzioni finanziarie
strettamente collegate alle condizioni dell'economia reale, come ad esempio
l'inflazione, per arrivare ai beni reali, ad esempio immobili di qualità,
aziende di valore, che, quando l'economia riprenderà a ingranare una marcia
dopo l'altra, sapranno bilanciare gli effetti al rialzo che accompagneranno la
ripresa e la nuova crescita. E questo tipo di investimento può essere a sua
volta diversificato' ricorrendo ai fondi immobiliari.
Scelte e opportunità d'investimento vanno del resto pianificate con un'ottica e
un respiro di più lungo periodo, oltre la crisi, e oltre i riflessi che la seguiranno.
Ma le occasioni che questa crisi ha generato vanno colte adesso, prima che sia
troppo tardi. Diversificare gli investimenti anche nell'immobiliare
( da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 24/06/2009 - pag: 5 Appello bipartisan «Ma ora pensiamo al bene comune» ROMA Crisi di valori, crisi economica e crisi culturale. Diciassette politici cattolici, insieme lanciano un
appello: «Torniamo al bene comune». Sono cinque del Pd (Baio Dossi, Paola
Binetti, Luigi Bobba, Marco Calgaro, Claudio Gustavino), sei Udc (Carlo Casini,
Rocco Buttiglione, Luisa Santolini, Luca Volonté, Magdi Cristiano Allam,
Savino Pezzotta), cinque del Pdl (Isabella Bertolini, Laura Bianconi, Maurizio
Castro, Elisabetta Gardini, Barbara Saltamartini) e Massimo Polledri della Lega
Nord. È il primo caso di una lettera-programmatica firmata da parlamentari
nazionali ed europei di tutti gli schieramenti e di tutti i partiti, dopo la
diaspora, seguita alla fine dell'unità politica dei cattolici. I firmatari si
pongono una domanda: «Che ne è del bene del Paese, del bene comune in questo
momento?». Ed ecco la risposta: «Il clima di sfiducia, di sospetto e di
tensione di questi ultimi mesi ci chiede di riflettere per dire con chiarezza
dove vogliamo andare e quale proposta di speranza possiamo offrire agli
italiani». E ancora: «Il Paese ci chiede di dare un esempio morale credibile
vivendo in prima persona i valori in cui crediamo». Il
«Bari-gate» non è nominato né forse poteva esserlo, ma si legge in filigrana
nelle 25 righe del testo. Insieme a una forte preoccupazione per «gli italiani
che vivono le difficoltà del quotidiano, e chiedono a noi politici di saper
individuare risposte credibili e concrete per poter essere realizzate». Cioè
per tutti coloro «che a buon diritto si aspettano una buona politica, che non
può essere una politica buona, cioè indirizzata al bene comune». M.A.C.
( da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 24/06/2009 - pag: 37 Il ricorso al Wto
Europa e Usa contro Pechino: protezionismo sulle materie prime DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES «Pechino
bara»: potrebbe stare in queste due parole, la denuncia fatta ieri da Unione
Europea e Stati Uniti. I due colossi accusano ufficialmente il terzo, cioè la
Cina, di stravolgere le regole del libero mercato con le restrizioni che impone
all'esportazione di sue materie prime strategiche, come la bauxite, il
magnesio, lo zinco o il manganese, materie spesso scarse e a volte introvabili
in altre aree del mondo. Bruxelles e Washington minacciano per questo di
portare Pechino davanti al «tribunale» della Wto, l'Organizzazione mondiale del
commercio. Non è certo una disputa da cortile: la Cina è oggi il secondo
partner commerciale della Ue, dopo gli Usa, e la Ue è il primo partner
commerciale della Cina; e l'interscambio fra i due giganti raggiunge ormai i
300 miliardi di euro. Le restrizioni sull'export di certe materie prime,
operate da Pechino, si basano sull'imposizione di quote, di prezzi minimi, o di
dazi giustificati sotto i più vari profili giuridici: «E oltre alla distorsione
della concorrenza protesta Catherine Ashton, commissaria europea al commercio
spingono all'aumento i prezzi globali, rendendo ancora più difficile le cose
per le nostre aziende, già alle prese con la crisi economica». Non solo: alcune
di queste materie prime sono indispensabili per produzioni tecnologicamente
avanzate come quella dei semiconduttori, o quella dei componenti per
l'aeronautica e l'aeronautica spaziale. Perciò la difficoltà di reperimento
limita e danneggia la presenza strategica delle singole aziende ma anche dei
governi dell'Occidente, e dei loro apparati industriali e militari. Insomma,
una questione geopolitica e non solo meramente commerciale, con una tensione
che da anni va sempre crescendo: così Bruxelles e Washington avviano ora la
procedura per un ricorso legale davanti alla Wto. È solo un primo passo.
Catherine Ashton auspica «una soluzione amichevole attraverso lo strumento
delle consultazioni». Ma intanto, una macchina pesante si è messa in moto. Da agosto
in poi, avviate le consultazioni in sede di Wto, un gruppo speciale riesaminerà
tutta la questione, e in base alle sue decisioni si potrebbero decidere
sanzioni contro la Cina. Anche perché la gamma delle potenziali rivendicazioni
e proteste è larghissima: «Le consultazioni che abbiamo richiesto oggi dice un
comunicato della Commissione Europea si concentrano su un primo gruppo di
misure e di prodotti. Ma le nostre preoccupazioni non sono limitate a questi, e
la raccolta di informazioni su altri continuerà, con la possibilità sempre
aperta di ulteriori azioni da parte nostra». Fra le misure più contestate, i
dazi del 70% sulle esportazioni del fosforo giallo, del 15% per la bauxite, del
40% per il carbon coke, del 25-35% per lo zinco. Secondo la Ue, la Cina sta
violando anche gli impegni che assunse nel suo protocollo di accesso alla Wto,
e con i quali escludeva qualsiasi limitazione o gravame sull'export, se non in
determinati casi e a determinate condizioni. Il commissario europeo al
Commercio, la britannica Catherine Ashton Luigi Offeddu
( da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
24/06/2009 - pag: 43 Il caso a Milano L'intesa Nokia-Intel affossa StM
(fa.chi.) L'accordo tra Nokia e Intel e le voci sulla cessione della quota di
Areva fanno male a StMicrolectronics, che ha registrato la peggiore performance
fra i titoli del Ftse-Mib chiudendo in calo del 4,53%. La società
francese ieri ha smentito, ma secondo rumors starebbe valutando la vendita
dell'11% nel gruppo di semiconduttori. Anche a Parigi il titolo Stm ha chiuso
in forte calo (-4,21%). Sempre di ieri l'accordo tra la concorrente Intel e
Nokia (uno dei principali clienti di StM): il leader mondiale dei
microprocessori e il colosso finlandese dei cellulari svilupperanno assieme
nuovi chip destinati alle apparecchiature mobili. Carlo Bozotti ceo di StM
( da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
24/06/2009 - pag: 43 Il caso a Parigi Il piano Olofsson rilancia Carrefour
(g.fer.) Piace al mercato il piano di rilancio che Lars Olofsson, nominato
all'inizio dell'anno direttore generale di Carrefour al posto di José-Luis
Duran, ha presentato ieri a Parigi. Il titolo del colosso francese, secondo
gruppo mondiale della grande distribuzione, ha recuperato infatti alla Borsa
parigina il 3,6%, chiudendo a quota 30,9 euro, in controtendenza rispetto
all'indice Cac dei 40 migliori titoli (sceso dello 0,21%). Ai 500 tra manager e
quadri riuniti ieri a Parigi, Olofsson ha anticipato il suo programma in sette
punti, che sottoporrà agli analisti finanziari il
prossimo 30 giugno. Lars Olofsson alla guida di Carrefour
( da "Corriere della Sera"
del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
24/06/2009 - pag: 43 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo,
corre Campari Luxottica Il titolo, inserito nella lista dei preferiti di Bank
of America, rimbalza del 3,95% In linea con l'andamento delle altre Borse
europee, dove ha dominato la volatilità, a Piazza Affari l'indice Ftse-Mib
ha segnato una perdita dello 0,42%, mentre l'Ftse Italia All Share ha perso lo
0,51%, con scambi in leggera ripresa (2,4 miliardi di euro il controvalore
complessivo). Campari e Luxottica, due società che ben rappresentano il made in
Italy, guidano la classifica dei rialzi nell'ambito dei titoli che compongono
l'indice Ftse-Mib. Nel primo caso, con una crescita del 5,3%, il prezzo di
riferimento (5,76 euro) si avvicina al nuovo massimo dell'anno. Quanto a Luxottica,
cresciuta del 3,95%, si tratta di un rimbalzo che compensa il calo della
vigilia, favorito dall'ingresso del titolo nella lista dei preferiti di Bank of
America. Significativo anche il recupero di Ubi Banca (+3,18%), ma il titolo
era reduce da un tonfo di circa quattro punti percentuali. Bene, inoltre,
Prysmian (+3,01%) dopo la notizia delle due commesse vinte in Germania e Olanda
per complessivi 20,3 milioni di euro. Rialzi superiori ai due punti
percentuali, poi, per una manciata di titoli appartenenti a diversi comparti.
Fra i cementiferi Buzzi-Unicem è salita del 2,61% e Italcementi del 2,12%; fra
gli industriali Parmalat ha recuperato il 2,38% e Ansaldo Sts il 2,25%. Sul
fronte dei ribassi, infine, è proseguita la caduta di StMicroelectronics (StM),
che ha ceduto il 4,53% dopo l'annuncio che la francese Areva intende cedere la
propria quota, pari all'11% del capitale. Mediolanum ha invece lasciato sul
campo il 3,20%, seguita da Bulgari (-2,5%) e da Banca Popolare di Milano
(-2,37%).
( da "Stampa, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
LO
STUDIO DI MERRILL LYNCH E CAPGEMINI SU CHI HA ALMENO 30 MILIONI DI DOLLARI: GLI
ITALIANI SONO SCESI DA 207 MILA A 164 MILA Super ricchi, scomparsi due su dieci
[FIRMA]FRANCESCO SPINI MILANO Poveri ricchi, in questi momenti un po' così
devono fare austerity. Fanno meno beneficenza e ripiegano su beni di lusso
tangibili e concreti. Meno viaggi favolosi, meno club esclusivi. Roba da Anni
80. Meglio gioielli, superorologi, oggetti d'arte e gli intramontabili yacht.
Del resto, senza che sia il caso di chiamare il Wwf, la specie è in difficoltà.
Rispetto a quanto era stato registrato nel 2007, il tredicesimo rapporto
firmato da Merrill Lynch Global Wealth Management e Capgemini certifica che il
club dei ricchi si restringe. Causa crisi, il popolo
che può vantarsi di avere un patrimonio personale - casa di residenza esclusa -
di almeno un milione di dollari (717 mila euro, al cambio corrente) si è
ristretto a 8,6 milioni di persone, il 14,9% in meno di due anni fa. A pagare
pegno più degli altri, con un calo del 24,6%, sono i super ricchi, quelli da
almeno 30 milioni di dollari. In Italia? Gli stessi super ricchi erano in 207
mila due anni fa, sono diventati meno di 164 mila nel 2008: manca all'appello
il 20,8%. In pratica, ne sono scomparsi due su dieci. Così ci si accontenta
dell'ottava posizione, dietro la Svizzera. Meno ricchi e meno ricchezza - si è
tornati ai livelli precedenti il 2005 - dunque in questo mondo sferzato dalla
recessione. Tutti insieme gli averi di questi fortunati si abbassano a 33 mila
miliardi di dollari, in calo del 19,5%. Cambia di poco, invece, la
distribuzione geografica di chi se la passa bene: il 54% di loro resta
concentrato tra Stati Uniti, Giappone e Germania. L'unica sorpresa è la Cina
che con i suoi 364 mila ricconi supera la Gran Bretagna (362 mila) che paga la crisi finanziaria e immobiliare. Guadagna posizioni il Brasile, cala la Russia,
crolla Hong Kong e soffre l'India, «segno che chi è cresciuto più velocemente,
cade con altrettanta rapidità», spiegano gli esperti. Ovunque pesano fattori
simili: la Borsa che ha dimezzato le capitalizzazioni - e dunque i portafogli
di chi si era buttato sulle azioni - e l'andamento economico. Che per il
nostro Paese si traduce in un calo del Pil reale dell'1%, il crollo del 51%
della capitalizzazione di mercato, la discesa del 7,5% dei prezzi delle case.
Sull'altro versante, a sostenere la ricchezza italica - spiegano sempre gli
esperti - è stato pure il «pacchetto di stimolo del valore stimato di poco meno
di un miliardo di dollari», che include le azioni decise dal governo inclusa la
social card per le famiglie in difficoltà. Il soccorso ai poveri aiuta i
ricchi? Secondo gli esperti sì, perché tutto alla fine incide sul Pil. E poi è
servita la garanzia statale sui conti correnti che ha evitato il panico in
banca. Ma i ricchi cambiano anche le propensioni all'investimento: meno azioni,
più obbligazioni e liquidità (+6% per arrivare al 50% dei portafogli). Meno
hedge fund (-7%), più prodotti a capitale garantito, più materie prime (+3%) -
oro soprattutto, «in forma di lingotti, monete ed Etf» - e più case (+4%):
inutile venderle a questi prezzi, meglio comprare e fare affari. E scatta pure
il «meccanismo psicologico» di investire i capitali in patria, in attesa del
prossimo scudo fiscale, che da noi renderà la cosa ancora più agevole. Nel
frattempo dai ricercatori arriva ottimismo. Dopo i primi segnali di ripresa,
prevedono un recupero medio annuo dell'8,1% della ricchezza di qui al 2013. Ma
per allora l'Asia è pronta a sorpassare gli Usa.
( da "Stampa, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Fed,
tasso di sconto invariato La Fed del presidente Ben Bernanke ha deciso di
lasciare i tassi di sconto Usa invariati fra 0 e 0,25%. Secondo
la banca centrale, «il passo della contrazione economica sta rallentando e le
condizioni dei mercati finanziari sono generalmente migliorate negli ultimi mesi». Inoltre, i
consumi delle famiglie «hanno mostrato ulteriori segni di stabilizzazione»
( da "Repubblica, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
XI - Napoli LE NUOVE REGOLE PER INCARICHI PROFESSIONALI NICOLA PAGLIARA U na
cosa mi è chiara dopo questa crisi che non sembra avere più fine, ed è che le
regole di molti giochi dovranno essere cambiate. Su quelle della finanza
nazionale e internazionale lascio volentieri a Tremonti e Draghi e agli esperti
il compito di esplorare quali vie possano essere le migliori per regolare
l´andamento dei mercati finanziari. Ma per quanto
riguarda il mondo del lavoro professionale, mi posso permettere di intervenire
con una certa competenza, frutto di cinquant´anni di attività. La nostra
professione (ma non è la sola) sta attraversando un periodo nero come neppure
nel 92 si era verificato. In quegli anni se tangentopoli
aveva bloccato ogni attività imprenditoriale e professionale, pure vi era la via di
fuga all´estero, rimasto miracolosamente fuori dai brogli del nostro Paese e
che consentì di cercare in Germania, Inghilterra o Spagna spazi di
sopravvivenza. Questa volta no; la crisi è globale e come si dice se Atene
piange, Sparta non ride. I nostri colleghi esteri e regionali, dopo crescite
elefantiache dei loro studi, oggi sono costretti a licenziare e a
ridimensionare le loro attività. Per cui, volendo mantenere intatte le
prerogative di un "libero professionista" e la sua capacità di
collocare i propri meriti e le proprie qualità nel libero mondo del mercato,
tuttavia trattandosi ormai di "una folla" di architetti e ingegneri
senza sbocchi professionali, costretti a umiliare le proprie capacità a livelli
mai raggiunti, ritengo che le regole, il modo di gestire il denaro pubblico e
gli intrecci professionali vadano adeguati alla nuova situazione. Se il denaro
che viene investito per le grandi opere è pubblico, allora pubblica e alla luce
del sole deve essere la ridistribuzione fra quelli che per titolo di studio e
per competenza vantano gli stessi diritti di quelli che proprio sul pubblico
puntano per ottenere i maggiori incarichi professionali e meglio retribuiti. Le
ragioni del "no", "non va", le conosco da anni: affidandosi
indiscriminatamente a tutti i livelli di cultura professionale, si rischia di
perdere di vista la "qualità" dei manufatti. E, il che è peggio, a
parte qualche professionista baciato dalla politica, i più strenui difensori
della "qualità tout court" sono proprio quei politici che nel corso
degli anni hanno imparato a masticare in modo grottesco nomi impossibili e
dalle qualità sublimi, invocandone la loro ben remunerata prestazione. è
incredibile che proprio da sinistra venga questo metodo balordo: con la scusa
di proporre una cultura superiore, si fanno fuori di un colpo centinaia di
professionalità. Incredibile è che spesso sono gli stessi che dal 68 a oggi hanno fatto in modo che le nostre Facoltà
distruggessero le loro radici e i loro insegnamenti, facendo in modo (ora anche con la
laurea breve) di mettere in circolazione sotto preparati, numerosi e inutili in
una società per la quale dal mondo intero si reclama impegno e professionalità.
Tutto questo porta inevitabilmente a riscrivere regole che consentano la
preparazione prima, la sopravvivenza dopo dei giovani che affrontano questa
giungla, senza avere strumenti di difesa. L´alibi è dato dalla necessità
dell´alto livello qualitativo degli interventi. Bene, io ne nego la necessità:
tenendo bassi i toni come nelle vecchie città "biedemeier", la
qualità sarà data proprio da quel tessuto senza eccezioni, dove qua o là, un
elemento (come furono le cattedrali) potrà brillare di eccezionale bellezza e
armonia. I mezzi ci sono e, guarda caso, sono tutti di sinistra e finiranno per
essere apprezzati dalla destra, tanto è il bisogno di ridare dignità a quella
"folla" che, per cultura e preparazione, ne ha diritto. Le nuove
regole, anche lì dove sembrano troppe, non possono prescindere da una nuova coscienza
civile, della quale sono pieni gli interventi di sociologi ed economisti. Tra
le nuove regole ci dovrà essere, prima che sia troppo tardi e che ci si
dimentichi della "dignità" professionale, quella che solo la
politica, quella vera, può innescare: fare un passo indietro, tutti e
contemporaneamente, anche soprassedendo per un po´ al mito della sublime
qualità architettonica.
( da "Repubblica, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
XV - Genova Coccia: "Tirrenia privata in due mosse" "Prima il
passaggio delle controllate alle Regioni, poi la gara per la capogruppo"
MASSIMO MINELLA Anche il mare zoppica, di fronte alla crisi.
Ma non ha alcuna intenzione di fermarsi. E allora, ben vengano tutte quelle
iniziative che possono servire a tenere desta l´attenzione della politica e
dell´economia su una delle realtà più forti, e meno ascoltate, della Penisola.
Nicola Coccia, presidente di Confitarma, lancerà alla "48 ore del
mare" una doppia sfida, mediatica e strategica. E´ il palco giusto,
presidente? «Sì, non c´è alcun dubbio. Il nostro obiettivo era e resta quello
di divulgare la conoscenza dello shipping a tutti i livelli. Prima della crisi finanziaria avevamo già istituito un tavolo di confronto con il mondo
bancario. Ma forse non era sufficiente. Così, abbiamo deciso di andare in
onda». In che senso? «Abbiamo fatto un accordo con un canale satellitare per
una serie di programmi tematici per mettere a confronto armamento e finanza».
Può bastare per riuscire a condurre lo shipping fuori da questa crisi globale? «E´ una sfida che va condotta a più livelli,
proprio per questo ha bisogno di tante finestre. E questa è importante». Sempre
interessati alla privatizzazione di Tirrenia? «Sì, ora però cambiamo
strategia». E come vi muoverete? «Alla "48 del mare" abbiamo
organizzato una tavola rotonda sulle società regionali di Tirrenia. Bisogna
partire da qui, affidandole alle regioni. A questo punto, Tirrenia sarà molto
più ridimensionata e sgonfiata e sarà di certo meno strategica, tenuto conto
che i privati operano già sulle stesse rotte». Resta il problema occupazionale.
«Se esiste, saremo pronti ad affrontarlo e a risolverlo».
( da "Repubblica, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
VI - Firenze Mutui, è il momento del tasso variabile e se l´Euribor sale c´è la
rata protetta La novità di Mps prevede un tetto massimo al 5,50%, lo spread
costa un po´ di più ROSA SERRANO Sfruttare i vantaggi del variabile con la sicurezza
del fisso. Per ottenere questo risultato l´aspirante mutuatario deve stipulare
un contratto di mutuo a tasso variabile con la garanzia di un cap, cioè di un
tasso massimo oltre il quale la rata non potrà comunque andare in futuro.
L´esperienza sostenuta da molti mutuatari che negli anni scorsi avevano optato
per il mutuo con tasso variabile attirati dal notevole differenziale con i
mutui a rata inchiodata e che successivamente hanno dovuto affrontare la
continua impennata dell´Euribor (il parametro utilizzato dalle banche per
aggiornare i mutui a tasso variabile) dovrebbe consigliare la massima cautela
ai nuovi mutuatari. Un solo esempio è sufficiente per dimostrare il vero e
proprio dramma verificatosi per molti mutuatari che, in molti casi, non erano
più in grado di pagare la rata diventata troppo "pesante". Mentre nel
maggio 2005 l´Euribor a 1 mese/365 quotava 2,13%, a fine settembre
( da "Sole 24 Ore, Il" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-25 - pag: 13 autore: BANCA MONDIALE
Intesa a Roma per il credito al commercio La Banca mondiale firmerà oggi a Roma
un impegno a finanziare, insieme ad alcune banche internazionali, come
Unicredit, gli scambi commerciali con i paesi emergenti. L'accordo segue altre
operazioni realizzate dalla Banca dopo il vertice del G-20 di Londra per far
ripartire il credito all'export, pressoché bloccato dalla crisi finanziaria. Per la prima volta,
però, le operazioni saranno legate a transazioni commerciali di medio-lungo
periodo. La tipologia di finanziamento, secondo fonti di Unicredit, sarà
focalizzata su alcune aree di particolare interesse per l'industria italiana,
come la fornitura di macchinari e impianti e la realizzazione di
infrastrutture. All'intesa, partecipano anche, l'affiliata della Banca
mondiale, l'International finance corporation l'istituto canadese
Northstar,quello tedesco Kfw, quello sudafricano Nedbank. Le operazioni saranno
garantite dalle agenzie nazionali di assicurazione del credito, come la Sace.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-25 - pag: 14 autore:
Più regole globali per la ripresa Pubblichiamo uno stralcio dal discorso tenuto
martedì 23 giugno a Roma dal ministro dell'Economia e delle Finanze
GiulioTremontiallafestaperil235Ú anniversario della fondazione della Guardia di
finanza. L' anno scorso causando un certo sconcerto, ho parlato di "crisi in arrivo" («Lo spostamento globale di enormi
stock e flussi di ricchezza, lo spostamento globale della domanda e
dell'offerta di materie prime e di prodotti, cumulati con gli effetti
addizionali della speculazione finanziaria, sta ora causando una catena di nuove tensioni e di crisi: crisi
finanziaria; crisi alimentare. Sono crisi che hanno causa globale, ma impatto locale»). Sconcerto, perché
nel giugno del 2008 non era ancora d'uso parlare dicrisi.L'impatto della crisi è arrivato in autunno, ed è stato tanto sul resto del mondo,
quanto sull'Italia. E l'Italia ha resistito, resiste, resisterà. Nec
recisa recedit, vale per la Guardia di finanza. Ma vale anche per l'Italia. La crisi non è stata interna ma esterna. E non è stata causata
dalle nostre negatività, ma all'opposto ha avuto impatto su di una nostra
fondamentale positività. Siamo infatti un paese fortemente esportatore.
Esportatore proprio su quel mercato globale che, in autunno, è stato colpito
dalla globale caduta della fiducia e dunque della domanda. La resistenza
dell'Italia trova comunque: e Fondamento nella nostra geografia ci-vile, fatta
da 8mila Comuni. Comuni minimi, medi, grandi. Non abbiamo tuttavia, e per
fortuna, grandi metropoli. Metropoli circondate da anelli fatti da periferie,
fonte di attuale o potenziale rivolta sociale. All'opposto, l'Italia è fatta
come una rete, capace d'assorbire con elasticità un po' di tutto; r Fondamento
nella nostra geografia economica: abbiamo più di 8 milioni di partite Iva, su
di un totale europeo di 35 milioni. A parità di popolazione, ne abbiamo il doppio
della Francia. E non è questo un fattore di debolezza, ma all'opposto di forza
e di vitalità, sociale ed economica. A differenza di altri paesi, non abbiamo
solo la grande industria. Abbiamo anche "100 distretti", che fanno
comunque industria. Nell'insieme, abbiamo la seconda manifattura d'Europa. E la
crisi ci ha insegnato che la manifattura è ancora
importante, perché la ricchezza non si produce solo a mezzo servizi e finanza,
ma soprattutto a mezzo lavoro. Tra il "piè veloce Achille" e la
tartaruga, la storia e la crisi ci insegnano che il
paradosso è a favore della tartaruga. Altri paesi che avevano baldanzosamente
salito la scala delle statistiche, ora la discendono in disordinata
retromarcia. Nel 2008, prima di una crisi che - ripeto
- è venuta da fuori e non per colpa nostra, il nostro surplus sull'export
manifatturiero aveva raggiunto la cifra record di 60 miliardi di euro. Un po'
troppo, per essere in declino; t Fondamento nella nostra struttura finanziaria: abbiamo un grande debito pubblico, ma abbiamo
anche un grande risparmio privato e sommando insieme queste due grandezze, come
la crisi ci ha indicato che è giusto fare, siamo al
livello dei grandi paesi dell'Europa continentale; u Infine fondamento nella
nostra struttura civile, basata sui due pilastri. Uno pubblico e uno
privato:sull'Inps,ma anche e per fortuna sulla famiglia. Date queste solide
fondamenta, il governo con il sostegno del parlamento e d'intesa con le regioni
- di tutte le regioni- ha potuto fare, in un anno di governo della crisi, tre cose essenziali:
( da "Sole 24 Ore, Il" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-25 - pag: 43 autore:
Investimenti. Per Wang (Value Partners) il continente è giudicato rischioso
«L'Europa è un tabù per le banche cinesi» Monica D'Ascenzo MILANO La banche
cinesi hanno sofferto meno delle altre la crisi finanziaria
e si preparano a crescere controcorrente puntando ad un modello globale.
L'espansione in Europa, però, resta ancora un tabù. Questo il quadro che emerge
dall'incontro con James Wang, nuovo partner di Value Partners e responsabile
del centro di competenza Istituzioni Finanziare per le sedi cinesi, in Italia
per alcuni incontri di lavoro. «Affiancheremo le banche cinesi nel loro
processo di globalizzazione in Europa e in Italia, non appena questi mercati
ricominceranno ad essere appetibili» spiega Wang. C'è ancora un problema di
valutazioni troppo alte per gli investimenti in Europa? In realtà le banche
cinesi stanno considerando investimenti in società finanziarie europee, ma
attualmente prevale un atteggiamento cauto. Bank of China, ad esempio, ha
dovuto rinunciare ad acquisire il 20% della compagnia finanziaria
Edmond de Rothschild dopo la mancata approvazione delle autorità cinesi. Gli
investimenti in Europa sono ritenuti ancora troppo rischiosi. Le banche
straniere invece continuano a guardare alla Cina? Ormai sono circa 30 i gruppi
finanziari stranieri presenti in Cina e il numero continua a crescere. Ci sono
banche, come Citi e Hsbc, che hanno deciso di aprire uffici propri; gruppi,
come Bank of America e Rbs; che hanno deciso di investire in banche locali,
rispettivamente Ccb e Boc; altre ancora hanno acquistato partecipazioni, che
permettono loro di avere il controllo della banca cinese, come nel caso di Citi
entrata in Gdb; infine ci sono le joint venture, sul modello di quella fra Bank
of Canada e Msbc. I modello di banche globali a cui tendono gli istituti cinesi
è controcorrente... L'industria finanziaria cinese sta
vedendo un rapido sviluppo anche in seguito ad una domanda crescente di nuovi
servizi da parte della clientela, alla presenza delle banche estere sul mercato
e al conseguente aumento di concorrenza. Per questi motivi le banche cinesi
stanno sviluppando o acquistando attività nel private banking, nell'asset
management, nelle assicurazioni e nei servizi alle imprese, sia in Cina sia
all'estero. Inoltre per risparmiare sui costi stanno trasformando i sistemi e
stanno centralizzando i processi. Quali sono stati gli
effetti della crisi per il
comparto finanziario in Cina? Le banche cinesi non avevano forti esposizioni
sul mercato dei derivati e quindi l'impatto della crisi
finanziaria è stato minore. Hanno subito
indirettamente, invece, gli effetti della crisi economica, ma il governo cinese ha varato stimoli per il settore
infrastrutture, comunicazioni e industrie chiave. Inoltre la crisi ha portato a un allentamento del controllo del governo
sul sistema del credito. Dalla fine dello scorso anno il mercato del credito
sta crescendo velocemente e le banche ne stanno beneficiando. © RIPRODUZIONE
RISERVATA LE PROSPETTIVE Secondo il consulente l'internazionalizzazione
dell'industria finanziaria di Pechino crescerà con la
ripresa dei mercati
( da "Sole 24 Ore, Il" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-25 - pag: 43 autore: Lord
Turner: «Il mercato non si regola da solo, non dimenticate la lezione della crisi» L'Fsa richiama i banchieri inglesi Leonardo Maisano
LONDRA. Dal nostro corrispondente Tutto ricomincia come prima? La storia,
davvero, si ripete portandoci al primo semestre del 2008 quando Royal Bank of
Scotland scalava Abn Amro, quando il suo presidente Fred Goodwin incassava
bonus ultramilionari, quando le mille luci delle banche accendevano i
grattacieli di Canary Wharf? «Non proprio come allora – ammette un banchiere
che chiede l'anonimato – ma non siamo neppure troppo lontani. La caccia ai
migliori è già ripresa e i pacchetti salariali sono in netta risalita. Non sono
quelli del 2007, ma simili a quelli del 2004». Che comunque non erano indennità
di disoccupazione a queste latitudini. «C'è enorme liquidità – riprende – e le
banche tornano a macinare grandi numeri. Un esempio per tutti: le revenue del
solo reddito fisso di Jp Morgan nel primo trimestre sono state 6,5 miliardi di
dollari». Un terzo di quelle messe insieme dalla banca americana nel 2007. Lo
stesso accade altrove, anche nelle grandi banche inglesi, oggi glorie del
Tesoro, azionista di riferimento di Lloyds a Rbs. La sensazione della City si
consolida nei numeri, ma soprattutto nelle parole. Quelle di Lord Turner,
presidente di Financial service authority, la Consob britannica, che alla
commissione Tesoro della Camera ha reso una significativa testimonianza. Nel
contesto del dibattito sulle regole dei mercati finanziari e soprattutto su chi
le deve applicare Adair Turner è stato esplicito: «Ci sono segni che molti
attori del mondo bancario si stiano dimenticando la lezione della più grande crisi finanziaria nella storia del
capitalismo creata da un approccio fondamentalmente sbagliato che ha radici
nella convinzione che il mercato si regoli da solo». Come dire si torna
al passato fatto di retribuzioni con troppi zeri, prodotti da utili aziendali
altrettanto smisurati, generati da regole lasse nella presunzione di una
crescita perenne. L'ultimo caso, in Gran Bretagna, è quello di Stephen Hester
ceo di Rbs che ha messo insieme una pacchetto globale che potrà rendergli una
decina di milioni di sterline. Il Tesoro ha benedetto quel salario rinforzando
la sensazione che anche la mano pubblica, di fatto, consideri inevitabile il
ritorno alle logiche di ieri. Di «assunzioni con metodi aggressivi » ha parlato
Lord Turner per denunciare il riemergere di logiche pre-crisi.
«Lo ripeto - ha detto - c'è il rischio che non si stiano sfruttando le
opportunità aperte dal credit crunch ». Concetto che introduce al più delicato
dibattito che spazza l'Inghilterra su chi, queste regole, le debba applicare.
Il primobotto lo ha fatto partire Mervyn King governatore della Banca
d'Inghilterra, che ha chiesto per se stesso maggiori poteri di controllo e
supervisione, oggi tripartiti fra istituto centrale, Fsa e Tesoro. Una tesi che
ieri il cancelliere del governo ombra conservatore, George Osborne, ha fatto
sua.«Il sistema attuale– ha detto –è inefficiente.Il governo Tory ridarà peso
alla Banca d'Inghilterra». Quel ruolo che Gordon Brown, da Cancelliere, tolse
all'istituto centrale.La partita delle regole rischia di prendereuna piega
politica o di risolversi in un braccio di ferro fra diverse istituzioni. E
questo è stato il secondo timore espresso da Lord Turner ai Comuni. «Sono
agnostico - ha detto - sul ridare interamente la vigilanza alla banca
centrale». Ma, ha aggiunto, se si vuole mantenere la Fsa deve potere avere un
ruolo sostanzialmente paritario con la più nobile Banca nazionale. Altrimenti
Fsa, addio. Perché si ritroverebbe – nelle parole del suo presidente – nella
condizione impossibile di non avere poteri pur essendo gravata di
responsabilità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-25 - pag: 5 autore: I nuovi
controlli finanziari. Tarantola (Bankitalia): bene il
ruolo riconosciuto alle banche centrali «Modello Usa per la vigilanza» Rossella
Bocciarelli ROMA Il modello delineato per le funzioni delle Banche centrali
dall'amministrazione Obama «mi trova favorevole». Lo ha affermato ieri, Anna
Maria Tarantola, vicedirettore generale della Banca d'Italia, nel corso del
seminario internazionale di Villa Mondragone organizzato dalla fondazione
Ceis-Università di Tor Vergata. Secondo la dirigente di Via Nazionale «è da
accogliere con favore il ruolo riconosciuto alle banche centrali nella
vigilanza macroprudenziale, un ruolo – ha aggiunto – che
tiene conto delle responsabilità in materia di stabilità finanziaria, di controllo del rischio
sistemico e della funzione che le stesse hanno svolto nella gestione della
crisi». Per il vicedirettore generale della Banca d'Italia, le banche centrali
hanno conoscenze sul funzionamento dei mercati
finanziari che «provengono dall'esercizio della
politica monetaria. Le banche centrali che ricoprono questo doppio ruolo
– ha spiegato – hanno dimostrato direagire meglio e più rapidamente alla
recente crisi ». Tarantola ha poi sottolineato che «il sistema bancario
italiano è stato meno colpito dalla crisi internazionale non solo perché è più
tradizionale ma anche perché in Italia «c'è una regolamentazione più prudente e
rigorosa». La dirigente di Via Nazionale si è soffermata anche sui nodi ancora
aperti della riforma della vigilanza europea. «è essenziale che il novero delle
regole e degli standard emanati a livello europeo e direttamente applicabili
alle istituzioni finanziarie, senza necessitÁ di
trasposizione o adattamento a livello nazionale, sia ampliato in modo
consistente ».Non solo.«Un'effettiva vigilanza integrata sui gruppi cross
border – ha aggiunto – non può che essere conseguita attraverso il
rafforzamento del ruolo dei collegi, che sono il fulcro delle vigilanza sugli
intermediari finanziari transfrontalieri». Dal canto
loro, i governi dovrebbero varare una regolamentazione che «attenui il
disallineamento che si è venuto a creare tra mercati
sempre più integrati e regole e prassi di vigilanza ancora differenti». Al
convegno di Villa Mondragone è intervenuto anche l'esponente italiano del board
della Bce, Lorenzo Bini Smaghi. Proprio nel giorno in cui l'Ocse ha di fatto
sollecitato la Banca centrale europea a ulteriori riduzioni dei tassi, in
presenza di una flessione stimata per del Pil di Eurolandia di quasi il 5 per
cento, Bini Smaghi ha battuto a lungo sul tasto della «severa minaccia » per la
stabilità dell'aumento del debito pubblico che potrebbe essere causato dagli
interventi anti crisi messi in atto dagli stati. Bini Smaghi ha anche affermato
che non ci sono segnali di un rischio deflazione nell'area euro dove, ha poi
aggiunto, per innescare una crescita senza far salire l'inflazione sarà
determinante cogliere il momento giusto per dar corpo ad una exit strategy. «I
fatti dimostrano che l'area dell'euro è ben lontana da una deflazione
generalizzata, persistente e attesa », e «non ci sono segnali di un calo
generalizzato dei prezzi », ha detto Bini Smaghi. Mentre la gravità della
recessione «farà in modo che l'inflazione rimanga bassa nei prossimi mesi,
anche se non determinerà dei tassi negativi». BINI SMAGHI (BCE) Nell'area euro
non ci sono segnali di un crollo generalizzato dei prezzi, mentre c'è un
rischio severo per l'incremento dei debiti
( da "Sole 24 Ore, Il" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-25 - pag: 8 autore:
Mercati finanziari.
Quattordici blue chip incontrano gli investitori Passerella italiana nella City
di Londra LONDRA Quattordici imprese quotate nel settore blue chip di Borsa
italiana hanno concluso ieri la due giorni di road show londinese con decine di
investitori. Da Autogrill a Seat, passando per Banco Popolare, Mps,
Carige, Benetton, Impregilo, Indesit, Finmeccanica, Hera, Italcementi,
Lottomatica, Maire Tecnimont, Recordati, hanno presentato i conti e illustrato
le prospettive a investitori internazionali in più di 130 incontri individuali
in quello che è ormai diventato un appuntamento annuale organizzato da Borsa
Italiana con Mediobanca e Banca Leonardo. Meeting serrati in cui sono state
messe sotto esame le performance delle imprese italiane presenti. «La partecipazione
di più di cinquanta istituzioni finanziarie
internazionali – ha commentato l'amministratore delegato di Borsa Italiana
Massimo Capuano – conferma che iniziative del genere aumentano la
fidelizzazione degli investitori accrescendo anche la liquidità dei titoli
anche in momenti di mercato difficili come quelli che stiamo attraversando».
Secondo Marco Morelli vice direttore generale di Monte dei Paschi cresce
l'attenzione per l'Italia.«Rispetto a qualche mese fa – ha detto – abbiamo
notato un interesse crescente per le banche italiane. Abbiamo avuto dodici
incontri, il doppio di quanto registrato nel più recente passato. Le ragioni
sono due: è apprezzata la forte liquidità del nostro sistema bancario e il
modello di business degli istituti di credito del nostro paese. Resta negativa
invece la valutazione sul costo del rischio credito che è del 20, ma anche del
30% superiore alla media delle banche europee». Per gli investitori è
statal'occasione per avere anche il polso della situazione globale attraverso l'analisi
economica di imprese italiane primarie largamente internazionalizzate. Il senso
del roadshow che porterà le blue chip di Borsa Italiana oltre che a Londra a
New York e Tokio vuole prima di tutto essere l'occasione per radicare il
rapporto di alcune fra le maggiori imprese del nostro paese con i grandi gruppi
bancari, fondi e investitori del mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Corriere della Sera"
del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
25/06/2009 - pag: 41 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Brillano
Mediolanum e Tenaris Positive ieri tutte le Borse, sostenute dall'avvio
positivo di Wall Street, spinta dal balzo degli ordini di beni durevoli negli
Usa.
Milano, dove entrambi gli indici principali hanno messo a segno recuperi
superiori ai tre punti percentuali (Ftse-Mib +3,12%, Ftse Italia All Share
+3,01%), ha realizzato il migliore risultato in Europa. Stazionari gli scambi,
per un controvalore di 2,4 miliardi di euro. Nel paniere dei titoli principali
spicca innanzi tutto Mediolanum (+7,87%), reduce da una fase negativa durata
due settimane. Oltre i sette punti percentuali anche Tenaris (+7,02%): in
questo caso gli operatori puntano su un prossimo rialzo del prezzo del
petrolio. Nello stesso comparto, inoltre, si è distinta Saipem (+5,94%) dopo
l'annuncio di nuovi contratti in Kazakhstan, Congo e Algeria per un totale di
circa 600 milioni di dollari. Sotto i riflettori anche il gruppo De Benedetti,
con la holding Cir in progresso del 5,72% e, fuori dall'Ftse-Mib, l'Espresso
che ha guadagnato l'8,25% dopo l'annuncio dell'avvio di azioni legali nei
confronti del presidente del Consiglio Berlusconi per alcune sue dichiarazioni
al convegno dei giovani industriali a Santa Margherita Ligure. La palma del
miglior titolo bancario, invece, è toccata a Unicredit, che ha recuperato il
5,51%, mentre per Luxottica e A2A i progressi hanno superato i quattro punti
(+4,79% e +4,77% rispettivamente). Soltanto quattro infine (e per poche
frazioni di punto) i segni negativi nell'ambito dei 40 titoli principali. Di
questi, tre ( Ansaldo Sts, Campari e Parmalat) hanno corretto i rialzi
significativi della seduta precedente. Prima in Europa Piazza Affari migliore
Borsa europea, con gli indici in progresso di oltre il 3%
( da "Corriere della Sera"
del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Milano Le commesse estere spingono Saipem
(g.fer.) Nonostante la frenata del prezzo del greggio, a Piazza Affari i titoli
petroliferi quotati a Piazza Affari hanno chiuso ieri in progresso, in linea
con il resto del listino. In particolare Saipem ha messo a segno un rialzo del
5,94%, a quota 16,94 euro, con 4,6 milioni di titoli trattati rispetto a una
media di 3,2 miliardi negli ultimi tre mesi. Dopo un'apertura positiva, la
quotazione è migliorata ulteriormente nella seconda parte della seduta grazie
all'annuncio dell'acquisizione di nuovi contratti in Kazakhstan, Congo e
Algeria per un valore totale di circa 600 milioni di dollari. Marco Mangiagalli
presidente Saipem
( da "Corriere della Sera"
del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Francoforte Qatar punta su Volkswagen, il titolo
vola (g.fer.) Balzo dell'11,71% ieri alla Borsa di Francoforte per Volkswagen,
che ha chiuso sui massimi della seduta a 250,5 euro. In una giornata già
positiva per il comparto auto in Europa, a far volare il titolo della società
di Wolfsburg è stata l'indiscrezione secondo la quale il fondo sovrano
del Qatar, già interessato ad allearsi con Porsche, avrebbe deciso di puntare
invece su Volkswagen. La casa del Maggiolino, infatti, offre maggiori garanzie
di redditività, soprattutto nel caso in cui Porsche, schiacciata da 9 miliardi
di debiti, dovesse rinunciare ai diritti per l'acquisto di nuovi titoli
Volkswagen. Martin Winterkorn ceo di Volkswagen
( da "Repubblica, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
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XIV - Bologna Incontro con l´autore "Distratti da Al Qaeda e derubati da
Wall Street" Napoleoni discute di crisi e
terrorismo con Delbono Loretta Napoleoni, esperta di terrorismo internazionale,
sarà ospite, oggi, alle ore 18, della Feltrinelli di Piazza Ravegnana per
presentare il suo ultimo libro "La morsa", primo saggio pubblicato
direttamente in italiano. In questo ultimo lavoro la
Napoleoni riprende e sviluppa alcune tesi presentate nei libri precendenti per
dare una nuova chiave di lettura della crisi
finanziaria. "Distratti da Al Qaeda e derubati
da Wall Strett" (questo il sottotitolo del libro), l´autrice spiega come
la politica economica perseguita da Bush per sostenere la guerra contro il
terrorismo abbia gonfiato a dismisura la bolla finanziaria. Napoleoni ne discute col neo sindaco Flavio Delbono.
(micol argento)
( da "Repubblica, La" del
25-06-2009)
Argomenti: Crisi
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27 - Economia Usa, tassi fermi con mercati migliori
Maxi-iniezione di liquidità dalla Bce Fed: la recessione è in frenata, prezzi
stabili Tarantola: "Per le banche centrali bisogna prendere come
riferimento il modello Obama" VITTORIA PULEDDA MILANO - Mercati a tutto
gas in Europa, galvanizzati dalle notizie macro economiche provenienti dagli
Usa e dalla iniezione record di liquidità da parte della Bce. Così, prima che
venisse annunciata la conferma dei tassi da parte della Fed, Londra aveva già
chiuso in rialzo dell´1,18%, Parigi del 2,18% e Francoforte del 2,74 mentre
Piazza Affari si è aggiudicata la maglia rosa, con un più 3,01%. Tornando alla
Bce, la Banca centrale ha effettuato un´asta per ben 442,2 miliardi di euro: un
finanziamento del sistema a tasso fisso (l´1%) e per la durata di un anno.
Probabilmente, sottolinea il mercato, l´ultima occasione di prendere in
prestito denaro a lungo termine così a buon mercato: le prossime aste annuali,
previste per fine settembre e per metà dicembre, potrebbero infatti vedere una
maggiorazione rispetto al tasso di riferimento in funzione della situazione
economica del momento, secondo quanto indicato dalla stessa Bce nel maggio
scorso. «Quello che ha fatto ora la Bce è giusto e necessario, per evitare una
penuria di credito», ha commentato il ministro delle Finanze tedesco, Peer
Steinbruck. Il quale, ricordando che la Germania non riuscirà a rispettare il
Patto di stabilità sul deficit pubblico prima del
( da "Repubblica, La" del
26-06-2009)
Argomenti: Crisi
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IV - Milano Allarme su 194 milioni di trasferimenti dallo Stato e sugli oneri
di urbanizzazione. Circolare a tutti i settori impone risparmi Tagli dal
governo e crisi sulle entrate la Moratti chiude le
spese agli assessori Scatta subito una riduzione di nove milioni di euro nei
budget degli uffici Beretta: "Parte dei fondi ex Ici per l´Abruzzo"
ALESSIA GALLIONE Ancora tagli a Palazzo Marino. Con la scure
dell´amministrazione che, in tempi di austerità, si sta abbattendo su ogni voce
considerata sacrificabile: dagli incarichi e dalle consulenze esterne, che
vengono decurtate di un ulteriore 25 per cento, fino alle spese interne degli
assessorati che dovranno ridurre anche gli impegni minimi come la cancelleria,
le stampanti, le bollette di luce e telefono, le trasferte. In tutto 9 milioni
da risparmiare. Subito. Ma questa è soltanto «una prima riduzione della spesa
corrente», come avverte una lettera inviata dal direttore generale, Giuseppe
Sala, a tutti gli assessori. I conti del Comune potrebbero subire tagli ben più
cospicui. Visto che, nella stessa comunicazione, si avverte: «Ci troviamo
costretti a constatare e confermare che, sulla base delle indicazioni che ci
pervengono dalle sedi istituzionali e dall´Anci, l´andamento dei trasferimenti
erariali sarà notevolmente ridotto». A cominciare dai 194 milioni di euro
promessi da Roma per compensare la perdita dell´Ici. Di questi, 38 avrebbero
dovuto essere destinati contro la crisi: «Non ci sono
ancora e credo che non arriveranno per l´Abruzzo», dice l´assessore al
Bilancio, Giacomo Beretta. Degli altri 160 una parte sarebbe arrivata. Ma per
l´altra, aggiunge: «Sono stati promessi dal governo. Sono sicuro che verranno
versati ma, ormai, sono diventato San Tommaso: finché non li vedo non ci
credo». Un´incognita rimangono anche le entrate. Si sta cercando di aumentarle
il più possibile. Ma gli oneri di urbanizzazione assicurati quest´anno, per
ora, si aggirano sui 100 milioni; si prevede di arrivare a 140 ma la cifra è,
in ogni caso, al di sotto dei 180 messi a bilancio. Dispiaceri anche dalla
pubblicità: difficilmente si riusciranno a incassare i 7 milioni in più
ipotizzati per il 2009. Si inizia con i tagli della «macchina comunale».
Perché, è la spiegazione, «già in aprile era stato chiesto a tutte le direzioni
di indicare alcune leve di contenimento delle spese e delle maggiori entrate.
Purtroppo, il riscontro era stato minimale». E allora ecco la nuova manovra.
Risparmi che danno la sensazione di quanto i conti di Palazzo Marino siano
sotto controllo. Per non sforare il Patto di stabilità e gli equilibri di
bilancio, infatti, già nei mesi scorsi agli assessorati era stato chiesto di
spendere con attenzione. Le delibere che comportano spese, poi, devono passare
il vaglio della Ragioneria e vengono autorizzate solo mano a mano che arrivano
nuove entrate. Adesso un´ulteriore stretta. Ogni direzione riceverà un budget
mensile «con i relativi tetti di spesa corrente all´interno dei quali
effettuare le spese di competenza». Questa riduzione della spesa per Beretta è
«un´ulteriore razionalizzazione della macchina comunale che segue una logica di
prudenza gestionale e contabile. Per ora le entrate non sono a rischio, ma
voglio premunirmi». Sarà inserita in una delibera più ampia per il rimborso del
Poc, il prestito obbligazionario convertibile di A2A. Che potrà non essere
l´ultima. La lettera inviata parla chiaro: «Il buon andamento del bilancio 2009
più ancora degli esercizi precedenti è strettamente connesso ad alcune
variabili». La prima è proprio: «Il riconoscimento di
congrui trasferimenti erariali a fronte della riduzione dell´Ici». La seconda:
«L´andamento economico generale a seguito della crisi
finanziaria del 2008, che incide indirettamente
sulle entrate del Comune». Ovvero: mercato edilizio e della pubblicità. Quale
sarà il saldo a fine anno?
( da "Repubblica, La" del
26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
31 - Economia Reddito procapite, Madrid resta avanti Italia tredicesima in
Europa. E l´economia Usa cala meno del previsto Il Fondo monetario: la crisi rallenta, possibile revisione al rialzo delle stime
mondiali VITTORIA PULEDDA MILANO - L´Italia si conferma in fondo alla
classifica dei maggiori paesi all´interno dell´Unione Europea per Pil procapite
calcolato in standard di potere d´acquisto. E infatti, così come era già
avvenuto nel 2006 e nel 2007, il nostro paese è dietro la Spagna, al tredicesimo
posto e con un punteggio pari a 100, mentre Madrid è a quota 104. I due stati,
nella rilevazione resa nota ieri da Eurostat, hanno come gli altri subìto il
peso della crisi economica, che ha ridotto appunto la
ricchezza per abitante; per l´Italia c´è però almeno un elemento positivo: la
contrazione del Pil procapite è stata infatti minore rispetto alla media degli
altri paesi, visto che l´indice è sceso solo da
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-26 - pag: 14 autore:
Senza Wto non c'è crescita di Renato Ruggiero I
nquestigiorninonc'èriunioneinterna-zionalechenonsiconcludaconunavi-gorosadichiarazioneincuituttiiparte-cipantis'impegnanoalotta
econtroilprotezionismo e a concludere positivamente il
Doha Round, il negoziato sul commercio multilaterale iniziato sette anni fa. Al
contempo, tra le parole e i fatti c'è di mezzo una distanza notevole. Tra poco
si terrà all'Aquila il G-8 con all'ordine del giorno il commercio, e pertanto
il Doha Round. Il governo italiano che presiede il vertice è sicuramente
determinato a ottenere progressi significativi. Non sarà facile perché in
materia non esiste ancora un consenso chiaro. In particolare, la nuova
amministrazione statunitense non sembra aver chiarito tutte le questioni che
sono oggetto del dibattito politico interno. Il presidente Obama ha previsto,
sul tema della sua politica commercia-le, un discorso importante: è arrivato il
momento di presentare la sua politica. La situazione del commercio
internazionale è molto preoccupante. La Wto prevede attualmente che il
commercio globale, uno dei massimi pilastri dell'economia mondiale, calerà
quest'anno del 9%, diffondendo ulteriore fragilità economica nel mondo. Negli
ultimi due trimestri, il commercio è diminuito del 24%, quattro volte più
velocemente della produzione mondiale ( meno 6%). Il protezionismo, richiesto anche
dall'opinione pubblica, è in ascesa e rappresenta una minaccia seria. Le nuove
misure protezioniste decise dalla Cina segnalano quanto sarebbe pericoloso
asternersi dall'intervenire. C'è stato un declino sostanziale del sostegno
politico alla globalizzazione. Eppure è evidente che per riparare e
migliorare l'economia mondiale, il libero mercato resta un fattore indispensabile.
La Banca mondiale stima in circa 200 miliardi di dollari il contributo
all'economia di una conclusione positiva del Doha Round. Ma abbiamo bisogno di
una nuova visione. I problemi da affrontare non sono soltanto tecnici, né
riguardano soltanto il commercio. In effetti hanno molto spesso risvolti
globali, politici e istituzionali, perciò è così arduo da risolvere quel 20% di
questioni ancora in discussione nel Doha Round. Si pensi, per esempio, ai
complessi rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina. Sono fortemente legati a
un enorme squilibrio valutario che ha importanti implicazioni, la Cina potrebbe
dover cambiare modello economico, o gli Usa ridurre il deficit fiscale.
Inoltre, l'agenda mondiale odierna comprende altre questioni decisamente legate
al commercio, come il controllo del riscaldamento climatico. In questo caso, è
risaputo che servono nuove regole commerciali che tengano conto delle misure
per mitigarne gli effetti e salvaguardino i valori fondamentali del sistema
commerciale. Inoltre viviamo in un mondo molto diverso rispetto a quello
dell'ultimo dopoguerra, quando abbiamo creato le istituzioni internazionali che
abbiamo tuttora, e il sistema del commercio multilaterale basato sul principio
della clausola della nazione più favorita. Oggi la situazione è completamente
diversa. Raggiungere un consenso tra tutti i partner vecchi e nuovi - più di
150 paesi come nel caso del Doha Round, sta diventando un vero e proprio
incubo. Attualmente, c'è la tendenza a negoziare un numero crescente di accordi
bilaterali o regionali, tra un numero limitato di partner. è più facile e
rapido concentrare le trattative su pochi temi d'interesse concreto per i
partecipanti, e lasciare quelli meno attraenti ai negoziati multilaterali. Ma
per la diffusione di accordi preferenziali regionali, l'aspetto più rilevante e
negativo è la sua crescente dimensione politica. Siamo sinceri, l'importanza
crescente della dimensione politica e l'aumento degli accordi preferenziali
bilaterali e regionali stanno cambiando profondamente il sistema commerciale.
In realtà, tali accordi non sono più un'eccezione al sistema multilaterale, lo
stanno quasi sostituendo. Abbiamo ora 438 aree preferenziali regionali, di cui
247 sono attualmente in vigore e che coprono la totalità di tutte le materie
commerciali, con una singola eccezione: la Mongolia! Le conseguenze sono
chiare. Stiamo andando verso una frammentazione delle aree commerciali, con
contenuti e regole diverse. Non esiste una soluzione facile e pronta ai
problemi che la Wto sta ora affrontando, ma dovrebbe essere possibile
concentrare l'attenzione su alcuni punti salienti. Il primo di questo dovrebbe
essere la conclusione del Doha Round. Il sistema del commercio multilaterale
non avrà credibilità finché non è dimostrato che siamo in grado di concordare
una conclusione realistica del Doha Round. Il secondo punto dovrebbe essere la
creazione di un meccanismo per una " multilateralizzazione" graduale
di tutti gli accordi preferenziali esistenti. è un'idea già dibattuta in maniera
informale, ma non ancora all'ordine del giorno dei negoziati. L'obiettivo
sarebbe un meccanismo per armonizzare e coordinare progressivamente gli accordi
preferenziali regionali con il sistema multilaterale e le sue regole. In altri
termini, l'ambizione sarebbe di creare una nuova alleanza tra i due sistemi,
tenuto conto del fatto che in alcuni casi anche il regionalismo è stato molto
positivo per l'economia mondiale,e per promuovere il progresso, l'ordine e la
pace. Lo è stato sicuramente nel caso della costruzione europea. Dovrebbe
essere possibile altresì utilizzare di più gli accordi plurilaterali come si è
fatto per la liberalizzazione delle tlc; si tratta di uno strumento utile che
consente di dare una maggiore flessibilità alle trattative. La creazione di
tale meccanismo dovrebbe essere un elemento portante di un insieme di misure,
se siamo multeralisti sul serio, come ha detto chiaramente Pascal Lamy
nell'eccellente discorso tenuto in occasione della sua rinomina. Il terzo punto
importantissimo sarebbe un accordo su un ordine del giorno allargato, che
includa alcune questioni collegate al commercio anche se oggi sono esterne al
sistema commerciale. Il cambiamento climatico è sicuramente la grande priorità,
in considerazione della conferenza di Copenaghen e delle sue connessioni con le
regole del commercio. Altri punti al futuro ordine del giorno potrebbero essere
l'energia, la sicurezza alimentare, il lavoro, la competizione e gli
investimenti. In politica non bisogna mai dire "mai", ma per citare Jean
Monnet quando a Bruxelles doveva occuparsi di spinosissimi problemi riguardanti
la costruzione europea, «abbiate fiducia, avete l'alleato più potente di tutti:
la necessità». Nell'affrontare le sfide di oggi, mi sembra che la “necessità”
sia l'elemento più importante nella speranza di costruire un nuovo sistema
globale e di dare forma a un nuovo ordine mondiale. L'autore è stato direttore
generale della Wto
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-26 - pag: 15 autore:
Teoria e realtà Il ritornello stonato dei mercati
efficienti di James Montier L a teoria dei mercati
efficienti (Ime è l'acronimo inglese, ndr) somiglia al pappagallo morto dei
Monty Python. Non importa quanto ne lamentiate la dipar-tita, i credenti
rispondono che sta solo riposando. In parte lo si deve all'elevato grado
d'inerzia di cui godono le teorie accademiche. Una volta che si sono affermate,
ci vuole un'infinità di tempo per liberarsene. Come ha osservato il fisico Max
Planck, «la scienza avanza un funerale per volta». L'Ime recita che tuttele
informazioni sono riflesse nei prezzi correnti. è grave che esista ancora in
quanto teoria accademica, e continui a imbottire di sciocchezze le teste degli
studenti, ma i suoi danni peggiori derivano dal fatto che, come diceva Keynes,
«gli uomini pratici sono solitamente schiavi di qualche economista defunto».
L'Ime ci ha lasciato una sequela dipessime idee che hanno influenzato ogni
struttura del settore finanziario. Per esempio, il
modello di capital asset pricing, figlio dell'Ime, ha trasformato in una vera e
propria ossessione la misura dei risultati ottenuti. Separare l'alfa dalla beta
è nel miglior dei casi irrilevante, e nel peggiore una distrazione dalla vera
natura dell'investimento. Sir John Templeton aveva trovato le parole giuste:
«Scopo di un investimento è il massimo del rendimento reale, al netto delle
tasse». Ciò nonostante, invece di puntare sull'obiettivo, abbiamo generato un
settore d'attività - i consulenti che sa soltanto incasellare gli investitori
nelle proprie categorie. La valuazione ossessiva è altresì la fonte più cospicua
di pregiudizi e distorsioni che ci sia nel nostro mestiere: il rischio per la
carriera. Per un investitore costantemente valutato, il rischio si misura in
base agli errori compiuti, generando così l'homo ovinus, una specie interessata
unicamente a sapere dove si colloca rispetto al resto del gregge, e vivente
incarnazione dell'editto keynesiano: «Per la reputazione, è meglio fallire da
conformista che aver successo da anticonformista». L'Ime è anche il fondamento
della gestione del rischio, della teoria di prezzatura delle opzioni, del
concetto di valore per l'azionista, e persino delle politiche di
regolamentazione (i mercati sanno il fatto loro),
tutte idee che hanno causato seri danni agli investitori. Tuttavia, l'aspetto
più insidioso dell'Ime è il consiglio che dà in merito all'origine dei
risultati eccezionali. Sembra un ossimoro, ma davvero l'Ime enuncia chiaramente
come raggiungerli. Servono informazioni interne e riservate, che sono illegali
come si sa, oppure serve prevedere il futuro meglio di chiunque altro. Non
esiste la benché minima prova che si possa vedere alcunché nel futuro. Ma il
desiderio di superare le previsioni altrui ha depistato tutti quanti per
decenni. L'Ime ci dice anche che le opportunità saranno fugaci. Come mai?
Perché astuti e razionali arbitraggisti faranno presto a portarle via. Questo
evoca la vecchia barzelletta dell'economista e dell'amico che camminano per
strada. L'amico nota un biglietto da cento dollari sul marciapiede. «Non può
esserci», dice l'economista, «se ci fosse, qualcuno l'avrebbe già raccolto».
Una mentalità del genere incoraggia gli investitori a concentrarsi sul breve
periodo, nel quale stanno le opportunità invece che sul lungo periodo nel quale
sta il vero vantaggio di avere più informazioni. L'Ime fallisce in modo
spettacolare quando viene messa a confronto con il mondo reale. Una prova
schiacciante a suo carico, di rado dibattuta in ambito accademico, è
quell'elefante nella stanza che tutti ignorano: l'esistenza di bolle. Gli
accademici ne sono talmente terrorizzati da arrivare alle peggiori esagerazioni
pur di giustificarle. Che ci crediate o no, due economisti hanno addirittura
scritto un saggio per sostenere che non c'era alcuna bolla quando all'inizio
del decennio l'indice composito del Nasdaq superava quota 5mila. Una società di
gestione finanziaria, la Gmo, definisce una bolla come
un minimo di due deviazioni dalla tendenza (reale). Stando all'Ime, eventi con
due deviazioni standard dovrebbero accadere all'incirca ogni 44 anni. Tuttavia,
dal
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-26 - pag: 15 autore:
LEZIONI PER IL FUTURO Il dibattito. Il dibattito sulla crisi iniziato sul Sole
24 Ore del 7 maggio con un articolo del rettore dell'università
Bocconi e d editorialista del Sole 24 Ore Guido Tabellini ha ospitato gli
interventi di economisti, giornalisti politicie intellettuali. Il filo comune:
trovare uan nuova via per riformare i mercati
finanziari e/o i comportamenti degli operatori. Lo
stesso Tabellini ha concluso il dibattito martedì scorso. www.ilsole24ore.com
Tutti gli articoli del dibattito
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-26 - pag: 31 autore: Il
rendiconto della Lombardia. A Milano festa per il 235esimo
anniversario Riciclaggio e scalate sotto il tiro della Gdf MILANO Indagini su
trasparenza dei mercati finanziari e di Borsa per «indebite» scalate bancarie. Evasioni fiscali di
una grossa società di telecomunicazioni su redditi per8 miliardi (oltre a 53
milioni di Iva non pagata). Frodi alimentari nel settore lattiero-caseario (339
tonnellate di prodotti avariati o scaduti). Truffe al Servizio sanitario
nazionale per 13,5 milioni di euro. Ma anche un'indagine su un'associazione
mafiosa che operava in Italia e nei paradisi fiscali attraverso società di
comodo che si è conclusa con la scoperta di un milione di dol-lari Usa
riciclati e il sequestro di 14 aziende (tra cui 6 holding di partecipazioni ed
acquisizioni societarie e 8 società specializzati nella pelletteria). Diffuse
le frodi Ue: da gennaio a maggio 2009 sono stati «percepiti indebitamente» 23,7
milioni di euro di contributi comunitari. Infine, il sequestro di 200 chili di
eroina importata da un'organizzazione slavo macedone. Continuano le
celebrazioni della Guardia di Finanza per il 235esimo anniversario della sua
fondazione. Dopo la cerimonia romana di due giorni fa c'è stata ieri quella
milanese dove, attraverso gli «encomi solenni» riconosciuti ai finanzieri che
si sono distinti nelle indagini dell'ultimo anno di lavoro, si può tastare la
salute della criminalità economica in Lombardia. Che, stando ai premi elargiti,
pare ottima. Anche i numeri confermano: nei primi cinque mesi del 2009 sono
state denunciate 13 persone per usura ma soprattutto sono stati sequestrati 2
milioni di euro (di cui uno per associazione di stampo mafioso e uno per
usura). Tanto lavoro anche sul fronte evasori, per il Comando regionale
Lombardia. Nei primi cinque mesi del 2009, su 4.703 controlli sono stati
scoperti 4,9 milioni di euro di redditi nascosti al Fisco e 501 milioni di euro
di Iva evasa. La buona notizia è che in Lombardia si emette lo scontrino: su
23.706 controlli, i rilievi sono stati 2.916. N. T. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-26 - pag: 35 autore: Il
bilancio della Cassa. La contribuzione cresce del 6,6% Dottori commercialisti a
quota 50mila Contribuzione soggettiva e integrativa che, dal 2007 al 2008,
cresce del 6,6 per cento. In aumento anche gli iscritti: +2.437 anno su anno,
al netto delle cancellazioni. Nel complesso, raggiungono gli iscritti la soglia
delle 50mila unità. Sono alcune tendenze che emergono dalla lettura del
bilancio consuntivo 2008 della Cassa nazionale di previdenza dei dottori
commercialisti, approvato mercoledì. Il via libera da parte dell'assemblea dei
delegati segue di qualche giorno l'intervento della Corte dei conti che, con la
delibera 33/09, ha analizzato i bilanci 2006 e 2007 della Cassa ( si veda «Il
Sole 24 Ore» del 16 giugno). L'analisi da parte della magistratura contabile ha
messo in evidenza un miglioramento della situazione finanziaria,
anche se meno vivace rispetto al
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-26 - pag: 35 autore:
Previdenza. Il consuntivo dell'Enpacl Sui consulenti pesano i titoli tossici
ROMA Gli effetti della crisi
finanziaria si materializzano nero su bianco anche
sui risultati delle Casse di previdenza dei professionsti. Ieri,l'assemblea dei
delegati dell'Enpacl, l'ente dei consulenti del lavoro, ha approvato il
consuntivo 2008 che ha dovuto fare i conti con il terremoto finanziario che ha
spazzato via «Lehman Brothers »: i titoli strutturati nel portafoglio della
cassa ammontano, secondo i dati del ministero del Lavoro, a 53 milioni.
L'esercizio 2008 si chiude con un risultato economico positivo per 16 milioni,
in diminuzione rispetto al preventivo 2008, che stimava un avanzo di gestione
di 32. La gestione previdenziale ( entrate per contributi meno uscite per
prestazioni) chiude il 2008 con un risultato positivo di 30 milioni. Il
patrimonio netto è pari a 538,7 milioni, con un incremento del 5,38%, il più
basso da dieci anni a questa parte. In rapporto alle pensioni in essere (a fine
2008) la copertura è di 9,88 volte. La dinamica previdenziale conferma la
tendenza al peggioramento degli indicatori: la differenza tra entrate per
contributi (esclusa la maternità) e spese per pensioni è di 37,6 milioni (in
calo rispetto al 2007, quando era stata di 38,7 milioni). La spesa
previdenziale è cresciuta del 12,97%, a fronte di un incremento del 5,87% del
gettito contributivo. Il monte contributi incassato nel 2008 è pari a quasi
92,2 milioni; l'aumento del 6,45% del contributo integrativo (che si paga sul
volume d'affari)conforta sulla salute economica degli studi professionali (in
totale sono stati versati 36 milioni). I trattamenti di vecchiaia sono
aumentati del 6,77% quanto a numero e del 9,72% in relazione agli importi.
Inoltre, incide negativamente la crescita delle pensioni di anzianità:
l'accesso è stato, infatti, facilitato dalle norme sulla totalizzazione dei
contributi accreditati presso più gestioni. Rispetto agli assegni di anzianità
le pensioni che derivano dal cumulo sono il 18,53 per cento. Migliorano gli
importi dei trattamenti: la media, calcolato moltiplicando per 13 il rateo di
dicembre, è di 8.115 euro (la vecchiaia raggiunge i 9.804 euro, mentre le
anzianità arrivano a 11.926). In questo quadro, l'Enpacl sta aspettando l'approvazione
delle riforma che dovrebbe migliorare la sostenibilità dell'assetto
previdenziale. Ieri l'assemblea dei delegati, come concordato a maggio con il
ministero del Lavoro, ha deliberato l'entrata in vigore dal 1Ú gennaio 2010. La
riforma, in particolare, prevede fasce contributive in modo da distribuire di
più l'onere previdenziale sui professionisti "
senior".L'assemblea,inoltre, ha approvato aiuti per i colleghi
dell'Abruzzo colpiti dal terremoto. © RIPRODUZIONE RISERVATA I TRATTAMENTI
Aumentano gli assegni di vecchiaia e anzianità anche per effetto della
totalizzazione dei contributi
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-26 - pag: 5 autore: Profumo: le
Pmi soffrono ma noi non c'entriamo ROMA «Dire che tutti i problemi nascono
dalle banche è strutturalmente sbagliato»: l'amministratore delegato di
Unicredit Alessandro Profumo ha difeso ieri il sistema bancario affermando che
con un'economia reale chiaramente in crisi «le banche stanno sostenendo le
imprese, soprattutto quelle più piccole, in difficoltà per l'allungamento dei
tempi di pagamento da parte dei clienti». Clienti che, senza entrare in diretta
polemica con il Governo, sono notoriamente di natura pubblica. Profumo è
tornato sul tema banca-impresa interpellato a margine di un convegno che si è
tenuto ieri a Roma su «nuova governance mondiale per una crescita sostenibile»,
organizzato da Unicredit e East Forum: gli autorevoli esperti di economia e
finanza, che hanno sviscerato il mondo pre-crisi e post-crisi, in effetti non
se la sono presa con le banche, preferendo come bersaglio la politica monetaria
di Alan Greenspan, il regime del cambio in Cina, le smanie
di protezionismo, la
pericolosità dell'ottica di breve periodo,l'arma spuntata del Fondo monetario
nei confronti delle superpotenze, le cattive regole o la mancanza di regole o
la scarsa applicazione delle stesse. Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato
esecutivo della Banca centrale europea, ha riaffermato l'importanza di
soluzioni e obiettivi di medio-lungo periodo – come la stabilità dei
prezzi perseguita dalla Bce– e ha messo in guardia contro gli interessi
politici di breve periodo, come quelli che negli Usa hanno favorito in nome
della crescita la diffusione di strumenti finanziari divenuti poi tossici. Per
Bini Smaghi uscire da questa crisi richiederà l'impegno di tutti, e la ripresa
dovrà essere sostenuta dai finanziamenti delle banche (adeguatamente
capitalizzate) alle imprese. I governi dovranno fare la loro parte con riforme
strutturali: in Italia si ripropone il problema della riforma del sistema
pensionistico e della tassazione, per via dell'elevata pressione fiscale. Il
punto di vista delle banche centrali è emerso con vigore nell'intervento di
Hans Tietmeyer, ex presidente della Bundesbank, secondo il quale la bolla della
liquidità e la conseguente crescita artificiale sono state alimentate tanto
dalla politica monetaria espansiva di Greenspan quanto dal cambio «di fatto
fisso» della moneta in Cina e nell'area del Pacifico. Per Giovanni Majoni,
direttore esecutivo della Banca mondiale, saranno necessarie forme di
concertazione su scala mondiale per imporre regole alle superpotenze.
Nell'analizzare l'impatto della crisi, il direttore generale di Confindustria
Giampaolo Galli ha detto che la crisi in Italia è arrivata dall'ottobre 2008
con il crollo del commercio mondiale che ha colpito imprese esportatrici
grandi, medie e piccole nei settori dell'industria manifatturiera, soprattutto
beni durevoli, tessile, auto. Arrigo Sadun, direttore esecutivo del Fondo
monetario internazionale per l'Italia, per illustrare l'uscita dalla crisi ha
usato la colorita immagine della "tinozza vittoriana" con altezza
asimmetrica delle due sponde, in luogo delle solite "U",
"V" ed "L", per dire che «abbiamo perso un pezzo
dell'economia, una certa percentuale diPil che prima c'era non ci sarà più». In
occasione del convegno, Unicredit ha siglato un accordo pubblico-privato a
sostegno del commercio internazionale, creando una piattaforma di consulenza
per le imprese dell'export con l'International Finance Corporation (Banca
Mondiale), la tedesca Kfw-Ipex, l'agenzia canadese Northstar Trade Finance e la
Nedbank del Sud Africa. I. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL MESSAGGIO AL GOVERNO
«Il problema sono i crediti con i clienti che non pagano». Bini Smaghi: in
Italia subito riforma delle pensioni e della tassazione UniCredit. Alessandro
Profumo INFOPHOTO
( da "Sole 24 Ore, Il" del
26-06-2009)
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Il
Sole-24 Ore sezione: ITALIA DELLIMPRESE data: 2009-06-26 - pag: 19 autore: Gli
effetti sul lavoro in Italia L'attività delocalizzata eleva le professionalità
P er le imprese italiane l'internazionalizzazione si afferma sempre più come
strategia di crescita. Una netta maggioranza di aziende (66%) afferma, infatti,
di intraprendere rapporti con l'estero con l'obiettivo di presidiare i «mercati
strategici», i più promettenti per lo sviluppo del business dell'azienda.
L'obiettivo del contenimento dei costi di produzione segue a distanza con il
23,6% delle indicazioni. Per il 10,4% è stata invece una combinazione di
entrambe che ha indotto ad aprire rapporti con l'estero. Guardando alle
differenze rispetto a quanto emerso nel 2008, la tendenza appare ancora più
consolidata: il presidio dei mercati strategici incrementa il numero di
preferenze (+7,7%), mentre la ricerca di costi di produzione più vantaggiosi ne
raccoglie un numero inferiore (- 8,4%). La differenza nelle scelte tra le due
opzioni rispecchia verosimilmente differenti modi di rapportarsi al mercato. Da
una parte, i rapporti con l'estero si traducono maggiormente in una strategia
assertiva e nella ricerca di nuovi spazi per la produzione aziendale.
Dall'altra, sembrano rispondere a necessità difensive, o comunque di
contenimento dei rischi con l'abbassamento dei costi di manodopera, materie
prime e servizi. La crisi
finanziaria, che ha preso corpo nella seconda metà
del 2008 e ha causato una recessione globale, non sembra avere mutato
l'orientamento delle imprese: i rapporti con l'estero sono sempre più
un'opportunità per la crescita dell'azienda, piuttosto che una mera ricerca di
ricavi maggiori sull'unità di output. La necessità di presidiare i
mercati strategici viene indicata in maniera ancora più marcata dalle imprese
del Nord Est (70,1%) e dal terziario (77,7%). Passando all'analisi delle
conseguenze dell'internazionalizzazione per il sistema economico locale delle
aziende, al primo posto si trova la richiesta di figure professionali più
elevate (44,9%). Al secondo, viene la perdita di occupazione per i lavoratori
meno qualificati (26,3%), mentre la chiusura delle imprese di subfornitura
locali è la terza per indicazioni (22,9%). Meno visibile la richiesta di
servizi come marketing e pubblicità (5,9%). Rispetto al 2008 la questione della
mancanza di risorse umane adeguate diventa ancora più prioritaria (+7%). Tale
conseguenza viene lamentata in preponderanza dalle imprese del Sude isole
(54,3%), mentre è avvertita meno da quelle del Nord Est (40,2%). Le aziende del
terziario sono quelle per cui si sente più nettamente la necessità di figure
professionali più elevate (54,1%). Meno tra le imprese industriali (40,1%).
Diminuisce a distanza di un anno la quota di chi vede nella chiusura delle
subfornitrici il primo effetto dell'internazionalizzazione (-5,6%). è più
frequente tra le imprese industriali (25,8%) e tra le quelle fino a 49
dipendenti (24%), mentre è più ridotta tra quelle che superano i 50 addetti
(17,9%). Per quanto riguarda, infine, gli effetti che ha prodotto la
delocalizzazione produttiva (l'apertura all'estero di un nuovo stabilimento,
oppure l'utilizzo di una struttura preesistente) sugli stabilimenti che
l'impresa detiene in Italia, emerge come la chiusura totale di questi ultimi
abbia riguardato il 3,2% delle aziende. Tra le imprese con più di 50 addetti il
numero di quelle che hanno chiuso in Italia sale al 4,8%. Si tratta di livelli
contenuti, che indicano un numero molto esiguo di aziende. Tuttavia, nel caso
delle imprese di dimensioni più elevate, possono avere causato problemi
occupazionali a livello locale, ulteriormente acuiti dall'attuale fase di
congiuntura recessiva, con la conseguente necessità di mettere mano agli
strumenti pubblici di intervento come la cassa integrazione. Chi dichiara come
effetto dell'apertura di stabilimenti produttivi all'estero un forte
ridimensionamento dell'organico è il 2,6%. Le considerazioni possono essere
analoghe a ciò che è stato visto per la chiusura degli stabilimenti, in quanto
anche queste ultime sembrano più presenti nella classe con più di 50 addetti
(4,8%). Da notare comunque che rispetto a quanto rilevato nel 2008,
quest'ultimo fenomeno mostra una incidenza inferiore (-6,1%). La chiusura
totale degli stabilimenti ha coinvolto in misura maggiore le imprese del Centro
(9,1%) e quelle del commercio (14,3%). Ca. Be. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE
CONSEGUENZE Poco più del 2% delle aziende che hanno aperto oltre frontiera
dichiarano un forte ridimensionamento dell'organico «in patria»
( da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 26/06/2009 - pag: 35 Piazzetta Cuccia Nel
comitato esecutivo prima valutazione sui conti Mediobanca, governance in
Bankitalia MILANO Primo esame dell'andamento dell'esercizio 2008-2009 che si
chiude al 30 giugno, e piano sulla governance da presentare a Bankitalia (come
tutti gli istituti) entro fine mese. Ecco i temi principali all'ordine del
giorno ieri in Mediobanca, che ha riunito in mattinata comitato esecutivo e
consiglio di amministrazione. Per quanto riguarda i conti sono state fornite
indicazioni di tendenza, visto che l'anno non si è ancora concluso. Un
consigliere, al termine delle riunioni, ha solo detto che «non ci sono grosse
novità: l'andamento della gestione è in linea con il terzo trimestre,
caratterizzata da un'attività bancaria in miglioramento mentre segnano il passo
le partecipazioni a causa della debolezza dei mercati
finanziari ». E Vincent Bolloré, capofila dei soci francesi di Piazzetta
Cuccia, si è limitato a commentare che «tutto va bene, nessun problema come al
solito». I primi nove mesi dell'esercizio si sono chiusi a marzo con un utile
di 39,3 milioni, rispetto ai 783 milioni del corrispondente periodo precedente,
considerato il peso dei minori utili da partecipazioni per 367 milioni (di cui
330 relativi a Generali) e le svalutazioni per 355 milioni sui titoli. Il risultato
del terzo trimestre è stato pari a un «rosso» di 61 milioni, in netto
miglioramento rispetto a quello precedente, pari a meno 220 milioni. I conti
rispecchiano, come ha sottolineato il consigliere in uscita ieri, le «due velocità » dell'istituto guidato da Alberto Nagel nella crisi finanziaria: a fronte delle
svalutazioni dovute alla tempesta sui mercati, Piazzetta Cuccia ha messo a segno a marzo la migliore
performance dei ricavi «core» da attività di banca d'affari degli ultimi 18
mesi, tornando di fatto ai livelli pre-crisi. S. Bo.
( da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
26/06/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in lieve
calo, frena Pirelli StMicroelectronics La ripresa del comparto hi-tech spinge
StM, che cresce del 2,68% Moderata flessione ieri per le Borse europee dopo il
balzo di mercoledì. E a Piazza Affari, dove si sono ravvivati gli scambi (il
controvalore complessivo è arrivato a 3 miliardi di euro), l'Ftse-Mib è
arretrato dello 0,52% e l'Ftse Italia All Share dello 0,46%. Il listino di
Milano, in particolare per quanto riguarda i 40 titoli principali, presenta in
realtà pochi spunti di rilievo. I tre maggiori rialzi sono una conferma del
trend positivo della vigilia. Telecom Italia, per esempio, reduce da un
recupero dell'1,34%, ieri ha fatto ancora meglio, chiudendo con il prezzo di
riferimento in progresso del 3,74%, grazie alla promozione del titolo da parte
di Goldman Sachs e all'ipotesi di cessione della partecipazione in Argentina.
In ulteriore miglioramento anche Fiat (+2,93%), che ha incassato la conferma
del giudizio positivo di Morgan Stanley mentre continuano le scommesse sulla
possibile riapertura della trattativa con Opel. StMicroelectronics (StM),
invece, ha tratto vantaggio dal buon andamento del comparto hi-tech a livello
internazionale dopo il miglioramento delle stime sul terzo trimestre di
Infineon e ha chiuso con un rialzo del 2,68%. I maggiori ribassi hanno
riguardato invece titoli che il giorno precedente avevano guadagnato in modo
significativo. E' il caso, per esempio, di Pirelli, che ha lasciato sul terreno
il 2,34%. Anche i petroliferi Eni (-2,11%) e Tenaris (-2,31%) erano reduci da
rialzi, mentre per Ubi Banca (-2,04%) il confronto con l'andamento della
vigilia è nettamente negativo.
( da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
26/06/2009 - pag: 39 Il caso a New York Vola Bed Bath dopo la trimestrale
(g.fer.) Crescita a sorpresa per i risultati trimestrali di Bed Bath &
Beyond, il colosso Usa dei prodotti per la casa. I dati, comunicati ieri, hanno
riacceso le speranze in un effettivo rallentamento della recessione e in una
ripresa dei consumi. Il titolo a Wall Street ha chiuso a 31,08 dollari,
vicino ai massimi dell'anno, con un incremento del 9,48%. Particolarmente
elevati gli scambi: sono passati di mano 18,5 milioni di titoli contro una
media giornaliera negli ultimi tre mesi di 6,2 milioni. La performance,
inoltre, ha fatto da traino al comparto del commercio e all'intero listino, con
il Dow Jones terminato in crescita del 2,08%. Dean S. Adler ceo di Bed Bath
( da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
26/06/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Eni in «pole» per il petrolio iracheno
(g.fer.) C'è il nome della compagnia petrolifera che gestirà il giacimento
iracheno di Nassiriya, ma il ministro competente non ha voluto rivelarlo prima
dell'approvazione del Governo. A spuntarla potrebbe essere l'Eni, rimasta in
corsa insieme con la Nippon Oil. E a questo proposito l'amministratore delegato
del gruppo italiano, Paolo Scaroni, ha detto di essere «fiducioso» sulla
possibilità di vincere la gara. Secondo esperti locali, entro i prossimi 18
mesi dall'impianto si potrebbero estrarre 100 mila barili al giorno. In attesa
del verdetto, però, a Piazza Affari ieri il titolo è sceso del 2,11%,a 16,74
euro. Paolo Scaroni ad del gruppo Eni
( da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Opinioni data: 26/06/2009 - pag: 10 OLTRE LA CRISI
FINANZIARIA La Cina ha già ripreso a correre E il protezionismo
non è la risposta di BILL EMMOTT S arà solo una coincidenza che nel momento in
cui si vedono i primi segni di ripresa dell'economia cinese gli Stati Uniti e
l'Unione europea si stiano coalizzando per muovere alla Cina, nell'ambito della
World Trade Organisation, l'accusa di adottare pratiche commerciali scorrette?
Che i due fatti siano collegati o no, le conseguenze sono comunque
preoccupanti: con la disoccupazione che continua ad aumentare in Europa e in
America, aumenta anche la probabilità di una reazione protezionista contro il
successo e la presunta scorrettezza della Cina. Rahm Emanuel, il capo staff di
Barack Obama, ha dichiarato pubblicamente che sarebbe un grave errore sprecare
l'opportunità di avviare cambiamenti radicali offerta dalla crisi
finanziaria. A mio avviso la contestazione, nell'ambito della WTO, dei
metodi commerciali cinesi rappresenterebbe proprio un errore di questo tipo,
perché farebbe impantanare le parti nella discussione sugli aspetti tecnici del
commercio. Invece di concentrarsi sugli aspetti tecnici, sarebbe meglio
rivolgersi a quelli finanziari: la moneta cinese. Finora i segnali di un avvio
di ripresa in Cina, che è la terza maggior economia del mondo, sono della
stessa natura degli indizi vagamente ottimistici che si stanno profilando in
Europa e in America: fanno pensare che la crisi
economica non sia così disastrosa come si temeva nei momenti drammatici seguiti
al crollo di Lehman Brothers. È però molto probabile che in Cina, a differenza
che in Europa, emergano presto segni di ripresa più evidenti, perché la crisi cinese è stata molto diversa da quella europea. Mentre
la recessione in Europa è il risultato diretto della crisi finanziaria, il rallentamento
cinese deriva soprattutto dalle misure adottate nel 2008 per controllare
l'inflazione. La crisi finanziaria non ha quasi toccato la Cina. Quando la stasi è determinata
principalmente da scelte di politica economica del governo, come le restrizioni
creditizie e l'aumento dei tassi di interesse, può esservi una rapida
ripresa se queste misure vengono riconsiderate. È quel che sta facendo la Cina
dallo scorso novembre, con un sostanzioso pacchetto di stimoli fiscali e una
politica del credito molto meno restrittiva. Naturalmente la Cina è colpita
anche dalla caduta della domanda dei suoi prodotti in Europa e in America, ma
in molti casi sul suo territorio si realizza solo l'assemblaggio finale di
merci create e prodotte in altri Paesi asiatici. Più di lei soffrono perciò
Corea, Giappone, Taiwan e Singapore. Questa settimana la Banca mondiale ha
elevato la previsione di crescita del Pil cinese nel 2009 al 7,2 per cento, una
stima più alta di quella fatta all'inizio dell'anno, quando si ipotizzava il
5-6 per cento. Molti economisti pensano che la crescita cinese sarà anche
maggiore, sia quest'anno che nel 2010, vista la portata degli stimoli fiscali e
l'attuale facilità di accesso al credito e ai capitali nel mercato interno
cinese. La ripresa cinese favorirà gli esportatori di petrolio e di materie
prime, ma non riuscirà a stimolare molto la crescita mondia-- le, perché sembra
poco probabile che la domanda di importazioni della Cina possa aumentare
rapidamente. Il caso sollevato questa settimana al Wto dall'Ue e dagli Usa
riguarda in particolare le restrizioni cinesi sulle esportazioni di materie
prime, volute, dice l'Ue, per tenere bassi i prezzi per i produttori cinesi.
Probabilmente è vero, e i produttori cinesi stanno anche diventando più
competitivi per il calo dei salari in Cina. Ma anche i Paesi europei hanno le
loro colpe, dato che tentano di offrire condizioni privilegiate ai loro
produttori. Attaccare la Cina su questo terreno significa solo rischiare di
innescare rappresaglie che si rivolgerebbero contro il protezionismo
europeo. La valuta cinese rappresenterebbe invece un bersaglio assai migliore.
La Cina è la sola grande economia la cui valuta non circola liberamente sul
mercato e non è convertibile. Lo sforzo di tenere basse le quotazioni del
«renminbi» cinese spiega perché la Cina abbia accumulato le maggiori riserve di
valuta estera al mondo, 2000 miliardi di dollari, investiti soprattutto in
obbligazioni in dollari Usa. Se vogliamo avere un commercio equo ed
equilibrato, abbiamo bisogno che la valuta cinese possa fluttuare liberamente e
riapprezzarsi. La Cina si oppone, ma anch'essa ha un problema, dato dal rischio
che il valore di quei 2000 miliardi di dollari di obbligazioni statunitensi
possa diminuire drasticamente. Si dovrebbe giungere a un accordo: la
fluttuazione della valuta in cambio di una soluzione al problema delle riserve
cinesi di valuta estera. Sarebbe un obiettivo molto migliore per le pressioni
che Europa e America vogliono esercitare. BEPPE GIACOBBE traduzione di Maria
Sepa
( da "Corriere della Sera"
del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Lavoro data: 26/06/2009 - pag: 41 Contrappunto La
recessione e le riforme a costo zero di LUIGI COVATTA N on sappiamo quando il mondo uscirà dalla crisi
finanziaria, e non dipende da noi. Quando sarà,
comunque, noi rischiamo di regredire dalla recessione alla depressione. A dirlo
non è un irriducibile catastrofista, ma il più ottimista dei banchieri
italiani, Corrado Passera, che sul Sole 24 ore di domenica individua nel
cattivo funzionamento del sistema istituzionale il principale handicap dell'azienda
Italia. Qualche pagina più in là, del resto, il giornale di Confindustria
documenta che il tanto citato «piano casa» è fermo al palo in 16 regioni su 20,
mentre le quattro che hanno già deliberato sono due di destra e due di sinistra.
Ed è meglio non parlare della Tav o dello smaltimento dei rifiuti, delle
centrali energetiche o della gestione del patrimonio pubblico. Passera valuta
in 250 miliardi la somma da investire in cinque anni per evitare la
depressione, e dimostra che ad essa si può arrivare diminuendo dell'1% la spesa
pubblica, del 10% l'evasione fiscale, nonché incrementando dello 0,5% la
rendita del patrimonio pubblico. Sono riforme a costo zero che un governo che
ha nominato un ministro per la semplificazione legislativa dovrebbe poter fare,
e che un'opposizione che enfatizza i rischi della crisi
dovrebbe saper esigere, sempre che l'una e l'altra non si facciano paralizzare
dai veti di caste e corporazioni.
( da "Stampa, La" del
26-06-2009)
Argomenti: Crisi
LA
FEDERAL RESERVE «Il credito sta migliorando» Ridotti i finanziamenti anticrac
La Federal Reserve ridurrà i programmi di finanziamento d'emergenza
varati nel pieno della crisi finanziaria, alla luce del miglioramento delle condizioni del credito. La
Fed ha annunciato che ridurrà da
( da "Stampa, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Retroscena
Da Confindustria una promozione con riserva Marcegaglia: prima risposta
all'emergenza Ora continuare le riforme e concretizzarle "Giudizio
positivo, però bisogna fare ancora di più" Non professiamo il panico, né
ottimismo Siamo pragmatici e concreti Diciamo che la crisi è grave, ma anche
che vediamo segnali di ripresa In Italia non c'è ancora, ma non cadiamo più
FABIO POZZO Emma Marcegaglia TORINO Il nostro giudizio è complessivamente
positivo, alcune richieste degli imprenditori sono state accettate. Ma sono
misure non risolutive, bisognerà fare ancora di più». Emma Marcegaglia commenta
così le misure varate dal Governo. Tra le misure positive il presidente di
Confindustria cita, oltre alla Tremonti-ter, l'istituzione di commissari ad
acta per le grandi infrastrutture di reti e la norma per calmierare il prezzo
del gas. Positivi anche, «gli interventi che aiutano a gestire la coesione
sociale» e i primi provvedimenti per il pagamento dei crediti della pubblica
amministrazione. «I benefici del decreto si vedranno a settembre, quindi
velocemente», ha osservato Marcegaglia. «È una prima risposta all'emergenza
bisognerà vedere gli impatti e poi continuare le riforme e concretizzarle». E
che sia emergenza, non c'è dubbio. Globale, con ricadute sull'economia reale e
sul sociale («i disoccupati nel mondo diventeranno 56 milioni»). «Non
professiamo panico, nè ottimismo. Siamo pragmatici, concreti». Ripete,
Marcegaglia, che c'è qualche segnale di recupero, in Cina, negli Usa, ma anche
in Europa, in Italia (la fiducia dei consumatori ritrovata, la produzione
industriale a giugno a +0,3%). «Non c'è ripresa, ma non cadiamo più». Con
questo, non va «abbassata la guardia»: rischiamo, spiega, «di
perdere un terzo del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale, va bene ridisegnare le regole
dei mercati finanziari e
delle economie, ma attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri
devono tornare a fare i banchieri, a sostenere l'economia reale». Quanto
all'Italia, se vuole crescere solidamente e guardare al medio termine, deve
anzitutto avere i «conti a posto». Marcegaglia affronta anche il discorso
dell'accesso al credito: «Banche, state vicino alle imprese serie, guardate
anche alla loro storia, non solo ai bilanci». Servono provvedimenti, ma occorre
anche e soprattutto che quelli già varati, come il fondo garanzia per le
piccole imprese, «diventino concreti»: subito, «tra un paio di giorni, non fra
un anno». In rapida carrellata, ben venga inoltre la volontà del governo di far
rientrare la «vergogna nazionale» dei pagamenti dell'amministrazione pubblica
(ma restano fuori i crediti della Sanità) e l'impegno di ulteriori
stanziamenti, se ve ne fosse bisogno, per gli ammortizzatori sociali (che
funzionano: «L'Italia è al mondo il Paese che ha licenziato di meno durante
questa crisi»): «Noi i soldi li chiederemo». Significativa anche la
detassazione degli utili reinvestiti, perché sostenere gli investimenti privati
aiuta la domanda interna e la ricerca. Anche il pubblico, però, devo investire:
sì, allora, alle grandi opere, che creano occupazione, imprese. «Ma basta con i
veti, i comitati del no: ben vengano i commissari ad acta, per avviare i
lavori, che nel caso delle reti energetiche significa anche uno sconto per le
aziende di 1,6 miliardi di euro sulla bolletta». Positive, infine, le
liberalizzazioni, come quella del «gas release», che vedrà l'Eni liberare 5
miliardi di metri cubi di gas per le imprese «a un prezzo inferiore a quello di
mercato». L'ultimo richiamo, è per i contratti.. «Spero prevalga il buon senso,
la responsabilità. Abbiamo il dovere di dare risposte ai lavoratori e agli
imprenditori».
( da "Stampa, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
nostro giudizio è complessivamente positivo, alcune richieste degli
imprenditori sono state accettate. Ma sono misure non risolutive, bisognerà
fare ancora di più». Emma Marcegaglia commenta così le misure varate dal
Governo. Tra le misure positive il presidente di Confindustria cita, oltre alla
Tremonti-ter, l'istituzione di commissari ad acta per le grandi infrastrutture
di reti e la norma per calmierare il prezzo del gas. Positivi anche, «gli
interventi che aiutano a gestire la coesione sociale» e i primi provvedimenti
per il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione. «I benefici del
decreto si vedranno a settembre, quindi velocemente», ha osservato Marcegaglia.
«È una prima risposta all'emergenza bisognerà vedere gli impatti e poi
continuare le riforme e concretizzarle». E che sia emergenza, non c'è dubbio.
Globale, con ricadute sull'economia reale e sul sociale («i disoccupati nel
mondo diventeranno 56 milioni»). «Non professiamo panico, nè ottimismo. Siamo
pragmatici, concreti». Ripete, Marcegaglia, che c'è qualche segnale di
recupero, in Cina, negli Usa, ma anche in Europa, in Italia (la fiducia dei
consumatori ritrovata, la produzione industriale a giugno a +0,3%). «Non c'è
ripresa, ma non cadiamo più». Con questo, non va «abbassata la guardia»:
rischiamo, spiega, «di perdere un terzo del sistema
produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale, va bene ridisegnare le regole dei
mercati finanziari e delle
economie, ma attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri
devono tornare a fare i banchieri, a sostenere l'economia reale». Quanto
all'Italia, se vuole crescere solidamente e guardare al medio termine, deve anzitutto
avere i «conti a posto». Marcegaglia affronta anche il discorso dell'accesso al
credito: «Banche, state vicino alle imprese serie, guardate anche alla loro
storia, non solo ai bilanci». Servono provvedimenti, ma occorre anche e
soprattutto che quelli già varati, come il fondo garanzia per le piccole
imprese, «diventino concreti»: subito, «tra un paio di giorni, non fra un
anno». In rapida carrellata, ben venga inoltre la volontà del governo di far
rientrare la «vergogna nazionale» dei pagamenti dell'amministrazione pubblica
(ma restano fuori i crediti della Sanità) e l'impegno di ulteriori
stanziamenti, se ve ne fosse bisogno, per gli ammortizzatori sociali (che
funzionano: «L'Italia è al mondo il Paese che ha licenziato di meno durante
questa crisi»): «Noi i soldi li chiederemo». Significativa anche la
detassazione degli utili reinvestiti, perché sostenere gli investimenti privati
aiuta la domanda interna e la ricerca. Anche il pubblico, però, devo investire:
sì, allora, alle grandi opere, che creano occupazione, imprese. «Ma basta con i
veti, i comitati del no: ben vengano i commissari ad acta, per avviare i
lavori, che nel caso delle reti energetiche significa anche uno sconto per le
aziende di 1,6 miliardi di euro sulla bolletta». Positive, infine, le
liberalizzazioni, come quella del «gas release», che vedrà l'Eni liberare 5
miliardi di metri cubi di gas per le imprese «a un prezzo inferiore a quello di
mercato». L'ultimo richiamo, è per i contratti.. «Spero prevalga il buon senso,
la responsabilità. Abbiamo il dovere di dare risposte ai lavoratori e agli
imprenditori».
( da "Stampa, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Dubbi
sulla cessione delle società Futuro incerto per Neograf e Rotoflex Nonostante
l'incontro tra i sindacati e l'assessore regionale al Lavoro Angela Migliasso,
che si è tenuto ieri a palazzo Lascaris, non diminuisce la preoccupazione per
la Neograf di Moretta, che produce carte per l'imballaggio e il confezionamento
degli alimenti, e la Rotoflex di Casalgrasso, altra azienda del gruppo. Le due società sono in crisi finanziaria a causa, sostengono i dirigenti, della stretta del credito delle
banche, della diminuzione delle commesse e per il ritardo nei pagamenti da
parte di alcuni clienti. «Per quanto riguarda la Rotoflex - dice Giorgio
Ciravegna, della Cisl - secondo la proprietà è imminente la cessione
dell'azienda a una multinazionale olandese. Ma sono cauto, per non dire
pessimista: dovrebbe essere imminente, ma per il momento nulla sta accadendo.
Per la Neograf, i titolari dicono di avere avviato le trattative con una finanziaria che dovrebbe anche in questo caso acquistare
l'azienda: ma non è stato presentato alcun piano industriale e finanziario, né
si conoscono le risorse a disposizione». Intanto, i lavoratori stanno
organizzando un presidio dello stabilimento e lunedì verranno distribuiti
volantini in paese.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 24 - Economia IL MERCATO IL LATO OSCURO DEI MERCATI La
riforma europea è complessa, farraginosa e richiederà tempi lunghi ALESSANDRO
PENATI L´Unione Europea ha appena varato la riforma della regolamentazione finanziaria.
Una costruzione complessa, farraginosa, e che richiederà tempi lunghi. Sostanzialmente,
recepisce le raccomandazioni del Rapporto de Larosière (RdL), nel quale però il
funzionamento e l´organizzazione dei mercati ricevono
un´attenzione marginale: solo una delle 30 raccomandazioni, infatti, è dedicata
a questo argomento. Diversamente, la recente riforma di Obama attribuisce
grande rilevanza alla regolamentazione dei mercati.
L´organizzazione degli scambi finanziari non è materia
solo per addetti ai lavori: l´attuale crisi è nata e cresciuta nel mare di
strumenti derivati e titoli cartolarizzati negoziati over-the-counter (Otc),
cioè compravendite effettuate direttamente tra due controparti (principalmente
banche), al di fuori dei mercati organizzati e
regolamentati. Quattro i rischi degli strumenti Otc. Il rischio controparte. Il
rischio liquidità: mancando un mercato organizzato ed efficiente, le
transazioni possono avvenire a prezzi molto distanti da quelli stimati (e
contabili). Il rischio sistemico: senza concentrazione degli scambi, nessuno
può conoscere l´esposizione complessiva (e la leva) nei confronti di uno
strumento; e il rischio di abusi: la scarsa trasparenza consente valorizzazioni
arbitrarie e manipolazioni di ogni sorta. La concentrazione di tutte le
transazioni Otc (non solo i derivati) presso un´unica stanza di compensazione
(Central Clearing House, CCH) e il trasferimento degli scambi su mercati organizzati e regolamentati, dovrebbe essere una
priorità dei governi europei. Una CCH, frapponendosi in tutte le transazioni,
elimina il rischio controparte; impone agli intermediari di versare margini di
garanzia, fissando un tetto alla loro leva; fornisce valori di riferimento,
limitando il rischio di manipolazioni contabili; e permette di conoscere
l´esposizione complessiva ai rischi del mercato. Il RdL si limita timidamente
ad auspicare una CCH europea per i soli credit default swaps, rimandando la
materia alla costituenda Autorità Europea di Supervisione. Sarà troppo poco,
troppo tardi. Lo sviluppo dei mercati Otc riflette
l´enorme potere di poche grandi banche che li hanno creati e li controllano:
concentrando al proprio interno le negoziazioni, riescono a spuntare margini
elevati, acquistano una grande forza contrattuale nella determinazione dei
prezzi, e possono creare la leva che vogliono. Grazie alla direttiva Mifid, in
Europa le banche possono anche promuovere e gestire mercati
organizzati in diretta concorrenza con le Borse, ed effettuare al proprio interno
grandi transazioni, anonimamente, e senza trasparenza di prezzo (dark pools).
Non bastasse, 11 grandi banche vogliono ora comperarsi LCH. Clearnet, la più
grande CHH europea. Così, diminuisce la trasparenza e aumenta il rischio di
contagio tra mercati finanziari e banche. Bisognerebbe
evitarlo, ma temo manchi la volontà: Borse e investitori istituzionali non
protestano perché la loro attività dipende dalle maggiori banche; e per governi
e banche centrali, il rafforzamento dei bilanci bancari è oggi prioritario,
anche se passa per extra profitti da trading e commissioni salate. Il problema
tocca l´Italia. Le nostre banche sono poco esposte ai derivati Otc: che però li
hanno venduti massicciamente a risparmiatori (obbligazioni strutturate e
polizze vita), enti locali, e imprese. Come nella riforma Obama, dovrebbe
essere vietata la vendita di strumenti Otc a chi non è finanziariamente
sofisticato. Inoltre, Borsa Italiana opera una CCH efficiente e competitiva, ma
locale: grazie alla visibilità internazionale del suo azionista di controllo
(Borsa di Londra), ha oggi la grande opportunità di esportare i suoi servizi.
L´aperto sostegno delle autorità italiane sarebbe utile. Si è parlato spesso di
promuovere la piazza finanziaria italiana: ecco
un´occasione per farlo veramente.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
24 - Economia Consob, dimissioni di Cardia ma Palazzo Chigi le respinge
Comunicazione finanziaria, scontro nella commissione
LUCA IEZZI ROMA - Il presidente della Consob Lamberto Cardia si è dimesso, ma
il consiglio dei ministri gli ha confermato la fiducia e ora il terremoto si
sposta all´interno della commissione. La vicenda esplosa ieri con il tentato
addio del presidente dell´Autorità dei mercati finanziari si trascina da mesi e
riguarda l´obbligo di pubblicazione delle comunicazioni che riguardano la vita
delle società quotate e delle compagnie di gestione del risparmio. La Consob,
nel recepire la direttiva europea "transparency" ha deciso che gli
avvisi societari - ad esempio convocazioni di assemblee, prospetti
informativi, pubblicità di documenti contabili e la quotazione dei fondi comuni
- abbiano Internet come mezzo di diffusione principale. Ogni documento che ora
ha l´obbligo di essere pubblicato sulla carta stampata avrebbe avuto tempi di
"migrazione" sulla rete diversi. Ma comunque, trascorso un periodo di
transizione di due anni, le società avrebbero del tutto evitato il passaggio
della pubblicazione su carta. Ad esempio, le sgr italiane regolate da Banca
d´Italia già non sono più obbligate a passare dai quotidiani (anche se molte
hanno mantenuto questo canale di comunicazione con i clienti), mentre le
concorrenti straniere hanno dovuto aspettare la decisione della Consob. Il
passaggio al web è consigliato sia dall´Unione europea sia dall´associazione
delle consob europee Cesr (committee of european securities regulators). Il
canale telematico riduce i costi per le società quotate e in più rende le
informazioni accessibili nello stesso momento da tutti i paesi dell´Unione. Ma
esistono anche delle controindicazioni, come conferma la reazione degli editori
italiani, che ogni anno ottengono dal mercato degli annunci legali ricavi per
circa 50 milioni di euro. Sono infatti fondate le perplessità sulla diffusione
di Internet tra gli utenti e il rischio che tali documenti e annunci, una volta
confinati sulla rete, siano accessibili ai risparmiatori. I primi tentativi
fatti da società italiane di una comunicazione solo telematica non hanno
fornito risultati positivi Non a caso altre commissioni di borsa europee, come
quella francese, hanno deciso di mantenere l´obbligatorietà di entrambi i
canali. Il regolamento della Consob è stata impugnato dalla Fieg di fronte al
Tar, e le preoccupazioni degli editori sono state fatte proprie dalle
Commissioni Finanze di Camera e Senato che a fine maggio hanno adottato una
posizione comune, invitando il governo a intervenire in via legislativa
modificando direttamente il Testo unico della Finanza. Le tensioni hanno
ulteriormente acceso i contrasti all´interno della commissione (formata da
Paolo di Benedetto, Vittorio Conti, Michele Pezzinga e Luca Enriques): Cardia
ha tentato di adeguare la delibera al dettato del Parlamento senza attendere
una decisione dell´esecutivo. La mediazione tra i commissari (si è pensato
anche ad una sospensione del regolamento Consob in attesa delle modifiche di
legge) è fallita e così il presidente, trovatosi in minoranza, ha messo sul
piatto le dimissioni. Le parole del governo rafforzano Cardia che ha ancora un
anno di mandato (i commissari Consob non sono rieleggibili): «Il Cdm ha
confermato la propria piena fiducia al Presidente Cardia, esprimendo
apprezzamento per il suo operato, in particolare per il suo atteggiamento di
rispetto istituzionale verso il legislatore» recita il comunicato ufficiale di
Palazzo Chigi.
( da "Manifesto, Il" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
ALLE
ORIGINI DEL DECLINO Rossana Rossanda La diagnosi dello stato della politica in
Italia è semplice: metà dei cittadini si è astenuta alle elezioni europee, ai
ballottaggi delle amministrative, e al referendum molto di più. Il quadro è
simile in tutta Europa. I socialisti hanno perduto dovunque, il parlamento
europeo è largamente di centro destra. Le sinistre radicali sono più deboli del
previsto, quelle italiane sono scomparse di scena. In Italia è assente una
socialdemocrazia, indebolita altrove. Dovunque spunta o si rafforza una destra
estrema. Il segnale è opposto a quello venuto dagli Stati uniti, e infatti in
Europa per nulla raccolto. In Italia Berlusconi non supera, come sperava, il
35% ed è meno forte di un anno fa. La Lega va al 10, sono inseparabili. Fini
gioca un gioco suo. Se questo porterà a una crisi di governo, sarà prodotta e
gestita dalla maggioranza (e appoggiata dal Vaticano, via Casini). La minoranza
è divisa fra un Ad in calo, diviso e confuso e una sinistra radicale in
briciole. Neanche i Verdi sembrano fuori dalla crisi, malgrado che Obama negli
Usa e molti in Europa vedano nell'ecologia un investimento necessario e un
valore-rifugio. L'opzione bipartitica che era stata comune a Berlusconi e
Veltroni è caduta. 1.Se su questo quadro sintetico siamo d'accordo, resta da
vedere se si condivide il perché di questo esito. A mio avviso per l'Italia
esso va cercato lontano, nell'arco della mia generazione, che d'altronde non è
più che un momento storico. Infatti il disastro di oggi appare più grande in
quanto la sinistra del dopoguerra è stata più forte che altrove. Mai stata
maggioranza, come ha osservato Norberto Bobbio, anche perché era rappresentata,
in un paese tenuto fuori dal crogiuolo degli anni venti e trenta in Europa, da
comunisti e socialisti e un forte sindacato, che hanno schiacciato, fra se
stessi e la D.C., una interessante terza forza (Giustizia e Libertà). Questa
forma presa dalla sinistra, dalla resistenza al 1956, è alquanto diversa dalle
altre in occidente. I socialisti e i comunisti, liberi dalle contese degli anni
trenta coperte dal fascismo, sono ancora uniti e i comunisti appaiono salvo
alla Dc e al "partito americano"- abbastanza svincolati dall'Urss
(concepita peraltro anch'essa non come un pericolo incombente) . Così dopo il
1956 e la divisione con il Ps, il Pci supera gradualmente, in quantità e
qualità di ascolto, il già più forte Pcf, facendo propria una larga frangia
d'opinione. E' difficile separare da esso la messa a fondamento del senso
comune repubblicano, costituzionale, antifascista; e questo, perlopiù, colorato
di un ombra di concezione classista (vivissima nella resistenza anche in
Giustizia e Libertà e poi nel cattolicesimo di Dossetti e della corrente di
Base della Dc). 2.Il quadro muta negli anni sessanta-settanta, in corrispondenza
alla grande modernizzazione del paese nella composizione sociale, produttiva e
culturale. Il Ps ha mutato fronte, ne Pci si apre un dibattito, il sindacato
cresce e muta la sua struttura di base, un'area di sinistra radicale comincia a
apparire separata dai comunisti, che però crescono di peso. Il corto circuito è
determinato dal movimento del 1968. Diversamente dal resto d'Europa esso si
verifica in presenza di un forte partito comunista che non lo attacca
frontalmente, ma del quale esso chiude l'egemonia. Il
( da "Manifesto, Il" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
MATERIALI
Dall'Italia alla fragile economia mondiale (ombre corte). La letteratura anche
soltanto in lingua italiana sulla crisi è sterminata.
Vale dunque la pensa segnalre solo alcuni dei titoli usciti negli ultimi due
anni. «Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l' economia»
di Luciano Gallino (Einaudi); «La crisi. Può la
politica salvare il mondo?» di Alesina & Giavazzi, (Il saggiatore); «La
veduta corta» di Tommaso Padoa Schioppa& Romano Beda, (Il Mulino); «La resa
dei conti» di Carlo A. Martigli (Castelvecchi); «I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte» di Marco Onado (Laterza); «Come si esce
dalla crisi finanziaria» di
Alberto Berrini (Bollati Boringhieri); «La crisi economica mondiale. Dieci considerazioni» di Gliulio Sapelli
(Bollati Boringhieri). Proposte di ristrutturazione del settore pubblico
si trovano in «Invertire la rotta» (volume collettivo curato da Mattei,
Reviglio, Rodotà (Il Mulino); «La moralita' del welfare» si Laura Pennacchi
(Donzelli); «Il diritto pubblico fra crisi e
ricostruzione» di Alberto Lucarelli (La Scuola di Pitagora). Infine vanno anche
segnalati gli ultimi due numeri della storica rivista «New Left Review» che ha
dedicato alla crisi molto spazio
(www.newleftreview.org) e al volume collettivo «Crisi dell'economia globale»
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 5 Iran, il G8
«deplora». Nessuna condanna Al vertice di Trieste linea morbida di Usa e
Russia. Ma Obama avverte: «Dialogo a rischio» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE
Suda Sergej Lavrov sotto il tendone-sauna, quanto deve aver sudato per evitare
che nel testo saltasse fuori la parola «condanna». I ministri degli Esteri del
G8 siedono assieme per presentare i venti punti del documento finale. Del
numero «6» (l'Iran) è stata negoziata ogni frase. I Paesi «deplorano la
violenza post-elettorale ed esprimono solidarietà a chi ha sofferto per la
repressione». Lanciano un appello al regime perché «rispetti i diritti umani
fondamentali, compresa la libertà di espressione». La giornata diplomatica parte
con la «foto di famiglia»,
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
27/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo,
giù Lottomatica Ancora un ribasso per le Borse europee, sulle quali ha influito
l'avvio negativo di Wall Street. Quanto a Piazza Affari, nell'ultima seduta
della settimana l'indice Ftse-Mib ha ceduto lo 0,58% e l'Ftse Italia All
Share lo 0,4%. In frenata gli scambi, per un controvalore di circa 2 miliardi
di euro. Fra i valori dell'Ftse-Mib la maglia nera tocca a Lottomatica, il cui
prezzo di riferimento è sceso del 4,79%. Le vendite sul titolo sono scattate
dopo la stretta imposta dal governo sul rilascio delle concessioni per giochi e
lotterie, che secondo alcuni potrebbe mettere in discussione lo stesso rinnovo
della concessione sul Gratta & Vinci, in scadenza il prossimo anno. Gli
altri due maggiori ribassi riguardano invece la Banca Popolare di Milano (-2,34%)
e Unicredit (-2,26%). D'altra parte il comparto bancario si è mosso ieri senza
una bussola precisa. E, accanto a titoli sostanzialmente fermi ( Mediobanca
-0,3%, Intesa-Sanpaolo -0,55%), hanno messo a segno buoni rialzi sia Ubi Banca
(+1,26%), rimbalzata dopo la frenata della vigilia, sia soprattutto Banco
Popolare (+2,17%), che ha beneficiato delle dichiarazioni dell'amministratore
delegato Saviotti riguardo alla sottoscrizione del primo Tremonti-bond e al
programma di cessioni dell'istituto. La migliore performance in assoluto,
sempre nell'ambito dei titoli principali, l'ha tuttavia messa a segno
Buzzi-Unicem, che ha registrato un progresso del 2,79%, in linea con
l'andamento positivo del settore cementifero in Europa e negli Usa.
Buzzi-Unicem Il risveglio del comparto cementiero in Europa spinge Buzzi-Unicem
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
27/06/2009 - pag: 33 Il caso a Zurigo L'aumento di capitale punisce Ubs
(g.fer.) La perdita annunciata per il secondo trimestre 2009 e, soprattutto, la
richiesta di nuovi capitali al mercato per farvi fronte, sono le cause della
caduta di ieri di Ubs alla Borsa di Zurigo. Al termine delle
contrattazioni, il titolo del colosso bancario elvetico ha registrato una
perdita del 5,37%, a 13,22 franchi svizzeri. Particolarmente elevati gli
scambi: sono passate di mano ben 86,5 milioni di azioni, contro una media
giornaliera degli ultimi tre mesi di 19,2 milioni. L'aumento di capitale
annunciato ammonta a 3,8 miliardi di franchi. Al collocamento parteciperanno
alcuni investitori istituzionali. Oswald Grübel ceo di Ubs
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
27/06/2009 - pag: 33 Il caso a Parigi Areva, lo Stato scende e il titolo frena
(g.fer.) Frenano alla Borsa di Parigi le azioni di Areva, che in chiusura hanno
segnato un calo del 3,51% a 403 euro, dopo aver toccato nel corso della seduta
un minimo di 384,72. Secondo indiscrezioni, il governo francese si
appresterebbe a vendere il 15% delle azioni del gruppo nucleare ad alcuni
partner strategici in Asia e Medio Oriente. L'operazione sarebbe accompagnata
da un aumento di capitale da 2 miliardi di euro. L'annuncio potrebbe avvenire
già martedì prossimo, quando è in programma il consiglio di ammini-- strazione,
durante il quale si parlerà anche di strategie e investimenti per i prossimi
tre anni. Anne Lauvergeon ceo di Areva
( da "Stampaweb, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Crisi
GENOVA
Non solo carri, slogan e provocazioni. Alla parata
dell'orgoglio omosessuale di Genova irrompe anche la crisi
finanziaria. Chiedono un lavoro, infatti, alcuni dei
transessuali che sfilano al corteo del Gay Pride. Uno striscione porta la
scritta «dateci un lavoro per una vita dignitosa», un altro «gli italiani ci
obbligano a prostituirci, vogliamo un lavoro diurno». Partito poco prima
delle 17 da piazza Principe con 30.000 persone, il corteo si è ingrossato
progressivamente. Molte le persone che osservano il passaggio dai marciapiedi.
Quando la testa, intorno alle 17.50, era giunta in piazza dellAnnunziata, gli ultimi due dei venti carri erano ancora in
piazza Principe. Tra gli altri, sfilano gli striscioni di Comunità di S.
Benedetto al Porto, comunità "Lgbtqi" migrante della città,
Arcilesbica,
Arcigay Milano, "Agedo" - associazione dei genitori di omosessuali,
Join The Gap, Arcigay Lombardia, Arcigay Bologna, il carro della comunità bear,
Amnesty International, Coordinamento Torino Pride, Rete Giovani Arcigay e
associazioni studentesche, Giovani Democratici, Umanisti, Associazione Radicale
Certi Diritti, Mama Mia, Virgo Club, Queever, Travelgay. Sui carri adorni di
palloncini colorati e lungo il percorso donne e uomini ballano in costumi
variopinti, molti sono travestiti e transessuali, uno ha costume in due pezzi e
corna da diavolo rossi e ali bianche da angelo. Un Gesù Cristo seminudo, con
corona di spine in testa, occhi bistrati e piaghe colorate di rosso, trascina
una croce rivestita di specchi e una roccia di cartapesta da cui spuntano mani rosse.
Lo segue una Madonna vestita di azzurro. La manifestazione si concluderà in
serata in piazza De Ferrari. Lhappening finale sarà
condotto da Vladimir Luxuria. Dopo il corteo la giornata proseguirà con party
musicali, feste di piazza, iniziative culturali in otto luoghi della città. «Più di 200
mila in piazza. La manifestazione sta oltrepassando le nostre previsioni» dice
il presidente nazionale dellArcigay Aurelio
Mancuso. «A parte le nostre famiglie Arcobaleno ci sono tanti bambini e
famiglie eterosessuali. Genova è scesa in strada ed entra nel nostro corteo pian
piano».
( da "Stampa, La" del
28-06-2009)
Argomenti: Crisi
GUARDIA
DI FINANZA. LA FESTA PER IL 235° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE Scoperti sei nuovi
evasori totali [FIRMA]DANIELE GENCO POLLEIN Nei primi sei mesi del 2009 sono
stati scoperti sei evasori totali, sconosciuti al fisco. Il dato è stato
annunciato ieri dal generale Antonio Carelli, comandante della guardia di
finanza, alle celebrazioni per il 235° anniversario di fondazione del Corpo
nella caserma di Pollein. Nello stesso periodo le Fiamme gialle hanno portato a
compimento 71 verifiche sostanziali e 106 controlli per contrastare l'evasione
fiscale, recuperando redditi non dichiarati per oltre 2 milioni e 400 mila
euro. Inoltre su richiesta della Corte dei Conti è stato accertato un danno
erariale di un milione di euro. Per il lavoro sommerso sono state 13 le violazioni,
4 i lavoratori completamente in nero, 18 quelli irregolari. Durante la
cerimonia sono stati premiati gli uomini del Soccorso alpino di Entrèves e
Cervinia che hanno effettuato 31 interventi, soccorrendo 41 persone (16 illese,
23 ferite, 2 decedute). Riconoscimenti anche per il Nucleo tributario di Aosta,
che si è occupato di una delicata inchiesta di bancarotta fraudolenta, e per i
militari di Entrèves, che hanno recuperato centinaia di prodotti contraffatti.
La giornata è stata anche l'occasione per annunciare che la nuova caserma di
via Clavalité ad Aosta sarà operativa entro la fine di settembre e sarà
intitolata a Eliseo Giovanni Luboz di Introd, medaglia di bronzo al valor
militare (ieri c'erano anche i nipoti, Pierino e Mario Luboz). La struttura è
quasi ultimata. Ma già il 15 luglio, nello spazio esterno della caserma,
ospiterà la cerimonia del passaggio di consegne tra il generale Carelli e il
suo successore, il generale Angelo Massa, 59 anni, originario di Frosinone e
responsabile del Dipartimento della Protezione civile. Il comandante uscente ha
sottolineato lo sforzo profuso dai suoi uomini: 260 tra ufficiali,
sottufficiali e militari distribuiti tra il comando di Pollein e le tenenze di
Cervinia, Entrèves, Gran San Bernardo e Verrès. Carelli ha poi parlato di
rispetto delle regole, sicurezza del mercato, globalizzazione
e tutela della collettività: «La crisi finanziaria internazionale - ha detto - ha avuto pesanti ripercussioni sulle
attività economiche». Un elogio è stato espresso sulle concrete misure anti crisi varate dal governo valdostano,
volte a sostenere il potere di acquisto e rilanciare la competitività del
sistema produttivo locale. Carelli ha poi concluso: «In ogni frangente e
in ogni atto di servizio istituzionale i finanzieri che operano in Valle
d'Aosta sono sempre stati all'altezza delle aspettative, per professionalità ed
equilibrato rigore». Ed entrando nel merito dei numeri dell'attività, il
generale ha ancora sostenuto che tocca alle fiamme gialle «garantire l'equità
fiscale, prevenire e reprimere le truffe, contrastare il lavoro nero, il
mercato dei falsi e le forme di criminalità economica organizzata».
( da "Stampa, La" del
28-06-2009)
Argomenti: Crisi
[FIRMA]STEFANO LEPRI ROMA Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. «Abbiamo
notato segni di miglioramento» nell'economia del mondo e in «alcuni» mercati finanziari, ma le banche non
hanno ancora i bilanci a posto, e non appaiono ancora solide abbastanza per
fornire alle imprese tutto il credito che servirà alla ripresa. Questo è
il messaggio al mondo del Financial Stability Board, nuova e potenziata
versione del coordinamento internazionale presieduto da Mario Draghi. Non siamo
ancora «out of the woods», alla lettera fuori dal bosco, in metafora fuori dai
guai, ha detto il governatore della Banca d'Italia dopo la riunione inaugurale
del Fsb (ex Fsf) a Basilea. «Se guardiamo ai principali indicatori del mercato finanziario, ovvero gli spread e la volatilità - spiega -
siamo tornati a prima del fallimento di Lehman Brothers, ma non a prima della
crisi»; e «dobbiamo fare in modo che un crac come quello di Lehman non possa
ripetersi». Prima che i «recenti segni positivi» possano trasformarsi in «una
crescita economica sostenibile», occorre ancora lavorare, sostiene Draghi:
«Risolvere i problemi nei sistemi finanziari,
rafforzare la loro resistenza»; «Molto è stato fatto ma non è il momento di
fermarsi». La soluzione non potrà che essere collettiva e concordata; se ogni
Stato facesse a modo suo, le grandi banche potrebbero tornare a scegliere le
piazze con le norme più permissive. Draghi annuncia che il Fsb ha un piano. Non
solo le nuove regole internazionali per la finanza dovranno essere omogenee, in
modo da evitare «una ri-nazionalizzazione dei mercati dei
capitali»; dovranno anche diventare più stringenti ovunque. Il Fsb, riunito per
due giorni a Basilea, ha «discusso un meccanismo per promuovere una corsa verso
l'alto nell'attuazione di nuovi standard normativi»; lo proporrà ai capi di
governo del G-20 nella loro prossima riunione, in settembre a Pittsburgh.
Draghi ripete che non è ancora il momento di adottare una «strategia di uscita»
dalla crisi («exit strategy»), che consisterebbe nel disfare le misure di
emergenza adottate dai governi e banche centrali. Bisogna sì progettarla, per
rassicurare il mondo che non si sceglierà la scorciatoia dell'inflazione; ma il
momento di adottarla verrà soltanto «quando la fragilità del sistema sarà
riparata». Retroscena paradossale è che a insistere su una «exit strategy» (in
pratica tagli alle spese o aumenti delle tasse, per le banche centrali rialzo
dei tassi) è solo il governo tedesco; mentre corre voce che proprio in Germania
le banche non abbiano ancora completato la pulizia al proprio interno, e
restino più instabili che altrove. Dentro il Fsb si è concordato di continuare
a scambiare informazioni sugli «stress test» condotti da ogni Paese in segreto
sulle proprie banche. I più riluttanti a rendere le norme più severe sono, si
sa, i Paesi anglosassoni. Draghi ha già un ottimo rapporto con il segretario al
Tesoro Usa Tim Geithner; ieri l'impegno della Gran Bretagna è stato rafforzato
dalla nomina di Adair Turner, capo dell'ente di vigilanza finanziaria
inglese, la Fsa, a capo del comitato permanente per la cooperazione di
vigilanza nel Fsb. Sarà lui a sorvegliare che funzionino i collegi misti
incaricati di sorvegliare le banche multinazionali. Con le nomine di ieri la
struttura del Fsb prende forma. A valutare i rischi di instabilità presente e
futura penserà un altro comitato, presieduto dall'ex governatore della Banca di
Spagna, e ora direttore generale della Bri di Basilea, Jaime Caruana. Il terzo
comitato, dove si controllerà che ogni Stato realizzi quanto promesso, è
affidato al sottosegretario alle Finanze canadese Tiff Macklem.
( da "Stampa, La" del
28-06-2009)
Argomenti: Crisi
I
MANCATI ALLARMI LE VOCI DISSIDENTI il caso Gli autori delle previsioni sotto
accusa "È vero, sbagliamo Ma chi è capace a fare di meglio?" «Erano i
governi, soprattutto gli Usa, a dirci di non parlare» «Qualcuno si faceva
sentire, ma passava per menagramo» Gli economisti: dovevamo essere più duri
ROMA Sì, le organizzazioni internazionali come il Fondo monetario e l'Ocse
hanno sbagliato spesso negli ultimi tempi. Soprattutto non erano riuscite a
prevedere la crisi. Ma c'è qualcun altro che si sente
in grado di fare di meglio?»: Roberto Perotti, professore alla Bocconi di
Milano, è uno degli economisti più critici verso la categoria a cui appartiene;
al «processo agli economisti» del Festival di Trento rappresentava l'accusa.
Però l'invito a tacere le previsioni gli pare «una chiacchiera da bar».
Dall'interno delle organizzazioni internazionali, tuttavia, trapela una storia
diversa. Un canadese e un italiano Se non hanno segnalato il pericolo per
tempo, era perché i governi consigliavano il silenzio. Alcuni non credevano che
il rischio ci fosse; altri rispondevano che anche se il rischio c'era non
esistevano strumenti per prevenirlo. Dunque lanciare allarmi in pubblico
sarebbe stato un grave errore; diffondendo paura, si sarebbe forse causata
davvero la crisi che si intendeva evitare. Qualcosa di
più preciso emergerà forse domani, nel rapporto annuale della Banca dei
regolamenti internazionali. L'ufficio studi di questo antico club dei banchieri
centrali, a Basilea, aveva denunciato da tempo l'instabilità della nuova
finanza. Le prime preoccupazioni del canadese Bill White e dell'italiano
Claudio Borio risalgono all'inizio del decennio. Nel loro ambiente, c'era chi
li prendeva per dei tipi bizzarri, quasi dei menagramo. L'Fmi Anche il Fondo
monetario internazionale, ben più importante della Bri, qualcosa l'aveva
capito, insiste Luigi Guiso, docente all'Istituto universitario europeo di
Firenze, redattore di lavoce.info. «Il rischio di un catastrophic meltdown, di
un collasso finanziario era stato evocato dall'allora capo economista del Fmi,
Raghuram Rajan, in un convegno dell'agosto 2005». Più tardi, il Fmi condusse
anche studi sulla bolla dei prezzi immobiliari, avvertendo che poteva
sgonfiarsi. Tuttavia i documenti ufficiali del Fmi continuavano a trasudare
ottimismo. Così volevano i governi, soprattutto quello americano. Peggio:
quando, a crisi finanziaria scoppiata, il Fmi nel gennaio 2008 esortò a prendere immediate
misure per evitare che si trasmettesse alla produzione, l'appello cadde nel
vuoto. Si disse che il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, era
un socialista francese incline a riproporre vecchie politiche di sinistra;
si accusò di incompetenza il capo economista Simon Johnson, che fu costretto
alle dimissioni. In effetti Johnson non era riuscito a spiegare in quale modo
la crisi dei «subprime» si sarebbe estesa all'economia
mondiale. Sta di fatto che le misure di spesa suggerite da Strauss-Kahn a
gennaio furono prese dai governi soltanto in ottobre, dopo il crack della
Lehman. Perdite raddoppiate Di allarmismo furono pure accusate le prime stime
del Fmi sulle perdite delle banche nel mondo, 950 miliardi di dollari; ora è
certo che sono più del doppio. «Certo il Fmi e le altre organizzazioni hanno
commesso errori - dice Paolo Guerrieri, professore di economia internazionale a
Roma1, vicepresidente dell'Istituto affari internazionali - ma chi ha fatto di
meglio? Come orienteremmo se tacessero le loro previsioni? Chi ci farebbe da
bussola? E poi oggi sui numeri c'è un ampio accordo, tra centri studi pubblici
e privati, ovunque». In Francia l'altro giorno Patrick Devedjian, braccio
destro di Sarkozy, ha avvalorato la previsione Fmi e Ocse che i disoccupati
potranno arrivare quasi al 10%. Luigi Guiso trova «grave che il governo
italiano esprima dubbi sulla disoccupazione calcolata dall'Istat secondo
precise convenzioni internazionali. Sostengono che non sono corrette? E quali
altre ne propongono?». \
( da "Repubblica, La" del
28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 2
- Economia "Non siamo fuori dalla crisi l´economia è ancora fragile"
Draghi: tornati ai livelli precedenti il crac della Lehman VITTORIA PULEDDA DAL
NOSTRO INVIATO BASILEA - Molto è stato fatto, da quando è scoppiata la crisi.
Molto è stato fatto, in termini di politica monetaria, ricapitalizzazione delle
banche e sostegno all´economia, ma non siamo ancora fuori pericolo. Il chiaro
messaggio è venuto ieri da Mario Draghi, a Basilea nella sua veste di
presidente del Financial Stability Board, l´organizzazione
che vigila sui rischi dei mercati finanziari, alla sua prima riunione allargata a 20 componenti. Se si guarda
ad alcuni indicatori di mercato, ha ricordato Draghi, il mondo è più o meno
tornato indietro ai livelli precedenti al fallimento della Lehman Brothers, non
a quelli prima della crisi: «Noi dobbiamo fare in modo che un fallimento come
Lehman non possa ripetersi». Accanto ai segnali di miglioramento del
quadro macroeconomico globale, ha detto infatti Draghi, «persistono alcuni
fattori di fragilità dell´economia e il processo di ristrutturazione e
rafforzamento dei bilanci bancari non è ancora completato». Motivi di cautela,
che fanno dire insomma che la crisi non è ancora finita e, dunque, «non è
ancora il momento di attuare una exit strategy» dalle misure di sostegno che i
governi hanno messo in piedi per aiutare l´economia. Perché, ha aggiunto
Draghi, una exit strategy per essere credibile ha bisogno di «un sistema
bancario riparato e di un´economia in ripresa»; però bisogna cominciare a
discuterne, per essere preparati e muoversi in maniera coordinata. Segnali di
miglioramento anche tanto realismo: non siamo ancora fuori dal tunnel. Ieri
Draghi ha volutamente evitato di rispondere alle polemiche sui «catastrofisti»
innescate il giorno prima da Silvio Berlusconi, sfuggendo con un sorriso alle
domande dei cronisti. Ma poi, parlando della situazione internazionale, ha più
volte detto che «molto è stato fatto, ma non è il momento di fermarsi». Tra i
fattori positivi, Draghi ha ricordato la capacità delle banche - in particolare
quelle Usa - di attrarre capitali privati ed ha anche ricordato che in alcuni
settori finanziari le cose cominciano ad andare nel verso
giusto. Ad esempio, è vivace il segmento delle obbligazioni societarie, mentre
continuano a mostrare segni di difficoltà i prestiti bancari e le
cartolarizzazioni. E, da questo punto di vista, l´agenda dei lavori e delle
iniziative promosse dal Financial stability board è particolarmente ricca,
anche quando si adopera per dare indirizzi ad altre strutture internazionali
che poi le traducono in fatti concreti. Ad esempio, verrano rivisitate le norme
per gli hedge fund, per il mercato dei Credit default swap e per le agenzie di
rating (sono attese novità in settembre), così come sono in arrivo nuovi
standard contabili per le valutazioni degli asset finanziari,
i cui criteri verranno adottati in tempo per scrivere i bilanci del 2009. E
ancora, entro il
( da "Repubblica, La" del
28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
XI - Torino Il presidente Dalle Rive: "Puntiamo a espanderci ancora"
Nova Coop sfida la recessione crescono soci, utile e fatturato Nel 2008 Nova
Coop, la grande cooperativa di consumatori piemontese del sistema nazionale
Coop, ha realizzato un fatturato di 975 milioni (con un aumento del 9,5%
rispetto all´anno precedente) e un margine operativo di 13,7 ml (+2,3 ml), pari
all´1,40% (1,28% nel 2007) dei ricavi da vendite. Risultati e prospettive sono
stati esaminati durante l´assemblea dei delegati svoltasi a Baveno. L´utile
netto si è attestato a 1,36 milioni dopo aver spesato
perdite e svalutazioni finanziarie per 53,3 milioni. Un cash flow di 41,7 milioni, costituito
quindi quasi esclusivamente da ammortamenti, dimostra però che la cooperativa
ha saputo far fronte alla crisi dei mercati finanziari e generare risorse. «Il nostro - ha, tra l´altro, spiegato il
presidente, Ernesto Dalle Rive - non è un bilancio di contenimento, ma
una sfida che guarda al futuro. E´ una scelta di trasparenza e rappresenta non
un´azienda che si limita a gestire gli effetti della crisi, ma una cooperativa
che pensa in grande e vuole ancora svilupparsi e continuare ad essere leader
della grande distribuzione in Piemonte». Nova Coop ha 614 mila soci (un anno fa
erano 576 mila), i cui acquisti rappresentano il 72% degli incassi, e 4.655
dipendenti (3.550 sono donne). La rete di vendita è formata da 14 ipermercati e 47 supermercati.
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 TREMONTI, LA CRISI E LE RIFORME L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA CHIAVE di
MARIO MONTI N ei mesi scorsi ho espresso apprezzamento al governo, in
particolare al ministro Giulio Tremonti, per la gestione, accorta e sicura,
della difficile crisi finanziaria. Ho invece criticato lo stimolo apportato dallo Stato per
contrastare la recessione, a mio giudizio insufficiente pur tenuto conto
delle cautele imposte dall'alto debito pubblico, e la pausa nel processo delle
riforme strutturali. I provvedimenti adottati venerdì dal Consiglio dei
ministri, come ha osservato ieri Dario Di Vico, vanno nella giusta direzione e
rispondono almeno in parte alla prima critica, sia pure con un certo ritardo.
Lo spazio per misure temporanee di rilancio, senza generare reazioni negative
sul mercato dei titoli di Stato, potrebbe essere significativamente maggiore
se, accogliendo il secondo rilievo, si riavviasse con decisione il cammino
delle riforme. Vi è ampio consenso sulla necessità, richiamata dal Governatore
Mario Draghi, di «attuare quelle riforme che, da lungo tempo attese, consentano
al nostro sistema produttivo di essere parte attiva della ripresa economica
mondiale». È opinione diffusa che tali riforme debbano riguardare in
particolare la riduzione strutturale della spesa pubblica corrente, anche
attraverso la riforma delle pensioni, la formazione del capitale umano, le
infrastrutture, una maggiore concorrenza per aprire i mercati
e ridurre le rendite, la liberalizzazione dei servizi e specialmente dei
servizi pubblici locali. In questi campi, qualche passo è stato compiuto. Ma a
una marcia più decisa vengono opposte due obiezioni. Siamo sicuri che l'Italia
abbia davvero bisogno di riforme? È opportuno chiedere uno sforzo di riforma
durante una crisi? Su questo terreno, su queste due
obiezioni, dovrebbe secondo me concentrarsi oggi il dibattito, per capire che
corso debba prendere il nostro Paese. Un dibattito in buona fede, perché
entrambe quelle obiezioni sono rispettabili e potrebbero essere fondate. Sul
primo punto, la mia radicata opinione è che le riforme siano necessarie
affinché l'Italia, dopo 15 anni di bassa crescita, conquisti una maggiore
competitività, uno sviluppo più elevato e una società più equa. Rimango
convinto di ciò pur considerando realistiche e importanti le osservazioni
spesso formulate dal ministro Tremonti su alcuni punti di forza della struttura
sociale, del sistema produttivo e perfino del sistema finanziario
del nostro Paese. Questi punti di forza sono stati a lungo trascurati dagli
italiani, forse per qualche complesso di inferiorità; e dagli osservatori
internazionali, per la frequente incapacità di leggere realtà complesse con
modelli uniformi. È bene prendere atto che certe peculiarità italiane hanno
attutito l'impatto della crisi sul nostro sistema
economico e sociale, adoperarsi per mantenerne gli aspetti positivi, non
indulgere nella imitazione acritica di modelli altrui. Ma accanto a quelle
peculiarità esistono sacche di inefficienze, di rendite, di privilegi. Se
opportune riforme aprissero un po' di più al vento del mercato e della
concorrenza questi orti chiusi, l'Italia ne trarrebbe vantaggio. Sarebbe
assurdo pensare che questo maggiore mercato debba essere respinto solo perché
altri mercati, certi mercati
finanziari lasciati colpevolmente senza vigilanza, hanno screditato agli
occhi di molti il mercato in sé. CONTINUA A P
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 La riforma dimezzata
Nessuna tassa per disincentivare la produzione. Anzi sarà agevolata la
costruzione di nuove centrali La lobby del carbone frena la svolta di Barack
SEGUE DALLA PRIMA Questa approvazione è stata pagata dal presidente americano
con ampie concessioni ai parlamentari degli Stati che dipendono fortemente dal
carbone per la loro produzione di energia elettrica. È per questo che, se il
voto del Congresso apre la strada a una svolta storica della politica
energetica Usa (ma ora la legge andrà al Senato dove sarà ulteriormente
modificata e dove la «lobby» carbonifera è fortissima), gli ambientalisti non
gioiscono affatto. D'accordo, la politica è l'arte del possibile: se non accetta
compromessi, Obama rischia di trovarsi senza maggioranza. Del resto la legge
sull'ambiente è passata per un soffio nonostante il presidente possa contare su
un'ampia maggioranza in Parlamento, perché decine di deputati democratici della
destra «antistatalista» hanno deciso in blocco di votare contro. Ma, avanti di
questo passo, quello di Obama rischia di diventare il riformismo delle mezze
misure che serve ad arrivare in fondo alla legislatura senza troppe scosse, ma
non risolve i problemi. All'inizio erano soprattutto gli economisti della
sinistra radicale (da Krugman a Reich) ad accusare il presidente di non esser
stato abbastanza coraggioso col suo pacchetto di stimoli fiscali all'economia.
Ora, però, lo scetticismo sta crescendo per le incertezze
sulla riforma della sanità e il varo di un nuovo sistema di sorveglianza dei mercati finanziari che tiene in piedi la
vecchia architettura, troppo complessa e contraddittoria. Adesso è la volta
dell'ambiente, un punto-chiave del programma di Obama. La distanza tra le
promesse elettorali e le dure necessità economiche e della politica cresce
giorno dopo giorno. Durante la campagna, il leader democratico si era
impegnato a difendere le foreste dai progetti di sfruttamento economico di Bush
ma, a cinque mesi dal suo insediamento, gli avvocati di Obama hanno assunto la
stessa posizione di quelli del suo predecessore repubblicano nella battaglia
per la protezione dei «polmoni verdi » in corso davanti alla Corte d'Appello.
Quanto al «cap and trade», il disincentivo della tassazione delle emissioni non
si applicherà per molti anni all'industria del carbone. Anzi, in una prima fase
la costruzione di nuove centrali sarà addirittura agevolata. E siccome quella
di ridurre le emissioni di questo minerale a costi ragionevoli è, per ora, solo
una speranza, il rischio è che alla fine il volume dei gas-serra non si riduca
affatto, nonostante il taglio che verrà ottenuto in altri settori con uno
scambio di diritti già bollato dai repubblicani come «il più pesante intervento
fiscale della storia americana». Il settimanale Time, che dedica un'altra
copertina alla figura di Franklin Delano Roosevelt, dopo aver raccontato come
il presidente della Grande Depressione usò la crisi per trasformare l'America
con le sue riforme, si chiede, angosciato, se Obama riuscirà a fare qualcosa di
simile. E Al Gore, che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria dei
pro-Kyoto, alla fine ha preferito restarsene a casa. Casa Bianca Obama poco
prima di illustrare le misure sul clima (Loeb/Afp) Massimo Gaggi
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 9 La storia Grazie agli
incentivi del governo tedesco la quota delle energie rinnovabili ha raggiunto
il 14%. Nel nostro Paese i sussidi più alti nell'area Ue Il sole catturato dal
deserto nei piani di Germania e Italia Impianti in Africa per l'energia da
importare in Europa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO Sembreranno file infinite
di sedie a sdraio, nella sabbia del deserto del Nord Africa. Blu, come lo sono
i pannelli solari. Si chiama Desertec ed è un progetto da 400 miliardi (sì,
miliardi) di euro che sarà lanciato il 13 luglio a Monaco. L'idea è del gigante
assicurativo Munich Re, che ha messo insieme un gruppo di imprese per
realizzare un vecchio sogno: produrre energia pulita dove c'è molto sole ed
esportarla in Europa. Secondo il piano, dal 2019 il Vecchio Continente potrebbe
essere approvvigionato, per il 15% dei suoi consumi, da energia solare in
arrivo dal Sahara. Alla conferenza ci saranno imprese come Deutsche Bank,
Siemens, Rwe, E.On, il governo di Berlino, la Lega Araba, il Club di Roma,
centri di studio tedeschi e probabilmente anche imprese italiane e spagnole.
Una cosa seria. Non risolverà il problema della dipendenza energetica da aree
politicamente instabili e non sarà facile da realizzare. Ma è il segno che il
sole è pronto a fare un salto di qualità nell'economia del mondo e che la
Germania dirige le danze. Nonostante il Paese non sia un paradiso tropicale, da
quasi un ventennio i governi tedeschi ancor più quello in carica di Angela
Merkel incentivano lo sviluppo delle tecnologie per estrarre energia dal sole.
Dal
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Focus Vuota data: 28/06/2009 - pag: 11 Il leader degli U2 e
il suo monitoraggio della situazione in Africa I conti di Bono: «Rispettato
solo il 3% degli impegni È il momento di mantenere le promesse fatte» Da Bono
degli U2 al cardinale Oscar Andre's Rodriguez Mariadaga, arcivescovo di
Tegucigalpa (Honduras) e presidente di Caritas internationalis, la denuncia è
unanime: l'Italia ha diminuito di oltre la metà il suo aiuto allo sviluppo per
i paesi poveri (Aps). La percentuale più bassa da 20 anni, nonostante le
promesse dello 0,7% del Pil. E questo, ha detto il cardinale, «non è affatto un
buon segno per il summit del G8 di quest'anno, proprio in Italia». Ancora più
impietoso il Rapporto Data 2009 (un'organizzazione il cui nome è un acronimo
che sta per «Debt, Aids, Trade in Africa» ed è stata fondata da Bono nel 2002)
il cui obiettivo è monitorare il rispetto degli impegni presi dal G8 nei
confronti dell'Africa. Dallo studio emerge con chiarezza che mentre i paesi del
G8 nel suo complesso stanno iniziando a fornire importanti aiuti di qualità, le
performance negative di Italia e Francia minacciano di vanificare i progressi
compiuti. In particolare l'Italia presidente G8 nel
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 28/06/2009 - pag: 28 Financial Stability
Board «Il rafforzamento dei bilanci bancari non è completo» Draghi: segni di miglioramento ma mercati ancora fragili Il governatore: per una «exit strategy» bisogna
aspettare BASILEA Ci sono «segnali di un miglioramento dell'economia mondiale e
di alcuni mercati finanziari», come quello della raccolta, ha affermato il governatore della
Banca d'Italia Mario Draghi, parlando a Basilea, come presidente del Financial
Stability Board (Fsb), con una punta di maggiore ottimismo rispetto al
passato. Anche perché, ha spiegato al termine della prima riunione dell'organo
incaricato di promuovere la stabilità finanziaria
internazionale, «molto è stato fatto», in termini di politica monetaria, di
stimoli all'economia, di politica macroprudenziale e di ricapitalizzazione
delle banche. Al punto che ora, in quanto, ad esempio, agli spread e alla
volatilità, «siamo tornati ai livelli precedenti al fallimento della Lehman».
Nel sistema finanziario insomma non si anniderebbero
più pericoli di fallimenti di istituti o una paralisi dei mercati,
come dopo il 15 settembre scorso. E l'Fsb è stato rafforzato e allargato ai
paesi del G20, con lo scopo di evitare il ripetersi di crisi analoghe.
Tuttavia, secondo Draghi «non siamo ancora tornati a una situazione precedente
alla crisi», scoppiata nell'agosto di due anni fa. Anche se il mercato dei
corporate bond, ad esempio, continua a tirare, secondo Draghi sussistono ancora
«elementi di fragilità». Come il processo, non ancora completato, di
ristrutturazione e di rafforzamento del sistema bancario. E alcune criticità,
come nella politica di prestiti delle banche, che pertanto «devono essere
rafforzate, per fornire un supporto alla ripresa», o in altri canali come le
cartolarizzazioni. Le fragilità dell'economia e del sistema bancario indicano
che «non è ancora il momento di fermarsi» e di far venire meno gli stimoli
fiscali e monetari. Perché, secondo il numero uno di Bankitalia, «è necessario
che il sistema bancario sia riparato», prima di mettere in atto una «exit
strategy credibile ». Nel frattempo, data la complessità della crisi, bisognerà
discutere le strategie di uscita «per essere preparati». E «quando sarà venuto
il momento giusto dovremo cercare di coordinarle». Il numero uno dell'Fsb ha
anche rassicurato i mercati dai timori di una
eccessiva pervasività dei governi, perché «la nuova regolamentazione non deve
trasformarsi in un motivo per la rinazionalizzazione del mercato dei capitali».
Fra venerdì e sabato, l'Fsb che fra l'altro è dotato di una capacità di
formulare raccomandazioni si è dato una nuova struttura, con la creazione di
uno steering committee, presieduto dallo stesso Draghi e di tre comitati di
controllo, incaricati della valutazione di vulnerabilità del sistema, della
cooperazione sulla supervisione e regolamentazione, e per l'attuazione degli
standard finanziari internazionali. Inoltre Draghi ha
esposto l'agenda dei prossimi lavori dell'Fsb. In settembre, il board
illustrerà i progressi compiuti al G20 di Pittsburgh, continuerà a monitorare
la realizzazione degli impegni presi al G20 di Londra in aprile, e in novembre
farà un rapporto ai vertici dei ministri finanziari
del G20 e delle banche centrali. Ai livelli di Lehman Quanto agli spread e alla
volatilità, sostiene il governatore, «siamo tornati ai livelli precedenti al
fallimento della Lehman» Il governatore Mario Draghi guida il Financial
Stability Board Marika de Feo
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 28/06/2009 - pag: 29 CorrierEconomia
Shanghai locomotiva delle Borse, sarà corsa ai titoli del
Bric La locomotiva dei mercati finanziari oggi parte da Pechino. Un'ideale classifica delle Nuove economie
più interessanti comincia con la Cina, la più votata dagli esperti perché ha
pochi debiti e una capacità di crescita sostenibile del Pil pari al 6-7%
l'anno. Poi prosegue con India e Brasile (quasi a pari merito), mentre Russia e
Paesi dell'Est Europa occupano il quarto e il quinto posto. Un sondaggio
di CorrierEconomia (in edicola domani) fra 25 gestori italiani e stranieri
sull'importanza dei Paesi emergenti nei portafogli rivela che, per chi ha
progetti di pianificazione a lungo termine, la quota di azioni esotiche possa
arrivare al 16%. Un peso importante, che si dimezza (8,5%) se la propensione a
sopportare i su e giù dei listini è media e si riduce a poco più del 3% se il
risparmiatore è molto prudente. Nei prossimi tre anni, però, l'87% degli
intervistati prevede un'ulteriore crescita dei listini Emergenti nei
portafogli. E da qui a fine 2009 il 66% dei money manager è convinto che
saranno proprio le Borse dei Bric a fare meglio dei listini occidentali, anche se
hanno già corso molto: il 30% in media, con Shanghai record a + 60%.
( da "Stampa, La" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Decisiva
la rimonta da quota
( da "Stampa, La" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
[FIRMA]LUCA
FORNOVO TORINO Non troppe azioni, al massimo un 30% privilegiando i titoli
dell'energia come Eni ed Enel e delle telecomunicazioni come Telecom e
Telefonica, poi il 70% in titoli di Stato e obbligazioni societarie
internazionali come la britannica Diageo e la spagnola Banesto. Eccolo il
portafoglio anti-crisi ideale per i Paperoni italiani che vogliono vivere di rendita e mettere al sicuro i loro risparmi dalle turbolenze dei mercati finanziari, senza però perdere
il treno della ripresa delle Borse. «Questo è il portafoglio tipico che
proponiamo ai nostri clienti facoltosi - spiega Francesco Cosmelli, direttore
centrale Private Banking di Banca Akros - anche se va precisato che le nostre
gestioni patrimoniali sono estremamente personalizzate, praticamente
cucite addosso al cliente. Quindi ognuno ha una storia diversa». Un portafoglio
bilanciato, quello descritto da Banca Akros, che dall'inizio di quest'anno ha
offerto un rendimento di circa il 4,5%. Nata come banca d'investimento a metà
degli anni '90, Banca Akros, attiva soprattutto nelle piazze di Torino, Milano
e Roma, si è evoluta sempre di più nel settore del private banking, detto in
parole semplici, la gestione dei patrimoni dei ricchi. In questo settore Banca
Akros, che è la boutique finanziaria della Banca
Popolare di Milano (Bpm), ha una raccolta di 2,3 miliardi di euro e 1.600
clienti, con in media un portafoglio da 1,5 milioni di euro ciascuno. Anche se
il bilancio di inizio anno a Piazza Affari è sostanzialmente stabile, per ora,
Cosmelli invita a essere cauti con le azioni e a fare quello che gli inglesi
chiamano stock picking, cioè un'attenta selezione dei titoli. D'altronde la
filosofia d'investimento di Banca Akros è per tradizione improntata alla prudenza
e all'indipendenza: le gestioni della banca non hanno mai investito in prodotti
strutturati, non esistono prodotti propri e i gestori di Akros sono liberi di
scegliere gli strumenti migliori senza vincoli particolari. «Tornando ai mercati finanziari - osserva il direttore centrale Private
Banking di Banca Akros - c'è ancora molta volatilità, le Borse sono un po' in
altalena, pertanto suggerisco di investire con moderazione sui listini
azionari, anche se le opportunità interessanti non mancano soprattutto nei
titoli dell'energia». Quali? Nel settore petrolifero, Banca Akros suggerisce i
titoli di Eni, Total, Maurel & Prom e Saipem, una controllata di Eni.Poi un
po' di utility, come Enel ed E.On. «Nelle telecomunicazioni - spiega Cosmelli -
possono essere delle occasioni Telecom Italia e Telefonica, mentre nelle
assicurazioni guardiamo con attenzione ad Alleanza e Fondiaria». Ma dove Banca
Akros consiglia di concentrare maggiormente il portafoglio (circa il 70%) è
nelle obbligazioni e nei titoli di Stato. «Per quanto riguarda i corporate bond
- dice Cosmelli - emissioni interessanti sotto il profilo dei rendimenti e
della qualità arrivano da società estere come le britanniche Diageo e Vodafone,
dalla tedesca e.On e dalla spagnola Banesto». Mentre guadando all'Italia,
l'esperto di private banking di Banca Akros suggerisce di guardare alle
obbligazioni di Atlantia ed Edison. «Invece per i titoli di Stato - conclude
Cosmelli - considero buone opportunità i Btp legati all'inflazione e i Btp con
scadenze nel breve termine e cioè nel 2011, 2012 e 2013».
( da "Manifesto, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
DRAGHI
INSISTE «No exit strategy, economia fragile» Il governatore di Bankitalia «non
chiude la bocca » e tiene botta dopo le pesanti accuse di Silvio Berlusconi a
chi diffonde dati economici non in linea con il suo ottimismo. Parlando a
Basilea, da presidente del Financial stabilit board, Draghi ha ribadito che non
è ancora il momento per attuare una exit strategy dalle politiche di incentivi
e di aiuti all'economia messi in campo dai governi per combattere la crisi, ma
solo bisogna «discuterne per essere preparati». Questo perché «la fragilità
dell'economia» e il processo di ristrutturazione e rafforzamento dei bilanci
bancari non è ancora completato. Secondo Draghi, «una exit strategy deve essere
credibile e per farlo deve avere un sistema bancario riparato», pur essendoci .«segnali di miglioramento dell'economia mondiale e in alcuni mercati finanziari, specialmente nel
mercato della raccolta». Draghi ha dato il benvenuto alle diverse iniziative
nazionali per incorporare nelle loro norme i i nuovi principi per regolare gli
stipendi dei manager, principi realizzati dall'Fsb. Ha invece, e
ovviamente, taciuto sulle polemiche italiane e sui rapporti (pessimi) con il
governo, tanto più che la stampa straniera lo indica come il possibile capo di
un governo tecnico di transizione verso nuove elezioni, nel caso Berlusconi
venisse travolto dai suoi scandali casalinghi.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-28 - pag: 25 autore:
Mercati. Il presidente del Financial Stability Board: «Segnali di miglioramento
ma non siamo fuori pericolo» Draghi: restano fragilità «Per uscire
dall'emergenza molto è stato fatto, non è il momento di fermarsi» ©
RIPRODUZIONE RISERVATA Rossella Bocciarelli BASILEA. Dal nostro inviato Molti
progressi sono stati fatti nel superamento della crisi
finanziaria mondiale, ma non siamo ancora fuori pericolo. è quanto ha
spiegato ieri a Basilea il presidente del Financial Stability Board, Mario
Draghi, al termine del meeting inaugurale dell'organismo da lui presieduto
nella nuova veste, potenziata per facoltà decisionali e composizione ( ne fanno
parte i dirigenti dei ministeri finanziari, delle
banche centrali e delle autorità di supervisione dei mercati
di 24 paesi e giurisdizioni, oltre ai rappresentati della Bce e della
Commissione europea). «Se paragonate la situazione attuale a quella creatasi
subito dopo il crack Lehman – ha detto Draghi – indubbiamente molto è stato
fatto: nella politica fiscale, in quella monetaria e macroprudenziale, nonchè
sul fronte della ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie
». Ma non è il momento di fermarsi. «Più in generale – ha aggiunto – noi
abbiamo fatto in modo che un fallimento come Lehman non possa ripetersi».
Progressi sì,quindi –ha sintetizzato il numero uno di Bankitalia – ma non ci
troviamo ancora out of the wood »ovvero fuori dall'instabilità finanziaria. Come spiega anche il comunicato che riassume i
due giorni di lavoro dell'Fsb, Draghi ha dichiarato che in questo momento si
notano «convincenti segnali di miglioramento » nello scenario macroeconomico
globale e in alcuni mercati finanziari, in particolar
modo quelli della raccolta. Le banche infatti hanno ottenuto capitali dal
settore privato, ma«il processo di ristrutturazione e di rafforzamento dei
bilanci bancari non è ancora completato ». Se è vero che i mercati
delle emissioni di obbligazioni dei corporate bond vivono un momento di forte
vivacità, dall'altro lato esistono degli aspetti di fragilità: oltre alla
ristrutturazione bancaria non ancora completata, ci sono infatti «altri canali
di credito, come i prestiti bancari e le cartolarizzazioni, che richiedono di
essere rafforzati, allo scopo di sostenere una ripresa robusta ». Quanto alle
exit strategies, il Governatore ha ribadito che «non è ancora il momento» per
metterle in atto; infatti, affinchè queste strategie siano credibili occorre
prima che i sistemi creditizi siano stati riparati; si tratta dunque di
un'azione complessa perchè c'è ancora fragilità nell'economia internazionale.
«Tuttavia – ha osservato – dobbiamo discuterne, per essere preparati quando la
fragilità del sistema sarà riparata». Di certo, secondo Draghi non è il
momentodi fermarsi nell'azione costante di riparazione del tessuto delle regole
internazionali, per la quale l'Fsb sta sviluppando la tabella di marcia che si
è data al vertice G20 di Londra. Anche se, ha aggiunto, «la nuova
regolamentazione non dovrà costituire un motivo per rinazionalizzare il mercato
dei capitali ». La riunione di ieri è servita a battezzare la "corporate
governance" del nuovo organismo:c'è uno steering committee presieduto da
Draghi che imposterà le linee guida e ci sono tre comitati stabili
(monitoraggio e correzione delle vulnerabilità presieduto dal direttore
generale della Bri, Jaime Caruana; cooperazione nel campo della supervisione
(Adair Turner, presidente della Fsa inglese); miglioramento degli standard
(Tiff Macklem, vice ministro finanziario del Canada); è previsto inoltre un gruppo di lavoro sulla
prevenzione e gestione delle crisi finanziarie
cross-border (Paul Tucker,vicegovernatore della Banca d'Inghilterra). Terminati
i dibattiti dell'Fsb e la riunione del G10,oggi Draghi parteciperà qui a
Basilea al cda della Bri. Poi, tornerà subito in Italia, spinto da un
felicissimo motivo familiare: nel fine settimana é diventato nonno. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA CAUTELA Il governatore della Banca d'Italia ha ribadito
che è ancora presto per mettere in atto exit strategies
( da "Sole 24 Ore, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-28 - pag: 25 autore:
CONTROLUCE Banchieri non sprecate l'occasione della crisi di Franco Locatelli è molto
improbabile che il film di Ron Howard ( Angeli e demoni) o l'omonimo
best-seller di Dan Brown ci aiutino a rispondere all'intrigante domanda che
Marco Onado si pone, nel suo recente saggio sulla crisi
finanziaria ( I nodi al pettine), su quale sia la
vera natura dei banchieri. Pur restringendo il campo al nostro paese ed
evitando banali generalizzazioni, è difficile pensare che i nostri banchieri
siano angeli. La massimizzazione dei profitti della loro banca e spesso dei
loro compensi non sembra averli mai indotti a fare dell'interesse della
clientela la bussola della loro attività. Ma sarebbe altrettanto fuorviante
considerarli i responsabili di tutte le sciagure economiche dei nostri tempi.
Pur ammettendo che i nostri banchieri non sono né angeli né demoni e che lo
stato di salute delle nostre banche è migliore di quello di altri paesi, resta
da chiedersi se il mondo del credito stia facendo tesoro della crisi o non stia invece sprecando l'occasione di cambiamento
che essa offre. Le banche italiane non sono più quelle di vent'anni fa e la
loro efficienza e redditività sono indubbiamente cresciute, ma se perfino il
Governatore Draghi ha avuto modo di dire che le loro trasformazioni sono
avvenute più a vantaggio degli azionisti che dei consumatori è evidente che i
conti non tornano. A differenza delle banche anglosassoni e delle loro
spericolate avventure nella finanza, la fedeltà al modello tradizionale di
banca basato sul retail pone i nostri istituti in una condizione di vantaggio.
Questo però non significa ignorare le loro debolezze che, al di là degli
aspetti patrimoniali, risiedono soprattutto nella marginalità che la clientela
ha sempre avuto nel loro modello di business. La lungimiranza nella gestione
del credito e la trasparenza nella gestione del risparmio non sono generose
concessioni ma scelte di banche intelligenti. Ed è su questo terreno che si
capirà presto se i nostri banchieri stanno cancellando i vizi del passato o
sprecando la formidabile occasione della crisi.
( da "Sole 24 Ore, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: RISPARMIO E FAMIGLIA data: 2009-06-28 - pag: 29 autore:
Rapporto Gfk-Eurisko. La mappa delle scelte dei risparmiatori nel settore del
credito e del risparmio gestito La «Grande fuga» dalla finanza Crescono ancora
i conti di deposito. Tiene la fiducia nelle banche italiane Stefano Elli Delle
banche italiane ci si fida ancora. Nonostante la crisi finanziaria, il credit crunch e la
vasta casistica delle controversie che contrappongono clientela a sistema del
credito, sembra che il rapporto tra utenti e sportello tenga. Lo sostengono due
indagini distinte: la prima di Gfk-Eurisko, società di ricerche e consulenze di
mercato, che dal 1987 cura il rapporto annuale Multifinanziaria. La seconda, certamente meno imparziale, giunge
dall'ufficio studi dell'Associazione bancaria italiana, l'Abi che dal 24 giugno
scorso è diretta da Giovanni Sabatini. Il primo interessante dato di Multifinanziaria è la percezione della sicurezza del sistema
bancario italiano rispetto a quello estero. Secondo i dati della ricerca svolta
con 4.500 interviste personali su un campione rappresentativo di un universo di
19,5 milioni di nuclei familiari, il 67% degli intervistati ritiene il sistema
italiano molto/abbastanza più sicuro rispetto a quello estero. La ragione?
Forse va ricercata nella capacità di resistenza opposta dalle banche all'onda
anomala provocata dai mutui subprime. «Una spiegazione a mio giudizio
plausibile – spiega Francesco Guarneri, amministratore delegato di Guber spa,
società attiva nella gestione di crediti non performing –. A differenza delle
banche straniere, soprattutto anglosassoni, tra le banche italiane non è mai
invalsa l'abitudine a erogare mutui "a castello", così li definiamo
noi: sono quei mutui erogati negli Stati Uniti e in Inghilterra in presenza di
altri mutui, basando le garanzie sul supposto aumento di valore dell'immobile».
In altri termini la casa viene acquistata con un mutuo, successivamente la
banca concede al cliente la facoltà di accenderne un secondo. Edè proprio su
questo secondo che si accentrano le criticità che possono sfociare anche nel
default del pagatore. Se questo è vero, è anche vero che il rapporto tra banche
e clientela stia rientrando a rapidi passi verso un modello "basic",
basato essenzialmente su conti di deposito a remunerazione più o meno elevata.
Il tutto a scapito di un risparmio gestito che sta lentamente arretrando
privato della sua fonte primaria di sostentamento: la liquidità. Anche in
questo caso il dimensionamento del fenomeno è spiegato da istogrammi
inequivocabili: gli asset delle famiglie intervistate da Gfk-Eurisko per il 74%
sono in forma di deposito. Il 5,4% in titoli di stato, l'1,3% è concentrato in
titoli azionari, il 3% in obbligazioni. «In un contesto come questo – spiegano
i ricercatori di Gfk- Eurisko– sono apparse particolarmente centrate le scelte
di marketing di quegli operatori che si sono gettati sul mercato intercettando
il tipico bisogno di sicurezza che si genera in momenti di disorientamento
collettivo e di mancanza di opzioni». I comportamenti dei risparmiatori per
Gfk- Eurisko sono impostati a una sostanziale autarchia. Il 67% degli
intervistati risparmia senza fare alcun progetto, il 57% ritiene meglio lasciare
tutto in liquidità, il 72% progetta le sue spese basandosi solo sulle risorse
disponibili. In ritirata, dopo il boom degli anni scorsi anche gli utilizzatori
del credito al consumo (- 20% negli ultimi 18 mesi). Non basta: anche i
progetti per il futuro (come per esempio l'acquisto di un appartamento) vengono
rinviati anche di anni. In un panorama di sostanziale scollamento tra domanda e
offerta di prodotti e strumenti del risparmio a brillare davvero è la
sostanziale inerzia dei comparti marketing dei principali attori sul mercato
che non sembrano avere colto per tempo i segnali di un fenomeno tanto violento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA questo MULTIFINANZIARIA «Il sistema italiano è
considerato più sicuro rispetto a quello straniero» Merito dell'assenza del
fenomeno subprime
( da "Sole 24 Ore, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: ARTE data: 2009-06-28 - pag: 42 autore: Capire il mercato
Perché ci piace lo squalo di Pier Luigi Sacco I n anni non lontani, parlare di
arte contemporanea significava addentrarsi in un mondo a parte, alieno e
incomprensibile ai più. Il contemporaneo era il dominio dell'astruso, di ciò
che sfidava il senso comune, dell' «avrei potuto farlo anch'io, anzi io l'avrei
fatto meglio». In questi ultimi anni stiamo però assistendo a uno straordinario
processo di trasformazione, dovuto non tanto a una maggiore e più generalizzata
assimilazione dei processi di senso che stanno alla base della produzione
del-le opere d'arte contemporanea, quanto piuttosto a una crescente
legittimazione sociale. Il fatto che il contemporaneo sia difficile da capire
spaventa meno: in fondo, anche la moda è spesso difficile da capire ma questo
non impedisce di acquistarla, tutt'altro.E l'equazione tra arte e moda permette
anzi di spiegare una parte significativa del nuovo corso sociale del
contemporaneo: ciò che attrae è soprattutto il senso di effervescenza, la
sensazione di stare assistendo alla manifestazione di qualcosa di ec-citante,
insolito, imprevedibile. Ma non si tratta di semplice intrattenimento, di una
nuova incarnazione del luna park: una semplificazione piuttosto ingenua. Si
tratta invece di una specie di laboratorio di produzione di nuove identità, che
sperimenta nuovi modi di far "esistere" le cose, le persone, le
situazioni, e di farle percepire come qualcosa d'importante, di attraente, di
significativo. I trend setter, ad esempio, hanno imparato da tempo che uno dei
luoghi migliori per capire come sarà la moda di domani è osservare attentamente
come sono vestiti i frequentatori degli opening dei grandi eventi dell'arte:
non le signore iper-griffate, però. Quelle, al contrario, rappresentano la
retroguardia: cercano legittimazione in ciò che è stato già legittimato in
precedenza. Piuttosto gli altri: i giovanissimi, gli alternativi, gli artisti
stessi, a volte. All'arte contemporanea si può in gran parte applicare la
logica del beauty contest di cui parlava Keynes con
riferimento ai mercati finanziari: il gioco non consiste nell'esprimere quel che piace a te,
quanto piuttosto nell'indovinare ciò che tu credi piacerà alla maggior parte. I
due libri che presentiamo, usciti in edizione italiana a distanza di un paio di
mesi, si prestano idealmente a una lettura congiunta perché sono in gran parte
complementari. Thompson è un economista che cerca di dare un senso alla
«bizzarra e sorprendente economia dell'arte contemporanea », come recita il
sottotitolo del suo libro. La Thornton è una giornalista con una solida
formazione storico- artistica e sociologica. Ambedue costruiscono la loro
analisi attraverso un processo di esplorazione, incontrando e discutendo in
prima persona con i protagonisti, nei loro vari ruoli: artisti, galleristi,
direttori di museo, esperti delle case d'asta. Tutti e due si muovono con un
atteggiamento da antropologi, tentando di dare senso e struttura a rituali
sociali all'apparenza incomprensibili,e cercando di portarne alla luce le
logiche nascoste. Non fanno mistero delle loro idiosincrasie: Thompson, ad
esempio, decide di non occuparsi nel suo libro di «videoinstallazioni,
performance, film o fotografia, arte industriale (orologi, ventilatori,
pensiline di autobus) o l'impacchettamento di edifici. Se si può annusareo
assaggiare, o se è viva e respira, può essere che sia arte, ma non la troverete
qui. Le opere di questo tipo sono escluse perché non le capisco, e perché con
l'eccezione della fotografia di Cindy Sherman e di un paio di altri artisti, le
maggiori case d'aste non le vendono sotto la definizione di arte contemporanea»
(pag. 15). Un atteggiamento quantomeno singolare, che però ci fa capire che un
anno di intensa frequentazione dall'interno del sistema e dei suoi maggiori
protagonisti abbia finito per convincere Thompson che l'arte contemporanea è,
in ultima analisi, quella che le case d'asta (e non le gallerie o i musei, dove
tutto ciò che egli esclude dalla sua analisi si incontra in abbondanza) vendono
oggi come tale. La Thornton, anche grazie alla sua formazione, mantiene un
atteggiamento più aperto e divide la sua esplorazione del sistema in sette
"giorni" che corrispondono a sette luoghi topici della drammaturgia
del contemporaneo: l'asta,per l'appunto;il seminario (cioè il luogo in cui
l'arte viene insegnata e in cui si trasmettono i codici della riflessione
critica); la fiera (e quindi, ovviamente, Art Basel); il Premio (e quindi,
quasi altrettanto ovviamente, il Turner Prize); la rivista (Artforum); lo
studio dell'artista (Takashi Murakami); e la Biennale (Venezia, naturalmente).
Il quadro complessivo che emerge dalla lettura dei due libri è molto coerente.
Il sistema dell'arte è un mondo auto-referenziale, in cui la forza trainante è
il bisogno spasmodico di riconoscimento da parte di tutti gli attori del
sistema: artisti, galleristi, critici, musei, riviste, collezionisti,
istituzioni formative. L'aspetto del gioco sociale tende così a prevalere
sull'esperienza dell'arte in quanto tale: tutto si carica, sempre, di
significati ulteriori, tutto rimanda ad un altro piano che è costantemente
presente per quanto, a parole, sistematicamente sottovalutato o addirittura
negato. Ed è proprio questo aspetto di gioco sociale che ha reso l'arte
contemporanea così attraente per i non iniziati (o quantomeno non ancora tali):
il gioco crudele di riconoscimento ed esclusione che è il pane quotidiano
dell'arte contemporanea di oggi è proprio la materia di cui si nutrono i nostri
sogni e le nostre paure. Nel nostro mondo post-consumistico, l'essere e l'avere
non sono più obiettivi in quanto tali ma strategie per tentare di dimostrare
agli altri ea noi stessi che, in qualche modo, esistiamo e siamo degni di
attenzione, rispetto, e persino affetto: né più né meno di ciò che accade ogni
giorno sul palcoscenico dell'arte, in cui il rituale di appartenenza più
evidente e praticato è, non a caso, quello di baciarsi quando ci si incontra. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA 1 D. Thompson, «Lo squalo da 12 milioni di dollari. La
bizzarra e sorprendente economia dell'arte contemporanea», Mondadori, Milano,
pagg. 370, Á 18,00; 1 S. Thornton, «Il giro del mondo dell'arte in sette
giorni», Feltrinelli, Milano, pagg. 224, Á 13,50. La «bizzarra e sorprendente
economia dell'arte contemporanea». Due libri ricchi di consigli utili su come
investire Il pesce-capolavoro. Damien Hirst fotografato nel 2007 davanti alla
sua celebre opera «Dealth Exlained», uno squalo vero conservato in formaldeide
GETTY IMAGES/LAURA RONCHI
( da "Sole 24 Ore, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-28 - pag: 9 autore: ANALISI
Un rimbalzo pieno di eccessi di Walter Riolfi L a data del 9 marzo è la
discriminante tra un mondo che sembrava destinato alla peggior recessione dopo
gli anni Trenta e l'avvio di una nuova ripresa. Ma quella data è una semplice e
provvisoria convenzione, e coincide con il punto più basso di Wall Street e
delle Borse europee dopo un crollo che dai massimi del 2007 si misurava in un
-57%per l'S&P500 e-60%per l'indice Stoxx. Mai, se non negli anni Trenta, i mercati avevano perso tanto. E mai, se non nella Grande
Depressione, i titoli bancari erano crollati di quasi il 90%, esprimendo
valutazioni che in molti casi erano meno di un quarto dei mezzi propri: come se
tutte le banche americane ed europee fossero prossime al fallimento. In verità
molte sarebbero davvero fallite se i Governi non avessero profuso tanto denaro
per salvarle, come mai s'era visto.E la recessione, che dalla crisi del credito
è scaturita, avrebbe davvero potuto ricordare quella di 80 anni fa, se ancora i
Governi non avessero dispensato migliaia di miliardi per tentare di tenere in vita
l'economia. Il tutto a scapito di un debito pubblico che sta esplodendo ovunque
e che negli Usa potrebbe superare il 100% del Pil entro il 2015. Dopo il 9
marzo, le Borse sono rimbalzate sulla sola sensazione d'aver perso troppo. E
siccome la reazione dei mercati è stata vio-lenta, i
successivi rialzi s'erano incrementati man mano che gli investitori erano
costretti a ricomprarsi i titoli che avevano in precedenza venduto allo
scoperto. E man mano che gli indici recuperavano, s'è pure consolidata l'idea che
le Borse stessero giustamente anticipando la ripresa economica attesa verso la
metà dell'estate. C'erano indicatori macroeconomici che parevano suffragare il
ragionamento. Ma l'ottimismo che nel frattempo s'era creato aveva portato gli
investitori a leggere ben oltre quei dati; che accennavano semmai a una
attenuazione della caduta economica, ma non all'avvio di una ripresa. Il
desiderio delle Borse di anticipare le novità ha ribaltato in un attimo la
precedente tendenza. Così gli investitori sono ritornati a cercare il rischio
acquistando azioni, materie prime e bond societari. Le Borse hanno accumulato
guadagni del 40% in poco meno di tre mesi e i titoli bancari sono mediamente
più che raddoppiati e quelli che erano stati maggiormente sacrificati in passato
sono schizzati di oltre il 300%, come Citi e Bank of America; il prezzo del
petrolio è volato da 34 fino a 73 $ e tutte le commodity, anche sotto la
speculazione degli operatori cinesi, si sono risollevate. Il rendimento dei
titoli di Stato decennali Usa è passato dal 2% al 3,95% di due settimane fa. La
peggior recessione dopo gli anni Trenta pareva d'incanto svanita nella cieca
fiducia di una ripresa altrettanto forte come quelle che s'erano viste dopo gli
anni
( da "Sole 24 Ore, Il" del
29-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: NORME TESTO data: 2009-06-28 - pag: 21 autore: Un varco ai
precari del «pubblico» 19. Le graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni
a tempo indeterminato , relative alle amministrazioni pubbliche soggette a
limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 1Úgennaio 2004, sono
prorogate al 31 dicembre 2010. 20. All'articolo 4 del decreto legislativo 12
febbraio 1993, n. 39, le parole: «due membri», ovunque ricorrano, sono
sostituite dalle seguenti: «tre membri». 21. All'articolo 4, comma 2, del
decreto legislativo n. 39 del
( da "Stampa, La" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
"Mr.
Madoff la condanno a 150 anni" Punizione choc per l'imbroglione dei Vip
Aveva fatto sparire 65 miliardi di dollari [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI
CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Bernard Madoff ha commesso crimini
straordinariamente malefici». Sono passate da poco le 11,30 quando nell'aula
del tribunale distrettuale di Manhattan il giudice Denny Chin emette la
sentenza record contro l'artefice della truffa che ha scosso l'America: 150
anni di carcere. Le poco più di cento persone ammesse nell'aula esplodono in un
applauso fragoroso, liberatorio. C'è chi piange, come Carla Hirshhorn, una
delle vittime che poco prima ha preso la parola dicendo di «vivere in un
inferno, sentendomi imprigionata dentro un incubo dal quale non riesco a
svegliarmi» a causa dei soldi ingoiati dallo «schema-Ponzi» con il quale Madoff
ha polverizzato fra 50 e 65 miliardi di dollari, usando i fondi dei nuovi
clienti per pagare interessi da capogiro a quelli vecchi. Il giudice Chin ha
deciso di far parlare dieci vittime prima di far conoscere la sentenza per
trasformare l'ultima udienza nel processo in una resa dei conti fra truffati e
truffatore. Per oltre un'ora le testimonianze si susseguono in un crescendo di
pathos che alcuni reporter newyorkesi paragonano all'Inferno di Dante. «Ha
rubato ai ricchi, ha rubato ai poveri e a quelli a metà fra gli uni e gli
altri, ha ingannato noi per usare i nostri soldi e vivere nel lusso assieme
alla moglie» grida Tom Fitzmaurice, puntando l'indice contro l'imputato,
tranquillamente seduto al tavolo della difesa. Una giovane coppia racconta di
«essere passata a vivere da un matrimonio di sogno a un matrimonio di inferno»
a causa dei soldi spariti nel nulla. Seduti nell'aula ci sono i rappresentati dei
maggiori truffati: l'associazione femminile Hadassa, la Yeshiva University, la
Fondazione del premio Nobel Elie Wiesel, la New York University, il regista
Steven Spielberg, l'attore Kevin Beacon, la stella del baseball Sandy Koufax.
L'inizio dell'ultimo atto arriva quando il giudice chiede all'imputato se
«vuole dire qualcosa a sua discolpa». Un silenzio di gelo avvolge la sala. E'
come se il Diavolo stesse per prendere la parola. La sua voce è bassa ma ferma:
«Sono responsabile per aver causato grandi sofferenze e dolori, me ne rendo
conto, vivo in una condizione di grande tormento nella consapevolezza di quanto
ho creato, lascio alla mia famiglia e ai miei nipoti un'eredità di vergogna,
come alcune delle vittime hanno detto». Poi Madoff gira lo sguardo verso le
vittime: «Vi chiedo scusa anche se so che questo non vi dà alcun tipo di
aiuto». Il mea culpa punta ad ammorbidire il verdetto ma Madoff non riesce a
essere fino in fondo severo con se stesso: anziché parlare di frode si
riferisce a quanto commesso come a un «problema», un «errore di giudizio» e un
«tragico sbaglio». Quando termina l'ultima sillaba e torna a sedersi nel
completo scuro indossato per l'occasione, tocca al giudice parlare annunciando
di aver fatto propria la richiesta del procuratore Lisa Baroni di 150 anni di
detenzione - oltre il doppio dell'età del settantunenne imputato - perché
«Madoff ha rubato in maniera spietata, senza rimorso». Lo sconfitto avvocato
difensore Ira Sorkin, che aveva chiesto 12 anni, è indignato: «La vendetta non
fa parte della punizione, il mio cliente aveva già accettato di finire i suoi
giorni in prigione». La sentenza include un ordine preliminare di
espropriazione di tutti i beni personali di Madoff fino a 171 miliardi di
dollari, inclusi immobili e investimenti per 80 milioni. Dovranno essere
vendute la lussuosa casa di Manhattan da 7 milioni di dollari, dove la moglie
Ruth ancora vive, la villa di Palm Beach in Florida da 11 milioni, la residenza
agli Hamptons da 4 milioni e lo yacht da 2,2 milioni. Mentre gli agenti lo
trasportavano verso la sua cella nel Metropolitan Correctional Center di
Manhattan - in attesa della destinazione finale in un penitenziario federale -
l'ultima ad abbandonare Madoff è la moglie Ruth, rendendo pubblico un
comunicato scritto nel quale si dice «piena di imbarazzo e vergogna» essendo
stata «tradita come tutti gli altri» perché «l'uomo che ha commesso questa
orribile frode non è quello che ho conosciuto per tutti questi anni». La moglie
dovrà ora trovarsi una nuova casa e mantenersi con i 2,5 milioni di dollari che
il giudice le ha assegnato: una cifra da lei considerata talmente bassa da
obbligarla ad andare in metropolitana per gli spostamenti in città. Nel momento
in cui cala il sipario sull'uomo che più ha incarnato
l'avidità degli speculatori di Wall Street, a cui l'America imputa la crisi finanziaria che ha innescato la
recessione, resta però il dubbio su come sia stato possibile gestire tanto a
lungo un inganno di tali dimensioni avendo come unico complice il contabile
David Friehling, a sua volta incriminato per frode. Anche per questo il
giudice Chin conclude la lettura della sentenza così: «Non credo che Madoff
abbia detto tutto quello che sa». Come dire, resta ancora molto da scoprire.
( da "Repubblica, La" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
41 - Cultura Sfida audace Le organizzazioni internazionali protestano. Ma la
sfida più audace viene dall´interno. Alcuni avvocati hanno deciso di opporsi in
tribunale: non sollevano i diritti di libertà, ma ricorrono alle leggi
antitrust La nuova iniziativa del regime contro Internet La diga verde di
pechino PECHINO Non bastava la Muraglia di Fuoco, domani la Repubblica Popolare
vuole inaugurare la Diga Verde. Da decenni la Cina gestisce il più imponente
apparato mondiale di censura dell´informazione. Il Dipartimento di propaganda
del ministero dell´Informazione dirama quotidianamente direttive alle redazioni
dei giornali e delle tv: una regìa meticolosa dà la "linea" ai
giornalisti, soprattutto sui temi più delicati come il Tibet, Taiwan, la
religione, o gli anniversari di avvenimenti-tabù come il massacro di Piazza
Tienanmen. Con 300 milioni di utenti Internet, il governo di Pechino negli
ultimi anni ha investito risorse ingenti sul monitoraggio del web. Il ministero
degli Interni ha al suo servizio 15.000 tecnici informatici, il cui lavoro
quotidiano si sovrappone al funzionamento di filtri software automatici che
"oscurano" i siti proibiti. è questa la Muraglia di Fuoco, come
l´hanno battezzata gli stessi blogger cinesi, consapevoli che i contenuti in
rete sono sottoposti alla vigilanza costante della autorità. Forte del suo
vasto mercato appetito dalle multinazionali straniere, il regime di Pechino ha
piegato i giganti occidentali di Internet al suo volere, ottenendo che
Microsoft, Google e Yahoo adottino per i loro siti cinesi delle tecnologie di
auto-censura automatica. Eppure la nomenklatura non è soddisfatta. Nonostante
il blackout che colpisce i siti di Amnesty International o Free Tibet, e
occasionalmente perfino Wikipedia, la mole di informazioni che transitano su
Internet è un fiume in piena. I giovani hi-tech di Pechino e Shanghai, se
vogliono, riescono ad aggirare le barriere e hanno accesso al frutto proibito.
Ecco perché, dal primo luglio, deve scattare l´operazione Diga Verde. è questo
il nome di un nuovo software che il governo cinese ha fatto elaborare da una
società informatica direttamente legata all´Esercito Popolare di Liberazione.
L´intento proclamato, è la lotta alla pornografia, la tutela della salute
morale delle nuove generazioni. Per giustificare questa imposizione, il governo
ha montato una campagna contro Google, accusato di essere una porta spalancata
sull´inferno della pedofilia e di ogni perversione sessuale. I tecnici della
censura hanno manipolato il motore di ricerca, per moltiplicare i risultati
"porno" che appaiono sullo schermo. In realtà la Diga Verde serve a
impedire alla fonte che l´utente si colleghi con tutti i siti controversi:
dalle associazioni internazionali di difesa dei diritti umani ai blog che
simpatizzano per Carta 08, il nuovo movimento del dissenso. Il software Diga
Verde deve essere installato per legge su qualsiasi computer messo in vendita
sul territorio della Repubblica Popolare da domattina. Ma la nuova offensiva
per controllare l´universo online si scontra con resistenze impreviste. Non è
solo l´industria informatica occidentale appoggiata
dalle proteste ufficiali di Washington e Bruxelles a
denunciare il protezionismo
occulto che crea una barriera alla vendita dei pc stranieri. La sfida più
audace viene dall´interno. Un gruppo di avvocati cinesi ha osato fare ricorso
in tribunale contro la Diga Verde. Astutamente, la strategia dei legali non
chiama in causa il diritto all´informazione e la libertà di espressione.
è in nome delle leggi di mercato, della libera concorrenza e della normativa
antitrust, che gli avvocati chiedono al governo di fare marcia indietro.
L´astuzia consiste nel mettere i dirigenti comunisti di fronte alle loro
contraddizioni interne. La Cina ha scelto la via della modernizzazione, dello
sviluppo tecnologico, dell´apertura verso il mondo, per trionfare nell´economia
globale. Ora le sue élite più illuminate chiedono ai leader: si può arginare la
modernità con una Diga?
( da "Repubblica, La" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
IV - Palermo L´immondizia L´esecutivo La Gesip L´azienda a corto di mezzi Il
contratto e la mini-proroga L´azzeramento e il toto-nomine Amia, arrivano gli
stipendi raccolta in tilt senza straordinari Cammarata agli assessori: entro
oggi le dimissioni Appello ai big pdl "Subito un aiuto
per risolvere la crisi finanziaria del Comune" SARA SCARAFIA L´immondiza torna a soffocare la
città. Ieri decine di quartieri si sono svegliati sommersi dai rifiuti: da
Mondello a Borgo Nuovo, dall´Addaura a Passo di Rigano. Ma i cassonetti erano
pieni anche nelle zone più centrali, da via Brigata Verona ai vicoli del centro
storico. Se ieri pomeriggio la giunta si è riunita a Villa Niscemi per
recepire l´ordinanza firmata dal premier Berlusconi che permetterà in 48 ore di
pagare stipendi e quattordicesime, resta la carenza di mezzi. E da oggi anche
il problema della riduzione degli straordinari, indispensabili in questi mesi
per garantire una raccolta sufficiente. La delibera di anticipazione delle
somme del contratto di servizio tra Amia e Comune (quelle del periodo che va
dal 21 luglio al 21 dicembre) che permetterà di pagare gli stipendi senza il
rischio di pignoramenti, è stata firmata da Cammarata. Che ieri ha convocato la
giunta a Villa Niscemi per invitare i componenti dell´esecutivo a dimettersi
entro stamattina. Le dimissioni, tecnicamente, non saranno accettate in attesa
che i big dei partiti si confrontino col sindaco. Il primo cittadino è stato
chiaro: spazio a un paio di nomi dall´Mpa e nessuna rottura con l´Udc.
Nonostante alla Regione il partito sia fuori dalla maggioranza, il rapporto che
lega Cammarata a Cuffaro e Romano è forte e non è in discussione. Dal sindaco
non una parola sulla nomina di Francesco Scoma a vicesindaco che potrebbe
arrivare già oggi. Il primo cittadino ha invitato gli assessori dimissionari a
chiedere sostegno ai loro big: chi è con lui potrà decidere chi far rimanere
nell´esecutivo. Cammarata vuole rassicurazione dagli alleati sull´aiuto
economico della Regione (il contributo da 7 milioni di euro per vent´anni è
andato in fumo con l´ultima finanziaria) e
sull´impegno per l´arrivo dei fondi necessari a salvare l´Amia. Lo Cicero,
presidente dell´azienda, è stato chiaro: se entro un mese non arrivano fondi
l´azienda fallirà. Intanto, per cercare di frenare le perdite mensili, ha
deciso di tagliare su tutto. A cominciare dagli straordinari che pesano ogni
anno per oltre 4 milioni di euro. Ma con più della metà dei mezzi guasti e con
cinquemila cassonetti in meno, è impossibile per i netturbini garantire una
raccolta sufficiente senza fare ricorso al lavoro extra. Domenica, festivo, la
raccolta è stata garantita al minimo. Tanto è bastato per far riesplodere
l´emergenza, mentre un´altra grana è alle porte: da domani la protezione civile
dovrebbe ritirare i mezzi prestati a Amia per movimentare la discarica che
rischia il collasso. Intanto al Comune scoppia il caso Gesip: oggi scade la
mini-proroga varata due mesi fa. Stasera Sala delle Lapidi cercherà di trovare
una soluzione tampone: il rinnovo del contratto di servizio alla stessa cifra
del 2008 con una postilla che permetta alla giunta, una volta approvato il
bilancio, di adeguarlo. Ma il presidente, Mario Parlavecchio era stato chiaro: «Senza
nuovi fondi dichiaro fallimento». E in Consiglio comunale difficilmente l´atto
passerà. In questo caso verrà convocata una giunta in notturna per varare un
mini-rinnovo. Ma l´esecutivo sarà tutto di assessori dimissionari. Dopo
l´annuncio del sindaco è scattato il toto-nomi: dentro due autonomisti, forse
Roberto Palma e Nardo D´Arrigo. E fuori? Se un posto è libero dopo il
licenziamento di Ippolito Russo, ne serve ancora un altro. Le ipotesi sono due:
o la fuoriuscita di Aristide Tamajo, Udc, o quella di Nico Ferrante, stimato
dal sindaco ma appoggiato da Dore Misuraca che non ha eletto nemmeno un
consigliere. Ieri sera è spuntato anche il nome di Michele Pergolizzi che
potrebbe entrare, in quota Miccichè, al posto di Mario Tinervia.
( da "Repubblica, La" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina V
- Bologna La polemica Crisi, Errani contro il governo «Il dibattito sul
disfattismo? Mi interessa poco». E´ il commento del presidente della Conferenza
Stato-Regioni e della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, a margine di un
convegno della Cisl a Bologna, parlando dell´atteggiamento
da tenere di fronte alla crisi finanziaria. «Quello che mi preoccupa davvero - ha proseguito rispondendo ai
cronisti - è non vedere in questo paese nessun progetto per uscire da questa crisi. Cioè manca un progetto di una
politica innovativa capace di intraprendere un percorso virtuoso».
( da "Repubblica, La" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
26 - Economia "Caduta libera finita, ora lenta ripresa" Bri e
Commissione Ue vedono segnali positivi: migliorano fiducia e mercati
L´istituto di Basilea: "Le misure anti-crisi pari al 5% del Pil mondiale.
Ma i salvataggi delle banche spingono i manager a non risanare" VITTORIA
PULEDDA MILANO - L´uragano dei mercati, che ha portato
l´economia mondiale ad «una contrazione straordinariamente sincrona e profonda,
la più grave dagli anni Trenta» sembra lentamente acquietarsi: la «sensazione
di caduta libera si è dissipata», spiega la Bri, la Banca per i regolamenti
internazionali, nella riunione annuale. Un messaggio in contemporanea con l´ultimo
rapporto sull´area euro, della Commissione Ue, secondo cui
«gli indicatori della fiducia e i mercati finanziari hanno cominciato a trasmettere alcuni primi segnali di
miglioramento», ma la situazione «resta fragile»; sono stati evitati gli errori
del passato però la crisi non è finita e «la pressione» sui conti pubblici «sta
aumentando». L´obiettivo è «tornare a finanze pubbliche sane» anche se
nell´eurozona ci sarà un abbassamento del potenziale di crescita, da una media
dell´1,8% annuo nel 2000-2006 all´1,3% nel 2008 per scendere ancora allo 0,7%
nel 2009 e 2010. Gli fa quasi eco la Bri, che parla di situazioni come il
Giappone o l´Italia dove il debito era superiore al pil già prima della crisi;
fattore che riduce il margine di manovra rispetto a paesi con un debito
inferiore anche se finora queste differenze non hanno influito sulla capacità
di indebitamento dei paesi. Gran parte dei paesi avanzati ha dato «segnali di
stabilizzazione»; a voler credere «ai germogli verdi» della ripresa, si può guardare
al futuro con maggiore fiducia ma, ha sottolineato il direttore generale della
Bri, Jaime Caruana, il rallentamento sarà duraturo» e la ripresa «lenta», anche
se il 2009 dovrebbe registrare con una crescita mondiale positiva. Ancora a
metà maggio, spiega la Bri, «le condizioni dei mercati
restavano fragili». E «il persistere di fragilità nel settore finanziario» preoccupa molto la Bri, che ritiene «una
priorità assoluta il risanamento della finanza» perché il cammino verso la
ripresa «appare difficile e lastricato di rischi». E, da questo punto di vista,
le strategie di uscita dagli interventi pubblici (ormai le misure anti-crisi
hanno raggiunto il 5% del pil mondiale, scrive la Bri) devono essere ben
calibrati: «esiste un rischio di uscita prematura», spiega Caruana, ma «ancora
maggiore è il rischio di un´uscita tardiva o troppo lenta». Attenzione anche ai
piani di salvataggio, che «permettono ai manager di sottrarsi alle difficili
scelte necessarie a ridurre sia le dimensioni dei bilanci sia la quantità di
rischio assunto»; le banche dissestate, aggiunge la Bri, vanno «chiuse o
risanate al più presto». Le banche devono essere «più piccole, più semplici,
più sicure»; fuori dalla logica del «troppo grande per fallire», ha ricordato
Caruana (anche se il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, ha
ricordato che gli istituti grandi possono funzionare bene, ma con una
governance adeguata). Più in generale, ha detto Caruana, il rischio è di avere
governi sovraindebitati, un sistema finanziario sovraregolamentato,
una concorrenza compromessa e la globalizzazione ormai un ricordo del passato:
da questo scenario «scaturirebbero una crescita anemica, rischi di inflazione
ben maggiori e tensioni internazionali». Dal canto loro, le banche centrali
devono «adottare un approccio più attivista» nel contrastare le bolle finanziarie. Infine i prodotti finanziari
innovativi: devono essere considerati come i farmaci e sottoposti a test:
alcuni possono essere venduti liberamente, altri hanno bisogno della ricetta medica,
alcuni vanno messi al bando.
( da "Repubblica, La" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina
27 - Economia Lufthansa rilancia su Malpensa ma frena in casa Le banche
pubbliche russe aumentino progressivamente i loro portafogli crediti per un
totale di 400-500 miliardi di rubli (9,1-11,4 miliardi di euro) entro ottobre
MILANO - La bandiera tedesca sventola sempre più alta nel cielo sopra Malpensa.
Lufthansa ha chiesto alla Iata per la prossima stagione invernale 10 slot in
più sull´aeroporto milanese, dove ha già posizionato nove aerei della neonata
Lufthansa Italia. Una decisione ancor più significativa se letta assieme alle
scelte strategiche generali della compagnia di Francoforte che di fronte al
crollo dei passeggeri (-7,1% a maggio, un po´ meglio del -9,6% di tutti i
vettori europei) ha appena annunciato di aver messo a terra 25 aerei. La
ragnatela di voli Lufthansa sullo scalo milanese invece è sempre più fitta. E
sommando ai suoi servizi quelli dei partner di Star Alliance, dicono in molti,
siamo a un passo dalla massa critica per lanciare i primi voli
intercontinentali made in Germany da Milano... Ettore Livini [i tedeschi e le
tasse] BERLINO - A tre mesi dalle elezioni politiche, la voglia di conquistare
consensi promettendo sgravi fiscali sta giocando un brutto scherzo alla CduCsu,
cioè la Dc tedesca della cancelliera Angela Merkel pur strafavorita dai
sondaggi. Il partito di maggioranza relativa promette agli elettori un
alleggerimento tributario e di contributi a tutto campo: meno aliquote Irpef,
salvo per i super-ricchi, più assegni familiari, più sussidi per la formazione
scolastica dei figli, asilo-nido gratuito garantito, pensione minima
esentassse, più pensione per le madri di famiglia, più agevolazioni fiscali per
gli agricoltori, e via dicendo. Cose da un altro mondo, commentava
ieri lunedì la Frankfurter Allgemeine che pure non è sospetta di simpatie per
la Spd. Il partito della cancelliera, nota il più influente quotidiano tedesco,
sembra parlare da un´altra epoca, da prima della crisi
finanziaria internazionale, e si getta da solo in
una grave crisi di
credibilità. Andrea Tarquini
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-30 - pag: 1 autore: MISURE
ANTIRECESSIONE Un'estate di audacia e le imprese respirano di Orazio Carabini M
olte imprese italiane, soprattutto piccole, che sono alle prese con la
recessione, hanno, nei fatti, un solo vero problema: sopravvivere a questi mesi
di contrazione dell'attività. Non resistere o tirare la cinghia, ma
sopravvivere. Se non ci riusciranno, la base produttiva del paese risulterà
impoverita nel momento in cui l'economia mondiale ripartirà. Con tutto quello
che ne consegue: ripresa lenta, accentuazione del divario verso gli altri
paesi, maggiori difficoltà di aggiustamento della finanza pubblica dopo lo
shock da recessione. Se il governo vuole davvero aiutare le imprese che lottano
per non affogare, in questo momento deve incanalare la liquidità verso chi ne
ha bisogno. Tutto quanto contribuisce ad allentare la tensione finanziaria delle aziende, è di giovamento alla lotta per la
sopravvivenza. Molto dipende dalle banche: la leva del credito è nelle loro
mani, e la pressione quasi ossessiva che ministri e imprenditori esercitano nei
loro confronti si spiega così. Ma il governo ha un'altra arma importante per
far affluire fondi alle imprese: il rimborso dei crediti della Pubblica
amministrazione. Il decreto con i provvedimenti anti-crisi approvato dal Consiglio
dei ministri venerdì scorso ne tratta estesamente. I propositi per evitare che
in futuro si accumulino stock di debiti pari a quelli attualmente in essere (40
miliardi circa), sono del tutto condivisibili. Per il passato, i 40 mi-liardi
appunto, si rimanda invece alle «risorse a tal fine stanziate con la legge di
assestamento del bilancio dello Stato ». Il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti ha accennato alla possibilità di sbloccare 5 miliardi. Se la legge di
assestamento confermerà questo importo, il mondo delle imprese non farà salti
di gioia. Perché è vero che la manovra estiva è complessivamente orientata
nella giusta direzione. Ma è altrettanto vero che,
soprattutto nelle piccole aziende, si sta diffondendo la sensazione di una
sottovalutazione della crisi e dei suoi potenziali effetti. Ormai è abbastanza
chiaro a tutti che il governo teme le "sanzioni" dei mercati finanziari. Continua u pagina
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-30 - pag: 1 autore: Per Berlusconi
deficit al 5% «se non cambierà nulla» - Ue: segnali di miglioramento «Entrate
in calo di 37 miliardi» Napolitano sollecita tregua nelle polemiche da qui al
G8 «Se le cose non cambiano, a fine anno si potrà anche arrivare al 5% del
rapporto deficitPil ma c'è da considerare un minor gettito di 37 miliardi di
euro»: lo ha detto ieri il premier Silvio Berlusconi che è tornato a criticare
l'informazione. «Quando si parla troppo di crisi si provoca sfiducia e si
comprimono consumi e domanda». Il presidente del Consiglio ha poi liquidato
l'ipotesidi un esecutivo tecnico («una vera balla inventata dalla stampa
estera») e ha ribadito: «Il governo ha fatto bene, è il più forte
dell'Occidente rispetto a un'opposizione che è un cadavere che cammina ».
Intanto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lancia un appello:
«Sarebbe giusto, di qui al G-8, data la delicatezza di questo grosso
appuntamento internazionale, avere una tregua nelle polemiche». Da Bruxelles la commissione Ue parla segnali di miglioramento
dell'economia europea e di lenta stabilizzazione dei mercati
finanziari, anche se «la situazione resta fragile».
Servizi u pagine 5 e 19 Commento u pagina
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 5 autore: Caritas
in Veritate. L'enciclica del Papa «Etica e regole per l'economia della
globalità» Carlo Marroni CITTà DEL VATICANO Governo della globalizzazione e
ripensamento dell'intera impalcatura del capitalismo, da rimodulare con al
centro l'uomo e l'etica dei comportamenti. L'enciclica "Caritas in
Veritate", firmata ieri nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, segnerà a
fondo il pontificato di Benedetto XVI, durante il quale è scoppiata una delle
maggiori crisi economiche della storia. L'enciclica,
la terza del suo pontificato, è attesa da circa due anni e quella che vedrà la
luce la prossima settimana sarà il risultato di almeno cinque stesure, frutto
della continua evoluzione degli eventi ma anche della volontà del Papa di dare
maggiore concretezza al messaggio. «è ormai prossima la pubblicazione della mia
terza Enciclica. Riprendendo le tematiche sociali contenute nella Populorum
Progressio, scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967, questo documento, che
porta la data proprio di oggi, 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e
Paolo, intende - ha detto ieri all'Angelus il Papa - approfondire alcuni
aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità
nella verità. Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo che la
Chiesa offre all'umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel
pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti». La
"Populorum Progressio" fu dedicata alla cooperazione tra i popoli e
al problema dei paesi in via di sviluppo e all'epoca denunciò l'aggravarsi
dello squilibrio tra paesi ricchi e poveri, sferzando l'allora imperante
neocolonialismo. Oggi la nuova enciclica- un documento di oltre 100 pagine al quale
hanno lavorato una gran quantità di alti prelati ed economisti ma dove la mano
del Papa è intervenuta ripetutamente nella stesura finale - in qualche modo
mette in luce che non si è avverato quanto auspicato nella Populorum: è, cioè,
mancato lo spirito a fronte di una eccedenza di tecniche e di materia. E l'uomo
senza spirito soccombe. E il segnale lo si è colto già all'indomani del
fallimento della Lehman Brothers, quando a sorpresa Benedetto XVI disse davanti
al Sinodo: «Il crollo delle banche dimostra che i soldi sono nulla». Da allora,
era ottobre, è stato un crescendo: solo qualche giorno fa
aveva ribadito che «la crisi finanziaria ed economica mostra in modo evidente come siano da ripensare
certi paradigmi economico-finanziari che sono stati dominanti negli ultimi
anni». E oggi c'è chi dice che Benedetto XVI con la sua prossima enciclica
sociale «mostrerà di essere a sinistra della maggior parte degli americani,
incluso il Presidente Obama» ha commentato padre Thomas J. Reese, gesuita
statunitense già direttore della prestigiosa rivista della Compagnia di Gesù,
"America" fino al 2005 (per le sue posizioni troppo liberal in
passato è stato spesso richiamato da quella Congregazione per la dottrina della
fede guidata dallo stesso Ratzinger). Reese è tuttavia uno degli osservatori
più attenti e informati sulla Chiesa cattolica e in un articolo pubblicato sul
Washington Post il religioso ha spiegato quali saranno alcuni dei punti forti
della prossima enciclica del Papa. «I conservatori rimarranno scioccati e
contrariati dal testo che rifletterà lo scetticismo di Benedetto XVI verso un
capitalismo selvaggio basato sull'avidità » ha annunciato il gesuita, secondo
il quale infatti Benedetto XVI «non rigetterà affatto l'insegnamento sociale
progressivo dei suoi predecessori più vicini» (Giovanni Paolo II e Paolo VI in
particolare, ndr) ma «piuttosto mostrerà di essere a sinistra della maggior
parte degli americani, incluso Obama ». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL DOCUMENTO
Testo di 100 pagine preparato con il contributo di alti prelati ed economisti:
progresso sostenibile nel rispetto della dignità umana
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 5 autore: Il
rapporto trimestrale. Ora riforme strutturali dalla sanità alla previdenza In
Eurolandia segni di miglioramento Adriana Cerretelli BRUXELLES. Dal nostro
inviato Riforme strutturali, partendo dalle pensioni «incoraggiando la
generazione dei babyboom a restare sul mercato del lavoro», dalla sanità e
dall'allungamento in generale della vita attiva per tutti, donne comprese. In
un'Europa dove la popolazione invecchia precipitosamente e i flussi migratori
alla lunga tenderanno a rallentare, non ci sono altre credibili alternative, ha
ribadito ieri la Commissione Ue presentando il rapporto trimestrale sui 16
paesi di eurolandia. Nel complesso, dice Bruxelles, si confermano i segnali di
miglioramento dell'economia e di lenta stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la
situazione resta fragile e si dovrebbero ancora verificare grandi deprezzamenti
di attivi» nel settore bancario. Sullo sfondo resta sempre, per ora immutato,
lo scenario della crescita negativa però non c'è dubbio che gli indicatori
pubblicati ieri in contemporanea con il rapporto Ue, dicono che la
fiducia in giugno è aumentata per il terzo mese consecutivo tanto tra le
imprese, quanto tra i consumatori e nei servizi, soprattutto perché sono
migliorate le attese sulla prossima fine della crisi. Gli incrementi più
rilevanti (+3,2 punti) si sono registrati in Germania e Francia. Più modesti in
Olanda (+1,5) e in Italia (+1,1). Nonostante alcuni dati appaiano
incoraggianti, nulla autorizza ad abbassare la guardia. Al contrario. Perché,
se i piani di stimolo e di salvataggio del settore bancario da un lato hanno
puntellato l'economia ed evitato il peggio sul fronte finanziario,
dall'altro hanno devastato le finanze pubbliche dell'area euro. In un triennio
il tasso di indebitamento medio lieviterà nientemeno che di 18 punti per
toccare l'84% (contro il limite massimo del 60 fissato da Maastricht)l'anno
prossimo e crescere ulteriormente in seguito, sul filo dell'attesa espansione
dei deficit pubblici. Dovuta anche «all'atteso aumento delle spese legate
all'invecchiamento della popolazione e all'effetto negativo che il fenomeno
avrà sul potenziale di crescita, con ripercussioni negative sulla sostenibilità
delle finanze pubbliche». Il tutto in un'area dove la crisi e la conseguente
perdita di occupazione, produttività e investimenti hanno già avuto l'effetto
di più che dimezzarne la crescita potenziale: dall'1,8% del 2000-06 allo 0,7%di
quest'anno e seguenti. Con una popolazione che invecchia perché cala la
mortalità e crescono le aspettative di vita, l'Europa siritrova a dover
ricalibrare il suo modello di società da un punto di vista
cultural-organizzativo oltre che economico. Da qui al 2060 la vita media degli
uomini salirà da
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-30 - pag: 14 autore:
PIT STOP ... Il fisco europeo tra dirigismo e concorrenza T roppa concorrenza
fiscale fa male all'Europa? Una serie di argomentazioni e di fatti, da qualche
mese a questa parte, sembra mettere in discussione una delle leve sui cui
diversi paesi (a cominciare dall'Irlanda)hanno costruito nel recente passato
successi formidabili, riuscendo ad attrarre per questa via ingenti capitali
stranieri tradottisi in massicci investimenti. Diciamo subito che, in questo
caso, la questione dei paradisi fiscali e del segreto bancario, al centro
dell'attenzione internazionale e oggetto di un'irrinunciabile stretta, non
c'entra. Come non c'entra un altro tema destinato più o meno fatalmente a
tornare presto protagonista in Europa: lo "scudo fiscale" per far
rientrare i capitali detenuti all'estero,esperienza già battuta per prima
dall'Italia nel 2001 e poi ripresa da diversi altri paesi. Il problema riguarda
il progressivo scivolamento verso posizioni contrarie alla concorrenza fiscale
tra i sistemi economici.L'ex commissario europeo alla Concorrenza Mario Monti,
per esempio, ha auspicato un maggiore grado di coordinamento fiscale per
evitare che le «crescenti diseguaglianze tra i paesi e nei
paesi conducano a reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari paesi nel caos
politico o in regimi non democratici». Sono i sistemi fiscali a elevata
progressività, ha spiegato Monti, quelli che strutturalmente tendono a ridurre
le diseguaglianze. D'altra parte,aggiungono icritici della concorrenza fiscale,
guardate cosa è successo alle ex Tigri del Baltico, a paesi come la
Lettonia e l'Estonia e in generale all'Est europeo dell'ex blocco orientale.La
famosa "flat tax"d'ispirazione liberista fondata su una sola (bassa)
aliquota non ha impedito clamorosi crolli del Pil, il collasso del settore
privato e situazioni ai limiti estremi dell'insolvenza. Infine, a conferma
delle distorsioni provocate dalla competizione sul terreno fiscale, ecco il
richiamo ( quello di Adriano Galliani vicepresidente del Milan) a un altro
prato, quello verde dei campi di calcio. Seguendo le regole spagnole il Milan
avrebbe a disposizione 42 milioni di euro in più l'anno. Con la "legge
Beckham", infatti, i calciatori stranieri per tre anni pagano la metà
(aliquota del 24% contro il 43%) delle imposte dei loro colleghi spagnoli.
Messo sul piano della contesa ideologica (da una parte i sostenitori del
"coordinamento fiscale" contro la concorrenza
"sleale",dall'altra i fautori della libera concorrenza che spinge per
principio imprese e capitali a localizzarsi laddove il Fisco preme di meno) il
caso rischia di non trovare alcun approdo. Più interessante, forse, notare sul
piano pratico (soprattutto in questo momento di costose politiche anticrisi)
che la corsa incontrollata della spesa (quella inefficiente, molto estesa da
noi) può trovare un freno proprio nella competizione fiscale, imponendo di
fatto un "paletto" alla capacità impositiva dei vari governi. Non
dimentichiamo che la "vecchia" Europa soffre da tempo di problemi di
bassa crescita dovuta anche all'alta tassazione. E che l'Italia, paese che è
cresciuto in media ancora di meno, registra non a caso i record della più alta
fiscalità sul lavoro dipendente, della maggiore tassazione del lavoro autonomo,
dei capitali e dei redditi d'impresa. Non possiamo permettercelo.
guido.gentili@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO ITALIANO Un
vincolo all'imposizione può mettere un freno alla spesa pubblica di Guido
Gentili
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-30 - pag: 14 autore:
Tagli alle emissioni a rischio-dazi di Martin Feldstein I riscontri scientifici
indicano che l'accumulo di CO2 nell'atmosfera dovuto all'utilizzo di
combustibili fossili nei processi industriali di vario tipo contribuisce al
progressivo riscaldamento globale con ripercussioni negative a lungo termine
sulle condizioni di vita in tutto il pianeta. Proprio avendo ben chiaro tutto
ciò, i rappresentanti di oltre 150 paesi si sono dati appuntamento a Copenhagen
nel dicembre prossimo per discutere in che modo ridurre le emissioni di CO2.
Uno dei suggerimenti più comuni è l'imposizione di una tassa che dovrebbe
essere applicata alle aziende che emettono CO2 nelle loro fasi produttive o a
quelle che vendono prodotti quali la benzina, che emette CO2 nella fase di sua
combustione. Ma constatiamo che nessuna tassa su tali emissioni è stata
adottata. Quantunque i governi stiano imponendo maggiori contributi sulla
benzina, paiono riluttanti per l'opposizione dell'opinione pubblica nei
confronti di qualsiasi forma ulteriore di tassazione. I governi si sono
concentrati sul sistema detto cap-and-trade, considerato uno strumento valido
per aumentare i costi dei prodotti per fabbricare i quali si producono ingenti
emissioni di CO2 nell'atmosfera, senza con ciò imporre esplicitamente una
tassa. In conformità al sistema cap-andtrade i governi fissano una quantità
precisa totale di emissioni di CO2 consentite a livello nazionale per ogni
anno: in base a ciò qualsiasi azienda che produca emissioni di CO2 dovrebbe
procurarsi un permesso per ogni tonnellata di CO2 rilasciata nell'atmosfera. Se
il governo vendesse questi permessi in un'asta, il loro prezzo costituirebbe
una spesa per l'azienda in questione, tanto quanto la tassa sulle emissioni di
CO2, e avrebbe anch'essa il risultato di aumentare il prezzo dei prodotti al
consumo. Il sistema cap and-trade, pertanto, di fatto imporrebbe una tassa
sulle emissioni di CO2 senza dover ammettere esplicitamente di essere una vera
e propria forma di tassazione. Ma il sistema cap-and-trade potrebbe comportare
rischi molto gravi per il commercio internazionale. Anche se ogni paese
applicasse tale sistema e se tutti indifferentemente mirassero a una medesima
riduzione relativa delle emissioni di CO2 a livello nazionale, i prezzi dei
permessi così ottenuti sarebbero differenti tra loro, in ragione delle
differenze a livello nazionale dei livelli iniziali di CO2 e delle
caratteristiche produttive interne a ogni paese. Poiché il prezzo dei permessi
per le emissioni di CO2 in un paese si riflette nel prezzo dei suoi prodotti,
il sistema inciderebbe pesantemente sulla loro competitività a livello
internazionale. Quando i prezzi dei permessi diverranno sufficientemente alti
da avere un impatto significativo sulle emissioni di CO2, ci saranno pressioni
politiche per introdurre tariffe doganali sulle importazioni in grado di
controbilanciare il vantaggio di cui godono i paesi con permessi a basso costo.
Simili tariffe doganali volte a riequilibrare vantaggi e svantaggi dovrebbero
poter distinguere tra i vari prodotti (essere più alte per i prodotti a
maggiore emissione di CO2) e tra i vari paesi (essere più elevate per i paesi
con permessi a basso costo). Un simile sistema di tariffe
doganali così complesse e differenziate è proprio quel genere di protezionismo per eliminare il quale i
governi si sono a lungo adoperati, sin dall'inizio del processo Gatt, avviato
oltre 50 anni fa. Ma c'è di peggio:i sistemi di cap andtrade in pratica non si
affidano unicamente alle aste pubbliche per distribuire i permessi per le
emissioni. Il progetto approvato dal Congresso degli Stati Uniti (il
disegno di legge WaxmanMarkey) prevede invece in un primo tempo di distribuire
l'85% dei permessi, imponendo una complessa serie di politiche e di
regolamenti, e consentendo alle varie società di acquistare compensazioni per
la CO2 che emettono (per esempio finanziando alberi da piantare), invece di
ridurre le loro emissioni o di comperare i permessi. Tutti questi aspetti
complessi rendono impossibile paragonare l'impatto delle politiche miranti a
ridurre le emissioni di CO2 tra i vari paesi, il che a sua volta implica che i
vari paesi chiederebbero più alti livelli di tariffe doganali per tutelare i
loro posti di lavoro. Per questo non esiste al momento una soluzione facile, ma
prima di precipitarci a imporre tariffe doganali, è importante tenere a mente
che le politiche cap and-trade non sarebbero l'unica risorsa a disposizione dei
governi per far valere le differenze dal punto di vista della concorrenza.
Strade, porti, e perfino scuole migliori contribuiscono tutti ad aumentare la
competitività di un paese. Se a Copenhagen la comunità internazionale si
accorderà per adottare il sistema cap and-trade, i paesi che prenderanno tale
decisione dovranno altresì decidere di non fare alcun tentativo per introdurre
tariffe doganali per controbilanciare la situazione che possano compromettere
sul lungo periodo il nostro sistema globale di libero commercio. L'autore è docente
di Economia ad Harvard Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Anna
Bissanti) VERSO COPENHAGEN Molti stati, come gli Usa, si avviano a imporre
limiti alla CO 2 : dovranno accettare di non prevedere tariffe doganali
speciali
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-30 - pag: 14 autore:
Tra teoria e realtà. La proliferazione di studi e analisi La crisi? Si
esorcizza con i convegni di Innocenzo Cipolletta C ombattere la crisi con la
crisi? Perché no. L'industria che più macina fatturato, in questi tempi di
crisi, è proprio quella delle analisi e delle conferenze sulla crisi! è dalla
metà dell'anno scorso che sono state lanciate conferenze sulla crisi: prima per
capire se, finalmente, eravamo entrati in recessione, poi per scegliere se era
recessione o depressione. Quindi si è discettato a lungo sui confronti tra
questa crisi e quella del '29.Poi ci siamo domandatise il peggio era passato e
se avevamo toccato il fondo. Così abbiamo cominciato a vedere alcuni segni di
rallentamento della caduta. Qualcuno ha iniziato a parlare di primi germogli
positivi ( green shoots) da non tagliare. Continuamente abbiamo comunque
discusso di riforma del sistema finanziario internazionale, di legal standard e
di nuove regole. Abbiamo anche convenuto che il mondo, dopo la crisi, non
sarebbe più stato quello di prima. Ora cominciamo a parlare anche di exit
strategy. E c'è chi già chiede come sarà la prossima ripresa. Ma c'è anche chi
teme scenari ad U o peggio a W (lunga stagnazione prima della prossima ripresa
o rimbalzo effimero seguito da una nuova recessione), senza escludere del tutto
la L rovesciata (lunga stagnazione depressiva dopo la recessione). Certo, non
mancano anche i timori per il ritorno dell'inflazione e c'è chi paventa i
collassi delle finanze pubbliche devastati dal sostegno al sistema bancario. Tutti siamo d'accordo,a parole,a rifiutare il protezionismo, causa, negli anni Trenta,
della grande crisi. La mia non è affatto facile ironia su questo diluvio di
convegni e seminari. Al contrario, partecipo a molti di essi e per alcuni ne
sono stato promotore. Capisco e condivido l'ansia di conoscere. Inoltre
constato che questi convegni, oltre ai soliti oratori che fanno la spola
dall'uno all'altro a volte anche nello stesso giorno, danno lavoro a molte
persone che altrimenti sarebbero disoccupate. E si tratta spesso proprio di
quei precari che si trovano nella peggiore situazione, perché privi di
contratti di lavoro stabili e, quindi, non coperti da alcuna forma di protezione.
Forse, a partire da queste esperienze, dovremmo mettere tra gli stabilizzatori
automatici in tempi di recessione (ossia quelli che scattano automaticamente a
compensare i fenomeni recessivi) anche i convegni sulle crisi, perché essi
agiscono come la Cassa integrazione guadagni per quei lavoratori che sono privi
di un contratto di lavoro stabile. Avremmo così dato una, sia pur minima
risposta alla esigenza di estendere i sistemi di protezione salariale anche a
chi non ha un contratto da lavoro dipendente a tempo indeterminato. E forse
così eviteremo la recessione a W, ossia la seconda ondata recessiva, provocata
dalla perdita di reddito dei disoccupati, che segue la prima ondata recessiva,
quella che abbiamo già vissuto e che invece era stata causata essenzialmente
dagli atteggiamenti cautelativi delle imprese e delle famiglie, che avevano
rinviato molte delle loro spese di investimento e di consumo per paura del
futuro. Certo non arrivo a pensare che possano essere solo i convegni sulla
crisi a sostenere i redditi persi dai lavoratori a tempo determinato. Per
questo resta importante e ormai urgente, come più volte detto, aggiornare il
nostro sistema di ammortizzatori sociali, estendendolo a tutti i lavoratori,
proprio per evitare la seconda ondata recessiva che rischiamo di vedere nel
prossimo autunno. Allora sarà troppo tardi per intervenire e non potremo che
rassegnarci a intensificare i convegni sulla crisi. icipoll@tin.it ©
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( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-30 - pag: 17 autore:
Centro-destra. «Fiducia alta in Berlusconi, la gente giudica i risultati» - E
cita Dahrendorf sulle disuguaglianze Fini: crisi del governo? Fantasie
«Cambiare la seconda parte della Costituzione, ripartano le riforme» Michele
Calcaterra MADRID. Dal nostro corrispondente «Pensare a una crisi di governo
significa confondere la realtà con le speranze di qualcuno ». Così Gianfranco
Fini a Madrid per una serie di incontri istituzionali tra cui il presidente
Josè Luis Zapatero e l'ex premier José MarÍa Aznar, ha risposto alla platea del
Forum Nueva Economia, curiosa di sapere sulla tenuta dell'esecutivo italiano,
sulla sua credibilità e sulla sua immagine internazionale, date le numerose
vicende "rosa" che coinvolgono in questo momento il premier Silvio
Berlusconi. Nessuna crisi di stabilità, dunque, così come - ha precisato il
presidente della Camera con tono fermo - «le capacità di un governo di
aumentare il consenso e la credibilità nazionale e internazionale dipendono da
quello che il governo fa, dai risultati che porta e da null'altro», come
conferma il successo elettorale. Fini si è sottratto alle domande sulla
"condotta" di Berlusconi. Ma in un editoriale online di Farefuturo,
fondazione culturale finiana, nel recensire un libro americano si contesta il
«culto del presidente» e il modello «Caligola» di leadership. Subito smentito,
però, in un successivo corsivo, qualunque riferimento al premier italiano. «Io
leader? – dice Fini ripetendo la domanda di un giornalista della tv spagnola
–.Non è un problema di attualità». Come a dire che la questione di essere il
«delfino » o l'erede di Berlusconi, non si deve porre ora e in questi termini:
«In una democrazia – precisa – sono sempre e soltanto gli elettori a scegliere
e in un partito a decidere sono gli iscritti». Un messaggio, quello del
presidente della Camera, che pare diretto al cuore del Pd. Eppure, il problema
della successione prima o poi, come ha detto recentemente Berlusconi, si porrà
anche all'interno del Pdl.E ieri a Navacerrada, in occasione dell'inaugurazione
dell'università d'estate della Faes, "think tank" del Partito
popolare, Fini ha ricevuto l'endorsement di Aznar: il presidente della Camera
«ha davanti a sé un futuro brillante, da leader». E in effetti, Fini è apparso
ieri qualcosa di più della terza carica dello Stato. Ha parlato a tutto campo:
di crisi, di economia, ma anche di riforme istituzionali e strutturali. Perché,
secondo il presidente della Camera, bisogna guardare in avanti, al medio-lungo
termine e non fermarsi a misure di carattere congiunturali. è dunque in questa
ottica che, per quanto riguarda il nostro Paese, ha auspicato riforme
strutturali, per qualificare il capitale umano, migliorare la scuola, la
ricerca scientifica, la giustizia civile, il mercato del lavoro. Ma anche e
soprattutto riforme per migliorare il funzionamento delle nostre istituzioni.
«C'è bisogno - ha detto Fini - di un restyling della seconda parte della
Costituzione». Come a dire che il bicameralismo perfetto italiano ha fatto il
suo tempo e che è ora di mettere mano a una riforma condivisa della
Costituzione. è comunque sul fronte dell'economia che Fini ha riscosso i più
ampi consensi. Il presidente della Camera, contrario al protezionismo e allo statalismo
(espansione del debito e dei deficit pubblici), come misure per superare la
crisi mondiale, ha messo in chiaro che in futuro bisogna fare meno finanza e
produrre più ricchezza reale. Ma soprattutto pensare a un'economia più sociale,
che ponga l'accento sulle persone e riduca il gap esistente tra Nord e Sud (essenziale
per risolvere il problema dei flussi migratori). Un sistema condiviso a livello
internazionale («l'interesse nazionale non può essere perseguito fino al punto
di tradursi in un egoismo irragionevole e autolesionista ») che deve poggiare,
ha detto citando Ralf Dahrendorf, su tre pilastri: produzione di ricchezza
reale, riduzione delle disuguaglianze e diffusione di libertà. Un sistema incui
l'Unione europea dovrebbe ritrovare l'ambizione di essere uno dei principali
"player". © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO FAREFUTURO La fondazione
finiana attacca: torna la tendenza del «culto del presidente». Poi però
precisa: riflessioni senza riferimenti al premier A Madrid. Il presidente della
Camera, Gianfranco Fini ( a destra), con l'ex premier spagnolo José MarÍa
Aznar, all'inaugurazione del Campus Faes
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-30 - pag: 17 autore:
Documento. Il discorso del leader di Montecitorio sull'economia «Ora non si
torni allo statalismo» Pubblichiamo alcuni stralci dell'intervento svolto dal
presidente della Camera Gianfranco Fini ieri a Madrid. di Gianfranco Fini L a
tempesta finanziaria originata negli Stati Uniti si è
rapidamente propagata a livello internazionale con caratteristiche di intensità
e virulenza che testimoniano come, in contesti ormai globalizzati e ad elevato
grado di interdipendenza, i singoli fenomeni patologici possano amplificarsi e
degenerare, anche in campo economico, in vere e proprie "pandemie".
La crisi ha costretto tutti, a cominciare da alcuni
degli economisti più accreditati, a compiere uno sforzo di analisi e di
approfondimento rimettendo in discussione paradigmi e chiavi di lettura che,
fino a poco tempo fa, sembravano ampiamente consolidate. In questo senso, va
respinta la tesi semplicistica per cui l'attuale situazione non farebbe che confermare
una presunta, ma non dimo-strata regola costante della storia del capitalismo
moderno per cui anche nelle fasi di crescita sarebbero riscontrabili i sintomi
latenti di crisi destinate periodicamente ad
esplodere. Questa tesi, quando non è ispirata da pregiudizi ideologici, viene
strumentalmente sostenuta per affermare la necessità di massicci e
generalizzati interventi pubblici nell'attività economica. è innegabile che la
storia del capitalismo è contrassegnata dall'alternanza di cicli congiunturali
e dal periodico riproporsi di crisi. Tuttavia, è
altrettanto vero che le crisi, quando anche hanno
segnato un temporaneo arretramento degli andamenti macroeconomici, non hanno
pregiudicato la tendenza costante, nel medio e lungo termine,alla crescita,con
l'adozione di nuove tecniche e di più avanzati processi produttivi. Il terreno su cui si è manifestata la crisi in atto sembra doversi individuare nello scarto esistente tra lo
sviluppo impetuoso del comparto finanziario e la fragilità dell'assetto della
sua regolamentazione, con particolare riferimento alla sottovalutazione dei
rischi endemici. Le degenerazioni causate da tale squilibrio non possono dunque
essere imputate al mercato e alla concorrenza, ma a quell'insieme di
fattori distorsivi che hannoseriamente alterato quelle condizioni essenziali ai
fini del loro corretto funzionamento. Il problema è di definire un quadro di
regole effettivamente applicabili volte ad evitare che soltanto alcuni
approfittino dei benefici derivanti da un sistema di libero mercato e che gli
abusi di pochi si traducano in un danno per molti. Tra le regole, carattere
prioritario deve essere attribuito alla composizione dei diversi interessi e
alla tutela dei più deboli. Sotto questo profilo, ci assiste proprio quel
modello di economia sociale di mercato che rappresenta l'architrave portante
dell'evoluzione dei sistemi democratici a fondamento dei quali risiede la
stessa concezione di sviluppo economico. Il caso dell'Italia presenta alcune
particolarità in quanto nel mio Paese il sistema bancario è stato meno
pesantemente investito dalla crisi finanziaria. Tutto
ciò è essenzialmente dipeso dalla maggiore oculatezza che ha tradizionalmente
contraddistinto il sistema italiano nell'erogazione del credito così come dalla
più bassa propensione dei privati a ricorrere all'indebitamento. Tuttavia,
questa peculiarità rischia, paradossalmente, di produrre alla lunga conseguenze
incerte sull'andamento dell'economia e sulle prospettive di ripresa. Infatti,
la prassi della rigorosa valutazione del credito sta inducendo le banche a
limitare l'erogazione di finanziamenti alle imprese già colpite dalla
contrazione degli ordinativi. L'Italia dovrà anche proseguire i suoi sforzi per
consolidare i progressi già in parte realizzati in occasione di una maggiore
liberalizzazione ed apertura concorrenziale dei mercati, mettendo al riparo
quanto già acquisito da inopportuni tentativi di restaurazione. Ritengo che
l'Italia, proprio in ragione delle peculiari caratteristiche del suo sistema
economico, contrassegnato da una notevole flessibilità e capacità di
adattamento, con particolare riguardo alla diffusione di piccole e medie
imprese, oltre che alla ridotta esposizione debitoria del settore privato,
potrebbe svolgere un ruolo propulsivo per promuovere interventi più efficaci e
coordinati sia a livello europeo che a livello internazionale. Mi riferisco, in
particolare, alla necessità di recuperare un più intenso raccordo tra i
maggiori e più vicini partners dell'Unione europea, in particolare con Francia,
Germania e Spagna, per individuare soluzioni condivise su cui sollecitare gli
altri paesi. L'impatto positivo che una politica concertata può produrre supera
di gran lunga il vantaggio che può essere assicurato da un singolo Paese, a
parità di risorse impegnate. Ovviamente, le stesse considerazioni valgano per
la definizione di un quadro di regolazione applicabile per tutti. Il risultato,
in termini di recupero della credibilità del sistema finanziario nel suo
complesso, e di affidabilità nei confronti dei risparmiatori, sarebbe evidente.
Questo è un patrimonio che non dobbiamo svilire; può, invece, costituire un
fattore di orgoglio e di forza che deve indurre l'Europa a rivendicare un ruolo
attivo nel disegno di una nuova governance mondiale che ci permetta di uscire
dalla crisi in condizioni migliori dal punto di vista
delle prospettive di uno sviluppo duraturo ed equilibrato. TERAPIE ANTI-CRISI
Raccordo con i partner europei, in particolare Germania, Francia e Spagna, per
individuare soluzioni e proposte condivise
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-30 - pag:
42 autore: Regole. Le dimissioni (respinte) di Cardia aprono un caso Disagio
nel vertice Consob dopo lo scontro sugli «avvisi» Riccardo Sabbatini Il
dissidio è sugli avvisi finanziari a
pagamento, ma non soltanto su quello. Le clamorose dimissioni presentate venerdì
dal presidente della Consob Lamberto Cardia al Consiglio dei Ministri, e da
quest'ultimo respinte, hanno fatto emergere un disagio più profondo al vertice
della autorità di vigilanza a pochi giorni dall'incontro annuale con il mercato
finanziario (il 13 luglio). Con il presidente, da un
parte, ad incassare la «fiducia ed apprezzamento » dell'Esecutivo, e la
maggioranza dell'authority dall'altra.Il contrasto,come è noto, ha riguardato
il mantenimento degli obblighi di pubblicità finanziaria
sui quotidiani che la commissione, nel trasporre la direttiva sulla
transparency nei propri regolamenti, aveva rimosso preferendo Internet come
supporto informativo. Trovandosi poi "spiazzata" dagli ordini del
giorno parlamentari in cui si chiedeva di reintrodurli. La discussione non
riguarda soltanto i migliori standard informativi per gli investitori ma anche
gli effetti che la mancata pubblicità finanziaria
obbligatoria avrebbe sui bilanci delle società editrici (stimati nel complesso
in circa 50 milioni) che già si trovano a patire le conseguenze della crisi.
Ciò che le ha spinte - anche la società editrice de "il Sole 24 Ore"
a ricorrere preso il Tar contro la Consob. All'indomani delle prese di
posizione parlamentari Cardia aveva chiesto di modificare i regolamenti appena
approvati ma il suo punto di vista è risultato minoritario. La maggioranza
degli altri commissari (Paolo di Benedetto, Vittorio Conti, Luca Enriques e
Michele Pezzinga) ha deciso di attendere eventuali iniziative del Governo
dicendosi disponibile, per intanto, a sospendere gli effetti delle misure già
prese. Il contrasto non appariva insanabile ma è stato esacerbato dalla
decisione di Cardia di presentare le dimissioni, resa nota proprio il giorno in
cui il Consiglio dei ministri prendeva posizione a suo favore. Non è la prima
volta che il vertice della Consob si divide. Già nei mesi scorsi il presidente
della commissione ha suggerito soltanto "a livello personale" quei
correttivi protezionisti alla normativa sull'Opa poi fatti propri dal Governo
nonostante le perplessità manifestate dall'associazione degli emittenti
(Assonime) e dall'Antitrust. E divergenze al vertice dell'authority sono
intuibili anche nel pratico "insabbiamento" delle nuove regole sui
conflitti d'interesse che, oggetto di una consultazione nella primavera del
2008, non sono più state poste all'ordine del giorno della commissione. Il
protrarsi di simili contrasti segnala l'indebolimento della leadership che l'attuale
presidente - navigato grand commis dello stato entrato in Consob nel 1997 come
commissario – esercita sulla commissione. Ciò che, naturalmente, non favorisce
la sua operatività in una situazione di particolare incertezza dei mercati finanziari. Per tornare al decreto legislativo sugli
avvisi a non è chiaro quale sarà il suo impatto. Per come è scritta, infatti,
la nuova norma coinvolge in generale gli articoli del Testo unico della finanza
(113-bis, 113-ter e 114) che riguardano i prospetti dei fondi d'investimento,
l'informativa societaria periodica e continua delle società quotate. Non solo,
pertanto, le comunicazioni oggetto delle richieste degli editori ( avvisi di
deposito di prospetti o di pagamento di interessi) ma anche, per fare alcuni
esempi, bilanci, comunicazioni price sensitive o relative alle partecipazioni
rilevanti delle società quotate. è un'imponente mole di informazioni diffuse
attualmente con supporti elettronici, peraltro già oggetto degli articoli dei
giornali, per le quali la Consob - stabilisce il decreto – dovrà ora prevedere
la obbligatoria «pubblicazione anche tramite mezzi di informazione su carta
stampata». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA QUESTIONE I commissari da una parte, il
presidente dall'altra: la commissione si è divisa in varie occasioni e l'ultima
è stata sulle pubblicità legali
( da "Manifesto, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
8 PER
MILLE Il contributo usato dalla Chiesa per pagare la pubblicità Solo un quinto
dei soldi va davvero ai poveri «Con l'otto per mille alla Chiesa cattolica
avete fatto molto, per tanti». È la frase che accompagna gli spot
radiotelevisivi e le inserzioni su quotidiani, riviste e siti web per invitare
i contribuenti a destinare alla Chiesa cattolica l'otto per mille dell'Irpef.
Una campagna pubblicitaria redditizia, che frutta circa un miliardo di euro di
incasso annuo, e costosa: lo scorso anno, la Conferenza episcopale italiana ha
speso quasi 22 milioni di euro. Nel bilancio consuntivo del 2008, documento
riservato dei vescovi reso noto dall'agenzia di informazioni Adista, la Cei ha
iscritto nella sezione «proventi» 11 milioni di euro ricevuti dall'Istituto
centrale per il sostentamento del clero (Icsc) per promuovere il «sostegno
economico» e altri 11 milioni come «quota dell'otto per mille per attività
promozionali». Denaro poi quasi interamente investito in pubblicità, visto che
nel capitolo «oneri» è scritto che il «Servizio promozione sostegno economico»
è costato 21.628.882 euro. Le spese pubblicitarie sono cresciute di oltre un
milione di euro rispetto al 2007 anche perché, dopo un decennio di costante
incremento, quest'anno le entrate dell'otto per mille caleranno: è diminuita
del 4% la percentuale di coloro che hanno scelto di dare l'otto per mille alla
Chiesa cattolica - mentre aumentano le firme per lo Stato (+3,5%) e i valdesi -
e soprattutto è diminuito l'incasso di 35 milioni di euro, passato dai 1.002
milioni del 2008 ai 967 del 2009. Tanto che, per fare fronte alle spese, i
vescovi dovranno attingere al fondo di riserva, prelevando 42 milioni di euro.
«In Italia e nel Terzo Mondo, il tuo aiuto arriverà dove c'è bisogno di aiuto»
ricordano gli spot pubblicitari. In realtà però solo un quinto dei soldi
incamerati verrà destinato ad «interventi caritativi»: 205 milioni, di cui 85
per interventi nei Paesi del Terzo mondo. Quasi la metà dei soldi raccolti, 423
milioni, verrà invece utilizzata per «esigenze di culto e pastorale»: in
particolare 187 milioni serviranno per l'edilizia (costruzione nuove chiese e
ristrutturazioni), 156 milioni andranno alle diocesi «per culto e pastorale»,
32 al Fondo per la catechesi e l'educazione cristiana, 10 milioni e mezzo ai
Tribunali ecclesiastici regionali e 37 milioni e mezzo per «esigenze di rilievo
nazionale», cioè campagne pubblicitarie, grandi raduni e la vasta rete di
associazioni che intervengono nei diversi ambiti della vita sociale. Circa un
terzo dell'intero introito, 381 milioni di euro, verrà infine riversato nelle
casse dell'Icsc, che paga gli stipendi ai 38mila sacerdoti in servizio in
Italia e ai 600 preti delle missioni: poco più di 860 euro al mese ad «inizio
carriera», 1.350 euro mensili per un vescovo alle soglie della pensione. Salari
che poi vengono arrotondati poiché ogni sacerdote attinge anche alla cassa
parrocchiale e gode dei cosiddetti «diritti di stola», ovvero le offerte date
dai fedeli, secondo un preciso tariffario, per battesimi, matrimoni, funerali,
ecc.. In calo anche le «offerte deducibili» volontarie dei fedeli per il
sostentamento del clero: è diminuito sia il numero di offerte (160.878, -6,2%
rispetto all'anno precedente), sia l'incasso (16,5 milioni di euro, -1,4%). In
confronto a dieci anni fa, quando le offerte superarono i 21 milioni di euro,
la perdita è del 25%. L'introito resta alto, ma inferiore a quanto riescono a
raccogliere altre organizzazioni con le sole donazioni volontarie (Unicef
Italia e Airc 60 milioni, Medici senza frontiere 35 milioni, Telethon 30
milioni, Save the children e Emergency 20 milioni), segno che si fa strada una
certa resistenza da parte dei cattolici a mettere mano al portafogli per
sostenere la Chiesa e i sacerdoti. I vescovi se ne sono accorti: le offerte dei
fedeli «non sono in grado di incidere in misura significativa sul fabbisogno
complessivo del sistema di sostentamento del clero», ha detto il segretario
generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, presentando il bilancio
all'ultima assemblea generale. E allora sono scattate le contromisure per
tentare di arrestare l'emorragia di denaro, a partire dall'intensificazione
della pubblicità sull'otto per mille: è necessario «continuare a puntare sulle
campagne di promozione al sostegno economico per la Chiesa cattolica, per
tenere alta la percentuale delle firme in nostro favore», dicono i vescovi.
Poi, per incrementare le offerte deducibili, un rigido sistema di controllo
delle parrocchie, ritenute le principali responsabili del pessimo risultato:
tutte le 26mila parrocchie italiane d'ora in poi verranno schedate in modo che
l'Icsc possa controllare le offerte provenienti da ogni singola parrocchia e,
successivamente, come in una sorta di cottimo, premiare le più efficienti con
incentivi economici proporzionali agli incassi. Infine la finanza: «i nostri
uffici - si legge in un altro documento dei vescovi - hanno predisposto un
nuovo piano di allocazione e diversificazione degli strumenti finanziari» per il prossimo triennio. Anche
per evitare il tracollo del 2008 quando, riporta ancora il bilancio della Cei,
i «proventi finanziari»
sono scesi dai 33 milioni del
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 8 autore: ANALISI
Non sottovalutare gli anticorpi del sistema di Fabrizio Galimberti N arrano le
leggende bancocentrali che un giorno un presidente della Bundesbank convocò una
riunione per esaminare un ostico problema di economia. Dopo ore di dotte
discussioni, il presidente ebbe a dichiarare che era entrato nella sala delle
riunioni con le idee confuse, ma ora «sono ancora confuso, se pure a un livello
più elevato». La stessa sensazione può sorgere in quanti, in questi mesi, hanno
ascoltato tante dotte analisidell'ostica crisi che ha
avvinghiato l'economia mondiale dall'estate del 2007:siamo ancora confusi, ma a
un livello più elevato. Per diradare la nebbia si consiglia la lettura del
primo capitolo della Relazione annuale della Banca dei regolamenti
internazionali. «Come è potuto accadere?», recita l'incipit. E la narrazione
spiega come l'economia abbia bisogno di fiducia e di certezze. In un mondo
finanziario ormai globale lo sgretolamento della fiducia, legato alla triste
scoperta dei titoli tossici non poteva non far danno all'economia reale. Che
cosa succede quando si entra in una stanza buia? La prima reazione è quella di
immobilizzarsi. E nel buio della crisi finanziaria
l'economia si immobilizzò: il contagio era passato dalla finanza all'economia
reale. Imprese e famiglie tiravano in barca i remi della spesa e nel mondo
intero stridevano i freni del ciclo. La candida relazione
ammette che «il sistema finanziario moderno è immensamente complesso, forse
troppo per essere veramente compreso ». Parole forti, che suscitano subito un
angoscioso interrogativo. Vuol dire che siamo condannati, finita questa crisi, a piombare in un'altra? Le crisi economiche, scrisse Joseph
Schumpeter, non sono come le tonsille, che si possono togliere evitando
così per sempre le tonsilliti: «Sono come il battito del cuore, appartengono
all'essenza stessa dell'organismo ».E le crisi servono
all'organismo per liberarsi delle tossine accumulate nella fase di espansione
(i due anni prima della crisi furono il biennio di
crescita più elevato del dopoguerra). Ma siamo davvero condannati ad agguantare
di nuovo la prosperità solo per ricadere nella recessione? La relazione della
Bri ripete la litania delle riforme: vigilare meglio, evitare strappi del
credito anche se l'inflazione è bassa, intervenire sugli incentivi con i
sistemi di remunerazione... Ma fortunatamente, ci sono anche le reazioni
spontanee del sistema: molti sbagli sono stati già puniti così duramente
(azionisti e banchierihanno perso camicia e reputazione) che ci penseranno da
soli a non ripetersi. E possiamo anche contare, almeno per un po' di tempo, su
un ritorno al buon tempo andato dell'attività bancaria tradizionale. «Fare
banca non dovrebbe essere eccitante. Se l'attività di una banca è eccitante
vuol dire che c'è qualcosa che non va», dice Clay Ewing, presidente della
German American Bancorp, una banca dell'Indiana. Ci sono insomma due filoni di
riforma:il top down (le riforme che vengono dall'alto: standard legali,
istituzioni e regole) e il bottom up (le riforme che sorgono dal basso). E
queste micro-reazioni saranno probabilmente altrettanto importanti delle
macro-regole nel disegnare il sistema del dopo- crisi.
Tanto più che, come ha osservato Richard A. Posner (sul New York Times del 25
giugno), molto di quel che è andato storto nella crisi
non è dipeso tanto dall'assenza diregole quanto dalla loro applicazione: la
vera patologia era «la timidezza dei funzionari, la contaminazione fra pubblica
amministrazione, politica e gruppi di interesse, la marginalizzazione del
dissenso di fronte al potere del consenso». Insomma, le crisi
passate e la crisi presente si sarebbero date in
presenza di una sorveglianza più robusta, di una più matura attitudine dell'investitore?
Il pessimista dirà che, anche se quel particolare svolgimento della crisi fosse stato impedito, l'acqua della convulsione
avrebbe aggirato l'ostacolo, si sarebbe scavata altri percorsi, avrebbe in ogni
caso bagnato le polveri della saggezza e scavalcato la diga del ritegno.
L'ottimista dirà che le regole e la loro applicazione più o meno severa
dipendono dalle convinzioni di fondo di politici, burocrati e grandi manager
pubblici. Rimane sempre di attualità la staffilata di Keynes: «Gli uomini di azione,
che si credono esenti da ogni influenza intellettuale, son di solito schiavi di
qualche economista defunto. Pazzi al potere, che odono voci nell'aria,
distillano le loro frenesie da scribacchini accademici di anni addietro». E
questa crisi si è fortunatamente incaricata di far
oscillare il pendolo verso un più giusto mezzo fra mercato e regole. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA LE CORREZIONI Le reazioni spontanee scaturite dal basso
hanno già punito gli sbagli commessi da azionisti e banchieri
( da "Manifesto, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
CRACK
GLOBALE La Bri contro i salvataggi Crescita minacciata, la finanza dimagrirà
Carlo Leone Del Bello Il ritornello, ripetuto dai scentri
studi degli enti internazionali e sovranazionali (quelli invisi al premier) è
lo stesso da mesi: la crisi finanziaria sembra superata, così come la fase peggiore del crollo
dell'economia reale. Questa posizione tuttavia non implica assolutamente che ci
sarà un ritorno alle «magnifiche sorti e progressive» del capitalismo
dell'ultimo decennio. Insomma, siamo ancora in recessione mentre la
ripresa sarà lentissima e quasi sicuramente accompagnata da alta disoccupazione
strutturale. Ieri è toccato a Commissione europea e alla Banca dei regolamenti
internazionali (Bri) ricordare rispettivamente come la crescita potenziale di
lungo periodo sia seriamente minacciata e come il sistema finanziario uscirà
profondamente modificato dalla crisi. La Commissione è
la prima ad evitare di infondere false speranze. Si legge nel rapporto
trimestrale sull'area euro che «ci sono alcuni segnali di miglioramento, ma
l'economia è ancora in fase di contrazione». I segnali positivi infatti vengono
principalmente da indagini sulla fiducia (la quale, proprio ieri, nell'area è
risultata in crescita di 3,1 punti, anche se è ancora al livello più basso dal
1992), mentre i dati «hard» - produzione industriale, Pil e occupazione -
rimangono «depressi». Segni di miglioramento tangibili vengono invece dal
mercato finanziario, da una salita dei corsi azionari e dall'assottigliarsi
degli spread creditizi. In ogni caso, continua a rimanere debole la crescita
della moneta e del credito. È tuttavia il futuro meno prossimo a mostrare più
problematiche, secondo il rapporto della Commissione. L'attuale crisi, indipendentemente dalle cause, si sta svolgendo in
concomitanza con una crisi bancaria, e l'evidenza
empirica mostra come ci sia un significativo rischio di perdita nel livello di
output potenziale. Addirittura non è da escludere un abbassamento permanente
del tasso di crescita potenziale. Quello di «crescita potenziale» è un concetto
astratto, ma sostanzialmente indica la crescita che si avrebbe utilizzando
appieno i fattori produttivi (capitale e lavoro). Durante le recessioni questa
può calare, per via di disoccupazione e calo degli investimenti. Tali effetti negativi
possono permanere tuttavia per molto tempo, seguendo i ritmi della
«riallocazione» dei fattori produttivi (leggasi: licenziamenti). In caso di
recessione molto prolungata e profonda, tuttavia, c'è un rischio maggiore
rappresentato dalla perdita di capitale umano (capacità e competenze possedute
da lavoratori che non rientreranno mai più nel processo produttivo) e calo
degli investimenti in ricerca e sviluppo. Questo scenario, il più allarmante,
non è completamente escluso dallo studio della Commissione, ampiamente
documentato sotto il profilo della più recente letteratura economica. Anche
nello scenario migliore tuttavia, l'output potenziale tornerà al livello pre-crisi non prima del 2011. La Bri - istituzione
internazionale composta dalle banche centrali mondiali - non è da meno nel
dipingere questo clima da «nulla sarà più come prima». La ripresa sarà lenta
anche per l'ente con sede a Basilea, ma i cambiamenti più drastici toccheranno
al sistema finanziario mondiale, che dovrà sottoporsi a una cura dimagrante. Le
banche in futuro dovranno infatti essere «più piccole, più semplici e più
sicure», e dovranno quindi ridurre le dimensioni dei loro bilanci, ridurre la
leva finanziaria (rapporto fra attivi e capitale di
rischio). Sono tuttavia le prospettive di lungo periodo a spaventare
l'istituzione, preoccupata che i salvataggi del sistema bancario possano remare
contro questa necessità di ridurre il gigantismo delle banche. I salvataggi
infatti, oltre a porre la questione del moral hazard (il manager è incentivato
a comportarsi spregiudicatamente perché sa che verrà salvato), hanno anche
spesso favorito la fusione fra banche, cioé esattamente l'opposto di quanto
auspica la Bri. Per l'istituzione di Basilea, infine, la politica monertaria
del futuro dovrà preoccuparsi non solo dei prezzi al consumo, ma anche di
immobili e azioni, onde prevenire il formarsi di nuove «bolle speculative».
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 8 autore: Bocciati
i colossi del credito Per la Bri devono diventare più piccoli, semplici e
sicuri Riccardo Sorrentino BASILEA. Dal nostro inviato Quella banca è troppo
grande per fallire? Allora è «troppo grande per esistere». La Bri non si
smentisce. Sola, negli anni scorsi l'organizzazione internazionale di Ginevra non aveva avuto paura di lanciare segnali di allarme sulla crisi finanziaria che si preparava. Ora,
dopo aver avuto tristemente ragione, propone, nel rapporto 2009 pubblicato
ieri, analisi e idee anche più coraggiose. è solo un esempio l'invito a
«tassare in pratica le dimensioni delle banche». La proposta è di chiedere un
patrimonio crescente oppure una leva finanziaria minore, in relazione alla grandezza o alle
interconnessioni delle aziende di credito: «Le banche devono diventare più
piccole, semplici e sicure», spiega la Bri, preoccupata perché i salvataggi
stanno concentrando i mercati, «aumentando il rischio sistemico», e stanno
incentivando i manager a rallentare il risanamento, allontanando una ripresa
economica che già promette di essere lenta. La Bri si muove quindi di nuovo
controcorrente. Se negli anni scorsi, quando tutti si affidavano ciecamente ai
mercati, l'enfasi era sui limiti e sulla prociclicità - la tendenza a
rafforzare boom e depressioni - del settore finanziario («i mercati hanno
fallito sotto alcuni aspetti fondamentali », spiega oggi la Bri ricordando che
«possono non autocorreggersi »), l'attenzione è ora rivolta, con lo stesso
pragmatismo, contro il mito dello "stato salvatore". Ai banchieri di
Basilea non piacciono molto, infatti, le politiche ideate dai governi, «una
combinazione disordinata di rimedi urgenti per contenere la crisi
e bozze di riforma di ampio respiro». Innanzitutto non occorrono tante spese (
oggi pari al 5% del Pil globale): «Finché il sistema di intermediazione non
riprenderà a funzionare, l'ingentestimolo fiscale potrebbe facilmente rivelarsi
inefficace». Servono piuttosto interventi «tempestivi, mirati e temporanei». Il
pericolo, oltre a quello di far salire tassi e inflazione, è «che la capacità
di indebitamento dei governi si esaurisca prima che sia ultimata la costosa
opera di risanamento del settore finanziario ». E fermarsi troppo presto
sarebbe un grave errore. Non servono neanche, come molti invocano, «una
maggiore regolamentazione e un maggior accentramento, ma piuttosto una migliore
regolamentazione e una migliore vigilanza che inducano il settore privato a
rafforzare gli incentivi, la gestione del rischio e il governo societario», i
tre punti deboli del settore finanziario che, dice, «subirà un
ridimensionamento ». L'organizzazione di Basilea ha infatti acceso i riflettori
su molte distorsioni del settore privato: i conflitti d'interesse delle agenzie
di rating, gli errori nella valutazione dei rischi (basati su assunzioni
statistiche false), persino la pratica dei manager di aumentare i rendimenti
delle azioni a vantaggio degli azionisti che li ha spinti a indebitarsi sempre
più. Mai però si troverà nel rapporto una condanna del mercato o
dell'innovazione finanziaria, una contrapposizione
esplicitamente negata - tra banche e borse come fonti di finanziamento o,
peggio, un elogio del protezionismo, esito molto
temuto anche per i movimenti di capitali:l'analisi della Bri punta a cercare
soluzioni. Per i mercati over-the-counter, per esempio, propone che si crei una
«controparte centrale» da inserire tra il compratore e il venditore che non
avrebbero più rapporti diretti tra loro, in modo da meglio gestire i rischi.
Per stemperare la prociclicità del settore finanziario studia intanto un
«coefficiente patrimoniale anticiclico»: riserve che le banche dovrebbero
accumulare quando le cose vanno bene e usare quando vanno male. A vantaggio dei
risparmiatori immagina poi di introdurre per gli strumenti finanziari un
sistema analogo a quello dei farmaci, nel quale vengono distinti i prodotti per
tutti, quelli che richiedono una ricetta, quelli riservatissimi per i
protocolli sperimentali e quelli illegali. La Bri non rinuncia infine ai suoi
cavalli di battaglia. Se la vigilanza macroprudenziale che si rivolge
all'intero sistema e non alle singole banche - viene oggi studiata da tutte le banche
centrali, è ancora un tabù l'idea che la politica monetaria debba contrastare
l'inflazione finanziaria, le bolle. Come, però, non è
ancora del tutto chiaro. Il cammino non è infatti semplice, molte tra le
procedure proposte devono essere messe a punto. «Il moderno sistema finanziario
è immensamente complesso, forse troppo complesso perché una sola persona possa
davvero capirlo », dice la Bri, che conclude: «Sarà un compito lungo e
complicato, ma non vi è scelta. Deve essere affrontato». riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA DELICATI COME FARMACI «Gli strumenti finanziari vanno
classificati in quattro categorie: per tutti, solo su ricetta, sperimentali e
illegali»
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-06-30 - pag: 28 autore:
Classifiche Dolci come il cioccolato i profitti dei gruppi turchi Vittorio Da
Rold è una storia dolce come il cioccolato e profumata come i biscotti della
nonna fatti in casa quella della Ulker, società dolciaria turca guidata dal
dinamico Murat Ulker, presidente della Yildiz Holding,
oraattestataal42Úpostonellatop list delle 500 migliori aziende turche
selezionate dall'edizione sul Bosforo della rivista Fortune. Una scalata in classifica
resa possibile dalla clamorosa acquisizione- avvenuta un anno e mezzo fa- della
Godiva, la prestigiosa società belga produttrice di cioccolatinie praline,
ceduta dalla americana Campbell (zuppe e minestre già pronte) alla Ulker, la
fabbrica di cioccolato sul Bosforo, la cui sede si staglia imperiosa nella zona
asiatica di Istanbul. La società americana allora vendette (dicembre 2007) il
prestigioso marchio chocolatier con 420 punti di vendita Godiva spesso presente
negli aeroportie stazioni, pari a circa due terzi del fatturato della società
belga. Un ghiotto boccone che ha consentito alla Ulker di farsi largo, a
sorpresa, tra la lista deelle prime 500 finora dominata dai colossi turchi dei
settori energia, automotive, elettrodomestici e fonderie. E gli altri? Sempre secondo la rivista Fortune, la crisi
finanziaria internazionale ha colpito ma senza
piegare le altre società turche. Le maxi-imprese della Mezzaluna avrebbero sì
visto diminuire i loro profittia causa della tempesta economica, ma avrebbero aumentato
sia le vendite interne sia l'export. Di media i ricavi sarebbero
aumentati del 16,5%, i profitti diminuiti del 35,5%. Questo in sintesi il
bilancio 2008, quando la crisi, iniziata nel 2007, si
era già fatta sentire sui mercati internazionali. Gli introiti totali delle
prime 500 aziende turche nel 2007 sono stati di 337,2 miliardi di lire turche,
169 miliardi di euro circa, nel 2008 di 392 miliardi di lire turche, 189
miliardi di euro circa. Sempre secondo Fortune, saranno 358 su 500 le aziende che
nel 2009 riporteranno profitti mentre 142 chiuderanno i conti in rosso. Al
momento al primo posto fra le prime 500 società turche c'è la Tupras,la
Compagnia turca di raffinazione del petrolio, che nel
( da "Sole 24 Ore, Il" del
30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( ARTENERGY ) data: 2009-06-30 - pag: 18 autore:
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA A cura de Il Sole 24 ORE System APPUNTAMENTI -
L'EVENTO SI TERRà IN CONTEMPORANEA CON ENERSOLAR+ Greenergy, tutta la forza
dell'energia “verde” a Milano A novembre Milano diventa capitale di un settore
che cresce di oltre il 30% all'anno L a green economy è sempre più una realtà
concreta, che crea occupazione e sviluppo a impatto zero. In questo contesto
favorevole è nato Greenergy Expo, il nuovo evento dedicato alle energie
rinnovabili che, dal 25 al 28 novembre 2009, metterà in mostra a fieramilano
(Rho) tecnologie già pienamente disponibili e prodotti competitivi. Si terrà in
contemporanea con EnerSolar+, l'evento focalizzato su solare fotovoltaico e
termico organizzato da Artenergy Publishing e Fiera Milano Tech. Nella seconda
metà del 2009, EnerSolar+ e Greenergy Expo saranno l'unico evento
internazionale del settore nel Centro-Sud d'Europa. UNA FIERA, DIVERSI SALONI
Greenergy Expo sarà suddiviso in diversi saloni: Biogas (salone internazionale
dell'industria del biogas); Enerlegno (salone internazionale dell'energia del
legno); Hydro Energy (salone internazionale dell'energia mini idroelettrica);
Europellets (salone internazionale dell'industria del pellet, tecnologie e
produzione di calore); Cogenexpo (salone internazionale della cogenerazione e
trigenerazione); Geothermia (salone internazionale dell'energia geotermica e
delle pompe di calore); Energy Market (salone internazionale del mercato libero
dell'energia). Il nuovo evento si rivolgerà anche all'utente finale, in modo da
favorire una sempre maggiore consapevolezza di come sia possibile “produrre
energia risparmiando il pianeta”. Per questo motivo, la manifestazione
proseguirà fino a sabato. LE RINNOVABILI, NUOVE ENERGIE PER LA RIPRESA In
questo periodo di crisi economica, le energie
rinnovabili si propongono come “volani” in grado di favorire la ripresa.
Secondo un recente rapporto di UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per
l'Ambiente, il 2008 è stato il primo anno in cui, nel mondo, gli investimenti
privati dedicati alla costruzione di impianti da fonti di energia rinnovabili
hanno superato quelli per tecnologie alimentate da combustibili fossili. L'anno
scorso gli investimenti in energia “verde”, infatti, sono stati di circa 155
miliardi di dollari, con un aumento del 5% rispetto al 2007. Nonostante il
ruolo crescente di Paesi emergenti quali Cina e India, a investire maggiormente
è comunque sempre l'Europa con 49,7 miliardi di dollari, seguita dal Nord
America (30,1 miliardi). L'andamento è quindi molto positivo, ma l'UNEP avverte
che sebbene i governi di tutto il mondo si siano già impegnati per 180 miliardi
dollari per favorire la crescita delle energie rinnovabili, è necessario
incrementare ulteriormente gli investimenti in questo settore. “Le rinnovabili,
che pure hanno risentito della crisi finanziaria, sono
pronte a ripartire sfruttando i cospicui finanziamenti anticiclici' che molti Paesi hanno messo a disposizione -
spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e presidente di
Exalto - . è il caso degli Usa, con 70 miliardi di dollari destinati a
efficienza e rinnovabili che daranno i loro frutti a partire dal 2010, ma anche
della Cina, che ha appena lanciato uno schema di incentivazione per il
fotovoltaico aprendo così un gigantesco mercato a questa tecnologia solare”.
Nel frattempo, continuano i segnali di crescita. è stato positivo, ad esempio,
anche il bilancio 2008 del RECS (Renewable Energy Certificate System), il
sistema di certificazione internazionale dell'energia prodotta da fonti
rinnovabili a cui corrispondono i certificati omonimi, pari a 1 MWh, che
possono essere richiesti su base volontaria dai produttori e scambiati sul
mercato nazionale e internazionale. In Italia, l'anno scorso sono stati oltre
sette milioni i certificati RECS rilasciati dal GSE (Gestore dei Servizi
Elettrici): una quantità pari a 7 TWh di energia elettrica rinnovabile prodotta
nel nostro Paese, contro le 1,3 TWh del 2007. Dopo anni di ritardi, il nostro
Paese svolge ora un ruolo sempre più importante nel settore ed entro il 2020
può raggiungere l'ambizioso obiettivo di produrre da fonti energetiche
rinnovabili (FER) un kilowattora su tre. Lo afferma, in un dossier presentato
recentemente, la Fondazione Sviluppo Sostenibile secondo cui il Governo sembra
orientato al 25%, ma potrebbe invece puntare al 33%, con 50 Twh di elettricità
da FER in più prodotta in Italia, anziché ricorrere, come sta accadendo, a
importazioni consistenti di elettricità da fonti rinnovabili. “L'obiettivo
della direttiva 2009/28/ CE sulla promozione delle energie rinnovabili, fissato
per l'Italia al 17% del consumo di energia nel 2020, tenendo conto del risparmio
energetico richiede che circa 22 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio
(Mtep) provengano da fonti rinnovabili - afferma Edo Ronchi, presidente della
Fondazione Sviluppo Sostenibile - . La parte più consistente può venire dalle
rinnovabili per l'elettricità (oltre 10 Mtep), il resto dal calore (circa 8
Mtep) e dai biocarburanti (3 Mtep). Tenendo conto delle importazioni, dovremo
produrre al 2020 almeno 50 nuovi miliardi di chilowattora da rinnovabili (ne
abbiamo prodotti 58 nel 2008). Così potremo ridurre le emissioni di CO2 di
circa 29 milioni di tonnellate, alimentare un consistente flusso di
investimenti privati e di nuova occupazione, con un costo aggiuntivo ripartito
in Kwh consumati al 2020 sostenibile, dell'ordine di 0.6 centesimi di euro”.
Per consentire all'Italia di raggiungere gli obiettivi assegnati dall'Unione
Europea va attuato in maniera efficace il meccanismo del burden sharing, che
prevede una ripartizione degli obblighi tra le Regioni. Secondo Roberto Longo,
presidente di APER (Associazione Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili),
“partendo dalle potenzialità di ciascuna Regione il burden sharing rappresenta
un'importante sfida per il nostro Sistema Paese, un'occasione unica per
stimolare e motivare i cittadini, le amministrazioni locali e le Regioni ad
attivarsi per accogliere e sviluppare al meglio, con l'aiuto di operatori seri
e professionali, tutte le migliori possibilità offerte dalle energie
rinnovabili sul territorio, il tutto nel pieno rispetto delle specifiche vocazioni
e peculiarità”. L'OCCUPAZIONE DIVENTA “VERDE” In un contesto di continuo
sviluppo, anche le previsioni occupazionali sono molto interessanti. In Europa,
secondo lo studio Low carbon jobs del WWF (World Wildlife Fund), i “lavori
verdi” sono 3,4 milioni (a cui vanno sommati altri cinque milioni di impieghi
indiretti) distribuiti tra fonti rinnovabili (400 mila), trasporti sostenibili
(2,1 milioni), beni e servizi per l'efficienza energetica (900 mila, in
particolare nel settore edilizio). I green job hanno ormai superato gli
impieghi legati a elettricità, gas, cemento, industrie del ferro e
dell'acciaio, attività estrattive, che sono complessivamente 2,8 milioni.
Secondo il rapporto del WWF, la crescita occupazionale è destinata a proseguire
parallelamente a quella dell'economia a basso tenore di carbonio e al declino
delle industrie inquinanti. Questo grazie anche a politiche favorevoli alle
energie rinnovabili già avviate da molti Stati. In Europa, i “lavori verdi”
hanno ampia diffusione soprattutto in Germania, Spagna, Danimarca, ma anche in
Italia si sono aperti nuovi e interessanti scenari occupazionali. Secondo una
stima di GSE (Gestore Servizi Elettrici) e IEFE Bocconi (Istituto di Economia e
Politica dell'Energia e dell'Ambiente), nel nostro Paese la produzione di
elettricità da fonti energetiche rinnovabili dovrebbe creare 250.000 nuovi
posti di lavoro entro il 2020. E per favorire l'incontro tra la domanda e
l'offerta di lavoro nel settore delle rinnovabili è nata EnerJob 2009-L'energia
dà lavoro, una nuova area espositiva che in occasione di Greenergy Expo vedrà
il coinvolgimento delle aziende del settore e dei professionisti delle risorse
umane. LE SINERGIE Fino a venerdì 27 novembre, in contemporanea con Greenergy
Expo ed EnerSolar+ si svolgerà anche HTEHi. Tech.Expo, la rassegna dedicata al
mondo della scienza, della ricerca e delle tecnologie più avanzate, suddivisa
in fiere complementari e specializzate. Con Greenergy Expo, EnerSolar+ e HTE
nasce così un grande evento in grado di coniugare le energie rinnovabili alle
tecnologie avanzate, un progetto innovativo e originale nel panorama fieristico
mondiale. Il giorno precedente l'inaugurazione di queste fiere si terrà anche
INVEX 2009, il primo evento al mondo dedicato all'industria degli inverter, che
richiamerà gli operatori di un settore in cui l'Italia svolge un ruolo molto
importante.
( da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 30/06/2009 - pag: 29 Le stime di Bruxelles
Almunia: passato il peggio ma ripresa lenta Geithner: il sistema migliora DAL
NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Non è ancora la famosa e viva luce alla fine
del tunnel, perché il tunnel è lungo lungo, e gli economisti della Commissione
Europea non sono abituati a certi entusiasmi. Però, nel rapporto trimestrale
diffuso ieri da Bruxelles sulla situazione economica nei 16 paesi
dell'Eurozona, per la prima volta il buio si attenua, si attenua almeno un
poco. Si parla infatti di «timidi segnali di ripresa», e da un anno intero una
simile espressione non si udiva più. Questa «mini-ripresa» è recentissima,
dicono gli economisti della Ue, e dunque ancora fragile. E poi, resta il fatto
che «l'Eurozona rimane in recessione profonda». Ma questa stessa recessione non
domina più incontrastata, si scorgono qua e là delle reazioni: «Alcuni iniziali
segnali di miglioramento sono stati visibili nelle ultime settimane... Il
peggio sembra essere alle nostre spalle in termini di contrazione del prodotto
interno lordo e le nostre stime di primavera prevedono una tenue ripresa per il
2010». E la priorità, quasi scontata, «è ora chiaramente di concentrare gli
sforzi nella risoluzione rapida della crisi e tornare
velocemente ad avere finanze pubbliche sane». Come, la Commissione Europea lo
spiega con un ragionamento fatto già altre volte, ma ora rafforzato dalla
gravità del momento: vanno «perseguite con vigore » le riforme strutturali
suggerite dai cambiamenti demografici, (leggi: riforma delle pensioni), e
bisogna incoraggiare la generazione che oggi termina il suo percorso lavorativo
«a restare più a lungo sul mercato del lavoro piuttosto che andare in
pensione». Nel linguaggio prudente del commissario all'economia Joaquin Almunia
e dei suoi tecnici, tutto ciò è già molto. Vuol dire che, al netto di nuovi
scompensi sempre possibili, subito dopo l'estate si potrebbe entrare nella fase
di lenta guarigione. Questo è confermato fra l'altro dal fatto che si comincia
a notare una ripresa della fiducia: gli indicatori economici «rimangono
depressi » riferisce ancora la Commissione Europeama «i dati delle indagini
hanno iniziato a mostrare un aumento della fiducia in gran parte dei paesi
dell'Eurozona». Come si diceva, sono ancora possibili degli scompensi, e la
Commissione Europea li indica già da ora: «Sorprese negative sulla crescita
potrebbero aver luogo da sostanziose correzioni delle scorte». Non bisogna
abbassare la guardia, concorda anche la Bri, la Banca dei regolamenti
internazionali nel suo rapporto annuale da Basilea, perché le economie del
mondo sono attese da «sfide immani». E la riforma del sistema finanziario resta
«una priorità assoluta»: quasi il 5% del Pil mondiale è stato concentrato sul
tentativo di ripresa, uno sforzo «che non ha precedenti nella storia». E c'è
poi la grande paura che affiora in quasi tutti i paesi-membri, la conseguenza prima del trasferimento della crisi finanziaria sul piano
dell'economia reale: «Il rialzo della disoccupazione nota ancora la Commissione
Europea - potrebbe infrangere la fiducia e pesare pesantemente sulla ripresa».
Ad aprile, infatti, la disoccupazione media della zona Euro ha toccato il
culmine negli ultimi 10 anni: 9,2%. Non solo: le centinaia di miliardi
investiti nel supporto al sistema finanziario (ricapitalizzazioni delle banche
e così via), hanno avuto i loro effetti positivi, ma per Bruxelles molte banche
sono ancora fragili: e «le autorità dovranno preparare una strategia credibile
per la politica fiscale, così da poter gradualmente ritirare lo stimolo a mano
a mano che la ripresa si consolida ». Come già sta avvenendo negli Usa. Dove
ieri il segretario al Tesoro Timothy Geithner ha parlato di «maggiori segnali
di stabilità», sottolineando come «il sistema finanziario stia guarendo »,
nonostante le sfide che ancora restano da affrontare. I rialzi degli indici I
dati delle indagini iniziano a mostrare un aumento della fiducia in gran parte
dell'Ue Previsioni Il commissario europeo Joaquin Almunia Luigi Offeddu
( da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
30/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Rimbalzano gli
indici, bene Fiat Energetici A2A (+2,93%) e Tenaris (+2,87%) guidano i rialzi
del comparto energetico Dopo un avvio titubante, la seduta a Piazza Affari ha
decisamente imboccato la strada del rialzo, terminando con l'indice Ftse-Mib
in progresso dell'1,41% e l'Ftse Italia All Share dell'1,58%. Il migliore fra i
40 titoli principali è stato Prysmian, il cui prezzo di riferimento è balzato a
10,6 euro, con un incremento su venerdì scorso dell'8,27%. La ragione
dell'exploit è la notizia dell'avvio di negoziati con l'olandese Draka, che
potrebbe essere incorporata nella società italiana leader mondiale nei cavi per
l'energia e le telecomunicazioni. Ma è cresciuta molto anche Italcementi
(+4,63%), soprattutto dopo lo stop della procedura di incorporazione della
controllata Ciments Français, ma anche grazie al via libera del Cipe ai
finanziamenti per i progetti di nuove infrastrutture, che si presume
rilanceranno il mercato del cemento (non a caso l'altro titolo del settore,
Buzzi-Unicem, è salito del 2,01%). In forte progresso, inoltre, Mondadori
(+3,8%), mentre Fiat, sulla prospettiva dell'emissione di un bond destinato sia
agli investitori istituzionali sia al pubblico, ha recuperato il 3,1% a quota
7,15 euro. Bene, poi, i titoli dell'energia, con Tenaris in crescita del 2,87%
e A2A del 2,93%. In forte calo, infine, soltanto Lottomatica (-6,25%), che ha
proseguito la discesa iniziata venerdì scorso dopo la decisione del Governo di
procedere a una nuova gara per la concessione del Gratta e Vinci (che scade nel
maggio del 2010) anziché rinnovare il contratto attuale, come atteso dal
mercato.
( da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
30/06/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Il Gratta e Vinci frena Lottomatica
(g.fer.) Anche se riuscirà a vincere la nuova gara per il Gratta e Vinci,
Lottomatica dovrà probabilmente pagare di più la concessione, che tutti davano
per rinnovabile alla scadenza del maggio 2010. Il decreto fiscale del
Governo, insomma, che ha indetto la gara, si è abbattuto come una doccia fredda
sulla società leader nei giochi e nelle scommesse. Al punto da provocare la
riduzione del target-price da parte di Cheuvreux. La conseguenza è stata una
nuova flessione del titolo a Piazza Affari, che ieri ha chiuso con un prezzo di
riferimento di 13,8 euro, in calo del 6,25% rispetto alla vigilia. Lorenzo
Pellicioli presidente Lottomatica
( da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data:
30/06/2009 - pag: 33 Il caso a New York Deutsche Bank spinge Microsoft (g.fer.)
Una forte correzione al rialzo del target-price (da
( da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Cultura data: 30/06/2009 - pag: 35 Itinerari Dalla
stratificazione culturale di Vilnius, la Gerusalemme del Nord, a Trakai: qui
vivono 300 caraiti originari della Crimea Le lingue salvate sulla via
dell'ambra In Lituania, dove l'ebraismo si fonde con il cristianesimo e l'islam
di CLAUDIO MAGRIS 1. Vilnius per i lituani, Wilno per i polacchi, Vilna (Vilnè)
per gli ebrei, la cui vitale presenza e cultura facevano della città «la
Gerusalemme del Nord», un fervido centro dell'ebraismo di stampo illuminista e
contrapposto al misticismo e alle correnti del messianesimo estremista,
avversati dal grande maestro di erudizione rabbinica, il Gaon Elia. A Vilnius
il cui nome ufficiale in quegli anni era quello polacco, Wilno è stato fondato
nel 1925 lo Yivo, il grande istituto di cultura ebraica. Lo sterminio nazista,
le persecuzioni sovietiche e un antisemitismo allora abbastanza diffuso fra la
popolazione hanno pressoché distrutto la Gerusalemme del Nord, nonostante
alcuni notevoli poeti yiddish. Ora lo Yivo opera e vive intensamente a New York;
lì ho conosciuto molti anni fa Dina Abramowicz, una minuta e indomabile anziana
bibliotecaria, che a suo tempo mi aveva molto aiutato in alcune mie ricerche,
la quale era riuscita non solo a sfuggire ai nazisti, ma anche a portare con sé
e a salvare clandestinamente migliaia di preziosi volumi, una buona parte
dell'intera biblioteca ebraica. Pochi luoghi come la capitale lituana sono un
concentrato di storia, una stratificazione di culture e nazionalità. A parte
gli antichi popoli baltici scomparsi, che hanno lasciato poco più di un mitico
nome, ma sono anch'essi un sostrato di queste terre i Curi evocati dall'odierna
Curlandia fra Lituania e Lettonia, i Borussi o Prutzi vivi nei nomi di Prussia
e prussiano, gli Iatvigi distrutti dai polacchi e dai Cavalieri Teutonici e
sopravvissuti nell'origine di qualche cognome, come quello del nonno materno di
Milosz in Lituania vivono oggi pure polacchi (non molti), bielorussi (la cui
lingua era quella ufficiale del Gran Ducato prima del polacco) e russi, questi
ultimi quasi divisi in due categorie: quelli residenti da tempo nel Paese e
quelli arrivati con l'Unione Sovietica, ancora interiormente mi dicono di
mentalità e abitudini sovietiche. Ma vi sono pure minoranze esigue e di antiche
tradizioni storiche, come i Caraiti arrivati dalla Crimea nel 1400, che
professano un ebraismo limitato all'accettazione del solo Pentateuco, i primi
cinque libri della Bibbia, e prossimo a qualche aspetto dell'islamismo. Sono
più o meno trecento in tutto e vivono per la maggior parte a Trakai, la prima
capitale del regno di Lituania, con le loro piccole case di legno vicine a un
incantevole malinconico lago, dominato dal castello in mattoni rossi,
ricostruzione della reggia del primo e fondatore sovrano, Gedimino. Più che la
Kenessa, la loro (quasi?) sinagoga chiusa, fanno bella mostra un paio di
ristoranti che vantano una cucina tartara. Una lapide ricorda un loro poeta e
sacerdote, Simunas Firkovicius, vissuto fra il 1897 e il 1982; quanto più un
gruppo è minuscolo, tanto più ha bisogno di un cantore ufficiale, garante e
glorificatore della sua identità. Il loro ebraismo dev'essere assai annacquato,
se i nazisti li hanno risparmiati. 2. Nelle terre di confine la cultura è
particolarmente legata, nel bene e nel male, alla politica, specialmente nei
momenti di lotta per l'indipendenza, in cui spesso si sovrappongono aspirazioni
alla sovranità statale e rivendicazioni di identità nazionale. Per parafrasare
il titolo dell'intervento di Joanna Ugniewska al convegno di Seynj, in pochi
luoghi come questi si sente e si capisce a cosa serva la letteratura. Il padre
fondatore della nuova Lituania libera, Vytautas Landsbergis, leader del
Sajudis, il movimento per l'indipendenza, e primo presidente del Paese, di cui
proclamò la piena sovranità l'11 marzo 1990, si era fatto inizialmente
conoscere come esperto studioso di Ciurlonis, il musicista e soprattutto
pittore visionario attivo specialmente agli inizi del secolo scorso che ha
espresso l'immaginario lituano, trasfigurando il suo arcaico patrimonio di miti
e leggende radicate in un oscuro grembo naturale. Tra Vilnius e Druskininkai,
il suo villaggio natío, la strada è scandita da sculture in legno, create da
vari artisti nel centenario della sua nascita. La loro forma e le loro maschere
ricordano i totem degli Indiani d'America, evocano un misterioso paganesimo
consono al Paese che è stato l'ultimo, in Europa, a convertirsi al
Cristianesimo. Ma alcune di queste sculture, per lo più di un colore rosso
terra, culminano in un crocifisso che s'inalza al di sopra del totem non per
schiacciarlo, ma quasi per continuare ad attingere alle sue linfe profonde, a
quel tempo ancestrale che un'autentica religione universale come il
Cristianesimo, se rettamente intesa, trascende senza cancellare, anzi
continuando a farlo esistere nella continua trasformazione della vita. Il
crocifisso sta più in alto, ma in un'altezza autentica, fraternamente
consapevole del legame con quel basso primordiale e terrigno, di cui si nutre e
ha bisogno e che rende più universalmente umano. 3. Lodata pochi anni fa
dall'Unione Europea per una notevolissima crescita economica, la Lituania è
oggi in grande difficoltà, colpita con virulenza dalla crisi finanziaria internazionale, ed è
una magra consolazione che gli altri due Stati baltici stiano peggio. Girando
per le strade di Vilnius, ordinate pulite e ben tenute, e anche nei dintorni
lindi e sereni, non ci si accorge della crisi, evidentemente affrontata con civile dignità. C'è
interesse per la letteratura italiana e le case editrici ad esempio la piccola
e coraggiosa Nummi Boni pubblicano, nonostante le ristrettezze economiche, pure
libri che sanno non destinati a grande diffusione, ma in cui credono. In questo
repentino passaggio dal boom al quasi collasso c'è qualcosa di surreale e di
clownesco, perché sembra che tutto si giochi non sulle cose, scarsità di
petrolio o carestia di patate, bensì sulla mera carta. Quando la finanza
trionfa sulla produzione e sull'imprenditoria, si ha una pantomima metafisica e
gli zeri sulle banconote o sugli assegni diventano irreali come bolle di
sapone, riacquistano la loro natura di zero non quale numero matematico bensì
quale simbolo del nulla. Né in Lituania né altrove siamo per fortuna a questo
punto, nonostante le geremiadi di troppi profeti di sventura troppo compiaciuti
di annunciare sciagure e la fine del mondo ovvero del nostro modo di
organizzarlo. Ma il senso del grottesco e della beffa, radicato nella
tradizione lituana, aiuta forse ad affrontare i surreali capitomboli
dell'economia e in particolare della finanza, cui forse ogni tanto è bene
rispondere con le capriole di un saltimbanco. Un quartiere di Vilnius, U~upis,
si è beffardamente proclamato Repubblica Indipendente, con tanto di presidente,
inno nazionale, bandiera, festa ufficiale il giorno del pesce d'aprile, guardie
dalla buffe uniformi e una Costituzione che garantisce il diritto all'acqua
calda e ad essere felici ma anche infelici, condizione quest'ultima che la
nostra società considera invece disdicevole e quasi colpevole. È una
trasgressione che, a differenza di tante altre che ci affliggono con la loro
supponenza, non si prende sul serio. Il suo nume tutelare è stato Petras
Repays, professore all'Accademia di Belle Arti e innamorato della materia che
si corrompe, dei muri che sbriciolandosi lasciano intravedere vecchi graffiti.
La moda è certo più forte di ogni allegra buffoneria e infatti ha trasformato
U~upis in un quartiere à la page, cosa del resto non deplorevole. Il grottesco
vive pure nella letteratura lituana: nel suo romanzo Fuga nelle casematte,
Herkus Kuncius rievoca il fantasioso funerale di Kaatoné, la cavalla del
maresciallo Pilsudski, l'energico presidente polacco che sconfisse l'Armata
rossa; a Vilnius, dov'era nato e che occupò militarmente nel 1920, Pilsudski
fece seppellire la propria cavalla con tutti gli onori dovuti a un grande
personaggio di Stato. I lituani sanno ridere. Quando Gorbaciov, durante le
tensioni precedenti la proclamazione dell'indipendenza lituana, patrocinata
soprattutto dal movimento Sajudis, ordinò che tutti i cacciatori, numerosi nel
Paese, consegnassero i loro fucili, gli venne inviato un caloroso messaggio di
ringraziamento da parte delle lepri e delle volpi lituane. E ancor oggi si
ricorda «l'anima » della Vilna ebraica, Shimelé Kaftan, un mendicante buffone
che per più di cinquant'anni aveva allietato la vita del quartiere ebraico con
le sue facezie, le sue recite improvvisate, l'allegria con cui aiutava la gente
facendola pure ridere. L'ebraismo distrutto sopravvive indistruttibile nello
humour: «Io rido di Dio, diceva un santo chassidico, perché ho accettato il Suo
mondo così com'è». (2 fine. La precedente puntata è stata pubblicata il 28
giugno) Un gruppo di statue nella piazza della Cattedrale di Vilnius, capitale
della Lituania (Guido Cozzi / Corbis)