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Report "crisi"  22-30 giugno 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

E intanto parte il grande assalto al Re Dollaro ( da "Stampa, La" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: governo di Pechino ai propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi comuni, e la progressiva apertura dei mercati finanziari interni agli operatori stranieri, porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel 2012, secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a 25 tra le maggiori società di gestione mondiali.

La settimana scorsa, in Russia, i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti per la prima volt... ( da "Stampa, La" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: governo di Pechino ai propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi comuni, e la progressiva apertura dei mercati finanziari interni agli operatori stranieri, porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel 2012, secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a 25 tra le maggiori società di gestione mondiali.

mutui, corsa al tasso variabile le famiglie tornano a rischiare - rosa serrano ( da "Repubblica, La" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ciclo espansivo del mercato immobiliare e la crisi finanziaria ? spiega Giuseppe Piano Mortari, direttore operativo di Assofin ? ha fatto emergere una maggiore prudenza sia nella domanda di mutui, sia nella disponibiltà delle banche a concederli. Si sono ridotti gli importi e le durate medie dei finanziamenti, ma anche le operazioni che coprono oltre l´80 per cento del valore dell´

Cina e Stati Uniti ora tocca a voi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la seconda probabilmente produrrebbe disastri nei mercati finanziari. Per una ripresa sostenuta la spesa interna deve scendere negli Stati Uniti e salire in Cina e in gran parte del resto del mondo, congiuntamente ad aggiustamenti dei tassi di cambio. La cooperazione globale ha giocato un ruolo cruciale lo scorso anno per evitare una crisi peggiore.

L'Europa è stanca, viva l'Europa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: armonizzazione dei sistemi fiscali e una comune politica finanziaria affinché l'Unione Europea possa esigere un nuovo e credibile ordinamento dei mercati finanziari internazionali. è stata anche espressa la volontà d'influenzare in futuro la composizione e la politica della Commissione europea e di esigere referendum popolari sulle questioni europee.

Evitare vuoti regolamentari tra la riforma Usa e quella Ue ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: lanciando un vasto programma di educazione finanziaria. I consumatori sono alla mercè di chi offre prodotti finanziari. Il lato della domanda sul mercato dei titoli è stato troppo trascurato. Basta ricordare che cosa è successo a chi ha investito nei titoli di Stato dell'Argentina: il sistema italiano non ha protetto i risparmiatori che non potevano valutare la rischiosità di quei bond.

Massiah (Ubi): La sfida è la qualità del credito ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Fattori bilanciatiin parte da un andamento più favorevole dei mercati finanziari rispetto al 2008 e dagli interventi sui costi. Nel nostro caso, in particolare si raccolgono anche i risultati delle sinergie del processo di fusione» osserva Massiah, secondo il quale comunque «la vera grande scommessa per le banche è quella delle qualità del credito ».

Quell'annuncio è una missione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lo sfondo dei mutati paradigmi economico-finanziari nella grande crisi, che condiziona questi ultimi tempi, non solo ne ha ritardato la conclusione ma ha anche offerto al pontefice di rispondere al dovere spirituale di "parlare" sul fronte franoso di equilibri teorici e pratici ritenuti non più praticabili.

Fotovoltaico sulla via del consolidamento ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sorgenia Solar «Fotovoltaico sulla via del consolidamento» «La crisi finanziaria favorirà la razionalizzazione del business fotovoltaico », dice Umberto Catani, amministratore delegato di Sorgenia Solar (gruppo Sorgenia). «L'incentivazione spiega - ha fatto nascere molte iniziative locali, che però non hanno gambe.

Questione terza Italia ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tuttavia, la crisi finanziaria globale si è verificata nello stesso tempo e in tutti i paesi in modo trasversale, annullando un tempo utile al nostro sistema produttivo per cercare nuovi mercati alternativi. Accelerando spasmodicamente il tempo richiesto per adeguarsi ai nuovi scenari.

Roma calcio il rebus irrisolto ( da "Corriere della Sera" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: privata però della parte di patrimonio su cui dovrebbe basarsi la solidità finanziaria della società. Chi fa dunque parte della misteriosa cordata? Qualche costruttore? I tifosi aspettano risposte. E la Consob, la Commissione di vigilanza sui mercati finanziari, continua a seguire gli sviluppi della vicenda. Vinicio Fioranelli Rosella Sensi

Il ritorno di Steve Jobs in trionfo il nuovo iPhone ( da "Repubblica.it" del 22-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sempre nella nota diffusa lo scorso gennaio, per la fine di giugno. OAS_RICH('Middle'); I mercati finanziari sembrano però ancora increduli. L'effetto combinato del ritorno di Jobs e del nuovo iPhone non ha avuto riscontro positivo a Wall Street, dove il titolo Apple ha perso terreno. (22 giugno 2009

borse giù, milano maglia nera: -4% trichet: rischi di inaspettate turbolenze - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ci sono ancora rischi di una improvvisa emergenza per una inaspettata turbolenza sui mercati finanziari». Ovunque grava il timore della recessione, riacceso dalla World Bank che corregge al 2,9% il calo del Pil mondiale 2009 e pronostica un ribasso dell´1,6% nei paesi in via di sviluppo esclusi Cina e India: tutti i dati sono inferiori alle attese.

crisi, liguria a doppia velocità la produzione tiene, il commercio ko - raffaele niri ( da "Repubblica, La" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La morsa della recessione che partita dai mercati finanziari è arrivata all´economia reale, colpendo allo stomaco imprese e famiglie, non stringe ovunque con la stessa forza. In alcune regioni - Toscana e Marche, soprattutto, ma anche Lombardia - si sente più che in Valle d´Aosta, Liguria e Basilicata) anche se tra i primi in classifica e gli ultimi non esistono distanze abissali»

"mai il burqa in francia" sarkozy sfida l'islam - giampiero martinotti ( da "Repubblica, La" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mesi di tempo per studiare i settori in cui si dovrà investire e poi farà ricorso ai risparmiatori e ai mercati finanziari. Per il resto, Sarkozy ha promesso un nuovo negoziato sulle pensioni, l´introduzione progressiva della tassa sul Co2, la riforma per snellire gli enti locali. Il presidente ha anche detto la sua sul burqa: «Non è il benvenuto sul territorio della Repubblica.

Bce: Shock imprevisti possono frenare il rilancio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: © RIPRODUZIONE RISERVATA Apagina 31 Il protezionismo preoccupa l'establishment tedesco GERMANIA Dall'economia tedesca stanno arrivando segnali di stabilizzazione con la fiducia delle imprese ai massimi da novembre Prudente. Jean-Claude Trichet AFP

Emergenti a secco di capitali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dovuta anche alla massiccia ristrutturazione dei sistemi bancari nei paesi avanzati e all'instabilità dei mercati finanziari, può ostacolare seriamente il rilancio. «Il crollo dei flussi - dice l'economista della Banca mondiale, Mick Riordan, uno degli autori del rapporto - è stato pesante soprattutto nell'ultimo trimestre 2008, dopo il fallimento di Lehman.

Tremila operai a sostegno dello sciopero di Lindsey ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ordine che ammantò di protezionismo l'operato delle Trade Unions. Questa volta il quadro è differente, ma forse più preoccupante. Quella che di fatto è messa in discussione è la norma dello sciopero in segno di solidarietà, uno dei passaggi cruciali delle riforme realizzate da Margaret Thatcher per contenere lo strapotere dei sindacati.

Siemens Italia investe nel solare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sullo sfondo della peggior crisi finanziaria degli ultimi decenni, queste misure ammortizzano almeno parzialmente il brusco declino nella domanda da parte del settore privato». Analizzando i programmi di stimolo economico avviati dai diversi Paesi, la quota più significativa accessibile a Siemens è quella generata dagli Stati Uniti per un totale di 85 miliardi di euro,

All'esame del goveno l'albo dei consulenti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 41 autore: Regole. Ricadute della Mifid All'esame del goveno l'albo dei consulenti Stefano Elli Alla terza proroga e a un anno dall'entratain vigore della Mifid, la direttiva comunitaria sui mercati finanziari, potrebbe finalmente partire l'albo dei consulenti finanziari.

Porsche a caccia di fondi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: settore è stata innescata dalla crisi finanziaria, la qualità delle auto made in Usa migliora paradossalmente proprio nell'anno in cui due costruttori su tre sono falliti. Secondo il rapporto annuale della società di consulenza J.D. Power, Detroit è riuscita a migliorare la qualità iniziale dei veicoli del 10%nel 2009 nonostante l'impatto delle difficoltà economiche e della recessione:

Maxi-prestito per la Francia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è quella di «un grande prestito di stato presso i risparmiatori o presso i mercati finanziari» per alimentare la crescita di domani: infrastrutture, scuola, università, ricerca, riconversione ecologica dell'economia per ridurre le emissioni di CO2 e combattere i cambiamenti climatici. Insomma, del nuovo debito per una nobile causa.

Berlino darà battaglia sul protezionismo al G-8 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ANALISI Berlino darà battaglia sul protezionismo al G-8 di Beda Romano C resce in Germania il timore di un'ondata di protezionismo a livello mondiale, complice la crisi economica. L'establishment politico dà battaglia su un tema che preoccupa non poco il primo esportatore al mondo, e che certo non può lasciare indifferente gli altri paesi leader sui mercati internazionali,

Affonda l'industria, le borse traballano, si invocano riforme ( da "Manifesto, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sussiste il rischio di una inaspettata turbolenza sui mercati finanziari» - sarebbe stato forse più onesto dire «ci aspettiamo una nuova turbolenza», no? -, ha trovato il tempo di dare indicazioni ai governi continentali: fare la «riforma delle pensioni». Naturalmente per «dare una prospettiva ai nostri figli e ai nostri nipoti e avere un bilancio ragionevole e un deficit ragionevole»

Trichet avverte i mercati: ancora rischi Tonfo delle Borse, Milano cede il 4,1% ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha aggiunto l'esponente italiano del board Bce, «nella pratica, le istituzioni e i mercati finanziari nazionali competono tra loro». Mentre «quello che serve è un set di regole comuni e un quadro chiaro per risolvere le controversie tra autorità nazionali, soprattutto per quel che riguarda i gruppi finanziari transfrontalieri».

Presente nero, futuro incerto ( da "Manifesto, Il" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha inoltre assestato un duro colpo ai flussi di capitale, provocando un notevole calo degli investimenti nei paesi emergenti. Per i paesi più poveri, che fanno affidamento su rimesse dei migranti e aiuti esteri, aumenta il rischio-fame.

Generali, le mosse dei soci francesi e la scadenza di Bernheim ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ed è probabile tengano conto della buona tenuta dimostrata dal gruppo nella crisi finanziaria. Prima dell'assemblea Generali è in ogni caso atteso un altro appuntamento: il rinnovo del patto Mediobanca, che scade a dicembre con eventuali disdette entro settembre. Lo stesso Bolloré sembra essersi speso di recente a nome di gran parte dei soci dicendo: «Penso che resteranno tutti».

Dissensi nel board, giù British Airways ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/1 Dissensi nel board, giù British Airways Sotto pressione ieri alla Borsa di Londra British Airways (-8,74%), che ha chiuso a 124,48 pence, il minimo della seduta. Tra le cause della frenata le dichiarazioni di Richard Branson, proprietario di Virgin,

No a Xstrata, corre Anglo American ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/2 No a Xstrata, corre Anglo American Il gruppo minerario Anglo American ha respinto al mittente l'offerta di fusione avanzata dalla rivale Xstrata. Anglo- American, in una nota, ha definito «inaccettabili» i termini dell'operazione proposta dalla compagnia svizzera,

<Q ( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sunstein per interpretare la crisi del sistema finanziario e che si è portato Sunstein alla Casa Bianca come «zar delle regole»: il supervisore dei processi di riforma, soprattutto su energia e ambiente. Anche se hanno conquistato il Nobel nel 2002 con Daniel Kahneman (seguace di Thaler), gli economisti comportamentali in passato non sono stati presi molto sul serio da quelli classici,

Amianto, nove fanno causa agli ex dirigenti Michelin ( da "Stampa, La" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: azienda sta attraversando una profonda crisi finanziaria e gli operai sono in cassa integrazione. «L'incontro in Regione - dicono Ugo Brunetto, Cisl e Mimmo Formicola, Cgil - previsto il 30 giugno è stato anticipato a venerdì». Domani alle 13 nuovo picchetto. \[FIRMA]BARBARA MORRA CUNEO In cinque sono morti e quattro stanno lottando contro il cancro.

pensioni, in dieci anni +23% di spesa - barbara ardu ( da "Repubblica, La" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: positivi che hanno contenuto la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari: oltre alla gestione del debito da parte del Tesoro, la stabilità del sistema bancario e il basso indebitamento delle famiglie. Ma la promozione non cambia i numeri: il debito pubblico, avverte Bruxelles, potrebbe schizzare fino al 116,1 per cento del Pil nel 2010, mettendo a rischio la crescita.

la crisi ferma l'impresa lombardia - giorgio lonardi ( da "Repubblica, La" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate ma è ancora presto per dire quando usciremo dalla crisi». Poi aggiunge: «Ci sono segnali incoraggianti che la fase più acuta della recessione abbia iniziato ad affievolirsi. Adesso lo snodo fondamentale è evitare che la crisi di fiducia si trasferisca sui consumatori e si avviti in una riduzione dei consumi interni»

Il mondo ritorna a correre l'Italia non si fermi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: minato il cosiddetto principio della capacità di autoregolamentazione dei mercati finanziari. Ma questa affermazione rivela una conoscenza superficiale della moderna teoria economica. Come ha ricordato Roberto Perotti (Il Sole 24 Ore del 27 maggio), la fiducia nella capacità di autoregolamentazione dei mercati finanziari appartiene all'ideologia politica, non alla dottrina economica.

Pensioni troppo care ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impatto della crisi finanziaria sui fondi pensione,i cui investimenti l'anno scorso hanno perso il 23% del loro valore; una svalutazione complessiva di 5.400 miliardi di dollari. Intanto la Commissione europea apprezza l'azione anti-crisi messa in campo dal governo italiano ma nel suo rapporto finale sui conti pubblici torna a parlare di allarme debito.

Sanzioni ai paradisi fiscali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi. Svizzera, Austria e Lussemburgo accettano l'intesa promossa da Parigi e Berlino Sanzioni ai paradisi fiscali Paesi Ocse autorizzati ad adottare misure di ritorsione ad hoc Vittorio Da Rold «Non c'è niente di meglio di una crisi finanziaria per minare il senso di superiorità dei grandi paesi e costringerli a fare la lotta ai paradisi fiscali,

Usa e Ue accusano Pechino alla Wto ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-24 - pag: 11 autore: Protezionismo. Presentata una richiesta congiunta di consultazioni formali, la prima sotto l'amministrazione Obama Usa e Ue accusano Pechino alla Wto Alla Cina si contesta di frenare l'export di materie prime con quote e dazi Enrico Brivio BRUXELLES.

Erbacce tra i germogli della ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: potrebbero non riuscire a evitare una grave crisi finanziaria, nonostante il consistente supporto del Fmi. Per concludere, ridurre gli squilibri globali implicherà che nella bilancia dei pagamenti i deficit delle economie spendaccione (gli Stati Uniti e gli altri paesi anglosassoni) restringeranno i surplus dei paesi super risparmiatori (la Cina e gli altri mercati emergenti,

Fiat prepara emissione da un miliardo di euro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma le condizioni sul mercato sono drasticamente cambiate dopo la crisi finanziaria seguita al crack Lehman). Il sindacato di collocamento dell'emissione obbligazionaria in cantiere dovrebbe comprendere le banche che già quattro mesi fa hanno sostenuto il Lingotto con un prestito da un miliardo, ovvero Intesa Sanpaolo, UniCredit e Calyon, e forse un'altra banca estera.

La finanza torna all'aratro: hedge a caccia di terreni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi economica e il crollo dei mercati finanziari hanno tuttavia attirato nella stessa arena un numero crescente di hedge funds, alla ricerca di nuovi asset capaci di generare un ritorno anche in tempi di recessione: investitori in questo caso interessati non tanto al raccolto, quanto alla raccolta.

In attesa della Fed l'euro si rafforza sul dollaro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Verso la chiusura, anche il buon andamento dei mercati finanziari ha contribuito a risollevare le quotazioni dell'euro. La moneta è passata di mano per 1,3993 dollari e si è rafforzata anche sullo yen, a 133,42. A 95,35 invece il cambio dollaro/ yen.

Potanin punta a entrare in Norilsk ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con l'inizio della crisi finanziaria. Per non perdere Norilsk Nickel, in autunno Deripaska riuscì a ottenere il primo intervento del Cremlino in soccorso degli oligarchi, un prestito di 4,5 miliardi, e ora quel 25% è parcheggiato alla Veb, una delle grandi banche di stato che hanno gestito gli aiuti.

La "rivoluzione solare" parte da PV Rome Mediterranean 2009 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Anche se il settore solare non è stato risparmiato dalla stretta creditizia provocata dalla crisi finanziaria globale, si conferma da più parti che i fattori fondamentali del fotovoltaico rimangono intatti, come è provato dalla riduzione del prezzo dei moduli (dal 10 al 20% solo nell'ultimo anno). Coniugare il know how della ?fascia tecnologica europea' con il potenziale della ?

Un rischio per tutti: il ritorno degli eccessi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ed è probabile che ciò avvenga prima che la capacità inutilizzata sia riassorbita: i tempi di reazione dei mercati finanziari sono sempre più rapidi di quelli dell'economia reale. Il corollario di questo ragionamento è che dobbiamo aspettarci un'accentuata volatilità dei prezzi delle attività finanziarie. Le bolle e gli eccessi speculativi non finiranno con questa crisi.

Marcegaglia: meno tasse su aziende e lavoro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ci sono ancora rischi di un protezionismo strisciante. è cruciale, quindi, che il Governo inserisca nel decreto sulla manovra d'estate alcune misure su cui la presidente di Confindustria sta insistendo. Prima di tutto, come ha ripetuto ieri, la detassazione degli utili reinvestiti, un volano importante per quelle aziende che decidono di continuare ad investire.

In Italia alle pensioni il 29% del budget ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi, infatti, «amplifica ed evidenzia i problemi strutturali di lungo termine già pesenti che molti sistemi pensionistici devono affrontare per l'invecchiamento della popolazione». La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime Usa ha colpito duro i fondi pensione privati nei paesi dell'area Ocse: l'impatto però è stato diverso nei singoli paesi,

Ue: il debito zavorra per la ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sono riusciti a contenere la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari e a rendere meno fosco il quadro. è la situazione di bilancio italiana in tempi di crisi, come dipinta dal rapporto sulle finanze pubbliche 2009 pubblicato ieri dalla Commissione Ue. In acque difficili, permangono elementi di debolezza strutturale.

Mettere il 'mattone' nel Portafoglio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dimostrare la sua validità anche attraverso i momenti più perturbati dei mercati finanziari. In diversi Paesi europei, e in Italia in particolare, dove si sono evitati gli eccessi speculativi e le spericolate operazioni di debito proprie soprattutto del cosiddetto ?modello anglosassone', il periodo di inusuale recessione economica ha provocato solo marginali correzioni dei valori,

Investire oltre la crisi: diversificazione immobiliare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Investendo non solo nei mercati finanziari ma anche in beni reali, come immobili e aziende, che risultano poco esposti e vincolati all'andamento e agli strappi dell'inflazione. Primi tra tutti i beni immobiliari, che se sono di qualità offrono rendimenti interessanti, soffrono meno per le difficoltà dei mercati finanziari, e non si svalutano nel tempo.

( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma ora pensiamo al bene comune» ROMA Crisi di valori, crisi economica e crisi culturale. Diciassette politici cattolici, insieme lanciano un appello: «Torniamo al bene comune». Sono cinque del Pd (Baio Dossi, Paola Binetti, Luigi Bobba, Marco Calgaro, Claudio Gustavino), sei Udc (Carlo Casini, Rocco Buttiglione, Luisa Santolini, Luca Volonté,

Europa e Usa contro Pechino: protezionismo sulle materie prime ( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo sulle materie prime DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES «Pechino bara»: potrebbe stare in queste due parole, la denuncia fatta ieri da Unione Europea e Stati Uniti. I due colossi accusano ufficialmente il terzo, cioè la Cina, di stravolgere le regole del libero mercato con le restrizioni che impone all'esportazione di sue materie prime strategiche,

L'intesa Nokia-Intel affossa StM ( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 Il caso a Milano L'intesa Nokia-Intel affossa StM (fa.chi.) L'accordo tra Nokia e Intel e le voci sulla cessione della quota di Areva fanno male a StMicrolectronics, che ha registrato la peggiore performance fra i titoli del Ftse-Mib chiudendo in calo del 4,

Il piano Olofsson rilancia Carrefour ( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 Il caso a Parigi Il piano Olofsson rilancia Carrefour (g.fer.) Piace al mercato il piano di rilancio che Lars Olofsson, nominato all'inizio dell'anno direttore generale di Carrefour al posto di José-Luis Duran, ha presentato ieri a Parigi.

Indici in calo, corre Campari ( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo, corre Campari Luxottica Il titolo, inserito nella lista dei preferiti di Bank of America, rimbalza del 3,95% In linea con l'andamento delle altre Borse europee, dove ha dominato la volatilità, a Piazza Affari l'indice Ftse-

Super ricchi, scomparsi due su dieci ( da "Stampa, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che paga la crisi finanziaria e immobiliare. Guadagna posizioni il Brasile, cala la Russia, crolla Hong Kong e soffre l'India, «segno che chi è cresciuto più velocemente, cade con altrettanta rapidità», spiegano gli esperti. Ovunque pesano fattori simili: la Borsa che ha dimezzato le capitalizzazioni - e dunque i portafogli di chi si era buttato sulle azioni -

La Fed del presidente Ben Bernanke ha deciso di lasciare i tassi di sconto Usa invariati fra 0 e 0,25%. Secondo la banca centrale, il passo della contrazione economica sta rallenta ( da "Stampa, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Secondo la banca centrale, «il passo della contrazione economica sta rallentando e le condizioni dei mercati finanziari sono generalmente migliorate negli ultimi mesi». Inoltre, i consumi delle famiglie «hanno mostrato ulteriori segni di stabilizzazione»

le nuove regole per incarichi professionali - nicola pagliara ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Draghi e agli esperti il compito di esplorare quali vie possano essere le migliori per regolare l´andamento dei mercati finanziari. Ma per quanto riguarda il mondo del lavoro professionale, mi posso permettere di intervenire con una certa competenza, frutto di cinquant´anni di attività. La nostra professione (ma non è la sola) sta attraversando un periodo nero come neppure nel ?

coccia: "tirrenia privata in due mosse" - massimo minella ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Prima della crisi finanziaria avevamo già istituito un tavolo di confronto con il mondo bancario. Ma forse non era sufficiente. Così, abbiamo deciso di andare in onda». In che senso? «Abbiamo fatto un accordo con un canale satellitare per una serie di programmi tematici per mettere a confronto armamento e finanza».

mutui, è il momento del tasso variabile e se l'euribor sale c'è la rata protetta - rosa serrano ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L´improvvisa crisi finanziaria ha "miracolato" i mutuatari a tasso "ondeggiante". Ora l´Euribor a 1 mese/365 è addirittura sotto la soglia dell´1% fissata dalla Bce e con un differenziale di ben tre punti rispetto all´Irs (il parametro che viene utilizzato per indicizzare i mutui a tasso fisso).

Intesa a Roma per il credito al commercio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: pressoché bloccato dalla crisi finanziaria. Per la prima volta, però, le operazioni saranno legate a transazioni commerciali di medio-lungo periodo. La tipologia di finanziamento, secondo fonti di Unicredit, sarà focalizzata su alcune aree di particolare interesse per l'industria italiana, come la fornitura di macchinari e impianti e la realizzazione di infrastrutture.

Più regole globali per la ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sta ora causando una catena di nuove tensioni e di crisi: crisi finanziaria; crisi alimentare. Sono crisi che hanno causa globale, ma impatto locale»). Sconcerto, perché nel giugno del 2008 non era ancora d'uso parlare dicrisi.L'impatto della crisi è arrivato in autunno, ed è stato tanto sul resto del mondo, quanto sull'Italia.

L'Europa è un tabù per le banche cinesi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Quali sono stati gli effetti della crisi per il comparto finanziario in Cina? Le banche cinesi non avevano forti esposizioni sul mercato dei derivati e quindi l'impatto della crisi finanziaria è stato minore. Hanno subito indirettamente, invece, gli effetti della crisi economica, ma il governo cinese ha varato stimoli per il settore infrastrutture,

L'Fsa richiama i banchieri inglesi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dibattito sulle regole dei mercati finanziari e soprattutto su chi le deve applicare Adair Turner è stato esplicito: «Ci sono segni che molti attori del mondo bancario si stiano dimenticando la lezione della più grande crisi finanziaria nella storia del capitalismo creata da un approccio fondamentalmente sbagliato che ha radici nella convinzione che il mercato si regoli da solo»

I nuovi controlli finanziari. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che tiene conto delle responsabilità in materia di stabilità finanziaria, di controllo del rischio sistemico e della funzione che le stesse hanno svolto nella gestione della crisi». Per il vicedirettore generale della Banca d'Italia, le banche centrali hanno conoscenze sul funzionamento dei mercati finanziari che «provengono dall'esercizio della politica monetaria.

Passerella italiana nella City di Londra ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-25 - pag: 8 autore: Mercati finanziari. Quattordici blue chip incontrano gli investitori Passerella italiana nella City di Londra LONDRA Quattordici imprese quotate nel settore blue chip di Borsa italiana hanno concluso ieri la due giorni di road show londinese con decine di investitori.

Brillano Mediolanum e Tenaris ( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Brillano Mediolanum e Tenaris Positive ieri tutte le Borse, sostenute dall'avvio positivo di Wall Street, spinta dal balzo degli ordini di beni durevoli negli Usa.

Le commesse estere spingono Saipem ( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Milano Le commesse estere spingono Saipem (g.fer.) Nonostante la frenata del prezzo del greggio, a Piazza Affari i titoli petroliferi quotati a Piazza Affari hanno chiuso ieri in progresso, in linea con il resto del listino.

Qatar punta su Volkswagen, il titolo vola ( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Francoforte Qatar punta su Volkswagen, il titolo vola (g.fer.) Balzo dell'11,71% ieri alla Borsa di Francoforte per Volkswagen, che ha chiuso sui massimi della seduta a 250,5 euro. In una giornata già positiva per il comparto auto in Europa, a far volare il titolo della società di Wolfsburg è stata l'

"distratti da al qaeda e derubati da wall street" napoleoni discute di crisi e terrorismo con delbono ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la Napoleoni riprende e sviluppa alcune tesi presentate nei libri precendenti per dare una nuova chiave di lettura della crisi finanziaria. "Distratti da Al Qaeda e derubati da Wall Strett" (questo il sottotitolo del libro), l´autrice spiega come la politica economica perseguita da Bush per sostenere la guerra contro il terrorismo abbia gonfiato a dismisura la bolla finanziaria.

usa, tassi fermi con mercati migliori maxi-iniezione di liquidità dalla bce - vittoria puledda ( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le condizioni sui mercati finanziari sono generalmente migliorate» e che la contrazione dell´economia sta rallentando, insieme alla previsione di un´inflazione che non dà segnali di pericolo. Però, e probabilmente su questa seconda parte del messaggio si sono concentrati gli operatori, è anche previsto che l´economia «resterà debole ancora per qualche tempo»

tagli dal governo e crisi sulle entrate la moratti chiude le spese agli assessori - alessia gallione ( da "Repubblica, La" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La prima è proprio: «Il riconoscimento di congrui trasferimenti erariali a fronte della riduzione dell´Ici». La seconda: «L´andamento economico generale a seguito della crisi finanziaria del 2008, che incide indirettamente sulle entrate del Comune». Ovvero: mercato edilizio e della pubblicità. Quale sarà il saldo a fine anno?

reddito procapite, madrid resta avanti - vittoria puledda ( da "Repubblica, La" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a quota 140 nonostante i problemi evidenziati durante la crisi finanziaria e nonostante proprio ieri il Fondo monetario internazionale abbia paventato che nel 2010 il sistema bancario di Dublino potrebbe andare incontro a perdite fino a 35 miliardi di euro. Sotto l´Italia, tra i paesi di Eurolandia ci sono Grecia, Slovenia, Slovacchia, Portogallo, Cipro e Malta.

Senza Wto non c'è crescita ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il protezionismo, richiesto anche dall'opinione pubblica, è in ascesa e rappresenta una minaccia seria. Le nuove misure protezioniste decise dalla Cina segnalano quanto sarebbe pericoloso asternersi dall'intervenire. C'è stato un declino sostanziale del sostegno politico alla globalizzazione.

Il ritornello stonato dei mercati efficienti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i mercati finanziari sono caratterizzati da una memoria cortissima, «sono pochi i campi dell'attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della finanza». L'autore è analista della Société Générale Traduzione di Sylvie Coyaud DUBBI E PROSPETTIVE Le bolle, la valutazione dei gestori, i risultati nel breve periodo:

LEZIONI PER IL FUTURO ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: università Bocconi e d editorialista del Sole 24 Ore Guido Tabellini ha ospitato gli interventi di economisti, giornalisti politicie intellettuali. Il filo comune: trovare uan nuova via per riformare i mercati finanziari e/o i comportamenti degli operatori. Lo stesso Tabellini ha concluso il dibattito martedì scorso. www.ilsole24ore.com Tutti gli articoli del dibattito

Riciclaggio e scalate sotto il tiro della Gdf ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 235esimo anniversario Riciclaggio e scalate sotto il tiro della Gdf MILANO Indagini su trasparenza dei mercati finanziari e di Borsa per «indebite» scalate bancarie. Evasioni fiscali di una grossa società di telecomunicazioni su redditi per8 miliardi (oltre a 53 milioni di Iva non pagata). Frodi alimentari nel settore lattiero-caseario (339 tonnellate di prodotti avariati o scaduti).

Dottori commercialisti a quota 50mila ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: gestioni patrimoniali determinate dalla crisi finanziaria, la Cassa è corsa ai ripari. Circa 190 milioni vanno a integrare il fondo oscillazioni titoli. Durante l'assemblea che ha approvato il bilancio di esercizio 2008 è stato illustrato ai delegati, oltre ai provvedimenti di carattere assistenziale deliberati dal consiglio di amministrazione in favore dei commercialisti abruzzesi,

Sui consulenti pesano i titoli tossici ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della crisi finanziaria si materializzano nero su bianco anche sui risultati delle Casse di previdenza dei professionsti. Ieri,l'assemblea dei delegati dell'Enpacl, l'ente dei consulenti del lavoro, ha approvato il consuntivo 2008 che ha dovuto fare i conti con il terremoto finanziario che ha spazzato via «Lehman Brothers »: i titoli strutturati nel portafoglio della cassa ammontano,

Profumo: le Pmi soffrono ma noi non c'entriamo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le smanie di protezionismo, la pericolosità dell'ottica di breve periodo,l'arma spuntata del Fondo monetario nei confronti delle superpotenze, le cattive regole o la mancanza di regole o la scarsa applicazione delle stesse. Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha riaffermato l'importanza di soluzioni e obiettivi di medio-

L'attività delocalizzata eleva le professionalità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria, che ha preso corpo nella seconda metà del 2008 e ha causato una recessione globale, non sembra avere mutato l'orientamento delle imprese: i rapporti con l'estero sono sempre più un'opportunità per la crescita dell'azienda, piuttosto che una mera ricerca di ricavi maggiori sull'unità di output.

Mediobanca, governance in Bankitalia ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le «due velocità » dell'istituto guidato da Alberto Nagel nella crisi finanziaria: a fronte delle svalutazioni dovute alla tempesta sui mercati, Piazzetta Cuccia ha messo a segno a marzo la migliore performance dei ricavi «core» da attività di banca d'affari degli ultimi 18 mesi, tornando di fatto ai livelli pre-crisi.

Indici in lieve calo, frena Pirelli ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in lieve calo, frena Pirelli StMicroelectronics La ripresa del comparto hi-tech spinge StM, che cresce del 2,68% Moderata flessione ieri per le Borse europee dopo il balzo di mercoledì.

Vola Bed Bath dopo la trimestrale ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 Il caso a New York Vola Bed Bath dopo la trimestrale (g.fer.) Crescita a sorpresa per i risultati trimestrali di Bed Bath & Beyond, il colosso Usa dei prodotti per la casa. I dati, comunicati ieri, hanno riacceso le speranze in un effettivo rallentamento della recessione e in una ripresa dei consumi.

Eni in per il petrolio iracheno ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Eni in «pole» per il petrolio iracheno (g.fer.) C'è il nome della compagnia petrolifera che gestirà il giacimento iracheno di Nassiriya, ma il ministro competente non ha voluto rivelarlo prima dell'approvazione del Governo.

La Cina ha già ripreso a correre E il protezionismo non è la risposta ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la recessione in Europa è il risultato diretto della crisi finanziaria, il rallentamento cinese deriva soprattutto dalle misure adottate nel 2008 per controllare l'inflazione. La crisi finanziaria non ha quasi toccato la Cina. Quando la stasi è determinata principalmente da scelte di politica economica del governo, come le restrizioni creditizie e l'aumento dei tassi di interesse,

La recessione e le riforme a costo zero ( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quando il mondo uscirà dalla crisi finanziaria, e non dipende da noi. Quando sarà, comunque, noi rischiamo di regredire dalla recessione alla depressione. A dirlo non è un irriducibile catastrofista, ma il più ottimista dei banchieri italiani, Corrado Passera, che sul Sole 24 ore di domenica individua nel cattivo funzionamento del sistema istituzionale il principale handicap dell'

Il credito sta migliorando Ridotti i finanziamenti anticrac ( da "Stampa, La" del 26-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: emergenza varati nel pieno della crisi finanziaria, alla luce del miglioramento delle condizioni del credito. La Fed ha annunciato che ridurrà da 150 a 125 miliardi di dollari le aste bisettimanali previste dal Term Auction Facility (Taf), il programma creato per garantire liquidità alle banche commerciali, e che il piano potrà essere «ulteriormente ridimensionato»

"Giudizio positivo, però bisogna fare ancora di più" ( da "Stampa, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «di perdere un terzo del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale, va bene ridisegnare le regole dei mercati finanziari e delle economie, ma attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri devono tornare a fare i banchieri, a sostenere l'economia reale».

Il nostro giudizio è complessivamente positivo, alcune richieste degli imprenditori sono state ... ( da "Stampa, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «di perdere un terzo del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale, va bene ridisegnare le regole dei mercati finanziari e delle economie, ma attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri devono tornare a fare i banchieri, a sostenere l'economia reale».

Futuro incerto per Neograf e Rotoflex ( da "Stampa, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le due società sono in crisi finanziaria a causa, sostengono i dirigenti, della stretta del credito delle banche, della diminuzione delle commesse e per il ritardo nei pagamenti da parte di alcuni clienti. «Per quanto riguarda la Rotoflex - dice Giorgio Ciravegna, della Cisl - secondo la proprietà è imminente la cessione dell'azienda a una multinazionale olandese.

il lato oscuro dei mercati - alessandro penati ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Pagina 24 - Economia IL MERCATO IL LATO OSCURO DEI MERCATI La riforma europea è complessa, farraginosa e richiederà tempi lunghi ALESSANDRO PENATI L´Unione Europea ha appena varato la riforma della regolamentazione finanziaria. Una costruzione complessa, farraginosa, e che richiederà tempi lunghi.

consob, dimissioni di cardia ma palazzo chigi le respinge - luca iezzi ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Autorità dei mercati finanziari si trascina da mesi e riguarda l´obbligo di pubblicazione delle comunicazioni che riguardano la vita delle società quotate e delle compagnie di gestione del risparmio. La Consob, nel recepire la direttiva europea "transparency" ha deciso che gli avvisi societari - ad esempio convocazioni di assemblee,

ALLE ORIGINI DEL DECLINO ( da "Manifesto, Il" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Protezionismo degli ancora occupati davanti a una crisi che non intendono. Mai, per parafrasare Guicciardini, la gente italiana è stata così infelice e così cattiva. 6. Se «sinistra» ha avuto un senso nel XIX e XX secolo era libertà, eguaglianza, fraternità, declinate nell'eredità della rivoluzione francese.

Dall'Italia alla fragile economia mondiale ( da "Manifesto, Il" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e le regole non scritte» di Marco Onado (Laterza); «Come si esce dalla crisi finanziaria» di Alberto Berrini (Bollati Boringhieri); «La crisi economica mondiale. Dieci considerazioni» di Gliulio Sapelli (Bollati Boringhieri).

Iran, il G8 . Nessuna condanna ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dovuto partecipare a tre giorni di conferenza sulla crisi finanziaria globale, organizzati a New York dalle Nazioni Unite. Davide Frattini Foto di gruppo Il «ministro degli Esteri» Ue Javier Solana, il britannico David Miliband, il sottosegretario Usa William Burns (Hillary Clinton era assente per una frattura al braccio, il francese Bernard Kouchner, il canadese Lawrence Cannon,

Indici in calo, giù Lottomatica ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo, giù Lottomatica Ancora un ribasso per le Borse europee, sulle quali ha influito l'avvio negativo di Wall Street. Quanto a Piazza Affari, nell'ultima seduta della settimana l'indice Ftse-Mib ha ceduto lo 0,

L'aumento di capitale punisce Ubs ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 Il caso a Zurigo L'aumento di capitale punisce Ubs (g.fer.) La perdita annunciata per il secondo trimestre 2009 e, soprattutto, la richiesta di nuovi capitali al mercato per farvi fronte, sono le cause della caduta di ieri di Ubs alla Borsa di Zurigo.

Areva, lo Stato scende e il titolo frena ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 Il caso a Parigi Areva, lo Stato scende e il titolo frena (g.fer.) Frenano alla Borsa di Parigi le azioni di Areva, che in chiusura hanno segnato un calo del 3,51% a 403 euro, dopo aver toccato nel corso della seduta un minimo di 384,72.

A Genova la sfilata del Gay Pride ( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Alla parata dell'orgoglio omosessuale di Genova irrompe anche la crisi finanziaria. Chiedono un lavoro, infatti, alcuni dei transessuali che sfilano al corteo del Gay Pride. Uno striscione porta la scritta «dateci un lavoro per una vita dignitosa», un altro «gli italiani ci obbligano a prostituirci, vogliamo un lavoro diurno».

Scoperti sei nuovi evasori totali ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: globalizzazione e tutela della collettività: «La crisi finanziaria internazionale - ha detto - ha avuto pesanti ripercussioni sulle attività economiche». Un elogio è stato espresso sulle concrete misure anti crisi varate dal governo valdostano, volte a sostenere il potere di acquisto e rilanciare la competitività del sistema produttivo locale.

[FIRMA]STEFANO LEPRI ROMA Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. &... ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: STEFANO LEPRI ROMA Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. «Abbiamo notato segni di miglioramento» nell'economia del mondo e in «alcuni» mercati finanziari, ma le banche non hanno ancora i bilanci a posto, e non appaiono ancora solide abbastanza per fornire alle imprese tutto il credito che servirà alla ripresa.

"È vero, sbagliamo Ma chi è capace a fare di meglio?" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a crisi finanziaria scoppiata, il Fmi nel gennaio 2008 esortò a prendere immediate misure per evitare che si trasmettesse alla produzione, l'appello cadde nel vuoto. Si disse che il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, era un socialista francese incline a riproporre vecchie politiche di sinistra;

"non siamo fuori dalla crisi l'economia è ancora fragile" - vittoria puledda ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: organizzazione che vigila sui rischi dei mercati finanziari, alla sua prima riunione allargata a 20 componenti. Se si guarda ad alcuni indicatori di mercato, ha ricordato Draghi, il mondo è più o meno tornato indietro ai livelli precedenti al fallimento della Lehman Brothers, non a quelli prima della crisi: «Noi dobbiamo fare in modo che un fallimento come Lehman non possa ripetersi»

nova coop sfida la recessione crescono soci, utile e fatturato ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: milioni dopo aver spesato perdite e svalutazioni finanziarie per 53,3 milioni. Un cash flow di 41,7 milioni, costituito quindi quasi esclusivamente da ammortamenti, dimostra però che la cooperativa ha saputo far fronte alla crisi dei mercati finanziari e generare risorse. «Il nostro - ha, tra l´altro, spiegato il presidente, Ernesto Dalle Rive - non è un bilancio di contenimento,

L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA CHIAVE ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: LA CRISI E LE RIFORME L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA CHIAVE di MARIO MONTI N ei mesi scorsi ho espresso apprezzamento al governo, in particolare al ministro Giulio Tremonti, per la gestione, accorta e sicura, della difficile crisi finanziaria. Ho invece criticato lo stimolo apportato dallo Stato per contrastare la recessione,

La lobby del carbone frena la svolta di Barack ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crescendo per le incertezze sulla riforma della sanità e il varo di un nuovo sistema di sorveglianza dei mercati finanziari che tiene in piedi la vecchia architettura, troppo complessa e contraddittoria. Adesso è la volta dell'ambiente, un punto-chiave del programma di Obama. La distanza tra le promesse elettorali e le dure necessità economiche e della politica cresce giorno dopo giorno.

Il sole catturato dal deserto nei piani di Germania e Italia ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che sarebbe maggiore se non ci fosse stata la crisi finanziaria, la quale, calcola il Politecnico, nel 2009 farà perdere 300 megawatt di potenza installata. Il Vaticano ha messo i pannelli sulla Sala Nervi con un progetto italotedesco, la Sicilia è giustamente all'avanguardia e a Noto si dovrebbe realizzare una delle centrali fotovoltaiche più grandi al mondo,

I conti di Bono: ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non dovrebbero usare la crisi finanziaria come una scusa per tagliare l'aiuto allo sviluppo». Il motivo è la sopravvivenza di decine di migliaia di esseri umani: «Poiché il 70 per cento del finanziamento della sanità viene dai donatori esterni, come è il caso di molti paesi dell'Africa, tagliare gli aiuti significa sacrificare vite umane».

Draghi: segni di miglioramento ma mercati ancora fragili ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: segni di miglioramento ma mercati ancora fragili Il governatore: per una «exit strategy» bisogna aspettare BASILEA Ci sono «segnali di un miglioramento dell'economia mondiale e di alcuni mercati finanziari», come quello della raccolta, ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, parlando a Basilea, come presidente del Financial Stability Board (

Shanghai locomotiva delle Borse, sarà corsa ai titoli del Bric ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sarà corsa ai titoli del Bric La locomotiva dei mercati finanziari oggi parte da Pechino. Un'ideale classifica delle Nuove economie più interessanti comincia con la Cina, la più votata dagli esperti perché ha pochi debiti e una capacità di crescita sostenibile del Pil pari al 6-7% l'anno. Poi prosegue con India e Brasile (quasi a pari merito), mentre Russia e Paesi dell'

Decisiva la rimonta da quota 1,55 a 1,40 del biglietto verde nel cambio con l'euro ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma al contrario hanno subito il recente rialzo dei tassi di mercato nell'area del dollaro. Sui mercati finanziari le quotazioni dei titoli di Stato Usa e delle altre obbligazioni sono calate per il timore dell'inflazione e per un certo ritorno al rischio degli investitori, che hanno riscoperto le azioni iniziando a scommettere sulla ripresa delle economie.

[FIRMA]LUCA FORNOVO TORINO Non troppe azioni, al massimo un 30% privilegiando i titoli dell... ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rendita e mettere al sicuro i loro risparmi dalle turbolenze dei mercati finanziari, senza però perdere il treno della ripresa delle Borse. «Questo è il portafoglio tipico che proponiamo ai nostri clienti facoltosi - spiega Francesco Cosmelli, direttore centrale Private Banking di Banca Akros - anche se va precisato che le nostre gestioni patrimoniali sono estremamente personalizzate,

No exit strategy, economia fragile ( da "Manifesto, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «segnali di miglioramento dell'economia mondiale e in alcuni mercati finanziari, specialmente nel mercato della raccolta». Draghi ha dato il benvenuto alle diverse iniziative nazionali per incorporare nelle loro norme i i nuovi principi per regolare gli stipendi dei manager, principi realizzati dall'Fsb.

Draghi: restano fragilità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vice ministro finanziario del Canada); è previsto inoltre un gruppo di lavoro sulla prevenzione e gestione delle crisi finanziarie cross-border (Paul Tucker,vicegovernatore della Banca d'Inghilterra). Terminati i dibattiti dell'Fsb e la riunione del G10,oggi Draghi parteciperà qui a Basilea al cda della Bri.

Banchieri non sprecate l'occasione della crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: occasione della crisi di Franco Locatelli è molto improbabile che il film di Ron Howard ( Angeli e demoni) o l'omonimo best-seller di Dan Brown ci aiutino a rispondere all'intrigante domanda che Marco Onado si pone, nel suo recente saggio sulla crisi finanziaria ( I nodi al pettine), su quale sia la vera natura dei banchieri.

La Grande fuga dalla finanza ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la crisi finanziaria, il credit crunch e la vasta casistica delle controversie che contrappongono clientela a sistema del credito, sembra che il rapporto tra utenti e sportello tenga. Lo sostengono due indagini distinte: la prima di Gfk-Eurisko, società di ricerche e consulenze di mercato, che dal 1987 cura il rapporto annuale Multifinanziaria.

Perché ci piace lo squalo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: beauty contest di cui parlava Keynes con riferimento ai mercati finanziari: il gioco non consiste nell'esprimere quel che piace a te, quanto piuttosto nell'indovinare ciò che tu credi piacerà alla maggior parte. I due libri che presentiamo, usciti in edizione italiana a distanza di un paio di mesi, si prestano idealmente a una lettura congiunta perché sono in gran parte complementari.

Un rimbalzo pieno di eccessi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Infine non è detto che dopo il9 marzo i mercati finanziari abbiano davvero invertito la tendenza e la schiera dei pessimisti sostiene da mesi che questo rialzo è una delle tante trappole di una Borsa ancora volta al ribasso.Senza voler dar peso a questa tesi, va tuttavia osservato che i maggiori indici sono andati oltre il livello suggerito dalle presenti condizioni economiche.

Un varco ai precari del pubblico ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ove sussistano eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni derivate in essere. La predetta ristrutturazione, finalizzata esclusivamente alla salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle posizioni finanziarie, si svolge con il supporto dell'advisor finanziario previsto nell'ambito del piano di rientro di cui all'articolo 1,

"Mr. Madoff la condanno a 150 anni" ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uomo che più ha incarnato l'avidità degli speculatori di Wall Street, a cui l'America imputa la crisi finanziaria che ha innescato la recessione, resta però il dubbio su come sia stato possibile gestire tanto a lungo un inganno di tali dimensioni avendo come unico complice il contabile David Friehling, a sua volta incriminato per frode.

la diga verde di pechino - pechino ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a denunciare il protezionismo occulto che crea una barriera alla vendita dei pc stranieri. La sfida più audace viene dall´interno. Un gruppo di avvocati cinesi ha osato fare ricorso in tribunale contro la Diga Verde. Astutamente, la strategia dei legali non chiama in causa il diritto all´informazione e la libertà di espressione.

amia, arrivano gli stipendi raccolta in tilt senza straordinari - sara scarafia ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Subito un aiuto per risolvere la crisi finanziaria del Comune" SARA SCARAFIA L´immondiza torna a soffocare la città. Ieri decine di quartieri si sono svegliati sommersi dai rifiuti: da Mondello a Borgo Nuovo, dall´Addaura a Passo di Rigano. Ma i cassonetti erano pieni anche nelle zone più centrali, da via Brigata Verona ai vicoli del centro storico.

crisi, errani contro il governo ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: parlando dell´atteggiamento da tenere di fronte alla crisi finanziaria. «Quello che mi preoccupa davvero - ha proseguito rispondendo ai cronisti - è non vedere in questo paese nessun progetto per uscire da questa crisi. Cioè manca un progetto di una politica innovativa capace di intraprendere un percorso virtuoso».

"caduta libera finita, ora lenta ripresa" - vittoria puledda ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della Commissione Ue, secondo cui «gli indicatori della fiducia e i mercati finanziari hanno cominciato a trasmettere alcuni primi segnali di miglioramento», ma la situazione «resta fragile»; sono stati evitati gli errori del passato però la crisi non è finita e «la pressione» sui conti pubblici «sta aumentando».

lufthansa rilancia su malpensa ma frena in casa ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: commentava ieri lunedì la Frankfurter Allgemeine che pure non è sospetta di simpatie per la Spd. Il partito della cancelliera, nota il più influente quotidiano tedesco, sembra parlare da un´altra epoca, da prima della crisi finanziaria internazionale, e si getta da solo in una grave crisi di credibilità. Andrea Tarquini

Un'estate di audacia e le imprese respirano ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma è altrettanto vero che, soprattutto nelle piccole aziende, si sta diffondendo la sensazione di una sottovalutazione della crisi e dei suoi potenziali effetti. Ormai è abbastanza chiaro a tutti che il governo teme le "sanzioni" dei mercati finanziari. Continua u pagina 23 l'articolo prosegue in altra pagina

Entrate in calo di 37 miliardi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Da Bruxelles la commissione Ue parla segnali di miglioramento dell'economia europea e di lenta stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la situazione resta fragile». Servizi u pagine 5 e 19 Commento u pagina 14 l'articolo prosegue in altra pagina

Etica e regole per l'economia della globalità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: solo qualche giorno fa aveva ribadito che «la crisi finanziaria ed economica mostra in modo evidente come siano da ripensare certi paradigmi economico-finanziari che sono stati dominanti negli ultimi anni». E oggi c'è chi dice che Benedetto XVI con la sua prossima enciclica sociale «mostrerà di essere a sinistra della maggior parte degli americani,

In Eurolandia segni di miglioramento ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia e di lenta stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la situazione resta fragile e si dovrebbero ancora verificare grandi deprezzamenti di attivi» nel settore bancario. Sullo sfondo resta sempre, per ora immutato, lo scenario della crescita negativa però non c'è dubbio che gli indicatori pubblicati ieri in contemporanea con il rapporto Ue,

Il fisco europeo tra dirigismo e concorrenza ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nei paesi conducano a reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari paesi nel caos politico o in regimi non democratici». Sono i sistemi fiscali a elevata progressività, ha spiegato Monti, quelli che strutturalmente tendono a ridurre le diseguaglianze. D'altra parte,aggiungono icritici della concorrenza fiscale, guardate cosa è successo alle ex Tigri del Baltico,

Tagli alle emissioni a rischio-dazi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Un simile sistema di tariffe doganali così complesse e differenziate è proprio quel genere di protezionismo per eliminare il quale i governi si sono a lungo adoperati, sin dall'inizio del processo Gatt, avviato oltre 50 anni fa. Ma c'è di peggio:i sistemi di cap andtrade in pratica non si affidano unicamente alle aste pubbliche per distribuire i permessi per le emissioni.

La crisi? Si esorcizza con i convegni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tutti siamo d'accordo,a parole,a rifiutare il protezionismo, causa, negli anni Trenta, della grande crisi. La mia non è affatto facile ironia su questo diluvio di convegni e seminari. Al contrario, partecipo a molti di essi e per alcuni ne sono stato promotore. Capisco e condivido l'ansia di conoscere.

Fini: crisi del governo? Fantasie ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: contrario al protezionismo e allo statalismo (espansione del debito e dei deficit pubblici), come misure per superare la crisi mondiale, ha messo in chiaro che in futuro bisogna fare meno finanza e produrre più ricchezza reale. Ma soprattutto pensare a un'economia più sociale, che ponga l'accento sulle persone e riduca il gap esistente tra Nord e Sud (

Ora non si torni allo statalismo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: terreno su cui si è manifestata la crisi in atto sembra doversi individuare nello scarto esistente tra lo sviluppo impetuoso del comparto finanziario e la fragilità dell'assetto della sua regolamentazione, con particolare riferimento alla sottovalutazione dei rischi endemici. Le degenerazioni causate da tale squilibrio non possono dunque essere imputate al mercato e alla concorrenza,

Disagio nel vertice Consob dopo lo scontro sugli avvisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-30 - pag: 42 autore: Regole. Le dimissioni (respinte) di Cardia aprono un caso Disagio nel vertice Consob dopo lo scontro sugli «avvisi» Riccardo Sabbatini Il dissidio è sugli avvisi finanziari a pagamento, ma non soltanto su quello.

Solo un quinto dei soldi va davvero ai poveri ( da "Manifesto, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Anche per evitare il tracollo del 2008 quando, riporta ancora il bilancio della Cei, i «proventi finanziari» sono scesi dai 33 milioni del 2007 a meno di 2, con una perdita secca di 31 milioni di euro. Forse qualche operazione spericolata finita male. Oppure, come spiega mons. Crociata, la colpa è della «crisi dei mercati finanziari».

Non sottovalutare gli anticorpi del sistema ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La candida relazione ammette che «il sistema finanziario moderno è immensamente complesso, forse troppo per essere veramente compreso ». Parole forti, che suscitano subito un angoscioso interrogativo. Vuol dire che siamo condannati, finita questa crisi, a piombare in un'altra? Le crisi economiche, scrisse Joseph Schumpeter, non sono come le tonsille,

Crescita minacciata, la finanza dimagrirà ( da "Manifesto, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ripetuto dai scentri studi degli enti internazionali e sovranazionali (quelli invisi al premier) è lo stesso da mesi: la crisi finanziaria sembra superata, così come la fase peggiore del crollo dell'economia reale. Questa posizione tuttavia non implica assolutamente che ci sarà un ritorno alle «magnifiche sorti e progressive» del capitalismo dell'ultimo decennio.

Bocciati i colossi del credito ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non aveva avuto paura di lanciare segnali di allarme sulla crisi finanziaria che si preparava. Ora, dopo aver avuto tristemente ragione, propone, nel rapporto 2009 pubblicato ieri, analisi e idee anche più coraggiose. è solo un esempio l'invito a «tassare in pratica le dimensioni delle banche». La proposta è di chiedere un patrimonio crescente oppure una leva finanziaria minore,

Dolci come il cioccolato i profitti dei gruppi turchi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sempre secondo la rivista Fortune, la crisi finanziaria internazionale ha colpito ma senza piegare le altre società turche. Le maxi-imprese della Mezzaluna avrebbero sì visto diminuire i loro profittia causa della tempesta economica, ma avrebbero aumentato sia le vendite interne sia l'export.

Greenergy, tutta la forza dell'energia "verde" a Milano ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: hanno risentito della crisi finanziaria, sono pronte a ripartire sfruttando i cospicui finanziamenti ?anticiclici' che molti Paesi hanno messo a disposizione - spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e presidente di Exalto - . è il caso degli Usa, con 70 miliardi di dollari destinati a efficienza e rinnovabili che daranno i loro frutti a partire dal 2010,

Almunia: passato il peggio ma ripresa lenta Geithner: il sistema migliora ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la conseguenza prima del trasferimento della crisi finanziaria sul piano dell'economia reale: «Il rialzo della disoccupazione nota ancora la Commissione Europea - potrebbe infrangere la fiducia e pesare pesantemente sulla ripresa». Ad aprile, infatti, la disoccupazione media della zona Euro ha toccato il culmine negli ultimi 10 anni: 9,2%.

Rimbalzano gli indici, bene Fiat ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Rimbalzano gli indici, bene Fiat Energetici A2A (+2,93%) e Tenaris (+2,87%) guidano i rialzi del comparto energetico Dopo un avvio titubante, la seduta a Piazza Affari ha decisamente imboccato la strada del rialzo, terminando con l'indice Ftse-

Il Gratta e Vinci frena Lottomatica ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Il Gratta e Vinci frena Lottomatica (g.fer.) Anche se riuscirà a vincere la nuova gara per il Gratta e Vinci, Lottomatica dovrà probabilmente pagare di più la concessione, che tutti davano per rinnovabile alla scadenza del maggio 2010.

Deutsche Bank spinge Microsoft ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 Il caso a New York Deutsche Bank spinge Microsoft (g.fer.) Una forte correzione al rialzo del target-price (da 22 a 30 dollari) da parte degli analisti di Deutsche Bank: è questa la ragione principale della performance di Microsoft al Nasdaq, il listino Usa dei titoli tecnologici.

Le lingue salvate sulla via dell'ambra ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: colpita con virulenza dalla crisi finanziaria internazionale, ed è una magra consolazione che gli altri due Stati baltici stiano peggio. Girando per le strade di Vilnius, ordinate pulite e ben tenute, e anche nei dintorni lindi e sereni, non ci si accorge della crisi, evidentemente affrontata con civile dignità.


Articoli

E intanto parte il grande assalto al Re Dollaro (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Gli ultimi arrivati si alleano per contare sull'arena del mondo il caso E intanto parte il grande assalto al Re Dollaro NEW YORK La settimana scorsa, in Russia, i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti per la prima volta, da soli, per cercare quella voce comune che non hanno. Insieme pesano già per il 15% del Pil mondiale, e detengono il 40% delle riserve valutarie, in dollari e altre monete forti e in oro. Ma non rappresentano un blocco economico, con il Brasile e la Russia esportatori di risorse naturali, la Cina votata in prevalenza all'export dei suoi prodotti industriali, e l'India che punta principalmente alla espansione interna. Né sono in particolare sintonia politica: i regimi democratici del Brasile e dell'India convivono con i due governi saldamente autocratici e illiberali di Pechino e Mosca. La crescita dei consumi interni nei Paesi del Bric è tuttavia uno dei fattori che i gestori citano a sostegno della appetibilità di quelle economie, destinate ad assistere nei prossimi anni all'aumento percentuale della fascia facoltosa della popolazione, quella capace di investire e comprare merci e servizi al ritmo dei Paesi industrializzati. La base è enorme, con i quattro del Bric che hanno insieme 2.787 milioni di abitanti, contro i 3.920 milioni del resto del mondo. La Cina è la più popolosa con 1.300 milioni di persone, seguita dall'India con 1.150, dal Brasile con 191 e dalla Russia con 146 milioni. E la Cina, per Wall Street&Technology, è anche quella con il settore del risparmio gestito dal potenziale di crescita più interessante nel medio termine. Per la recessione globale, tra la fine del 2007 e la fine del 2008 il sistema dei fondi cinesi si è ristretto da 457 miliardi di dollari a 275, ma le crescenti concessioni del governo di Pechino ai propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi comuni, e la progressiva apertura dei mercati finanziari interni agli operatori stranieri, porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel 2012, secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a 25 tra le maggiori società di gestione mondiali. Fino al 2006 i cinesi potevano investire solo in azioni e bond nazionali, ma poi nel 2007 è stata data loro la possibilità di investire all'estero attraverso i fondi comuni. Di recente, nel 2008, Cina e Usa si sono accordati per consentire ai cittadini cinesi di investire sul mercato azionario di Wall Street attraverso fondi e altre società finanziarie domestiche. I quattro del Bric sono gli ultimi arrivati al tavolo del potere economico internazionale, e vogliono farsi sentire: la Russia è già nel G8, tutti sono nel G20, ma costruendosi il loro G4 puntano ad avere complessivamente un ruolo più importante nelle istituzioni globali, dal Fondo monetario alla Banca mondiale. «Il Bric dovrebbe creare le condizioni per un ordine mondiale più giusto», ha detto il presidente russo Dmitri Medvedev alla conferenza, il cui comunicato di chiusura cita gli obiettivi della «voce più forte nelle istituzioni internazionali» e di un «più diversificato sistema monetario globale». In pratica, è partito l'assalto al dollaro, valuta ancora oggi largamente dominante. E il futuro di un dollaro indebolito dal Bric è un'altra variabile di cui tener conto investendo in euro fuori dall'Eurozona.

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La settimana scorsa, in Russia, i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti per la prima volt... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

La settimana scorsa, in Russia, i quattro capi di governo del Bric si sono riuniti per la prima volta, da soli, per cercare quella voce comune che non hanno. Insieme pesano già per il 15% del Pil mondiale, e detengono il 40% delle riserve valutarie, in dollari e altre monete forti e in oro. Ma non rappresentano un blocco economico, con il Brasile e la Russia esportatori di risorse naturali, la Cina votata in prevalenza all'export dei suoi prodotti industriali, e l'India che punta principalmente alla espansione interna. Né sono in particolare sintonia politica: i regimi democratici del Brasile e dell'India convivono con i due governi saldamente autocratici e illiberali di Pechino e Mosca. La crescita dei consumi interni nei Paesi del Bric è tuttavia uno dei fattori che i gestori citano a sostegno della appetibilità di quelle economie, destinate ad assistere nei prossimi anni all'aumento percentuale della fascia facoltosa della popolazione, quella capace di investire e comprare merci e servizi al ritmo dei Paesi industrializzati. La base è enorme, con i quattro del Bric che hanno insieme 2.787 milioni di abitanti, contro i 3.920 milioni del resto del mondo. La Cina è la più popolosa con 1.300 milioni di persone, seguita dall'India con 1.150, dal Brasile con 191 e dalla Russia con 146 milioni. E la Cina, per Wall Street&Technology, è anche quella con il settore del risparmio gestito dal potenziale di crescita più interessante nel medio termine. Per la recessione globale, tra la fine del 2007 e la fine del 2008 il sistema dei fondi cinesi si è ristretto da 457 miliardi di dollari a 275, ma le crescenti concessioni del governo di Pechino ai propri cittadini a effettuare investimenti all'estero attraverso i fondi comuni, e la progressiva apertura dei mercati finanziari interni agli operatori stranieri, porteranno il sistema dei fondi cinesi a 1.500 miliardi di dollari nel 2012, secondo Zhou Hua, presidente di SunGard China, che fornisce servizi web a 25 tra le maggiori società di gestione mondiali. Fino al 2006 i cinesi potevano investire solo in azioni e bond nazionali, ma poi nel 2007 è stata data loro la possibilità di investire all'estero attraverso i fondi comuni. Di recente, nel 2008, Cina e Usa si sono accordati per consentire ai cittadini cinesi di investire sul mercato azionario di Wall Street attraverso fondi e altre società finanziarie domestiche. I quattro del Bric sono gli ultimi arrivati al tavolo del potere economico internazionale, e vogliono farsi sentire: la Russia è già nel G8, tutti sono nel G20, ma costruendosi il loro G4 puntano ad avere complessivamente un ruolo più importante nelle istituzioni globali, dal Fondo monetario alla Banca mondiale. «Il Bric dovrebbe creare le condizioni per un ordine mondiale più giusto», ha detto il presidente russo Dmitri Medvedev alla conferenza, il cui comunicato di chiusura cita gli obiettivi della «voce più forte nelle istituzioni internazionali» e di un «più diversificato sistema monetario globale». In pratica, è partito l'assalto al dollaro, valuta ancora oggi largamente dominante. E il futuro di un dollaro indebolito dal Bric è un'altra variabile di cui tener conto investendo in euro fuori dall'Eurozona.

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mutui, corsa al tasso variabile le famiglie tornano a rischiare - rosa serrano (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 17 - Economia Mutui, corsa al tasso variabile le famiglie tornano a rischiare Ma le richieste totali crollano: 32% in meno in 5 mesi Il dossier Allettati dai costi ridotti, le famiglie snobbano il fisso. Una bolla pronta a scoppiare di nuovo ROSA SERRANO ROMA - Si comprano meno case, crollano i mutui, ma chi - comunque sia - decide di indebitarsi per investire nel mattone sceglie un prestito a tasso variabile piuttosto che uno a tasso fisso. E´ così che la crisi incide sul mercato immobiliare. I numeri parlano chiaro: secondo dati Assofin, nel primo trimestre di quest´anno le erogazioni di nuovi mutui hanno registrato una flessione del 32,5 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. «La fine del ciclo espansivo del mercato immobiliare e la crisi finanziaria – spiega Giuseppe Piano Mortari, direttore operativo di Assofin – ha fatto emergere una maggiore prudenza sia nella domanda di mutui, sia nella disponibiltà delle banche a concederli. Si sono ridotti gli importi e le durate medie dei finanziamenti, ma anche le operazioni che coprono oltre l´80 per cento del valore dell´immobile». Detto questo, chi decide di aprire un mutuo sempre più spesso - attratto dalle migliori condizioni ottenibili in questo periodo - opta per il tasso variabile. Dai dati dell´Osservatorio di MutuiOnline emerge che la richiesta di mutui a tasso «ondeggiante» è più che raddoppiata, passando dal 18,2 per cento del primo semestre 2008 al 47,4 dei primi cinque mesi di quest´anno. In verità gli esperti consigliano di andarci piano, perché il variabile è, per definizione, molto sensibile all´andamento dall´economia: ai primi segnali di ripresa i tassi ricominceranno a correre e le rate lieviteranno. L´esperienza vissuta dai molti mutuatari che negli anni scorsi avevano optato per il mutuo a tasso variabile dovrebbe indurre alla massima cautela. Un solo esempio è sufficiente per dimostrare il vero e proprio dramma vissuto da chi, da un mese all´altro, si è visto non in grado di far fronte al debito: nel maggio 2005 l´Euribor a 1 mese/365 quotava 2,13 per cento, a fine settembre raggiunse il suo picco con il 5,12 (più che raddoppiando in pochi mesi). Ora, l´improvvisa crisi finanziaria ha «miracolato» i mutuatari a tasso variabile. L´Euribor a un mese/365 è addirittura sotto la soglia dell´1 per cento fissato dalla Bce. Ottime condizioni quindi per chi accende un mutuo variabile: per mutui ventennali di 100 mila euro la differenza con il tasso fisso può raggiungere i 150 euro al mese. Ma è opportuno che chi ha intenzione di chiedere un finanziamento immobiliare non si faccia abbagliare da tassi che ora sono ridotti al lumicino, ma che non dureranno all´infinito. «Chi vuole approfittare del momento – spiega Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline – dovrà pianificare le possibili impennate dei tassi e ragionare sulle sue possibilità di reddito nel medio e nel lungo periodo». La carta da giocare per una maggiore tutela è quella di scegliere un finanziamento a tasso "ondeggiante" che preveda, però, l´intervento di un ombrello protettivo, cioè un tetto oltre il quale il tasso non potrà comunque andare. Sono leggermente meno convenienti, ma forniscono una garanzia. L´ "Mps Protezione" a tasso variabile con cap proposto da Monte Paschi di Siena prevede, per esempio, un tasso massimo garantito del 5,50. Attualmente i mutui a tasso fisso oscillano fra il 5,36 e il 6,25 per cento.

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Cina e Stati Uniti ora tocca a voi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI data: 2009-06-21 - pag: 10 autore: Cina e Stati Uniti ora tocca a voi di Olivier Blanchard N el 2007, preoccupato per i crescenti squilibri della bilancia dei pagamenti, il Fondo monetario internazionale organizzò consultazioni multilaterali per decidere il da farsi. Quasi tutti ritenevano che la soluzione fosse semplice e lineare. Semplificando al massimo: convincere i consumatori americani a spendere di menoe convincere i consumatori cinesi a spendere di più. Avrebbe fatto bene agli Stati Uniti, avrebbe fatto bene alla Cina e avrebbe fatto bene al mondo (ci furono messaggi anche per gli altri protagonisti- il Giappone,l'Europa,l'Arabia Saudita - ma erano meno importanti.) Avrebbe fatto bene agli Stati Uniti: era chiaro già allora che l'orgia consumistica in cui si erano lanciati i consumatori americani era qualcosa di dissennato e che molti di loro avrebbero avuto problemi al momento della pensione. Avrebbe fatto bene alla Cina: era evidente che la risparmiosità dei cinesi era dovuta in gran parte all'assenza di una rete di sicurezza sociale. Garantire cure sanitarie e pensioni era qualcosa d'auspicabile di per sé e avrebbe naturalmente indotto i consumatori a spendere di più. Avrebbe fatto bene al mondo: i cambiamenti dei modelli di consumo, uniti alla rivalutazione del renminbi rispetto al dollaro, avrebbero potuto mantenere la piena occupazione sia negli Stati Uniti che in Cina, e ridurre gli squilibri commerciali correnti. Una riduzione dei consumi negli Usa sarebbe stata compensata da un aumento delle esportazioni. Un aumento dei consumi in Cina sarebbe stato compensato da una riduzione delle esportazioni. Il deficit commerciale americano si sarebbe ridotto e si sarebbe ridotto, sull'altro versante, il surplus cinese. Col progressivo avanzamento di questo ordinato processo di aggiustamento, e con la progressiva riduzione degli squilibri, sarebbe diminuito il rischio di un improvviso tracollo del dollaro. E il mondo sarebbe stato molto più in forma. Un esempio notevole di pianificazione macroeconomica globale. Ma, almeno fino alla crisi, non è successo granché. Gli ottimisti consumatori statunitensi semplicemente non erano dell'umore giusto per cambiare abitudini. E il governo cinese, di fronte al successo della sua strategia di crescita trainata dalle esportazioni e preoccupato di continuare a far aumentare l'occupazione, insisteva a mettere l'export al primo posto. Come a dar ragione agli scettici, la crisi stessa non è stata innescata dagli squilibri globali. Il dollaro non è crollato, come si temeva. E dal momento in cui è cominciata la crisi, la soluzione degli squilibri globali è precipitata in fondo alla lista delle priorità. Tutti si sono concentrati, giustamente, sullo stato del sistema finanziario. Man mano che la crisi si sviluppa, tuttavia, e quando si comincerà a intravedere la ripresa in fondo al tunnel, la questione degli squilibri globali probabilmente tornerà di attualità. Ancora una volta dovranno essere gli Stati Uniti e la Cina a giocare un ruolo centrale. Metà dell'aggiustamento ipotizzato nelle consultazioni multilaterali si sta verificando: i consumatori americani, finalmente, stanno riducendo le spese. Hanno perso molti soldi e avranno bisogno di molti anni di risparmi supplementari per compensare queste perdite. E soprattutto hanno imparato una lezione più generale. Il mondo è un luogo più rischioso di quello che credevano. I prezzi delle azioni e delle case possono scendere, e scendere di parecchio. Per mettere da parte soldi per la pensione forse serve risparmiare molto di più di quello che credevano necessario prima della crisi. L'incognita maggiore riguarda l'altra metà dell'aggiustamento. La Cina ha reagito alla crisi incrementando fortemente la spesa, concentrandosi più sugli investimenti che sui consumi. è la politica giusta, considerando la necessità di far salire rapidamente la spesa, ma questo incremento degli investimenti ha necessariamente una durata limitata.L'interrogativo è se, col passare del tempo, la Cina permetterà che crescano i consumi. Se lo farà, il piano del 2007 potrebbe trovare compimento. L'incremento delle esportazioni americane rimpiazzerà il calo dei consumi e contribuirà a sostenere la ripresa negli Usa. L'incremento dei consumi in Cina compenserà il calo dello esportazioni e consentirà a Pechino di mantenere i suoi elevati livelli di crescita. La ripresa mondiale potrà andare avanti e potremo uscir fuori con un'economia mondiale più equilibrata. Questo scenario si svilupperà naturalmente? Forse, o forse no. La Cina ha annunciato un'ambiziosa riforma sani-taria, che va nella direzione giusta. Ma il modello di crescita basato sulle esportazioni che Pechino ha perseguito con tanto successo fino a questo momento non verrà abbandonato dall'oggi al domani. E, guardando oltre la Cina, la crisi potrebbe aver convinto molti Paesi ad accumulare riserve ancora maggiori, incrementando ancora di più le attuali eccedenze negli scambi con l'estero. Questi Paesi non avranno tanta voglia di lasciare che le loro monete si rivalutino rispetto al dollaro, per consentire la crescita delle esportazioni Usa. E che succederà se non ci sarà nessun riequilibrio? Senza una forte domanda interna e un incremento delle esportazioni, la ripresa Usa potrebbe indebolirsi una volta venuti meno, gradualmente, gli effetti benefici del piano di rilancio. In tempi normali potrebbe essere d'aiuto la politica monetaria, con un abbassamento dei tassi d'interesse e un incremento della domanda: ma questi non sono tempi normali e i tassi non possono scendere ulteriormente. E dunque il Governo americano sarà sottoposto a forti pressioni per tenere alta la spesa pubblica fintanto che la domanda privata rimarrà debole, rischiando di determinare una situazione di deficit più grande e più protratta di quello che sarebbe saggio. Un forte piano di spesa era ed è ancora necessario per combattere la crisi, ma non può andare avanti all'infinito;a un certo punto la dinamica del debito diventerà insostenibile, i mercati reagiranno e i deficit di bilancio diventeranno controproducenti. Una ripresa debole e una dinamica del debito insostenibile negli Usa probabilmente non porteranno nulladi buono per l'economia mondiale. La prima bloccherebbe la ripresa anche nel resto del mondo; la seconda probabilmente produrrebbe disastri nei mercati finanziari. Per una ripresa sostenuta la spesa interna deve scendere negli Stati Uniti e salire in Cina e in gran parte del resto del mondo, congiuntamente ad aggiustamenti dei tassi di cambio. La cooperazione globale ha giocato un ruolo cruciale lo scorso anno per evitare una crisi peggiore. Ora serve ancora più cooperazione globale, con gli Stati Uniti e la Cina a giocare un ruolo guida. L'autore è chief economist dell'Fmi. (Traduzione di Fabio Galimberti) VISTO DALL'AMERICA Il mondo è un luogo molto più rischioso di quanto si pensava: i prezzi delle azioni e delle case possono scendere, e di parecchio VISTO DALL'ASIA Finora si è agito sugli investimenti (ed è bene): l'interrogativo è se si permetterà di far aumentare i consumi

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L'Europa è stanca, viva l'Europa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI data: 2009-06-21 - pag: 11 autore: L'Europa è stanca, viva l'Europa La disaffezione dei cittadini si può e si deve battere, rafforzando la partecipazione di Patrizia Nanz D al 4 al 7 giugno, circa 375 milioni di elettori di 27 stati europei hanno votato una nuova rappresentanza popolare comune. Si è trattato di una delle più grandi elezioni democratiche al mondo. Nonostante l'importanza di queste elezioni ( si pensi che ormai quasi l'80%delle competenze decisionali politiche nazionali si sono spostate a Bruxelles e a Strasburgo) l'affluenza alle urne ha confermato il costante calo di partecipazione che dal 1979, anno della prima votazione europea, ha contraddistinto queste elezioni. Ci siamo stancati dell'Europa? Oppure la disaffezione al voto non è che una silenziosa protesta contro il modo paternalistico e privo di trasparenza con cui i governi conducono una politica europea al di sopra delle nostre teste? Dopo il fallito varo della Costituzione europea, i governi sono impegnati a imporre, malgrado il "no" degli irlandesi, l'accordo di base di Lisbona. Che cosa vuole diventare l'Unione Europea? Perché ne abbiamo bisogno?Ormai dovrebbe essere chiaro a chiunque che Lisbona è nient'altro che una soluzione burocratica che non offre alcuna risposta a queste domande. Dall'allargamento verso Est,che ha portato con sé un forte divario di benessere ed enormi conflitti d'interesse, i governi nazionali non sanno più come devono governare l'Europa. Lavorano al ribasso, senza convinzione, con un modello di governo minimalista che pone al centro dell'attenzione gli interessi nazionali. Negli ultimi anni, con l'eccezione del primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker, non un solo capo di governo ha cercato di proporre un'Europa politica più forte. Viviamo forse in una "post-democrazia" europea, in cui abbiamo ceduto volontariamente il potere ai tecnocrati di Bruxelles e ai leader del Consiglio europeo? Davvero vogliamo avere così scarsa voce in capitolo nell'Unione?Oppure si deve imputare ildisinteresse verso le elezioni europee a una sensazione d'impotenza e alla mancanza d'informazioni? Nel giugno 2008, il 68% dei cittadini europei riteneva che il proprio voto non avrebbe cambiato nulla e più della metà dichiarava di non ritenersi sufficientemente informata per potersi recarea votare (Eurobarometro). Eppure le singole persone non rifiutavano l'Europa,al contrario: per la maggioranza relativa degli intervistati, l'Unione Europea suscitava un'idea positiva, in Irlanda addirittura per il 65%, e questo al momento del fallito referendum! La chiusura nazionale dei politici e la disattenzione con cui l'argomento è stato trattato e continua ad essere trattato dai mass media sono il vero motivo del limitato interesse per le elezioni europee. I partiti politici hanno attribuito a queste elezioni scarsa importanza, perché non erano in gioco posizioni di potere a livello nazionale, al più ne hanno fatto un uso strumentale per misurare il proprio successo futuro. Più le campagne elettorali europee vengono condotte fiaccamente dai partiti, tanto meno le elezioni diventano oggetto di dibattito nelle sfere pubbliche nazionali. L'insufficiente voce mediatica sull'Unione Europea si conforma al presunto scarso interesse del pubblico e al carente sostegno dei nostri rappresentanti. Il disinteresse della politica nazionale e quello dei media si rafforzano reciprocamente, con la conseguenza che i cittadini non possono partecipare adeguatamente ai processi di formazione della volontà europea. Ma se non si rafforza la partecipazione dei cittadini, l'Europa politica è destinata a fallire. Esistono altre strade per l'Europa?Dopo il "no" degli irlandesi a Lisbona e dopo lo "stizzito silenzio" dei governi sul futuro dell'Europa, il filosofo JÜrgen Habermas chiese che fosse la popolazione a decidere tramite un referendum paneuropeo se volesse o no un'effettiva unione politica. Questo referendum avrebbe senza alcun dubbio destato la coscienza pubblica e dato vitalità alle prossime elezioni europee. Purtroppo i leader di governo si sono dimostrati sordi alle richieste di una democrazia diretta in Europa. Oltre ai referendum, che si accontentano di un "sì" o di un "no", oggi vengono utilizzate forme innovative di partecipazione dei cittadini in grado di avviare un differenziato processo di formazione della volontà popolare anche su temi complessi. Si tratta di procedure deliberative che si svolgonoa più riprese e alle quali prendono parte cittadini, esperti, moderatori e politici. Nella presidenza Obama, per esempio, è stata introdotta la figura di una "direttrice della partecipazione dei cittadini". Simili metodi di partecipazione servono anche per promuovere decisioni d'indirizzo di una comunità politica, come hanno dimostrato nel 2007 nel Québec i 22 forum di cittadini con un totale di 10mila partecipanti, in cui furono affrontate domande fondamentali sul rapporto con gli immigrati. A questi dibattiti trasmessi in televisione, che toccarono temi come l'uso del velo o la legittimità del crocefisso nei luoghi statali e raggiunsero un'ampia opinione pubblica, presero parte studenti e casalinghe, impiegati e disoccupati, musulmani e xenofobi. Questi processi di partecipazione possono quindi integrare con efficacia modelli esistenti di democrazia rappresentativa proprio in caso di forti conflitti d'interessi e valori. Un analogo esperimento è stato fatto anche in Germania. Da metà febbraio a fine aprile di quest'anno,361 cittadiniscelti a caso hanno preso parte alle discussioni del «BÜrger Forum Europa», organizzato dalla Fondazione Bertelsmann e dalla Fondazione Heinz Nixdorf. L'entusiasmo e il coinvolgimento sono stati sorprendenti e hanno superato le differenze di età e d'istruzione. Durante l'incontro d'esordio, svoltosi a Berlino e cui partecipava anche il cancelliere Angela Merkel, 45 cittadini, suddivisi in comitati tematici, hanno discusso in modo controverso ma costruttivo per due giorni. L'entusiasmo e l'impegno sono proseguiti nelle successive otto settimane: i partecipanti hanno concordato sulle sfide più importanti dell'Europa e hanno elaborato online numerose proposte di soluzioni. Alcuni di loro sono stati designati a filtrare i più di 8mila commenti e a redigere un dettagliato "programma dei cittadini". Ne è emerso che i cittadini sono più interessati al benessere comune europeo di quanto non lo siano i leader politici! Nel programma si chiede l'armonizzazione dei sistemi fiscali e una comune politica finanziaria affinché l'Unione Europea possa esigere un nuovo e credibile ordinamento dei mercati finanziari internazionali. è stata anche espressa la volontà d'influenzare in futuro la composizione e la politica della Commissione europea e di esigere referendum popolari sulle questioni europee. Una forma di partecipazione dei cittadini di questo tipo è stata sperimentata anche a livello europeo. Nell'ottobre del 2006,a Bruxelles, 1.800 cittadini di tutti gli stati membri, riuniti in una "citizens' conference", hanno per la prima volta potuto superare i confini linguistici e nazionali, scambiandosi idee sul futuro sociale ed economico dell'Europa. Questo dialogo paneuropeo è stato parallelamente portato avanti in conferenze nazionali e regionali e si è concluso con una dichiarazione dei cittadini europei sostenuta da tutti i partecipanti nella quale si chiede " più" Europa. Prima delle elezioni europee, questo tipo di conferenza è stata riproposta online.I cittadini non sono stanchi dell'Europa, al contrario, nutrono un vivo interesse e sono prontia contribuire personalmente anche sacrificando parte del proprio tempo. Un maggiore ricorso a tali forme di partecipazione deliberativa rafforzerebbe la democrazia europea. Per raggiungere questo obiettivo, occorre che i risultati dei forum vengano accolti dai rappresentanti politici e discussi sui media. Solo in questo modo potrà avviarsi una più ampia formazione dell'opinione pubblica sul futuro dell'Unione. Potremmo a quel punto trovarci all'inizio di una rifondazione dell'Unione Europea, una rifondazione che parte dai cittadini stessi e in grado di spronare i politici nazionali stanchi dell'Europa. Patrizia Nanz insegna Scienze politiche all'Università di Brema. La casa editrice Feltrinelli ha appena pubblicato il suo libro, «Europolis. Un'idea controcorrente di integrazione politica». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PROPOSTA DI HABERMAS La crisi seguita al «no» degli irlandesi al Trattato di Lisbona ha spinto il filosofo tedesco a chiedere un referendum sull'Unione OLTRE I CONFINI Numerose esperienze sul campo dimostrano che le persone, se ben informate, sono in realtà interessate a sostenere il progetto unitario Europa da rifare. L'artista David Cerny di fronte alla sua enorme scultura-puzzle Entropa con tutti i luoghi comuni dei 27 paesi: posta sulla facciata del Consiglio europeo all'inizio della presidenza ceca, l'opera ha causato accese polemiche per la sua forte carica ironica. REUTERS

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Evitare vuoti regolamentari tra la riforma Usa e quella Ue (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-21 - pag: 7 autore: INTERVISTA Pier Carlo Padoan Vicesegretario generale Ocse «Evitare vuoti regolamentari tra la riforma Usa e quella Ue» di Orazio Carabini D opo il piano di riforma che Barack Obama ha trasmesso al Congresso americano, anche l'Unione europea venerdì scorso ha fatto un passo avanti verso una nuova struttura di vigilanza sui mercati finanziari. «Forse c'è una visione comune, ma dire che c'è una convergenza è difficile», spiega, in questa intervista al Sole-24 Ore, Pier Carlo Padoan, l'economista italiano che dopo essere stao direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale, è vicesegeratrio generale dell'Ocse. Toccherà al Financial stability board verificare che non si creino vuoti normativi in cui potrebbero incunearsi nuovi sistemiombra in grado di generare instabilità nel sistema. E di innescare altre crisi. è la Fed che esce vittoriosa dalla riforma di Obama? Intanto vediamo come questa riforma uscirà dal Congresso. Certo, il rafforzamento della Fed è il fatto più visibile ma anche i poteri del Tesoro, nell'attuale schema, aumentano. Quindi, la Fed non è la sola istituzione che esce rafforzata nel disegno di riforma. La molteplicità dei regolatori rimane e quindi il sistema di checks and balances caro agli americani non viene intaccato. Ma la Fed – si obietta – è una delle origini della crisi. è necessario dare a una delle istituzioni un ruolo centrale in modo che abbia la responsabilità della stabilità complessiva del sistema. E poi, se ha sbagliato in passato, non è detto che la Fed debba per forza sbagliare nel futuro. Rimangono troppi regolatori? Qual è il numero giusto? Come si determina la complessità del sistema di sorveglianza? E quali sono gli obiettivi della vigilanza? Non è facile rispondere. Tanto che la riforma di Barack Obama produce effetti paradossali. L'Agenzia per la protezione del consumatore è un'authority in più, ma colma un vuoto importante. Per esempio, può difendere le famiglie da chi offre mutui che poi abbiamo visto come vanno a finire. Insomma, bisogna valutare bene a che cosa serve un'authority perchè i mercati si sono diversificati e chi vigila si deve adeguare alle innovazioni. La protezione del risparmiatore dai tranelli dei contratti diventa finalmente un obiettivo primario. L'Ocse aveva già messo in evidenza questo aspetto già prima della crisi, lanciando un vasto programma di educazione finanziaria. I consumatori sono alla mercè di chi offre prodotti finanziari. Il lato della domanda sul mercato dei titoli è stato troppo trascurato. Basta ricordare che cosa è successo a chi ha investito nei titoli di Stato dell'Argentina: il sistema italiano non ha protetto i risparmiatori che non potevano valutare la rischiosità di quei bond. Mi sembra un punto davvero importante. Suona però come una sconfitta delle banche centrali e delle Consob, le autorità di vigilanza sui mercati: voi non siete state capaci di imporre la trasparenza, meglio che questo mestiere lo faccia qualcun altro. In Europa accadrà la stessa cosa? Penso che si debba fare dovunque è necessario. In Europa i titoli che si possono acquistare sono diversi ma la protezione del risparmiatore va affrontata in senso lato. Gli americani hanno avviato una riforma, l'Europa,sempre in ritardo, si accinge a farlo. Si può dire che dietro ai due progetti c'è una visione comune? Forse una visione comune c'è. è più difficile sostenere che ci sia una convergenza tra i due progetti. Il problema strutturale europeo è diverso da quello americano. Da noi le autorità nazionali mantengono poteri importanti. Insomma i sistemi sono diversi. Penso che il Financial stability board avrà molto da fare per evitare che ci siano dissonanze troppo forti. Qual è il rischio? Il rischio è che rimangano dei buchi nella rete di sorveglianza. E in questi vuoti si possono infilare operatori che gestiscono particolari attività finanziarie avvantaggiandosi con arbitraggi regolamentari. Il risultato è una minore trasparenza, con la possibiltià che si formino e rimangano "coperti" dei sistemi-ombra. Come si evita questo rischio? Serve un monitoraggio continuo per verificare che il nuovo sistema funzioni bene. Ed è importante che ci sia un quadro di principi condivisi, per ragioni pratiche ancora più che etiche. Perché questo è il lato oscuro della globalizzazione: i vuoti di regole sulla governance, sulla remunerazione dei manager generano nuova instabilità. Questa ri-regolazione darà fastidio... Non si vuole opprimere il sistema con nuove regole ma è necessario identificare i vuoti normativi dove si creano. Il Global charter o i Global legal standard servono a verificare che i due apparati, quello americano e quello europeo, interagiscano e per ricordarci che il sistema è uno solo. Ma i settori più colpiti reagiranno... Certo che reagiranno e già al Congresso vedremo come i propositi del piano Obama saranno recepiti. Ma anche in altre parti del mondo assisteremo alla reazione di chi si sente colpito. Sarà banale, ma occorre una visione politica complessiva e un'azione, sempre politica, che eviti un annacquamento delle regole. C'è sempre stato un trade off tra regolazione ed efficienza: tocca alla guida politica trovare il giusto equilibrio. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Bene la nuova Agenzia per la protezione del risparmiatore: è stata troppo trascurata» «Serve un monitoraggio continuo per verificare che il nuovo sistema funzioni bene» Pier Carlo Padoan IMAGOECONOMICA

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Massiah (Ubi): La sfida è la qualità del credito (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-21 - pag: 7 autore: Massiah (Ubi): «La sfida è la qualità del credito» Monica D'Ascenzo MILANO Il settore bancario non può ancora parlare di ripresa. Non sono sufficienti pochi segnali positivi per vedere la luce. Il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah, ritiene che non si possa abbandonare un atteggiamento cauto: «Troppo presto per dare qualunque tipo di giudizio su un'eventuale ripresa.Non dobbiamo abbassare la guardia e dobbiamo continuare ad avere un atteggiamento di grandissimo rigore perché stiamo affrontando una delle maggiori crisi della storia» spiega Massiah, precisando: «Abbiamo dichiarato per primi che il 2009 sarebbe stato un anno difficile. Ci siamo quindi preparati per affrontarlo in modo adeguato. All'interno di uno scenario così complesso Ubi Banca ha potuto e può contare su alcuni aspetti di forza: la qualità del credito, la solidità patrimoniale e la vicinanza alla clientela». I bilanci 2009 delle banche soffriranno «sicuramente per un minor margine da interessie minori commissioni. Fattori bilanciatiin parte da un andamento più favorevole dei mercati finanziari rispetto al 2008 e dagli interventi sui costi. Nel nostro caso, in particolare si raccolgono anche i risultati delle sinergie del processo di fusione» osserva Massiah, secondo il quale comunque «la vera grande scommessa per le banche è quella delle qualità del credito ».E alla domanda su quale sarà l'impatto per gli istituti di credito del deterioramento del credito e dell'aumento di default stimati dalle agenzie di rating, il consigliere delegato di Ubi Banca risponde: «Il costo del credito quest'anno sarà sicuramente maggiore rispetto all'anno scorso. Noi, però, siamo stati particolarmente severi nel 2008, continuando nell'approccio rigoroso che ci ha sempre contraddistinto. Questo approccio rende più efficace, in quanto più tempestiva, la gestione del credito problematico con risultati che si vedono nel medio periodo. Questo rigore non ha però impedito ai crediti di crescere nei primi tre mesi dell'anno del 4% contro la media del sistema del 2,8 per cento». Il gruppo è impegnato in due operazioni di rafforzamento patrimoniale: l'Ops su tre serie di strumenti innovativi di capitale e cinque serie di passività subordinate di 2Úlivello e un'emissione obbligazionaria convertibile per un importo massimo di 639 milioni. Nel primo caso l'operazione si è chiusa con successo e avrà un impatto sul conto economico grazie a «una plusvalenza lorda dell'offerta pubblica di scambio stimata nell'ordine dei 60 milioni di euro». Nel caso dell'emissione obbligazionaria convertibile, invece, parte domani il periodo di esercizio dei diritti di opzione riservati agli azionisti della banca. «Non avevamo bisogno di capitale subito, ma avevamo bisogno di una polizza assicurativa che ci garantisse nel tempo la possibilità di attingere a una riserva di capitale. Da qui la decisione di emettere un bond convertibile in azione, che comunque garantisse ai sottoscrittori il 100% del capitale investito» precisa il consigliere delegato di Ubi Banca. Il gruppo ha chiuso il 2008 con un core Tier 1 al 7,1% e l'obiettivo, confermato, è quello di chiudere l'esercizio in corso «poco sopra e poco sotto il 7%». «La banca – spiega Massiah – non ha alcuna necessità di fare ricorsoai Tremonti bond. Ritenevamo peraltro ci fosse l'occasione per ottimizzare il nostro capitale e lo abbiamo fatto con uno strumento che ha caratteristiche per cui risulta più economico rispetto ai bond con aiuti di stato e con il vantaggio della deducibilità fiscale che gli aiutidi stato in quanto capitale immediato non hanno ». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CONSIGLIERE DELEGATO «Dobbiamo continuare ad avere un atteggiamento di grandissimo rigore per poter affrontare una delle maggiori crisi della storia» Ubi Banca. Il consigliere delegato Victor Massiah INFOPHOTO

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Quell'annuncio è una missione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: RELIGIONIE SOCIETA data: 2009-06-21 - pag: 35 autore: Quell'annuncio è una missione di Giuseppe Bonfrate n'enciclica sociale che dovrebbe avere come titolo U Caritas in Veritate è attesa per i prossimi giorni. è la terza del pontificato di Benedetto XVI. Lo sfondo dei mutati paradigmi economico-finanziari nella grande crisi, che condiziona questi ultimi tempi, non solo ne ha ritardato la conclusione ma ha anche offerto al pontefice di rispondere al dovere spirituale di "parlare" sul fronte franoso di equilibri teorici e pratici ritenuti non più praticabili. La carità, forma di Dio, oggetto della sua prima enciclica, proprio come lì veniva illustrato ( Deus Caritas est, n. 31c) è l'unica parola che resiste nel silenzio del mistero e ora, sembrerebbe, anche nello sconforto teoretico degli analisti economici. L'atteso documento s'inserisce nella tradizione della dottrina sociale della Chiesa che da Leone XIII in poi, in maniera sistematica,offre risposte alle emergenze sociali ed economiche. Essa si traduce anche in lettura cristiana dei tempi, delle opportunità e dei pericoli. Nel passato mancò alla Chiesa l'avvertenza di non lasciare vuoto questo campo nonostante la richiesta di una sua parola chiara, come quando nel Quattrocento da chi praticava affari si sollevò la domanda sulla liceità degli interessi finanziari e del debito pubblico. Da tali interrogazioni non è escluso il cristiano che è attraversato da un'unica tensione che sdoppia le visioni. Occupandosi del mondo pensa al cielo in attesa di abitarlo come dimora definitiva che, secondo san Paolo, sarà la patria della giustizia. Ma la strada che percorre è fatta di terra. La speranza della mèta finale non indebolisce ma nutre la sollecitudine, le passioni e gli sforzi che si praticano nella storia presente. Alla base della dottrina sociale della Chiesa c'è la convinzione che gli uomini siano in grado di cambiare in modo anche radicale le regole e la qualità delle relazioni e delle strutture sociali per tendere a quella giustizia promessa. Per la Chiesa il suo annuncio è una missione di verità e carità. Ma è anche una sfida a misurare la compatibilità tra radice soprannaturale e analisi realista porgendo il criterio spirituale come contributo efficace. Il Vangelo di fronte alla crisi finanziaria offre l'ammonimento della parabola della casa costruita sulla roccia (Matteo 7, 21-27).Vi si riferisce anche il presidente Obama nei suoi discorsi agli americani spaventati. Essi devono ricavare dagli eventi una lezione: evitare le fondamenta di sabbia.Paradossalmente –e ilcristianesimo ha un'anima paradossale – i sostantivi rassicuranti, denaro, potere, successo, da indicatori essenziali dell'ordine della realtà mostrano la loro essenza friabile e illusoria. Ma si attendono anche le valutazioni di Benedetto XVI riguardo al difficile equilibrio tra mercatismo e statalismo. Il principio di «sussidiarietà» (introdotto da Leone XIII e precisato da Pio XI) prevede che qualsiasi intervento da parte dello Stato nella società abbia il fine –in situazioni eccezionali – di aiutare in maniera suppletiva ( subsidium) le membra del corpo sociale, e non di assorbirle o distruggerle. Se le forme di intervento si dilatano e radicano si corre il rischio di deresponsabilizzare la società e avvilire la creatività sociale. Nella dottrina vengono proposti i principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive di azione da cui partire per promuovere un umanesimo integrale e solidale, capace di animare un nuovo ordine sociale, economico e politico, fondato sulla dignità e sulla libertà di ogni persona umana, da attuare nella pace, nella giustizia e nella solidarietà. Si propone il modello di un umanesimo che può essere realizzato se i singoli uomini e donne e le loro comunità sapranno coltivare le virtù morali e sociali in se stessi e diffonderle nella società. Nessuna lusinga dovrebbe ottundere la vigilanza della Chiesa. Essa l'aveva appreso dopo la fine delle persecuzioni anticristiane. Cominciava il confronto con il potere e le sue tentazioni. Si trattava di comprendere quale missione doveva esercitarsi nel nuovo contesto che appariva solo in superficie propizio. Scegliere la testimonianza esemplare significava anche spingersi – come fece Ilario di Poitiers – ad accusare l'imperatore, con le sue ambigue protezioni e rassicurazioni, di attentare all'anima della Chiesa, uccidendola con il denaro e gli onori. Più pesante pena del sangue versato dai martiri. © RIPRODUZIONE RISERVATA La convinzione di poter cambiare regole e qualità delle strutture comunitarie per tendere alla giustizia promessa

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Fotovoltaico sulla via del consolidamento (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: FINANZA data: 2009-06-22 - pag: 22 autore: INTERVISTA Umberto Catani A.d. Sorgenia Solar «Fotovoltaico sulla via del consolidamento» «La crisi finanziaria favorirà la razionalizzazione del business fotovoltaico », dice Umberto Catani, amministratore delegato di Sorgenia Solar (gruppo Sorgenia). «L'incentivazione spiega - ha fatto nascere molte iniziative locali, che però non hanno gambe. Quindi un consolidamento a favore dei grandi gruppi sarà inevitabile. Naturalmente rimarranno a livello locale le attività di integrazione di sistema e di installazione ». Sorgenia Solar, grazie a circa 70 milioni di euro di investimenti – e a un ambizioso piano industriale da attuare entro il 2012 –è il maggior produttore privato di energia fotovoltaica in Italia. Ma i Governi, dagli Usa alla Cina, puntano in modo deciso sulle rinnovabili. La Cina è opportunità di sviluppo o rischio di concorrenza? I cinesi si sono dotati di una capacità produttiva esagerata, e adesso pagano pegno. Malgrado ciò, però, continuano ad annunciare l'avvio di nuove iniziative industriali. Il piano del Governo cinese è volto soprattutto alla salvaguardia dell'industria nazionale. Non penso che per i produttori occidentali ci siano possibilità di sviluppo in Cina. Ma un problema è la concorrenza in Occidente? Con quella già ci confrontiamo tutti i giorni. I cinesi sono in grado di condizionare i prezzi e i loro prodotti, almeno quelli dei produttori più noti, sono di buona qualità. Le migliori aziende stanno anche sviluppando la ricerca, per migliorare con continuità le prestazioni. Per contro continuano ad affacciarsi sul mercato molte nuove aziende cinesi che offrono prodotti di basso livello. Lo sviluppo del solare è stato spinto dagli incentivi. Questa politica dei bonus potrà continuare a lungo? Gli incentivi servono per lanciare un settore nella prima fase e portarlo, poi, a una crescita autonoma. In Italia credo siano ancora necessari, magari con una progressiva riduzione, per qualche anno, ma è chiaro che prima o poi dovranno finire. Per consolidare i risultati ottenuti e non disperdere i benefici degli incentivi pagati, serve però una politica generale di sostegno, che indichi per esempio un piano chiaro di messa in servizio di nuovi impianti inquadrati nel sistema energetico nazionale e una semplificazione burocratica. Questo consentirebbe agli operatori di organizzarsi puntando a costi di produzione del Kwh fotovoltaico confrontabili con quelli di altri sistemi di generazione. Un obiettivo nazionale apprezzabile sarebbe quello di dotare tutte le nuove costruzioni di impianti fotovoltaici autonomi, ma per questo c'è ancora molto da lavorare. Al.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Questione terza Italia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-22 - pag: 3 autore: DALLA PRIMA Questione «terza Italia» è invece un fattore di accelerazione di fenomeni che sono già in corso di realizzazione, sia sotto il profilo dei suoi aspetti positivi (innovazione, nuove tecnologie), sia sotto quelli negativi (perdita di posti di lavoro, chiusura di imprese). Il sistema produttivo industriale da diversi anni è attraversato da un processo di metamorfosi profonda e che nel recente passato ha già conosciuto scuotimenti importanti, come nel caso dell'ingresso della Cina nel commercio internazionale. A questi eventi, la parte più significativa delle imprese ha risposto positivamente ridefinendo la propria organizzazione, spostando all'estero le fasi produttive a minore valore aggiunto, elevando la qualità dei propri prodotti, organizzando la filiera e le reti. Tuttavia, la crisi finanziaria globale si è verificata nello stesso tempo e in tutti i paesi in modo trasversale, annullando un tempo utile al nostro sistema produttivo per cercare nuovi mercati alternativi. Accelerando spasmodicamente il tempo richiesto per adeguarsi ai nuovi scenari. In questo senso, l'interrogativo che la crisi globale pone è se effettivamente abbia una natura "meritocratica" nelle sue conseguenze. Ovvero se la selezione che sta avvenendo, lascerà domani vivere le imprese che hanno saputo rischiare di più nell'innovazione, nel riposizionarsi sui mercati, nell'internazionalizzazione dei rapporti. E che per fare questi processi hanno dovuto accedere a finanziatori e al sistema del credito. Quest'ultimo, però, in questa fase di incertezza, è più restio a rischiare insieme alle imprese. Una risposta ancora non c'è,e solo il futuro prossimo lo farà capire. Tuttavia è un possibile effetto che solo una politica degli interventi accorta a sostegno delle imprese può contenere. Nel contempo, però, anche le realtà socio economiche più attardate nello sviluppo e con situazioni sociali più complicate (come nel caso di alcune realtà non tutte - del Mezzogiorno) risentono maggiormente degli effetti della crisi. In questi casi, pesano uno sviluppo industriale più rarefatto e disomogeneo, la limitatezza di infrastrutture materiali e sociali adeguate, situazioni di degrado diffuse. In una situazione di difficoltà già accentuata, la crisi fa pesare ulteriormente i suoi effetti deflagranti. Dunque, la recessione sbalza e amplifica ulteriormente i dualismi presenti nel nostro paese: le due grandi "questioni" dell'Italia, quella settentrionale e quella meridionale, trovano qui un'ulteriore conferma. E, forse, se ne sta affacciando anche una che riguarda il Centro Italia. Una crisi, quindi, ma effetti diversi. Il rischio assolutamente da evitare per l'Italia è di accentuare ulteriormente le distanze interne in vista della ripresa. Daniele Marini daniele.marini@unipd.it © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Roma calcio il rebus irrisolto (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Sport data: 22/06/2009 - pag: 8 Capitalisti della Capitale di PAOLO FOSCHI Roma calcio il rebus irrisolto Chi ci sarà in cima alla cordata? Chi, dietro l'offerta che Vinicio Fioranelli, procuratore di calcio, ha presentato per acquisire l'As Roma dalla famiglia e da Rosella Sensi? La domanda rimbalza da giorni nei salotti capitolini (e non solo) della finanza. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Fioranelli, con lui ci sarebbe l'uomo d'affari svizzero Volker Flick e una non meglio precisata cordata elvetica. I tifosi temono che l'operazione possa portare a uno spacchettamento del patrimonio della società, per pagare l'acquisto e coprire i debiti. Del resto dal punto di vista imprenditoriale, più che il marchio calcistico e le prodezze dei vari Francesco Totti e Daniele De Rossi fanno gola gli asset immobiliari e i potenziali business della città dello sport di Torrevecchia e il nuovo stadio, su cui hanno già messo gli occhi i big del settore delle costruzioni. Insomma chi compra potrebbe poi cedere in chiave speculativa la parte immobiliare, pagare l'operazione con i soldi incassati e tenersi la squadra, privata però della parte di patrimonio su cui dovrebbe basarsi la solidità finanziaria della società. Chi fa dunque parte della misteriosa cordata? Qualche costruttore? I tifosi aspettano risposte. E la Consob, la Commissione di vigilanza sui mercati finanziari, continua a seguire gli sviluppi della vicenda. Vinicio Fioranelli Rosella Sensi

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Il ritorno di Steve Jobs in trionfo il nuovo iPhone (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 22-06-2009)

Argomenti: Crisi

NEW YORK - Le sue condizioni di salute hanno tenuto con il fiato sospeso per mesi tutti gli appasionati di tecnologia. Steve Jobs affida oggi a un comunicato stampa il suo ritorno sulla scena mediatica, il suo primo atto ufficiale dopo mesi di assenza. Lo fa per commentare il grande successo del nuovo modello di iPhone, il 3GS, che in tre giorni dal lancio sul mercato ha venduto un milione di pezzi. Cifre sbalorditive. Ai nuovi iPhone venduti vanno infatti aggiunti i sei milioni di download effettuati per aggiornare con il nuovo firmware 3.0 i vecchi modelli di iPhone e iTouch. "I consumatori stanno votando e l'iPhone sta vincendo - scrive Jobs - Con oltre 50mila applicazioni disponibili sul rivoluzionario App Store di Apple l'iPhone è sempre più popolare". Il trionfale annuncio di Jobs sembra mettere definitivamente a tacere le voci sulle sue condizioni di salute. Il fondatore dell'azienda di Cupertino riappare dopo sei mesi di stop forzato. Nei giorni scorsi il New York Times aveva scritto - mai smentito - che Jobs si stava ristabilendo dopo aver subito un trapianto di fegato. Voci che si sono scontrate con il netto riserbo da sempre mantenuto dalla Apple sulle condizioni del suo amministratore delegato. A gennaio un comunicato ufficiale aveva annunciato il rititro di Jobs per sei mesi "a causa di una serie di cure ormonali da effettuare". A destare immediate preoccupazioni era stata la storia clinica di Jobs, già operato nel 2004 per un cancro al pancreas e affetto da diabete sin dal 2005. Il comunicato di oggi potrebbe preannunciare il ritorno di Jobs in carne e ossa previsto, sempre nella nota diffusa lo scorso gennaio, per la fine di giugno. OAS_RICH('Middle'); I mercati finanziari sembrano però ancora increduli. L'effetto combinato del ritorno di Jobs e del nuovo iPhone non ha avuto riscontro positivo a Wall Street, dove il titolo Apple ha perso terreno. (22 giugno 2009

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borse giù, milano maglia nera: -4% trichet: rischi di inaspettate turbolenze - elena polidori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia Borse giù, Milano maglia nera: -4% Trichet: rischi di inaspettate turbolenze L´Europa brucia 110 miliardi. Industria italiana indietro tutta La Banca Mondiale taglia le stime sul Pil : resistono solo India e Cina. Tonfo in Italia di fatturato e ordinativi in aprile ELENA POLIDORI ROMA - Le Borse soffrono. Vanno tutte giù spaventate dall´ennesimo ritocco delle stime di crescita dell´economia deciso dalla Banca mondiale, da una serie di dati che pesano singolarmente su ciascun mercato (per l´Italia il crollo di fatturato e ordinativi dell´Industria) e non ultimo da una buia previsione di Jean-Claude Trichet, presidente della Bce: «Ci sono ancora rischi di una improvvisa emergenza per una inaspettata turbolenza sui mercati finanziari». Ovunque grava il timore della recessione, riacceso dalla World Bank che corregge al 2,9% il calo del Pil mondiale 2009 e pronostica un ribasso dell´1,6% nei paesi in via di sviluppo esclusi Cina e India: tutti i dati sono inferiori alle attese. Così, da Parigi a Madrid, da Londra a Francoforte, avanza il segno meno, complici anche alcune scadenze tecniche. In un giorno solo l´Europa brucia 110 miliardi. Perde pure Wall Street (Dow Jones -2,35%). Milano guida i ribassi con l´indice Ftse Mib che lascia sul campo oltre il 4%. Sui risultati italiani influiscono anche i dati del fatturato dell´industria ad aprile che non ha variazioni sul mese precedente ma accusa un calo del 22,2% su aprile 2008. Gli ordinativi scendono del 3,7% su marzo e del 32,2% su aprile 2008. L´industria dell´auto registra un calo degli ordini del 20,2% su base annua (-44,5% esteri ma più 4,6% nazionali con un piccolo balzo). Il fatturato segna una flessione complessiva del 31,1% su base annua(-5,5% nazionale, -58,1% estero). «Siamo al fondo della crisi. Sono fiducioso che la ripresa sia già iniziata», assicura il ministro Claudio Scajola. Sui mercati però c´è tensione. Trichet spiega che «ci sono i primi segnali che la debolezza dell´economia sta rallentando», ma invita a «restare in allerta»: «Ci troviamo ancora in acque non esplorate». Quindi esorta i governi a pensare ad una exit-strategy dalle misure anti-crisi; vuole che tornino a preoccuparsi della sostenibilità dei conti pubblici, messa a dura prova dalla recessione. Piano piano – questo il succo del messaggio - bisogna che i paesi trovino «un giusto equilibrio» tra la necessità di reagire alla crisi e «l´altrettanto innegabile obbligo di ritornare su un sentiero sostenibile nel medio termine». Una necessità, quest´ultima, evidenziata anche dal Commissario Ue, Joaquin Almunia: «Non possiamo permetterci di uscire da questa recessione creando grandi squilibri che saranno all´origine della prossima crisi». Tra i punti interrogativi anche quelli più tecnici che hanno a che fare con il rafforzamento della vigilanza Ue approvato dal Consiglio europeo in una versione compromissione per via delle forti resistenze inglesi. «I leader hanno deciso di non decidere», commenta Lorenzo Bini Smaghi, del board Bce. «Speriamo di non dovere aspettare la prossima crisi per fare una scelta più chiara». Per la cronaca: negli Usa Obama difende il piano per dare nuovi poteri alla Fed come "supervisore dei rischi sistemici" del domani. La questione della prossima crisi, della prossima emergenza aleggia sui mercati, specie dopo l´uscita di Trichet: «Siamo ancora in una fase di discesa dell´economia. Ci sono rischi di impreviste turbolenze finanziarie». E in qualche maniera di pericoli simili parla anche la Banca Mondiale quando afferma che «per prevenire una seconda fase di instabilità i paesi devono riformare il settore finanziario e sostenere le nazioni più povere». Pur prevenendo un recupero nel 2010, questi esperti dicono: siamo entrati «in un´era di crescita più bassa» che richiederà più controlli del settore finanziario.

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crisi, liguria a doppia velocità la produzione tiene, il commercio ko - raffaele niri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina II - Genova Crisi, Liguria a doppia velocità la produzione tiene, il commercio ko Consumi giù meno che altrove, ma negozi decimati Dati pessimi su alberghi e ristoranti: chiusure a raffica, poche le inaugurazioni Il titolare della gioielleria è anche presidente del Civ: "Noi commercianti siamo incapaci di lavorare in gruppo" RAFFAELE NIRI Mugugnavate che c´è poco lavoro, che le attività economiche languono, che gli indici relativi ai consumi fanno pietà? Liguri, tornate a sorridere: non solo la crisi non è uguale per tutti, ma vivete in un´isola felice. Almeno per un po´. Nella classifica tra le regioni in cui si è avvertita maggiormente la crisi - redatta dal "Centro studi Sintesi" per conto del Sole 24 Ore, valutando 14 indicatori diversi - la Liguria è messa malissimo. Cioè benissimo: tutto è relativo, naturalmente, ma peggio (meglio) di noi c´è solo la Valle d´Aosta. In sintesi: l´intensità della crisi sulla Liguria ha un impatto bassissimo (siamo in linea con la Basilicata, la Sardegna, il Molise, ma leggermente meno in ansia di queste tre regioni), siamo in assoluto la regione che ha meno problemi con le attività economiche, siamo al penultimo posto come crollo dei consumi (in diciotto regioni la diminuzione è stata molto più vistosa), siamo a metà classifica solo per quanto concerne la crisi di credito alle imprese. C´è da sorridere, allora? Nemmeno per sogno: come spiega la stessa indagine "in Liguria gli antidoti alla crisi sono rappresentati dall´elevata terziarizzazione del tessuto produttivo, dal rapporto quasi inesistente col commercio estero e dal turismo". Ma questi "antidoti" sono smentiti pesantemente da tutti gli addetti ai lavori. Come ha riportato Repubblica nella sua edizione di domenica, tanto il presidente della Camera di commercio Paolo Odone quanto il presidente di Carige Giovanni Berneschi in una tavola rotonda svoltasi sabato al Porto Antico hanno lanciato un accoratissimo "allarme terziario". Rincara la dose il segretario degli artigiani della Cna, Roberto Timossi: «Magari non chiudono, i nostri artigiani, ma sono ripiegati su se stessi. Magari non licenziano, perché sanno che i tempi di vacche magre passeranno e poi formare un dipendente sarà molto più costoso. Ma conosco decine di lattonieri, muratori, elettricisti, titolari di micro-imprese, che continuano a sacrificare orari e guadagni, nella speranza che prima o poi il brutto passi». Le cifre che riportiamo in tabella parlano da sole. Nel commercio, tanto nel 2007 quanto nel 2008, c´è un gap di oltre mille aziende tra quelle che hanno aperto e quelle che hanno chiuso: in soldoni, in appena due anni, hanno chiuso 2.350 attività più di quante ne siano state aperte. Per alberghi e ristoranti, percentualmente parlando, ancora peggio: 1.400 nuove attività in due anni e 1.900 chiusure, saldo a meno cinquecento. E questo è il settore che tiene. E allora così ci tiene a galla? I numeri assoluti: visto che c´è poco export, per quanto l´export cali, il dato non si sente. Visto che c´è poco lavoro, per quanto i posti diminuiscano, il grosso del reddito è comunque dato dalle pensioni. E così via. Spiega l´indagine del "Centro studi Sintesi": «La morsa della recessione che partita dai mercati finanziari è arrivata all´economia reale, colpendo allo stomaco imprese e famiglie, non stringe ovunque con la stessa forza. In alcune regioni - Toscana e Marche, soprattutto, ma anche Lombardia - si sente più che in Valle d´Aosta, Liguria e Basilicata) anche se tra i primi in classifica e gli ultimi non esistono distanze abissali». Comunque, consoliamoci: il resto d´Italia è messo peggio di noi.

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"mai il burqa in francia" sarkozy sfida l'islam - giampiero martinotti (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 17 - Esteri "Mai il burqa in Francia" Sarkozy sfida l´Islam Un prestito nazionale per favorire gli investimenti Non ci saranno misure di austerità né nuove imposte per colmare il disavanzo pubblico GIAMPIERO MARTINOTTI dal nostro corrispondente PARIGI - I fasti di Versailles, la pompa dei corazzieri in tenuta da cerimonia, un discorso ecumenico: Nicolas Sarkozy ha vestito i panni del "Presidente Sole", come lo ha ribattezzato una parte della stampa, per parlare di fronte alle Camere riunite a Congresso. Per trovare un precedente bisogna risalire addirittura al 1848, quando il principe presidente, Charles-Louis Napoléon, non ancora Napoleone III, si rivolse direttamente ai deputati. Dal 1875, la Repubblica aveva vietato al capo dello Stato di mettere piede in Parlamento e solo la riforma costituzionale dell´anno scorso ha messo fine a una lunga tradizione. Un avvenimento solenne, accettato controvoglia dall´opposizione, che ha accusato Sarkozy di civettare con l´Ancien Régime. Un cerimoniale studiato nei dettagli, ma poche novità politiche di rilievo. In sostanza, due sono stati gli annunci del presidente: l´idea di lanciare un prestito pubblico per finanziare gli investimenti essenziali per il futuro e il no al burqa. Per il resto, Sarkozy ha ricordato molto i valori della `République´, primo fra tutti la solidarietà in tempo di crisi. La forma, insomma, è stata più importante del contenuto. Arrivato al castello di Versailles insieme alla moglie, che lo ha ascoltato dalla tribuna del pubblico e lo ha applaudito sorridente, il capo dello Stato ha voluto soprattutto mostrare al paese, anche da un punto di vista protocollare, che è lui a dettare la politica francese, riducendo il primo ministro a un semplice esecutore. E´ stato spesso così sotto la Quinta Repubblica, oggi lo è ancor più che in passato: «Rivolgendomi a voi, sono cosciente d´inaugurare un cambiamento profondo nella nostra tradizione repubblicana. E´ venuto il momento di stabilire tra il potere esecutivo e il potere legislativo rapporti più consoni allo spirito di una democrazia pacificata, in cui tutti si ascoltano e si rispettano». Una visione non condivisa dall´opposizione: comunisti e verdi hanno boicottato la seduta, i socialisti hanno ascoltato il presidente, ma hanno disertato il dibattito seguito alle sue dichiarazioni. A nessuno è sfuggito l´intento politico di Sarkozy: ha voluto sfruttare la vittoria alle europee per dare un nuovo impulso al suo quinquennio presidenziale, indicando a grandi linee le prossime riforme. Domani procederà a un rimpasto governativo, ma limitato ad alcune poltrone. Il capo dello Stato ha promesso che non ci saranno misure di austerità, né nuove imposte per colmare il disavanzo pubblico, che quest´anno raggiungerà il 7,5% del pil. Ha promesso tagli alle spese inutili e a quelle di funzionamento. Ed ha annunciato un grande prestito pubblico per finanziare gli investimenti del futuro: il governo avrà tre mesi di tempo per studiare i settori in cui si dovrà investire e poi farà ricorso ai risparmiatori e ai mercati finanziari. Per il resto, Sarkozy ha promesso un nuovo negoziato sulle pensioni, l´introduzione progressiva della tassa sul Co2, la riforma per snellire gli enti locali. Il presidente ha anche detto la sua sul burqa: «Non è il benvenuto sul territorio della Repubblica. Non si tratta di un problema religioso, ma di un problema di dignità della donna - ha detto raccogliendo l´applauso più caloroso - . E´ un segno di asservimento, di avvilimento». Sarkozy ha però lasciato al Parlamento il compito di analizzare il fenomeno e proporre provvedimenti.

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Bce: Shock imprevisti possono frenare il rilancio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 8 autore: Trichet mette in guardia sui colpi di coda del credit crunch Bce: «Shock imprevisti possono frenare il rilancio» Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente L'economia tedesca sta lanciando nuovi segnali di stabilizzazione, dopo il crollo della fine del 2008. La situazione però rimane incerta, come ha ribadito ieri la Banca centrale europea. L'istituto ha avvertito della possibilità di nuovi improvvisi scossoni in un settore finanziario che questa settimana beneficerà di una maxi operazione di rifinanziamento della Bce. L'indice Ifo, che riflette la fiducia delle imprese tedesche, è risalito in giugno ai massimi da novembre, balzando da 84,3 a 85,9. è il terzo aumento consecutivo. Il sotto-indice sulle attese a sei mesi è aumentato a 89,5, da 86 in maggio, mentre l'indicatore relativo alla situazione attuale è calato da 82,5 a 82,4. «Il nostro studio - ha spiegato ieri il presidente dell'istituto Ifo Hans-Werner Sinn - dimostra che l'economia tedesca si sta stabilizzando». La speranza di molti è che la recessione stia rallentando il passo e un ritorno della crescita possa finalmente materializzarsi nei prossimi mesi. Proprio ieri la Bundesbank ha affermato che «una vera ripresa è prevedibile solo nel corso del 2010». Molti dipenderà dai piani di stimolo all'economia messi a punto in numerosi paesi industrializzati e non. Il gruppo Siemens, per esempio, ha spiegato che punta a firmare nuovi ordini per 15 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Il direttore generale dell'associazione delle camere di commercio Dihk, Martin Wansleben, ha precisato però che per ora i segnali positivi riguardano solo alcuni settori. Molti temono un aumento della disoccupazione, finora tenuta a freno da numerosi ammortizzatori sociali. In un discorso a Madrid, anche il presidente della Bce Jean-Claude Trichet è stato prudente. Prima di tutto ha spiegato che la recessione non è terminata. E ha poi aggiunto: «Siamo in una situazione imprevedibile. Vi sono ancora rischi dell'emergere improvviso di inattese turbolenze finanziarie». La presa di posizione di Trichet lascia intendere che per ora il consiglio direttivo rimane e cauto su una eventuale ripresa dell'economia. Lo stesso governatore austriaco Ewald Nowotny ha spiegato ieri che il tasso di riferimento, oggi all'1%, potrebbe rimanere a questo livello per un lungo periodo, e comunque fino alla fine dell'anno. Proprio questa settimana verrà organizzata dalla Bce la prima operazione di rifinanziamento a 12 mesi preannunciata in maggio. Il maxi pronti contro termine verrà effettuato al tasso fisso dell'1% e tutte le richieste verranno soddisfatte. Mai finora la Bce si era lanciata in un'operazione di durata così lunga (finora il massimo era stato di sei mesi). L'obiettivo è di dare alle banche tutta la liquidità necessaria in modo da aiutare a raffreddare le tensioni sul mercato monetario. Gli analisti si aspettano una domanda di fondi pari a 500 miliardi di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Apagina 31 Il protezionismo preoccupa l'establishment tedesco GERMANIA Dall'economia tedesca stanno arrivando segnali di stabilizzazione con la fiducia delle imprese ai massimi da novembre Prudente. Jean-Claude Trichet AFP

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Emergenti a secco di capitali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 8 autore: I volti della crisi. La recessione è più profonda del previsto e il Pil mondiale scenderà del 2,9% Emergenti a secco di capitali Banca mondiale: gli investimenti esteri si dimezzeranno nel 2009 Alessandro Merli Il crollo dei flussi di capitale verso i paesi emergenti rischia di far deragliare la ripresa globale, che si spera possa essere trainata proprio da questi paesi. La Banca mondiale ha diffuso ieri un rapporto secondo cui i flussi netti di capitali privati hanno accusato nel 2008 una brusca caduta, a 707 miliardi di dollari, dal picco di 1.200 miliardi del 2007. La Banca prevede che saranno poco meno che dimezzati quest'anno,scendendo a 363 miliardi. Le cifre, anche se su un campione diverso di paesi, confermano una tendenza evidenziata nei giorni scorsi dalle stime dell'associazione delle grandi banche internazionali, l'Institute of international finance. Il presidente della World Bank, Robert Zoellick, aveva già anticipato, alla vigilia del G-8 di Lecce, le previsioni del rapporto riguardo l'andamento dell'economia globale,che accuserà una contrazione quest'anno del 2,9 per cento (superiore a quanto finora previsto). I paesi in via di sviluppo cresceranno solo dell'1,2%, in netta decelerazione dall'8,1 del 2007 e dal 5,9 del 2008. Escludendo Cina e India, il Pil degli altri paesi in via di sviluppo cadrà quest'anno dell'1,6%.La ripresa dovrebbe arrivare dall'anno prossimo, con una crescita per l'economia mondiale del 2% e per i paesi in via di sviluppo del 4,4. La scarsità di capitali, dovuta anche alla massiccia ristrutturazione dei sistemi bancari nei paesi avanzati e all'instabilità dei mercati finanziari, può ostacolare seriamente il rilancio. «Il crollo dei flussi - dice l'economista della Banca mondiale, Mick Riordan, uno degli autori del rapporto - è stato pesante soprattutto nell'ultimo trimestre 2008, dopo il fallimento di Lehman. Nel primo trimestre di quest'anno, c'è stato qualche segnale incoraggiante con il ritorno sui mercati dei capitali di alcune emissioni sovrane. I prestiti bancari e gli investimenti azionari di portafoglio però sono ancora in calo». Nel complesso, i paesi in via di sviluppo avranno necessità di finanziamento fra i 350 e i 635 miliardi di dollari, ma difficilmente il crollo dei flussi privati sarà interamente compensato da fondi pubblici. L'analisi delle diverse regioni dell'economia mondiale presenta uno spettro molto ampio di reazioni alla crisi: dall'Estremo oriente,un'area a grande vocazione esportatrice, dove ha pesato il ridimensionamento del commercio mondiale, ma che sembra la più pronta alla ripresa, grazie anche alla spinta dello stimolo fiscale adottato dalla Cina; all'Europa centrale e orientale, che aveva basato lo sviluppo degli ultimi anni sui flussi di capitali esteri che sono caduti del 47% dal 2007 al 2008. Il Pil di quest'area subirà quest'anno una contrazione del 4,7%, con un rimbalzo solo all'1,6 nel 2010. «Ampli deficit delle partite correnti e il surriscaldamento dell'economia hanno reso molti paesi vulnerabili all'improvvisa inversione dei flussi di capitale e alla domanda più debole di esportazioni», dice il rapporto. Si tratta di una delle aree dove sono più forti gli interessi italiani, soprattutto con il coinvolgimento delle grandi banche, Unicredito e Intesa San Paolo. «Credo che i pericoli di collasso siano stati evitati - dice Riordan - con i pacchetti di finanziamenti delle istituzioni internazionali, ma l'area resta una delle più a rischio». © RIPRODUZIONE RISERVATA IN DIFFICOLTà La flessione sarà del 4,5% per l'Eurozona e del 3% per gli Stati Uniti Male i paesi in via di sviluppo Ripresa debole nel 2010

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Tremila operai a sostegno dello sciopero di Lindsey (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 10 autore: Regno Unito. Si allarga a tutto il paese la protesta contro Total Tremila operai a sostegno dello sciopero di Lindsey Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente Si allarga a tutta la Gran Bretagna la protesta per i licenziamenti alla raffineria della compagnia petrolifera Total di Lindsey, in Lancashire, che fu teatro del clamoroso sciopero anti-italiano dei mesi scorsi. Novecento operai hanno incrociato le braccia in Cumbria, quattrocento in Galles occidentale, duecento in quello meridionale, mille in Teeside e altre centinaia sparse in tutto il paese. Astensioni dal lavoro decise in segno di solidarietà per il licenziamento di 647 lavoratori della Total accusati di aver, improvvisamente, scioperato contro il taglio di 51 posti deciso da due società che operano in subappalto nel complesso della raffineria. Total non si considera responsabile delle azioni delle imprese che operano in subappalto e non ha accettato le modalità dell'agitazione decisa dai suoi dipendenti. Dopo aver consegnato le lettere di licenziamento la società francese si è detta pronta revocarle se la protesta fosse rientrata immediatamente. La risposta è arrivata ieri mattina sotto forma di un falò nel quale i lavoratori hanno bruciato le lettere inviate loro dalla Total. Contemporaneamente, come fosse stata accesa una miccia, si è estesa la protesta in segno di solidarietà con i lavoratori di Lindsey che già aveva occhieggiato venerdì. Ieri, però, i numeri si sono moltiplicati con più di tremila operai in agitazione in tutto il paese e la distribuzione geografica delle astensioni fa temere possibili azioni più dure e su vasta scala. La giornata di ieri è trascorsa nel tentativo di mediare fra le parti con Total ferma nel chiedere ai lavoratori di presentare nuovamente domanda per il posto perduto entro le cinque del pomeriggio, deadline alla quale la compagnia non intendeva derogare. In sostanza la società francese non ha più intenzione di garantire quei posti che ha tagliato dopo lo sciopero selvaggio dei giorni scorsi. Questa mattina la protesta a Lindsey riprenderà e riprenderanno pure gli scioperi per simpatia nel resto del paese. In Gran Bretagna le agitazioni di categoria in segno di solidarietà non sono legali e avvengono oltre le dinamiche sindacali classiche. Per questo sono particolarmente pericolose. Era successo in occasione dello sciopero contro gli italiani che proprio a Lindsey lavoravano in subappalto. All'epoca lo slogan dei manifestanti era "Posti di lavoro inglesi per lavoratori inglesi", parola d'ordine che ammantò di protezionismo l'operato delle Trade Unions. Questa volta il quadro è differente, ma forse più preoccupante. Quella che di fatto è messa in discussione è la norma dello sciopero in segno di solidarietà, uno dei passaggi cruciali delle riforme realizzate da Margaret Thatcher per contenere lo strapotere dei sindacati. In un contesto di recessione e crisi come quello attuale il sindacato tende a riprendere l'iniziativa o rischia di essere scavalcato. L'efficacia delle azioni di protesta passa spesso attraverso astensioni generalizzate e improvvise. Le Unions, ufficialmente, non possono sostenere scioperi di questo tipo e talvolta sembrano subirli. Che ne siano gli ispiratori o che siano superati da una base più radicale della stessa leadership sindacale, è difficile da dire. Resta però la certezza che la recessione stia mettendo a dura prova la "pace sociale" britannica degli ultimi vent'anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCONTRO SOCIALE Crescono le azioni di solidarietà dei lavoratori La compagnia non intende riassumere i dipendenti licenziati nella raffineria

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Siemens Italia investe nel solare (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-06-23 - pag: 23 autore: Ambiente. La multinazionale perfeziona l'acquisto del 28% di Archimede Siemens Italia investe nel solare La green economy conquista anche Siemens Italia, che ha confermato l'avvenuto acquisto del 28% delle quote di Archimede Solar Energy, azienda specializzata nel settore del solare termodinamico. L'obiettivo, ha spiegato Federico Golla, vicepresidente e amministratore delegato del ramo italiano della multinazionale tedesca, «è quello di espandere le nostre competenze nelle turbine a vapore per centrali solari a concentrazione». All'acquisizione dovrebbe seguire a breve la costruzione di un nuovo sito produttivo in Umbria che andrà a occupare circa 120 addetti. «Per Siemens – ha continuato Golla – ciò significherà prepararsi a diventare uno dei principali fornitori per questo genere di impianti e quindi giocare un ruolo cruciale nello sviluppo delle energie rinnovabili in Italia». Una strategia in linea con le direttrici del gruppo che, ieri, per bocca del suo presidente e Ceo, Peter Loescher, ha anticipato che, grazie ai programmi di stimolo all'economia già annunciati dai Governi in tutto il mondo, Siemens si aspetta di ottenere, in tre anni, nuovi ordini per 15 miliardi di euro, il 40% dei quali andrannoa incrementare in maniera significativa la quota proveniente dal portafoglio ambientale. «Con i loro programmi ha chiarito Loescher- i Governi mondiali stanno mandando i giusti segnali. Sullo sfondo della peggior crisi finanziaria degli ultimi decenni, queste misure ammortizzano almeno parzialmente il brusco declino nella domanda da parte del settore privato». Analizzando i programmi di stimolo economico avviati dai diversi Paesi, la quota più significativa accessibile a Siemens è quella generata dagli Stati Uniti per un totale di 85 miliardi di euro, seguiti da Cina (25 miliardi) e Germania (5 miliardi). «Buona parte di questi investimenti - ha continuato Loescher- sono destinati alle tecnologie verdi: in Cina rappresentano circa il 50%, mentre in Germania raggiungono il 60 per cento. Ma Siemens può aiutare anche altri Paesi a raggiungere i rispettivi obiettivi di protezione ambientale, soprattutto collaborando strettamente con le amministrazioni locali». E uno di questi, appunto, è l'Italia,al cui sistema produttivo l'Esecutivo ha riservato un pacchetto di 40 miliardi di euro fra finanziamenti infrastrutturali e aiuti diretti alle imprese: «Possiamo contare su uno dei migliori sistemi di incentivi in Europa per stimolare gli investimenti nelle fonti rinnovabili - ha sottolineato Golla -. Investimenti che per noi sono strategici: insieme ad altri programmi governativi disponibili per lo sviluppo di sistemi e soluzioni ecosostenibili e di risparmio energetico, Siemens Italia sta progettando di sviluppare ulteriormente la propria quota di mercato, con una stima di crescita di circa 40 milioni di euro. In Italia, infatti, possiamo fare leva sul nostro centro per il manufacturing execution system a Genova, che dà lavoro a più di 600 persone, sul centro di competenza internazionale per il trattamento delle acque a Pavia, sul sito di produzione di trasformatori a Savona e ora anche sull'Archimede Solar Energy». Anche la sanità, infine, fra le priorità di Siemens: «Sappiamo come progettare un ospedale ecologico che operi con un approccio basato su workflow. E sappiamo che è questo genere di investimenti che permetterà al nostro Paese di crescere », è la conclusione di Golla. M.D.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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All'esame del goveno l'albo dei consulenti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 41 autore: Regole. Ricadute della Mifid All'esame del goveno l'albo dei consulenti Stefano Elli Alla terza proroga e a un anno dall'entratain vigore della Mifid, la direttiva comunitaria sui mercati finanziari, potrebbe finalmente partire l'albo dei consulenti finanziari. è previsto per oggi, in sede di pre consiglio dei ministri,l'esame definitivo dello schema di decreto legislativo che andrà a modificare il Testo unico della Finanza (decreto 58/1998) e il decreto 164/2007 in materia di mercati degli strumenti finanziari. Tra le novità più attese nel settore spicca, appunto, l'istituzione dell'albo delle persone fisiche consulenti finanziari che andrà ad aggiungersi a quello già esistente dei promotori: un parallelismo sottolineato anche dai chiarimenti degli aspetti tecnico normativi del provvedimento. L'albo, atteso da tempo da migliaia di operatori del settore, sarà tenuto, analogamente a quanto avviene per i promotori, da un organismo composto da un presidente e da quattro membri di cui due in rappresentanza degli iscritti designati secondo le modalità fissate dallo statuto dell'organismo. Si tratterà di un organismo dotato di autonomia finanziaria: riscuoterà, dunque, i contributi dagli iscritti, da coloro che richiederanno l'iscrizione e dagli aspiranti consulenti, che intendessero sottoporsi alle prove valutative volte a stabilirne l'idoneità professionale. Non è che l'ultimo di una serie di interventi normativi tesi a regolamentare un settore complesso e sfilacciato come quello degli intermediari della finanza e del credito. Il decreto, infatti, si accompagna al Provvedimento di Banca d'Italia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 giugno scorso che va a regolare la materia dei soggetti operanti nel settore finanziario. Le disposizioni di Palazzo Koch, vanno a modificare le modalità d'iscrizione e di cancellazione nell'elenco generale previsto dall'articolo 106 del Testo unico bancario. Il tutto andando a innalzare l'asticella, sino a questo momento piuttosto bassa, dell'accesso al settore. Tanto bassa da avere reso in questi ultimi anni particolarmente complesso un adeguato controllo da parte dell'Authority anche nel compo degli intermediari creditizi: una situazione alla quale in Via Nazionale si è deciso di mettere un freno definitivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA DOPO TRE PROROGHE A Palazzo Chigi il testo definitivo delle modifiche alla «legge Draghi» Banca d'Italia stringe sui requisiti degli intermediari

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Porsche a caccia di fondi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 43 autore: Auto. La richiesta di aiuti bocciata da Berlino verrà ripresentata Porsche a caccia di fondi FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Porsche resta alla disperata ricerca di soldi, dopo che la mancata scalata a Volkswagen ha creato debiti per nove miliardi di euro. Le indiscrezioni di venerdì scorso sono state confermate: la richiesta di un prestito statale da 1,75 miliardi di euro è stata bocciata dalla banca pubblica KfW, tanto che la società di Stoccarda deve ripresentare domanda al governo tedesco. Al tempo stesso, Porsche continua i negoziati con l'emirato arabo del Qatar, pronto ad acquistare una quota del 25- 30%. Novità vi potrebbero essere tra la fine di giugno e l'inizio di luglio. La stampa tedesca ha rivelato che anche Daimler starebbe discutendol'ipotesi di entrare nel capitale del produttore di auto sportive (si veda il Sole 24 Ore di sabato). Le società hanno nicchiato. Daimler ha detto ieri che «nel settore automobilistico tutti parlano con tutti». Se Porsche è in difficoltà, il produttore delle Mercedes-Benz non è in una situazione migliore, tanto che nei mesi scorsi ha ricevuto l'aiuto dell'emirato arabo di Abu Dhabi cui ha ceduto una quota del 9%. Tenendo conto che Porsche controlla il 51% di Volkswagen, un eventuale ingresso di Daimler nella società di Stoccarda potrebbe provocare problemi di antitrust anche perché Porsche, oltre a trattare con il Qatar e con il produttore di MercedesBenz, sta anche negoziando una difficile integrazione con la stessa Vw. Complice la scalata fallita, l'obiettivo tra le due aziende è ormai una fusione. Negli Stati Uniti, dove la ristrutturazione del settore è stata innescata dalla crisi finanziaria, la qualità delle auto made in Usa migliora paradossalmente proprio nell'anno in cui due costruttori su tre sono falliti. Secondo il rapporto annuale della società di consulenza J.D. Power, Detroit è riuscita a migliorare la qualità iniziale dei veicoli del 10%nel 2009 nonostante l'impatto delle difficoltà economiche e della recessione: sia Ford che Gm e Chrysler hanno ridotto il numero di difetti iniziali, anche se restano lontane dal primo posto in classifica, per il quale quest'anno Lexus (il marchio di lusso di Toyota) ha risorpassato Porsche. All'ultimo posto si è invece piazzata la Mini (Bmw). Secondo David Sargent, vice president della Jd Power, il gap di qualità tra case americane e straniere è sceso ai minimi storici. Particolarmente rilevante il balzo di Chrysler; il marchio Jeep, ultimo nel 2008, ha guadagnato quattro posizioni con 137 problemi (nei primi 90 giorni) per 100 veicoli, 29 meno del 2008. La media di settore è stata di 108 difetti, con il leader Lexus a quota 84 davanti a Porsche (90), Cadillac (91), Hyundai (95) e Honda (99). Anche il marchio Ford ha fatto meglio della media. I marchi di General Motors hanno avuto performance variabili (il migliore è Chevrolet al nono posto), e i peggiori sono quelli messi in vendita nell'ambito della ristrutturazione: Saab, Saturn e Hummer. Il riassetto del settore, con le cessioni appena citate e il taglio di un gran numero di concessionari da parte di Gm e Chrysler stanno fornendo occasioni di crescita a più di un costruttore straniero. Il distributore del gruppo indiano Mahindra, Global Vehicles, ha contattato un certo numero di ex dealer della Chrysler; e la coreana Kia, secondo Automotive News, sta reclutando fra i concessionari della Saturn. La strategia della Kia è particolarmente rilevante poiché il gruppo coreano Hyundai, cui appartiene, ha messo a segno nel 2009 un consistente aumento di quota di mercato quest'anno e ha praticamente raggiunto Nissan al sesto posto del mercato Usa. B. R. © RIPRODUZIONE RISERVATA NEGLI USA Secondo lo studio Jd Power la qualità delle auto Usa è ormai al livello delle estere Tra i marchi, Lexus batte Cadillac

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Maxi-prestito per la Francia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-23 - pag: 13 autore: Parigi. Il presidente ha annunciato il finanziamento a dispetto di un deficit stimato al 7,5% del Pil Maxi-prestito per la Francia Sarkozy: politica del rigore fallimentare, non aumenterò le tasse Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente L'iper-presidente è di ritorno. Galvanizzato dal successo delle elezioni europee e da un indice di popolarità nuovamente in ascesa, Nicolas Sarkozy ha scelto una cornice solenne, inedita (e regale) per un presidente della V Repubblica - la sessione plenaria di Camera e Senato in Consiglio a Versailles - per tracciare il cammino della fase due del quinquennato: come uscire dalla crisi, quali riforme portare avanti e con quali risorse. Con un discorso di tre quarti d'ora reso possibile da una riforma costituzionale (è dal 1875 che un capo di stato non poteva esprimersi davanti ai rappresentanti del potere legislativo) Sarkozy si è espresso con sobrietà, ma senza entrare troppo nei dettagli. Una vaghezza istituzionale che non gli è propria ma che non ha risparmiato all'audience una piccola-grande sorpresa. Il coniglio nel cilindro si chiama stavolta maxi-prestito di stato, a dispetto di un deficit pubblico abbondantemente fuori controllo (7-7,5% del Pil previsto quest'anno e il prossimo, se tutto andrà bene) e dei più recenti appelli della Bce alla moderazione nella spesa pubblica una volta che si sarà materializzata la ripresa economica. Solo che la crisi, secondo il presidente francese, «non è finita e nemmeno sappiamo quando finirà». Un supplemento di incertezza sul futuro a medio termine che può giustificare, nuovamente, politiche e strumenti eccezionali in risposta a una situazione senza precedenti. Non ci sarà, però, una politica di austerità, «che in passatoè già fallita» e, parola di presidente, «nemmeno un aumento delle tasse perché così ritarderemmo ulteriormente la ripresa economica». Una soluzione possibile, secondo Sarkozy, è quella di «un grande prestito di stato presso i risparmiatori o presso i mercati finanziari» per alimentare la crescita di domani: infrastrutture, scuola, università, ricerca, riconversione ecologica dell'economia per ridurre le emissioni di CO2 e combattere i cambiamenti climatici. Insomma, del nuovo debito per una nobile causa. Tutte da definire le modalità e l'ammontare di questo prestito, che ha almeno un precedente illustre nel "prestito Balladur" del 1993 (si veda la scheda). I dettagli saranno frutto di una grande concertazione tra imprenditori, sindacato, ricercatori e parlamentarichepartiràil 1Úluglioedurerà tre mesi. In autunno si conoscerà dunque quanto e come lo stato francese farà appello al mercato e/o ai risparmiatori per consolidare l'uscita dalla crisi economica. Non è un deficit che sembra preoccupare Sarkozy poiché si tratta, secondo lui, di un indebitamento virtuoso, mirato agli investimenti. La lotta sarkoziana al deficit strutturale è una lotta alla spesa corrente, a una pubblica amministrazione ipertrofica e piena di sovrapposizioni: «Quello del prestito è un annuncio fortemente politico. Perché si trasformi in un'operazione appetibile per gli investitori, lo stato dovrà sostenere un costo non indifferente. Non so quanto saranno contenti all'Agence France Trésor, l'agenzia che gestisce il debito e la tesoreria di stato », dice il capo-economista di una grande istituzione finanziaria francese. Il prestito Balladur - 110 miliardi di franchi, oggi 16,5 miliardi di euro - venne collocato con un tasso d'interesse del 6% mentre l'emissione obbligazionaria lanciata di recente dal colosso dell'elettricità Edf (controllato all'85% dallo stato francese) prevede una cedola annua del 4,5 per cento. «Non possiamo continuare a fissare delle priorità- si è giustificato il presidente - e non dotarci dei mezzi necessari per conseguirle. è impossibile farlo nell'attuale contesto di bilancio». L'uscita di Sarkozy rilancerà prevedibilmente il dibattito e la polemica in sede europea sul rischio di un'esplosione del debito come possibile conseguenza devastante della crisi. Il capo di stato francese ha inoltre preannunciato che intorno alla metà del 2010 sarà affrontata la riforma del sistema previdenziale e che in quell'occasione non vi saranno tabù: «Tutto sarà messo sul tavolo negoziale, dall'incremento della carriera retributiva all'allungamento dell'età pensionabile alla punibilità del lavoro ». Domani, infine, in parte conseguenza delle europee e in parte della volontà di dare nuovo impulso alla fase due del progetto riformista, ci sarà il rimpasto governativo atteso da mesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA AL CONGRESSO Il discorso a Versailles davanti alle Camere riunite: non accadeva dal 1875 L'entità e i dettagli dell'operazione in autunno Fase due della presidenza. Sarkozy all'ingresso della sessione plenaria del parlamento a Versailles REA

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Berlino darà battaglia sul protezionismo al G-8 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-06-23 - pag: 31 autore: ANALISI Berlino darà battaglia sul protezionismo al G-8 di Beda Romano C resce in Germania il timore di un'ondata di protezionismo a livello mondiale, complice la crisi economica. L'establishment politico dà battaglia su un tema che preoccupa non poco il primo esportatore al mondo, e che certo non può lasciare indifferente gli altri paesi leader sui mercati internazionali, a iniziare dall'Italia. All'inizio del mese, l'associazione imprenditoriale Bdi ha scritto una lettera di quattro pagine al Congresso americano in cui definisce il testo dell'American Recovery and Reinvestment Act «poco trasparente» e attacca in particolare le regole interinali, considerandole «piene di ambiguità », tali da permettere alle autorità di chiudere il mercato alle imprese straniere. Sulla falsariga della clausola Buy American, il governo cinese ha introdotto norme che impongono alle aziende locali di acquistare prodotti nazionali. «Un segnale pessimo», lo ha definito JÜrgen Hambrecht, presidente di Basf. Qualche giorno prima il banchiere della Deutsche Bank, Josef Ackermann, aveva pronunciato un discorso a Pechino particolarmente esplicito. Riferendosi agli aiuti bancari, il presidente della prima banca tedesca aveva spiegato che «il fenomeno potrebbe creare un ambiente protezionista penalizzante per tutti». Dinanzi a questi episodi, l'establishment tedesco si sta preparando a dare battaglia sia in occasione del G-8 all'Aquila in luglio che durante il G-20 di Pittsburgh in settembre. «Misure protezioniste sono emerse anche in America latina – commenta Alexander Lau, lobbista a Bruxelles per l'associazione tedesca delle Camere di commercio Dihk –. La questione preoccupa le nostre aziende: capiamo il riflesso di difendere i mercati nazionali in momenti di crisi, ma è pericoloso perché rischia di pesare sulla ripresa economica». La stampa tedesca segue la questione con grande attenzione. Non le sono sfuggiti per esempio gli aumenti dei dazi doganali in Russia, India, Turchia, Ecuador o Argentina. La Banca mondiale ha registrato 89 nuove restrizioni al commercio dall'ottobre scorso, di cui ben 23 dall'inizio di aprile quando si svolse la riunione del G-20 a Londra. è difficile parlare di una prossima guerra commerciale, simile a quella che ebbe luogo negli anni 30, dopo lo scoppio della bolla del 1929. Oggi il 75% circa del commercio internazionale si svolge all'interno di aree di libero scambio o tra i paesi dell'Ocse. In realtà le misure protezionistiche più classiche, i dazi, non sono quelle più utilizzate. «Solo un terzo delle norme si riflette in un incremento delle imposte all'importazione – spiega Tim Sprissler, economista di Deutsche Bank a Francoforte –. La maggior parte delle misure sono barriere non tariffarie ». Queste ultime possono essere dirette (per esempio restrizioni delle procedure) o indirette (attraverso nuove regolamentazioni). Sprissler sostiene che il protezionismo sta prendendo forma spesso attraverso una corsa ai sussidi, ricordando per esempio che i soli paesi industriali hanno aiutato il settore dell'auto con misure totali pari a 43 miliardi di dollari. Gli stessi pacchetti di stimolo all'economia contengono sovente limitazioni per le aziende straniere. «Siamo in stretto contatto con il governo federale, i deputati del Bundestag, le nostre ambasciate all'estero – aggiunge ancora Lau – nel tentativo di fare pressione ed evitare forme di protezionismo ancor più gravi ». In questo senso, obiettivo dell'establishment politico tedesco - oggi dall'esito quanto mai incerto- è una rapida ripresa, in autunno, del Doha Round. beda.romano@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA PAURE TEUTONICHE Il primo esportatore a livello mondiale guarda con sospetto alle mosse di Cina e Stati Uniti

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Affonda l'industria, le borse traballano, si invocano riforme (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI Affonda l'industria, le borse traballano, si invocano «riforme» Francesco Piccioni C'è sempre un indicatore preciso per capire dove va l'economia, ed è il prezzo del petrolio. Se la ripresa sembra alle porte il prezzo sale perché se ne consumerà di più, altrimenti scende. Ieri, al Nymex di New York, ha perso oltre il 4%, tornando intorno ai 66 dollari (nei giorni scorsi aveva più volte superato i 72). Se non vi fidate dei prezzi internazionali, pensando che possano essere manipolati dalla speculazione (ed entro certi limiti a volte è anche vero), potete trovare conferma nel dati del fatturato (controvalore di merci già vendute) e soprattutto negli ordinativi. Restando in Italia - dove un ilare ministro dello sviluppo economico come Claudio Scajola ha commentato i dati Istat dicendosi «fiducioso che la risalita sia già iniziata» - il fatturato dell'industria ha fatto segnare, nel mese di aprile, una variazione nulla rispetto al mese di marzo, ma anche un catastrofico -22,2% rispetto a un anno prima. Ancora peggio per gli ordinativi, che fotografano il futuro prossimo. Qui, nel mese di aprile, c'è stata una riduzione secca del 3,7% rispetto a marzo, ma addirittura del 32,2 rispetto allo stesso mese del 2008. Di cosa è contento, dunque, il ministro? Probabilmente di quel +4,6% negli acquisti nazionali di automobili (con quella massa di incentivi messi in campo, stupisce semmai che il dato non sia migliore). Ma se guardasse (e dovrebbe farlo per dovere istituzionale!) agli ordini dall'estero per la stessa auto vedrebbe un terrorizzante -44,5%. A soffrire di più è proprio l'industria metalmeccanica, quella che da sola rappresenta in genere il 50% delle esportazioni nazionali. Qui i dati sono da stato di guerra: -41,1% nella metallurgia, -44 nella fabbricazione di macchinari, -30,4 per le apparecchiature per uso domestico elettriche e non, -30,1 per i prodotti petroliferi raffinati. Per compensazione, vanno un po' meglio i preparati farmaceutici (+3,4%). E se ne vedono facilmente le ragioni... Con dati così alle spalle, anche in altri paesi europei, ci si aspettarebbe dalle autorità finanziarie un briciolo di ragionamenti concreti, e quindi la richiesta di un stimolo alle politiche della domanda. E invece l'imperturbabile Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, che pure è costretto ad ammettere che «sussiste il rischio di una inaspettata turbolenza sui mercati finanziari» - sarebbe stato forse più onesto dire «ci aspettiamo una nuova turbolenza», no? -, ha trovato il tempo di dare indicazioni ai governi continentali: fare la «riforma delle pensioni». Naturalmente per «dare una prospettiva ai nostri figli e ai nostri nipoti e avere un bilancio ragionevole e un deficit ragionevole». L'equazione è chiara: un «mercato del lavoro più flessibile» per i figli (che in tal modo avranno solo lavori precari, a bassissima o nulla contribuzione), e un «allungamento dell'età pensionabile» per i padri (che non potranno perciò lasciare i posti di lavoro liberi per la generazione successiva. Risultato: tutti - giovani e vecchi - al lavoro sempre, per tutta la vita, a un salario basso e senza più diritti. Una modesta proposta: si potrebbe abbassare l'età pensionabile di Trichet, del board della Bce e dei suoi funzionari, in modo da sostituirli subito. E tagliare drasticamente, magari, il favoloso assegno pensionistico cui avranno comunque diritto. Per giustizia, non per altro.

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Trichet avverte i mercati: ancora rischi Tonfo delle Borse, Milano cede il 4,1% (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 23/06/2009 - pag: 41 Recessione Il presidente Bce: possibili altre turbolenze. Bini Smaghi: vigilanza Ue, troppa indecisione Trichet avverte i mercati: ancora rischi Tonfo delle Borse, Milano cede il 4,1% Francoforte -3,2%. Su Piazza Affari l'effetto cedola. Giù euro e petrolio FRANCOFORTE L'economia mondiale? «Siamo ancora in una fase di discesa dell'attività economica. E anche se ci sono primi segnali di miglioramento, dobbiamo restare in allerta » ha ammonito ieri il presidente della Bce Jean-Claude Trichet. Perché, ha proseguito, «ci troviamo in acque non ancora esplorate» della crisi più profonda del dopoguerra; e «c'è il rischio di un improvviso riemergere di turbolenze finanziarie inaspettate», che potrebbe minare sul nascere la ripresa attesa finora per la metà del 2010. Il segnale d'allarme, lanciato dal numero uno della Bce, nel corso di una conferenza a Madrid, è coinciso con uno scivolone delle borse, sul quale pesano i timori per le prospettive dell'economia mondiale. Definite «molto incerte» dalla Banca Mondiale, che ieri ha rivisto al ribasso - a meno 2,9%, dal meno 1,7% di marzo - le previsioni sul 2009. Mentre nel 2010 la situazione generale dovrebbe migliorare, e il pil mondiale dovrebbe tornare a crescere del 2%. L'indice tedesco Ifo ieri ha sorpreso al rialzo. Ma le borse hanno guardato alle notizie negative: la maglia nera è andata, complice anche lo stacco cedole, a Milano con l'indice principale in calo del 4,1%. Francoforte è scesa del 3, 2%, Parigi del 3,04%, Londra del 2,57%, e il Dow Jones ha chiuso in calo del 2,37%. In caduta anche l'euro, a 1,3858 dollari, mentre il petrolio a New York è sceso a 66,55 dollari. In ripresa invece l'obbligazionario, dopo aver constatato che, forse, l'euforia dei mercati delle scorse settimane era eccessiva. Per questo, hanno spiegato gli operatori, la borsa non ha reagito al miglioramento del clima fra le imprese tedesche, con l'indice Ifo aumentato in giugno a 85,9 punti dagli 84,3 di maggio (il top degli ultimi sette mesi). Trichet ha difeso i provvedimenti presi dai banchieri di Eurolandia per combattere la crisi, come l'offerta illimitata di liquidità alle banche e l'acquisto, da luglio, di obbligazioni garantite per 60 miliardi. L'altro corno della politica monetaria non promette invece sorprese: la Bce segnala che i tassi sono «adeguati», resteranno invariati nella riunione del 2 luglio. Per il momento, secondo Trichet, spetta ai governi studiare strategie di rientro dal debito alimentato dalle misure anticrisi. Gli stessi governi che non trovano ancora soluzione al nodo delle regole. «I leader europei - ha scritto ieri Lorenzo Bini Smaghi sul Financial Times - hanno deciso di non decidere » sulla riforma delle autorità di vigilanza. In questo modo, ha aggiunto l'esponente italiano del board Bce, «nella pratica, le istituzioni e i mercati finanziari nazionali competono tra loro». Mentre «quello che serve è un set di regole comuni e un quadro chiaro per risolvere le controversie tra autorità nazionali, soprattutto per quel che riguarda i gruppi finanziari transfrontalieri». Marika de Feo

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Presente nero, futuro incerto (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI GLOBALE La Banca mondiale gela i facili ottimismi: il Pil crollerà quest'anno del 2.9% Presente nero, futuro incerto «Per i paesi poveri è meglio la spesa sociale che il taglio delle tasse» Carlo Leone Del Bello Sulla situazione economica attuale, la Banca mondiale è molto meno ottimista di quanto i vari ministri italiani ci invitino a essere. La domanda globale di beni è crollata, e con questa il commercio internazionale: ciò fa sì che la crescita economica sia tuttora un miraggio, e la ripresa molto probabilmente sarà decisamente tiepida. La crisi finanziaria ha inoltre assestato un duro colpo ai flussi di capitale, provocando un notevole calo degli investimenti nei paesi emergenti. Per i paesi più poveri, che fanno affidamento su rimesse dei migranti e aiuti esteri, aumenta il rischio-fame. Il rapporto annuale della World bank sulla finanza dello sviluppo, presentato a Seul, lascia poco spazio all'ottimismo, e ridimensiona le speranze che avevano suscitato i «germogli verdi» spuntati qua e là in alcune rilevazioni mensili dei mesi scorsi. Il Pil mondiale diminuirà del 2,9% nel 2009, trascinato giù dai paesi sviluppati, il quale prodotto interno crollerà del 4,2%. Andrà meglio ai paesi in via di sviluppo (Pvs), che cresceranno dell'1,2%. Esclusa la Cina e l'India tuttavia, i Pvs sperimenteranno una crescita negativa dell'1,6%. A essere colpita è soprattutto la produzione industriale di beni manifatturieri, soprattutto a causa del crollo della domanda mondiale. In tutto il mondo le esportazioni (in volume) sono diminuite in media del 24%, con punte del 36% in Giappone e del 38% in Russia. Questo forte raffreddamento dell'economia mondiale non poteva non riflettersi nei prezzi delle materie prime, i quali in media risultano più che dimezzati rispetto al 2008. La domanda mondiale di petrolio è calata del 3,7%, mentre quella di alluminio è crollata del 20%. Per Justin Lin, capo economista della Banca, le «straordinarie misure adottate dai governi hanno evitato il collasso completo del sistema finanziario globale», tuttavia la recessione nei «settori reali» persiste. Pertanto, per invertire il ciclo, ci sarebbe bisogno di forti misure di politica economica, soprattutto per far riprendere il credito domestico e i flussi di capitale globali. Questi infatti si sono drammaticamente prosciugati. La Banca stima che i flussi di capitale privati sono passati in tre anni da 1.200 miliardi di dollari nel 2007 a 363 miliardi nel 2008. Questo fa sì che i paesi emergenti avranno difficoltà crescenti a sostenere le necessità di finanziamento esterne, che ammontano circa a 1.000 miliardi. Tale gap potrebbe essere colmato dall'utilizzo delle riserve estere di questi paesi e da fonti «ufficiali» di finanziamento, come crediti dal Fondo monetario internazionale. Per paesi come la Polonia, la Bielorussia e la Lettonia la prima opzione non sarà semplice, dato che il debito a breve eccede l'ammontare delle riserve. Inoltre saranno notevoli le difficoltà per le imprese private operanti nei paesi emergenti: queste infatti dovranno far fronte alle passività espresse in valuta estera con ricavi decrescenti ottenuti in valute deprezzate. Il quadro dunque non è buono: per la World bank «il rischio di crisi di bilancia dei pagamenti e ristrutturazione del debito delle imprese private merita speciale attenzione». Se il presente è nero, il futuro prossimo non sarà roseo, secondo il rapporto dell'istituzione internazionale. La ripresa infatti, che dovrebbe iniziare nel 2010, sarà «tenue». Insomma, questa recessione non sarà a forma di «V», ovvero forte ripresa dopo una forte recessione. Infatti, il processo di deleveraging e la notevole perdita di valore delle attività del settore bancario, limiteranno la capacità di finanziamento di nuovi investimenti e di credito al consumo. Questo «limbo» del settore creditizio mondiale dunque durerà fino al 2011; fino ad allora, l'«output gap» - cioé la differenza fra la crescita del Pil attuale e quella potenziale - è di circa il 9% per i paesi avanzati e del 6-7% per i paesi emergenti. L'istituto di Washington inoltre lancia l'allarme per i paesi più poveri: le necessità di finanziamento dei deficit potrebbero costringere molti stati a tagliare le spese sociali, proprio nel momento del bisogno. Mentre è importante per i Pvs che non si allarghi il gap infrastrutturale, l'esperienza passata insegna che la «spesa sociale è fondamentale per evitare perdite future di capitale umano, e anzi è una forma migliore di stimolo dei tagli delle tasse». Alla World bank non ci sono più i liberisti di una volta. Foto: VIETNAM, UNA FABBRICA DI SCARPE DI HANOI CHE PRODUCE PER MULTI NAZIONALI /AP

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Generali, le mosse dei soci francesi e la scadenza di Bernheim (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 23/06/2009 - pag: 43 Il Leone di Trieste Generali, le mosse dei soci francesi e la scadenza di Bernheim MILANO Antoine Bernheim continua a ripeterlo: nell'aprile 2010 non si ricandiderà per la presidenza delle Generali, ma accetterebbe un nuovo mandato se glielo chiedessero. Rispetto a un'ipotesi del genere però anche i soci francesi di Mediobanca, sponsor dell'ex banchiere di Lazard, sembrano sempre più cauti. Domenica Tarak ben Ammar, vicino a Vincent Bolloré, capofila del nucleo transalpino di Piazzetta Cuccia, ha lasciato intendere al Corriere della Sera che il momento delle scelte non è maturo. E pochi giorni prima lo stesso Bolloré ha sottolineato che «spetta al consiglio di Generali decidere ciò che va fatto». Lui «è solo consigliere e socio di Mediobanca». Prese di distanza? Certo meno evidenti di quella di Salvatore Ligresti, che di recente ha pesato le parole per dire che Bernheim «è stato» un ottimo presidente. Ma sembra di capire che tra gli azionisti di Mediobanca, il socio maggiore della compagnia con circa il 15%, stia maturando la convinzione che un nuovo mandato triennale al presidente del Leone che sta per compiere 85 anni non corrisponda a un modello di governance condiviso. Inizia quindi la partita delle candidature? Ben Ammar, dopo aver detto di comprendere bene i legami fra Bernheim e le Generali e di non conoscere nessuno che «a quell'età gradirebbe dare le dimissioni, nelle aziende o nella politica», ha tuttavia «frenato» sul fischio d'inizio: «Se aprissimo oggi il totonomine, da qui all'aprile 2010 spunterebbero 102 candidati. Non so chi riuscirebbe a mettere tutti d'accordo. E se questo farebbe bene all'azienda». In effetti mancano 10 mesi che per le scelte sui vertici a Trieste rappresentano un'eternità: a Trieste i giochi si fanno negli ultimi giorni, se non nella notte precedente l'assemblea e il consiglio. È vero che nell'aprile 2010 verrà rinnovato il board e che quindi dovranno essere presentate per tempo le liste, ma si tratta comunque di una corsa che rischia di terminare al fotofinish. E che potrebbe prevedere un riassetto più complessivo della squadra di comando. Le riflessioni sembrano comunque orientate verso la selezione di un presidente non operativo ed è probabile tengano conto della buona tenuta dimostrata dal gruppo nella crisi finanziaria. Prima dell'assemblea Generali è in ogni caso atteso un altro appuntamento: il rinnovo del patto Mediobanca, che scade a dicembre con eventuali disdette entro settembre. Lo stesso Bolloré sembra essersi speso di recente a nome di gran parte dei soci dicendo: «Penso che resteranno tutti». Nel frattempo il Leone prosegue nella strategia di espansione all'estero e in particolare nell'Est Europa. In Russia però un accordo sembra lontano: Oleg Deripaska avrebbe respinto un'offerta da un milione di dollari per la Ingosstrakh. La crisi in effetti avrebbe reso più difficile l'intesa su prezzo ed eventuali quote in una possibile joint venture. In Russia Per il Leone in Russia un accordo con Deripaska sembra lontano Antoine Bernheim, presidente delle Assicurazioni Generali. Ad aprile dell'anno prossimo la scadenza del suo mandato alla guida della compagnia triestina Sergio Bocconi

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Dissensi nel board, giù British Airways (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/1 Dissensi nel board, giù British Airways Sotto pressione ieri alla Borsa di Londra British Airways (-8,74%), che ha chiuso a 124,48 pence, il minimo della seduta. Tra le cause della frenata le dichiarazioni di Richard Branson, proprietario di Virgin, che ha escluso qualsiasi interesse per la società, ma anche le voci di dissensi all'interno del board sulle strategie future. Nei giorni scorsi British Airways aveva chiesto ai propri dipendenti di rinunciare a un mese di stipendio per contribuire a risanare l'azienda. Il calo del titolo ha coinvolto l'intero settore in Europa: segno meno anche per Air France-Klm (-3,57%) a Parigi e Lufthansa (-2,73%) a Francoforte. Willie Walsh ceo di B. Airways

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No a Xstrata, corre Anglo American (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/06/2009 - pag: 47 Il caso a Londra/2 No a Xstrata, corre Anglo American Il gruppo minerario Anglo American ha respinto al mittente l'offerta di fusione avanzata dalla rivale Xstrata. Anglo- American, in una nota, ha definito «inaccettabili» i termini dell'operazione proposta dalla compagnia svizzera, sottolineando inoltre che l'operazione indebolirebbe profondamente la sua leadership in mercati come quelli del platino, dei minerali ferrosi e dei diamanti. Il no alla fusione ha fatto bene al titolo, che ieri alla Borsa di Londra, in una seduta particolarmente pesante, ha guadagnato il 9,95 chiudendo a 1.784,43 pence. Stazionari i volumi (3,7 milioni i titoli scambiati). Cynthia Carroll ceo Anglo American

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<Q (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Libri data: 23/06/2009 - pag: 50 Bestseller Il vademecum di Richard Thaler e Cass Sunstein, teorici del «paternalismo libertario» Fai la cosa giusta: una «spinta gentile» per battere la crisi di MASSIMO GAGGI «Q uando, all'interno di ogni orinatoio dell'aeroporto di Amsterdam è stato messo un adesivo con l'immagine di una mosca, la quantità di pipì finita sul pavimento, sotto le latrine, è diminuita dell'80 per cento. Evidentemente, anche nei comportamenti più casuali, gli uomini sono motivati dalla possibilità di prendere di mira un bersaglio. È altrettanto evidente che è possibile spingerli ad un comportamento positivo in modo lieve», senza introdurre obblighi o minacciare sanzioni. Quello delle mosche di Amsterdam è l'esempio preferito da Richard Thaler docente dell'Università di Chicago, fondatore dell'economia comportamentale e autore, insieme al giurista di Harvard Cass Sunstein, di Nudge, un «bestseller» negli Usa per spiegare la filosofia del «paternalismo libertario » che è alla base del loro lavoro: un libro, ora pubblicato anche in Italia da Feltrinelli, che dà alla parola «nudge » (pungolo) il significato di «spinta gentile». Tutto un po' minimalista, all'apparenza: nell'edizione americana il libro sembra un «vademecum» per vivere meglio prendendo decisioni più sagge, meno istintive, nei campi più disparati: dal modo di investire i risparmi per la pensione allo smaltimento ecologico dei rifiuti; dai disincentivi alle abitudini alimentari che portano all'obesità alle clausole matrimoniali «automatiche» per proteggere il coniuge debole in caso di divorzio. Come influenzare le scelte? Non con prescrizioni o divieti, dicono gli autori, ma con la «spinta gentile» di piccoli incentivi sufficienti a cambiare i comportamenti casuali della gente; lasciando, però, ognuno libero di fare le sue scelte. Così il manager di una mensa aziendale viene ribattezzato «architetto delle scelte» perché, decidendo di esporre frutta e verdura all'altezza degli occhi, può incentivare il consumo di cibi sani rispetto al «junk food». Piccoli sforzi, minimizzano gli autori, che possono avere conseguenze importanti, anche sul piano economico e su quello sociale. Ad esempio negli Usa, dove la pensione pagata dallo Stato e ben poca cosa e la previdenza è affidata soprattutto ai piani assicurativi individuali, il numero dei dipendenti con una copertura è raddoppiato da quando i datori di lavoro, anziché chiedere a ogni nuovo assunto di sottoscrivere una polizza, hanno adottato l'approccio opposto, ricorrendo al silenzio-assenso. Nessun ordine calato dall'alto, solo un pungolo che funziona, sostengono i due «paternalisti libertari» le cui idee, però, non sono poi così poco ambiziose. Anzi: Nudge, pubblicato negli Usa un anno fa, è stato uno dei libri-guida della campagna elettorale di Obama che ha usato proprio il metodo di Thaler e Sunstein per interpretare la crisi del sistema finanziario e che si è portato Sunstein alla Casa Bianca come «zar delle regole»: il supervisore dei processi di riforma, soprattutto su energia e ambiente. Anche se hanno conquistato il Nobel nel 2002 con Daniel Kahneman (seguace di Thaler), gli economisti comportamentali in passato non sono stati presi molto sul serio da quelli classici, abituati a basare le loro analisi sull'assunto del comportamento razionale dell «homo oeconomicus ». Per i comportamentalisti, invece, sono molti i fattori esterni, le influenze, i condizionamenti psicologici che alterano il profilo razionale delle scelte umani. Per questo è utile aiutare le scelte vantaggiose con piccoli incentivi. Smentendo chi ha fin qui sostenuto che i mercati (e, quindi, i soggetti economici) sono perfettamente in grado di autoregolamentarsi e di trovare un punto di equilibrio, la crisi finanziaria ha improvvisamente dato grande popolarità alle tesi della scuola di Thaler e Kahneman. Quelle riprese in Nudge fanno venire qualche mal di pancia non solo a liberisti, ma anche ai guardiani dell'ideologia dei due schieramenti. La sinistra «liberal» ostenta diffidenza perché i due pensatori, centrando comunque la loro analisi sulle decisioni personali e sul modo di influenzarle, restano ancorati all'individualismo: non sposano la logica dell'intervento pubblico in economia, né sono disposti a sostenere che il benessere sociale va garantito con atti di governo vincolanti. Ma anche libertari e conservatori contrari allo statalismo sono in allarme: temono che, servendosi del «paternalismo libertario», i governi possano diventare persuasori occulti molto più insidiosi di un'amministrazione che, alla luce del sole, cerca di rafforzare la sua presa sulla società. A tutte queste obiezioni Thaler risponde semplicemente che la filosofia del «pungolo» non è di destra né di sinistra. Una nuova versione della «terza via»? Sembra solo una battuta, ma la filosofia di Nudge non va nemmeno sottovalutata perché, così come ha nemici sia a destra che a sinistra, ha grandi sostenitori su tutti e due i fronti: uno, assolutamente entusiasta, è il leader conservatore inglese David Cameron che ha invitato i due autori a Londra per discutere le loro idee con la dirigenza «tory». Intanto un'icona progressista come Obama, che all'università di Chicago ha frequentato per anni Thaler e Sunstein (marito di un'altra collaboratrice del presidente, Samantha Power), si prepara a ricorrere a qualche pungolo (più o meno) gentile per spingere gli americani a comprare auto più piccole e «risparmiose», anche ora che il prezzo della benzina negli Usa è sceso sotto l'equivalente di mezzo euro al litro. Una spinta che, probabilmente, assumerà la forma degli incentivi all'acquisto di veicoli più efficienti e della parallela tassazione di quelli più inquinanti. Istruzioni Dal modo di investire i risparmi per la pensione allo smaltimento ecologico (LAEL HENDERSON / CORBIS)

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Amianto, nove fanno causa agli ex dirigenti Michelin (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

A MORETTA LAVORO Amianto, nove fanno causa agli ex dirigenti Michelin Sabato a Cuneo udienza preliminare per omicidio colposo e lesioni personali Neograf, domani un nuovo picchetto CRISI E PROTESTE Precedenti. Due inchieste simili Alcuni degli attuali imputati erano stati condannati in primo grado Operai in pensione malati e parenti di 5 morti di cancro Presidio, ieri dalle 13 alle 15, dei 200 dipendenti Neograf di fronte ai cancelli. L'azienda sta attraversando una profonda crisi finanziaria e gli operai sono in cassa integrazione. «L'incontro in Regione - dicono Ugo Brunetto, Cisl e Mimmo Formicola, Cgil - previsto il 30 giugno è stato anticipato a venerdì». Domani alle 13 nuovo picchetto. \[FIRMA]BARBARA MORRA CUNEO In cinque sono morti e quattro stanno lottando contro il cancro. Sono tutti ex dipendenti della Michelin di Cuneo. I familiari e i «sopravvissuti» hanno fatto causa alla multinazionale francese perchè ritengono che la causa di decessi e lesioni sia l'amianto che c'era in fabbrica. E' fissata per sabato nel tribunale di Cuneo l'udienza preliminare in cui sono imputati sei ex dirigenti dello stabilimento cuneese, responsabili dell'azienda dagli anni Settanta alla fine dei Novanta. Il giudice dovrà decidere se disporre il rinvio a giudizio chiesto dal pm Marco Sanini. L'accusa è di omicidio colposo e lesioni personali. Una trafila che il palazzo di giustizia conosce bene perchè due inchieste simili, condotte dallo stesso pubblico ministero - in parte con gli stessi imputati - si sono concluse con condanne in primo grado. Questa volta c'è una particolarità. Entrambi gli altri processi riguardavano ciascuno la morte di un singolo lavoratore: Bruno Tallone, morto nel 2002 per cancro al polmone e Giuseppe Politano di Beinette, deceduto a causa di un mesotelioma pleurico. Sabato all'udienza preliminare ci saranno invece non più solo una, ma nove parti offese che chiederanno di potersi costituire parte civile. Se sarà disposto il rinvio a giudizio di ciacuno verranno ricostruite storia lavorativa e personale. Un impatto, sulla Michelin e sui suoi ex dirigenti, più pesante rispetto ai primi due processi. «Le morti sono avvenute per patologie vescicali e pleuriche - spiegano dallo studio torinese dell'avvocato Laura D'Amico che assiste quattro parti offese -. Chi è in vita ha contratto lo stesso tipo di malattie». L'obiettivo di familiari e presunte vittime è ottenere un risarcimento dei danni da chi, sostengono, avesse il dovere di predisporre misure di sicurezza. Il tutto anche se a distanza di anni dalla fine del rapporto di lavoro. Nell'ultima delle cause decise a Cuneo il giudice stabilì a carico degli imputati una provvisionale (un anticipo sul risarcimento) di 111.407 euro. Se l'azione «a nove» andasse a buon fine la somma sarebbe decisamente più alta. A difendere la Michelin è l'avvocato Giovannandrea Anfora di Torino che ha già impugnato in appello le due decisioni dei giudici cuneesi. «Sul procedimento in corso - osserva - è presto per fare commenti. In ogni caso lo stabilimento di Cuneo, quando fu costruito negli Anni Settanta, era già dotato di misure di sicurezza e di tutela ambientale all'avanguardia che con il tempo sono state non solo mantenute, ma aumentate».

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pensioni, in dieci anni +23% di spesa - barbara ardu (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia Pensioni, in dieci anni +23% di spesa Ocse: "Italia maglia nera. Ripresa dal 2011". Dalla Ue allarme debito BARBARA ARDU BARBARA ARDù ROMA - Pensioni e debito pubblico rimangono le spine nel fianco dell´economia italiana. Le prime, secondo il Rapporto 2009 dell´Ocse, sono in continua crescita e divorano un terzo della spesa pubblica, mentre l´alto livello del debito, ha sottolineato ieri la Commissione Ue, rende vulnerabile l´Italia sui mercati. Problemi antichi, che rischiano di far saltare il sistema pensionistico e rallentare la crescita. è l´Ocse a bacchettare l´Italia per l´elevata spesa per pensioni. Siamo i peggiori tra i trenta Paesi dell´area, quelli che spendono più di tutti per assicurare un assegno di vecchiaia a chi smette di lavorare. Da anni siamo in cima alla classifica, ma invece di migliorare le cose peggiorano: la spesa pensionistica in un decennio, dal 1995 al 2005, è cresciuta del 23 per cento e assorbe ormai il 30 per cento del bilancio statale (contro il 16 degli altri Paesi Ocse). Il che vuol dire che nelle casse dello Stato rimane ben poco per finanziare altri programmi di assistenza. Non solo. Le pensioni rappresentano il 14,7 per cento del Pil, il doppio rispetto agli altri Paesi. Troppo alto anche il peso dei contributi previdenziali, che sfiora il 33 per cento dei guadagni, contro una media Ocse del 21. Numeri, che secondo gli economisti di Parigi, riflettono la lentezza con cui sono state applicate le riforme, che non possono più attendere. La preoccupazione principale è nel rinvio dell´adozione dei nuovi coefficienti di trasformazione contributiva (che legano l´avanzare dell´età all´assegno pensionistico). Dito puntato anche contro i ritardi nell´aumento dell´età per le pensioni di anzianità e per l´adeguamento tra uomini e donne (un punto su cui oggi la Ue dovrebbe mettere in mora l´Italia). Di ritoccare il sistema delle pensioni in piena crisi il ministro Sacconi non ne ha voluto sapere. All´Ocse ribattono invece i sindacati: il problema è che sulla spesa previdenziale grava il peso dell´assistenza, mentre l´ex ministro del Lavoro Damiano, autore della riforma nel 2007, spiega che i dati Ocse sono vecchi e che «bisogna attendere l´effetto» degli interventi in atto. Pensioni a parte secondo l´Ocse la ripresa si allontana al 2011, mentre aumenteranno i disoccupati: venti milioni di senza lavoro in più nell´arco di due anni. Un quadro che allargato al resto del mondo si fa più drammatico. Jean Paul Fitoussi, che ieri ha partecipato a un convegno organizzato dall´Aises, ha denunciato che la crisi ha prodotto 200 milioni di nuovi poveri e 60 milioni di neo-disoccupati. «L´errore dell´Europa - ha detto l´economista francese - è stato quello di regolare profondamente gli Stati e deregolare completamente i mercati». L´unica promozione arriva dalla Commissione Ue, che valuta «apprezzabile» l´azione del Tesoro italiano nella gestione del debito pubblico, altra spina nel fianco dell´Italia. Tre, secondo la Ue, i fattori positivi che hanno contenuto la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari: oltre alla gestione del debito da parte del Tesoro, la stabilità del sistema bancario e il basso indebitamento delle famiglie. Ma la promozione non cambia i numeri: il debito pubblico, avverte Bruxelles, potrebbe schizzare fino al 116,1 per cento del Pil nel 2010, mettendo a rischio la crescita.

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la crisi ferma l'impresa lombardia - giorgio lonardi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XV - Milano La crisi ferma l´impresa Lombardia Indagine Bankitalia: il fatturato dell´industria crolla del 19% L´80% delle aziende teme una fase "molto grave", il 72% sostiene di aver tagliato i costi E per una su due è difficile il credito GIORGIO LONARDI è una crisi che fa paura quella che si è abbattuta sul sistema produttivo lombardo. Anche se qua e là s´intravedono barlumi di ottimismo, come sottolinea Salvatore Messina, direttore della Sede di Milano della Banca d´Italia, la situazione rimane grave. Precisa Messina: «Dalla metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate ma è ancora presto per dire quando usciremo dalla crisi». Poi aggiunge: «Ci sono segnali incoraggianti che la fase più acuta della recessione abbia iniziato ad affievolirsi. Adesso lo snodo fondamentale è evitare che la crisi di fiducia si trasferisca sui consumatori e si avviti in una riduzione dei consumi interni». Ad ogni modo l´indagine condotta dalla stessa Banca d´Italia fra febbraio e marzo su un campione significativo di imprese industriali con oltre 20 addetti disegna un ritratto allarmante. A cominciare dal fatto che l´80,6% del campione considera la crisi stessa di «gravità inusitata». Ma non è tutto. Perché a marzo di quest´anno il fatturato dell´industria aveva subito un brutto crollo del 19,9% rispetto all´autunno del 2008. Il calo dei ricavi, dunque. Banca d´Italia, però, non si accontenta e va a più fondo. Ci spiega così che il 72,4% ha cercato di fronteggiare la congiuntura tagliando i costi e che il 45,3% si è dovuto rassegnare a una robusta limatura dei margini. Se aggiungiamo che già l´anno scorso circa un quarto delle imprese ha chiuso il bilancio in perdita il quadro si delinea nei suoi contorni più negativi. Il pregio del rapporto di Bankitalia su "L´economia della Lombardia nel 2008" di cui l´indagine sulle aziende industriali è solo un capitolo, per quanto corposo, è quello di indagare a fondo sulle dinamiche economiche di una regione che rimane la «locomotiva» dell´economia italiana. Insomma, se Milano e la Lombardia si fermano vuol dire che arretra tutta l´Italia. Ecco perché se il 43,9% delle aziende ha tagliato gli investimenti si devono preoccupare tutti, non solo i lombardi. Fra i problemi che deve affrontare il sistema produttivo regionale c´è quello del ricorso al credito. Lo conferma il fatto che il 44,9% delle aziende «ha percepito un inasprimento delle condizioni complessive di indebitamento». A questo proposito Salvatore Rossi, direttore centrale della Banca d´Italia per la Ricerca Economica da una parte ha sottolineato che in una fase delicata come questa il sistema creditizio deve essere prudente. Dall´altra però, lo stesso Rossi ha sottolineato che ci sono una serie di aziende sane che sono state sorprese dalla crisi mentre stavano ristrutturando i loro processi produttivi per rispondere con più efficacia alle richieste del mercato. E allora? «Sarebbe un peccato - osserva Rossi - se queste imprese che sono sane fossero impallinate come un´anatra che ha appena preso il volo». L´invito alle banche è dunque di discernere fra le aziende che hanno le carte in regole e buoni progetti da sviluppare e le «cattive società» che non danno affidamento.

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Il mondo ritorna a correre l'Italia non si fermi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-24 - pag: 1 autore: LEZIONI PER IL FUTURO Il mondo ritorna a correre l'Italia non si fermi di Guido Tabellini I l dibattito sulle «Lezioni per il Futuro», aperto sul Sole 24 Ore con il mio articolo del 7 maggio, ha ospitato interventi di grande rilievo e offerto numerosi e importanti spunti di riflessione. Il dibattito è stato troppo ricco di contenuti per poterlo riassumere o per commentare tutte le questioni sollevate. Senza alcuna pretesa di completezza, vorrei tuttavia riprendere alcune delle idee che sono emerse. La crisi e le dottrine economiche Non c'è alcun dubbio che la crisi in corso sarà ricordata come un evento d'importanza storica, paragonabile alla Grande Depressione del '29 e alla spirale inflazionistica che è seguita al crollo di Bretton Woods e al primo shock petrolifero negli anni 70. Entrambi quegli eventi hanno avuto un profondo impatto, non solo sulla realtà economica e politica, ma anche sul mondo delle idee. La Grande Depressione ha portato alla rivoluzione keynesiana e ha trasformato il modo di pensare su ruolo e obiettivi della politica economica e sui confini tra stato e mercato. L'inflazione degli anni 70 è stata seguita dalla controrivoluzione monetarista guidata dalle idee di Milton Friedman. E questa volta? Vi sarà un'altra rivoluzione nelle idee degli economisti circa i compiti della politica economica e il funzionamento di un'economia di mercato? Io penso di no. Le lezioni da trarre, per quanto importanti, sono più circoscritte. Riguardano principalmente il funzionamento di alcuni aspetti dei mercati finanziari, e in particolare la gestione del rischio, e l'assetto della regolamentazione finanziaria. Ma non vi sarà una revisione sostanziale degli obiettivi di politica economica, né dei concetti fondamentali di come funziona un'economia di mercato. Chi afferma il contrario in genere pensa che la crisi abbia minato il cosiddetto principio della capacità di autoregolamentazione dei mercati finanziari. Ma questa affermazione rivela una conoscenza superficiale della moderna teoria economica. Come ha ricordato Roberto Perotti (Il Sole 24 Ore del 27 maggio), la fiducia nella capacità di autoregolamentazione dei mercati finanziari appartiene all'ideologia politica, non alla dottrina economica. è da trent'anni che gli economisti studiano i fallimenti dei mercati finanziari, le bolle speculative, le asimmetrie informative che distorcono gli incentivi dei manager e degli intermediari finanziari, le crisi di liquidità. Le lezioni da trarre riguardano l'impostazione e i contenuti della regolamentazione finanziaria, non la sua necessità. Prova ne è che la crisi ha travolto soprattutto le banche, il settore più regolamentato di tutti. La nuova regolamentazione finanziaria In questi giorni cominciano a prendere forma le prime proposte di come ridisegnare la regolamentazione finanziaria. Il piano più dettagliato, appena presentato da Barack Obama, si basa su tre lezioni tratte dalla crisi. Primo, l'assetto di regole esistenti si concentrava sulla stabilità delle singole istituzioni finanziarie, trascurando il rischio sistemico. Continua u pagina 2 l'articolo prosegue in altra pagina

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Pensioni troppo care (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-24 - pag: 1 autore: La Ue promuove l'azione anti-crisi del governo ma è allarme debito «Pensioni troppo care» Ocse: spesa al 14% del Pil, il doppio della media La spesa per pensioni più elevata rispetto al Pil: 14%, il doppio della media Ocse. Ma, anche, uno dei più forti carichi fiscali sugli assegni previdenziali: il 24%.è la fotografia scattata dall'organizzazione parigina sulla spesa previdenziale e assistenziale nei principali paesi industrializzati. Tra le particolarità della situazione italiana il forte divario tra gli assegni percepiti dalle donne (penalizzate da carriere lavorative discontinue e più brevi rispetto a quelle degli uomini) e il peso della spesa previdenziale sul totale della spesa pubblica, che è arrivata al 29%. Il rapporto Ocse sottolinea anche l'impatto della crisi finanziaria sui fondi pensione,i cui investimenti l'anno scorso hanno perso il 23% del loro valore; una svalutazione complessiva di 5.400 miliardi di dollari. Intanto la Commissione europea apprezza l'azione anti-crisi messa in campo dal governo italiano ma nel suo rapporto finale sui conti pubblici torna a parlare di allarme debito. Servizi u pagina 5 l'articolo prosegue in altra pagina

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Sanzioni ai paradisi fiscali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-24 - pag: 10 autore: Politiche anti-crisi. Svizzera, Austria e Lussemburgo accettano l'intesa promossa da Parigi e Berlino Sanzioni ai paradisi fiscali Paesi Ocse autorizzati ad adottare misure di ritorsione ad hoc Vittorio Da Rold «Non c'è niente di meglio di una crisi finanziaria per minare il senso di superiorità dei grandi paesi e costringerli a fare la lotta ai paradisi fiscali, per trovare fondi utili a sostenere le loro asfittiche economie». Così un esperto Ocse, che vuole restare anonimo, commenta la svolta di Berlino. Un meeting partito in sordina ieri nella capitale tedesca, dovei ministri finanziari di 19 paesi Ocse, tra cui Eric Worth per la Francia e Peer SteinbrÜck per la Germania, hanno raggiunto un accordo a lungo inseguito nelle cancellerie sulla possibilità di imporre sanzioni («misure difensive Francia e Germania (che a settembre andrà alle urne e vuole fare della battaglia agli evasori una bandiera politica bipartisan) hanno chiesto agli altri 17 paesi presenti che lo scambio di informazioni fiscali e la cooperazione amministrativa sia un passo necessario per contrastare la concorrenza sleale ed evitare di penalizzare i contribuenti onesti. Chi non rispetterà gli accordi Ocse sulla trasparenza o attuerà le solite pratiche dilatorie per non tener fede alle intese sottoscritte verrà colpito da sanzioni. Misure che prevedono l'aumento delle ritenute alla fonte rispetto a un larga tipologia di pagamenti «fatti da giurisdizioni non cooperative»; l'abolizione della possibilità di deduzione di spese di pagamento effettuate nei tax haven; fine dei trattati tributari con nazioni o territori che rifiutano di scambiare informazioni. Sembrano poca cosa, ma sono in realtà delle armi micidiali se messe in mano a superispettori a caccia di tesoretti nascosti nei paradisi fiscali e che possono rendere la vita difficile a chi cerca di evitare di pagare le tasse nella propria nazione e rischia LA POSIZIONE ITALIANA Tremonti: «Sì a regole internazionali per impedire che i capitali vengano portati in paesi compiacenti come nelle caverne di Ali Babà» », dice pudicamente il comunicato ufficiale) ai paesi che non rispettano gli standard fissati dall'organizzazione in materia di paradisi fiscali. Una svolta storica, ha dichiarato palesemente soddisfatto il socialdemocratico ministro delle finanze tedesco SteinbrÜck, aggiungendo di essere «felice» che la decisione sia stata sottoscritta anche dagli ex reprobi «Svizzera, Austria e Lussemburgo». Cosa è successo in realtà dietro le quinte per arrivare a un tale capovolgimento di posizioni? La determinazione politica viene anche dall'Italia, dove soffiano venti di scudo fiscale (per far rientrare i capitali dall'estero) e non caso ieri il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, all'inagurazione dell'anno accademico della Guardia di Finanza (3,1 miliardi l'ammontare dei casi di evasione internazionale scoperti primi cinque mesi 2009), è ora delle ritenute alla fonte ben maggiori fuori casa. entrato in argomento nel suo modo immaginifico: «è difficile fare contrasto all'evasione fiscale se appena fuori dai confini è possibile, comodo, sicuro, depositare il bottino come nella caverna di Ali Baba». Così, con un paragone tratto dalle Mille e una notte, Tremonti, ha rilanciato la necessità di una lotta comune a livello internazionale contro i paradisi. Di fronte a uno schieramento compatto la Svizzera - che aveva ritenuto una pugnalata alle spalle il fatto di essere stata messa lo scorso aprile dall'Ocse (di cui è membro) nella lista "nera" o ora in quella "grigia" dei paradisi fiscali - dopo che a marzo aveva accettato di ammorbidire le regole sul segreto bancario, ha deciso di collaborare. Berna ora conta di ratificare entro fine anno una dozzina di accordi per essere conforme alle regole Ocse inmateria di trasparenza e scambio di informazioni fiscali e uscire così dalla lista "grigia", dove è in compagnia di paesi come Panama. Non solo. Anche l'Austria sta approvando un disegno di legge che renderà la cooperazione fiscale più facile, come pure il Belgio e il Granducato del Lussemburgo. I tempi cambiano e i paradisi fiscali hanno capito che non potevano continuare a fare i "pirati fiscali" a scapito dei paesi vicini, ora alle prese con recessioni pesanti e deficit che si impennano ben oltre il vecchio e ormai dimenticato limite del tre per cento di Maastricht. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Usa e Ue accusano Pechino alla Wto (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-24 - pag: 11 autore: Protezionismo. Presentata una richiesta congiunta di consultazioni formali, la prima sotto l'amministrazione Obama Usa e Ue accusano Pechino alla Wto Alla Cina si contesta di frenare l'export di materie prime con quote e dazi Enrico Brivio BRUXELLES. Dal nostro inviato La Cina dovrà difendersi sul banco degli imputati della Wto dalle accuse presentate in tandem da Unione europea e Stati Uniti di attuare illecite restrizioni all'export di materie prime, che aiutano le imprese di Pechino a danno delle concorrenti straniere. Bruxelles e Washington hanno presentato ieri una richiesta di consultazioni formali, primo passo per avviare una disputa a Ginevra. Le denunce dei due partner atlantici (la prima sotto l'amministrazione Obama) accusano il governo cinese di mettere in atto quote, dazi e prezzi minimi illegali sull'export di 20 prodotti chiave per l'industria manifatturiera, tra i quali fosforo giallo, fluorite, tungsteno, bauxite, coke, magnesio, manganese, silicone e zinco. Alcuni di questi materiali sono disponibili in larga quantità solo in Cina. Le restrizioni di Pechino avvantaggiano la produzione nazionale e creano pressioni al rialzo sugli approvvigionamenti delle imprese europee e americane, impegnate in produzioni che vanno dai semiconduttori agli aerei, dai detergenti alle lampadine. Secondo Bruxelles, i dazi cinesi sull'import europeo dal valore di 4,5 miliardi di euro hanno potenzialmente un impatto sul 4% della produzione industriale comunitaria, interessando circa mezzo milione di posti di lavoro. Per la Commissione Ue il vantaggio illecito ottenuto dalle aziende cinesi, rispetto alle concorrenti straniere, si fa sentire in particolare nei settori della chimica,dell'acciaio e dei metalli non ferrosi, ma anche in molti altri comparti derivati, che a loro volta si riforniscono da queste industrie di base. «Le restrizioni cinesi sulle materie prime distorcono la concorrenza e aumentano i prezzi globali - ha tuonato il commissario europeo al Commercio, Catherine CONSEGUENZE GLOBALI propria industria», ha osservato il Rappresentante per il commercio Usa, Ron Kirk. «La Cina è un produttore leader delle materie prime in questione e l'accesso a questi prodotti è fondamentale per le imprese americane». Già due volte in passato Unione europea e Stati Uniti avevano avviato azioni congiunte di fronte alla Wto nei confronti delle pratiche commerciali cinesi: una volta nei confronti dei dazi sulla componentistica automobilistica ( e sul tema Pechino ha perso il suo primo appello alla Wto il 18 luglio scorso)e una sull'informazione finanziaria da parte dei media stranieri (conclusosi con un accordo a tre in novembre). La nuova azione euro-americana apre però un fronte scottante con la Cina. Proprio perché in questa fase di recessione globale e di crescente competizione sui mercati internazionali, le tasse implicite sull'export mantenute in vigore dal governo cinese hanno l'effetto di aumentare le distorsioni commerciali e di porre molte imprese europee e americane di fronte alla morsa di prezzi crescenti di materiali chiave. Da parte europea, l'Unione ha sottolineato che le consultazioni richieste si concentrano su un primo ventaglio di misure e prodotti, ma non ha escluso che ulteriori azioni vengano intraprese riguardanti anche altri provvedimenti cinesi. Le restrizioni del governo cinese avvantaggiano la produzione nazionale in settori chiave come aeronautica e semiconduttori Ashton - rendendo ancora più difficile la situazione delle nostre imprese in questo momento di crisi ». La Ashton ha anche auspicato di trovare una soluzione concordata con Pechino nella fase di consultazione, senza dover arrivare a un pronunciamento della Wto. Dello stesso tono allarmato le dichiarazioni arrivate da Washington. «Siamo molto preoccupati in quanto sembra trattarsi di una politica deliberata di Pechino per sovvenzionare la © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Erbacce tra i germogli della ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-24 - pag: 15 autore: Erbacce tra i germogli della ripresa Ci sono debolezze strutturali che se non trovano soluzione rallenteranno la crescita globale di Nouriel Roubini D ati recenti segnalano che forse il ritmo di contrazione dell'economia mondiale sta rallentando. Ma le speranze di veder spuntare i "germogli verdi" della ripresa sono state spazzate via dal proliferare di erbacce. I dati recenti sull'occupazione, le vendite al dettaglio, la produzione industriale e l'immobiliare negli Stati Uniti rimangono molto deboli. Il dato sulla crescita del Pil in Europa nel primo trimestre è da brividi; l'economia giapponese è ancora in stato comatoso; e perfino la Cina - che si sta riprendendo - ha un export molto fiacco. Ecco perché la convinzione generale che la caduta dell'economia globale si avvicini a toccare il fondo si è dimostrata - una volta di più - eccessivamente ottimistica. Dopo il crollo della Lehman Brothers nel settembre del 2008, il sistema finanziario globale si è quasi disintegrato e l'economia mondiale è precipitata in caduta libera. Il ritmo di contrazione dell'economia nell'ultimo trimestre del 2008 e nel primo trimestre del 2009 ha raggiunto livelli quasi da depressione. A questo punto, i leader globali hanno visto la luce e hanno cominciato a usare quasi tutte le armi a loro disposizione: vaste politiche di rilancio dell'economia attraverso la spesa pubblica, espansione monetaria convenzionale e anticonvenzionale, migliaia di miliardi di dollari per sostenere la liquidità, ricapitalizzazione, garanzie e assicurazioni per contrastare la crisi del credito e della liquidità e infine massiccio supporto alle economie dei mercati emergenti. Solo negli ultimi due mesi si sono contate più di 150 misure d'intervento diverse in tutto il mondo. Questo corrispettivo economico della dottrina dell'ex segretario di stato Colin Powell della "forza soverchiante", unito alla brusca contrazione della produzione sotto la domanda finale di beni e servizi (che ha trascinato al ribasso le scorte di merci invendute), prepara la scena per un proseguimento della crisi nella maggior parte delle economie fino ai primi mesi del prossimo anno. Gli ottimisti che lo scorso anno parlavano di un atterraggio morbido o di una blanda recessione a V di otto mesi si sbagliavano, ormai è provato, mentre aveva ragione chi sosteneva che sarebbe stata una recessione a U di 24 mesi, più lunga e pesante (negli Stati Uniti siamo già al diciottesimo mese di vacche magre). E il recente ottimismo di chi diceva che il fondo sarebbe stato toccato a metà anno è stato spazzato via dai più recenti dati economici. Il punto fondamentale, tuttavia, non è quando l'economia globale toccherà il fondo, ma se la ripresa globale - non importa quando arriverà - sarà robusta o debole sul medio termine. Non si possono escludere un paio di trimestri di forte crescita del Pil, una fiammata di breve durata dovuta all'avvicendamento delle scorte e alle forti misure di stimolo messe in campo. Ma questi titubanti germogli di cui tanto sentiamo parlare di questi tempi rischiano di venire soffocati a medio termine dalle erbacce, dando il via a due anni di ripresa debole a livello globale. Primo: l'occupazione continua a calare bruscamente negli Stati Uniti e in altre economie. Di qui al 2010 la disoccupazione salirà ben oltre il 10% nelle economie avanzate e questa è una brutta notizia per i consumi e per le perdite delle banche. Secondo: questa non è solo una crisi di liquidità, è anche una crisi di solvibilità, ma non si è ancora cominciato davvero a ridurre la leva creditizia, perché le perdite private e i debiti delle famiglie, degli istituti di credito e delle grandi aziende non sono stati ridotti, bensì socializzati e messi in carico allo stato. Senza un deleveraging sarà più difficile per le banche prestare, per le famiglie spendere e per le società investire. Terzo: nei paesi con un deficit negli scambi con l'estero, è necessario che i consumatori taglino le spese e risparmino molto più di prima per parecchi anni. Prosciugati dallo shopping, senza risparmi e oberati dai debiti, i consumatori sono stati investiti da uno shock patrimoniale (crollo dei prezzi delle case e delle azioni), dalla crescita del servizio del debito e dal calo dei redditi e dell'occupazione. Quarto: il sistema finanziario - nonostante il puntello pubblico - è gravemente danneggiato. Il sistema bancario ombra è in gran parte scomparso e le banche commerciali tradizionali sono oberate dal fardello di migliaia di miliardi di dollari di perdite previste su prestiti e titoli, DISEGNO DI DOMENICO ROSA a fronte di una persistente, grave situazione di sottocapitalizzazione. Non sarà facile allentare la stretta creditizia. Quinto: la scarsa redditività, causata dal debito elevato e dal rischio d'insolvenza, penalizza la crescita economica (e pertanto i ricavi) e il persistere d'una pressione deflattiva sui margini delle aziende continuerà a renderle meno disponibili a produrre, assumere e investire. Sesto: il crescente indebitamento dello stato porterà alla fine a un incremento dei tassi d'interesse che potrebbe bloccare la spesa privata e perfino determinare un rischio di rifinanziamento del debito. Settimo: la monetizzazione dei deficit di bilancio non produce inflazione sul breve periodo, mentre un mercato del lavoro e dei prodotti fiacco implica imponenti forze deflazionistiche. Ma se le banche centrali non troveranno una chiara strategia d'uscita da politiche che raddoppiano o triplicano la base monetaria, alla fine la conseguenza sarà l'inflazione o un'altra pericolosa bolla del credito e dei prezzi delle attività (oppure l'una e l'altra). I recenti aumenti dei prezzi dei titoli, delle merci e di altre attività rischiose sono chiaramente indotti dalla liquidità. Ottavo: le economie di certi paesi emergenti, con fondamentali economici più deboli, potrebbero non riuscire a evitare una grave crisi finanziaria, nonostante il consistente supporto del Fmi. Per concludere, ridurre gli squilibri globali implicherà che nella bilancia dei pagamenti i deficit delle economie spendaccione (gli Stati Uniti e gli altri paesi anglosassoni) restringeranno i surplus dei paesi super risparmiatori (la Cina e gli altri mercati emergenti, la Germania e il Giappone). Ma se la domanda interna non crescerà abbastanza in fretta nei paesi in surplus, la conseguente carenza di domanda globale rispetto all'offerta (o, che è lo stesso, l'eccesso di risparmi globali rispetto alla spesa per investimenti) porterà a una ripresa più debole della crescita globale, con quasi tutte le economie che cresceranno molto più lentamente delle loro potenzialità. I germogli verdi della stabilizzazione rischiano dunque di cedere il passo alla gramigna della stagnazione se vari fattori di medio termine impediranno all'economia di tornare a crescere in modo sostenuto. Se queste debolezze strutturali non troveranno soluzione, nel 2010-2011 l'economia globale forse tornerà a crescere, ma a ritmi da anemia. (Traduzione di Fabio Galimberti) LAVORO E CREDITO Da qui al 2010 la disoccupazione sarà ben oltre il 10% con ricadute sui consumi. Il peso di migliaia di miliardi di dollari di perdite frena le banche commerciali IMPRESE IN STAND BY Il persistere di una pressione deflattiva sui margini delle aziende continuerà a renderle meno disponibili a investimenti e assunzioni

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Fiat prepara emissione da un miliardo di euro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-24 - pag: 42 autore: Elkann: «Servirebbero aggregazioni tra i costruttori» Fiat prepara emissione da un miliardo di euro Andrea Malan Fiat potrebbe emettere in tempi brevi un bond da un miliardo di dollari. Le indiscrezioni di stampa non sono state confermate dal Lingotto, ma fonti finanziarie confermano che il gruppo torinese potrebbe approfittare in tempi brevissimi del buon momento dei mercati e dell'appetito degli investitori per le emissioni corporate. Il Lingotto seguirebbe Eni, Telecom, Bulgari e Bpm, protagoniste di recenti emissioni. Proprio ieri il collocamento dell'emissione Eni da 2 miliardi si è chiuso in anticipo, confermando la finestra di opportunità. Il difficile momento del settore auto consiglia del resto di mettere fieno in cascina: la stessa Peugeot - che pure all'inizio dell'anno ha ricevuto 3 miliardi di euro dallo stato francese ha lanciato ieri un'emissione convertibile fino a 575 milioni di euro. Secondo le anticipazioni di «Finanza e Mercati» il bond in preparazione al Lingotto sarebbe un triennale (scadenza 2012) riservato agli istituzionali. Torino punterebbe a una cedola attorno al 10% – un rendimento comparabile a quello del bond 2011 già sul mercato e prevalentemente diffuso presso la clientela al dettaglio;l'altro benchmark di riferimento per il Lingotto è il bond con scadenza 2013, collocato invece nei portafogli dei clienti istituzionali ( come quello in arrivo) e che ha un rendimento sul mercato superiore (tra l'11,5 e il 12 per cento). Fiat ha un rating BB+da Standard &Poor's,ovvero appena al di sotto del cosiddetto investment grade. La nuova emissione arriverebbe a due anni esatti dalla precedente - un decennale da 1 miliardo emesso nel 2007 con cedola 5,62% (il rating Fiat era più basso di quello attuale, ma le condizioni sul mercato sono drasticamente cambiate dopo la crisi finanziaria seguita al crack Lehman). Il sindacato di collocamento dell'emissione obbligazionaria in cantiere dovrebbe comprendere le banche che già quattro mesi fa hanno sostenuto il Lingotto con un prestito da un miliardo, ovvero Intesa Sanpaolo, UniCredit e Calyon, e forse un'altra banca estera. Il gruppo è riuscito da qualche mese a riattivare il canale delle cartolarizzazioni per Cnh (la controllata che produce macchine agricole e da cantiere) con due emissioni da 1,5 miliardi di dollari e 750 milioni e una terza in cantiere. Proprio ieri la Fiat ha annunciato la chiusura entro due anni dell'impianto Cnh di Imola, che dà lavoro a 500 dipendenti (si veda l'articolo a pagina 22). Ieri John Elkann, vicepresidente Fiat, ha auspicato che «alla fine della crisi economica nel settore automotive ci siano meno produttori che prima della crisi. Aggregando i diversi costruttori si avrebbe la possibilità di investire meno, in nuovi prodotti, con meno unità, risolvendo così la sovracapacità». La gara per Opel, intanto, si conferma tutt'altro che chiusa: il ministro tedesco dell'Economia zu Guttenberg ha detto ieri che «Magna ha la priorità»; ma gli altri pretendenti restano in gara, a partire dalla cinese Baic – la cui delegazione ha visitato in questi giorni il quartiere generale Opel di Ruesselsheim presentando al management la propria offerta – per arrivare al fondo Ripplewood e a Fiat. © RIPRODUZIONE RISERVATA LO SCENARIO Intesa Sanpaolo e UniCredit probabili collocatori Su Opel Magna stringe i tempi ma la partita resta aperta agli altri contendenti

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La finanza torna all'aratro: hedge a caccia di terreni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-24 - pag: 45 autore: Strategie alternative La finanza torna all'aratro: hedge a caccia di terreni Sissi Bellomo U n tempo i proprietari terrieri vivevano in campagna, a stretto contatto con i loro investimenti. Oggi i nuovi latifondisti lavorano a Wall Street o nelle stanze dei palazzi governativi. Protagonistiassolutidelfenomeno del land grabbing, l'accaparramento di terreni coltivabili, sono paesi come l'Arabia Saudita o la Cina, dotati di grandi capitali, ma privi delle risorse agricole necessarie per sfamare la propria popolazione. La crisi economica e il crollo dei mercati finanziari hanno tuttavia attirato nella stessa arena un numero crescente di hedge funds, alla ricerca di nuovi asset capaci di generare un ritorno anche in tempi di recessione: investitori in questo caso interessati non tanto al raccolto, quanto alla raccolta. Del risparmio, si intende. L'acquisto di terreni coltivabili a fini speculativi non è una novità assoluta. Ma l'interesse non è mai stato così vivo: a New York in questi giorni è in corso un convegno dedicato esclusivamente a questo tipo di investimento, intitolato «Global AgInvesting», che ha attirato centinaia di professionisti del mondo finanziario. Tutti desiderosi di approfondire le potenzialità di un settore ancora poco conosciuto, ma che si è già conquistato l'entusiasmo di parecchi guru dei mercati: dal finanziere George Soros a Lord Jacob Rothschild, erede della celebre dinastia di banchieri. Nonostante la competizione stia rapidamente aumentando, «questo è un business che potrà dare ancora molte soddisfazioni nei prossimi 10-15 anni», assicura Jeffrey Conrad, presidente dell'Hancock Agricultural Investment Group, uno dei pionieri del settore, in cui ha cominciato a investire nel 1990. Il suo fondo negli ultimi cinque anni ha avuto un rendimento medio annualizzato 12,9% e Conrad si aspetta che anche i suoi concorrenti possano puntare in futuro a un rendimento lordo tra il 9 e il 12 per cento. I rischi, soprattutto di tipo normativo e valutario, non mancano, specie per i fondi che investono in paesi in via di sviluppo, con governi ed economie instabili. Tuttavia, accumulare ettari di terra è relativamente facile e quasi ovunque non vi sono regole o controlli eccessivamente rigidi. Inoltre, i fondamentali del settore sono decisamente robusti. Specie se si guarda al medio- lungo periodo. La terra è infatti un bene in offerta limitata: al massimo si può migliorare la resa delle coltivazioni, ma ricavarne di nuove è sempre più difficile. Per contro, la domanda non potrà che aumentare, insieme ai bisogni alimentari della popolazione mondiale, che nei prossimi quarant'anni potrebbe crescere da 6 a 9 miliardi di persone. Il successo dei biocarburanti e i rischi del cambiamento climatico non fanno che rafforzare la tendenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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In attesa della Fed l'euro si rafforza sul dollaro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-24 - pag: 47 autore: CAMBI E TASSI www.ilsole24ore.com COMMENTI E DATI IN TEMPO REALE In attesa della Fed l'euro si rafforza sul dollaro L' euro si rafforza e torna sopra quota 1,40 dolla-ri. La moneta europea ha oscillato a ridosso del massimo di seduta di 1,4039 dollari, contro 1,3867 degli ultimi scambi di lunedì a New York, con il biglietto verde che ha sofferto ieri l'attesa per l'esito della riunione di politica monetaria della Federal Reserve di oggi. Gli economisti danno per scontato che la Fed deciderà di lasciare i tassi di interesse vicino allo zero e si aspettano che i banchieri centrali americani raffredderanno le aspettative di una stretta monetaria entro la fine dell'anno. Verso la chiusura, anche il buon andamento dei mercati finanziari ha contribuito a risollevare le quotazioni dell'euro. La moneta è passata di mano per 1,3993 dollari e si è rafforzata anche sullo yen, a 133,42. A 95,35 invece il cambio dollaro/ yen.

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Potanin punta a entrare in Norilsk (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-06-24 - pag: 48 autore: Russia. L'oligarca vorrebbe acquistare il 25% da Rusal, oggi in difficoltà Potanin punta a entrare in Norilsk Antonella Scott MOSCA. Dal nostro inviato Approfittando delle difficoltà finanziarie del grande rivale, Vladimir Potanin avrebbe iniziato una marcia di avvicinamento alla quota di Oleg Deripaska nel colosso minerario Norilsk Nickel. Lo scrivono due quotidiani russi, Kommersant e Vedomosti, citando fonti vicine a Interros, la holding di Potanin, che ha in seguito confermato l'interesse: pagando quello che una fonte ha definito «un buon prezzo», l'oligarca del nickel sarebbe pronto ad acquistare il 25% della compagnia, una quota identica a quella che Deripaska comprò nell'aprile 2008 da Mikhail Prokhorov per 4,5 miliardi di dollari. L'affare rese ricco Prokhorov, il più ricco in Russia, e diede invece inizio ai problemi di Deripaska e della sua Rusal, che aveva impegnato le azioni come collaterale con le banche che hanno finanziato la transazione, per vederne ridotto sensibilmente il valore poco dopo, con l'inizio della crisi finanziaria. Per non perdere Norilsk Nickel, in autunno Deripaska riuscì a ottenere il primo intervento del Cremlino in soccorso degli oligarchi, un prestito di 4,5 miliardi, e ora quel 25% è parcheggiato alla Veb, una delle grandi banche di stato che hanno gestito gli aiuti. è con il suo capo, Vladimir Dmitrjev, che Potanin avrebbe avuto un primo incontro informale, avanzando la propria offerta. La Vnesheconombank ha accettato di ristrutturare il debito di Deripaska, dandogli ancora un anno di tempo, fino all'ottobre 2010: pur sottolineando di non avere avviato colloqui con Rusal, le fonti di Interros non ritengono che all'epoca Deripaska sarà in grado di estinguere il prestito. Potanin possiede il 25% più un'azione, a fronte del 25% più due azioni di Deripaska: se riuscirà, avrà il controllo del gruppo minerario. Ma se lui gioca d'anticipo, il rivale ripete di non avere alcuna intenzione di cedere. «L'acquisto di Norilsk Nickel per noi è un investimento strategico. Non intendiamo vendere la quota », ha chiarito ieri Rusal con una dichiarazione scritta. La pace siglata in primavera tra i due azionisti è durata poco, alla Rusal non hanno apprezzato la conversazione tra Potanin e Dmitrjev: Potanin, spiegano, «non è stato molto corretto. Avrebbe dovuto parlare prima con noi». Anche con il governo, a cui spetta l'ultima parola, Potanin avrebbe già avuto contatti. Ma su queste indiscrezioni il portavoce di Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, non ha voluto rilasciare alcun commento. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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La "rivoluzione solare" parte da PV Rome Mediterranean 2009 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( ARTENERGY ) data: 2009-06-24 - pag: 20 autore: A cura de Il Sole 24 ORE System INFORMAZIONE PUBBLICITARIA EVENTI - IL SALONE SI TERRà ALLA FIERA DI ROMA DAL 30 SETTEMBRE AL 2 OTTOBRE La “rivoluzione solare” parte da PV Rome Mediterranean 2009 Il fotovoltaico cresce rapidamente e conquista nuovi mercati in tutto il mondo. L'industria del settore si dà appuntamento nella capitale per la fiera di riferimento E ntro il 2020 l'Italia può raggiungere l'ambizioso obiettivo di produrre un kilowattora su tre (pari al 33%) da fonti energetiche rinnovabili. E in questo contesto un contributo importante - pari a 7 Twh - dovrebbe arrivare dal solare. Lo afferma la Fondazione Sviluppo Sostenibile in un recente dossier in cui si evidenzia anche il forte sviluppo della produzione fotovoltaica nel nostro Paese, che secondo i dati di Terna è passata da 39 GWh nel 2007 a 200 GWh nel 2008. Un'occasione unica per presentare e promuovere le tecnologie, gli impianti e i prodotti fotovoltaici a Roma, nel “cuore” del Sud Europa, sarà la terza edizione di PV Rome Mediterranean, il salone internazionale delle tecnologie fotovoltaiche per il Mediterraneo, che si svolgerà dal 30 settembre al 2 ottobre. UNO SCENARIO IN EVOLUZIONE Il fotovoltaico avanza in tutto il mondo e secondo i dati di EPIA, la European Photovoltaic Industry Association, a fine 2008 la capacità totale installata cumulata è arrivata a 15 GW, di cui il 65% attribuibile all'Europa, seguita da Giappone e Stati Uniti con, rispettivamente, il 15% e l'8%. Ma anche in questo settore gli scenari mondiali sono in rapida evoluzione. Secondo il Worldwatch Institute, infatti, l'India uscirà presto allo scoperto con un importante programma di investimenti per lo sviluppo dell'energia solare. Il quotidiano The Hindu sostiene che il Governo indiano si propone di raggiungere una capacità installata di 200 GW entro metà secolo, una potenza superiore di 1,3 volte quella installata oggi da fonti tradizionali. D'altronde, in questo settore il potenziale dell'India è enorme, se si considera che in questo Paese il sole splende in media per circa 300 giorni all'anno. Secondo le anticipazioni, il Governo indiano intende introdurre misure in grado di creare i presupposti per abbattere i costi della tecnologia e favorire la nascita di un'industria locale fotovoltaica, con investimenti di circa 18-22 miliardi di dollari. Un altro Paese a cui molti guardano con attenzione per le sue interessanti potenzialità è la Turchia. Questo anche in seguito all'introduzione di un meccanismo FiT (feed-in-tariff), una sorta di conto energia italiano in cui le tariffe, della durata di vent'anni, saranno di 0,28 euro per i primi dieci anni e 0,22 per i successivi dieci. L'adozione nei prossimi anni di sistemi FiT anche in altri Paesi potrebbe modificare significativamente lo scenario internazionale di sviluppo del fotovoltaico. Secondo EPIA, infatti, in un contesto simile all'attuale, il tasso medio annuale di crescita di capacità installata fino al 2013 sarebbe del 17%, contro ben il 32% qualora fossero invece introdotti diffusamente meccanismi di FiT. In particolare, per quanto riguarda l'Italia, EPIA prevede nel 2013 una potenza cumulativa installata di 4.300 MW, che potrebbero diventare 5.750 MW in un contesto policy-driven, con l'adozione di nuove misure in grado di favorire lo sviluppo del mercato del fotovoltaico. “Il settore solare fotovoltaico sta crescendo ad un ritmo elevato ed è giunto a quasi 10.000 megawatt installati solo in Europa, grazie soprattutto agli incentivi e alle misure di politica energetica adottate da alcuni Paesi leader - dichiara Roberto Vigotti, senior advisor di OME, l'Osservatorio Mediterraneo Energia - . L'aumento del volume di produzione, e il ritorno di esperienza industriale, hanno permesso una costante riduzione dei prezzi (20% ad ogni raddoppio della produzione) con previsioni di raggiungere a breve la parità con il costo dell'energia dalle rete elettrica, in California, Giappone e, tra i Paesi europei, in Italia”. Dove è maggiore il potenziale del fotovoltaico? “è enorme soprattutto nei Paesi della fascia costiera Sud del Mediterraneo, dove si registrano intensità dell'energia dal sole doppie dell'Italia e tre volte della Germania, consentendo una economicità più evidente - risponde Vigotti - . Un secondo fattore è rappresentato dalla disponibilità di ampie superfici aride disponibili e da un minore costo della mano d'opera. Infine, la possibilità di creare grandi parchi solari sia per soddisfare la crescente domanda di energia locale che di esportarne una parte in Europa, può facilitare la bancabilità di progetti di grandi dimensioni. Anche se il settore solare non è stato risparmiato dalla stretta creditizia provocata dalla crisi finanziaria globale, si conferma da più parti che i fattori fondamentali del fotovoltaico rimangono intatti, come è provato dalla riduzione del prezzo dei moduli (dal 10 al 20% solo nell'ultimo anno). Coniugare il know how della ‘fascia tecnologica europea' con il potenziale della ‘fascia solare del nord Africa' appare una sfida anche per gli investitori e gli industriali italiani”. “Con un'adeguata politica di sostegno, sia tecnica sia finanziaria, entro il 2020 il fotovoltaico arriverà a coprire almeno il 3-4% del fabbisogno elettrico europeo, con circa 100 GWp installati - afferma Francesco Roca del Centro Ricerche Enea di Portici - . In Italia, potrebbe anche ricoprire percentuali significativamente maggiori. Per ottenere questo bisogna agire sugli elementi che rappresentano l'attuale limite tecnologico: sviluppare materiali stabili e di basso costo convenzionali e innovativi per la fotogenerazione e per la raccolta delle cariche, anche mutuati dalla nuova scienza della fotonica e dei nano materiali. La concentrazione permetterà inoltre di abbattere significativamente i costi, come lo sviluppo di nuovi processi realizzativi e di assemblaggio con alto throughput and yield e con bassi consumi energetici. Anche il basso impatto ambientale, che punta al riciclaggio dei componenti e a limitare il ricorso alle materie pregiate, avrà la sua forte motivazione. L'obiettivo è arrivare, entro il 2020-2030, a costi di sistema anche inferiori a 1.5-2 ¬/Wp e a costi del Kwh, almeno nelle regioni meridionali, di 4-6 c¬/Kwh, veramente allettanti anche rispetto alle fonti energetiche attualmente più economiche”. IL PROGETTO PV ROME MEDITERRANEAN Dopo il successo dell'edizione 2008, a cui parteciparono oltre cento espositori, a PV Rome Mediterranean 2009 sono previsti tra 150 e 200 espositori tra cui Enerpoint, azienda storica che commercializza moduli e inverter. “Enerpoint ha deciso di partecipare a PV Rome Mediterranean perché si tratta dell'evento fieristico dedicato al fotovoltaico più importante della seconda metà dell'anno - dice Paolo Rocco Viscontini, presidente della società - . Inoltre, l'ubicazione a Roma è certamente strategica perché coinvolge in modo diretto tutto il Centro-Sud Italia, area in cui Enerpoint intende consolidare una presenza già forte. Il fotovoltaico sta infatti dimostrando di essere uno dei pochi settori in contro-tendenza, capace di creare sviluppo e occupazione e di essere un settore positivo per l'ambiente e fondamentale per le strategie energetiche del nostro Paese. Roma è inoltre una città molto internazionale, facilmente raggiungibile da tutti i continenti e come Enerpoint ci aspettiamo visitatori da tutto il mondo”. Un'altra conferma importante arriva da 9REN Group, nata nell'aprile del 2008, per cui PV Rome Mediterranean 2008 ha costituito il primo evento italiano. “Nei quattro giorni alla Fiera di Roma abbiamo stabilito oltre 1.000 contatti, che hanno aggiunto circa 30MW di impianti fotovoltaici in sviluppo alla nostra pipeline, già consistente in oltre 100MW - dichiara Stefano Granella, general manager Business Development L'area mediterranea costituisce il focus geografico per il nostro piano di investimenti che prevede la realizzazione di circa 700MW, quindi anche quest'anno parteciperemo all'evento e non solo in qualità di investor e di contractor chiavi in mano per impianti fotovoltaici, ma anche per la realizzazione di impianti solari termici, mercato per cui si prevede in Italia una crescita annuale media del 17% al 2020. Un altro segmento che assume particolare importanza per servizi a lungo termine nel mercato fotovoltaico in Italia e che ci vede già protagonisti in Spagna con la gestione di oltre 90MW di impianti fotovoltaici, è quello della manutenzione, esercizio e miglioramento degli impianti, attività che presuppone esperienze ingegneristiche che pochi operatori possono offrire”. PV Rome Mediterranean 2009 si terrà nell'ambito di ZeroEmission Rome, l'evento internazionale dedicato alle energie rinnovabili, alla sostenibilità ambientale, alla lotta ai cambiamenti climatici e all'emission trading.

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Un rischio per tutti: il ritorno degli eccessi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 2 autore: Un rischio per tutti: il ritorno degli eccessi Le regole e i nuovi controlli proposti da Obama saranno la via d'uscita dalla recessione di Guido Tabellini u Continua da pagina 1 P er rimediare a questo problema, Obama ha proposto d'istituire un nuovo organo di coordinamento tra le diverse agenzie di regolamentazione, e di dare alla Federal Reserve un ampio mandato di supervisione e regolamentazione su tutte le istituzioni finanziarie sufficientemente grandi e interconnesse da poter influire sul rischio sistemico (e non solo le banche) prevedendo la possibilità di variare discrezionalmente i requisiti patrimoniali e di liquidità anche in funzione anti-ciclica. è anche prevista una regolamentazione assai più stringente dei mercati dei derivati e dei sistemi di pagamento. Secondo, la gestione della crisi ha evidenziato le difficoltà nel contenere le conseguenze di fallimenti di istituzioni come Lehman, Bear Stearns o Aig, con implicazioni sistemiche. Per questo l'amministrazione propone un meccanismo di risoluzione delle crisi di grandi istituzioni finanziarie, che concede alle autorità poteri straordinari per difendere la stabilità sistemica, anche a scapito degli interessi di azionisti o di particolari classi di creditori. Terzo, la crisi ha messo in luce i conflitti d'interesse associati alle agenzie di rating e alle innovazioni finanziarie basate sulle asset backed securities, che separavano le attività d'erogazione dei prestiti dalle decisioni d'investimento finanziario. Per ovviarea questi problemi, l'amministrazione chiede che chi eroga il prestito sia costretto a tenerne in portafoglio una quota ( per altro molto piccola, solo il 5%), impone maggiori requisiti di trasparenza e riduce la rilevanza delle agenzie di rating. Si può dissentire nel merito dei singoli provvedimenti. In particolare, è un peccato che il Presidente Obama si sia lasciato scappare questa occasione per semplificare l'assetto complessivo che attualmente prevede un numero eccessivo d'autorità di supervisione e regolamentazione. E forse non si sentiva il bisogno di aggiungere anche una nuova agenzia con il compito di proteggere i consumatori contro pratiche predatorie nella concessioni dei prestiti. Al contrario, il vincolo di tenere in portafoglio almeno il 5% dei prestiti erogati sembra troppo blando per incidere davvero sugli incentivi distorti degli intermediari. Ma non c'è dubbio che si tratti di un progetto ambizioso e in linea con i principali insegnamenti che è possibile trarre dalla crisi. Speriamo ora che il Congresso e le lobby della finanza non ne stravolgano o indeboliscano i contenuti. è anche interessante notare cosa Obama ha omesso di fare: il progetto di riforma non prevede alcun tetto o limite ai compensi dei manager delle banche. Chi vedeva nel nuovo Presidente il paladino della guerra alla diseguaglianza e alla plutocrazia dei manager troppo pagati resterà deluso. Anche l'Unione Europea sta impostando una riforma della regolamentazione finanziaria, che pone particolare enfasi sul rischio sistemico. Ma i primi segnali sono deludenti. Il Consiglio dei capi di stato riuniti a Bruxelles il 18-19 giugno ha approvato l'idea di costituire un nuovo organo, lo European Systemic Risk Board (Esrc), con compiti analoghi a quelli del nuovo Consiglio proposto dal Presidente degli Stati Uniti, tra cui quello di emettere raccomandazioni alle autorità nazionali di supervisione per prevenire il rischio sistemico. Ma mentre il piano Obama prevede che vi sia un'unica agenzia, la Federal Reserve, con il compito di supervedere e regolamentare le istituzioni finanziarie che hanno implicazioni sistemiche, in Europa ne resterebbero 27. Nulla garantisce che le raccomandazioni emesse dal centro siano poi attuate alla periferia. Rispetto alla situazione attuale, la nascita dell'Esrc sarebbe un passo avanti, perché darebbe più efficacia al coordinamento della supervisione nazionale. Ma rispetto alle esigenze della finanza globale e agli insegnamenti di questa crisi, rischia di essere ancora un'occasione sprecata. Sarebbe stato meglio conferire alla Bce poteri di supervisione e regolamentazione analoghi a quelli previsti dal piano Obama per la Fed. Gli squilibri internazionali Una lezione importante della crisi, sottolineata da diversi contributi al dibattito, riguarda il ruolo avuto dagli squilibri internazionali. Prima della crisi, in molti pensavano che i disavanzi con l'estero degli Stati Uniti fossero insostenibili, e che prima o poi avrebbero provocato un crollo nella finanza internazionale. La crisi c'è stata, ma non è stata causata da un'interruzione del flusso degli investimenti in dollari. Il meccanismo che lega la crisi agli squilibri internazionali è più indiretto. Se le famiglie americane accumulavano debiti invece di risparmiare, è anche perché sugli Stati Uniti si è riversato un fiume di liquidità proveniente dai paesi in via di sviluppo, con diverse motivazioni: la manipolazione del cambio per favorire le esportazioni cinesi, la costituzione di riserve valutarie in seguito alla crisi asiatica del '97, la ricerca d'investimenti liquidi e a basso rischio altrimenti non reperibili. Ora il consumatore americano ha imparato la lezione, e sta ricostituendo i suoi risparmi. Ma gli Stati Uniti restano in disavanzo con l'estero, sebbene meno che in passato, perché nel frattempo sta indebitandosi lo stato. Ciò è inevitabile, se si vuole evitare una frenata troppo brusca dell'economia americana. Ma non elimina le preoccupazioni originarie sull'insostenibilità della situazione. Prima o poi il disavanzo con l'estero americano dovrà chiudersi,e il flusso d'investimenti in dollari si prosciugherà. Come ha ricordato Barry Eichengreen, l'incognita è cosa succederà al dollaro e ai rendimenti sul debito pubblico americano in quelle circostanze. Ma qui non vi è alcuna riforma all'assetto nazionale della regolamentazione che possa rimediare al problema. E la moneta mondiale evocata da Tommaso Padoa- Schioppa rimane un sogno lontano. La fine della grande moderazione Il decennio precedente lo scoppio della crisi era chiamato il periodo della "grande moderazione", per sottolineare la grande stabilità macroeconomica nei paesi avanzati rispetto alla volatilità degli anni 80 e 90. Ora, per fronteggiare la crisi, le banche centrali di tutto il mondo hanno iniettato ingenti dosi di liquidità nell'economia mondiale. Vuol dire che, dopo aver perso la stabilità della crescita, dovremo rinunciare anche alla stabilità dei prezzi? Come ha sottolineato Carlo De Benedetti, nel prossimo futuro il pericolo maggiore sarà la deflazione. Le economie hanno accumulato una grande capacità inutilizzata, e la disoccupazione continuerà ad aumentare almeno per tutto il 2009. In queste circostanze, le pressioni su prezzi e salari continueranno a essere verso il basso, non verso l'alto. Tuttavia la liquidità dovrà trovare uno sbocco. Al momento tutti chiedono investimenti liquidi e di breve periodo, e la liquidità ha trovato spazio nei portafogli dei risparmiatori e degli investitori istituzionali. Man mano che le prospettive miglioreranno, tuttavia, anche l'avversione al rischio tornerà a salire. Ed è probabile che ciò avvenga prima che la capacità inutilizzata sia riassorbita: i tempi di reazione dei mercati finanziari sono sempre più rapidi di quelli dell'economia reale. Il corollario di questo ragionamento è che dobbiamo aspettarci un'accentuata volatilità dei prezzi delle attività finanziarie. Le bolle e gli eccessi speculativi non finiranno con questa crisi. Al contrario, la reazione della politica monetaria alla crisi in corso, per quanto priva di alternative, ha posto le basi per i prossimi eccessi. I prezzi dei beni e servizi rimarranno stabili, contenuti dalla depressione economica. Ma i prezzi delle commodity, o di specifici prodotti finanziari, potranno subire variazioni violente spinte da una massa di liquidità alla ricerca di rendimenti elevati o di protezione contro le aspettative d'inflazione futura. Una delle lezioni di questa crisi è che la politica monetaria non può limitarsi ad assicurare la stabilità dei prezzi, ma deve anche farsi carico della stabilità dei mercati finanziari, sia ex ante, nel prevenire gli eccessi, che ex post, al momento del crollo. Sarà importante ricordare questa lezione nel prossimo futuro. L'Italia e l'uscita dalla crisi Sebbene immune dagli eccessi che hanno contraddistinto altre economie avanzate, anche l'Italia è stata travolta dalla recessione. Il crollo del commercio mondiale ha messo in ginocchio la parte più produttiva ed efficiente dell'economia italiana: le imprese manifatturiere che esportano e competono con successo in tutto il mondo. Purché la recessione mondiale non duri troppo a lungo, tuttavia, questa parte dell'economia italiana si riprenderà e forse, proprio perché efficiente e immune da eccessi, saprà approfittare delle nuove opportunità prima e meglio dei concorrenti. I veri problemi dell'economia italiana erano e restano altri: il Mezzogiorno, la pubblica amministrazione inefficiente, la giustizia troppo lenta, l'istruzione e la ricerca inadeguate alle esigenze del paese, la mancanza di concorrenza in molti comparti dei servizi. Come hanno ricordato il Presidente Ciampi e Corrado Passera, è su questi problemi ben noti che si giocherà la sfida del nostro futuro economico. Ma le difficoltà in cui oggi versa la parte più produttiva del paese rendono ancora più intollerabile l'immobilismo politico e l'incapacità di affrontare i problemi di sempre. Con questo intervento si conclude la discussione «Lezioni per il futuro» iniziata sul Sole 24 Ore del 7 maggio © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Marcegaglia: meno tasse su aziende e lavoro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 3 autore: La presidente della Confindustria preme sull'Esecutivo: dalla manovra d'estate ci aspettiamo molto Marcegaglia: meno tasse su aziende e lavoro Nicoletta Picchio ROMA La manovra d'estate dovrebbe arrivare venerdì, con il Consiglio dei ministri. Ed Emma Marcegaglia attende con molto interesse: «Ci sono una serie di cose che abbiamo chiesto, se verranno confermate sono una risposta utile, per non far sentire sole le imprese. Ci aspettiamo dal decreto un segnale chiaro». La presidente di Confindustria parla entrando al convegno dell'Aspen sul "Il mondo dopo la crisi", dove l'attende al tavolo dei relatori il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (appena riconfermato presidente Aspen Italia). Lo scenario che disegna la Marcegaglia parte dalla considerazione che «i timori di crash finanziari sono più remoti » e che «si può guardare alla crisi con meno preoccupazione ». Ma la situazione resta difficile: le aziende soffrono per cali di ordinativi e fatturato; ci sono ancora rischi di un protezionismo strisciante. è cruciale, quindi, che il Governo inserisca nel decreto sulla manovra d'estate alcune misure su cui la presidente di Confindustria sta insistendo. Prima di tutto, come ha ripetuto ieri, la detassazione degli utili reinvestiti, un volano importante per quelle aziende che decidono di continuare ad investire. Il Governo, poi, ha spiegato la Marcegaglia, ha in mente incentivi per le imprese che non licenziano e che ritirano i propri lavoratori dalla cassa integrazione, facendo formazione. Inoltre,c'è sul tavolo un aumento della compensazione tra debiti e crediti d'imposta. Sono misure necessarie per fronteggiare l'emergenza. Poi, ha aggiunto la presidente degli industriali, nel medio termine, è necessario un calo delle tasse sia sulle imprese che sul lavoro. Sono dell'altro ieri di dati di Eurostat che ci colloca in testa alla classifica nelle tasse sul lavoro. Ed anche i sindacati premono: come hanno detto sia Guglielmo Epifani e Raffaele Bonanni, leader di Cgil e Cisl, va bene la detassazione degli utili reinvestiti, ma occorre anche una sforbiciata al prelievo fiscale su lavoratori e imprese. Per la ripresa, prevista dal Centro studi di Confindustria nel 2010, con un +0,7% di Pil, è fondamentale l'apertura dei mercati, oltre ad individuare nuovi driver di sviluppo. Sul protezionismo, la Marcegaglia vede «alcune situazioni preoccupanti ». Misure «vischiose, non chiare, ma negative». Ed ha citato una recente ricerca da cui emerge che ben 47 Paesi hanno adottato decisioni protezionistiche, dal buy America e buy Cina, a leve tariffarie o burocratiche, che incidono anche sulla mobilità dei talenti. Per evitare queste spinte, secondo la presidente di Confindustria bisogna rilanciare il Doha Round, il negoziato del Wto avviato nel 2001 e non ancora concluso. «Evitiamo obiettivi troppo ambiziosi, meglio puntare su poche cose e arriva-re all'intesa », lasciando i mercati aperti e puntualizzando le regole: «Un mondo chiuso, per l'Italia che è un Paese esportatore, è un danno». Quanto al modello di crescita per il futuro, secondo la Marcegaglia il motore sarà la green economy,legataall'innovazione tecnologica e alla ricerca. Secondo uno studio Ocse, in questo settore in Germania lavorano 250mila persone e nel 2020 i dipendenti supereranno quelli dell'auto. Nel solare termico, per fare un altro esempio, da noi gli occupati sono 3mila, in Germania 17mila. «Stiamo recuperando un gap, ma per accelerare serve un quadro chiaro di regole e incentivi ». E sarà importantissimo il risultato del vertice di Copenhagen sul clima: «La riduzione di Co2 deve coinvolgere anche le economie emergenti e non solo la Ue». LE PRIORITà Al primo posto delle richieste le agevolazioni sugli investimenti e la restituzione dei crediti delle imprese con la pubblica amministrazione

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In Italia alle pensioni il 29% del budget (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 5 autore: La spesa è salita del 37% in 15 anni ed è la più elevata dell'area Ocse in rapporto al Pil In Italia alle pensioni il 29% del budget Vittorio Da Rold Il Fisco "pesa" per il 24% sulle pensioni in Italia dove però contemporaneamente si registra la maggior uscita per le prestazioni previdenziali pari al 29% di tutta la spesa pubblica o, se preferite, al 14% del pil nazionale. Quota peraltro destinata ad aumentare visto che la crisi rallenterà l'ampiezza complessiva della "torta" da dividere. Sono questi i dati più significativi che emergono dall'ultimo rapporto Ocse sui sistemi pensionistici nei maggior paesi industrializzati del pianeta. Lo studio calcola al 24% il prelievo di tasse e contributi sulle pensioni in Italia, quasi il doppio rispetto alla media Ocse che veleggia al 12,7%. Più tartassati di noi ci sono solo i pensionati danesi (33,2%) quelli svedesi (27,9%), finlandesi (24,9), gli austriaci (24,7%), ma con servizi sociali migliori rispetto ai nostri standard, mentre gli over 65enni francesi (12,6%) e i tedeschi ( 19,6%) si godono un prelievo molto più ridotto. La Penisola si distingue anche perché le pensioni dell'altra metà del cielo sono mediamente inferiori di un terzo rispetto agli uomini di riflesso anche alla minore età di pensionamento delle donne. Il tasso di sostituzione lordo ( cioé la percentuale del salario individuale precedente garantita dalla pensione) in Italia é stimata al 67,9% per gli uomini e al 52,8% per le donne. In media nell'area Ocse il tasso di sostituzione é del 59% per i redditi medi e del 71,9% per i reddito bassi. Ma se lo Stato prende con il Fisco e i contributi previdenziali è generoso sul fronte della uscite dove l'Ocse fotografa una situazione che vede l'Italia battere tutti i partner per la maggiore spesa pubblica per le pensioni tra i Paesi industrializzati e anche i contributi previdenziali più elevati. Una situazione che dovrebbe richiedere delle riforme a tambur battente ma che, invece, restano al palo. Anche perché troppe risorse drenate dalle pensioni privano lo stato di indirizzare fondi ai giovani, negli aiuti alle famiglie o all'istruzione. Sulla base dei dati 2005, la spesa per le pensioni in Italia totalizza il 14% del Pil, il doppio della media Ocse (7,2%), con un incremento dal 1990 al 2005 del 37,9 per cento. Non solo, le pensioni assorbono il 29% del budget pubblico contro il 16% della media Ocse. Tuttavia, osserva l'organizzazione internazionale con rammarico «molti dei cambiamenti vitali per la sostenibilità del sistema sono stati ripetutamente rinviati ». In particolare sono state rimandate le modifiche che avrebbero portato un aumento dell'età di pensionamento e un riduzione degli assegni pensionistici per tenere conto dell'aumento delle aspettative di vita. Aspettative che in Italia raggiungono gli 84,5 anni rispetto agli 83,4 dell'Ocse. Il problema italiano è che la percentuale degli over65enni sulla popolazione al lavoro raggiunge il 32,5% contro una media Ocse appena del 23,8 per cento: insomma troppi pensionati rispetto a chi lavora! A livello Ocse, la crisi - nota ancora l'Organizzazione parigina - ha inferto un duro colpo ai fondi pensione privati i cui investimenti nel 2008 hanno perso il 23% del valore, in totale 5.400 miliardi di dollari. «Dati spaventosi », commenta letteralmente l'Ocse nel suo rapporto. Un duro colpo al cosidetto secondo pilastro pensionistico che in Italia conta 5 milioni di aderenti. «Nessun sistema pensionistico é immune», ammonisce peraltro l'Organizzazione che si attende ricadute anche sulla previdenza pubblica. La crisi, infatti, «amplifica ed evidenzia i problemi strutturali di lungo termine già pesenti che molti sistemi pensionistici devono affrontare per l'invecchiamento della popolazione». La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime Usa ha colpito duro i fondi pensione privati nei paesi dell'area Ocse: l'impatto però è stato diverso nei singoli paesi, in proporzione all'importanza delle pensioni private nell'intero pacchetto pensioni-redditi, che è particolarmente ampia negli Stati Uniti (quasi metà dell'intera perdita), in Australia, Danimarca, Olanda e Gran Bretagna. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL PESO DEL FISCO Tassazione e contributi assorbono un quarto degli assegni. Fondi in difficoltà con la crisi: nel 2008 hanno perso il 23% del valore

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Ue: il debito zavorra per la ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-24 - pag: 5 autore: Ue: il debito zavorra per la ripresa Rapporto di Bruxelles: rischi sui costi del capitale, ma il Tesoro ha gestito bene le emissioni Enrico Brivio BRUXELLES. Dal nostro inviato Nel vortice della peggiore recessione europea del dopoguerra, l'economia italiana resta inevitabilmente vulnerabile, a causa dell'alto debito pubblico; ma la «prudente» risposta data dal Governo alla crisi, combinata alla relativa stabilità del sistema bancario nazionale, sono riusciti a contenere la percezione del rischio da parte dei mercati finanziari e a rendere meno fosco il quadro. è la situazione di bilancio italiana in tempi di crisi, come dipinta dal rapporto sulle finanze pubbliche 2009 pubblicato ieri dalla Commissione Ue. In acque difficili, permangono elementi di debolezza strutturale. I danni sono stati però limitati, secondo Bruxelles, dalle risposte controllate di stimolo dell'economia e dall'attenta gestione delle emissioni da parte del Tesoro. La Commissione Ue definisce «rassicurante » il fatto che le aste di titoli pubblici italiani degli ultimi mesi, volte anche ad allungare le scadenze medie del debito pubblico e ad aumentare la liquidità, siano state un successo. Soprattutto se si considera l'intasamento di emissioni di titoli a livello globale nell'ultimo periodo e il fatto che gli investitori stranieri rappresentano oltre la metà degli acquirenti di titoli pubblici italiani. Una valutazione che, secondo fonti comunitarie, è stata avvalorata anche dai pareri raccolti durante incontri con analisti di mercato. Per la prima volta in un documento ufficiale la Commissione Ue sposa anche la teoria, più volte ripetuta negli ultimi mesi dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, di trovare un migliore metro del rischio Paese, considerando la combinazione tra debito pubblico e indebitamento privato (incluso il settore bancario), e non solo lo stato delle finanze pubbliche. «Una lezione tratta dalla crisi attuale – osserva il rapporto di Bruxelles - è che guardando all'insieme delle variabili finanziarie, cioè attività e passività, i bilancio settoriali e aggregati di un Paese forniscono una più completa visione della vulnerabilità sistemica che non se si guarda al solo debito pubblico». E in questa «visione integrata» l'Italia, rispetto a Paesi con sistemi bancari e finanziari altamente a rischio come l'Irlanda, appare in posizione migliore: non ha squilibri esterni rilevanti, le imprese hanno una posizione finanziaria equilibrata, le famiglie hanno pochi debiti (relativamente ai livelli di altri partner) e continuano a risparmiare. Un approccio sistemico che non può cambiare i parametri fissati dai Trattati e dal Patto di stabilità, ma di cui la Commissione sembra ora intenzionata a tenere conto quando dovrà redigere le raccomandazioni per ogni Paese e stabilire i tempi di rientro al di sotto della soglia deficit/Pil del 3%, rispetto al 4,5% previsto da Bruxelles per l'Italia nel 2009 e al 4,8% a politiche invariate nel 2010. Seppure con questi elementi di conforto, l'Esecutivo Ue non naconde i rischi che permangono a causa di un enorme debito pubblico italiano stimato al 116,1% nel 2010. Un rischio riflesso dal balzo in gennaio nello spread tra i titoli decennali italiani e i Bund tedeschi che raggiunto i 170 punti base contro una media di 25 punti base tra il 1999 e il 2007, per poi ridiscendere a 90-100 punti base in maggio. Per questo Bruxelles conferma che l'Italia fa parte di un gruppo di paesi dell'eurozona (con Cipro, Grecia e Slovacchia) con «un limitato margine di manovra di bilancio». Più in generale il rapporto Ue stima che in Europa il costo dei salvataggi finanziari ammonterà tra il 2,75 e il 16,5% del Pil e sottolinea la necessità di definire una exit strategy che permetta di passare dagli stimoli di breve periodo, che hanno fatto aumentare gli indebitamenti pubblici, a un quadro di risanamento finanziario nel medio termine, non appena la ripresa prenderà forma. «Le esperienze del passato sono delle lezioni utili, che ci mostrano come i costi di bilancio delle crisi bancarie possano essere contenuti e quali fattori possano facilitare il ritorno a conti pubblici sani», ha commentato il commissario per gli Affari economici, Joaquin Almunia, aggiungendo:«L'efficacia della politica di rilancio di bilancio a breve termine dipende in larga parte da un impegno credibile a mettere fine allo stimolo una volta che l'economia tornerà a crescere». © RIPRODUZIONE RISERVATA FATTORI POSITIVI L'equilibrio della bilancia commerciale e lo scarso indebitamento privato fanno sì che la situazione sia sotto controllo

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Mettere il 'mattone' nel Portafoglio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( BANCA MEDIOLANUM ) data: 2009-06-24 - pag: 34 autore: L'intervento di Walter Ottolenghi* Mettere il ‘mattone' nel Portafoglio L a diversificazione degli investimenti nel settore immobiliare continua a dimostrare la sua validità anche attraverso i momenti più perturbati dei mercati finanziari. In diversi Paesi europei, e in Italia in particolare, dove si sono evitati gli eccessi speculativi e le spericolate operazioni di debito proprie soprattutto del cosiddetto ‘modello anglosassone', il periodo di inusuale recessione economica ha provocato solo marginali correzioni dei valori, soprattutto per quanto riguarda gli immobili di buona qualità e messi a reddito con conduttori dalla solida situazione economica. Il rendimento prodotto dai canoni di locazione ha infatti contribuito a confermare l'idoneità di questa forma d'investimento come ideale complemento e fattore equilibrante delle altre forme di risparmio presenti nel patrimonio delle famiglie. Il Fondo Immobiliare Mediolanum Real Estate ha seguito in modo attivo l'evoluzione del mercato nel corso degli ultimi tre anni e si è presentato all'appuntamento del 2009 con le carte in regola per cogliere le opportunità che lo scenario attuale presenta. Tra il 2006 e il 2007 il Fondo Real Estate ha costituito la base principale del proprio portafoglio d'investimenti evitando di rincorrere facili obiettivi di impiego immediato delle risorse economiche raccolte per perseguire effimeri successi di facciata, ma ha operato una lenta selezione, privilegiando gli impieghi caratterizzati da un elevato rendimento locativo e da prezzi d'acquisto che esprimessero valori al metro quadro non contagiati dalla febbre degli immobiliaristi d'assalto, che ancora fino a non molti mesi fa alteravano il profilo del mercato. Il 2008 è stato un anno intermedio, di sostanziale osservazione e attesa, nel corso del quale si è ottimizzata la gestione del patrimonio acquisito. In tutto questo periodo, il Fondo ha distribuito cedole corrispondenti a circa il 4% annuo del valore iniziale della quota investita. Venendo alla prima metà del 2009, il Fondo ha ripreso a investire, mettendo a segno due acquisizioni (entrambe a destinazione uffici, la prima nel centro di Milano, la seconda in uno dei principali distretti direzionali che circondano il capoluogo lombardo) che possono essere esemplificative delle opportunità che si stanno presentando attualmente nel comparto immobiliare: vantaggiosi rendimenti da locazione e risultati molto interessanti in prospettiva. E la società di gestione sta attualmente valutando diverse altre opportunità d'investimento che stanno maturando in questa particolare situazione di mercato. All'inizio di giugno, in particolare, è già stata finalizzata l'acquisizione di una galleria commerciale strategicamente collocata in una regione centrale italiana, avviata da diversi anni con risultati di successo e in progressiva crescita. *amministratore delegato di Mediolanum Gestione Fondi Nell'immagine uno stabile a Padova che fa parte del patrimonio immobiliare su cui investe il Fondo Immobiliare Mediolanum Real Estate

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Investire oltre la crisi: diversificazione immobiliare (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( BANCA MEDIOLANUM ) data: 2009-06-24 - pag: 34 autore: Beni reali al riparo dall'inflazione Investire oltre la crisi: diversificazione immobiliare Investire anche in beni reali, come le opportunità immobiliari, per mettersi al riparo dai futuri rischi di crescita dell'inflazione U na rotta che dalle ondate della crisi economica e finanziaria internazionale porta allo scenario che ci attende dopo la tempesta. Per chi guarda alla gestione dei propri risparmi e investimenti in maniera adeguata, vale a dire non navigando a vista senza chiedersi quali siano le prospettive all'orizzonte, ma orientando la bussola per seguire un percorso preciso, lungimirante nel tempo, e cercando di anticipare le tappe che ci attendono, una rotta può essere già tracciata: diversificare sempre gli investimenti in modo da distribuirli su risorse e settori diversi, per proteggersi dalle burrasche che si possono abbattere da una parte o dall'altra. E mettersi al riparo dai rischi di crescita dell'inflazione che seguirà la ripresa dell'economia nei prossimi anni, dopo la recessione e il superamento della crisi internazionale. Come? Investendo non solo nei mercati finanziari ma anche in beni reali, come immobili e aziende, che risultano poco esposti e vincolati all'andamento e agli strappi dell'inflazione. Primi tra tutti i beni immobiliari, che se sono di qualità offrono rendimenti interessanti, soffrono meno per le difficoltà dei mercati finanziari, e non si svalutano nel tempo. La diversificazione delle soluzioni di investimenti di ogni singolo risparmiatore e cliente è da sempre una delle principali linee guida che orientano l'attività di Banca Mediolanum, e dei suoi Family Banker, una strategia fondamentale per gestire al meglio le risorse a disposizione. Per diversificare è indispensabile distribuire gli investimenti fra soluzioni e beni diversi, in modo da ridurre le incognite che si possono presentare concentrando tutto il capitale su un'unica scelta o poche soluzioni. Partendo sempre dalle diverse tipologie d'investimento finanziario: titoli azionari, obbligazionari, prodotti assicurativi e previdenziali, che hanno caratteristiche, potenzialità e prospettive differenti, a seconda del profilo del singolo investitore, della durata dell'investimento, degli obiettivi di rendimento finale. In questo quadro, e guardando all'orizzonte che ci attende nei prossimi mesi e anni, molti economisti e analisti finanziari prevedono già che la ripresa economica che seguirà e supererà la crisi in corso porterà anche nuova inflazione, probabilmente con un aumento consistente del carovita e degli indici ad esso collegati, in tutto il mondo. E proprio per questo, oggi e nello scenario che abbiamo di fronte, diversificare significa investire oltre che in soluzioni finanziarie ‘tradizionali', calibrate su misura per ogni singolo cliente, anche in soluzioni finanziarie strettamente collegate alle condizioni dell'economia reale, come ad esempio l'inflazione, per arrivare ai beni reali, ad esempio immobili di qualità, aziende di valore, che, quando l'economia riprenderà a ingranare una marcia dopo l'altra, sapranno bilanciare gli effetti al rialzo che accompagneranno la ripresa e la nuova crescita. E questo tipo di investimento può essere a sua volta ‘diversificato' ricorrendo ai fondi immobiliari. Scelte e opportunità d'investimento vanno del resto pianificate con un'ottica e un respiro di più lungo periodo, oltre la crisi, e oltre i riflessi che la seguiranno. Ma le occasioni che questa crisi ha generato vanno colte adesso, prima che sia troppo tardi. Diversificare gli investimenti anche nell'immobiliare

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/06/2009 - pag: 5 Appello bipartisan «Ma ora pensiamo al bene comune» ROMA Crisi di valori, crisi economica e crisi culturale. Diciassette politici cattolici, insieme lanciano un appello: «Torniamo al bene comune». Sono cinque del Pd (Baio Dossi, Paola Binetti, Luigi Bobba, Marco Calgaro, Claudio Gustavino), sei Udc (Carlo Casini, Rocco Buttiglione, Luisa Santolini, Luca Volonté, Magdi Cristiano Allam, Savino Pezzotta), cinque del Pdl (Isabella Bertolini, Laura Bianconi, Maurizio Castro, Elisabetta Gardini, Barbara Saltamartini) e Massimo Polledri della Lega Nord. È il primo caso di una lettera-programmatica firmata da parlamentari nazionali ed europei di tutti gli schieramenti e di tutti i partiti, dopo la diaspora, seguita alla fine dell'unità politica dei cattolici. I firmatari si pongono una domanda: «Che ne è del bene del Paese, del bene comune in questo momento?». Ed ecco la risposta: «Il clima di sfiducia, di sospetto e di tensione di questi ultimi mesi ci chiede di riflettere per dire con chiarezza dove vogliamo andare e quale proposta di speranza possiamo offrire agli italiani». E ancora: «Il Paese ci chiede di dare un esempio morale credibile vivendo in prima persona i valori in cui crediamo». Il «Bari-gate» non è nominato né forse poteva esserlo, ma si legge in filigrana nelle 25 righe del testo. Insieme a una forte preoccupazione per «gli italiani che vivono le difficoltà del quotidiano, e chiedono a noi politici di saper individuare risposte credibili e concrete per poter essere realizzate». Cioè per tutti coloro «che a buon diritto si aspettano una buona politica, che non può essere una politica buona, cioè indirizzata al bene comune». M.A.C.

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Europa e Usa contro Pechino: protezionismo sulle materie prime (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 24/06/2009 - pag: 37 Il ricorso al Wto Europa e Usa contro Pechino: protezionismo sulle materie prime DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES «Pechino bara»: potrebbe stare in queste due parole, la denuncia fatta ieri da Unione Europea e Stati Uniti. I due colossi accusano ufficialmente il terzo, cioè la Cina, di stravolgere le regole del libero mercato con le restrizioni che impone all'esportazione di sue materie prime strategiche, come la bauxite, il magnesio, lo zinco o il manganese, materie spesso scarse e a volte introvabili in altre aree del mondo. Bruxelles e Washington minacciano per questo di portare Pechino davanti al «tribunale» della Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio. Non è certo una disputa da cortile: la Cina è oggi il secondo partner commerciale della Ue, dopo gli Usa, e la Ue è il primo partner commerciale della Cina; e l'interscambio fra i due giganti raggiunge ormai i 300 miliardi di euro. Le restrizioni sull'export di certe materie prime, operate da Pechino, si basano sull'imposizione di quote, di prezzi minimi, o di dazi giustificati sotto i più vari profili giuridici: «E oltre alla distorsione della concorrenza protesta Catherine Ashton, commissaria europea al commercio spingono all'aumento i prezzi globali, rendendo ancora più difficile le cose per le nostre aziende, già alle prese con la crisi economica». Non solo: alcune di queste materie prime sono indispensabili per produzioni tecnologicamente avanzate come quella dei semiconduttori, o quella dei componenti per l'aeronautica e l'aeronautica spaziale. Perciò la difficoltà di reperimento limita e danneggia la presenza strategica delle singole aziende ma anche dei governi dell'Occidente, e dei loro apparati industriali e militari. Insomma, una questione geopolitica e non solo meramente commerciale, con una tensione che da anni va sempre crescendo: così Bruxelles e Washington avviano ora la procedura per un ricorso legale davanti alla Wto. È solo un primo passo. Catherine Ashton auspica «una soluzione amichevole attraverso lo strumento delle consultazioni». Ma intanto, una macchina pesante si è messa in moto. Da agosto in poi, avviate le consultazioni in sede di Wto, un gruppo speciale riesaminerà tutta la questione, e in base alle sue decisioni si potrebbero decidere sanzioni contro la Cina. Anche perché la gamma delle potenziali rivendicazioni e proteste è larghissima: «Le consultazioni che abbiamo richiesto oggi dice un comunicato della Commissione Europea si concentrano su un primo gruppo di misure e di prodotti. Ma le nostre preoccupazioni non sono limitate a questi, e la raccolta di informazioni su altri continuerà, con la possibilità sempre aperta di ulteriori azioni da parte nostra». Fra le misure più contestate, i dazi del 70% sulle esportazioni del fosforo giallo, del 15% per la bauxite, del 40% per il carbon coke, del 25-35% per lo zinco. Secondo la Ue, la Cina sta violando anche gli impegni che assunse nel suo protocollo di accesso alla Wto, e con i quali escludeva qualsiasi limitazione o gravame sull'export, se non in determinati casi e a determinate condizioni. Il commissario europeo al Commercio, la britannica Catherine Ashton Luigi Offeddu

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L'intesa Nokia-Intel affossa StM (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 Il caso a Milano L'intesa Nokia-Intel affossa StM (fa.chi.) L'accordo tra Nokia e Intel e le voci sulla cessione della quota di Areva fanno male a StMicrolectronics, che ha registrato la peggiore performance fra i titoli del Ftse-Mib chiudendo in calo del 4,53%. La società francese ieri ha smentito, ma secondo rumors starebbe valutando la vendita dell'11% nel gruppo di semiconduttori. Anche a Parigi il titolo Stm ha chiuso in forte calo (-4,21%). Sempre di ieri l'accordo tra la concorrente Intel e Nokia (uno dei principali clienti di StM): il leader mondiale dei microprocessori e il colosso finlandese dei cellulari svilupperanno assieme nuovi chip destinati alle apparecchiature mobili. Carlo Bozotti ceo di StM

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Il piano Olofsson rilancia Carrefour (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 Il caso a Parigi Il piano Olofsson rilancia Carrefour (g.fer.) Piace al mercato il piano di rilancio che Lars Olofsson, nominato all'inizio dell'anno direttore generale di Carrefour al posto di José-Luis Duran, ha presentato ieri a Parigi. Il titolo del colosso francese, secondo gruppo mondiale della grande distribuzione, ha recuperato infatti alla Borsa parigina il 3,6%, chiudendo a quota 30,9 euro, in controtendenza rispetto all'indice Cac dei 40 migliori titoli (sceso dello 0,21%). Ai 500 tra manager e quadri riuniti ieri a Parigi, Olofsson ha anticipato il suo programma in sette punti, che sottoporrà agli analisti finanziari il prossimo 30 giugno. Lars Olofsson alla guida di Carrefour

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Indici in calo, corre Campari (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/06/2009 - pag: 43 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo, corre Campari Luxottica Il titolo, inserito nella lista dei preferiti di Bank of America, rimbalza del 3,95% In linea con l'andamento delle altre Borse europee, dove ha dominato la volatilità, a Piazza Affari l'indice Ftse-Mib ha segnato una perdita dello 0,42%, mentre l'Ftse Italia All Share ha perso lo 0,51%, con scambi in leggera ripresa (2,4 miliardi di euro il controvalore complessivo). Campari e Luxottica, due società che ben rappresentano il made in Italy, guidano la classifica dei rialzi nell'ambito dei titoli che compongono l'indice Ftse-Mib. Nel primo caso, con una crescita del 5,3%, il prezzo di riferimento (5,76 euro) si avvicina al nuovo massimo dell'anno. Quanto a Luxottica, cresciuta del 3,95%, si tratta di un rimbalzo che compensa il calo della vigilia, favorito dall'ingresso del titolo nella lista dei preferiti di Bank of America. Significativo anche il recupero di Ubi Banca (+3,18%), ma il titolo era reduce da un tonfo di circa quattro punti percentuali. Bene, inoltre, Prysmian (+3,01%) dopo la notizia delle due commesse vinte in Germania e Olanda per complessivi 20,3 milioni di euro. Rialzi superiori ai due punti percentuali, poi, per una manciata di titoli appartenenti a diversi comparti. Fra i cementiferi Buzzi-Unicem è salita del 2,61% e Italcementi del 2,12%; fra gli industriali Parmalat ha recuperato il 2,38% e Ansaldo Sts il 2,25%. Sul fronte dei ribassi, infine, è proseguita la caduta di StMicroelectronics (StM), che ha ceduto il 4,53% dopo l'annuncio che la francese Areva intende cedere la propria quota, pari all'11% del capitale. Mediolanum ha invece lasciato sul campo il 3,20%, seguita da Bulgari (-2,5%) e da Banca Popolare di Milano (-2,37%).

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Super ricchi, scomparsi due su dieci (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

LO STUDIO DI MERRILL LYNCH E CAPGEMINI SU CHI HA ALMENO 30 MILIONI DI DOLLARI: GLI ITALIANI SONO SCESI DA 207 MILA A 164 MILA Super ricchi, scomparsi due su dieci [FIRMA]FRANCESCO SPINI MILANO Poveri ricchi, in questi momenti un po' così devono fare austerity. Fanno meno beneficenza e ripiegano su beni di lusso tangibili e concreti. Meno viaggi favolosi, meno club esclusivi. Roba da Anni 80. Meglio gioielli, superorologi, oggetti d'arte e gli intramontabili yacht. Del resto, senza che sia il caso di chiamare il Wwf, la specie è in difficoltà. Rispetto a quanto era stato registrato nel 2007, il tredicesimo rapporto firmato da Merrill Lynch Global Wealth Management e Capgemini certifica che il club dei ricchi si restringe. Causa crisi, il popolo che può vantarsi di avere un patrimonio personale - casa di residenza esclusa - di almeno un milione di dollari (717 mila euro, al cambio corrente) si è ristretto a 8,6 milioni di persone, il 14,9% in meno di due anni fa. A pagare pegno più degli altri, con un calo del 24,6%, sono i super ricchi, quelli da almeno 30 milioni di dollari. In Italia? Gli stessi super ricchi erano in 207 mila due anni fa, sono diventati meno di 164 mila nel 2008: manca all'appello il 20,8%. In pratica, ne sono scomparsi due su dieci. Così ci si accontenta dell'ottava posizione, dietro la Svizzera. Meno ricchi e meno ricchezza - si è tornati ai livelli precedenti il 2005 - dunque in questo mondo sferzato dalla recessione. Tutti insieme gli averi di questi fortunati si abbassano a 33 mila miliardi di dollari, in calo del 19,5%. Cambia di poco, invece, la distribuzione geografica di chi se la passa bene: il 54% di loro resta concentrato tra Stati Uniti, Giappone e Germania. L'unica sorpresa è la Cina che con i suoi 364 mila ricconi supera la Gran Bretagna (362 mila) che paga la crisi finanziaria e immobiliare. Guadagna posizioni il Brasile, cala la Russia, crolla Hong Kong e soffre l'India, «segno che chi è cresciuto più velocemente, cade con altrettanta rapidità», spiegano gli esperti. Ovunque pesano fattori simili: la Borsa che ha dimezzato le capitalizzazioni - e dunque i portafogli di chi si era buttato sulle azioni - e l'andamento economico. Che per il nostro Paese si traduce in un calo del Pil reale dell'1%, il crollo del 51% della capitalizzazione di mercato, la discesa del 7,5% dei prezzi delle case. Sull'altro versante, a sostenere la ricchezza italica - spiegano sempre gli esperti - è stato pure il «pacchetto di stimolo del valore stimato di poco meno di un miliardo di dollari», che include le azioni decise dal governo inclusa la social card per le famiglie in difficoltà. Il soccorso ai poveri aiuta i ricchi? Secondo gli esperti sì, perché tutto alla fine incide sul Pil. E poi è servita la garanzia statale sui conti correnti che ha evitato il panico in banca. Ma i ricchi cambiano anche le propensioni all'investimento: meno azioni, più obbligazioni e liquidità (+6% per arrivare al 50% dei portafogli). Meno hedge fund (-7%), più prodotti a capitale garantito, più materie prime (+3%) - oro soprattutto, «in forma di lingotti, monete ed Etf» - e più case (+4%): inutile venderle a questi prezzi, meglio comprare e fare affari. E scatta pure il «meccanismo psicologico» di investire i capitali in patria, in attesa del prossimo scudo fiscale, che da noi renderà la cosa ancora più agevole. Nel frattempo dai ricercatori arriva ottimismo. Dopo i primi segnali di ripresa, prevedono un recupero medio annuo dell'8,1% della ricchezza di qui al 2013. Ma per allora l'Asia è pronta a sorpassare gli Usa.

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La Fed del presidente Ben Bernanke ha deciso di lasciare i tassi di sconto Usa invariati fra 0 e 0,25%. Secondo la banca centrale, il passo della contrazione economica sta rallenta (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Fed, tasso di sconto invariato La Fed del presidente Ben Bernanke ha deciso di lasciare i tassi di sconto Usa invariati fra 0 e 0,25%. Secondo la banca centrale, «il passo della contrazione economica sta rallentando e le condizioni dei mercati finanziari sono generalmente migliorate negli ultimi mesi». Inoltre, i consumi delle famiglie «hanno mostrato ulteriori segni di stabilizzazione»

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le nuove regole per incarichi professionali - nicola pagliara (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XI - Napoli LE NUOVE REGOLE PER INCARICHI PROFESSIONALI NICOLA PAGLIARA U na cosa mi è chiara dopo questa crisi che non sembra avere più fine, ed è che le regole di molti giochi dovranno essere cambiate. Su quelle della finanza nazionale e internazionale lascio volentieri a Tremonti e Draghi e agli esperti il compito di esplorare quali vie possano essere le migliori per regolare l´andamento dei mercati finanziari. Ma per quanto riguarda il mondo del lavoro professionale, mi posso permettere di intervenire con una certa competenza, frutto di cinquant´anni di attività. La nostra professione (ma non è la sola) sta attraversando un periodo nero come neppure nel ‘92 si era verificato. In quegli anni se tangentopoli aveva bloccato ogni attività imprenditoriale e professionale, pure vi era la via di fuga all´estero, rimasto miracolosamente fuori dai brogli del nostro Paese e che consentì di cercare in Germania, Inghilterra o Spagna spazi di sopravvivenza. Questa volta no; la crisi è globale e come si dice se Atene piange, Sparta non ride. I nostri colleghi esteri e regionali, dopo crescite elefantiache dei loro studi, oggi sono costretti a licenziare e a ridimensionare le loro attività. Per cui, volendo mantenere intatte le prerogative di un "libero professionista" e la sua capacità di collocare i propri meriti e le proprie qualità nel libero mondo del mercato, tuttavia trattandosi ormai di "una folla" di architetti e ingegneri senza sbocchi professionali, costretti a umiliare le proprie capacità a livelli mai raggiunti, ritengo che le regole, il modo di gestire il denaro pubblico e gli intrecci professionali vadano adeguati alla nuova situazione. Se il denaro che viene investito per le grandi opere è pubblico, allora pubblica e alla luce del sole deve essere la ridistribuzione fra quelli che per titolo di studio e per competenza vantano gli stessi diritti di quelli che proprio sul pubblico puntano per ottenere i maggiori incarichi professionali e meglio retribuiti. Le ragioni del "no", "non va", le conosco da anni: affidandosi indiscriminatamente a tutti i livelli di cultura professionale, si rischia di perdere di vista la "qualità" dei manufatti. E, il che è peggio, a parte qualche professionista baciato dalla politica, i più strenui difensori della "qualità tout court" sono proprio quei politici che nel corso degli anni hanno imparato a masticare in modo grottesco nomi impossibili e dalle qualità sublimi, invocandone la loro ben remunerata prestazione. è incredibile che proprio da sinistra venga questo metodo balordo: con la scusa di proporre una cultura superiore, si fanno fuori di un colpo centinaia di professionalità. Incredibile è che spesso sono gli stessi che dal ‘68 a oggi hanno fatto in modo che le nostre Facoltà distruggessero le loro radici e i loro insegnamenti, facendo in modo (ora anche con la laurea breve) di mettere in circolazione sotto preparati, numerosi e inutili in una società per la quale dal mondo intero si reclama impegno e professionalità. Tutto questo porta inevitabilmente a riscrivere regole che consentano la preparazione prima, la sopravvivenza dopo dei giovani che affrontano questa giungla, senza avere strumenti di difesa. L´alibi è dato dalla necessità dell´alto livello qualitativo degli interventi. Bene, io ne nego la necessità: tenendo bassi i toni come nelle vecchie città "biedemeier", la qualità sarà data proprio da quel tessuto senza eccezioni, dove qua o là, un elemento (come furono le cattedrali) potrà brillare di eccezionale bellezza e armonia. I mezzi ci sono e, guarda caso, sono tutti di sinistra e finiranno per essere apprezzati dalla destra, tanto è il bisogno di ridare dignità a quella "folla" che, per cultura e preparazione, ne ha diritto. Le nuove regole, anche lì dove sembrano troppe, non possono prescindere da una nuova coscienza civile, della quale sono pieni gli interventi di sociologi ed economisti. Tra le nuove regole ci dovrà essere, prima che sia troppo tardi e che ci si dimentichi della "dignità" professionale, quella che solo la politica, quella vera, può innescare: fare un passo indietro, tutti e contemporaneamente, anche soprassedendo per un po´ al mito della sublime qualità architettonica.

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coccia: "tirrenia privata in due mosse" - massimo minella (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XV - Genova Coccia: "Tirrenia privata in due mosse" "Prima il passaggio delle controllate alle Regioni, poi la gara per la capogruppo" MASSIMO MINELLA Anche il mare zoppica, di fronte alla crisi. Ma non ha alcuna intenzione di fermarsi. E allora, ben vengano tutte quelle iniziative che possono servire a tenere desta l´attenzione della politica e dell´economia su una delle realtà più forti, e meno ascoltate, della Penisola. Nicola Coccia, presidente di Confitarma, lancerà alla "48 ore del mare" una doppia sfida, mediatica e strategica. E´ il palco giusto, presidente? «Sì, non c´è alcun dubbio. Il nostro obiettivo era e resta quello di divulgare la conoscenza dello shipping a tutti i livelli. Prima della crisi finanziaria avevamo già istituito un tavolo di confronto con il mondo bancario. Ma forse non era sufficiente. Così, abbiamo deciso di andare in onda». In che senso? «Abbiamo fatto un accordo con un canale satellitare per una serie di programmi tematici per mettere a confronto armamento e finanza». Può bastare per riuscire a condurre lo shipping fuori da questa crisi globale? «E´ una sfida che va condotta a più livelli, proprio per questo ha bisogno di tante finestre. E questa è importante». Sempre interessati alla privatizzazione di Tirrenia? «Sì, ora però cambiamo strategia». E come vi muoverete? «Alla "48 del mare" abbiamo organizzato una tavola rotonda sulle società regionali di Tirrenia. Bisogna partire da qui, affidandole alle regioni. A questo punto, Tirrenia sarà molto più ridimensionata e sgonfiata e sarà di certo meno strategica, tenuto conto che i privati operano già sulle stesse rotte». Resta il problema occupazionale. «Se esiste, saremo pronti ad affrontarlo e a risolverlo».

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mutui, è il momento del tasso variabile e se l'euribor sale c'è la rata protetta - rosa serrano (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina VI - Firenze Mutui, è il momento del tasso variabile e se l´Euribor sale c´è la rata protetta La novità di Mps prevede un tetto massimo al 5,50%, lo spread costa un po´ di più ROSA SERRANO Sfruttare i vantaggi del variabile con la sicurezza del fisso. Per ottenere questo risultato l´aspirante mutuatario deve stipulare un contratto di mutuo a tasso variabile con la garanzia di un cap, cioè di un tasso massimo oltre il quale la rata non potrà comunque andare in futuro. L´esperienza sostenuta da molti mutuatari che negli anni scorsi avevano optato per il mutuo con tasso variabile attirati dal notevole differenziale con i mutui a rata inchiodata e che successivamente hanno dovuto affrontare la continua impennata dell´Euribor (il parametro utilizzato dalle banche per aggiornare i mutui a tasso variabile) dovrebbe consigliare la massima cautela ai nuovi mutuatari. Un solo esempio è sufficiente per dimostrare il vero e proprio dramma verificatosi per molti mutuatari che, in molti casi, non erano più in grado di pagare la rata diventata troppo "pesante". Mentre nel maggio 2005 l´Euribor a 1 mese/365 quotava 2,13%, a fine settembre 2008 ha raggiunto il suo picco con il 5,12% (+2,99%). L´improvvisa crisi finanziaria ha "miracolato" i mutuatari a tasso "ondeggiante". Ora l´Euribor a 1 mese/365 è addirittura sotto la soglia dell´1% fissata dalla Bce e con un differenziale di ben tre punti rispetto all´Irs (il parametro che viene utilizzato per indicizzare i mutui a tasso fisso). Per effetto di questa nuova situazione, i mutui a tasso variabile hanno rialzato la testa e sono nuovamente richiesti. Prudenza vuole però che chi ha intenzione di chiedere un finanziamento immobiliare non si faccia abbagliare dai finanziamenti a tasso variabile che ora sono ridotti al "lumicino" ma che non dureranno all´infinito. Ai primi segnali di ripresa economica, anche i tassi variabili potrebbero risalire, forse ripetendo l´exploit dello scorso anno quando per un breve periodo superarono i mutui a tasso fisso. La carta che si può giocare per poter risparmiare sulle rate di mutuo è di scegliere un mutuo a tasso "ondeggiante" che, però, preveda l´intervento di un "ombrello" qualora dovesse superare un tasso predeterminato. Ad esempio, attualmente sul mercato è disponibile un prodotto interessante: "mutuo protezione con cap" proposto da Monte Paschi di Siena e che prevede un tasso massimo garantito del 5,50%. Ipotizzando un mutuo ventennale a tasso variabile di 150.000 euro per un immobile del valore di 200.000 euro, MutuiOnline evidenzia che attualmente la rata mensile "garantita" risulta di 783 euro con un tasso variabile del 2,33%. Stipulando un mutuo a tasso variabile dello stesso importo (senza cap) la rata risulterebbe di 775 euro con un tasso del 2,22%. La lieve differenza di rata è dovuta al maggior costo dello spread che permette l´applicazione della rata massima "garantita". Per completare il raffronto, sempre su MutuiOnline un mutuo di Mps a tasso fisso dello stesso importo e durata prevede un tasso del 5,56% e una rata di 1.037 euro.

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Intesa a Roma per il credito al commercio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-06-25 - pag: 13 autore: BANCA MONDIALE Intesa a Roma per il credito al commercio La Banca mondiale firmerà oggi a Roma un impegno a finanziare, insieme ad alcune banche internazionali, come Unicredit, gli scambi commerciali con i paesi emergenti. L'accordo segue altre operazioni realizzate dalla Banca dopo il vertice del G-20 di Londra per far ripartire il credito all'export, pressoché bloccato dalla crisi finanziaria. Per la prima volta, però, le operazioni saranno legate a transazioni commerciali di medio-lungo periodo. La tipologia di finanziamento, secondo fonti di Unicredit, sarà focalizzata su alcune aree di particolare interesse per l'industria italiana, come la fornitura di macchinari e impianti e la realizzazione di infrastrutture. All'intesa, partecipano anche, l'affiliata della Banca mondiale, l'International finance corporation l'istituto canadese Northstar,quello tedesco Kfw, quello sudafricano Nedbank. Le operazioni saranno garantite dalle agenzie nazionali di assicurazione del credito, come la Sace.

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Più regole globali per la ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-25 - pag: 14 autore: Più regole globali per la ripresa Pubblichiamo uno stralcio dal discorso tenuto martedì 23 giugno a Roma dal ministro dell'Economia e delle Finanze GiulioTremontiallafestaperil235Ú anniversario della fondazione della Guardia di finanza. L' anno scorso causando un certo sconcerto, ho parlato di "crisi in arrivo" («Lo spostamento globale di enormi stock e flussi di ricchezza, lo spostamento globale della domanda e dell'offerta di materie prime e di prodotti, cumulati con gli effetti addizionali della speculazione finanziaria, sta ora causando una catena di nuove tensioni e di crisi: crisi finanziaria; crisi alimentare. Sono crisi che hanno causa globale, ma impatto locale»). Sconcerto, perché nel giugno del 2008 non era ancora d'uso parlare dicrisi.L'impatto della crisi è arrivato in autunno, ed è stato tanto sul resto del mondo, quanto sull'Italia. E l'Italia ha resistito, resiste, resisterà. Nec recisa recedit, vale per la Guardia di finanza. Ma vale anche per l'Italia. La crisi non è stata interna ma esterna. E non è stata causata dalle nostre negatività, ma all'opposto ha avuto impatto su di una nostra fondamentale positività. Siamo infatti un paese fortemente esportatore. Esportatore proprio su quel mercato globale che, in autunno, è stato colpito dalla globale caduta della fiducia e dunque della domanda. La resistenza dell'Italia trova comunque: e Fondamento nella nostra geografia ci-vile, fatta da 8mila Comuni. Comuni minimi, medi, grandi. Non abbiamo tuttavia, e per fortuna, grandi metropoli. Metropoli circondate da anelli fatti da periferie, fonte di attuale o potenziale rivolta sociale. All'opposto, l'Italia è fatta come una rete, capace d'assorbire con elasticità un po' di tutto; r Fondamento nella nostra geografia economica: abbiamo più di 8 milioni di partite Iva, su di un totale europeo di 35 milioni. A parità di popolazione, ne abbiamo il doppio della Francia. E non è questo un fattore di debolezza, ma all'opposto di forza e di vitalità, sociale ed economica. A differenza di altri paesi, non abbiamo solo la grande industria. Abbiamo anche "100 distretti", che fanno comunque industria. Nell'insieme, abbiamo la seconda manifattura d'Europa. E la crisi ci ha insegnato che la manifattura è ancora importante, perché la ricchezza non si produce solo a mezzo servizi e finanza, ma soprattutto a mezzo lavoro. Tra il "piè veloce Achille" e la tartaruga, la storia e la crisi ci insegnano che il paradosso è a favore della tartaruga. Altri paesi che avevano baldanzosamente salito la scala delle statistiche, ora la discendono in disordinata retromarcia. Nel 2008, prima di una crisi che - ripeto - è venuta da fuori e non per colpa nostra, il nostro surplus sull'export manifatturiero aveva raggiunto la cifra record di 60 miliardi di euro. Un po' troppo, per essere in declino; t Fondamento nella nostra struttura finanziaria: abbiamo un grande debito pubblico, ma abbiamo anche un grande risparmio privato e sommando insieme queste due grandezze, come la crisi ci ha indicato che è giusto fare, siamo al livello dei grandi paesi dell'Europa continentale; u Infine fondamento nella nostra struttura civile, basata sui due pilastri. Uno pubblico e uno privato:sull'Inps,ma anche e per fortuna sulla famiglia. Date queste solide fondamenta, il governo con il sostegno del parlamento e d'intesa con le regioni - di tutte le regioni- ha potuto fare, in un anno di governo della crisi, tre cose essenziali: 7 Ha messo nella maggiore possibile sicurezza il bilancio pubblico. E continuerà a farlo. 7 Ha cercato di garantire la pace e la coesione sociale, facendo funzionare senza strappi tutti quei meccanismi che tolgono la paura, la paura nel presente e nel futuro, per noi e per i nostri cari: la sanità, gli stipendi, le pensioni, la sicurezza, la scuola, l'assistenza ai più deboli. Tutte queste cose sono un po' come l'aria: ti accorgi di quanto è importante l'aria solo quando ti manca. Finora niente di sostanziale è mancato. E garantire l'ordinario in un momento straordinario è già di per sé un po' straordinario. è ancora aperta la partita del lavoro. Ma va notato che quanto è ancora da parte, disponibile per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori, è il doppio di quanto si stima ad oggi necessario. Faremo comunque il possibile per non lasciare indietro nessuno. 7 Infine, abbiamo tenuto quanto più aperto possibile il vitale canale del credito e del finanziamento alle imprese. Si dice ora che è necessario "fare di più". Che è necessario fare le "riforme strutturali". Premesso che, se riparte il commercio mondiale, checché si dica nei salotti, le imprese manifatturiere italiane ripartono a razzo da sole, come e meglio di come facevano prima, è tuttavia vero che servono riforme. Ma un conto è dire, un conto è fare. Per fare, è strategico definire le priorità. La priorità delle priorità, la "riforma delle riforme"- oltre all'università - per noi è il federalismo fiscale. Perché federalismo fiscale non è solo un progetto politico. è ormai, dopo approvata a larga maggioranza la relativa legge delega, molto di più, perché federalismo fiscale vuol dire insieme: responsabilità, moralità, equità, fiscalità. E in specie: e Responsabilità. Perché metà dell'amministrazione pubblica è, in Italia, fuori dal vincolo democratico fondamentale: no taxation without representation. Anzi è l'opposto: è una metà che ha il potere di spesa pubblica senza avere il dovere e l'onere della presa fiscale. Un esempio, fuori dalle chiacchiere. La vera liberalizzazione dei servizi pubblici locali la si fa imponendo ai governi locali che vogliono allargarsi a spese dei cittadini l'unico vincolo che funziona: il vincolo di bilancio. Se vogliono allargarsi, per esempio moltiplicando le loro società pubbliche, lo devono prima chiedere e poi fare pagare direttamente ai cittadini di quel territorio. Non è probabile che questi siano d'accordo a pagare più tasse per questo. r Moralità. Perché la spesa pubblica irresponsabile finanzia in crescendo la cattiva spesa, sotto la crescente pressione delle parti meno sane della società. t Equità. Perché non è giusto che la sanità per il Sud dia ai cittadini servizi che valgono la metà (costringendoli a penose migrazioni della speranza verso il Nord), però costando il doppio. u Infine la fiscalità. Perché una delle ragioni-base dell'enorme evasione fiscale italiana è proprio nel carattere solo centrale e non anche territoriale del rapporto fiscale. Guardia di finanza e Agenzia delle entrate - due strutture centrali fondamentali - sono necessarie, ma non sufficienti, in un paese fatto da 8 milioni di partite Iva attive su di un territorio fatto da 8mila comuni. Come in tutta Europa servono, per contrastare l'evasione fiscale, anche le amministrazioni locali, se vitalmente cointeressate alla congruenza e alla coerenza dei gettiti fiscali. Dalla crisi ho preso inizio per questo discorso e con un discorso sulla crisi concludo. Non possiamo entrare nel nuovo secolo con gli strumenti del vecchio secolo. Se il mercato è globale, il diritto non può restare locale. Da questa asimmetria, tra mercato globale e regole locali, derivano infatti prima il caos e poi le crisi. Mercato e diritto, economia e regole devono convergere verso l'alto, verso un massimo comune denominatore. Ed è questa la ragione della proposta che abbiamo fatto, in sede internazionale, per un "G-8 delle regole". Fra le regole, e non la minore, c'è anche il contrasto ai paradisi fiscali. è infatti difficile contrastare l'evasione fiscale nazionale se, appena fuori dal confine nazionale, è possibile e comodo e sicuro depositare il bottino come in una caverna di Ali Babà. è in momenti come quello che stiamo vivendo che si sente il bisogno del vostro lavoro: con la crisi e nella crisi la gente vuole infatti giustizia, anche giustizia economica e sociale. La Guardia di finanza è fatta e lavora, nel suo campo e per la sua funzione, proprio per garantire elementi essenziali di giustizia economica e sociale. è per questo che ripeto anche quest'anno quello che vi ho detto l'anno scorso. L'intensità e la quantità del vostro lavoro sono certo contenuti nelle serie statistiche dei "grandi numeri" che lo riepilogano in ragione d'anno. I numeri contengono molto e dicono molto. Ma non contengono e non dicono la cosa più importante. Non contengono e non dicono un dato addizionale, immateriale e spirituale: la vostra disciplina, il vostro spirito di servizio e di sacrificio, la vostra indiscutibile lealtà istituzionale. CONTRASTO AI PARADISI Difficile combattere l'evasione se appena oltre frontiera si può depositare il bottino come in una caverna di Alì Babà PUNTI DI FORZA Abbiamo un sistema solido, con un risparmio privato pari al debito pubblico: le difficoltà le abbiamo importate, senza colpe di Giulio Tremonti MINISTRO DELL'ECONOMIA

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L'Europa è un tabù per le banche cinesi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-25 - pag: 43 autore: Investimenti. Per Wang (Value Partners) il continente è giudicato rischioso «L'Europa è un tabù per le banche cinesi» Monica D'Ascenzo MILANO La banche cinesi hanno sofferto meno delle altre la crisi finanziaria e si preparano a crescere controcorrente puntando ad un modello globale. L'espansione in Europa, però, resta ancora un tabù. Questo il quadro che emerge dall'incontro con James Wang, nuovo partner di Value Partners e responsabile del centro di competenza Istituzioni Finanziare per le sedi cinesi, in Italia per alcuni incontri di lavoro. «Affiancheremo le banche cinesi nel loro processo di globalizzazione in Europa e in Italia, non appena questi mercati ricominceranno ad essere appetibili» spiega Wang. C'è ancora un problema di valutazioni troppo alte per gli investimenti in Europa? In realtà le banche cinesi stanno considerando investimenti in società finanziarie europee, ma attualmente prevale un atteggiamento cauto. Bank of China, ad esempio, ha dovuto rinunciare ad acquisire il 20% della compagnia finanziaria Edmond de Rothschild dopo la mancata approvazione delle autorità cinesi. Gli investimenti in Europa sono ritenuti ancora troppo rischiosi. Le banche straniere invece continuano a guardare alla Cina? Ormai sono circa 30 i gruppi finanziari stranieri presenti in Cina e il numero continua a crescere. Ci sono banche, come Citi e Hsbc, che hanno deciso di aprire uffici propri; gruppi, come Bank of America e Rbs; che hanno deciso di investire in banche locali, rispettivamente Ccb e Boc; altre ancora hanno acquistato partecipazioni, che permettono loro di avere il controllo della banca cinese, come nel caso di Citi entrata in Gdb; infine ci sono le joint venture, sul modello di quella fra Bank of Canada e Msbc. I modello di banche globali a cui tendono gli istituti cinesi è controcorrente... L'industria finanziaria cinese sta vedendo un rapido sviluppo anche in seguito ad una domanda crescente di nuovi servizi da parte della clientela, alla presenza delle banche estere sul mercato e al conseguente aumento di concorrenza. Per questi motivi le banche cinesi stanno sviluppando o acquistando attività nel private banking, nell'asset management, nelle assicurazioni e nei servizi alle imprese, sia in Cina sia all'estero. Inoltre per risparmiare sui costi stanno trasformando i sistemi e stanno centralizzando i processi. Quali sono stati gli effetti della crisi per il comparto finanziario in Cina? Le banche cinesi non avevano forti esposizioni sul mercato dei derivati e quindi l'impatto della crisi finanziaria è stato minore. Hanno subito indirettamente, invece, gli effetti della crisi economica, ma il governo cinese ha varato stimoli per il settore infrastrutture, comunicazioni e industrie chiave. Inoltre la crisi ha portato a un allentamento del controllo del governo sul sistema del credito. Dalla fine dello scorso anno il mercato del credito sta crescendo velocemente e le banche ne stanno beneficiando. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE PROSPETTIVE Secondo il consulente l'internazionalizzazione dell'industria finanziaria di Pechino crescerà con la ripresa dei mercati

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L'Fsa richiama i banchieri inglesi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-25 - pag: 43 autore: Lord Turner: «Il mercato non si regola da solo, non dimenticate la lezione della crisi» L'Fsa richiama i banchieri inglesi Leonardo Maisano LONDRA. Dal nostro corrispondente Tutto ricomincia come prima? La storia, davvero, si ripete portandoci al primo semestre del 2008 quando Royal Bank of Scotland scalava Abn Amro, quando il suo presidente Fred Goodwin incassava bonus ultramilionari, quando le mille luci delle banche accendevano i grattacieli di Canary Wharf? «Non proprio come allora – ammette un banchiere che chiede l'anonimato – ma non siamo neppure troppo lontani. La caccia ai migliori è già ripresa e i pacchetti salariali sono in netta risalita. Non sono quelli del 2007, ma simili a quelli del 2004». Che comunque non erano indennità di disoccupazione a queste latitudini. «C'è enorme liquidità – riprende – e le banche tornano a macinare grandi numeri. Un esempio per tutti: le revenue del solo reddito fisso di Jp Morgan nel primo trimestre sono state 6,5 miliardi di dollari». Un terzo di quelle messe insieme dalla banca americana nel 2007. Lo stesso accade altrove, anche nelle grandi banche inglesi, oggi glorie del Tesoro, azionista di riferimento di Lloyds a Rbs. La sensazione della City si consolida nei numeri, ma soprattutto nelle parole. Quelle di Lord Turner, presidente di Financial service authority, la Consob britannica, che alla commissione Tesoro della Camera ha reso una significativa testimonianza. Nel contesto del dibattito sulle regole dei mercati finanziari e soprattutto su chi le deve applicare Adair Turner è stato esplicito: «Ci sono segni che molti attori del mondo bancario si stiano dimenticando la lezione della più grande crisi finanziaria nella storia del capitalismo creata da un approccio fondamentalmente sbagliato che ha radici nella convinzione che il mercato si regoli da solo». Come dire si torna al passato fatto di retribuzioni con troppi zeri, prodotti da utili aziendali altrettanto smisurati, generati da regole lasse nella presunzione di una crescita perenne. L'ultimo caso, in Gran Bretagna, è quello di Stephen Hester ceo di Rbs che ha messo insieme una pacchetto globale che potrà rendergli una decina di milioni di sterline. Il Tesoro ha benedetto quel salario rinforzando la sensazione che anche la mano pubblica, di fatto, consideri inevitabile il ritorno alle logiche di ieri. Di «assunzioni con metodi aggressivi » ha parlato Lord Turner per denunciare il riemergere di logiche pre-crisi. «Lo ripeto - ha detto - c'è il rischio che non si stiano sfruttando le opportunità aperte dal credit crunch ». Concetto che introduce al più delicato dibattito che spazza l'Inghilterra su chi, queste regole, le debba applicare. Il primobotto lo ha fatto partire Mervyn King governatore della Banca d'Inghilterra, che ha chiesto per se stesso maggiori poteri di controllo e supervisione, oggi tripartiti fra istituto centrale, Fsa e Tesoro. Una tesi che ieri il cancelliere del governo ombra conservatore, George Osborne, ha fatto sua.«Il sistema attuale– ha detto –è inefficiente.Il governo Tory ridarà peso alla Banca d'Inghilterra». Quel ruolo che Gordon Brown, da Cancelliere, tolse all'istituto centrale.La partita delle regole rischia di prendereuna piega politica o di risolversi in un braccio di ferro fra diverse istituzioni. E questo è stato il secondo timore espresso da Lord Turner ai Comuni. «Sono agnostico - ha detto - sul ridare interamente la vigilanza alla banca centrale». Ma, ha aggiunto, se si vuole mantenere la Fsa deve potere avere un ruolo sostanzialmente paritario con la più nobile Banca nazionale. Altrimenti Fsa, addio. Perché si ritroverebbe – nelle parole del suo presidente – nella condizione impossibile di non avere poteri pur essendo gravata di responsabilità. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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I nuovi controlli finanziari. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-25 - pag: 5 autore: I nuovi controlli finanziari. Tarantola (Bankitalia): bene il ruolo riconosciuto alle banche centrali «Modello Usa per la vigilanza» Rossella Bocciarelli ROMA Il modello delineato per le funzioni delle Banche centrali dall'amministrazione Obama «mi trova favorevole». Lo ha affermato ieri, Anna Maria Tarantola, vicedirettore generale della Banca d'Italia, nel corso del seminario internazionale di Villa Mondragone organizzato dalla fondazione Ceis-Università di Tor Vergata. Secondo la dirigente di Via Nazionale «è da accogliere con favore il ruolo riconosciuto alle banche centrali nella vigilanza macroprudenziale, un ruolo – ha aggiunto – che tiene conto delle responsabilità in materia di stabilità finanziaria, di controllo del rischio sistemico e della funzione che le stesse hanno svolto nella gestione della crisi». Per il vicedirettore generale della Banca d'Italia, le banche centrali hanno conoscenze sul funzionamento dei mercati finanziari che «provengono dall'esercizio della politica monetaria. Le banche centrali che ricoprono questo doppio ruolo – ha spiegato – hanno dimostrato direagire meglio e più rapidamente alla recente crisi ». Tarantola ha poi sottolineato che «il sistema bancario italiano è stato meno colpito dalla crisi internazionale non solo perché è più tradizionale ma anche perché in Italia «c'è una regolamentazione più prudente e rigorosa». La dirigente di Via Nazionale si è soffermata anche sui nodi ancora aperti della riforma della vigilanza europea. «è essenziale che il novero delle regole e degli standard emanati a livello europeo e direttamente applicabili alle istituzioni finanziarie, senza necessitÁ di trasposizione o adattamento a livello nazionale, sia ampliato in modo consistente ».Non solo.«Un'effettiva vigilanza integrata sui gruppi cross border – ha aggiunto – non può che essere conseguita attraverso il rafforzamento del ruolo dei collegi, che sono il fulcro delle vigilanza sugli intermediari finanziari transfrontalieri». Dal canto loro, i governi dovrebbero varare una regolamentazione che «attenui il disallineamento che si è venuto a creare tra mercati sempre più integrati e regole e prassi di vigilanza ancora differenti». Al convegno di Villa Mondragone è intervenuto anche l'esponente italiano del board della Bce, Lorenzo Bini Smaghi. Proprio nel giorno in cui l'Ocse ha di fatto sollecitato la Banca centrale europea a ulteriori riduzioni dei tassi, in presenza di una flessione stimata per del Pil di Eurolandia di quasi il 5 per cento, Bini Smaghi ha battuto a lungo sul tasto della «severa minaccia » per la stabilità dell'aumento del debito pubblico che potrebbe essere causato dagli interventi anti crisi messi in atto dagli stati. Bini Smaghi ha anche affermato che non ci sono segnali di un rischio deflazione nell'area euro dove, ha poi aggiunto, per innescare una crescita senza far salire l'inflazione sarà determinante cogliere il momento giusto per dar corpo ad una exit strategy. «I fatti dimostrano che l'area dell'euro è ben lontana da una deflazione generalizzata, persistente e attesa », e «non ci sono segnali di un calo generalizzato dei prezzi », ha detto Bini Smaghi. Mentre la gravità della recessione «farà in modo che l'inflazione rimanga bassa nei prossimi mesi, anche se non determinerà dei tassi negativi». BINI SMAGHI (BCE) Nell'area euro non ci sono segnali di un crollo generalizzato dei prezzi, mentre c'è un rischio severo per l'incremento dei debiti

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Passerella italiana nella City di Londra (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-25 - pag: 8 autore: Mercati finanziari. Quattordici blue chip incontrano gli investitori Passerella italiana nella City di Londra LONDRA Quattordici imprese quotate nel settore blue chip di Borsa italiana hanno concluso ieri la due giorni di road show londinese con decine di investitori. Da Autogrill a Seat, passando per Banco Popolare, Mps, Carige, Benetton, Impregilo, Indesit, Finmeccanica, Hera, Italcementi, Lottomatica, Maire Tecnimont, Recordati, hanno presentato i conti e illustrato le prospettive a investitori internazionali in più di 130 incontri individuali in quello che è ormai diventato un appuntamento annuale organizzato da Borsa Italiana con Mediobanca e Banca Leonardo. Meeting serrati in cui sono state messe sotto esame le performance delle imprese italiane presenti. «La partecipazione di più di cinquanta istituzioni finanziarie internazionali – ha commentato l'amministratore delegato di Borsa Italiana Massimo Capuano – conferma che iniziative del genere aumentano la fidelizzazione degli investitori accrescendo anche la liquidità dei titoli anche in momenti di mercato difficili come quelli che stiamo attraversando». Secondo Marco Morelli vice direttore generale di Monte dei Paschi cresce l'attenzione per l'Italia.«Rispetto a qualche mese fa – ha detto – abbiamo notato un interesse crescente per le banche italiane. Abbiamo avuto dodici incontri, il doppio di quanto registrato nel più recente passato. Le ragioni sono due: è apprezzata la forte liquidità del nostro sistema bancario e il modello di business degli istituti di credito del nostro paese. Resta negativa invece la valutazione sul costo del rischio credito che è del 20, ma anche del 30% superiore alla media delle banche europee». Per gli investitori è statal'occasione per avere anche il polso della situazione globale attraverso l'analisi economica di imprese italiane primarie largamente internazionalizzate. Il senso del roadshow che porterà le blue chip di Borsa Italiana oltre che a Londra a New York e Tokio vuole prima di tutto essere l'occasione per radicare il rapporto di alcune fra le maggiori imprese del nostro paese con i grandi gruppi bancari, fondi e investitori del mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Brillano Mediolanum e Tenaris (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Brillano Mediolanum e Tenaris Positive ieri tutte le Borse, sostenute dall'avvio positivo di Wall Street, spinta dal balzo degli ordini di beni durevoli negli Usa. Milano, dove entrambi gli indici principali hanno messo a segno recuperi superiori ai tre punti percentuali (Ftse-Mib +3,12%, Ftse Italia All Share +3,01%), ha realizzato il migliore risultato in Europa. Stazionari gli scambi, per un controvalore di 2,4 miliardi di euro. Nel paniere dei titoli principali spicca innanzi tutto Mediolanum (+7,87%), reduce da una fase negativa durata due settimane. Oltre i sette punti percentuali anche Tenaris (+7,02%): in questo caso gli operatori puntano su un prossimo rialzo del prezzo del petrolio. Nello stesso comparto, inoltre, si è distinta Saipem (+5,94%) dopo l'annuncio di nuovi contratti in Kazakhstan, Congo e Algeria per un totale di circa 600 milioni di dollari. Sotto i riflettori anche il gruppo De Benedetti, con la holding Cir in progresso del 5,72% e, fuori dall'Ftse-Mib, l'Espresso che ha guadagnato l'8,25% dopo l'annuncio dell'avvio di azioni legali nei confronti del presidente del Consiglio Berlusconi per alcune sue dichiarazioni al convegno dei giovani industriali a Santa Margherita Ligure. La palma del miglior titolo bancario, invece, è toccata a Unicredit, che ha recuperato il 5,51%, mentre per Luxottica e A2A i progressi hanno superato i quattro punti (+4,79% e +4,77% rispettivamente). Soltanto quattro infine (e per poche frazioni di punto) i segni negativi nell'ambito dei 40 titoli principali. Di questi, tre ( Ansaldo Sts, Campari e Parmalat) hanno corretto i rialzi significativi della seduta precedente. Prima in Europa Piazza Affari migliore Borsa europea, con gli indici in progresso di oltre il 3%

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Le commesse estere spingono Saipem (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Milano Le commesse estere spingono Saipem (g.fer.) Nonostante la frenata del prezzo del greggio, a Piazza Affari i titoli petroliferi quotati a Piazza Affari hanno chiuso ieri in progresso, in linea con il resto del listino. In particolare Saipem ha messo a segno un rialzo del 5,94%, a quota 16,94 euro, con 4,6 milioni di titoli trattati rispetto a una media di 3,2 miliardi negli ultimi tre mesi. Dopo un'apertura positiva, la quotazione è migliorata ulteriormente nella seconda parte della seduta grazie all'annuncio dell'acquisizione di nuovi contratti in Kazakhstan, Congo e Algeria per un valore totale di circa 600 milioni di dollari. Marco Mangiagalli presidente Saipem

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Qatar punta su Volkswagen, il titolo vola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 25/06/2009 - pag: 41 Il caso a Francoforte Qatar punta su Volkswagen, il titolo vola (g.fer.) Balzo dell'11,71% ieri alla Borsa di Francoforte per Volkswagen, che ha chiuso sui massimi della seduta a 250,5 euro. In una giornata già positiva per il comparto auto in Europa, a far volare il titolo della società di Wolfsburg è stata l'indiscrezione secondo la quale il fondo sovrano del Qatar, già interessato ad allearsi con Porsche, avrebbe deciso di puntare invece su Volkswagen. La casa del Maggiolino, infatti, offre maggiori garanzie di redditività, soprattutto nel caso in cui Porsche, schiacciata da 9 miliardi di debiti, dovesse rinunciare ai diritti per l'acquisto di nuovi titoli Volkswagen. Martin Winterkorn ceo di Volkswagen

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"distratti da al qaeda e derubati da wall street" napoleoni discute di crisi e terrorismo con delbono (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XIV - Bologna Incontro con l´autore "Distratti da Al Qaeda e derubati da Wall Street" Napoleoni discute di crisi e terrorismo con Delbono Loretta Napoleoni, esperta di terrorismo internazionale, sarà ospite, oggi, alle ore 18, della Feltrinelli di Piazza Ravegnana per presentare il suo ultimo libro "La morsa", primo saggio pubblicato direttamente in italiano. In questo ultimo lavoro la Napoleoni riprende e sviluppa alcune tesi presentate nei libri precendenti per dare una nuova chiave di lettura della crisi finanziaria. "Distratti da Al Qaeda e derubati da Wall Strett" (questo il sottotitolo del libro), l´autrice spiega come la politica economica perseguita da Bush per sostenere la guerra contro il terrorismo abbia gonfiato a dismisura la bolla finanziaria. Napoleoni ne discute col neo sindaco Flavio Delbono. (micol argento)

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usa, tassi fermi con mercati migliori maxi-iniezione di liquidità dalla bce - vittoria puledda (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 25-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 27 - Economia Usa, tassi fermi con mercati migliori Maxi-iniezione di liquidità dalla Bce Fed: la recessione è in frenata, prezzi stabili Tarantola: "Per le banche centrali bisogna prendere come riferimento il modello Obama" VITTORIA PULEDDA MILANO - Mercati a tutto gas in Europa, galvanizzati dalle notizie macro economiche provenienti dagli Usa e dalla iniezione record di liquidità da parte della Bce. Così, prima che venisse annunciata la conferma dei tassi da parte della Fed, Londra aveva già chiuso in rialzo dell´1,18%, Parigi del 2,18% e Francoforte del 2,74 mentre Piazza Affari si è aggiudicata la maglia rosa, con un più 3,01%. Tornando alla Bce, la Banca centrale ha effettuato un´asta per ben 442,2 miliardi di euro: un finanziamento del sistema a tasso fisso (l´1%) e per la durata di un anno. Probabilmente, sottolinea il mercato, l´ultima occasione di prendere in prestito denaro a lungo termine così a buon mercato: le prossime aste annuali, previste per fine settembre e per metà dicembre, potrebbero infatti vedere una maggiorazione rispetto al tasso di riferimento in funzione della situazione economica del momento, secondo quanto indicato dalla stessa Bce nel maggio scorso. «Quello che ha fatto ora la Bce è giusto e necessario, per evitare una penuria di credito», ha commentato il ministro delle Finanze tedesco, Peer Steinbruck. Il quale, ricordando che la Germania non riuscirà a rispettare il Patto di stabilità sul deficit pubblico prima del 2013, ha anche aggiunto che occorre far pulizia nei bilanci delle banche, in quanto i titoli tossici potrebbero persino causare «rischi di insolvenza» per alcuni istituti. Dal canto suo, il vice direttore generale di Bankitalia Anna Maria Tarantola ha sottolineato che il modello delineato dall´amministrazione Obama per la riforma della sorveglianza la trova «favorevole», aggiungendo che «è da accogliere con favore il ruolo riconosciuto alle banche centrali, nella vigilanza macro-prudenziale». Durante la giornata, i mercati avevano intanto reagito positivamente al dato sugli ordinativi di beni durevoli negli Usa, saliti in maggio di un robusto più 1,8% (per tre volte in quattro mesi, da inizio anno) mentre hanno sostanzialmente ignorato il messaggio legato alla vendita di case nuove, scese sempre in maggio dello 0,6%. Dal canto suo la Fed ha confermato gli obiettivi quantitativi di riacquisto dei titoli ipotecari e del governo entro l´autunno, e soprattutto ha confermato il corridoio dei Fed Fund (compresi tra lo 0 e lo 0,25%) ed ha annunciato che i tassi resteranno eccezionalmente bassi per un lungo periodo di tempo. Una previsione accompagnata dalla constatazione che «le condizioni sui mercati finanziari sono generalmente migliorate» e che la contrazione dell´economia sta rallentando, insieme alla previsione di un´inflazione che non dà segnali di pericolo. Però, e probabilmente su questa seconda parte del messaggio si sono concentrati gli operatori, è anche previsto che l´economia «resterà debole ancora per qualche tempo». Abbastanza per far languire il Dow Jones (meno 0,28%), a differenza del Nasdaq che ha guadagnato l´1,55%.

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tagli dal governo e crisi sulle entrate la moratti chiude le spese agli assessori - alessia gallione (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IV - Milano Allarme su 194 milioni di trasferimenti dallo Stato e sugli oneri di urbanizzazione. Circolare a tutti i settori impone risparmi Tagli dal governo e crisi sulle entrate la Moratti chiude le spese agli assessori Scatta subito una riduzione di nove milioni di euro nei budget degli uffici Beretta: "Parte dei fondi ex Ici per l´Abruzzo" ALESSIA GALLIONE Ancora tagli a Palazzo Marino. Con la scure dell´amministrazione che, in tempi di austerità, si sta abbattendo su ogni voce considerata sacrificabile: dagli incarichi e dalle consulenze esterne, che vengono decurtate di un ulteriore 25 per cento, fino alle spese interne degli assessorati che dovranno ridurre anche gli impegni minimi come la cancelleria, le stampanti, le bollette di luce e telefono, le trasferte. In tutto 9 milioni da risparmiare. Subito. Ma questa è soltanto «una prima riduzione della spesa corrente», come avverte una lettera inviata dal direttore generale, Giuseppe Sala, a tutti gli assessori. I conti del Comune potrebbero subire tagli ben più cospicui. Visto che, nella stessa comunicazione, si avverte: «Ci troviamo costretti a constatare e confermare che, sulla base delle indicazioni che ci pervengono dalle sedi istituzionali e dall´Anci, l´andamento dei trasferimenti erariali sarà notevolmente ridotto». A cominciare dai 194 milioni di euro promessi da Roma per compensare la perdita dell´Ici. Di questi, 38 avrebbero dovuto essere destinati contro la crisi: «Non ci sono ancora e credo che non arriveranno per l´Abruzzo», dice l´assessore al Bilancio, Giacomo Beretta. Degli altri 160 una parte sarebbe arrivata. Ma per l´altra, aggiunge: «Sono stati promessi dal governo. Sono sicuro che verranno versati ma, ormai, sono diventato San Tommaso: finché non li vedo non ci credo». Un´incognita rimangono anche le entrate. Si sta cercando di aumentarle il più possibile. Ma gli oneri di urbanizzazione assicurati quest´anno, per ora, si aggirano sui 100 milioni; si prevede di arrivare a 140 ma la cifra è, in ogni caso, al di sotto dei 180 messi a bilancio. Dispiaceri anche dalla pubblicità: difficilmente si riusciranno a incassare i 7 milioni in più ipotizzati per il 2009. Si inizia con i tagli della «macchina comunale». Perché, è la spiegazione, «già in aprile era stato chiesto a tutte le direzioni di indicare alcune leve di contenimento delle spese e delle maggiori entrate. Purtroppo, il riscontro era stato minimale». E allora ecco la nuova manovra. Risparmi che danno la sensazione di quanto i conti di Palazzo Marino siano sotto controllo. Per non sforare il Patto di stabilità e gli equilibri di bilancio, infatti, già nei mesi scorsi agli assessorati era stato chiesto di spendere con attenzione. Le delibere che comportano spese, poi, devono passare il vaglio della Ragioneria e vengono autorizzate solo mano a mano che arrivano nuove entrate. Adesso un´ulteriore stretta. Ogni direzione riceverà un budget mensile «con i relativi tetti di spesa corrente all´interno dei quali effettuare le spese di competenza». Questa riduzione della spesa per Beretta è «un´ulteriore razionalizzazione della macchina comunale che segue una logica di prudenza gestionale e contabile. Per ora le entrate non sono a rischio, ma voglio premunirmi». Sarà inserita in una delibera più ampia per il rimborso del Poc, il prestito obbligazionario convertibile di A2A. Che potrà non essere l´ultima. La lettera inviata parla chiaro: «Il buon andamento del bilancio 2009 più ancora degli esercizi precedenti è strettamente connesso ad alcune variabili». La prima è proprio: «Il riconoscimento di congrui trasferimenti erariali a fronte della riduzione dell´Ici». La seconda: «L´andamento economico generale a seguito della crisi finanziaria del 2008, che incide indirettamente sulle entrate del Comune». Ovvero: mercato edilizio e della pubblicità. Quale sarà il saldo a fine anno?

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reddito procapite, madrid resta avanti - vittoria puledda (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 31 - Economia Reddito procapite, Madrid resta avanti Italia tredicesima in Europa. E l´economia Usa cala meno del previsto Il Fondo monetario: la crisi rallenta, possibile revisione al rialzo delle stime mondiali VITTORIA PULEDDA MILANO - L´Italia si conferma in fondo alla classifica dei maggiori paesi all´interno dell´Unione Europea per Pil procapite calcolato in standard di potere d´acquisto. E infatti, così come era già avvenuto nel 2006 e nel 2007, il nostro paese è dietro la Spagna, al tredicesimo posto e con un punteggio pari a 100, mentre Madrid è a quota 104. I due stati, nella rilevazione resa nota ieri da Eurostat, hanno come gli altri subìto il peso della crisi economica, che ha ridotto appunto la ricchezza per abitante; per l´Italia c´è però almeno un elemento positivo: la contrazione del Pil procapite è stata infatti minore rispetto alla media degli altri paesi, visto che l´indice è sceso solo da 101 a 100. Ma ci sono anche paesi che sono riusciti a incrementare la propria ricchezza: la Germania è passata da 113 a 116 e il Regno Unito è salito da 116 a 117 punti, la Finlandia ha mantenuto inalterato il suo potere d´acquisto. In vetta alla classifica troviamo incontrastato il Lussemburgo, seguito dall´Irlanda, a quota 140 nonostante i problemi evidenziati durante la crisi finanziaria e nonostante proprio ieri il Fondo monetario internazionale abbia paventato che nel 2010 il sistema bancario di Dublino potrebbe andare incontro a perdite fino a 35 miliardi di euro. Sotto l´Italia, tra i paesi di Eurolandia ci sono Grecia, Slovenia, Slovacchia, Portogallo, Cipro e Malta. Il Fondo monetario è invece più ottimista sulla crescita complessiva nel 2010. A livello globale infatti è molto probabile che l´Fmi riveda leggermente al rialzo le stime, secondo quanto ha dichiarato ieri il primo vice direttore del Fondo stesso, John Lipsky, in una conferenza a Parigi. Secondo Lipsky, infatti, i dati macroeconomici dimostrano che la crisi si sta «attenuando» anche se permangono ancora «dubbi» su quando ci sarà una vera e propria ripresa dell´economia globale. Messaggi del resto contrastanti sul reale stato di salute del ciclo economico vengono anche dagli Stati Uniti: proprio ieri infatti è stato reso noto il dato sulla richiesta di nuovi sussidi di disoccupazione, saliti a sorpresa di 15 mila unità, rispetto alle attese degli analisti che invece puntavano su una diminuzione di 3 mila unità. Tuttavia, a compensare in parte il segnale di difficoltà, è intervenuta l´ultima - e definitiva - revisione della rilevazione del Pil nel primo trimestre dell´anno. L´ultima stima mostra infatti una contrazione del 5,5%; un dato molto pesante ma migliore di quanto fosse stato preventivato con la seconda revisione, che aveva segnalato un meno 5,7%. Il risultato inoltre ha confortato gli osservatori, che si aspettavano per l´economia americana una conferma della lettura precedente.

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Senza Wto non c'è crescita (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-26 - pag: 14 autore: Senza Wto non c'è crescita di Renato Ruggiero I nquestigiorninonc'èriunioneinterna-zionalechenonsiconcludaconunavi-gorosadichiarazioneincuituttiiparte-cipantis'impegnanoalotta econtroilprotezionismo e a concludere positivamente il Doha Round, il negoziato sul commercio multilaterale iniziato sette anni fa. Al contempo, tra le parole e i fatti c'è di mezzo una distanza notevole. Tra poco si terrà all'Aquila il G-8 con all'ordine del giorno il commercio, e pertanto il Doha Round. Il governo italiano che presiede il vertice è sicuramente determinato a ottenere progressi significativi. Non sarà facile perché in materia non esiste ancora un consenso chiaro. In particolare, la nuova amministrazione statunitense non sembra aver chiarito tutte le questioni che sono oggetto del dibattito politico interno. Il presidente Obama ha previsto, sul tema della sua politica commercia-le, un discorso importante: è arrivato il momento di presentare la sua politica. La situazione del commercio internazionale è molto preoccupante. La Wto prevede attualmente che il commercio globale, uno dei massimi pilastri dell'economia mondiale, calerà quest'anno del 9%, diffondendo ulteriore fragilità economica nel mondo. Negli ultimi due trimestri, il commercio è diminuito del 24%, quattro volte più velocemente della produzione mondiale ( meno 6%). Il protezionismo, richiesto anche dall'opinione pubblica, è in ascesa e rappresenta una minaccia seria. Le nuove misure protezioniste decise dalla Cina segnalano quanto sarebbe pericoloso asternersi dall'intervenire. C'è stato un declino sostanziale del sostegno politico alla globalizzazione. Eppure è evidente che per riparare e migliorare l'economia mondiale, il libero mercato resta un fattore indispensabile. La Banca mondiale stima in circa 200 miliardi di dollari il contributo all'economia di una conclusione positiva del Doha Round. Ma abbiamo bisogno di una nuova visione. I problemi da affrontare non sono soltanto tecnici, né riguardano soltanto il commercio. In effetti hanno molto spesso risvolti globali, politici e istituzionali, perciò è così arduo da risolvere quel 20% di questioni ancora in discussione nel Doha Round. Si pensi, per esempio, ai complessi rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina. Sono fortemente legati a un enorme squilibrio valutario che ha importanti implicazioni, la Cina potrebbe dover cambiare modello economico, o gli Usa ridurre il deficit fiscale. Inoltre, l'agenda mondiale odierna comprende altre questioni decisamente legate al commercio, come il controllo del riscaldamento climatico. In questo caso, è risaputo che servono nuove regole commerciali che tengano conto delle misure per mitigarne gli effetti e salvaguardino i valori fondamentali del sistema commerciale. Inoltre viviamo in un mondo molto diverso rispetto a quello dell'ultimo dopoguerra, quando abbiamo creato le istituzioni internazionali che abbiamo tuttora, e il sistema del commercio multilaterale basato sul principio della clausola della nazione più favorita. Oggi la situazione è completamente diversa. Raggiungere un consenso tra tutti i partner vecchi e nuovi - più di 150 paesi come nel caso del Doha Round, sta diventando un vero e proprio incubo. Attualmente, c'è la tendenza a negoziare un numero crescente di accordi bilaterali o regionali, tra un numero limitato di partner. è più facile e rapido concentrare le trattative su pochi temi d'interesse concreto per i partecipanti, e lasciare quelli meno attraenti ai negoziati multilaterali. Ma per la diffusione di accordi preferenziali regionali, l'aspetto più rilevante e negativo è la sua crescente dimensione politica. Siamo sinceri, l'importanza crescente della dimensione politica e l'aumento degli accordi preferenziali bilaterali e regionali stanno cambiando profondamente il sistema commerciale. In realtà, tali accordi non sono più un'eccezione al sistema multilaterale, lo stanno quasi sostituendo. Abbiamo ora 438 aree preferenziali regionali, di cui 247 sono attualmente in vigore e che coprono la totalità di tutte le materie commerciali, con una singola eccezione: la Mongolia! Le conseguenze sono chiare. Stiamo andando verso una frammentazione delle aree commerciali, con contenuti e regole diverse. Non esiste una soluzione facile e pronta ai problemi che la Wto sta ora affrontando, ma dovrebbe essere possibile concentrare l'attenzione su alcuni punti salienti. Il primo di questo dovrebbe essere la conclusione del Doha Round. Il sistema del commercio multilaterale non avrà credibilità finché non è dimostrato che siamo in grado di concordare una conclusione realistica del Doha Round. Il secondo punto dovrebbe essere la creazione di un meccanismo per una " multilateralizzazione" graduale di tutti gli accordi preferenziali esistenti. è un'idea già dibattuta in maniera informale, ma non ancora all'ordine del giorno dei negoziati. L'obiettivo sarebbe un meccanismo per armonizzare e coordinare progressivamente gli accordi preferenziali regionali con il sistema multilaterale e le sue regole. In altri termini, l'ambizione sarebbe di creare una nuova alleanza tra i due sistemi, tenuto conto del fatto che in alcuni casi anche il regionalismo è stato molto positivo per l'economia mondiale,e per promuovere il progresso, l'ordine e la pace. Lo è stato sicuramente nel caso della costruzione europea. Dovrebbe essere possibile altresì utilizzare di più gli accordi plurilaterali come si è fatto per la liberalizzazione delle tlc; si tratta di uno strumento utile che consente di dare una maggiore flessibilità alle trattative. La creazione di tale meccanismo dovrebbe essere un elemento portante di un insieme di misure, se siamo multeralisti sul serio, come ha detto chiaramente Pascal Lamy nell'eccellente discorso tenuto in occasione della sua rinomina. Il terzo punto importantissimo sarebbe un accordo su un ordine del giorno allargato, che includa alcune questioni collegate al commercio anche se oggi sono esterne al sistema commerciale. Il cambiamento climatico è sicuramente la grande priorità, in considerazione della conferenza di Copenaghen e delle sue connessioni con le regole del commercio. Altri punti al futuro ordine del giorno potrebbero essere l'energia, la sicurezza alimentare, il lavoro, la competizione e gli investimenti. In politica non bisogna mai dire "mai", ma per citare Jean Monnet quando a Bruxelles doveva occuparsi di spinosissimi problemi riguardanti la costruzione europea, «abbiate fiducia, avete l'alleato più potente di tutti: la necessità». Nell'affrontare le sfide di oggi, mi sembra che la “necessità” sia l'elemento più importante nella speranza di costruire un nuovo sistema globale e di dare forma a un nuovo ordine mondiale. L'autore è stato direttore generale della Wto

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Il ritornello stonato dei mercati efficienti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-26 - pag: 15 autore: Teoria e realtà Il ritornello stonato dei mercati efficienti di James Montier L a teoria dei mercati efficienti (Ime è l'acronimo inglese, ndr) somiglia al pappagallo morto dei Monty Python. Non importa quanto ne lamentiate la dipar-tita, i credenti rispondono che sta solo riposando. In parte lo si deve all'elevato grado d'inerzia di cui godono le teorie accademiche. Una volta che si sono affermate, ci vuole un'infinità di tempo per liberarsene. Come ha osservato il fisico Max Planck, «la scienza avanza un funerale per volta». L'Ime recita che tuttele informazioni sono riflesse nei prezzi correnti. è grave che esista ancora in quanto teoria accademica, e continui a imbottire di sciocchezze le teste degli studenti, ma i suoi danni peggiori derivano dal fatto che, come diceva Keynes, «gli uomini pratici sono solitamente schiavi di qualche economista defunto». L'Ime ci ha lasciato una sequela dipessime idee che hanno influenzato ogni struttura del settore finanziario. Per esempio, il modello di capital asset pricing, figlio dell'Ime, ha trasformato in una vera e propria ossessione la misura dei risultati ottenuti. Separare l'alfa dalla beta è nel miglior dei casi irrilevante, e nel peggiore una distrazione dalla vera natura dell'investimento. Sir John Templeton aveva trovato le parole giuste: «Scopo di un investimento è il massimo del rendimento reale, al netto delle tasse». Ciò nonostante, invece di puntare sull'obiettivo, abbiamo generato un settore d'attività - i consulenti che sa soltanto incasellare gli investitori nelle proprie categorie. La valuazione ossessiva è altresì la fonte più cospicua di pregiudizi e distorsioni che ci sia nel nostro mestiere: il rischio per la carriera. Per un investitore costantemente valutato, il rischio si misura in base agli errori compiuti, generando così l'homo ovinus, una specie interessata unicamente a sapere dove si colloca rispetto al resto del gregge, e vivente incarnazione dell'editto keynesiano: «Per la reputazione, è meglio fallire da conformista che aver successo da anticonformista». L'Ime è anche il fondamento della gestione del rischio, della teoria di prezzatura delle opzioni, del concetto di valore per l'azionista, e persino delle politiche di regolamentazione (i mercati sanno il fatto loro), tutte idee che hanno causato seri danni agli investitori. Tuttavia, l'aspetto più insidioso dell'Ime è il consiglio che dà in merito all'origine dei risultati eccezionali. Sembra un ossimoro, ma davvero l'Ime enuncia chiaramente come raggiungerli. Servono informazioni interne e riservate, che sono illegali come si sa, oppure serve prevedere il futuro meglio di chiunque altro. Non esiste la benché minima prova che si possa vedere alcunché nel futuro. Ma il desiderio di superare le previsioni altrui ha depistato tutti quanti per decenni. L'Ime ci dice anche che le opportunità saranno fugaci. Come mai? Perché astuti e razionali arbitraggisti faranno presto a portarle via. Questo evoca la vecchia barzelletta dell'economista e dell'amico che camminano per strada. L'amico nota un biglietto da cento dollari sul marciapiede. «Non può esserci», dice l'economista, «se ci fosse, qualcuno l'avrebbe già raccolto». Una mentalità del genere incoraggia gli investitori a concentrarsi sul breve periodo, nel quale stanno le opportunità invece che sul lungo periodo nel quale sta il vero vantaggio di avere più informazioni. L'Ime fallisce in modo spettacolare quando viene messa a confronto con il mondo reale. Una prova schiacciante a suo carico, di rado dibattuta in ambito accademico, è quell'elefante nella stanza che tutti ignorano: l'esistenza di bolle. Gli accademici ne sono talmente terrorizzati da arrivare alle peggiori esagerazioni pur di giustificarle. Che ci crediate o no, due economisti hanno addirittura scritto un saggio per sostenere che non c'era alcuna bolla quando all'inizio del decennio l'indice composito del Nasdaq superava quota 5mila. Una società di gestione finanziaria, la Gmo, definisce una bolla come un minimo di due deviazioni dalla tendenza (reale). Stando all'Ime, eventi con due deviazioni standard dovrebbero accadere all'incirca ogni 44 anni. Tuttavia, dal 1925 in poi, gli analisti di Gmo hanno identificato oltre 30 bolle, leggermente più di una per triennio. Mentre i particolari e le tecnicalità di ciascuna differiscono, la dinamica sottostante è molto simile. Di sicuro la diagnosi ex ante delle bolle dà all'Ime un colpo mortale. Davanti a questo assalto spietato, i tifosi dell'Ime ripiegano sulla loro cosiddetta "bomba atomica": il fallimento, da parte dei dirigenti in attività, di superare l'indice. Tuttavia se ogni fund manager cerca di superare tutti gli altri in preveggenza, c'è poco da stupirsi se i risultati restano al di sotto delle previsioni. Una nuova ricercamostra che il rischio per la carriera (perdere il lavoro) e il rischio per gli affari (perdere i fondi da gestire) sono i principali moventi degli investitori professionisti. Quanto a battere l'indice, non ci provano nemmeno. Di sicuro è venuto il momento di cestinare l'Ime e la sua eredità. Ci riusciremo? Come diceva J.K. Galbraith, i mercati finanziari sono caratterizzati da una memoria cortissima, «sono pochi i campi dell'attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della finanza». L'autore è analista della Société Générale Traduzione di Sylvie Coyaud DUBBI E PROSPETTIVE Le bolle, la valutazione dei gestori, i risultati nel breve periodo: riusciremo a cestinare un'eredità nefasta che ha influenzato tutta la finanza?

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LEZIONI PER IL FUTURO (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-26 - pag: 15 autore: LEZIONI PER IL FUTURO Il dibattito. Il dibattito sulla crisi iniziato sul Sole 24 Ore del 7 maggio con un articolo del rettore dell'università Bocconi e d editorialista del Sole 24 Ore Guido Tabellini ha ospitato gli interventi di economisti, giornalisti politicie intellettuali. Il filo comune: trovare uan nuova via per riformare i mercati finanziari e/o i comportamenti degli operatori. Lo stesso Tabellini ha concluso il dibattito martedì scorso. www.ilsole24ore.com Tutti gli articoli del dibattito

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Riciclaggio e scalate sotto il tiro della Gdf (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-26 - pag: 31 autore: Il rendiconto della Lombardia. A Milano festa per il 235esimo anniversario Riciclaggio e scalate sotto il tiro della Gdf MILANO Indagini su trasparenza dei mercati finanziari e di Borsa per «indebite» scalate bancarie. Evasioni fiscali di una grossa società di telecomunicazioni su redditi per8 miliardi (oltre a 53 milioni di Iva non pagata). Frodi alimentari nel settore lattiero-caseario (339 tonnellate di prodotti avariati o scaduti). Truffe al Servizio sanitario nazionale per 13,5 milioni di euro. Ma anche un'indagine su un'associazione mafiosa che operava in Italia e nei paradisi fiscali attraverso società di comodo che si è conclusa con la scoperta di un milione di dol-lari Usa riciclati e il sequestro di 14 aziende (tra cui 6 holding di partecipazioni ed acquisizioni societarie e 8 società specializzati nella pelletteria). Diffuse le frodi Ue: da gennaio a maggio 2009 sono stati «percepiti indebitamente» 23,7 milioni di euro di contributi comunitari. Infine, il sequestro di 200 chili di eroina importata da un'organizzazione slavo macedone. Continuano le celebrazioni della Guardia di Finanza per il 235esimo anniversario della sua fondazione. Dopo la cerimonia romana di due giorni fa c'è stata ieri quella milanese dove, attraverso gli «encomi solenni» riconosciuti ai finanzieri che si sono distinti nelle indagini dell'ultimo anno di lavoro, si può tastare la salute della criminalità economica in Lombardia. Che, stando ai premi elargiti, pare ottima. Anche i numeri confermano: nei primi cinque mesi del 2009 sono state denunciate 13 persone per usura ma soprattutto sono stati sequestrati 2 milioni di euro (di cui uno per associazione di stampo mafioso e uno per usura). Tanto lavoro anche sul fronte evasori, per il Comando regionale Lombardia. Nei primi cinque mesi del 2009, su 4.703 controlli sono stati scoperti 4,9 milioni di euro di redditi nascosti al Fisco e 501 milioni di euro di Iva evasa. La buona notizia è che in Lombardia si emette lo scontrino: su 23.706 controlli, i rilievi sono stati 2.916. N. T. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dottori commercialisti a quota 50mila (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-26 - pag: 35 autore: Il bilancio della Cassa. La contribuzione cresce del 6,6% Dottori commercialisti a quota 50mila Contribuzione soggettiva e integrativa che, dal 2007 al 2008, cresce del 6,6 per cento. In aumento anche gli iscritti: +2.437 anno su anno, al netto delle cancellazioni. Nel complesso, raggiungono gli iscritti la soglia delle 50mila unità. Sono alcune tendenze che emergono dalla lettura del bilancio consuntivo 2008 della Cassa nazionale di previdenza dei dottori commercialisti, approvato mercoledì. Il via libera da parte dell'assemblea dei delegati segue di qualche giorno l'intervento della Corte dei conti che, con la delibera 33/09, ha analizzato i bilanci 2006 e 2007 della Cassa ( si veda «Il Sole 24 Ore» del 16 giugno). L'analisi da parte della magistratura contabile ha messo in evidenza un miglioramento della situazione finanziaria, anche se meno vivace rispetto al 2006. In generale, il presidente della Cassa Walter Anedda ricorda che la Corte dei conti «ha posto un positivo accento sulla situazione di piena sostenibilità » del budget. Il bilancio di esercizio 2008, che presenta un attivo di 3.172 milioni, segnala sul fronte previdenziale, oltre all'aumento della contribuzione soggettiva e integrativa, un rapporto iscritti/ pensionati che si attesta sul valore di 10,1 (9,6 se si considerano anche le pensioni da totalizzazione). Il patrimonio netto a fine 2008 sfiora i 2.890 milioni, circa 18 volte le pensioni in essere. Dopo le minusvalenze nelle gestioni patrimoniali determinate dalla crisi finanziaria, la Cassa è corsa ai ripari. Circa 190 milioni vanno a integrare il fondo oscillazioni titoli. Durante l'assemblea che ha approvato il bilancio di esercizio 2008 è stato illustrato ai delegati, oltre ai provvedimenti di carattere assistenziale deliberati dal consiglio di amministrazione in favore dei commercialisti abruzzesi, il programma di ammodernamento del sistema sanzionatorio e di rivisitazione dei meccanismi di verifica dell'esercizio professionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sui consulenti pesano i titoli tossici (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-26 - pag: 35 autore: Previdenza. Il consuntivo dell'Enpacl Sui consulenti pesano i titoli tossici ROMA Gli effetti della crisi finanziaria si materializzano nero su bianco anche sui risultati delle Casse di previdenza dei professionsti. Ieri,l'assemblea dei delegati dell'Enpacl, l'ente dei consulenti del lavoro, ha approvato il consuntivo 2008 che ha dovuto fare i conti con il terremoto finanziario che ha spazzato via «Lehman Brothers »: i titoli strutturati nel portafoglio della cassa ammontano, secondo i dati del ministero del Lavoro, a 53 milioni. L'esercizio 2008 si chiude con un risultato economico positivo per 16 milioni, in diminuzione rispetto al preventivo 2008, che stimava un avanzo di gestione di 32. La gestione previdenziale ( entrate per contributi meno uscite per prestazioni) chiude il 2008 con un risultato positivo di 30 milioni. Il patrimonio netto è pari a 538,7 milioni, con un incremento del 5,38%, il più basso da dieci anni a questa parte. In rapporto alle pensioni in essere (a fine 2008) la copertura è di 9,88 volte. La dinamica previdenziale conferma la tendenza al peggioramento degli indicatori: la differenza tra entrate per contributi (esclusa la maternità) e spese per pensioni è di 37,6 milioni (in calo rispetto al 2007, quando era stata di 38,7 milioni). La spesa previdenziale è cresciuta del 12,97%, a fronte di un incremento del 5,87% del gettito contributivo. Il monte contributi incassato nel 2008 è pari a quasi 92,2 milioni; l'aumento del 6,45% del contributo integrativo (che si paga sul volume d'affari)conforta sulla salute economica degli studi professionali (in totale sono stati versati 36 milioni). I trattamenti di vecchiaia sono aumentati del 6,77% quanto a numero e del 9,72% in relazione agli importi. Inoltre, incide negativamente la crescita delle pensioni di anzianità: l'accesso è stato, infatti, facilitato dalle norme sulla totalizzazione dei contributi accreditati presso più gestioni. Rispetto agli assegni di anzianità le pensioni che derivano dal cumulo sono il 18,53 per cento. Migliorano gli importi dei trattamenti: la media, calcolato moltiplicando per 13 il rateo di dicembre, è di 8.115 euro (la vecchiaia raggiunge i 9.804 euro, mentre le anzianità arrivano a 11.926). In questo quadro, l'Enpacl sta aspettando l'approvazione delle riforma che dovrebbe migliorare la sostenibilità dell'assetto previdenziale. Ieri l'assemblea dei delegati, come concordato a maggio con il ministero del Lavoro, ha deliberato l'entrata in vigore dal 1Ú gennaio 2010. La riforma, in particolare, prevede fasce contributive in modo da distribuire di più l'onere previdenziale sui professionisti " senior".L'assemblea,inoltre, ha approvato aiuti per i colleghi dell'Abruzzo colpiti dal terremoto. © RIPRODUZIONE RISERVATA I TRATTAMENTI Aumentano gli assegni di vecchiaia e anzianità anche per effetto della totalizzazione dei contributi

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Profumo: le Pmi soffrono ma noi non c'entriamo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-06-26 - pag: 5 autore: Profumo: le Pmi soffrono ma noi non c'entriamo ROMA «Dire che tutti i problemi nascono dalle banche è strutturalmente sbagliato»: l'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo ha difeso ieri il sistema bancario affermando che con un'economia reale chiaramente in crisi «le banche stanno sostenendo le imprese, soprattutto quelle più piccole, in difficoltà per l'allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti». Clienti che, senza entrare in diretta polemica con il Governo, sono notoriamente di natura pubblica. Profumo è tornato sul tema banca-impresa interpellato a margine di un convegno che si è tenuto ieri a Roma su «nuova governance mondiale per una crescita sostenibile», organizzato da Unicredit e East Forum: gli autorevoli esperti di economia e finanza, che hanno sviscerato il mondo pre-crisi e post-crisi, in effetti non se la sono presa con le banche, preferendo come bersaglio la politica monetaria di Alan Greenspan, il regime del cambio in Cina, le smanie di protezionismo, la pericolosità dell'ottica di breve periodo,l'arma spuntata del Fondo monetario nei confronti delle superpotenze, le cattive regole o la mancanza di regole o la scarsa applicazione delle stesse. Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha riaffermato l'importanza di soluzioni e obiettivi di medio-lungo periodo – come la stabilità dei prezzi perseguita dalla Bce– e ha messo in guardia contro gli interessi politici di breve periodo, come quelli che negli Usa hanno favorito in nome della crescita la diffusione di strumenti finanziari divenuti poi tossici. Per Bini Smaghi uscire da questa crisi richiederà l'impegno di tutti, e la ripresa dovrà essere sostenuta dai finanziamenti delle banche (adeguatamente capitalizzate) alle imprese. I governi dovranno fare la loro parte con riforme strutturali: in Italia si ripropone il problema della riforma del sistema pensionistico e della tassazione, per via dell'elevata pressione fiscale. Il punto di vista delle banche centrali è emerso con vigore nell'intervento di Hans Tietmeyer, ex presidente della Bundesbank, secondo il quale la bolla della liquidità e la conseguente crescita artificiale sono state alimentate tanto dalla politica monetaria espansiva di Greenspan quanto dal cambio «di fatto fisso» della moneta in Cina e nell'area del Pacifico. Per Giovanni Majoni, direttore esecutivo della Banca mondiale, saranno necessarie forme di concertazione su scala mondiale per imporre regole alle superpotenze. Nell'analizzare l'impatto della crisi, il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli ha detto che la crisi in Italia è arrivata dall'ottobre 2008 con il crollo del commercio mondiale che ha colpito imprese esportatrici grandi, medie e piccole nei settori dell'industria manifatturiera, soprattutto beni durevoli, tessile, auto. Arrigo Sadun, direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale per l'Italia, per illustrare l'uscita dalla crisi ha usato la colorita immagine della "tinozza vittoriana" con altezza asimmetrica delle due sponde, in luogo delle solite "U", "V" ed "L", per dire che «abbiamo perso un pezzo dell'economia, una certa percentuale diPil che prima c'era non ci sarà più». In occasione del convegno, Unicredit ha siglato un accordo pubblico-privato a sostegno del commercio internazionale, creando una piattaforma di consulenza per le imprese dell'export con l'International Finance Corporation (Banca Mondiale), la tedesca Kfw-Ipex, l'agenzia canadese Northstar Trade Finance e la Nedbank del Sud Africa. I. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL MESSAGGIO AL GOVERNO «Il problema sono i crediti con i clienti che non pagano». Bini Smaghi: in Italia subito riforma delle pensioni e della tassazione UniCredit. Alessandro Profumo INFOPHOTO

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L'attività delocalizzata eleva le professionalità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ITALIA DELLIMPRESE data: 2009-06-26 - pag: 19 autore: Gli effetti sul lavoro in Italia L'attività delocalizzata eleva le professionalità P er le imprese italiane l'internazionalizzazione si afferma sempre più come strategia di crescita. Una netta maggioranza di aziende (66%) afferma, infatti, di intraprendere rapporti con l'estero con l'obiettivo di presidiare i «mercati strategici», i più promettenti per lo sviluppo del business dell'azienda. L'obiettivo del contenimento dei costi di produzione segue a distanza con il 23,6% delle indicazioni. Per il 10,4% è stata invece una combinazione di entrambe che ha indotto ad aprire rapporti con l'estero. Guardando alle differenze rispetto a quanto emerso nel 2008, la tendenza appare ancora più consolidata: il presidio dei mercati strategici incrementa il numero di preferenze (+7,7%), mentre la ricerca di costi di produzione più vantaggiosi ne raccoglie un numero inferiore (- 8,4%). La differenza nelle scelte tra le due opzioni rispecchia verosimilmente differenti modi di rapportarsi al mercato. Da una parte, i rapporti con l'estero si traducono maggiormente in una strategia assertiva e nella ricerca di nuovi spazi per la produzione aziendale. Dall'altra, sembrano rispondere a necessità difensive, o comunque di contenimento dei rischi con l'abbassamento dei costi di manodopera, materie prime e servizi. La crisi finanziaria, che ha preso corpo nella seconda metà del 2008 e ha causato una recessione globale, non sembra avere mutato l'orientamento delle imprese: i rapporti con l'estero sono sempre più un'opportunità per la crescita dell'azienda, piuttosto che una mera ricerca di ricavi maggiori sull'unità di output. La necessità di presidiare i mercati strategici viene indicata in maniera ancora più marcata dalle imprese del Nord Est (70,1%) e dal terziario (77,7%). Passando all'analisi delle conseguenze dell'internazionalizzazione per il sistema economico locale delle aziende, al primo posto si trova la richiesta di figure professionali più elevate (44,9%). Al secondo, viene la perdita di occupazione per i lavoratori meno qualificati (26,3%), mentre la chiusura delle imprese di subfornitura locali è la terza per indicazioni (22,9%). Meno visibile la richiesta di servizi come marketing e pubblicità (5,9%). Rispetto al 2008 la questione della mancanza di risorse umane adeguate diventa ancora più prioritaria (+7%). Tale conseguenza viene lamentata in preponderanza dalle imprese del Sude isole (54,3%), mentre è avvertita meno da quelle del Nord Est (40,2%). Le aziende del terziario sono quelle per cui si sente più nettamente la necessità di figure professionali più elevate (54,1%). Meno tra le imprese industriali (40,1%). Diminuisce a distanza di un anno la quota di chi vede nella chiusura delle subfornitrici il primo effetto dell'internazionalizzazione (-5,6%). è più frequente tra le imprese industriali (25,8%) e tra le quelle fino a 49 dipendenti (24%), mentre è più ridotta tra quelle che superano i 50 addetti (17,9%). Per quanto riguarda, infine, gli effetti che ha prodotto la delocalizzazione produttiva (l'apertura all'estero di un nuovo stabilimento, oppure l'utilizzo di una struttura preesistente) sugli stabilimenti che l'impresa detiene in Italia, emerge come la chiusura totale di questi ultimi abbia riguardato il 3,2% delle aziende. Tra le imprese con più di 50 addetti il numero di quelle che hanno chiuso in Italia sale al 4,8%. Si tratta di livelli contenuti, che indicano un numero molto esiguo di aziende. Tuttavia, nel caso delle imprese di dimensioni più elevate, possono avere causato problemi occupazionali a livello locale, ulteriormente acuiti dall'attuale fase di congiuntura recessiva, con la conseguente necessità di mettere mano agli strumenti pubblici di intervento come la cassa integrazione. Chi dichiara come effetto dell'apertura di stabilimenti produttivi all'estero un forte ridimensionamento dell'organico è il 2,6%. Le considerazioni possono essere analoghe a ciò che è stato visto per la chiusura degli stabilimenti, in quanto anche queste ultime sembrano più presenti nella classe con più di 50 addetti (4,8%). Da notare comunque che rispetto a quanto rilevato nel 2008, quest'ultimo fenomeno mostra una incidenza inferiore (-6,1%). La chiusura totale degli stabilimenti ha coinvolto in misura maggiore le imprese del Centro (9,1%) e quelle del commercio (14,3%). Ca. Be. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE CONSEGUENZE Poco più del 2% delle aziende che hanno aperto oltre frontiera dichiarano un forte ridimensionamento dell'organico «in patria»

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Mediobanca, governance in Bankitalia (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 26/06/2009 - pag: 35 Piazzetta Cuccia Nel comitato esecutivo prima valutazione sui conti Mediobanca, governance in Bankitalia MILANO Primo esame dell'andamento dell'esercizio 2008-2009 che si chiude al 30 giugno, e piano sulla governance da presentare a Bankitalia (come tutti gli istituti) entro fine mese. Ecco i temi principali all'ordine del giorno ieri in Mediobanca, che ha riunito in mattinata comitato esecutivo e consiglio di amministrazione. Per quanto riguarda i conti sono state fornite indicazioni di tendenza, visto che l'anno non si è ancora concluso. Un consigliere, al termine delle riunioni, ha solo detto che «non ci sono grosse novità: l'andamento della gestione è in linea con il terzo trimestre, caratterizzata da un'attività bancaria in miglioramento mentre segnano il passo le partecipazioni a causa della debolezza dei mercati finanziari ». E Vincent Bolloré, capofila dei soci francesi di Piazzetta Cuccia, si è limitato a commentare che «tutto va bene, nessun problema come al solito». I primi nove mesi dell'esercizio si sono chiusi a marzo con un utile di 39,3 milioni, rispetto ai 783 milioni del corrispondente periodo precedente, considerato il peso dei minori utili da partecipazioni per 367 milioni (di cui 330 relativi a Generali) e le svalutazioni per 355 milioni sui titoli. Il risultato del terzo trimestre è stato pari a un «rosso» di 61 milioni, in netto miglioramento rispetto a quello precedente, pari a meno 220 milioni. I conti rispecchiano, come ha sottolineato il consigliere in uscita ieri, le «due velocità » dell'istituto guidato da Alberto Nagel nella crisi finanziaria: a fronte delle svalutazioni dovute alla tempesta sui mercati, Piazzetta Cuccia ha messo a segno a marzo la migliore performance dei ricavi «core» da attività di banca d'affari degli ultimi 18 mesi, tornando di fatto ai livelli pre-crisi. S. Bo.

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Indici in lieve calo, frena Pirelli (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in lieve calo, frena Pirelli StMicroelectronics La ripresa del comparto hi-tech spinge StM, che cresce del 2,68% Moderata flessione ieri per le Borse europee dopo il balzo di mercoledì. E a Piazza Affari, dove si sono ravvivati gli scambi (il controvalore complessivo è arrivato a 3 miliardi di euro), l'Ftse-Mib è arretrato dello 0,52% e l'Ftse Italia All Share dello 0,46%. Il listino di Milano, in particolare per quanto riguarda i 40 titoli principali, presenta in realtà pochi spunti di rilievo. I tre maggiori rialzi sono una conferma del trend positivo della vigilia. Telecom Italia, per esempio, reduce da un recupero dell'1,34%, ieri ha fatto ancora meglio, chiudendo con il prezzo di riferimento in progresso del 3,74%, grazie alla promozione del titolo da parte di Goldman Sachs e all'ipotesi di cessione della partecipazione in Argentina. In ulteriore miglioramento anche Fiat (+2,93%), che ha incassato la conferma del giudizio positivo di Morgan Stanley mentre continuano le scommesse sulla possibile riapertura della trattativa con Opel. StMicroelectronics (StM), invece, ha tratto vantaggio dal buon andamento del comparto hi-tech a livello internazionale dopo il miglioramento delle stime sul terzo trimestre di Infineon e ha chiuso con un rialzo del 2,68%. I maggiori ribassi hanno riguardato invece titoli che il giorno precedente avevano guadagnato in modo significativo. E' il caso, per esempio, di Pirelli, che ha lasciato sul terreno il 2,34%. Anche i petroliferi Eni (-2,11%) e Tenaris (-2,31%) erano reduci da rialzi, mentre per Ubi Banca (-2,04%) il confronto con l'andamento della vigilia è nettamente negativo.

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Vola Bed Bath dopo la trimestrale (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 Il caso a New York Vola Bed Bath dopo la trimestrale (g.fer.) Crescita a sorpresa per i risultati trimestrali di Bed Bath & Beyond, il colosso Usa dei prodotti per la casa. I dati, comunicati ieri, hanno riacceso le speranze in un effettivo rallentamento della recessione e in una ripresa dei consumi. Il titolo a Wall Street ha chiuso a 31,08 dollari, vicino ai massimi dell'anno, con un incremento del 9,48%. Particolarmente elevati gli scambi: sono passati di mano 18,5 milioni di titoli contro una media giornaliera negli ultimi tre mesi di 6,2 milioni. La performance, inoltre, ha fatto da traino al comparto del commercio e all'intero listino, con il Dow Jones terminato in crescita del 2,08%. Dean S. Adler ceo di Bed Bath

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Eni in per il petrolio iracheno (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 26/06/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Eni in «pole» per il petrolio iracheno (g.fer.) C'è il nome della compagnia petrolifera che gestirà il giacimento iracheno di Nassiriya, ma il ministro competente non ha voluto rivelarlo prima dell'approvazione del Governo. A spuntarla potrebbe essere l'Eni, rimasta in corsa insieme con la Nippon Oil. E a questo proposito l'amministratore delegato del gruppo italiano, Paolo Scaroni, ha detto di essere «fiducioso» sulla possibilità di vincere la gara. Secondo esperti locali, entro i prossimi 18 mesi dall'impianto si potrebbero estrarre 100 mila barili al giorno. In attesa del verdetto, però, a Piazza Affari ieri il titolo è sceso del 2,11%,a 16,74 euro. Paolo Scaroni ad del gruppo Eni

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La Cina ha già ripreso a correre E il protezionismo non è la risposta (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 26/06/2009 - pag: 10 OLTRE LA CRISI FINANZIARIA La Cina ha già ripreso a correre E il protezionismo non è la risposta di BILL EMMOTT S arà solo una coincidenza che nel momento in cui si vedono i primi segni di ripresa dell'economia cinese gli Stati Uniti e l'Unione europea si stiano coalizzando per muovere alla Cina, nell'ambito della World Trade Organisation, l'accusa di adottare pratiche commerciali scorrette? Che i due fatti siano collegati o no, le conseguenze sono comunque preoccupanti: con la disoccupazione che continua ad aumentare in Europa e in America, aumenta anche la probabilità di una reazione protezionista contro il successo e la presunta scorrettezza della Cina. Rahm Emanuel, il capo staff di Barack Obama, ha dichiarato pubblicamente che sarebbe un grave errore sprecare l'opportunità di avviare cambiamenti radicali offerta dalla crisi finanziaria. A mio avviso la contestazione, nell'ambito della WTO, dei metodi commerciali cinesi rappresenterebbe proprio un errore di questo tipo, perché farebbe impantanare le parti nella discussione sugli aspetti tecnici del commercio. Invece di concentrarsi sugli aspetti tecnici, sarebbe meglio rivolgersi a quelli finanziari: la moneta cinese. Finora i segnali di un avvio di ripresa in Cina, che è la terza maggior economia del mondo, sono della stessa natura degli indizi vagamente ottimistici che si stanno profilando in Europa e in America: fanno pensare che la crisi economica non sia così disastrosa come si temeva nei momenti drammatici seguiti al crollo di Lehman Brothers. È però molto probabile che in Cina, a differenza che in Europa, emergano presto segni di ripresa più evidenti, perché la crisi cinese è stata molto diversa da quella europea. Mentre la recessione in Europa è il risultato diretto della crisi finanziaria, il rallentamento cinese deriva soprattutto dalle misure adottate nel 2008 per controllare l'inflazione. La crisi finanziaria non ha quasi toccato la Cina. Quando la stasi è determinata principalmente da scelte di politica economica del governo, come le restrizioni creditizie e l'aumento dei tassi di interesse, può esservi una rapida ripresa se queste misure vengono riconsiderate. È quel che sta facendo la Cina dallo scorso novembre, con un sostanzioso pacchetto di stimoli fiscali e una politica del credito molto meno restrittiva. Naturalmente la Cina è colpita anche dalla caduta della domanda dei suoi prodotti in Europa e in America, ma in molti casi sul suo territorio si realizza solo l'assemblaggio finale di merci create e prodotte in altri Paesi asiatici. Più di lei soffrono perciò Corea, Giappone, Taiwan e Singapore. Questa settimana la Banca mondiale ha elevato la previsione di crescita del Pil cinese nel 2009 al 7,2 per cento, una stima più alta di quella fatta all'inizio dell'anno, quando si ipotizzava il 5-6 per cento. Molti economisti pensano che la crescita cinese sarà anche maggiore, sia quest'anno che nel 2010, vista la portata degli stimoli fiscali e l'attuale facilità di accesso al credito e ai capitali nel mercato interno cinese. La ripresa cinese favorirà gli esportatori di petrolio e di materie prime, ma non riuscirà a stimolare molto la crescita mondia-- le, perché sembra poco probabile che la domanda di importazioni della Cina possa aumentare rapidamente. Il caso sollevato questa settimana al Wto dall'Ue e dagli Usa riguarda in particolare le restrizioni cinesi sulle esportazioni di materie prime, volute, dice l'Ue, per tenere bassi i prezzi per i produttori cinesi. Probabilmente è vero, e i produttori cinesi stanno anche diventando più competitivi per il calo dei salari in Cina. Ma anche i Paesi europei hanno le loro colpe, dato che tentano di offrire condizioni privilegiate ai loro produttori. Attaccare la Cina su questo terreno significa solo rischiare di innescare rappresaglie che si rivolgerebbero contro il protezionismo europeo. La valuta cinese rappresenterebbe invece un bersaglio assai migliore. La Cina è la sola grande economia la cui valuta non circola liberamente sul mercato e non è convertibile. Lo sforzo di tenere basse le quotazioni del «renminbi» cinese spiega perché la Cina abbia accumulato le maggiori riserve di valuta estera al mondo, 2000 miliardi di dollari, investiti soprattutto in obbligazioni in dollari Usa. Se vogliamo avere un commercio equo ed equilibrato, abbiamo bisogno che la valuta cinese possa fluttuare liberamente e riapprezzarsi. La Cina si oppone, ma anch'essa ha un problema, dato dal rischio che il valore di quei 2000 miliardi di dollari di obbligazioni statunitensi possa diminuire drasticamente. Si dovrebbe giungere a un accordo: la fluttuazione della valuta in cambio di una soluzione al problema delle riserve cinesi di valuta estera. Sarebbe un obiettivo molto migliore per le pressioni che Europa e America vogliono esercitare. BEPPE GIACOBBE traduzione di Maria Sepa

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La recessione e le riforme a costo zero (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Lavoro data: 26/06/2009 - pag: 41 Contrappunto La recessione e le riforme a costo zero di LUIGI COVATTA N on sappiamo quando il mondo uscirà dalla crisi finanziaria, e non dipende da noi. Quando sarà, comunque, noi rischiamo di regredire dalla recessione alla depressione. A dirlo non è un irriducibile catastrofista, ma il più ottimista dei banchieri italiani, Corrado Passera, che sul Sole 24 ore di domenica individua nel cattivo funzionamento del sistema istituzionale il principale handicap dell'azienda Italia. Qualche pagina più in là, del resto, il giornale di Confindustria documenta che il tanto citato «piano casa» è fermo al palo in 16 regioni su 20, mentre le quattro che hanno già deliberato sono due di destra e due di sinistra. Ed è meglio non parlare della Tav o dello smaltimento dei rifiuti, delle centrali energetiche o della gestione del patrimonio pubblico. Passera valuta in 250 miliardi la somma da investire in cinque anni per evitare la depressione, e dimostra che ad essa si può arrivare diminuendo dell'1% la spesa pubblica, del 10% l'evasione fiscale, nonché incrementando dello 0,5% la rendita del patrimonio pubblico. Sono riforme a costo zero che un governo che ha nominato un ministro per la semplificazione legislativa dovrebbe poter fare, e che un'opposizione che enfatizza i rischi della crisi dovrebbe saper esigere, sempre che l'una e l'altra non si facciano paralizzare dai veti di caste e corporazioni.

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Il credito sta migliorando Ridotti i finanziamenti anticrac (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 26-06-2009)

Argomenti: Crisi

LA FEDERAL RESERVE «Il credito sta migliorando» Ridotti i finanziamenti anticrac La Federal Reserve ridurrà i programmi di finanziamento d'emergenza varati nel pieno della crisi finanziaria, alla luce del miglioramento delle condizioni del credito. La Fed ha annunciato che ridurrà da 150 a 125 miliardi di dollari le aste bisettimanali previste dal Term Auction Facility (Taf), il programma creato per garantire liquidità alle banche commerciali, e che il piano potrà essere «ulteriormente ridimensionato» se le condizioni del mercato miglioreranno.

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"Giudizio positivo, però bisogna fare ancora di più" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Retroscena Da Confindustria una promozione con riserva Marcegaglia: prima risposta all'emergenza Ora continuare le riforme e concretizzarle "Giudizio positivo, però bisogna fare ancora di più" Non professiamo il panico, né ottimismo Siamo pragmatici e concreti Diciamo che la crisi è grave, ma anche che vediamo segnali di ripresa In Italia non c'è ancora, ma non cadiamo più FABIO POZZO Emma Marcegaglia TORINO Il nostro giudizio è complessivamente positivo, alcune richieste degli imprenditori sono state accettate. Ma sono misure non risolutive, bisognerà fare ancora di più». Emma Marcegaglia commenta così le misure varate dal Governo. Tra le misure positive il presidente di Confindustria cita, oltre alla Tremonti-ter, l'istituzione di commissari ad acta per le grandi infrastrutture di reti e la norma per calmierare il prezzo del gas. Positivi anche, «gli interventi che aiutano a gestire la coesione sociale» e i primi provvedimenti per il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione. «I benefici del decreto si vedranno a settembre, quindi velocemente», ha osservato Marcegaglia. «È una prima risposta all'emergenza bisognerà vedere gli impatti e poi continuare le riforme e concretizzarle». E che sia emergenza, non c'è dubbio. Globale, con ricadute sull'economia reale e sul sociale («i disoccupati nel mondo diventeranno 56 milioni»). «Non professiamo panico, nè ottimismo. Siamo pragmatici, concreti». Ripete, Marcegaglia, che c'è qualche segnale di recupero, in Cina, negli Usa, ma anche in Europa, in Italia (la fiducia dei consumatori ritrovata, la produzione industriale a giugno a +0,3%). «Non c'è ripresa, ma non cadiamo più». Con questo, non va «abbassata la guardia»: rischiamo, spiega, «di perdere un terzo del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale, va bene ridisegnare le regole dei mercati finanziari e delle economie, ma attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri devono tornare a fare i banchieri, a sostenere l'economia reale». Quanto all'Italia, se vuole crescere solidamente e guardare al medio termine, deve anzitutto avere i «conti a posto». Marcegaglia affronta anche il discorso dell'accesso al credito: «Banche, state vicino alle imprese serie, guardate anche alla loro storia, non solo ai bilanci». Servono provvedimenti, ma occorre anche e soprattutto che quelli già varati, come il fondo garanzia per le piccole imprese, «diventino concreti»: subito, «tra un paio di giorni, non fra un anno». In rapida carrellata, ben venga inoltre la volontà del governo di far rientrare la «vergogna nazionale» dei pagamenti dell'amministrazione pubblica (ma restano fuori i crediti della Sanità) e l'impegno di ulteriori stanziamenti, se ve ne fosse bisogno, per gli ammortizzatori sociali (che funzionano: «L'Italia è al mondo il Paese che ha licenziato di meno durante questa crisi»): «Noi i soldi li chiederemo». Significativa anche la detassazione degli utili reinvestiti, perché sostenere gli investimenti privati aiuta la domanda interna e la ricerca. Anche il pubblico, però, devo investire: sì, allora, alle grandi opere, che creano occupazione, imprese. «Ma basta con i veti, i comitati del no: ben vengano i commissari ad acta, per avviare i lavori, che nel caso delle reti energetiche significa anche uno sconto per le aziende di 1,6 miliardi di euro sulla bolletta». Positive, infine, le liberalizzazioni, come quella del «gas release», che vedrà l'Eni liberare 5 miliardi di metri cubi di gas per le imprese «a un prezzo inferiore a quello di mercato». L'ultimo richiamo, è per i contratti.. «Spero prevalga il buon senso, la responsabilità. Abbiamo il dovere di dare risposte ai lavoratori e agli imprenditori».

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Il nostro giudizio è complessivamente positivo, alcune richieste degli imprenditori sono state ... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il nostro giudizio è complessivamente positivo, alcune richieste degli imprenditori sono state accettate. Ma sono misure non risolutive, bisognerà fare ancora di più». Emma Marcegaglia commenta così le misure varate dal Governo. Tra le misure positive il presidente di Confindustria cita, oltre alla Tremonti-ter, l'istituzione di commissari ad acta per le grandi infrastrutture di reti e la norma per calmierare il prezzo del gas. Positivi anche, «gli interventi che aiutano a gestire la coesione sociale» e i primi provvedimenti per il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione. «I benefici del decreto si vedranno a settembre, quindi velocemente», ha osservato Marcegaglia. «È una prima risposta all'emergenza bisognerà vedere gli impatti e poi continuare le riforme e concretizzarle». E che sia emergenza, non c'è dubbio. Globale, con ricadute sull'economia reale e sul sociale («i disoccupati nel mondo diventeranno 56 milioni»). «Non professiamo panico, nè ottimismo. Siamo pragmatici, concreti». Ripete, Marcegaglia, che c'è qualche segnale di recupero, in Cina, negli Usa, ma anche in Europa, in Italia (la fiducia dei consumatori ritrovata, la produzione industriale a giugno a +0,3%). «Non c'è ripresa, ma non cadiamo più». Con questo, non va «abbassata la guardia»: rischiamo, spiega, «di perdere un terzo del sistema produttivo per asfissia finanziaria». Che fare? A livello globale, va bene ridisegnare le regole dei mercati finanziari e delle economie, ma attenti all'«iper-regolamentazione». Le banche? «I banchieri devono tornare a fare i banchieri, a sostenere l'economia reale». Quanto all'Italia, se vuole crescere solidamente e guardare al medio termine, deve anzitutto avere i «conti a posto». Marcegaglia affronta anche il discorso dell'accesso al credito: «Banche, state vicino alle imprese serie, guardate anche alla loro storia, non solo ai bilanci». Servono provvedimenti, ma occorre anche e soprattutto che quelli già varati, come il fondo garanzia per le piccole imprese, «diventino concreti»: subito, «tra un paio di giorni, non fra un anno». In rapida carrellata, ben venga inoltre la volontà del governo di far rientrare la «vergogna nazionale» dei pagamenti dell'amministrazione pubblica (ma restano fuori i crediti della Sanità) e l'impegno di ulteriori stanziamenti, se ve ne fosse bisogno, per gli ammortizzatori sociali (che funzionano: «L'Italia è al mondo il Paese che ha licenziato di meno durante questa crisi»): «Noi i soldi li chiederemo». Significativa anche la detassazione degli utili reinvestiti, perché sostenere gli investimenti privati aiuta la domanda interna e la ricerca. Anche il pubblico, però, devo investire: sì, allora, alle grandi opere, che creano occupazione, imprese. «Ma basta con i veti, i comitati del no: ben vengano i commissari ad acta, per avviare i lavori, che nel caso delle reti energetiche significa anche uno sconto per le aziende di 1,6 miliardi di euro sulla bolletta». Positive, infine, le liberalizzazioni, come quella del «gas release», che vedrà l'Eni liberare 5 miliardi di metri cubi di gas per le imprese «a un prezzo inferiore a quello di mercato». L'ultimo richiamo, è per i contratti.. «Spero prevalga il buon senso, la responsabilità. Abbiamo il dovere di dare risposte ai lavoratori e agli imprenditori».

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Futuro incerto per Neograf e Rotoflex (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Dubbi sulla cessione delle società Futuro incerto per Neograf e Rotoflex Nonostante l'incontro tra i sindacati e l'assessore regionale al Lavoro Angela Migliasso, che si è tenuto ieri a palazzo Lascaris, non diminuisce la preoccupazione per la Neograf di Moretta, che produce carte per l'imballaggio e il confezionamento degli alimenti, e la Rotoflex di Casalgrasso, altra azienda del gruppo. Le due società sono in crisi finanziaria a causa, sostengono i dirigenti, della stretta del credito delle banche, della diminuzione delle commesse e per il ritardo nei pagamenti da parte di alcuni clienti. «Per quanto riguarda la Rotoflex - dice Giorgio Ciravegna, della Cisl - secondo la proprietà è imminente la cessione dell'azienda a una multinazionale olandese. Ma sono cauto, per non dire pessimista: dovrebbe essere imminente, ma per il momento nulla sta accadendo. Per la Neograf, i titolari dicono di avere avviato le trattative con una finanziaria che dovrebbe anche in questo caso acquistare l'azienda: ma non è stato presentato alcun piano industriale e finanziario, né si conoscono le risorse a disposizione». Intanto, i lavoratori stanno organizzando un presidio dello stabilimento e lunedì verranno distribuiti volantini in paese.

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il lato oscuro dei mercati - alessandro penati (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia IL MERCATO IL LATO OSCURO DEI MERCATI La riforma europea è complessa, farraginosa e richiederà tempi lunghi ALESSANDRO PENATI L´Unione Europea ha appena varato la riforma della regolamentazione finanziaria. Una costruzione complessa, farraginosa, e che richiederà tempi lunghi. Sostanzialmente, recepisce le raccomandazioni del Rapporto de Larosière (RdL), nel quale però il funzionamento e l´organizzazione dei mercati ricevono un´attenzione marginale: solo una delle 30 raccomandazioni, infatti, è dedicata a questo argomento. Diversamente, la recente riforma di Obama attribuisce grande rilevanza alla regolamentazione dei mercati. L´organizzazione degli scambi finanziari non è materia solo per addetti ai lavori: l´attuale crisi è nata e cresciuta nel mare di strumenti derivati e titoli cartolarizzati negoziati over-the-counter (Otc), cioè compravendite effettuate direttamente tra due controparti (principalmente banche), al di fuori dei mercati organizzati e regolamentati. Quattro i rischi degli strumenti Otc. Il rischio controparte. Il rischio liquidità: mancando un mercato organizzato ed efficiente, le transazioni possono avvenire a prezzi molto distanti da quelli stimati (e contabili). Il rischio sistemico: senza concentrazione degli scambi, nessuno può conoscere l´esposizione complessiva (e la leva) nei confronti di uno strumento; e il rischio di abusi: la scarsa trasparenza consente valorizzazioni arbitrarie e manipolazioni di ogni sorta. La concentrazione di tutte le transazioni Otc (non solo i derivati) presso un´unica stanza di compensazione (Central Clearing House, CCH) e il trasferimento degli scambi su mercati organizzati e regolamentati, dovrebbe essere una priorità dei governi europei. Una CCH, frapponendosi in tutte le transazioni, elimina il rischio controparte; impone agli intermediari di versare margini di garanzia, fissando un tetto alla loro leva; fornisce valori di riferimento, limitando il rischio di manipolazioni contabili; e permette di conoscere l´esposizione complessiva ai rischi del mercato. Il RdL si limita timidamente ad auspicare una CCH europea per i soli credit default swaps, rimandando la materia alla costituenda Autorità Europea di Supervisione. Sarà troppo poco, troppo tardi. Lo sviluppo dei mercati Otc riflette l´enorme potere di poche grandi banche che li hanno creati e li controllano: concentrando al proprio interno le negoziazioni, riescono a spuntare margini elevati, acquistano una grande forza contrattuale nella determinazione dei prezzi, e possono creare la leva che vogliono. Grazie alla direttiva Mifid, in Europa le banche possono anche promuovere e gestire mercati organizzati in diretta concorrenza con le Borse, ed effettuare al proprio interno grandi transazioni, anonimamente, e senza trasparenza di prezzo (dark pools). Non bastasse, 11 grandi banche vogliono ora comperarsi LCH. Clearnet, la più grande CHH europea. Così, diminuisce la trasparenza e aumenta il rischio di contagio tra mercati finanziari e banche. Bisognerebbe evitarlo, ma temo manchi la volontà: Borse e investitori istituzionali non protestano perché la loro attività dipende dalle maggiori banche; e per governi e banche centrali, il rafforzamento dei bilanci bancari è oggi prioritario, anche se passa per extra profitti da trading e commissioni salate. Il problema tocca l´Italia. Le nostre banche sono poco esposte ai derivati Otc: che però li hanno venduti massicciamente a risparmiatori (obbligazioni strutturate e polizze vita), enti locali, e imprese. Come nella riforma Obama, dovrebbe essere vietata la vendita di strumenti Otc a chi non è finanziariamente sofisticato. Inoltre, Borsa Italiana opera una CCH efficiente e competitiva, ma locale: grazie alla visibilità internazionale del suo azionista di controllo (Borsa di Londra), ha oggi la grande opportunità di esportare i suoi servizi. L´aperto sostegno delle autorità italiane sarebbe utile. Si è parlato spesso di promuovere la piazza finanziaria italiana: ecco un´occasione per farlo veramente.

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consob, dimissioni di cardia ma palazzo chigi le respinge - luca iezzi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia Consob, dimissioni di Cardia ma Palazzo Chigi le respinge Comunicazione finanziaria, scontro nella commissione LUCA IEZZI ROMA - Il presidente della Consob Lamberto Cardia si è dimesso, ma il consiglio dei ministri gli ha confermato la fiducia e ora il terremoto si sposta all´interno della commissione. La vicenda esplosa ieri con il tentato addio del presidente dell´Autorità dei mercati finanziari si trascina da mesi e riguarda l´obbligo di pubblicazione delle comunicazioni che riguardano la vita delle società quotate e delle compagnie di gestione del risparmio. La Consob, nel recepire la direttiva europea "transparency" ha deciso che gli avvisi societari - ad esempio convocazioni di assemblee, prospetti informativi, pubblicità di documenti contabili e la quotazione dei fondi comuni - abbiano Internet come mezzo di diffusione principale. Ogni documento che ora ha l´obbligo di essere pubblicato sulla carta stampata avrebbe avuto tempi di "migrazione" sulla rete diversi. Ma comunque, trascorso un periodo di transizione di due anni, le società avrebbero del tutto evitato il passaggio della pubblicazione su carta. Ad esempio, le sgr italiane regolate da Banca d´Italia già non sono più obbligate a passare dai quotidiani (anche se molte hanno mantenuto questo canale di comunicazione con i clienti), mentre le concorrenti straniere hanno dovuto aspettare la decisione della Consob. Il passaggio al web è consigliato sia dall´Unione europea sia dall´associazione delle consob europee Cesr (committee of european securities regulators). Il canale telematico riduce i costi per le società quotate e in più rende le informazioni accessibili nello stesso momento da tutti i paesi dell´Unione. Ma esistono anche delle controindicazioni, come conferma la reazione degli editori italiani, che ogni anno ottengono dal mercato degli annunci legali ricavi per circa 50 milioni di euro. Sono infatti fondate le perplessità sulla diffusione di Internet tra gli utenti e il rischio che tali documenti e annunci, una volta confinati sulla rete, siano accessibili ai risparmiatori. I primi tentativi fatti da società italiane di una comunicazione solo telematica non hanno fornito risultati positivi Non a caso altre commissioni di borsa europee, come quella francese, hanno deciso di mantenere l´obbligatorietà di entrambi i canali. Il regolamento della Consob è stata impugnato dalla Fieg di fronte al Tar, e le preoccupazioni degli editori sono state fatte proprie dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato che a fine maggio hanno adottato una posizione comune, invitando il governo a intervenire in via legislativa modificando direttamente il Testo unico della Finanza. Le tensioni hanno ulteriormente acceso i contrasti all´interno della commissione (formata da Paolo di Benedetto, Vittorio Conti, Michele Pezzinga e Luca Enriques): Cardia ha tentato di adeguare la delibera al dettato del Parlamento senza attendere una decisione dell´esecutivo. La mediazione tra i commissari (si è pensato anche ad una sospensione del regolamento Consob in attesa delle modifiche di legge) è fallita e così il presidente, trovatosi in minoranza, ha messo sul piatto le dimissioni. Le parole del governo rafforzano Cardia che ha ancora un anno di mandato (i commissari Consob non sono rieleggibili): «Il Cdm ha confermato la propria piena fiducia al Presidente Cardia, esprimendo apprezzamento per il suo operato, in particolare per il suo atteggiamento di rispetto istituzionale verso il legislatore» recita il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi.

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ALLE ORIGINI DEL DECLINO (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

ALLE ORIGINI DEL DECLINO Rossana Rossanda La diagnosi dello stato della politica in Italia è semplice: metà dei cittadini si è astenuta alle elezioni europee, ai ballottaggi delle amministrative, e al referendum molto di più. Il quadro è simile in tutta Europa. I socialisti hanno perduto dovunque, il parlamento europeo è largamente di centro destra. Le sinistre radicali sono più deboli del previsto, quelle italiane sono scomparse di scena. In Italia è assente una socialdemocrazia, indebolita altrove. Dovunque spunta o si rafforza una destra estrema. Il segnale è opposto a quello venuto dagli Stati uniti, e infatti in Europa per nulla raccolto. In Italia Berlusconi non supera, come sperava, il 35% ed è meno forte di un anno fa. La Lega va al 10, sono inseparabili. Fini gioca un gioco suo. Se questo porterà a una crisi di governo, sarà prodotta e gestita dalla maggioranza (e appoggiata dal Vaticano, via Casini). La minoranza è divisa fra un Ad in calo, diviso e confuso e una sinistra radicale in briciole. Neanche i Verdi sembrano fuori dalla crisi, malgrado che Obama negli Usa e molti in Europa vedano nell'ecologia un investimento necessario e un valore-rifugio. L'opzione bipartitica che era stata comune a Berlusconi e Veltroni è caduta. 1.Se su questo quadro sintetico siamo d'accordo, resta da vedere se si condivide il perché di questo esito. A mio avviso per l'Italia esso va cercato lontano, nell'arco della mia generazione, che d'altronde non è più che un momento storico. Infatti il disastro di oggi appare più grande in quanto la sinistra del dopoguerra è stata più forte che altrove. Mai stata maggioranza, come ha osservato Norberto Bobbio, anche perché era rappresentata, in un paese tenuto fuori dal crogiuolo degli anni venti e trenta in Europa, da comunisti e socialisti e un forte sindacato, che hanno schiacciato, fra se stessi e la D.C., una interessante terza forza (Giustizia e Libertà). Questa forma presa dalla sinistra, dalla resistenza al 1956, è alquanto diversa dalle altre in occidente. I socialisti e i comunisti, liberi dalle contese degli anni trenta coperte dal fascismo, sono ancora uniti e i comunisti appaiono salvo alla Dc e al "partito americano"- abbastanza svincolati dall'Urss (concepita peraltro anch'essa non come un pericolo incombente) . Così dopo il 1956 e la divisione con il Ps, il Pci supera gradualmente, in quantità e qualità di ascolto, il già più forte Pcf, facendo propria una larga frangia d'opinione. E' difficile separare da esso la messa a fondamento del senso comune repubblicano, costituzionale, antifascista; e questo, perlopiù, colorato di un ombra di concezione classista (vivissima nella resistenza anche in Giustizia e Libertà e poi nel cattolicesimo di Dossetti e della corrente di Base della Dc). 2.Il quadro muta negli anni sessanta-settanta, in corrispondenza alla grande modernizzazione del paese nella composizione sociale, produttiva e culturale. Il Ps ha mutato fronte, ne Pci si apre un dibattito, il sindacato cresce e muta la sua struttura di base, un'area di sinistra radicale comincia a apparire separata dai comunisti, che però crescono di peso. Il corto circuito è determinato dal movimento del 1968. Diversamente dal resto d'Europa esso si verifica in presenza di un forte partito comunista che non lo attacca frontalmente, ma del quale esso chiude l'egemonia. Il 1968 ha in Italia una coda lunga un decennio. Come in nessuna parte altrove, ha modificato diversi parametri della cultura, ha prodotto la densa politicizzazione dei gruppi extraparlamentari diversa da quella del movimento comunista, ha indotto un vasto associazionismo che si vive come controcultura e contropotere. CONTINUA|PAGINA10 È una seconda e tumultuosa modernizzazione del paese che si colloca a sinistra del Pci ma non riduce la sua forza nell'opinione di massa, anzi. I comunisti arriveranno a un terzo dei voti, il sindacato è forte, l'intellettualità è come non mai politicizzata e diffusa. Il «movimento» critica Pci e Cgil ma trascina l'appartenenza al sindacato (il più modificato) e il voto al Pci; le elezioni del 1975 danno alla sinistra tutte le grandi città. Questa tendenza non sembra intaccata dal compromesso storico (1973), poco percepito a livello di opinione. È come se soltanto l'astensione comunista del 1976 verso il governo Andreotti ne rivelasse il vero senso. È in quell'estate che si spezza ogni speranza delle minoranze di movimento, il movimento stesso si divide e una piccola parte di esso (non occorrono molti per sparare) va davvero sulle armi (omicidio di Coco a Genova). Tuttavia l'elettorato sosterrà sempre maggiormente il Pci fino alla morte di Berlinguer, il quale peraltro fa, negli ultimi anni, e isolato dal resto del gruppo dirigente, una virata a sinistra. 3. Tardiva. Sul piano mondiale il 1968 non è sfuggito alle classi dominanti, che si riattrezzano. Il Pci non ha compreso il senso dell'abolizione del gold standard, né quello della crisi dell'energia del 1954 e tanto meno i mutamenti strutturali del capitale e delle tecnologie in atto e la ricomposizione delle strategie che ne conseguono (Trilaterale). Né ha capito realmente le soggettività che si dibattono contro di esso. Non intende neppure, se non in un breve sussulto concernente le donne, la rivoluzione passiva che si compie fin dall'inizio fra generazioni nei rapporti familiari e d'autorità. Non capisce la porta ideale dell'anticomunismo del movimento. Del tutto estraneo gli è il 1977 italiano, assai reattivo ai mutamenti del lavoro ma errato nella previsione, come non aveva capito prima il formarsi dell'estremismo delle Brigate rosse e di Prima Linea, di cui non vede altro che il pericolo che costituiscono per il suo accreditamento come forza di governo. Berlinguer pratica duramente l'emergenza inseguendo Moro, anch'egli incerto e isolato nella Dc. Negli anni ottanta il salto tecnologico è avvenuto, specie nell'informazione e in quel che ne deriva per il movimento dei capitali e per la finanziarizzazione, ma i comunisti leggono solo in termini di politica antisovietica la restaurazione di Thatcher e Reagan, sottovalutano la stagnazione dell'Urss di Breznev, non capiscono il tentativo di Andropov, esitano su Solidarnosc in Polonia come avevano esitato su Praga; la berlingueriana «fine della forza propulsiva» del 1917 arriva quando la scomposizione del Pcus è ormai avanzata e tutti i rapporti con il dissenso ancora di sinistra dell'est sono stati mancati. Così fino a Gorbaciov. Con Craxi e poi con la morte di Berlinguer è già andata molto avanti, anche se non in termini elettorali, la crisi del Pci e comincia quella della Cgil. La fine della prima Repubblica è soprattutto la fine loro. 4. Negli anni ottanta il movimento del '68 si chiude del tutto, abbattuto assieme alle Brigate Rosse, con le quali pur non aveva avuto a che fare, il radicalismo e anche l'estremismo essendo una cosa, passare alle armi un'altra. Si forma e struttura, di nuovo, soltanto il filone del secondo femminismo. Con il 1989 la crisi del Pci semplicemente si compie, la «svolta» induce un altro partito, idealmente e organizzativamente, e si fa senza una rivolta di base. Rifondazione nasce come un ritorno a ieri e si dibatterà senza pace sul come diventare una chiave per il domani; né il Pci né Rc fanno un bilancio storico del comunismo e della loro stessa funzione in Italia. Quella che era stata l'intera area della sinistra resta, fra disincanti e fibrillazione, mentre precipitano socialisti e comunisti. Bruscamente va in pezzi quel che era parso per venti anni senso comune, il rifiuto del «sistema». Le sinistre si restringono in piccoli gruppi, alcune si affinano, non riusciranno o forse non vorranno più unificarsi. Da allora una perpetua discontinuità produce spezzoni di movimento puntuali e perlopiù incomunicanti. Il sussulto di quello enorme per la pace e poi del sindacato al Circo Massimo non daranno luogo a una ripresa costante, anche per il senso di impotenza che deriva dalla nullità del loro risultato. 5. L'89 è tutto gestito dalla ripresa del capitale e nella sua forma prekeynesiana. L'ideologia dei Fukujama e degli Huntington - fallimento ab aeterno del socialismo e inevitabile scontro di civiltà - colpisce a fondo la sinistra storica, che patisce i fallimenti dei socialismi reali, non li affronta e si arrende; le socialdemocrazie altrove e gli ex comunisti in Italia praticano con zelo e pentimento le politiche liberiste. Ma anche le culture diffuse delle sinistre radicali galleggiano a fatica. Molte percezioni del '68 si rovesciano su se stesse nel risentimento verso quel che il movimento operaio, già venerato, non ha compreso: ha sacrificato la persona alla collettività, l'individuo al partito, il conflitto dei sessi all'«economicismo», la terra allo sviluppo devastatore. Ha sottovalutato la dimensione del sacro, dell'etnia, dei cicli. Ha glorificato la ragione contro l'emozione, l'occidente contro le diversità, l'avvenire rispetto al presente. Il postmoderno ha dato una mano. Questa è la tendenza maggioritaria.Restano, ma molto minoritari, alcuni movimenti. La trasmigrazione verso l'ecologia è la più forte. La precipitazione della politica nella corruzione e nella bassezza e l'emersione di Berlusconi non trovano freno. L'area già comunista e socialista non tenta neppure un riallineamento verso la socialdemocrazia. La spoliticizzazione segue alla delusione; si vive nell'oggi perché è dannata la memoria del passato e non si sa che cosa volere per il futuro. Incertezza, risentimento, paura. Protezionismo degli ancora occupati davanti a una crisi che non intendono. Mai, per parafrasare Guicciardini, la gente italiana è stata così infelice e così cattiva. 6. Se «sinistra» ha avuto un senso nel XIX e XX secolo era libertà, eguaglianza, fraternità, declinate nell'eredità della rivoluzione francese. La prima nell'idea di democrazia, la seconda da Marx, la terza (diversamente dal senso che aveva avuto nel 1789) come solidarietà fra gli umani. Esse percorreranno fra le tragedie tutto il XX secolo. Il loro rifiuto non significa che sia avvenuta una rideclinazione. Significa il ripiegamento dalla libertà all'individualismo e il volgere il bisogno di appartenenza verso categorie metastoriche (religioni, nazionalismi, etnie e altre presunte origini). Significa negare l'eguaglianza di diritti (e non solo né tanto nell'interpretazione che ne dà parte del movimento delle donne) e fare dell'affermazione del più forte il principio e motore della società. Significa affogare la fraternità nell'odio e nella paura dell'altro e del diverso. Berlusconi e Bossi sono inimmaginabili negli anni '60. Questa è oggi la metà dell'Italia che parla.L'egemonia è passata a destra. La sua affermazione segnala una rivoluzione antropologica prima che politica. La degenerazione della politica ne è concausa e conseguenza. Almeno se politica significa, non marxianamente ma arendtianamente, «preoccuparsi del mondo». Di questo rozzo tentar di delineare il quadro vorrei discutere.

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Dall'Italia alla fragile economia mondiale (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

MATERIALI Dall'Italia alla fragile economia mondiale (ombre corte). La letteratura anche soltanto in lingua italiana sulla crisi è sterminata. Vale dunque la pensa segnalre solo alcuni dei titoli usciti negli ultimi due anni. «Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l' economia» di Luciano Gallino (Einaudi); «La crisi. Può la politica salvare il mondo?» di Alesina & Giavazzi, (Il saggiatore); «La veduta corta» di Tommaso Padoa Schioppa& Romano Beda, (Il Mulino); «La resa dei conti» di Carlo A. Martigli (Castelvecchi); «I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte» di Marco Onado (Laterza); «Come si esce dalla crisi finanziaria» di Alberto Berrini (Bollati Boringhieri); «La crisi economica mondiale. Dieci considerazioni» di Gliulio Sapelli (Bollati Boringhieri). Proposte di ristrutturazione del settore pubblico si trovano in «Invertire la rotta» (volume collettivo curato da Mattei, Reviglio, Rodotà (Il Mulino); «La moralita' del welfare» si Laura Pennacchi (Donzelli); «Il diritto pubblico fra crisi e ricostruzione» di Alberto Lucarelli (La Scuola di Pitagora). Infine vanno anche segnalati gli ultimi due numeri della storica rivista «New Left Review» che ha dedicato alla crisi molto spazio (www.newleftreview.org) e al volume collettivo «Crisi dell'economia globale»

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Iran, il G8 . Nessuna condanna (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 5 Iran, il G8 «deplora». Nessuna condanna Al vertice di Trieste linea morbida di Usa e Russia. Ma Obama avverte: «Dialogo a rischio» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE Suda Sergej Lavrov sotto il tendone-sauna, quanto deve aver sudato per evitare che nel testo saltasse fuori la parola «condanna». I ministri degli Esteri del G8 siedono assieme per presentare i venti punti del documento finale. Del numero «6» (l'Iran) è stata negoziata ogni frase. I Paesi «deplorano la violenza post-elettorale ed esprimono solidarietà a chi ha sofferto per la repressione». Lanciano un appello al regime perché «rispetti i diritti umani fondamentali, compresa la libertà di espressione». La giornata diplomatica parte con la «foto di famiglia», 8.30 in piazza Unità d'Italia. Alle spalle il porto di Trieste, davanti ancora ore da dedicare alle trattative. Il francese Bernard Kouchner lo ribadisce prima di posare sul palco: «E' chiaro che le posizioni sono diverse ». La Russia spinge perché la dichiarazione del vertice «non isoli Teheran, sarebbe un errore ». Lo sforzo è mantenere l'unità degli Otto. «Abbiamo condannato le uccisioni e la repressione, senza se e senza ma», commenta il ministro Franco Frattini. Ripete che la comunità internazionale non vuole interferire nel processo elettorale, ammette «se dovessi dire oggi chi sia il vincitore, non potrei: non ho in mano gli elementi che hanno le autorità iraniane. Rivolgiamo un appello perché i risultati siano accertati ed emerga la reale volontà del popolo». L'americano William Burns è a Trieste perché Hillary Clinton un braccio fratturato non è potuta venire. E' lui a mettere la faccia (e i baffi) sulla posizione degli Stati Uniti. Nelle trattative con i ministri degli Esteri, Burns avrebbe mantenuto una linea morbida. Tutti vogliono lasciare una porta aperta al negoziato sul nucleare. «Restiamo impegnati a trovare una soluzione diplomatica alla questione del programma atomico recita il testo stilato dal vertice . Riconosciamo il diritto dell'Iran al nucleare civile e allo stesso tempo temiamo i rischi di proliferazione delle armi». Da Washington, Barack Obama usa parole più dure del suo inviato. Risponde ad Ahmadinejad: «Non prendo sul serio la sua richiesta di scuse. Dovrebbe piuttosto pensare agli obblighi nei confronti del suo popolo. Alle persone che sono state uccise, ferite, picchiate. Noi vediamo questa violenza e la condanniamo». Parla di «rischi » per i tentativi di dialogo diretto, che finora ha sempre sostenuto: «Non ci sono dubbi che terremo conto degli avvenimenti di queste settimane». Teheran ha accusato ieri gli Stati Uniti di aver negato il visto al vicepresidente Parviz Davoudi e alla sua delegazione, che avrebbe dovuto partecipare a tre giorni di conferenza sulla crisi finanziaria globale, organizzati a New York dalle Nazioni Unite. Davide Frattini Foto di gruppo Il «ministro degli Esteri» Ue Javier Solana, il britannico David Miliband, il sottosegretario Usa William Burns (Hillary Clinton era assente per una frattura al braccio, il francese Bernard Kouchner, il canadese Lawrence Cannon, Franco Frattini, il giapponese Hirofumi Nakasone, il tedesco Frank-Walter Steinmeier, il russo Sergej Lavrov, il ceco Jan Kohout e la commissaria Ue Benita Ferrero-Waldner (Ap/Paolo Giovannini) Veglia per l'Iran Candele a Vancouver, Canada (Reuters) Avvertimento Il presidente Usa: «Non ci sono dubbi che terremo conto degli avvenimenti di queste settimane»

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Indici in calo, giù Lottomatica (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici in calo, giù Lottomatica Ancora un ribasso per le Borse europee, sulle quali ha influito l'avvio negativo di Wall Street. Quanto a Piazza Affari, nell'ultima seduta della settimana l'indice Ftse-Mib ha ceduto lo 0,58% e l'Ftse Italia All Share lo 0,4%. In frenata gli scambi, per un controvalore di circa 2 miliardi di euro. Fra i valori dell'Ftse-Mib la maglia nera tocca a Lottomatica, il cui prezzo di riferimento è sceso del 4,79%. Le vendite sul titolo sono scattate dopo la stretta imposta dal governo sul rilascio delle concessioni per giochi e lotterie, che secondo alcuni potrebbe mettere in discussione lo stesso rinnovo della concessione sul Gratta & Vinci, in scadenza il prossimo anno. Gli altri due maggiori ribassi riguardano invece la Banca Popolare di Milano (-2,34%) e Unicredit (-2,26%). D'altra parte il comparto bancario si è mosso ieri senza una bussola precisa. E, accanto a titoli sostanzialmente fermi ( Mediobanca -0,3%, Intesa-Sanpaolo -0,55%), hanno messo a segno buoni rialzi sia Ubi Banca (+1,26%), rimbalzata dopo la frenata della vigilia, sia soprattutto Banco Popolare (+2,17%), che ha beneficiato delle dichiarazioni dell'amministratore delegato Saviotti riguardo alla sottoscrizione del primo Tremonti-bond e al programma di cessioni dell'istituto. La migliore performance in assoluto, sempre nell'ambito dei titoli principali, l'ha tuttavia messa a segno Buzzi-Unicem, che ha registrato un progresso del 2,79%, in linea con l'andamento positivo del settore cementifero in Europa e negli Usa. Buzzi-Unicem Il risveglio del comparto cementiero in Europa spinge Buzzi-Unicem

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L'aumento di capitale punisce Ubs (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 Il caso a Zurigo L'aumento di capitale punisce Ubs (g.fer.) La perdita annunciata per il secondo trimestre 2009 e, soprattutto, la richiesta di nuovi capitali al mercato per farvi fronte, sono le cause della caduta di ieri di Ubs alla Borsa di Zurigo. Al termine delle contrattazioni, il titolo del colosso bancario elvetico ha registrato una perdita del 5,37%, a 13,22 franchi svizzeri. Particolarmente elevati gli scambi: sono passate di mano ben 86,5 milioni di azioni, contro una media giornaliera degli ultimi tre mesi di 19,2 milioni. L'aumento di capitale annunciato ammonta a 3,8 miliardi di franchi. Al collocamento parteciperanno alcuni investitori istituzionali. Oswald Grübel ceo di Ubs

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Areva, lo Stato scende e il titolo frena (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 27/06/2009 - pag: 33 Il caso a Parigi Areva, lo Stato scende e il titolo frena (g.fer.) Frenano alla Borsa di Parigi le azioni di Areva, che in chiusura hanno segnato un calo del 3,51% a 403 euro, dopo aver toccato nel corso della seduta un minimo di 384,72. Secondo indiscrezioni, il governo francese si appresterebbe a vendere il 15% delle azioni del gruppo nucleare ad alcuni partner strategici in Asia e Medio Oriente. L'operazione sarebbe accompagnata da un aumento di capitale da 2 miliardi di euro. L'annuncio potrebbe avvenire già martedì prossimo, quando è in programma il consiglio di ammini-- strazione, durante il quale si parlerà anche di strategie e investimenti per i prossimi tre anni. Anne Lauvergeon ceo di Areva

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A Genova la sfilata del Gay Pride (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Crisi

GENOVA Non solo carri, slogan e provocazioni. Alla parata dell'orgoglio omosessuale di Genova irrompe anche la crisi finanziaria. Chiedono un lavoro, infatti, alcuni dei transessuali che sfilano al corteo del Gay Pride. Uno striscione porta la scritta «dateci un lavoro per una vita dignitosa», un altro «gli italiani ci obbligano a prostituirci, vogliamo un lavoro diurno». Partito poco prima delle 17 da piazza Principe con 30.000 persone, il corteo si è ingrossato progressivamente. Molte le persone che osservano il passaggio dai marciapiedi. Quando la testa, intorno alle 17.50, era giunta in piazza dell’Annunziata, gli ultimi due dei venti carri erano ancora in piazza Principe. Tra gli altri, sfilano gli striscioni di Comunità di S. Benedetto al Porto, comunità "Lgbtqi" migrante della città, Arcilesbica, Arcigay Milano, "Agedo" - associazione dei genitori di omosessuali, Join The Gap, Arcigay Lombardia, Arcigay Bologna, il carro della comunità bear, Amnesty International, Coordinamento Torino Pride, Rete Giovani Arcigay e associazioni studentesche, Giovani Democratici, Umanisti, Associazione Radicale Certi Diritti, Mama Mia, Virgo Club, Queever, Travelgay. Sui carri adorni di palloncini colorati e lungo il percorso donne e uomini ballano in costumi variopinti, molti sono travestiti e transessuali, uno ha costume in due pezzi e corna da diavolo rossi e ali bianche da angelo. Un Gesù Cristo seminudo, con corona di spine in testa, occhi bistrati e piaghe colorate di rosso, trascina una croce rivestita di specchi e una roccia di cartapesta da cui spuntano mani rosse. Lo segue una Madonna vestita di azzurro. La manifestazione si concluderà in serata in piazza De Ferrari. L’happening finale sarà condotto da Vladimir Luxuria. Dopo il corteo la giornata proseguirà con party musicali, feste di piazza, iniziative culturali in otto luoghi della città. «Più di 200 mila in piazza. La manifestazione sta oltrepassando le nostre previsioni» dice il presidente nazionale dell’Arcigay Aurelio Mancuso. «A parte le nostre famiglie Arcobaleno ci sono tanti bambini e famiglie eterosessuali. Genova è scesa in strada ed entra nel nostro corteo pian piano».

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Scoperti sei nuovi evasori totali (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

GUARDIA DI FINANZA. LA FESTA PER IL 235° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE Scoperti sei nuovi evasori totali [FIRMA]DANIELE GENCO POLLEIN Nei primi sei mesi del 2009 sono stati scoperti sei evasori totali, sconosciuti al fisco. Il dato è stato annunciato ieri dal generale Antonio Carelli, comandante della guardia di finanza, alle celebrazioni per il 235° anniversario di fondazione del Corpo nella caserma di Pollein. Nello stesso periodo le Fiamme gialle hanno portato a compimento 71 verifiche sostanziali e 106 controlli per contrastare l'evasione fiscale, recuperando redditi non dichiarati per oltre 2 milioni e 400 mila euro. Inoltre su richiesta della Corte dei Conti è stato accertato un danno erariale di un milione di euro. Per il lavoro sommerso sono state 13 le violazioni, 4 i lavoratori completamente in nero, 18 quelli irregolari. Durante la cerimonia sono stati premiati gli uomini del Soccorso alpino di Entrèves e Cervinia che hanno effettuato 31 interventi, soccorrendo 41 persone (16 illese, 23 ferite, 2 decedute). Riconoscimenti anche per il Nucleo tributario di Aosta, che si è occupato di una delicata inchiesta di bancarotta fraudolenta, e per i militari di Entrèves, che hanno recuperato centinaia di prodotti contraffatti. La giornata è stata anche l'occasione per annunciare che la nuova caserma di via Clavalité ad Aosta sarà operativa entro la fine di settembre e sarà intitolata a Eliseo Giovanni Luboz di Introd, medaglia di bronzo al valor militare (ieri c'erano anche i nipoti, Pierino e Mario Luboz). La struttura è quasi ultimata. Ma già il 15 luglio, nello spazio esterno della caserma, ospiterà la cerimonia del passaggio di consegne tra il generale Carelli e il suo successore, il generale Angelo Massa, 59 anni, originario di Frosinone e responsabile del Dipartimento della Protezione civile. Il comandante uscente ha sottolineato lo sforzo profuso dai suoi uomini: 260 tra ufficiali, sottufficiali e militari distribuiti tra il comando di Pollein e le tenenze di Cervinia, Entrèves, Gran San Bernardo e Verrès. Carelli ha poi parlato di rispetto delle regole, sicurezza del mercato, globalizzazione e tutela della collettività: «La crisi finanziaria internazionale - ha detto - ha avuto pesanti ripercussioni sulle attività economiche». Un elogio è stato espresso sulle concrete misure anti crisi varate dal governo valdostano, volte a sostenere il potere di acquisto e rilanciare la competitività del sistema produttivo locale. Carelli ha poi concluso: «In ogni frangente e in ogni atto di servizio istituzionale i finanzieri che operano in Valle d'Aosta sono sempre stati all'altezza delle aspettative, per professionalità ed equilibrato rigore». Ed entrando nel merito dei numeri dell'attività, il generale ha ancora sostenuto che tocca alle fiamme gialle «garantire l'equità fiscale, prevenire e reprimere le truffe, contrastare il lavoro nero, il mercato dei falsi e le forme di criminalità economica organizzata».

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[FIRMA]STEFANO LEPRI ROMA Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. &... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

[FIRMA]STEFANO LEPRI ROMA Attenzione, l'instabilità finanziaria non è finita. «Abbiamo notato segni di miglioramento» nell'economia del mondo e in «alcuni» mercati finanziari, ma le banche non hanno ancora i bilanci a posto, e non appaiono ancora solide abbastanza per fornire alle imprese tutto il credito che servirà alla ripresa. Questo è il messaggio al mondo del Financial Stability Board, nuova e potenziata versione del coordinamento internazionale presieduto da Mario Draghi. Non siamo ancora «out of the woods», alla lettera fuori dal bosco, in metafora fuori dai guai, ha detto il governatore della Banca d'Italia dopo la riunione inaugurale del Fsb (ex Fsf) a Basilea. «Se guardiamo ai principali indicatori del mercato finanziario, ovvero gli spread e la volatilità - spiega - siamo tornati a prima del fallimento di Lehman Brothers, ma non a prima della crisi»; e «dobbiamo fare in modo che un crac come quello di Lehman non possa ripetersi». Prima che i «recenti segni positivi» possano trasformarsi in «una crescita economica sostenibile», occorre ancora lavorare, sostiene Draghi: «Risolvere i problemi nei sistemi finanziari, rafforzare la loro resistenza»; «Molto è stato fatto ma non è il momento di fermarsi». La soluzione non potrà che essere collettiva e concordata; se ogni Stato facesse a modo suo, le grandi banche potrebbero tornare a scegliere le piazze con le norme più permissive. Draghi annuncia che il Fsb ha un piano. Non solo le nuove regole internazionali per la finanza dovranno essere omogenee, in modo da evitare «una ri-nazionalizzazione dei mercati dei capitali»; dovranno anche diventare più stringenti ovunque. Il Fsb, riunito per due giorni a Basilea, ha «discusso un meccanismo per promuovere una corsa verso l'alto nell'attuazione di nuovi standard normativi»; lo proporrà ai capi di governo del G-20 nella loro prossima riunione, in settembre a Pittsburgh. Draghi ripete che non è ancora il momento di adottare una «strategia di uscita» dalla crisi («exit strategy»), che consisterebbe nel disfare le misure di emergenza adottate dai governi e banche centrali. Bisogna sì progettarla, per rassicurare il mondo che non si sceglierà la scorciatoia dell'inflazione; ma il momento di adottarla verrà soltanto «quando la fragilità del sistema sarà riparata». Retroscena paradossale è che a insistere su una «exit strategy» (in pratica tagli alle spese o aumenti delle tasse, per le banche centrali rialzo dei tassi) è solo il governo tedesco; mentre corre voce che proprio in Germania le banche non abbiano ancora completato la pulizia al proprio interno, e restino più instabili che altrove. Dentro il Fsb si è concordato di continuare a scambiare informazioni sugli «stress test» condotti da ogni Paese in segreto sulle proprie banche. I più riluttanti a rendere le norme più severe sono, si sa, i Paesi anglosassoni. Draghi ha già un ottimo rapporto con il segretario al Tesoro Usa Tim Geithner; ieri l'impegno della Gran Bretagna è stato rafforzato dalla nomina di Adair Turner, capo dell'ente di vigilanza finanziaria inglese, la Fsa, a capo del comitato permanente per la cooperazione di vigilanza nel Fsb. Sarà lui a sorvegliare che funzionino i collegi misti incaricati di sorvegliare le banche multinazionali. Con le nomine di ieri la struttura del Fsb prende forma. A valutare i rischi di instabilità presente e futura penserà un altro comitato, presieduto dall'ex governatore della Banca di Spagna, e ora direttore generale della Bri di Basilea, Jaime Caruana. Il terzo comitato, dove si controllerà che ogni Stato realizzi quanto promesso, è affidato al sottosegretario alle Finanze canadese Tiff Macklem.

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"È vero, sbagliamo Ma chi è capace a fare di meglio?" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

I MANCATI ALLARMI LE VOCI DISSIDENTI il caso Gli autori delle previsioni sotto accusa "È vero, sbagliamo Ma chi è capace a fare di meglio?" «Erano i governi, soprattutto gli Usa, a dirci di non parlare» «Qualcuno si faceva sentire, ma passava per menagramo» Gli economisti: dovevamo essere più duri ROMA Sì, le organizzazioni internazionali come il Fondo monetario e l'Ocse hanno sbagliato spesso negli ultimi tempi. Soprattutto non erano riuscite a prevedere la crisi. Ma c'è qualcun altro che si sente in grado di fare di meglio?»: Roberto Perotti, professore alla Bocconi di Milano, è uno degli economisti più critici verso la categoria a cui appartiene; al «processo agli economisti» del Festival di Trento rappresentava l'accusa. Però l'invito a tacere le previsioni gli pare «una chiacchiera da bar». Dall'interno delle organizzazioni internazionali, tuttavia, trapela una storia diversa. Un canadese e un italiano Se non hanno segnalato il pericolo per tempo, era perché i governi consigliavano il silenzio. Alcuni non credevano che il rischio ci fosse; altri rispondevano che anche se il rischio c'era non esistevano strumenti per prevenirlo. Dunque lanciare allarmi in pubblico sarebbe stato un grave errore; diffondendo paura, si sarebbe forse causata davvero la crisi che si intendeva evitare. Qualcosa di più preciso emergerà forse domani, nel rapporto annuale della Banca dei regolamenti internazionali. L'ufficio studi di questo antico club dei banchieri centrali, a Basilea, aveva denunciato da tempo l'instabilità della nuova finanza. Le prime preoccupazioni del canadese Bill White e dell'italiano Claudio Borio risalgono all'inizio del decennio. Nel loro ambiente, c'era chi li prendeva per dei tipi bizzarri, quasi dei menagramo. L'Fmi Anche il Fondo monetario internazionale, ben più importante della Bri, qualcosa l'aveva capito, insiste Luigi Guiso, docente all'Istituto universitario europeo di Firenze, redattore di lavoce.info. «Il rischio di un catastrophic meltdown, di un collasso finanziario era stato evocato dall'allora capo economista del Fmi, Raghuram Rajan, in un convegno dell'agosto 2005». Più tardi, il Fmi condusse anche studi sulla bolla dei prezzi immobiliari, avvertendo che poteva sgonfiarsi. Tuttavia i documenti ufficiali del Fmi continuavano a trasudare ottimismo. Così volevano i governi, soprattutto quello americano. Peggio: quando, a crisi finanziaria scoppiata, il Fmi nel gennaio 2008 esortò a prendere immediate misure per evitare che si trasmettesse alla produzione, l'appello cadde nel vuoto. Si disse che il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, era un socialista francese incline a riproporre vecchie politiche di sinistra; si accusò di incompetenza il capo economista Simon Johnson, che fu costretto alle dimissioni. In effetti Johnson non era riuscito a spiegare in quale modo la crisi dei «subprime» si sarebbe estesa all'economia mondiale. Sta di fatto che le misure di spesa suggerite da Strauss-Kahn a gennaio furono prese dai governi soltanto in ottobre, dopo il crack della Lehman. Perdite raddoppiate Di allarmismo furono pure accusate le prime stime del Fmi sulle perdite delle banche nel mondo, 950 miliardi di dollari; ora è certo che sono più del doppio. «Certo il Fmi e le altre organizzazioni hanno commesso errori - dice Paolo Guerrieri, professore di economia internazionale a Roma1, vicepresidente dell'Istituto affari internazionali - ma chi ha fatto di meglio? Come orienteremmo se tacessero le loro previsioni? Chi ci farebbe da bussola? E poi oggi sui numeri c'è un ampio accordo, tra centri studi pubblici e privati, ovunque». In Francia l'altro giorno Patrick Devedjian, braccio destro di Sarkozy, ha avvalorato la previsione Fmi e Ocse che i disoccupati potranno arrivare quasi al 10%. Luigi Guiso trova «grave che il governo italiano esprima dubbi sulla disoccupazione calcolata dall'Istat secondo precise convenzioni internazionali. Sostengono che non sono corrette? E quali altre ne propongono?». \

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"non siamo fuori dalla crisi l'economia è ancora fragile" - vittoria puledda (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Economia "Non siamo fuori dalla crisi l´economia è ancora fragile" Draghi: tornati ai livelli precedenti il crac della Lehman VITTORIA PULEDDA DAL NOSTRO INVIATO BASILEA - Molto è stato fatto, da quando è scoppiata la crisi. Molto è stato fatto, in termini di politica monetaria, ricapitalizzazione delle banche e sostegno all´economia, ma non siamo ancora fuori pericolo. Il chiaro messaggio è venuto ieri da Mario Draghi, a Basilea nella sua veste di presidente del Financial Stability Board, l´organizzazione che vigila sui rischi dei mercati finanziari, alla sua prima riunione allargata a 20 componenti. Se si guarda ad alcuni indicatori di mercato, ha ricordato Draghi, il mondo è più o meno tornato indietro ai livelli precedenti al fallimento della Lehman Brothers, non a quelli prima della crisi: «Noi dobbiamo fare in modo che un fallimento come Lehman non possa ripetersi». Accanto ai segnali di miglioramento del quadro macroeconomico globale, ha detto infatti Draghi, «persistono alcuni fattori di fragilità dell´economia e il processo di ristrutturazione e rafforzamento dei bilanci bancari non è ancora completato». Motivi di cautela, che fanno dire insomma che la crisi non è ancora finita e, dunque, «non è ancora il momento di attuare una exit strategy» dalle misure di sostegno che i governi hanno messo in piedi per aiutare l´economia. Perché, ha aggiunto Draghi, una exit strategy per essere credibile ha bisogno di «un sistema bancario riparato e di un´economia in ripresa»; però bisogna cominciare a discuterne, per essere preparati e muoversi in maniera coordinata. Segnali di miglioramento anche tanto realismo: non siamo ancora fuori dal tunnel. Ieri Draghi ha volutamente evitato di rispondere alle polemiche sui «catastrofisti» innescate il giorno prima da Silvio Berlusconi, sfuggendo con un sorriso alle domande dei cronisti. Ma poi, parlando della situazione internazionale, ha più volte detto che «molto è stato fatto, ma non è il momento di fermarsi». Tra i fattori positivi, Draghi ha ricordato la capacità delle banche - in particolare quelle Usa - di attrarre capitali privati ed ha anche ricordato che in alcuni settori finanziari le cose cominciano ad andare nel verso giusto. Ad esempio, è vivace il segmento delle obbligazioni societarie, mentre continuano a mostrare segni di difficoltà i prestiti bancari e le cartolarizzazioni. E, da questo punto di vista, l´agenda dei lavori e delle iniziative promosse dal Financial stability board è particolarmente ricca, anche quando si adopera per dare indirizzi ad altre strutture internazionali che poi le traducono in fatti concreti. Ad esempio, verrano rivisitate le norme per gli hedge fund, per il mercato dei Credit default swap e per le agenzie di rating (sono attese novità in settembre), così come sono in arrivo nuovi standard contabili per le valutazioni degli asset finanziari, i cui criteri verranno adottati in tempo per scrivere i bilanci del 2009. E ancora, entro il 2009, ha annunciato Draghi, il Comitato di Basilea presenterà una sua proposta integrata per rafforzare la capitalizzazione e la liquidità degli istituti di credito. Tenendo conto, nella riscrittura delle regole, della necessità di armonizzare gli standard tra le tre grandi aree degli Usa, del Giappone e dell´Europa, e di farlo al massimo livello possibile, cercando la «best practice». Inoltre, ha ricordato Draghi, il sistema di regole non deve diventare motivo per rinazionalizzare il sistema finanziario.

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nova coop sfida la recessione crescono soci, utile e fatturato (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XI - Torino Il presidente Dalle Rive: "Puntiamo a espanderci ancora" Nova Coop sfida la recessione crescono soci, utile e fatturato Nel 2008 Nova Coop, la grande cooperativa di consumatori piemontese del sistema nazionale Coop, ha realizzato un fatturato di 975 milioni (con un aumento del 9,5% rispetto all´anno precedente) e un margine operativo di 13,7 ml (+2,3 ml), pari all´1,40% (1,28% nel 2007) dei ricavi da vendite. Risultati e prospettive sono stati esaminati durante l´assemblea dei delegati svoltasi a Baveno. L´utile netto si è attestato a 1,36 milioni dopo aver spesato perdite e svalutazioni finanziarie per 53,3 milioni. Un cash flow di 41,7 milioni, costituito quindi quasi esclusivamente da ammortamenti, dimostra però che la cooperativa ha saputo far fronte alla crisi dei mercati finanziari e generare risorse. «Il nostro - ha, tra l´altro, spiegato il presidente, Ernesto Dalle Rive - non è un bilancio di contenimento, ma una sfida che guarda al futuro. E´ una scelta di trasparenza e rappresenta non un´azienda che si limita a gestire gli effetti della crisi, ma una cooperativa che pensa in grande e vuole ancora svilupparsi e continuare ad essere leader della grande distribuzione in Piemonte». Nova Coop ha 614 mila soci (un anno fa erano 576 mila), i cui acquisti rappresentano il 72% degli incassi, e 4.655 dipendenti (3.550 sono donne). La rete di vendita è formata da 14 ipermercati e 47 supermercati.

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L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA CHIAVE (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 TREMONTI, LA CRISI E LE RIFORME L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA DATA CHIAVE di MARIO MONTI N ei mesi scorsi ho espresso apprezzamento al governo, in particolare al ministro Giulio Tremonti, per la gestione, accorta e sicura, della difficile crisi finanziaria. Ho invece criticato lo stimolo apportato dallo Stato per contrastare la recessione, a mio giudizio insufficiente pur tenuto conto delle cautele imposte dall'alto debito pubblico, e la pausa nel processo delle riforme strutturali. I provvedimenti adottati venerdì dal Consiglio dei ministri, come ha osservato ieri Dario Di Vico, vanno nella giusta direzione e rispondono almeno in parte alla prima critica, sia pure con un certo ritardo. Lo spazio per misure temporanee di rilancio, senza generare reazioni negative sul mercato dei titoli di Stato, potrebbe essere significativamente maggiore se, accogliendo il secondo rilievo, si riavviasse con decisione il cammino delle riforme. Vi è ampio consenso sulla necessità, richiamata dal Governatore Mario Draghi, di «attuare quelle riforme che, da lungo tempo attese, consentano al nostro sistema produttivo di essere parte attiva della ripresa economica mondiale». È opinione diffusa che tali riforme debbano riguardare in particolare la riduzione strutturale della spesa pubblica corrente, anche attraverso la riforma delle pensioni, la formazione del capitale umano, le infrastrutture, una maggiore concorrenza per aprire i mercati e ridurre le rendite, la liberalizzazione dei servizi e specialmente dei servizi pubblici locali. In questi campi, qualche passo è stato compiuto. Ma a una marcia più decisa vengono opposte due obiezioni. Siamo sicuri che l'Italia abbia davvero bisogno di riforme? È opportuno chiedere uno sforzo di riforma durante una crisi? Su questo terreno, su queste due obiezioni, dovrebbe secondo me concentrarsi oggi il dibattito, per capire che corso debba prendere il nostro Paese. Un dibattito in buona fede, perché entrambe quelle obiezioni sono rispettabili e potrebbero essere fondate. Sul primo punto, la mia radicata opinione è che le riforme siano necessarie affinché l'Italia, dopo 15 anni di bassa crescita, conquisti una maggiore competitività, uno sviluppo più elevato e una società più equa. Rimango convinto di ciò pur considerando realistiche e importanti le osservazioni spesso formulate dal ministro Tremonti su alcuni punti di forza della struttura sociale, del sistema produttivo e perfino del sistema finanziario del nostro Paese. Questi punti di forza sono stati a lungo trascurati dagli italiani, forse per qualche complesso di inferiorità; e dagli osservatori internazionali, per la frequente incapacità di leggere realtà complesse con modelli uniformi. È bene prendere atto che certe peculiarità italiane hanno attutito l'impatto della crisi sul nostro sistema economico e sociale, adoperarsi per mantenerne gli aspetti positivi, non indulgere nella imitazione acritica di modelli altrui. Ma accanto a quelle peculiarità esistono sacche di inefficienze, di rendite, di privilegi. Se opportune riforme aprissero un po' di più al vento del mercato e della concorrenza questi orti chiusi, l'Italia ne trarrebbe vantaggio. Sarebbe assurdo pensare che questo maggiore mercato debba essere respinto solo perché altri mercati, certi mercati finanziari lasciati colpevolmente senza vigilanza, hanno screditato agli occhi di molti il mercato in sé. CONTINUA A PAGINA 10

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La lobby del carbone frena la svolta di Barack (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 La riforma dimezzata Nessuna tassa per disincentivare la produzione. Anzi sarà agevolata la costruzione di nuove centrali La lobby del carbone frena la svolta di Barack SEGUE DALLA PRIMA Questa approvazione è stata pagata dal presidente americano con ampie concessioni ai parlamentari degli Stati che dipendono fortemente dal carbone per la loro produzione di energia elettrica. È per questo che, se il voto del Congresso apre la strada a una svolta storica della politica energetica Usa (ma ora la legge andrà al Senato dove sarà ulteriormente modificata e dove la «lobby» carbonifera è fortissima), gli ambientalisti non gioiscono affatto. D'accordo, la politica è l'arte del possibile: se non accetta compromessi, Obama rischia di trovarsi senza maggioranza. Del resto la legge sull'ambiente è passata per un soffio nonostante il presidente possa contare su un'ampia maggioranza in Parlamento, perché decine di deputati democratici della destra «antistatalista» hanno deciso in blocco di votare contro. Ma, avanti di questo passo, quello di Obama rischia di diventare il riformismo delle mezze misure che serve ad arrivare in fondo alla legislatura senza troppe scosse, ma non risolve i problemi. All'inizio erano soprattutto gli economisti della sinistra radicale (da Krugman a Reich) ad accusare il presidente di non esser stato abbastanza coraggioso col suo pacchetto di stimoli fiscali all'economia. Ora, però, lo scetticismo sta crescendo per le incertezze sulla riforma della sanità e il varo di un nuovo sistema di sorveglianza dei mercati finanziari che tiene in piedi la vecchia architettura, troppo complessa e contraddittoria. Adesso è la volta dell'ambiente, un punto-chiave del programma di Obama. La distanza tra le promesse elettorali e le dure necessità economiche e della politica cresce giorno dopo giorno. Durante la campagna, il leader democratico si era impegnato a difendere le foreste dai progetti di sfruttamento economico di Bush ma, a cinque mesi dal suo insediamento, gli avvocati di Obama hanno assunto la stessa posizione di quelli del suo predecessore repubblicano nella battaglia per la protezione dei «polmoni verdi » in corso davanti alla Corte d'Appello. Quanto al «cap and trade», il disincentivo della tassazione delle emissioni non si applicherà per molti anni all'industria del carbone. Anzi, in una prima fase la costruzione di nuove centrali sarà addirittura agevolata. E siccome quella di ridurre le emissioni di questo minerale a costi ragionevoli è, per ora, solo una speranza, il rischio è che alla fine il volume dei gas-serra non si riduca affatto, nonostante il taglio che verrà ottenuto in altri settori con uno scambio di diritti già bollato dai repubblicani come «il più pesante intervento fiscale della storia americana». Il settimanale Time, che dedica un'altra copertina alla figura di Franklin Delano Roosevelt, dopo aver raccontato come il presidente della Grande Depressione usò la crisi per trasformare l'America con le sue riforme, si chiede, angosciato, se Obama riuscirà a fare qualcosa di simile. E Al Gore, che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria dei pro-Kyoto, alla fine ha preferito restarsene a casa. Casa Bianca Obama poco prima di illustrare le misure sul clima (Loeb/Afp) Massimo Gaggi

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Il sole catturato dal deserto nei piani di Germania e Italia (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 9 La storia Grazie agli incentivi del governo tedesco la quota delle energie rinnovabili ha raggiunto il 14%. Nel nostro Paese i sussidi più alti nell'area Ue Il sole catturato dal deserto nei piani di Germania e Italia Impianti in Africa per l'energia da importare in Europa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO Sembreranno file infinite di sedie a sdraio, nella sabbia del deserto del Nord Africa. Blu, come lo sono i pannelli solari. Si chiama Desertec ed è un progetto da 400 miliardi (sì, miliardi) di euro che sarà lanciato il 13 luglio a Monaco. L'idea è del gigante assicurativo Munich Re, che ha messo insieme un gruppo di imprese per realizzare un vecchio sogno: produrre energia pulita dove c'è molto sole ed esportarla in Europa. Secondo il piano, dal 2019 il Vecchio Continente potrebbe essere approvvigionato, per il 15% dei suoi consumi, da energia solare in arrivo dal Sahara. Alla conferenza ci saranno imprese come Deutsche Bank, Siemens, Rwe, E.On, il governo di Berlino, la Lega Araba, il Club di Roma, centri di studio tedeschi e probabilmente anche imprese italiane e spagnole. Una cosa seria. Non risolverà il problema della dipendenza energetica da aree politicamente instabili e non sarà facile da realizzare. Ma è il segno che il sole è pronto a fare un salto di qualità nell'economia del mondo e che la Germania dirige le danze. Nonostante il Paese non sia un paradiso tropicale, da quasi un ventennio i governi tedeschi ancor più quello in carica di Angela Merkel incentivano lo sviluppo delle tecnologie per estrarre energia dal sole. Dal 2004 in modo aggressivo. Il risultato di questa politica (e dell'amore dei tedeschi per l'ambiente) è che la Germania produce oltre il 14% dei suoi consumi elettrici da energie rinnovabili (anche vento e biomasse). Se ci fosse più sole, i risultati sarebbero straordinari. L'incentivo, simile a quello italiano ma precedente, consiste nel fatto che lo Stato compra dai privati (anche famiglie) l'energia solare prodotta con pannelli e non consumata a un prezzo più alto di quello di mercato: un sussidio per incentivare le fonti rinnovabili. Interi quartieri, ad esempio in città come Friburgo e Ulm, hanno tetti a pannelli fotovoltaici. Alcune cittadine, Marburg per dire, tendono a rendere obbligatorio il sistema solare sul tetto. Grandi aree sono dedicate allo stesso scopo: a fine 2008, un ex campo d'aviazione della Germania Est Waldpolenz è diventato il primo o secondo parco fotovoltaico del mondo: 40 megawatt. Nel Paese ci sono 160 istituti che fanno ricerca nel campo. Il primo produttore mondiale di celle fotovoltaiche è tedesco, Q-cell, e i grandi gruppi, a partire da Siemens, sono coinvolti nelle diverse fasi del processo. L'idea dei tedeschi è che quella del sole (ma anche del vento) sia l'industria del futuro, in gran parte destinata all'export. Tra dieci anni calcola il professor Eicke Weber, del Fraunhofer di Friburgo, nel campo, l'istituto forse più importante al mondo «l'energia solare costerà meno dell'energia tradizionale, il fotovoltaico avrà una grande diffusione. I Paesi che si occupano in modo positivo e aggressivo di questa tecnologia avranno un futuro migliore. I lettori del Corriere della Sera dovrebbero rendersene conto». In effetti, l'Italia se n'è resa conto, almeno in teoria. Attraverso il Conto Energia (non troppo diverso dal meccanismo tedesco), il mercato della Penisola è diventato il più generoso in Europa in fatto di sussidi (da 36 a 49 centesimi al chilowattora), tanto che attrae molti investitori dall'estero. Uno studio recente della Scuola di Management del Politecnico di Milano prevede che nel 2011 si raggiungeranno i 1.200 megawatt di potenza fotovoltaica installata grazie agli incentivi del Conto Energia, cifra oltre la quale il sussidio dovrà calare. Ciò nonostante, lo stesso studio stima che nel 2012 si possa arrivare (nello scenario migliore) a 2.430 megawatt installati. Una forte crescita: 37 mila impianti in esercizio, 5 mila dei quali creati nel primo trimestre del 2009 (il mercato, oggi, vale mille miliardi, il triplo se si conta l'indotto). Non solo. L'Italia potrebbe essere grazie al rendimento dei sistemi fotovoltaici e al calo dei loro costi il primo Paese al mondo a raggiungere la parità dei prezzi di energia solare e energia tradizionale: secondo qualcuno già l'anno prossimo, più probabilmente un po' dopo. I sussidi dovranno a quel punto essere ridotti fino ad arrivare a zero ma per il settore si aprirà una stagione nuova. Il problema è che la burocrazia ne ostacola lo sviluppo, con cavilli, ostacoli e un sistema di autorizzazioni diverse da comune a comune. Anche così in Italia il settore attraversa un boom, che sarebbe maggiore se non ci fosse stata la crisi finanziaria, la quale, calcola il Politecnico, nel 2009 farà perdere 300 megawatt di potenza installata. Il Vaticano ha messo i pannelli sulla Sala Nervi con un progetto italotedesco, la Sicilia è giustamente all'avanguardia e a Noto si dovrebbe realizzare una delle centrali fotovoltaiche più grandi al mondo, l'Enel finirà quest'anno un impianto da 5 megawatt con una tecnologia innovativa. E il colonnello Gheddafi ha parlato poche settimane fa con l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni di un grande progetto per coprire di pannelli solari parte del deserto libico meridionale: energia a basso costo per i Paesi confinanti più poveri. Sedie a sdraio ovunque. Cancelliere Angela Merkel Danilo Taino

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I conti di Bono: (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 28/06/2009 - pag: 11 Il leader degli U2 e il suo monitoraggio della situazione in Africa I conti di Bono: «Rispettato solo il 3% degli impegni È il momento di mantenere le promesse fatte» Da Bono degli U2 al cardinale Oscar Andre's Rodriguez Mariadaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) e presidente di Caritas internationalis, la denuncia è unanime: l'Italia ha diminuito di oltre la metà il suo aiuto allo sviluppo per i paesi poveri (Aps). La percentuale più bassa da 20 anni, nonostante le promesse dello 0,7% del Pil. E questo, ha detto il cardinale, «non è affatto un buon segno per il summit del G8 di quest'anno, proprio in Italia». Ancora più impietoso il Rapporto Data 2009 (un'organizzazione il cui nome è un acronimo che sta per «Debt, Aids, Trade in Africa» ed è stata fondata da Bono nel 2002) il cui obiettivo è monitorare il rispetto degli impegni presi dal G8 nei confronti dell'Africa. Dallo studio emerge con chiarezza che mentre i paesi del G8 nel suo complesso stanno iniziando a fornire importanti aiuti di qualità, le performance negative di Italia e Francia minacciano di vanificare i progressi compiuti. In particolare l'Italia presidente G8 nel 2009 ha rispettato solo il 3% degli impegni presi a Gleneagles nel 2005. C'è quindi bisogno, secondo Data, per riconquistare credibilità internazionale, di rifinanziare il taglio all'Aps 2009, di almeno 411 milioni di euro. Altri 500 milioni serviranno a sostenere una Partnership globale per l'Agricoltura. Va infine definito un «piano di rientro» per raggiungere lo 0,7% di Aps su Rnl (reddito nazionale lordo) entro il 2015. Bono (la cui canzone City of Blinding Lights è la preferita del presidente degli Stati Uniti Barack Obama tanto da essere stata usata come sottofondo nella sua campagna elettorale) chiama in causa direttamente il governo italiano: «Noi abbiamo detto tutto quello che potevamo su questa situazione. Noi sappiamo per conoscenza diretta, oltre che dai fatti, che c'è un supporto bipartisan, da destra e da sinistra, affinché l'Italia mantenga le sue promesse. Sappiamo che i cuori e le menti del popolo italiano sono con noi». Il leader degli U2 aggiunge: «Noi speriamo che le pressioni dei premier e dei cittadini cambieranno in pochi giorni questo stato di cose». Il caso italiano, però, non è isolato: solamente cinque paesi hanno raggiunto l'obiettivo dello 0,7 del Pil. Gli Stati Uniti arrivano appena allo 0,2%. Per il cardinale Maradiaga, i capi di Stato «non dovrebbero usare la crisi finanziaria come una scusa per tagliare l'aiuto allo sviluppo». Il motivo è la sopravvivenza di decine di migliaia di esseri umani: «Poiché il 70 per cento del finanziamento della sanità viene dai donatori esterni, come è il caso di molti paesi dell'Africa, tagliare gli aiuti significa sacrificare vite umane». Più in generale, in vista dell'imminente summit dell'Aquila, il presidente della Caritas internationalis ha esortato i leader del mondo a «resistere alle pressioni interne e dimostrare una vera leadership per convincere gli elettori che aiutare i poveri non è una opzione da fare solamente in tempi di prosperità, ma una responsabilità morale permanente ». In questo quadro, il G8 è da lui considerata una «opportunità» per la stessa Chiesa affinché esorti i politici a trovare delle misure adeguate. «Anche in questi tempi difficili fare la cosa giusta è politicamente possibile ed economicamente sensato », hanno dichiarato all'unisono Kofi Annan (Africa progress panel) e sir Bob Geldof, l'altro cantante (irlandese come Bono) impegnato per l'Africa. Il cardinale Mariadaga «Il G8 è un'opportunità perché anche la Chiesa esorti i politici a trovare misure adeguate. Non possono usare la crisi come scusa» M.A.C.

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Draghi: segni di miglioramento ma mercati ancora fragili (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 28/06/2009 - pag: 28 Financial Stability Board «Il rafforzamento dei bilanci bancari non è completo» Draghi: segni di miglioramento ma mercati ancora fragili Il governatore: per una «exit strategy» bisogna aspettare BASILEA Ci sono «segnali di un miglioramento dell'economia mondiale e di alcuni mercati finanziari», come quello della raccolta, ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, parlando a Basilea, come presidente del Financial Stability Board (Fsb), con una punta di maggiore ottimismo rispetto al passato. Anche perché, ha spiegato al termine della prima riunione dell'organo incaricato di promuovere la stabilità finanziaria internazionale, «molto è stato fatto», in termini di politica monetaria, di stimoli all'economia, di politica macroprudenziale e di ricapitalizzazione delle banche. Al punto che ora, in quanto, ad esempio, agli spread e alla volatilità, «siamo tornati ai livelli precedenti al fallimento della Lehman». Nel sistema finanziario insomma non si anniderebbero più pericoli di fallimenti di istituti o una paralisi dei mercati, come dopo il 15 settembre scorso. E l'Fsb è stato rafforzato e allargato ai paesi del G20, con lo scopo di evitare il ripetersi di crisi analoghe. Tuttavia, secondo Draghi «non siamo ancora tornati a una situazione precedente alla crisi», scoppiata nell'agosto di due anni fa. Anche se il mercato dei corporate bond, ad esempio, continua a tirare, secondo Draghi sussistono ancora «elementi di fragilità». Come il processo, non ancora completato, di ristrutturazione e di rafforzamento del sistema bancario. E alcune criticità, come nella politica di prestiti delle banche, che pertanto «devono essere rafforzate, per fornire un supporto alla ripresa», o in altri canali come le cartolarizzazioni. Le fragilità dell'economia e del sistema bancario indicano che «non è ancora il momento di fermarsi» e di far venire meno gli stimoli fiscali e monetari. Perché, secondo il numero uno di Bankitalia, «è necessario che il sistema bancario sia riparato», prima di mettere in atto una «exit strategy credibile ». Nel frattempo, data la complessità della crisi, bisognerà discutere le strategie di uscita «per essere preparati». E «quando sarà venuto il momento giusto dovremo cercare di coordinarle». Il numero uno dell'Fsb ha anche rassicurato i mercati dai timori di una eccessiva pervasività dei governi, perché «la nuova regolamentazione non deve trasformarsi in un motivo per la rinazionalizzazione del mercato dei capitali». Fra venerdì e sabato, l'Fsb che fra l'altro è dotato di una capacità di formulare raccomandazioni si è dato una nuova struttura, con la creazione di uno steering committee, presieduto dallo stesso Draghi e di tre comitati di controllo, incaricati della valutazione di vulnerabilità del sistema, della cooperazione sulla supervisione e regolamentazione, e per l'attuazione degli standard finanziari internazionali. Inoltre Draghi ha esposto l'agenda dei prossimi lavori dell'Fsb. In settembre, il board illustrerà i progressi compiuti al G20 di Pittsburgh, continuerà a monitorare la realizzazione degli impegni presi al G20 di Londra in aprile, e in novembre farà un rapporto ai vertici dei ministri finanziari del G20 e delle banche centrali. Ai livelli di Lehman Quanto agli spread e alla volatilità, sostiene il governatore, «siamo tornati ai livelli precedenti al fallimento della Lehman» Il governatore Mario Draghi guida il Financial Stability Board Marika de Feo

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Shanghai locomotiva delle Borse, sarà corsa ai titoli del Bric (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 28/06/2009 - pag: 29 CorrierEconomia Shanghai locomotiva delle Borse, sarà corsa ai titoli del Bric La locomotiva dei mercati finanziari oggi parte da Pechino. Un'ideale classifica delle Nuove economie più interessanti comincia con la Cina, la più votata dagli esperti perché ha pochi debiti e una capacità di crescita sostenibile del Pil pari al 6-7% l'anno. Poi prosegue con India e Brasile (quasi a pari merito), mentre Russia e Paesi dell'Est Europa occupano il quarto e il quinto posto. Un sondaggio di CorrierEconomia (in edicola domani) fra 25 gestori italiani e stranieri sull'importanza dei Paesi emergenti nei portafogli rivela che, per chi ha progetti di pianificazione a lungo termine, la quota di azioni esotiche possa arrivare al 16%. Un peso importante, che si dimezza (8,5%) se la propensione a sopportare i su e giù dei listini è media e si riduce a poco più del 3% se il risparmiatore è molto prudente. Nei prossimi tre anni, però, l'87% degli intervistati prevede un'ulteriore crescita dei listini Emergenti nei portafogli. E da qui a fine 2009 il 66% dei money manager è convinto che saranno proprio le Borse dei Bric a fare meglio dei listini occidentali, anche se hanno già corso molto: il 30% in media, con Shanghai record a + 60%.

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Decisiva la rimonta da quota 1,55 a 1,40 del biglietto verde nel cambio con l'euro (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Decisiva la rimonta da quota 1,55 a 1,40 del biglietto verde nel cambio con l'euro [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Le tre categorie di fondi comuni che stanno dando la migliore performance sugli ultimi 12 mesi agli investitori italiani sono anche le uniche tre che stanno perdendo da inizio 2009: tutte obbligazionarie, e con totale o fortissima esposizione al dollaro Usa. Nell'anno della crisi internazionale delle borse più drammatica dalla Depressione non stupisce che siano tre famiglie in bond a essere state le più redditizie, mentre nove categorie azionarie su 11 perdono ancora oltre il 20%, anche dopo il forte recupero dai minimi di marzo 2009. All'ultimo gradino delle performance è la categoria degli azionari Italia, con il miglior fondo che è sotto del 13,88% (Servizi Sgr-Carismi Dynamic Italia) e il peggiore che perde il 32,34% (Pioneer Investment Mangement-Azionario Crescita). In testa a tutti, gli obbligazionari in titoli di Stato governativi in dollari hanno reso (dati su indici Fideuram e borsistici) il 14,67%, seguiti dagli obbligazionari area dollaro con il 13,59% e dagli obbligazionari internazionali governativi con il 10,66%. Al quarto e al quinto posto si sono piazzate le due famiglie degli obbligazionari governativi in euro a medio-lungo termine (+7,41%) e a breve termine (+4,79%), con la categoria dei bond in altre specializzazioni in sesta al +3,70%. La buona prestazione dei fondi in dollari è dovuta al rafforzamento dell'euro negli ultimi 12 mesi: il 25 giugno 2008 ci volevano 1,55 dollari per avere un euro, mentre il 25 giugno scorso ne bastavano 1,40. La situazione è sempre da «euro forte e dollaro debole» sul piano macroeconomico, commentano gli analisti valutari, ma la moneta unica ha perso circa il 9% da un anno fa contro il biglietto verde e ciò ha avuto un riflesso tangibile per i risparmiatori. Chi ha investito nel giugno 2008 in euro comprando titoli in dollari, alla performance data dalle cedole e dal prezzo dei bond ha potuto aggiungere un consistente premio valutario. Il recupero del dollaro sull'euro ai valori attuali nel corso dei 12 mesi non è stato un fenomeno lineare: alla fine dell'anno scorso il cambio era infatti già di 1,40 dollari per euro, pari a quello di venerdì scorso. E ciò spiega il dietro-front dei risultati delle tre categorie citate, che da inizio 2009 a oggi non hanno beneficiato di alcuna variazione nel cambio, ma al contrario hanno subito il recente rialzo dei tassi di mercato nell'area del dollaro. Sui mercati finanziari le quotazioni dei titoli di Stato Usa e delle altre obbligazioni sono calate per il timore dell'inflazione e per un certo ritorno al rischio degli investitori, che hanno riscoperto le azioni iniziando a scommettere sulla ripresa delle economie. Così, dal 1° gennaio la categoria peggiore è quella dei fondi obbligazionari governativi in dollari a medio-lungo termine, sotto del -2,84%, seguita dagli obbligazionari dell'area dollaro, con -2,45% e dagli obbligazionari internazionali governativi, con -1,14%. Tutte le altre 23 categorie di fondi sono in territorio positivo nel corso del 2009, con tre azionarie e una obbligazionaria che stanno superando il 10%: gli azionari Paese sono al +29,59% (ma a un anno perdono il 16,04%), gli azionari Paesi emergenti al +23,77% (-21,80% a un anno), gli obbligazionari dei Paesi emergenti al +12,25% (+0,54% a un anno), gli azionari Pacifico al +10,74% (-19,95% a un anno). Le categorie dei fondi flessibili (+2,70%), dei flessibili obbligazionari (+2,78%), dei bilanciati (+2,88%), dei bilanciati obbligazionari (+1,59%), degli obbligazionari misti (+1,65%) hanno avuto un primo semestre 2009 in linea con l'andamento delle categorie obbligazionarie in euro più classiche, quella in bond governativi a medio-lungo (+2,25%) e quella in bond governativi a breve termine (+2,01%).

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[FIRMA]LUCA FORNOVO TORINO Non troppe azioni, al massimo un 30% privilegiando i titoli dell... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

[FIRMA]LUCA FORNOVO TORINO Non troppe azioni, al massimo un 30% privilegiando i titoli dell'energia come Eni ed Enel e delle telecomunicazioni come Telecom e Telefonica, poi il 70% in titoli di Stato e obbligazioni societarie internazionali come la britannica Diageo e la spagnola Banesto. Eccolo il portafoglio anti-crisi ideale per i Paperoni italiani che vogliono vivere di rendita e mettere al sicuro i loro risparmi dalle turbolenze dei mercati finanziari, senza però perdere il treno della ripresa delle Borse. «Questo è il portafoglio tipico che proponiamo ai nostri clienti facoltosi - spiega Francesco Cosmelli, direttore centrale Private Banking di Banca Akros - anche se va precisato che le nostre gestioni patrimoniali sono estremamente personalizzate, praticamente cucite addosso al cliente. Quindi ognuno ha una storia diversa». Un portafoglio bilanciato, quello descritto da Banca Akros, che dall'inizio di quest'anno ha offerto un rendimento di circa il 4,5%. Nata come banca d'investimento a metà degli anni '90, Banca Akros, attiva soprattutto nelle piazze di Torino, Milano e Roma, si è evoluta sempre di più nel settore del private banking, detto in parole semplici, la gestione dei patrimoni dei ricchi. In questo settore Banca Akros, che è la boutique finanziaria della Banca Popolare di Milano (Bpm), ha una raccolta di 2,3 miliardi di euro e 1.600 clienti, con in media un portafoglio da 1,5 milioni di euro ciascuno. Anche se il bilancio di inizio anno a Piazza Affari è sostanzialmente stabile, per ora, Cosmelli invita a essere cauti con le azioni e a fare quello che gli inglesi chiamano stock picking, cioè un'attenta selezione dei titoli. D'altronde la filosofia d'investimento di Banca Akros è per tradizione improntata alla prudenza e all'indipendenza: le gestioni della banca non hanno mai investito in prodotti strutturati, non esistono prodotti propri e i gestori di Akros sono liberi di scegliere gli strumenti migliori senza vincoli particolari. «Tornando ai mercati finanziari - osserva il direttore centrale Private Banking di Banca Akros - c'è ancora molta volatilità, le Borse sono un po' in altalena, pertanto suggerisco di investire con moderazione sui listini azionari, anche se le opportunità interessanti non mancano soprattutto nei titoli dell'energia». Quali? Nel settore petrolifero, Banca Akros suggerisce i titoli di Eni, Total, Maurel & Prom e Saipem, una controllata di Eni.Poi un po' di utility, come Enel ed E.On. «Nelle telecomunicazioni - spiega Cosmelli - possono essere delle occasioni Telecom Italia e Telefonica, mentre nelle assicurazioni guardiamo con attenzione ad Alleanza e Fondiaria». Ma dove Banca Akros consiglia di concentrare maggiormente il portafoglio (circa il 70%) è nelle obbligazioni e nei titoli di Stato. «Per quanto riguarda i corporate bond - dice Cosmelli - emissioni interessanti sotto il profilo dei rendimenti e della qualità arrivano da società estere come le britanniche Diageo e Vodafone, dalla tedesca e.On e dalla spagnola Banesto». Mentre guadando all'Italia, l'esperto di private banking di Banca Akros suggerisce di guardare alle obbligazioni di Atlantia ed Edison. «Invece per i titoli di Stato - conclude Cosmelli - considero buone opportunità i Btp legati all'inflazione e i Btp con scadenze nel breve termine e cioè nel 2011, 2012 e 2013».

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No exit strategy, economia fragile (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

DRAGHI INSISTE «No exit strategy, economia fragile» Il governatore di Bankitalia «non chiude la bocca » e tiene botta dopo le pesanti accuse di Silvio Berlusconi a chi diffonde dati economici non in linea con il suo ottimismo. Parlando a Basilea, da presidente del Financial stabilit board, Draghi ha ribadito che non è ancora il momento per attuare una exit strategy dalle politiche di incentivi e di aiuti all'economia messi in campo dai governi per combattere la crisi, ma solo bisogna «discuterne per essere preparati». Questo perché «la fragilità dell'economia» e il processo di ristrutturazione e rafforzamento dei bilanci bancari non è ancora completato. Secondo Draghi, «una exit strategy deve essere credibile e per farlo deve avere un sistema bancario riparato», pur essendoci .«segnali di miglioramento dell'economia mondiale e in alcuni mercati finanziari, specialmente nel mercato della raccolta». Draghi ha dato il benvenuto alle diverse iniziative nazionali per incorporare nelle loro norme i i nuovi principi per regolare gli stipendi dei manager, principi realizzati dall'Fsb. Ha invece, e ovviamente, taciuto sulle polemiche italiane e sui rapporti (pessimi) con il governo, tanto più che la stampa straniera lo indica come il possibile capo di un governo tecnico di transizione verso nuove elezioni, nel caso Berlusconi venisse travolto dai suoi scandali casalinghi.

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Draghi: restano fragilità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-28 - pag: 25 autore: Mercati. Il presidente del Financial Stability Board: «Segnali di miglioramento ma non siamo fuori pericolo» Draghi: restano fragilità «Per uscire dall'emergenza molto è stato fatto, non è il momento di fermarsi» © RIPRODUZIONE RISERVATA Rossella Bocciarelli BASILEA. Dal nostro inviato Molti progressi sono stati fatti nel superamento della crisi finanziaria mondiale, ma non siamo ancora fuori pericolo. è quanto ha spiegato ieri a Basilea il presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi, al termine del meeting inaugurale dell'organismo da lui presieduto nella nuova veste, potenziata per facoltà decisionali e composizione ( ne fanno parte i dirigenti dei ministeri finanziari, delle banche centrali e delle autorità di supervisione dei mercati di 24 paesi e giurisdizioni, oltre ai rappresentati della Bce e della Commissione europea). «Se paragonate la situazione attuale a quella creatasi subito dopo il crack Lehman – ha detto Draghi – indubbiamente molto è stato fatto: nella politica fiscale, in quella monetaria e macroprudenziale, nonchè sul fronte della ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie ». Ma non è il momento di fermarsi. «Più in generale – ha aggiunto – noi abbiamo fatto in modo che un fallimento come Lehman non possa ripetersi». Progressi sì,quindi –ha sintetizzato il numero uno di Bankitalia – ma non ci troviamo ancora out of the wood »ovvero fuori dall'instabilità finanziaria. Come spiega anche il comunicato che riassume i due giorni di lavoro dell'Fsb, Draghi ha dichiarato che in questo momento si notano «convincenti segnali di miglioramento » nello scenario macroeconomico globale e in alcuni mercati finanziari, in particolar modo quelli della raccolta. Le banche infatti hanno ottenuto capitali dal settore privato, ma«il processo di ristrutturazione e di rafforzamento dei bilanci bancari non è ancora completato ». Se è vero che i mercati delle emissioni di obbligazioni dei corporate bond vivono un momento di forte vivacità, dall'altro lato esistono degli aspetti di fragilità: oltre alla ristrutturazione bancaria non ancora completata, ci sono infatti «altri canali di credito, come i prestiti bancari e le cartolarizzazioni, che richiedono di essere rafforzati, allo scopo di sostenere una ripresa robusta ». Quanto alle exit strategies, il Governatore ha ribadito che «non è ancora il momento» per metterle in atto; infatti, affinchè queste strategie siano credibili occorre prima che i sistemi creditizi siano stati riparati; si tratta dunque di un'azione complessa perchè c'è ancora fragilità nell'economia internazionale. «Tuttavia – ha osservato – dobbiamo discuterne, per essere preparati quando la fragilità del sistema sarà riparata». Di certo, secondo Draghi non è il momentodi fermarsi nell'azione costante di riparazione del tessuto delle regole internazionali, per la quale l'Fsb sta sviluppando la tabella di marcia che si è data al vertice G20 di Londra. Anche se, ha aggiunto, «la nuova regolamentazione non dovrà costituire un motivo per rinazionalizzare il mercato dei capitali ». La riunione di ieri è servita a battezzare la "corporate governance" del nuovo organismo:c'è uno steering committee presieduto da Draghi che imposterà le linee guida e ci sono tre comitati stabili (monitoraggio e correzione delle vulnerabilità presieduto dal direttore generale della Bri, Jaime Caruana; cooperazione nel campo della supervisione (Adair Turner, presidente della Fsa inglese); miglioramento degli standard (Tiff Macklem, vice ministro finanziario del Canada); è previsto inoltre un gruppo di lavoro sulla prevenzione e gestione delle crisi finanziarie cross-border (Paul Tucker,vicegovernatore della Banca d'Inghilterra). Terminati i dibattiti dell'Fsb e la riunione del G10,oggi Draghi parteciperà qui a Basilea al cda della Bri. Poi, tornerà subito in Italia, spinto da un felicissimo motivo familiare: nel fine settimana é diventato nonno. © RIPRODUZIONE RISERVATA CAUTELA Il governatore della Banca d'Italia ha ribadito che è ancora presto per mettere in atto exit strategies

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Banchieri non sprecate l'occasione della crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-28 - pag: 25 autore: CONTROLUCE Banchieri non sprecate l'occasione della crisi di Franco Locatelli è molto improbabile che il film di Ron Howard ( Angeli e demoni) o l'omonimo best-seller di Dan Brown ci aiutino a rispondere all'intrigante domanda che Marco Onado si pone, nel suo recente saggio sulla crisi finanziaria ( I nodi al pettine), su quale sia la vera natura dei banchieri. Pur restringendo il campo al nostro paese ed evitando banali generalizzazioni, è difficile pensare che i nostri banchieri siano angeli. La massimizzazione dei profitti della loro banca e spesso dei loro compensi non sembra averli mai indotti a fare dell'interesse della clientela la bussola della loro attività. Ma sarebbe altrettanto fuorviante considerarli i responsabili di tutte le sciagure economiche dei nostri tempi. Pur ammettendo che i nostri banchieri non sono né angeli né demoni e che lo stato di salute delle nostre banche è migliore di quello di altri paesi, resta da chiedersi se il mondo del credito stia facendo tesoro della crisi o non stia invece sprecando l'occasione di cambiamento che essa offre. Le banche italiane non sono più quelle di vent'anni fa e la loro efficienza e redditività sono indubbiamente cresciute, ma se perfino il Governatore Draghi ha avuto modo di dire che le loro trasformazioni sono avvenute più a vantaggio degli azionisti che dei consumatori è evidente che i conti non tornano. A differenza delle banche anglosassoni e delle loro spericolate avventure nella finanza, la fedeltà al modello tradizionale di banca basato sul retail pone i nostri istituti in una condizione di vantaggio. Questo però non significa ignorare le loro debolezze che, al di là degli aspetti patrimoniali, risiedono soprattutto nella marginalità che la clientela ha sempre avuto nel loro modello di business. La lungimiranza nella gestione del credito e la trasparenza nella gestione del risparmio non sono generose concessioni ma scelte di banche intelligenti. Ed è su questo terreno che si capirà presto se i nostri banchieri stanno cancellando i vizi del passato o sprecando la formidabile occasione della crisi.

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La Grande fuga dalla finanza (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: RISPARMIO E FAMIGLIA data: 2009-06-28 - pag: 29 autore: Rapporto Gfk-Eurisko. La mappa delle scelte dei risparmiatori nel settore del credito e del risparmio gestito La «Grande fuga» dalla finanza Crescono ancora i conti di deposito. Tiene la fiducia nelle banche italiane Stefano Elli Delle banche italiane ci si fida ancora. Nonostante la crisi finanziaria, il credit crunch e la vasta casistica delle controversie che contrappongono clientela a sistema del credito, sembra che il rapporto tra utenti e sportello tenga. Lo sostengono due indagini distinte: la prima di Gfk-Eurisko, società di ricerche e consulenze di mercato, che dal 1987 cura il rapporto annuale Multifinanziaria. La seconda, certamente meno imparziale, giunge dall'ufficio studi dell'Associazione bancaria italiana, l'Abi che dal 24 giugno scorso è diretta da Giovanni Sabatini. Il primo interessante dato di Multifinanziaria è la percezione della sicurezza del sistema bancario italiano rispetto a quello estero. Secondo i dati della ricerca svolta con 4.500 interviste personali su un campione rappresentativo di un universo di 19,5 milioni di nuclei familiari, il 67% degli intervistati ritiene il sistema italiano molto/abbastanza più sicuro rispetto a quello estero. La ragione? Forse va ricercata nella capacità di resistenza opposta dalle banche all'onda anomala provocata dai mutui subprime. «Una spiegazione a mio giudizio plausibile – spiega Francesco Guarneri, amministratore delegato di Guber spa, società attiva nella gestione di crediti non performing –. A differenza delle banche straniere, soprattutto anglosassoni, tra le banche italiane non è mai invalsa l'abitudine a erogare mutui "a castello", così li definiamo noi: sono quei mutui erogati negli Stati Uniti e in Inghilterra in presenza di altri mutui, basando le garanzie sul supposto aumento di valore dell'immobile». In altri termini la casa viene acquistata con un mutuo, successivamente la banca concede al cliente la facoltà di accenderne un secondo. Edè proprio su questo secondo che si accentrano le criticità che possono sfociare anche nel default del pagatore. Se questo è vero, è anche vero che il rapporto tra banche e clientela stia rientrando a rapidi passi verso un modello "basic", basato essenzialmente su conti di deposito a remunerazione più o meno elevata. Il tutto a scapito di un risparmio gestito che sta lentamente arretrando privato della sua fonte primaria di sostentamento: la liquidità. Anche in questo caso il dimensionamento del fenomeno è spiegato da istogrammi inequivocabili: gli asset delle famiglie intervistate da Gfk-Eurisko per il 74% sono in forma di deposito. Il 5,4% in titoli di stato, l'1,3% è concentrato in titoli azionari, il 3% in obbligazioni. «In un contesto come questo – spiegano i ricercatori di Gfk- Eurisko– sono apparse particolarmente centrate le scelte di marketing di quegli operatori che si sono gettati sul mercato intercettando il tipico bisogno di sicurezza che si genera in momenti di disorientamento collettivo e di mancanza di opzioni». I comportamenti dei risparmiatori per Gfk- Eurisko sono impostati a una sostanziale autarchia. Il 67% degli intervistati risparmia senza fare alcun progetto, il 57% ritiene meglio lasciare tutto in liquidità, il 72% progetta le sue spese basandosi solo sulle risorse disponibili. In ritirata, dopo il boom degli anni scorsi anche gli utilizzatori del credito al consumo (- 20% negli ultimi 18 mesi). Non basta: anche i progetti per il futuro (come per esempio l'acquisto di un appartamento) vengono rinviati anche di anni. In un panorama di sostanziale scollamento tra domanda e offerta di prodotti e strumenti del risparmio a brillare davvero è la sostanziale inerzia dei comparti marketing dei principali attori sul mercato che non sembrano avere colto per tempo i segnali di un fenomeno tanto violento. © RIPRODUZIONE RISERVATA questo MULTIFINANZIARIA «Il sistema italiano è considerato più sicuro rispetto a quello straniero» Merito dell'assenza del fenomeno subprime

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Perché ci piace lo squalo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ARTE data: 2009-06-28 - pag: 42 autore: Capire il mercato Perché ci piace lo squalo di Pier Luigi Sacco I n anni non lontani, parlare di arte contemporanea significava addentrarsi in un mondo a parte, alieno e incomprensibile ai più. Il contemporaneo era il dominio dell'astruso, di ciò che sfidava il senso comune, dell' «avrei potuto farlo anch'io, anzi io l'avrei fatto meglio». In questi ultimi anni stiamo però assistendo a uno straordinario processo di trasformazione, dovuto non tanto a una maggiore e più generalizzata assimilazione dei processi di senso che stanno alla base della produzione del-le opere d'arte contemporanea, quanto piuttosto a una crescente legittimazione sociale. Il fatto che il contemporaneo sia difficile da capire spaventa meno: in fondo, anche la moda è spesso difficile da capire ma questo non impedisce di acquistarla, tutt'altro.E l'equazione tra arte e moda permette anzi di spiegare una parte significativa del nuovo corso sociale del contemporaneo: ciò che attrae è soprattutto il senso di effervescenza, la sensazione di stare assistendo alla manifestazione di qualcosa di ec-citante, insolito, imprevedibile. Ma non si tratta di semplice intrattenimento, di una nuova incarnazione del luna park: una semplificazione piuttosto ingenua. Si tratta invece di una specie di laboratorio di produzione di nuove identità, che sperimenta nuovi modi di far "esistere" le cose, le persone, le situazioni, e di farle percepire come qualcosa d'importante, di attraente, di significativo. I trend setter, ad esempio, hanno imparato da tempo che uno dei luoghi migliori per capire come sarà la moda di domani è osservare attentamente come sono vestiti i frequentatori degli opening dei grandi eventi dell'arte: non le signore iper-griffate, però. Quelle, al contrario, rappresentano la retroguardia: cercano legittimazione in ciò che è stato già legittimato in precedenza. Piuttosto gli altri: i giovanissimi, gli alternativi, gli artisti stessi, a volte. All'arte contemporanea si può in gran parte applicare la logica del beauty contest di cui parlava Keynes con riferimento ai mercati finanziari: il gioco non consiste nell'esprimere quel che piace a te, quanto piuttosto nell'indovinare ciò che tu credi piacerà alla maggior parte. I due libri che presentiamo, usciti in edizione italiana a distanza di un paio di mesi, si prestano idealmente a una lettura congiunta perché sono in gran parte complementari. Thompson è un economista che cerca di dare un senso alla «bizzarra e sorprendente economia dell'arte contemporanea », come recita il sottotitolo del suo libro. La Thornton è una giornalista con una solida formazione storico- artistica e sociologica. Ambedue costruiscono la loro analisi attraverso un processo di esplorazione, incontrando e discutendo in prima persona con i protagonisti, nei loro vari ruoli: artisti, galleristi, direttori di museo, esperti delle case d'asta. Tutti e due si muovono con un atteggiamento da antropologi, tentando di dare senso e struttura a rituali sociali all'apparenza incomprensibili,e cercando di portarne alla luce le logiche nascoste. Non fanno mistero delle loro idiosincrasie: Thompson, ad esempio, decide di non occuparsi nel suo libro di «videoinstallazioni, performance, film o fotografia, arte industriale (orologi, ventilatori, pensiline di autobus) o l'impacchettamento di edifici. Se si può annusareo assaggiare, o se è viva e respira, può essere che sia arte, ma non la troverete qui. Le opere di questo tipo sono escluse perché non le capisco, e perché con l'eccezione della fotografia di Cindy Sherman e di un paio di altri artisti, le maggiori case d'aste non le vendono sotto la definizione di arte contemporanea» (pag. 15). Un atteggiamento quantomeno singolare, che però ci fa capire che un anno di intensa frequentazione dall'interno del sistema e dei suoi maggiori protagonisti abbia finito per convincere Thompson che l'arte contemporanea è, in ultima analisi, quella che le case d'asta (e non le gallerie o i musei, dove tutto ciò che egli esclude dalla sua analisi si incontra in abbondanza) vendono oggi come tale. La Thornton, anche grazie alla sua formazione, mantiene un atteggiamento più aperto e divide la sua esplorazione del sistema in sette "giorni" che corrispondono a sette luoghi topici della drammaturgia del contemporaneo: l'asta,per l'appunto;il seminario (cioè il luogo in cui l'arte viene insegnata e in cui si trasmettono i codici della riflessione critica); la fiera (e quindi, ovviamente, Art Basel); il Premio (e quindi, quasi altrettanto ovviamente, il Turner Prize); la rivista (Artforum); lo studio dell'artista (Takashi Murakami); e la Biennale (Venezia, naturalmente). Il quadro complessivo che emerge dalla lettura dei due libri è molto coerente. Il sistema dell'arte è un mondo auto-referenziale, in cui la forza trainante è il bisogno spasmodico di riconoscimento da parte di tutti gli attori del sistema: artisti, galleristi, critici, musei, riviste, collezionisti, istituzioni formative. L'aspetto del gioco sociale tende così a prevalere sull'esperienza dell'arte in quanto tale: tutto si carica, sempre, di significati ulteriori, tutto rimanda ad un altro piano che è costantemente presente per quanto, a parole, sistematicamente sottovalutato o addirittura negato. Ed è proprio questo aspetto di gioco sociale che ha reso l'arte contemporanea così attraente per i non iniziati (o quantomeno non ancora tali): il gioco crudele di riconoscimento ed esclusione che è il pane quotidiano dell'arte contemporanea di oggi è proprio la materia di cui si nutrono i nostri sogni e le nostre paure. Nel nostro mondo post-consumistico, l'essere e l'avere non sono più obiettivi in quanto tali ma strategie per tentare di dimostrare agli altri ea noi stessi che, in qualche modo, esistiamo e siamo degni di attenzione, rispetto, e persino affetto: né più né meno di ciò che accade ogni giorno sul palcoscenico dell'arte, in cui il rituale di appartenenza più evidente e praticato è, non a caso, quello di baciarsi quando ci si incontra. © RIPRODUZIONE RISERVATA 1 D. Thompson, «Lo squalo da 12 milioni di dollari. La bizzarra e sorprendente economia dell'arte contemporanea», Mondadori, Milano, pagg. 370, Á 18,00; 1 S. Thornton, «Il giro del mondo dell'arte in sette giorni», Feltrinelli, Milano, pagg. 224, Á 13,50. La «bizzarra e sorprendente economia dell'arte contemporanea». Due libri ricchi di consigli utili su come investire Il pesce-capolavoro. Damien Hirst fotografato nel 2007 davanti alla sua celebre opera «Dealth Exlained», uno squalo vero conservato in formaldeide GETTY IMAGES/LAURA RONCHI

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Un rimbalzo pieno di eccessi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-28 - pag: 9 autore: ANALISI Un rimbalzo pieno di eccessi di Walter Riolfi L a data del 9 marzo è la discriminante tra un mondo che sembrava destinato alla peggior recessione dopo gli anni Trenta e l'avvio di una nuova ripresa. Ma quella data è una semplice e provvisoria convenzione, e coincide con il punto più basso di Wall Street e delle Borse europee dopo un crollo che dai massimi del 2007 si misurava in un -57%per l'S&P500 e-60%per l'indice Stoxx. Mai, se non negli anni Trenta, i mercati avevano perso tanto. E mai, se non nella Grande Depressione, i titoli bancari erano crollati di quasi il 90%, esprimendo valutazioni che in molti casi erano meno di un quarto dei mezzi propri: come se tutte le banche americane ed europee fossero prossime al fallimento. In verità molte sarebbero davvero fallite se i Governi non avessero profuso tanto denaro per salvarle, come mai s'era visto.E la recessione, che dalla crisi del credito è scaturita, avrebbe davvero potuto ricordare quella di 80 anni fa, se ancora i Governi non avessero dispensato migliaia di miliardi per tentare di tenere in vita l'economia. Il tutto a scapito di un debito pubblico che sta esplodendo ovunque e che negli Usa potrebbe superare il 100% del Pil entro il 2015. Dopo il 9 marzo, le Borse sono rimbalzate sulla sola sensazione d'aver perso troppo. E siccome la reazione dei mercati è stata vio-lenta, i successivi rialzi s'erano incrementati man mano che gli investitori erano costretti a ricomprarsi i titoli che avevano in precedenza venduto allo scoperto. E man mano che gli indici recuperavano, s'è pure consolidata l'idea che le Borse stessero giustamente anticipando la ripresa economica attesa verso la metà dell'estate. C'erano indicatori macroeconomici che parevano suffragare il ragionamento. Ma l'ottimismo che nel frattempo s'era creato aveva portato gli investitori a leggere ben oltre quei dati; che accennavano semmai a una attenuazione della caduta economica, ma non all'avvio di una ripresa. Il desiderio delle Borse di anticipare le novità ha ribaltato in un attimo la precedente tendenza. Così gli investitori sono ritornati a cercare il rischio acquistando azioni, materie prime e bond societari. Le Borse hanno accumulato guadagni del 40% in poco meno di tre mesi e i titoli bancari sono mediamente più che raddoppiati e quelli che erano stati maggiormente sacrificati in passato sono schizzati di oltre il 300%, come Citi e Bank of America; il prezzo del petrolio è volato da 34 fino a 73 $ e tutte le commodity, anche sotto la speculazione degli operatori cinesi, si sono risollevate. Il rendimento dei titoli di Stato decennali Usa è passato dal 2% al 3,95% di due settimane fa. La peggior recessione dopo gli anni Trenta pareva d'incanto svanita nella cieca fiducia di una ripresa altrettanto forte come quelle che s'erano viste dopo gli anni 80. A inizio giugno sono affiorati i primi dubbi. I segnali incoraggianti provenienti dall'industria manifatturiera Usa (quella europea è sempre rimasta in profonda recessione) si sono indeboliti, mentre l'attività nei servizi (che conta per due terzi del Pil) continua a languire. I consumi delle famiglie non sono affatto ripartitie il mercato immobiliare non ha ancora toccato il fondo. Gli unici indicatori che seguitano a migliorare sono quelli sul morale dei consumatori e le attese dei direttori agli acquisti. Ma i primi specialmente sono spesso autoreferenziali e basta veder salire la Borsa per generare ottimismo. Infine non è detto che dopo il9 marzo i mercati finanziari abbiano davvero invertito la tendenza e la schiera dei pessimisti sostiene da mesi che questo rialzo è una delle tante trappole di una Borsa ancora volta al ribasso.Senza voler dar peso a questa tesi, va tuttavia osservato che i maggiori indici sono andati oltre il livello suggerito dalle presenti condizioni economiche. E di quelle future non si ha al momento la minima idea. è ragionevole pensare che una così grave crisi del sistema creditizio mondiale faccia sentire a lungo le sue conseguenze, perché famiglie e imprese saranno impegnate semmai a ridurre i debiti e non ad aumentarli attraverso la crescita dei consumi. Soprattutto bisognerà fare attenzione all'andamento dei risultati societari. Gli utili del secondo trimestre, che cominceranno ad essere annunciati nei prossimi giorni, si prospettano ancora in marcato calo per l'S&P500 (-34,4% secondo Thomson-Reuters).L'importante è capire se le aziende hanno maturato un po' più di visibilità per i prossimi mesi. ASPETTANDO IL RILANCIO Il più grande crollo delle quotazioni ha generato un'euforia che non trova supporto nei dati macro

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Un varco ai precari del pubblico (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME TESTO data: 2009-06-28 - pag: 21 autore: Un varco ai precari del «pubblico» 19. Le graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato , relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 1Úgennaio 2004, sono prorogate al 31 dicembre 2010. 20. All'articolo 4 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, le parole: «due membri», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «tre membri». 21. All'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 39 del 1993, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Ai fini delle deliberazioni del Collegio del Cnipa, in caso di parità di voti, prevale quello del presidente». 22. L'articolo 2,comma 602,della legge 24 dicembre 2007, n. 244 è abrogato. 23. All'articolo 71 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1-bis è sostituito dal seguente: «1-bis. A decorrere dall'anno 2009, limitatamente alle assenze per malattia di cui al comma 1 del personale del comparto sicurezza e difesa nonché del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, gli emolumenti di carattere continuativo correlati allo specifico status e alle peculiari condizioni di impiego di tale personale sono equiparati al trattamento economico fondamentale »; b) al comma 2 dopo le parole: «mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica» sono aggiunte le seguenti: «o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale»; c) al comma 3 è soppresso il secondo periodo; d) il comma 5 è abrogato. Gli effetti di tale abrogazione concernono le assenze effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto; e) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti: «5-bis. Gli accertamenti medico- legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali. 5-ter. A decorrere dall'anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le Regioni tenendo conto dell'incidenza sui propri territori di dipendenti pubblici; gli accertamenti di cui al comma 1 sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo.». 24. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 23, lettera a), pari a 9,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. 25. Il comma 11 dell'articolo 72 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 è sostituito dal seguente: «11. Per gli anni 2009, 2010, e 2011, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono, a decorrere dal compimento dell'anzianità massima contributiva, di 40 anni del personale dipendente, nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici. Con appositi decreti del presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con i ministri dell'Economia e delle finanze,dell'Interno,della Difesa e degli Affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto delle rispettive peculiarità ordinamentali. La disposizione di cui al presente comma si applica anche nei confronti dei soggetti che abbiano beneficiato dell'articolo 3, comma 57 della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano a magistrati, ai professori universitari e ai dirigenti medici responsabili di struttura complessa». 26. Restano ferme tutte le cessazioni dal servizio per effetto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro a causa del compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni, decise dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in applicazione dell'articolo 72, comma 11, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della legge 4 marzo 2009, n. 15 e della modifica apportata dall'articolo 6, comma 3, della stessa legge, nonché i preavvisi che le amministrazioni hanno disposto prima della medesima data in ragione del compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni e le conseguenti cessazioni dal servizio che ne derivano. 27. All'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 2, penultimo periodo, dopo le parole «somministrazione di lavoro» sono aggiunte le seguenti «e il lavoro accessorio di cui alla lettera d), del comma 1,dell'articolo 70 del Dlgs 276/2003 e successive modificazioni e integrazioni»; b) il comma 3 è così sostituito: «3. Al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con direttiva del ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione, le amministrazioni redigono un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, nonché alla presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della Funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento. Al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.»; c) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Le amministrazioni pubbliche comunicano, nell'ambito del rapporto di cui al precedente comma 3, anche le informazioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili.»; d) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente comma: «6. Le disposizioni previste dall'articolo 5, commi 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 si applicano esclusivamente al personale reclutato secondo le procedure di cui all'articolo 36, comma 1, lettera b).». 28. All'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001,n. 165, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 36, comma 3, del presente decreto.». 29. All'articolo 65, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell'amministrazione digitale, dopo la lettera c) è inserita la seguente: «c-bis) ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico attraverso le credenziali di accesso relative all'utenza personale di posta elettronica certificata di cui all'articolo 16-bis del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.». 30. Dopo l'articolo 57 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è inserito il seguente: «Articolo 57-bis (Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni) 1. Al fine di assicurare la trasparenza delle attività istituzionali è istituito l'indice degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, nel quale sono indicati la struttura organizzativa, l'elenco dei servizi offerti e le informazioni relative al loro utilizzo, gli indirizzi di posta elettronica da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti a tutti gli effetti di legge fra le amministrazioni e fra le amministrazioni e i cittadini. 2.Per la realizzazione e la gestione dell'indice si applicano le regole tecniche di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2000, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana» n. 272 del 21 novembre 2000.La realizzazione e la gestione dell'indice è affidato al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione ( Cnipa). 3. Le amministrazioni aggiornano gli indirizzi e i contenuti dell'indice con cadenza almeno semestrale, salvo diversa indicazione del Cnipa. La mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento dell'indice e del loro aggiornamento è valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e dell'attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili. ». 31. All'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo la lettera f), sono inserite le seguenti: «f-bis) atti e contratti di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001; f-ter)atti e contratti concernentistudi e consulenze di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;». 32. Al fine di garantire la coerenza nell'unitaria attività svolta dalla Corte dei conti per le funzioni che a essa spettano in materia di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione al federalismo fiscale, il presidente della Corte medesima può disporre che le sezioni riunite adottino pronunce di orientamento generale sulle questioni risolte in maniera difforme dalle sezioni regionali di controllo nonché sui casi che presentano una questione di massima di particolare rilevanza. Tutte le sezioni regionali di controllo si conformano alle pronunce di orientamento generale adottate dalle sezioni riunite. 33. All'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo il comma 46, è aggiunto il seguente comma: «46-bis.Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 62, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 , le Regioni di cui al comma 46 sono autorizzate, ove sussistano eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni derivate in essere. La predetta ristrutturazione, finalizzata esclusivamente alla salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle posizioni finanziarie, si svolge con il supporto dell'advisor finanziario previsto nell'ambito del piano di rientro di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa autorizzazione e sotto la vigilanza del ministero dell'Economia e delle finanze.». 34. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 45, del decreto del presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, l'Ente nazionale per l'aviazione civile ( Enac) è autorizzato ad utilizzare la parte dell'avanzo di amministrazione derivante da trasferimenti correnti statali, a esclusione dei fondi a destinazione vincolata, per far fronte a spese di investimento e per la ricerca, finalizzate anche alla sicurezza. 35. Entro il 31 luglio 2009, l'Enac comunica l'entità delle risorse individuate ai sensi del comma 34 relative all'anno 2008 al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che individua, con proprio decreto gli investimenti da finanziare a valere sulle medesime risorse. 36. Gli interventi di cui ai commi 17 e 18 dell'articolo 2 della legge 22 dicembre 2008, n. 203, sono sostituiti, nel limite delle risorse non utilizzate e allo scopo finalizzate, con interventi per la prosecuzione delle misure di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento agli oneri relativi all'utilizzo delle infrastrutture. A tal fine, le risorse accertate disponibili sono riassegnate ai pertinenti capitoli di bilancio. ARTICOLO 18 Tesoreria statale 1. Con decreti del ministro dell'Economia e delle finanze di natura non regolamentare so-no fissati, per le società non quotate totalmente possedute dallo Stato, direttamente o indirettamente, e per gli enti pubblici nazionali inclusi nel conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 i criteri, le modalità e la tempistica per l'utilizzo delle disponibilità esistenti sui conti di Tesoreria dello Stato, assicurando che il ricorso a qualsiasi forma di indebitamento avvenga solo in assenza di disponibilità e per effettive esigenze di spesa. 2. Con uno o più decreti del ministro dell'Economia e delle finanze di natura non regolamentare può essere stabilito che i soggetti indicati al comma 1 devono detenere le proprie disponibilità finanziarie in appositi conti correnti presso la Tesoreria dello Stato. Con gli stessi decreti sono stabiliti l'eventuale tasso di interesse da riconoscere sulla predetta giacenza, per la parte non proveniente dal bilancio dello Stato, e le altre modalità tecniche per l'attuazione del presente comma. Il tasso d'interesse non può superare quello riconosciuto sul conto di disponibilità del Tesoro. 3. Con decreti del ministro dell'Economia e delle finanze di natura non regolamentare sono fissati i criteri per l'integrazione dei flussi informativi dei conti accesi presso la Tesoreria dello Stato, al fine di ottimizzare i flussi di cassa, in entrata e in uscita, e di consentire una riduzione dei costi associati a tale gestione. Continua u pagina 22 l'articolo prosegue in altra pagina

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"Mr. Madoff la condanno a 150 anni" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

"Mr. Madoff la condanno a 150 anni" Punizione choc per l'imbroglione dei Vip Aveva fatto sparire 65 miliardi di dollari [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Bernard Madoff ha commesso crimini straordinariamente malefici». Sono passate da poco le 11,30 quando nell'aula del tribunale distrettuale di Manhattan il giudice Denny Chin emette la sentenza record contro l'artefice della truffa che ha scosso l'America: 150 anni di carcere. Le poco più di cento persone ammesse nell'aula esplodono in un applauso fragoroso, liberatorio. C'è chi piange, come Carla Hirshhorn, una delle vittime che poco prima ha preso la parola dicendo di «vivere in un inferno, sentendomi imprigionata dentro un incubo dal quale non riesco a svegliarmi» a causa dei soldi ingoiati dallo «schema-Ponzi» con il quale Madoff ha polverizzato fra 50 e 65 miliardi di dollari, usando i fondi dei nuovi clienti per pagare interessi da capogiro a quelli vecchi. Il giudice Chin ha deciso di far parlare dieci vittime prima di far conoscere la sentenza per trasformare l'ultima udienza nel processo in una resa dei conti fra truffati e truffatore. Per oltre un'ora le testimonianze si susseguono in un crescendo di pathos che alcuni reporter newyorkesi paragonano all'Inferno di Dante. «Ha rubato ai ricchi, ha rubato ai poveri e a quelli a metà fra gli uni e gli altri, ha ingannato noi per usare i nostri soldi e vivere nel lusso assieme alla moglie» grida Tom Fitzmaurice, puntando l'indice contro l'imputato, tranquillamente seduto al tavolo della difesa. Una giovane coppia racconta di «essere passata a vivere da un matrimonio di sogno a un matrimonio di inferno» a causa dei soldi spariti nel nulla. Seduti nell'aula ci sono i rappresentati dei maggiori truffati: l'associazione femminile Hadassa, la Yeshiva University, la Fondazione del premio Nobel Elie Wiesel, la New York University, il regista Steven Spielberg, l'attore Kevin Beacon, la stella del baseball Sandy Koufax. L'inizio dell'ultimo atto arriva quando il giudice chiede all'imputato se «vuole dire qualcosa a sua discolpa». Un silenzio di gelo avvolge la sala. E' come se il Diavolo stesse per prendere la parola. La sua voce è bassa ma ferma: «Sono responsabile per aver causato grandi sofferenze e dolori, me ne rendo conto, vivo in una condizione di grande tormento nella consapevolezza di quanto ho creato, lascio alla mia famiglia e ai miei nipoti un'eredità di vergogna, come alcune delle vittime hanno detto». Poi Madoff gira lo sguardo verso le vittime: «Vi chiedo scusa anche se so che questo non vi dà alcun tipo di aiuto». Il mea culpa punta ad ammorbidire il verdetto ma Madoff non riesce a essere fino in fondo severo con se stesso: anziché parlare di frode si riferisce a quanto commesso come a un «problema», un «errore di giudizio» e un «tragico sbaglio». Quando termina l'ultima sillaba e torna a sedersi nel completo scuro indossato per l'occasione, tocca al giudice parlare annunciando di aver fatto propria la richiesta del procuratore Lisa Baroni di 150 anni di detenzione - oltre il doppio dell'età del settantunenne imputato - perché «Madoff ha rubato in maniera spietata, senza rimorso». Lo sconfitto avvocato difensore Ira Sorkin, che aveva chiesto 12 anni, è indignato: «La vendetta non fa parte della punizione, il mio cliente aveva già accettato di finire i suoi giorni in prigione». La sentenza include un ordine preliminare di espropriazione di tutti i beni personali di Madoff fino a 171 miliardi di dollari, inclusi immobili e investimenti per 80 milioni. Dovranno essere vendute la lussuosa casa di Manhattan da 7 milioni di dollari, dove la moglie Ruth ancora vive, la villa di Palm Beach in Florida da 11 milioni, la residenza agli Hamptons da 4 milioni e lo yacht da 2,2 milioni. Mentre gli agenti lo trasportavano verso la sua cella nel Metropolitan Correctional Center di Manhattan - in attesa della destinazione finale in un penitenziario federale - l'ultima ad abbandonare Madoff è la moglie Ruth, rendendo pubblico un comunicato scritto nel quale si dice «piena di imbarazzo e vergogna» essendo stata «tradita come tutti gli altri» perché «l'uomo che ha commesso questa orribile frode non è quello che ho conosciuto per tutti questi anni». La moglie dovrà ora trovarsi una nuova casa e mantenersi con i 2,5 milioni di dollari che il giudice le ha assegnato: una cifra da lei considerata talmente bassa da obbligarla ad andare in metropolitana per gli spostamenti in città. Nel momento in cui cala il sipario sull'uomo che più ha incarnato l'avidità degli speculatori di Wall Street, a cui l'America imputa la crisi finanziaria che ha innescato la recessione, resta però il dubbio su come sia stato possibile gestire tanto a lungo un inganno di tali dimensioni avendo come unico complice il contabile David Friehling, a sua volta incriminato per frode. Anche per questo il giudice Chin conclude la lettura della sentenza così: «Non credo che Madoff abbia detto tutto quello che sa». Come dire, resta ancora molto da scoprire.

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la diga verde di pechino - pechino (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 41 - Cultura Sfida audace Le organizzazioni internazionali protestano. Ma la sfida più audace viene dall´interno. Alcuni avvocati hanno deciso di opporsi in tribunale: non sollevano i diritti di libertà, ma ricorrono alle leggi antitrust La nuova iniziativa del regime contro Internet La diga verde di pechino PECHINO Non bastava la Muraglia di Fuoco, domani la Repubblica Popolare vuole inaugurare la Diga Verde. Da decenni la Cina gestisce il più imponente apparato mondiale di censura dell´informazione. Il Dipartimento di propaganda del ministero dell´Informazione dirama quotidianamente direttive alle redazioni dei giornali e delle tv: una regìa meticolosa dà la "linea" ai giornalisti, soprattutto sui temi più delicati come il Tibet, Taiwan, la religione, o gli anniversari di avvenimenti-tabù come il massacro di Piazza Tienanmen. Con 300 milioni di utenti Internet, il governo di Pechino negli ultimi anni ha investito risorse ingenti sul monitoraggio del web. Il ministero degli Interni ha al suo servizio 15.000 tecnici informatici, il cui lavoro quotidiano si sovrappone al funzionamento di filtri software automatici che "oscurano" i siti proibiti. è questa la Muraglia di Fuoco, come l´hanno battezzata gli stessi blogger cinesi, consapevoli che i contenuti in rete sono sottoposti alla vigilanza costante della autorità. Forte del suo vasto mercato appetito dalle multinazionali straniere, il regime di Pechino ha piegato i giganti occidentali di Internet al suo volere, ottenendo che Microsoft, Google e Yahoo adottino per i loro siti cinesi delle tecnologie di auto-censura automatica. Eppure la nomenklatura non è soddisfatta. Nonostante il blackout che colpisce i siti di Amnesty International o Free Tibet, e occasionalmente perfino Wikipedia, la mole di informazioni che transitano su Internet è un fiume in piena. I giovani hi-tech di Pechino e Shanghai, se vogliono, riescono ad aggirare le barriere e hanno accesso al frutto proibito. Ecco perché, dal primo luglio, deve scattare l´operazione Diga Verde. è questo il nome di un nuovo software che il governo cinese ha fatto elaborare da una società informatica direttamente legata all´Esercito Popolare di Liberazione. L´intento proclamato, è la lotta alla pornografia, la tutela della salute morale delle nuove generazioni. Per giustificare questa imposizione, il governo ha montato una campagna contro Google, accusato di essere una porta spalancata sull´inferno della pedofilia e di ogni perversione sessuale. I tecnici della censura hanno manipolato il motore di ricerca, per moltiplicare i risultati "porno" che appaiono sullo schermo. In realtà la Diga Verde serve a impedire alla fonte che l´utente si colleghi con tutti i siti controversi: dalle associazioni internazionali di difesa dei diritti umani ai blog che simpatizzano per Carta 08, il nuovo movimento del dissenso. Il software Diga Verde deve essere installato per legge su qualsiasi computer messo in vendita sul territorio della Repubblica Popolare da domattina. Ma la nuova offensiva per controllare l´universo online si scontra con resistenze impreviste. Non è solo l´industria informatica occidentale – appoggiata dalle proteste ufficiali di Washington e Bruxelles a denunciare il protezionismo occulto che crea una barriera alla vendita dei pc stranieri. La sfida più audace viene dall´interno. Un gruppo di avvocati cinesi ha osato fare ricorso in tribunale contro la Diga Verde. Astutamente, la strategia dei legali non chiama in causa il diritto all´informazione e la libertà di espressione. è in nome delle leggi di mercato, della libera concorrenza e della normativa antitrust, che gli avvocati chiedono al governo di fare marcia indietro. L´astuzia consiste nel mettere i dirigenti comunisti di fronte alle loro contraddizioni interne. La Cina ha scelto la via della modernizzazione, dello sviluppo tecnologico, dell´apertura verso il mondo, per trionfare nell´economia globale. Ora le sue élite più illuminate chiedono ai leader: si può arginare la modernità con una Diga?

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amia, arrivano gli stipendi raccolta in tilt senza straordinari - sara scarafia (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IV - Palermo L´immondizia L´esecutivo La Gesip L´azienda a corto di mezzi Il contratto e la mini-proroga L´azzeramento e il toto-nomine Amia, arrivano gli stipendi raccolta in tilt senza straordinari Cammarata agli assessori: entro oggi le dimissioni Appello ai big pdl "Subito un aiuto per risolvere la crisi finanziaria del Comune" SARA SCARAFIA L´immondiza torna a soffocare la città. Ieri decine di quartieri si sono svegliati sommersi dai rifiuti: da Mondello a Borgo Nuovo, dall´Addaura a Passo di Rigano. Ma i cassonetti erano pieni anche nelle zone più centrali, da via Brigata Verona ai vicoli del centro storico. Se ieri pomeriggio la giunta si è riunita a Villa Niscemi per recepire l´ordinanza firmata dal premier Berlusconi che permetterà in 48 ore di pagare stipendi e quattordicesime, resta la carenza di mezzi. E da oggi anche il problema della riduzione degli straordinari, indispensabili in questi mesi per garantire una raccolta sufficiente. La delibera di anticipazione delle somme del contratto di servizio tra Amia e Comune (quelle del periodo che va dal 21 luglio al 21 dicembre) che permetterà di pagare gli stipendi senza il rischio di pignoramenti, è stata firmata da Cammarata. Che ieri ha convocato la giunta a Villa Niscemi per invitare i componenti dell´esecutivo a dimettersi entro stamattina. Le dimissioni, tecnicamente, non saranno accettate in attesa che i big dei partiti si confrontino col sindaco. Il primo cittadino è stato chiaro: spazio a un paio di nomi dall´Mpa e nessuna rottura con l´Udc. Nonostante alla Regione il partito sia fuori dalla maggioranza, il rapporto che lega Cammarata a Cuffaro e Romano è forte e non è in discussione. Dal sindaco non una parola sulla nomina di Francesco Scoma a vicesindaco che potrebbe arrivare già oggi. Il primo cittadino ha invitato gli assessori dimissionari a chiedere sostegno ai loro big: chi è con lui potrà decidere chi far rimanere nell´esecutivo. Cammarata vuole rassicurazione dagli alleati sull´aiuto economico della Regione (il contributo da 7 milioni di euro per vent´anni è andato in fumo con l´ultima finanziaria) e sull´impegno per l´arrivo dei fondi necessari a salvare l´Amia. Lo Cicero, presidente dell´azienda, è stato chiaro: se entro un mese non arrivano fondi l´azienda fallirà. Intanto, per cercare di frenare le perdite mensili, ha deciso di tagliare su tutto. A cominciare dagli straordinari che pesano ogni anno per oltre 4 milioni di euro. Ma con più della metà dei mezzi guasti e con cinquemila cassonetti in meno, è impossibile per i netturbini garantire una raccolta sufficiente senza fare ricorso al lavoro extra. Domenica, festivo, la raccolta è stata garantita al minimo. Tanto è bastato per far riesplodere l´emergenza, mentre un´altra grana è alle porte: da domani la protezione civile dovrebbe ritirare i mezzi prestati a Amia per movimentare la discarica che rischia il collasso. Intanto al Comune scoppia il caso Gesip: oggi scade la mini-proroga varata due mesi fa. Stasera Sala delle Lapidi cercherà di trovare una soluzione tampone: il rinnovo del contratto di servizio alla stessa cifra del 2008 con una postilla che permetta alla giunta, una volta approvato il bilancio, di adeguarlo. Ma il presidente, Mario Parlavecchio era stato chiaro: «Senza nuovi fondi dichiaro fallimento». E in Consiglio comunale difficilmente l´atto passerà. In questo caso verrà convocata una giunta in notturna per varare un mini-rinnovo. Ma l´esecutivo sarà tutto di assessori dimissionari. Dopo l´annuncio del sindaco è scattato il toto-nomi: dentro due autonomisti, forse Roberto Palma e Nardo D´Arrigo. E fuori? Se un posto è libero dopo il licenziamento di Ippolito Russo, ne serve ancora un altro. Le ipotesi sono due: o la fuoriuscita di Aristide Tamajo, Udc, o quella di Nico Ferrante, stimato dal sindaco ma appoggiato da Dore Misuraca che non ha eletto nemmeno un consigliere. Ieri sera è spuntato anche il nome di Michele Pergolizzi che potrebbe entrare, in quota Miccichè, al posto di Mario Tinervia.

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crisi, errani contro il governo (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina V - Bologna La polemica Crisi, Errani contro il governo «Il dibattito sul disfattismo? Mi interessa poco». E´ il commento del presidente della Conferenza Stato-Regioni e della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, a margine di un convegno della Cisl a Bologna, parlando dell´atteggiamento da tenere di fronte alla crisi finanziaria. «Quello che mi preoccupa davvero - ha proseguito rispondendo ai cronisti - è non vedere in questo paese nessun progetto per uscire da questa crisi. Cioè manca un progetto di una politica innovativa capace di intraprendere un percorso virtuoso».

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"caduta libera finita, ora lenta ripresa" - vittoria puledda (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 26 - Economia "Caduta libera finita, ora lenta ripresa" Bri e Commissione Ue vedono segnali positivi: migliorano fiducia e mercati L´istituto di Basilea: "Le misure anti-crisi pari al 5% del Pil mondiale. Ma i salvataggi delle banche spingono i manager a non risanare" VITTORIA PULEDDA MILANO - L´uragano dei mercati, che ha portato l´economia mondiale ad «una contrazione straordinariamente sincrona e profonda, la più grave dagli anni Trenta» sembra lentamente acquietarsi: la «sensazione di caduta libera si è dissipata», spiega la Bri, la Banca per i regolamenti internazionali, nella riunione annuale. Un messaggio in contemporanea con l´ultimo rapporto sull´area euro, della Commissione Ue, secondo cui «gli indicatori della fiducia e i mercati finanziari hanno cominciato a trasmettere alcuni primi segnali di miglioramento», ma la situazione «resta fragile»; sono stati evitati gli errori del passato però la crisi non è finita e «la pressione» sui conti pubblici «sta aumentando». L´obiettivo è «tornare a finanze pubbliche sane» anche se nell´eurozona ci sarà un abbassamento del potenziale di crescita, da una media dell´1,8% annuo nel 2000-2006 all´1,3% nel 2008 per scendere ancora allo 0,7% nel 2009 e 2010. Gli fa quasi eco la Bri, che parla di situazioni come il Giappone o l´Italia dove il debito era superiore al pil già prima della crisi; fattore che riduce il margine di manovra rispetto a paesi con un debito inferiore anche se finora queste differenze non hanno influito sulla capacità di indebitamento dei paesi. Gran parte dei paesi avanzati ha dato «segnali di stabilizzazione»; a voler credere «ai germogli verdi» della ripresa, si può guardare al futuro con maggiore fiducia ma, ha sottolineato il direttore generale della Bri, Jaime Caruana, il rallentamento sarà duraturo» e la ripresa «lenta», anche se il 2009 dovrebbe registrare con una crescita mondiale positiva. Ancora a metà maggio, spiega la Bri, «le condizioni dei mercati restavano fragili». E «il persistere di fragilità nel settore finanziario» preoccupa molto la Bri, che ritiene «una priorità assoluta il risanamento della finanza» perché il cammino verso la ripresa «appare difficile e lastricato di rischi». E, da questo punto di vista, le strategie di uscita dagli interventi pubblici (ormai le misure anti-crisi hanno raggiunto il 5% del pil mondiale, scrive la Bri) devono essere ben calibrati: «esiste un rischio di uscita prematura», spiega Caruana, ma «ancora maggiore è il rischio di un´uscita tardiva o troppo lenta». Attenzione anche ai piani di salvataggio, che «permettono ai manager di sottrarsi alle difficili scelte necessarie a ridurre sia le dimensioni dei bilanci sia la quantità di rischio assunto»; le banche dissestate, aggiunge la Bri, vanno «chiuse o risanate al più presto». Le banche devono essere «più piccole, più semplici, più sicure»; fuori dalla logica del «troppo grande per fallire», ha ricordato Caruana (anche se il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, ha ricordato che gli istituti grandi possono funzionare bene, ma con una governance adeguata). Più in generale, ha detto Caruana, il rischio è di avere governi sovraindebitati, un sistema finanziario sovraregolamentato, una concorrenza compromessa e la globalizzazione ormai un ricordo del passato: da questo scenario «scaturirebbero una crescita anemica, rischi di inflazione ben maggiori e tensioni internazionali». Dal canto loro, le banche centrali devono «adottare un approccio più attivista» nel contrastare le bolle finanziarie. Infine i prodotti finanziari innovativi: devono essere considerati come i farmaci e sottoposti a test: alcuni possono essere venduti liberamente, altri hanno bisogno della ricetta medica, alcuni vanno messi al bando.

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lufthansa rilancia su malpensa ma frena in casa (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 27 - Economia Lufthansa rilancia su Malpensa ma frena in casa Le banche pubbliche russe aumentino progressivamente i loro portafogli crediti per un totale di 400-500 miliardi di rubli (9,1-11,4 miliardi di euro) entro ottobre MILANO - La bandiera tedesca sventola sempre più alta nel cielo sopra Malpensa. Lufthansa ha chiesto alla Iata per la prossima stagione invernale 10 slot in più sull´aeroporto milanese, dove ha già posizionato nove aerei della neonata Lufthansa Italia. Una decisione ancor più significativa se letta assieme alle scelte strategiche generali della compagnia di Francoforte che di fronte al crollo dei passeggeri (-7,1% a maggio, un po´ meglio del -9,6% di tutti i vettori europei) ha appena annunciato di aver messo a terra 25 aerei. La ragnatela di voli Lufthansa sullo scalo milanese invece è sempre più fitta. E sommando ai suoi servizi quelli dei partner di Star Alliance, dicono in molti, siamo a un passo dalla massa critica per lanciare i primi voli intercontinentali made in Germany da Milano... Ettore Livini [i tedeschi e le tasse] BERLINO - A tre mesi dalle elezioni politiche, la voglia di conquistare consensi promettendo sgravi fiscali sta giocando un brutto scherzo alla CduCsu, cioè la Dc tedesca della cancelliera Angela Merkel pur strafavorita dai sondaggi. Il partito di maggioranza relativa promette agli elettori un alleggerimento tributario e di contributi a tutto campo: meno aliquote Irpef, salvo per i super-ricchi, più assegni familiari, più sussidi per la formazione scolastica dei figli, asilo-nido gratuito garantito, pensione minima esentassse, più pensione per le madri di famiglia, più agevolazioni fiscali per gli agricoltori, e via dicendo. Cose da un altro mondo, commentava ieri lunedì la Frankfurter Allgemeine che pure non è sospetta di simpatie per la Spd. Il partito della cancelliera, nota il più influente quotidiano tedesco, sembra parlare da un´altra epoca, da prima della crisi finanziaria internazionale, e si getta da solo in una grave crisi di credibilità. Andrea Tarquini

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Un'estate di audacia e le imprese respirano (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-30 - pag: 1 autore: MISURE ANTIRECESSIONE Un'estate di audacia e le imprese respirano di Orazio Carabini M olte imprese italiane, soprattutto piccole, che sono alle prese con la recessione, hanno, nei fatti, un solo vero problema: sopravvivere a questi mesi di contrazione dell'attività. Non resistere o tirare la cinghia, ma sopravvivere. Se non ci riusciranno, la base produttiva del paese risulterà impoverita nel momento in cui l'economia mondiale ripartirà. Con tutto quello che ne consegue: ripresa lenta, accentuazione del divario verso gli altri paesi, maggiori difficoltà di aggiustamento della finanza pubblica dopo lo shock da recessione. Se il governo vuole davvero aiutare le imprese che lottano per non affogare, in questo momento deve incanalare la liquidità verso chi ne ha bisogno. Tutto quanto contribuisce ad allentare la tensione finanziaria delle aziende, è di giovamento alla lotta per la sopravvivenza. Molto dipende dalle banche: la leva del credito è nelle loro mani, e la pressione quasi ossessiva che ministri e imprenditori esercitano nei loro confronti si spiega così. Ma il governo ha un'altra arma importante per far affluire fondi alle imprese: il rimborso dei crediti della Pubblica amministrazione. Il decreto con i provvedimenti anti-crisi approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso ne tratta estesamente. I propositi per evitare che in futuro si accumulino stock di debiti pari a quelli attualmente in essere (40 miliardi circa), sono del tutto condivisibili. Per il passato, i 40 mi-liardi appunto, si rimanda invece alle «risorse a tal fine stanziate con la legge di assestamento del bilancio dello Stato ». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha accennato alla possibilità di sbloccare 5 miliardi. Se la legge di assestamento confermerà questo importo, il mondo delle imprese non farà salti di gioia. Perché è vero che la manovra estiva è complessivamente orientata nella giusta direzione. Ma è altrettanto vero che, soprattutto nelle piccole aziende, si sta diffondendo la sensazione di una sottovalutazione della crisi e dei suoi potenziali effetti. Ormai è abbastanza chiaro a tutti che il governo teme le "sanzioni" dei mercati finanziari. Continua u pagina 23 l'articolo prosegue in altra pagina

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Entrate in calo di 37 miliardi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-06-30 - pag: 1 autore: Per Berlusconi deficit al 5% «se non cambierà nulla» - Ue: segnali di miglioramento «Entrate in calo di 37 miliardi» Napolitano sollecita tregua nelle polemiche da qui al G8 «Se le cose non cambiano, a fine anno si potrà anche arrivare al 5% del rapporto deficitPil ma c'è da considerare un minor gettito di 37 miliardi di euro»: lo ha detto ieri il premier Silvio Berlusconi che è tornato a criticare l'informazione. «Quando si parla troppo di crisi si provoca sfiducia e si comprimono consumi e domanda». Il presidente del Consiglio ha poi liquidato l'ipotesidi un esecutivo tecnico («una vera balla inventata dalla stampa estera») e ha ribadito: «Il governo ha fatto bene, è il più forte dell'Occidente rispetto a un'opposizione che è un cadavere che cammina ». Intanto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lancia un appello: «Sarebbe giusto, di qui al G-8, data la delicatezza di questo grosso appuntamento internazionale, avere una tregua nelle polemiche». Da Bruxelles la commissione Ue parla segnali di miglioramento dell'economia europea e di lenta stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la situazione resta fragile». Servizi u pagine 5 e 19 Commento u pagina 14 l'articolo prosegue in altra pagina

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Etica e regole per l'economia della globalità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 5 autore: Caritas in Veritate. L'enciclica del Papa «Etica e regole per l'economia della globalità» Carlo Marroni CITTà DEL VATICANO Governo della globalizzazione e ripensamento dell'intera impalcatura del capitalismo, da rimodulare con al centro l'uomo e l'etica dei comportamenti. L'enciclica "Caritas in Veritate", firmata ieri nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, segnerà a fondo il pontificato di Benedetto XVI, durante il quale è scoppiata una delle maggiori crisi economiche della storia. L'enciclica, la terza del suo pontificato, è attesa da circa due anni e quella che vedrà la luce la prossima settimana sarà il risultato di almeno cinque stesure, frutto della continua evoluzione degli eventi ma anche della volontà del Papa di dare maggiore concretezza al messaggio. «è ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica. Riprendendo le tematiche sociali contenute nella Populorum Progressio, scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967, questo documento, che porta la data proprio di oggi, 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, intende - ha detto ieri all'Angelus il Papa - approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità nella verità. Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo che la Chiesa offre all'umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti». La "Populorum Progressio" fu dedicata alla cooperazione tra i popoli e al problema dei paesi in via di sviluppo e all'epoca denunciò l'aggravarsi dello squilibrio tra paesi ricchi e poveri, sferzando l'allora imperante neocolonialismo. Oggi la nuova enciclica- un documento di oltre 100 pagine al quale hanno lavorato una gran quantità di alti prelati ed economisti ma dove la mano del Papa è intervenuta ripetutamente nella stesura finale - in qualche modo mette in luce che non si è avverato quanto auspicato nella Populorum: è, cioè, mancato lo spirito a fronte di una eccedenza di tecniche e di materia. E l'uomo senza spirito soccombe. E il segnale lo si è colto già all'indomani del fallimento della Lehman Brothers, quando a sorpresa Benedetto XVI disse davanti al Sinodo: «Il crollo delle banche dimostra che i soldi sono nulla». Da allora, era ottobre, è stato un crescendo: solo qualche giorno fa aveva ribadito che «la crisi finanziaria ed economica mostra in modo evidente come siano da ripensare certi paradigmi economico-finanziari che sono stati dominanti negli ultimi anni». E oggi c'è chi dice che Benedetto XVI con la sua prossima enciclica sociale «mostrerà di essere a sinistra della maggior parte degli americani, incluso il Presidente Obama» ha commentato padre Thomas J. Reese, gesuita statunitense già direttore della prestigiosa rivista della Compagnia di Gesù, "America" fino al 2005 (per le sue posizioni troppo liberal in passato è stato spesso richiamato da quella Congregazione per la dottrina della fede guidata dallo stesso Ratzinger). Reese è tuttavia uno degli osservatori più attenti e informati sulla Chiesa cattolica e in un articolo pubblicato sul Washington Post il religioso ha spiegato quali saranno alcuni dei punti forti della prossima enciclica del Papa. «I conservatori rimarranno scioccati e contrariati dal testo che rifletterà lo scetticismo di Benedetto XVI verso un capitalismo selvaggio basato sull'avidità » ha annunciato il gesuita, secondo il quale infatti Benedetto XVI «non rigetterà affatto l'insegnamento sociale progressivo dei suoi predecessori più vicini» (Giovanni Paolo II e Paolo VI in particolare, ndr) ma «piuttosto mostrerà di essere a sinistra della maggior parte degli americani, incluso Obama ». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL DOCUMENTO Testo di 100 pagine preparato con il contributo di alti prelati ed economisti: progresso sostenibile nel rispetto della dignità umana

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In Eurolandia segni di miglioramento (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 5 autore: Il rapporto trimestrale. Ora riforme strutturali dalla sanità alla previdenza In Eurolandia segni di miglioramento Adriana Cerretelli BRUXELLES. Dal nostro inviato Riforme strutturali, partendo dalle pensioni «incoraggiando la generazione dei babyboom a restare sul mercato del lavoro», dalla sanità e dall'allungamento in generale della vita attiva per tutti, donne comprese. In un'Europa dove la popolazione invecchia precipitosamente e i flussi migratori alla lunga tenderanno a rallentare, non ci sono altre credibili alternative, ha ribadito ieri la Commissione Ue presentando il rapporto trimestrale sui 16 paesi di eurolandia. Nel complesso, dice Bruxelles, si confermano i segnali di miglioramento dell'economia e di lenta stabilizzazione dei mercati finanziari, anche se «la situazione resta fragile e si dovrebbero ancora verificare grandi deprezzamenti di attivi» nel settore bancario. Sullo sfondo resta sempre, per ora immutato, lo scenario della crescita negativa però non c'è dubbio che gli indicatori pubblicati ieri in contemporanea con il rapporto Ue, dicono che la fiducia in giugno è aumentata per il terzo mese consecutivo tanto tra le imprese, quanto tra i consumatori e nei servizi, soprattutto perché sono migliorate le attese sulla prossima fine della crisi. Gli incrementi più rilevanti (+3,2 punti) si sono registrati in Germania e Francia. Più modesti in Olanda (+1,5) e in Italia (+1,1). Nonostante alcuni dati appaiano incoraggianti, nulla autorizza ad abbassare la guardia. Al contrario. Perché, se i piani di stimolo e di salvataggio del settore bancario da un lato hanno puntellato l'economia ed evitato il peggio sul fronte finanziario, dall'altro hanno devastato le finanze pubbliche dell'area euro. In un triennio il tasso di indebitamento medio lieviterà nientemeno che di 18 punti per toccare l'84% (contro il limite massimo del 60 fissato da Maastricht)l'anno prossimo e crescere ulteriormente in seguito, sul filo dell'attesa espansione dei deficit pubblici. Dovuta anche «all'atteso aumento delle spese legate all'invecchiamento della popolazione e all'effetto negativo che il fenomeno avrà sul potenziale di crescita, con ripercussioni negative sulla sostenibilità delle finanze pubbliche». Il tutto in un'area dove la crisi e la conseguente perdita di occupazione, produttività e investimenti hanno già avuto l'effetto di più che dimezzarne la crescita potenziale: dall'1,8% del 2000-06 allo 0,7%di quest'anno e seguenti. Con una popolazione che invecchia perché cala la mortalità e crescono le aspettative di vita, l'Europa siritrova a dover ricalibrare il suo modello di società da un punto di vista cultural-organizzativo oltre che economico. Da qui al 2060 la vita media degli uomini salirà da 76,6 a 84,5 anni, quella delle donne da 82,3 a 89. In contemporanea i flussi migratori, che faranno approdare 46,2 milioni di persone in eurolandia, continueranno ma con tendenza al rallentamento. E si concentreranno su poche destinazioni: la prima l'Italia con 12 milioni di persone, seguita dalla Spagna con 11,6 e dalla Germania con 8,2. Il risultato di tutto questo sarà che la popolazione nel 2060 risulterà stabile sui livelli attuali. Però se oggi per ogni 4 pensionati ci sono 10 lavoratori, allora il rapporto sarà di 7 a 10. Dunque, dice Bruxelles, le attuali riforme, che prevedono di portare nel 2060 da 61,2 a 63,4 anni l'etàdella pensione per gli uomini e da 61,2 a 63,1 per le donne, «dovranno elevare l'età di altri 3-5 anni». Tra i paesi dell'euro, l'Italia rientra con la Francia nel gruppo di quelli che, grazie alle riforme già fatte, vedrà aumentare la spesa pubblica «solo del 4% del Pil o meno».L'Italia,con la Francia, sarà anche il paese che però vedrà scendere più che altrove il livello della pensione rispetto al salario. Per questo la Commissione invita a non ostacolare chi voglia lavorare più a lungo, anzi a creare incentivi per incoraggiarli, a prevedere forme di part-time per pensionati, a informare sulla necessità di trovare altre forme di reddito oltre alla pensione. © RIPRODUZIONE RISERVATA EFFETTO DEMOGRAFICO Allungare il periodo lavorativo: nel 2060 la vita media degli uomini salirà da 76,6 a 84,5 anni e per le donne da 82,3 a 89

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Il fisco europeo tra dirigismo e concorrenza (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-30 - pag: 14 autore: PIT STOP ... Il fisco europeo tra dirigismo e concorrenza T roppa concorrenza fiscale fa male all'Europa? Una serie di argomentazioni e di fatti, da qualche mese a questa parte, sembra mettere in discussione una delle leve sui cui diversi paesi (a cominciare dall'Irlanda)hanno costruito nel recente passato successi formidabili, riuscendo ad attrarre per questa via ingenti capitali stranieri tradottisi in massicci investimenti. Diciamo subito che, in questo caso, la questione dei paradisi fiscali e del segreto bancario, al centro dell'attenzione internazionale e oggetto di un'irrinunciabile stretta, non c'entra. Come non c'entra un altro tema destinato più o meno fatalmente a tornare presto protagonista in Europa: lo "scudo fiscale" per far rientrare i capitali detenuti all'estero,esperienza già battuta per prima dall'Italia nel 2001 e poi ripresa da diversi altri paesi. Il problema riguarda il progressivo scivolamento verso posizioni contrarie alla concorrenza fiscale tra i sistemi economici.L'ex commissario europeo alla Concorrenza Mario Monti, per esempio, ha auspicato un maggiore grado di coordinamento fiscale per evitare che le «crescenti diseguaglianze tra i paesi e nei paesi conducano a reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari paesi nel caos politico o in regimi non democratici». Sono i sistemi fiscali a elevata progressività, ha spiegato Monti, quelli che strutturalmente tendono a ridurre le diseguaglianze. D'altra parte,aggiungono icritici della concorrenza fiscale, guardate cosa è successo alle ex Tigri del Baltico, a paesi come la Lettonia e l'Estonia e in generale all'Est europeo dell'ex blocco orientale.La famosa "flat tax"d'ispirazione liberista fondata su una sola (bassa) aliquota non ha impedito clamorosi crolli del Pil, il collasso del settore privato e situazioni ai limiti estremi dell'insolvenza. Infine, a conferma delle distorsioni provocate dalla competizione sul terreno fiscale, ecco il richiamo ( quello di Adriano Galliani vicepresidente del Milan) a un altro prato, quello verde dei campi di calcio. Seguendo le regole spagnole il Milan avrebbe a disposizione 42 milioni di euro in più l'anno. Con la "legge Beckham", infatti, i calciatori stranieri per tre anni pagano la metà (aliquota del 24% contro il 43%) delle imposte dei loro colleghi spagnoli. Messo sul piano della contesa ideologica (da una parte i sostenitori del "coordinamento fiscale" contro la concorrenza "sleale",dall'altra i fautori della libera concorrenza che spinge per principio imprese e capitali a localizzarsi laddove il Fisco preme di meno) il caso rischia di non trovare alcun approdo. Più interessante, forse, notare sul piano pratico (soprattutto in questo momento di costose politiche anticrisi) che la corsa incontrollata della spesa (quella inefficiente, molto estesa da noi) può trovare un freno proprio nella competizione fiscale, imponendo di fatto un "paletto" alla capacità impositiva dei vari governi. Non dimentichiamo che la "vecchia" Europa soffre da tempo di problemi di bassa crescita dovuta anche all'alta tassazione. E che l'Italia, paese che è cresciuto in media ancora di meno, registra non a caso i record della più alta fiscalità sul lavoro dipendente, della maggiore tassazione del lavoro autonomo, dei capitali e dei redditi d'impresa. Non possiamo permettercelo. guido.gentili@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO ITALIANO Un vincolo all'imposizione può mettere un freno alla spesa pubblica di Guido Gentili

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Tagli alle emissioni a rischio-dazi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-30 - pag: 14 autore: Tagli alle emissioni a rischio-dazi di Martin Feldstein I riscontri scientifici indicano che l'accumulo di CO2 nell'atmosfera dovuto all'utilizzo di combustibili fossili nei processi industriali di vario tipo contribuisce al progressivo riscaldamento globale con ripercussioni negative a lungo termine sulle condizioni di vita in tutto il pianeta. Proprio avendo ben chiaro tutto ciò, i rappresentanti di oltre 150 paesi si sono dati appuntamento a Copenhagen nel dicembre prossimo per discutere in che modo ridurre le emissioni di CO2. Uno dei suggerimenti più comuni è l'imposizione di una tassa che dovrebbe essere applicata alle aziende che emettono CO2 nelle loro fasi produttive o a quelle che vendono prodotti quali la benzina, che emette CO2 nella fase di sua combustione. Ma constatiamo che nessuna tassa su tali emissioni è stata adottata. Quantunque i governi stiano imponendo maggiori contributi sulla benzina, paiono riluttanti per l'opposizione dell'opinione pubblica nei confronti di qualsiasi forma ulteriore di tassazione. I governi si sono concentrati sul sistema detto cap-and-trade, considerato uno strumento valido per aumentare i costi dei prodotti per fabbricare i quali si producono ingenti emissioni di CO2 nell'atmosfera, senza con ciò imporre esplicitamente una tassa. In conformità al sistema cap-andtrade i governi fissano una quantità precisa totale di emissioni di CO2 consentite a livello nazionale per ogni anno: in base a ciò qualsiasi azienda che produca emissioni di CO2 dovrebbe procurarsi un permesso per ogni tonnellata di CO2 rilasciata nell'atmosfera. Se il governo vendesse questi permessi in un'asta, il loro prezzo costituirebbe una spesa per l'azienda in questione, tanto quanto la tassa sulle emissioni di CO2, e avrebbe anch'essa il risultato di aumentare il prezzo dei prodotti al consumo. Il sistema cap and-trade, pertanto, di fatto imporrebbe una tassa sulle emissioni di CO2 senza dover ammettere esplicitamente di essere una vera e propria forma di tassazione. Ma il sistema cap-and-trade potrebbe comportare rischi molto gravi per il commercio internazionale. Anche se ogni paese applicasse tale sistema e se tutti indifferentemente mirassero a una medesima riduzione relativa delle emissioni di CO2 a livello nazionale, i prezzi dei permessi così ottenuti sarebbero differenti tra loro, in ragione delle differenze a livello nazionale dei livelli iniziali di CO2 e delle caratteristiche produttive interne a ogni paese. Poiché il prezzo dei permessi per le emissioni di CO2 in un paese si riflette nel prezzo dei suoi prodotti, il sistema inciderebbe pesantemente sulla loro competitività a livello internazionale. Quando i prezzi dei permessi diverranno sufficientemente alti da avere un impatto significativo sulle emissioni di CO2, ci saranno pressioni politiche per introdurre tariffe doganali sulle importazioni in grado di controbilanciare il vantaggio di cui godono i paesi con permessi a basso costo. Simili tariffe doganali volte a riequilibrare vantaggi e svantaggi dovrebbero poter distinguere tra i vari prodotti (essere più alte per i prodotti a maggiore emissione di CO2) e tra i vari paesi (essere più elevate per i paesi con permessi a basso costo). Un simile sistema di tariffe doganali così complesse e differenziate è proprio quel genere di protezionismo per eliminare il quale i governi si sono a lungo adoperati, sin dall'inizio del processo Gatt, avviato oltre 50 anni fa. Ma c'è di peggio:i sistemi di cap andtrade in pratica non si affidano unicamente alle aste pubbliche per distribuire i permessi per le emissioni. Il progetto approvato dal Congresso degli Stati Uniti (il disegno di legge WaxmanMarkey) prevede invece in un primo tempo di distribuire l'85% dei permessi, imponendo una complessa serie di politiche e di regolamenti, e consentendo alle varie società di acquistare compensazioni per la CO2 che emettono (per esempio finanziando alberi da piantare), invece di ridurre le loro emissioni o di comperare i permessi. Tutti questi aspetti complessi rendono impossibile paragonare l'impatto delle politiche miranti a ridurre le emissioni di CO2 tra i vari paesi, il che a sua volta implica che i vari paesi chiederebbero più alti livelli di tariffe doganali per tutelare i loro posti di lavoro. Per questo non esiste al momento una soluzione facile, ma prima di precipitarci a imporre tariffe doganali, è importante tenere a mente che le politiche cap and-trade non sarebbero l'unica risorsa a disposizione dei governi per far valere le differenze dal punto di vista della concorrenza. Strade, porti, e perfino scuole migliori contribuiscono tutti ad aumentare la competitività di un paese. Se a Copenhagen la comunità internazionale si accorderà per adottare il sistema cap and-trade, i paesi che prenderanno tale decisione dovranno altresì decidere di non fare alcun tentativo per introdurre tariffe doganali per controbilanciare la situazione che possano compromettere sul lungo periodo il nostro sistema globale di libero commercio. L'autore è docente di Economia ad Harvard Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Anna Bissanti) VERSO COPENHAGEN Molti stati, come gli Usa, si avviano a imporre limiti alla CO 2 : dovranno accettare di non prevedere tariffe doganali speciali

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La crisi? Si esorcizza con i convegni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-30 - pag: 14 autore: Tra teoria e realtà. La proliferazione di studi e analisi La crisi? Si esorcizza con i convegni di Innocenzo Cipolletta C ombattere la crisi con la crisi? Perché no. L'industria che più macina fatturato, in questi tempi di crisi, è proprio quella delle analisi e delle conferenze sulla crisi! è dalla metà dell'anno scorso che sono state lanciate conferenze sulla crisi: prima per capire se, finalmente, eravamo entrati in recessione, poi per scegliere se era recessione o depressione. Quindi si è discettato a lungo sui confronti tra questa crisi e quella del '29.Poi ci siamo domandatise il peggio era passato e se avevamo toccato il fondo. Così abbiamo cominciato a vedere alcuni segni di rallentamento della caduta. Qualcuno ha iniziato a parlare di primi germogli positivi ( green shoots) da non tagliare. Continuamente abbiamo comunque discusso di riforma del sistema finanziario internazionale, di legal standard e di nuove regole. Abbiamo anche convenuto che il mondo, dopo la crisi, non sarebbe più stato quello di prima. Ora cominciamo a parlare anche di exit strategy. E c'è chi già chiede come sarà la prossima ripresa. Ma c'è anche chi teme scenari ad U o peggio a W (lunga stagnazione prima della prossima ripresa o rimbalzo effimero seguito da una nuova recessione), senza escludere del tutto la L rovesciata (lunga stagnazione depressiva dopo la recessione). Certo, non mancano anche i timori per il ritorno dell'inflazione e c'è chi paventa i collassi delle finanze pubbliche devastati dal sostegno al sistema bancario. Tutti siamo d'accordo,a parole,a rifiutare il protezionismo, causa, negli anni Trenta, della grande crisi. La mia non è affatto facile ironia su questo diluvio di convegni e seminari. Al contrario, partecipo a molti di essi e per alcuni ne sono stato promotore. Capisco e condivido l'ansia di conoscere. Inoltre constato che questi convegni, oltre ai soliti oratori che fanno la spola dall'uno all'altro a volte anche nello stesso giorno, danno lavoro a molte persone che altrimenti sarebbero disoccupate. E si tratta spesso proprio di quei precari che si trovano nella peggiore situazione, perché privi di contratti di lavoro stabili e, quindi, non coperti da alcuna forma di protezione. Forse, a partire da queste esperienze, dovremmo mettere tra gli stabilizzatori automatici in tempi di recessione (ossia quelli che scattano automaticamente a compensare i fenomeni recessivi) anche i convegni sulle crisi, perché essi agiscono come la Cassa integrazione guadagni per quei lavoratori che sono privi di un contratto di lavoro stabile. Avremmo così dato una, sia pur minima risposta alla esigenza di estendere i sistemi di protezione salariale anche a chi non ha un contratto da lavoro dipendente a tempo indeterminato. E forse così eviteremo la recessione a W, ossia la seconda ondata recessiva, provocata dalla perdita di reddito dei disoccupati, che segue la prima ondata recessiva, quella che abbiamo già vissuto e che invece era stata causata essenzialmente dagli atteggiamenti cautelativi delle imprese e delle famiglie, che avevano rinviato molte delle loro spese di investimento e di consumo per paura del futuro. Certo non arrivo a pensare che possano essere solo i convegni sulla crisi a sostenere i redditi persi dai lavoratori a tempo determinato. Per questo resta importante e ormai urgente, come più volte detto, aggiornare il nostro sistema di ammortizzatori sociali, estendendolo a tutti i lavoratori, proprio per evitare la seconda ondata recessiva che rischiamo di vedere nel prossimo autunno. Allora sarà troppo tardi per intervenire e non potremo che rassegnarci a intensificare i convegni sulla crisi. icipoll@tin.it © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Fini: crisi del governo? Fantasie (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-30 - pag: 17 autore: Centro-destra. «Fiducia alta in Berlusconi, la gente giudica i risultati» - E cita Dahrendorf sulle disuguaglianze Fini: crisi del governo? Fantasie «Cambiare la seconda parte della Costituzione, ripartano le riforme» Michele Calcaterra MADRID. Dal nostro corrispondente «Pensare a una crisi di governo significa confondere la realtà con le speranze di qualcuno ». Così Gianfranco Fini a Madrid per una serie di incontri istituzionali tra cui il presidente Josè Luis Zapatero e l'ex premier José MarÍa Aznar, ha risposto alla platea del Forum Nueva Economia, curiosa di sapere sulla tenuta dell'esecutivo italiano, sulla sua credibilità e sulla sua immagine internazionale, date le numerose vicende "rosa" che coinvolgono in questo momento il premier Silvio Berlusconi. Nessuna crisi di stabilità, dunque, così come - ha precisato il presidente della Camera con tono fermo - «le capacità di un governo di aumentare il consenso e la credibilità nazionale e internazionale dipendono da quello che il governo fa, dai risultati che porta e da null'altro», come conferma il successo elettorale. Fini si è sottratto alle domande sulla "condotta" di Berlusconi. Ma in un editoriale online di Farefuturo, fondazione culturale finiana, nel recensire un libro americano si contesta il «culto del presidente» e il modello «Caligola» di leadership. Subito smentito, però, in un successivo corsivo, qualunque riferimento al premier italiano. «Io leader? – dice Fini ripetendo la domanda di un giornalista della tv spagnola –.Non è un problema di attualità». Come a dire che la questione di essere il «delfino » o l'erede di Berlusconi, non si deve porre ora e in questi termini: «In una democrazia – precisa – sono sempre e soltanto gli elettori a scegliere e in un partito a decidere sono gli iscritti». Un messaggio, quello del presidente della Camera, che pare diretto al cuore del Pd. Eppure, il problema della successione prima o poi, come ha detto recentemente Berlusconi, si porrà anche all'interno del Pdl.E ieri a Navacerrada, in occasione dell'inaugurazione dell'università d'estate della Faes, "think tank" del Partito popolare, Fini ha ricevuto l'endorsement di Aznar: il presidente della Camera «ha davanti a sé un futuro brillante, da leader». E in effetti, Fini è apparso ieri qualcosa di più della terza carica dello Stato. Ha parlato a tutto campo: di crisi, di economia, ma anche di riforme istituzionali e strutturali. Perché, secondo il presidente della Camera, bisogna guardare in avanti, al medio-lungo termine e non fermarsi a misure di carattere congiunturali. è dunque in questa ottica che, per quanto riguarda il nostro Paese, ha auspicato riforme strutturali, per qualificare il capitale umano, migliorare la scuola, la ricerca scientifica, la giustizia civile, il mercato del lavoro. Ma anche e soprattutto riforme per migliorare il funzionamento delle nostre istituzioni. «C'è bisogno - ha detto Fini - di un restyling della seconda parte della Costituzione». Come a dire che il bicameralismo perfetto italiano ha fatto il suo tempo e che è ora di mettere mano a una riforma condivisa della Costituzione. è comunque sul fronte dell'economia che Fini ha riscosso i più ampi consensi. Il presidente della Camera, contrario al protezionismo e allo statalismo (espansione del debito e dei deficit pubblici), come misure per superare la crisi mondiale, ha messo in chiaro che in futuro bisogna fare meno finanza e produrre più ricchezza reale. Ma soprattutto pensare a un'economia più sociale, che ponga l'accento sulle persone e riduca il gap esistente tra Nord e Sud (essenziale per risolvere il problema dei flussi migratori). Un sistema condiviso a livello internazionale («l'interesse nazionale non può essere perseguito fino al punto di tradursi in un egoismo irragionevole e autolesionista ») che deve poggiare, ha detto citando Ralf Dahrendorf, su tre pilastri: produzione di ricchezza reale, riduzione delle disuguaglianze e diffusione di libertà. Un sistema incui l'Unione europea dovrebbe ritrovare l'ambizione di essere uno dei principali "player". © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO FAREFUTURO La fondazione finiana attacca: torna la tendenza del «culto del presidente». Poi però precisa: riflessioni senza riferimenti al premier A Madrid. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini ( a destra), con l'ex premier spagnolo José MarÍa Aznar, all'inaugurazione del Campus Faes ANSA

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Ora non si torni allo statalismo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-30 - pag: 17 autore: Documento. Il discorso del leader di Montecitorio sull'economia «Ora non si torni allo statalismo» Pubblichiamo alcuni stralci dell'intervento svolto dal presidente della Camera Gianfranco Fini ieri a Madrid. di Gianfranco Fini L a tempesta finanziaria originata negli Stati Uniti si è rapidamente propagata a livello internazionale con caratteristiche di intensità e virulenza che testimoniano come, in contesti ormai globalizzati e ad elevato grado di interdipendenza, i singoli fenomeni patologici possano amplificarsi e degenerare, anche in campo economico, in vere e proprie "pandemie". La crisi ha costretto tutti, a cominciare da alcuni degli economisti più accreditati, a compiere uno sforzo di analisi e di approfondimento rimettendo in discussione paradigmi e chiavi di lettura che, fino a poco tempo fa, sembravano ampiamente consolidate. In questo senso, va respinta la tesi semplicistica per cui l'attuale situazione non farebbe che confermare una presunta, ma non dimo-strata regola costante della storia del capitalismo moderno per cui anche nelle fasi di crescita sarebbero riscontrabili i sintomi latenti di crisi destinate periodicamente ad esplodere. Questa tesi, quando non è ispirata da pregiudizi ideologici, viene strumentalmente sostenuta per affermare la necessità di massicci e generalizzati interventi pubblici nell'attività economica. è innegabile che la storia del capitalismo è contrassegnata dall'alternanza di cicli congiunturali e dal periodico riproporsi di crisi. Tuttavia, è altrettanto vero che le crisi, quando anche hanno segnato un temporaneo arretramento degli andamenti macroeconomici, non hanno pregiudicato la tendenza costante, nel medio e lungo termine,alla crescita,con l'adozione di nuove tecniche e di più avanzati processi produttivi. Il terreno su cui si è manifestata la crisi in atto sembra doversi individuare nello scarto esistente tra lo sviluppo impetuoso del comparto finanziario e la fragilità dell'assetto della sua regolamentazione, con particolare riferimento alla sottovalutazione dei rischi endemici. Le degenerazioni causate da tale squilibrio non possono dunque essere imputate al mercato e alla concorrenza, ma a quell'insieme di fattori distorsivi che hannoseriamente alterato quelle condizioni essenziali ai fini del loro corretto funzionamento. Il problema è di definire un quadro di regole effettivamente applicabili volte ad evitare che soltanto alcuni approfittino dei benefici derivanti da un sistema di libero mercato e che gli abusi di pochi si traducano in un danno per molti. Tra le regole, carattere prioritario deve essere attribuito alla composizione dei diversi interessi e alla tutela dei più deboli. Sotto questo profilo, ci assiste proprio quel modello di economia sociale di mercato che rappresenta l'architrave portante dell'evoluzione dei sistemi democratici a fondamento dei quali risiede la stessa concezione di sviluppo economico. Il caso dell'Italia presenta alcune particolarità in quanto nel mio Paese il sistema bancario è stato meno pesantemente investito dalla crisi finanziaria. Tutto ciò è essenzialmente dipeso dalla maggiore oculatezza che ha tradizionalmente contraddistinto il sistema italiano nell'erogazione del credito così come dalla più bassa propensione dei privati a ricorrere all'indebitamento. Tuttavia, questa peculiarità rischia, paradossalmente, di produrre alla lunga conseguenze incerte sull'andamento dell'economia e sulle prospettive di ripresa. Infatti, la prassi della rigorosa valutazione del credito sta inducendo le banche a limitare l'erogazione di finanziamenti alle imprese già colpite dalla contrazione degli ordinativi. L'Italia dovrà anche proseguire i suoi sforzi per consolidare i progressi già in parte realizzati in occasione di una maggiore liberalizzazione ed apertura concorrenziale dei mercati, mettendo al riparo quanto già acquisito da inopportuni tentativi di restaurazione. Ritengo che l'Italia, proprio in ragione delle peculiari caratteristiche del suo sistema economico, contrassegnato da una notevole flessibilità e capacità di adattamento, con particolare riguardo alla diffusione di piccole e medie imprese, oltre che alla ridotta esposizione debitoria del settore privato, potrebbe svolgere un ruolo propulsivo per promuovere interventi più efficaci e coordinati sia a livello europeo che a livello internazionale. Mi riferisco, in particolare, alla necessità di recuperare un più intenso raccordo tra i maggiori e più vicini partners dell'Unione europea, in particolare con Francia, Germania e Spagna, per individuare soluzioni condivise su cui sollecitare gli altri paesi. L'impatto positivo che una politica concertata può produrre supera di gran lunga il vantaggio che può essere assicurato da un singolo Paese, a parità di risorse impegnate. Ovviamente, le stesse considerazioni valgano per la definizione di un quadro di regolazione applicabile per tutti. Il risultato, in termini di recupero della credibilità del sistema finanziario nel suo complesso, e di affidabilità nei confronti dei risparmiatori, sarebbe evidente. Questo è un patrimonio che non dobbiamo svilire; può, invece, costituire un fattore di orgoglio e di forza che deve indurre l'Europa a rivendicare un ruolo attivo nel disegno di una nuova governance mondiale che ci permetta di uscire dalla crisi in condizioni migliori dal punto di vista delle prospettive di uno sviluppo duraturo ed equilibrato. TERAPIE ANTI-CRISI Raccordo con i partner europei, in particolare Germania, Francia e Spagna, per individuare soluzioni e proposte condivise

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Disagio nel vertice Consob dopo lo scontro sugli avvisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-06-30 - pag: 42 autore: Regole. Le dimissioni (respinte) di Cardia aprono un caso Disagio nel vertice Consob dopo lo scontro sugli «avvisi» Riccardo Sabbatini Il dissidio è sugli avvisi finanziari a pagamento, ma non soltanto su quello. Le clamorose dimissioni presentate venerdì dal presidente della Consob Lamberto Cardia al Consiglio dei Ministri, e da quest'ultimo respinte, hanno fatto emergere un disagio più profondo al vertice della autorità di vigilanza a pochi giorni dall'incontro annuale con il mercato finanziario (il 13 luglio). Con il presidente, da un parte, ad incassare la «fiducia ed apprezzamento » dell'Esecutivo, e la maggioranza dell'authority dall'altra.Il contrasto,come è noto, ha riguardato il mantenimento degli obblighi di pubblicità finanziaria sui quotidiani che la commissione, nel trasporre la direttiva sulla transparency nei propri regolamenti, aveva rimosso preferendo Internet come supporto informativo. Trovandosi poi "spiazzata" dagli ordini del giorno parlamentari in cui si chiedeva di reintrodurli. La discussione non riguarda soltanto i migliori standard informativi per gli investitori ma anche gli effetti che la mancata pubblicità finanziaria obbligatoria avrebbe sui bilanci delle società editrici (stimati nel complesso in circa 50 milioni) che già si trovano a patire le conseguenze della crisi. Ciò che le ha spinte - anche la società editrice de "il Sole 24 Ore" a ricorrere preso il Tar contro la Consob. All'indomani delle prese di posizione parlamentari Cardia aveva chiesto di modificare i regolamenti appena approvati ma il suo punto di vista è risultato minoritario. La maggioranza degli altri commissari (Paolo di Benedetto, Vittorio Conti, Luca Enriques e Michele Pezzinga) ha deciso di attendere eventuali iniziative del Governo dicendosi disponibile, per intanto, a sospendere gli effetti delle misure già prese. Il contrasto non appariva insanabile ma è stato esacerbato dalla decisione di Cardia di presentare le dimissioni, resa nota proprio il giorno in cui il Consiglio dei ministri prendeva posizione a suo favore. Non è la prima volta che il vertice della Consob si divide. Già nei mesi scorsi il presidente della commissione ha suggerito soltanto "a livello personale" quei correttivi protezionisti alla normativa sull'Opa poi fatti propri dal Governo nonostante le perplessità manifestate dall'associazione degli emittenti (Assonime) e dall'Antitrust. E divergenze al vertice dell'authority sono intuibili anche nel pratico "insabbiamento" delle nuove regole sui conflitti d'interesse che, oggetto di una consultazione nella primavera del 2008, non sono più state poste all'ordine del giorno della commissione. Il protrarsi di simili contrasti segnala l'indebolimento della leadership che l'attuale presidente - navigato grand commis dello stato entrato in Consob nel 1997 come commissario – esercita sulla commissione. Ciò che, naturalmente, non favorisce la sua operatività in una situazione di particolare incertezza dei mercati finanziari. Per tornare al decreto legislativo sugli avvisi a non è chiaro quale sarà il suo impatto. Per come è scritta, infatti, la nuova norma coinvolge in generale gli articoli del Testo unico della finanza (113-bis, 113-ter e 114) che riguardano i prospetti dei fondi d'investimento, l'informativa societaria periodica e continua delle società quotate. Non solo, pertanto, le comunicazioni oggetto delle richieste degli editori ( avvisi di deposito di prospetti o di pagamento di interessi) ma anche, per fare alcuni esempi, bilanci, comunicazioni price sensitive o relative alle partecipazioni rilevanti delle società quotate. è un'imponente mole di informazioni diffuse attualmente con supporti elettronici, peraltro già oggetto degli articoli dei giornali, per le quali la Consob - stabilisce il decreto – dovrà ora prevedere la obbligatoria «pubblicazione anche tramite mezzi di informazione su carta stampata». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA QUESTIONE I commissari da una parte, il presidente dall'altra: la commissione si è divisa in varie occasioni e l'ultima è stata sulle pubblicità legali

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Solo un quinto dei soldi va davvero ai poveri (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

8 PER MILLE Il contributo usato dalla Chiesa per pagare la pubblicità Solo un quinto dei soldi va davvero ai poveri «Con l'otto per mille alla Chiesa cattolica avete fatto molto, per tanti». È la frase che accompagna gli spot radiotelevisivi e le inserzioni su quotidiani, riviste e siti web per invitare i contribuenti a destinare alla Chiesa cattolica l'otto per mille dell'Irpef. Una campagna pubblicitaria redditizia, che frutta circa un miliardo di euro di incasso annuo, e costosa: lo scorso anno, la Conferenza episcopale italiana ha speso quasi 22 milioni di euro. Nel bilancio consuntivo del 2008, documento riservato dei vescovi reso noto dall'agenzia di informazioni Adista, la Cei ha iscritto nella sezione «proventi» 11 milioni di euro ricevuti dall'Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc) per promuovere il «sostegno economico» e altri 11 milioni come «quota dell'otto per mille per attività promozionali». Denaro poi quasi interamente investito in pubblicità, visto che nel capitolo «oneri» è scritto che il «Servizio promozione sostegno economico» è costato 21.628.882 euro. Le spese pubblicitarie sono cresciute di oltre un milione di euro rispetto al 2007 anche perché, dopo un decennio di costante incremento, quest'anno le entrate dell'otto per mille caleranno: è diminuita del 4% la percentuale di coloro che hanno scelto di dare l'otto per mille alla Chiesa cattolica - mentre aumentano le firme per lo Stato (+3,5%) e i valdesi - e soprattutto è diminuito l'incasso di 35 milioni di euro, passato dai 1.002 milioni del 2008 ai 967 del 2009. Tanto che, per fare fronte alle spese, i vescovi dovranno attingere al fondo di riserva, prelevando 42 milioni di euro. «In Italia e nel Terzo Mondo, il tuo aiuto arriverà dove c'è bisogno di aiuto» ricordano gli spot pubblicitari. In realtà però solo un quinto dei soldi incamerati verrà destinato ad «interventi caritativi»: 205 milioni, di cui 85 per interventi nei Paesi del Terzo mondo. Quasi la metà dei soldi raccolti, 423 milioni, verrà invece utilizzata per «esigenze di culto e pastorale»: in particolare 187 milioni serviranno per l'edilizia (costruzione nuove chiese e ristrutturazioni), 156 milioni andranno alle diocesi «per culto e pastorale», 32 al Fondo per la catechesi e l'educazione cristiana, 10 milioni e mezzo ai Tribunali ecclesiastici regionali e 37 milioni e mezzo per «esigenze di rilievo nazionale», cioè campagne pubblicitarie, grandi raduni e la vasta rete di associazioni che intervengono nei diversi ambiti della vita sociale. Circa un terzo dell'intero introito, 381 milioni di euro, verrà infine riversato nelle casse dell'Icsc, che paga gli stipendi ai 38mila sacerdoti in servizio in Italia e ai 600 preti delle missioni: poco più di 860 euro al mese ad «inizio carriera», 1.350 euro mensili per un vescovo alle soglie della pensione. Salari che poi vengono arrotondati poiché ogni sacerdote attinge anche alla cassa parrocchiale e gode dei cosiddetti «diritti di stola», ovvero le offerte date dai fedeli, secondo un preciso tariffario, per battesimi, matrimoni, funerali, ecc.. In calo anche le «offerte deducibili» volontarie dei fedeli per il sostentamento del clero: è diminuito sia il numero di offerte (160.878, -6,2% rispetto all'anno precedente), sia l'incasso (16,5 milioni di euro, -1,4%). In confronto a dieci anni fa, quando le offerte superarono i 21 milioni di euro, la perdita è del 25%. L'introito resta alto, ma inferiore a quanto riescono a raccogliere altre organizzazioni con le sole donazioni volontarie (Unicef Italia e Airc 60 milioni, Medici senza frontiere 35 milioni, Telethon 30 milioni, Save the children e Emergency 20 milioni), segno che si fa strada una certa resistenza da parte dei cattolici a mettere mano al portafogli per sostenere la Chiesa e i sacerdoti. I vescovi se ne sono accorti: le offerte dei fedeli «non sono in grado di incidere in misura significativa sul fabbisogno complessivo del sistema di sostentamento del clero», ha detto il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, presentando il bilancio all'ultima assemblea generale. E allora sono scattate le contromisure per tentare di arrestare l'emorragia di denaro, a partire dall'intensificazione della pubblicità sull'otto per mille: è necessario «continuare a puntare sulle campagne di promozione al sostegno economico per la Chiesa cattolica, per tenere alta la percentuale delle firme in nostro favore», dicono i vescovi. Poi, per incrementare le offerte deducibili, un rigido sistema di controllo delle parrocchie, ritenute le principali responsabili del pessimo risultato: tutte le 26mila parrocchie italiane d'ora in poi verranno schedate in modo che l'Icsc possa controllare le offerte provenienti da ogni singola parrocchia e, successivamente, come in una sorta di cottimo, premiare le più efficienti con incentivi economici proporzionali agli incassi. Infine la finanza: «i nostri uffici - si legge in un altro documento dei vescovi - hanno predisposto un nuovo piano di allocazione e diversificazione degli strumenti finanziari» per il prossimo triennio. Anche per evitare il tracollo del 2008 quando, riporta ancora il bilancio della Cei, i «proventi finanziari» sono scesi dai 33 milioni del 2007 a meno di 2, con una perdita secca di 31 milioni di euro. Forse qualche operazione spericolata finita male. Oppure, come spiega mons. Crociata, la colpa è della «crisi dei mercati finanziari».

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Non sottovalutare gli anticorpi del sistema (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 8 autore: ANALISI Non sottovalutare gli anticorpi del sistema di Fabrizio Galimberti N arrano le leggende bancocentrali che un giorno un presidente della Bundesbank convocò una riunione per esaminare un ostico problema di economia. Dopo ore di dotte discussioni, il presidente ebbe a dichiarare che era entrato nella sala delle riunioni con le idee confuse, ma ora «sono ancora confuso, se pure a un livello più elevato». La stessa sensazione può sorgere in quanti, in questi mesi, hanno ascoltato tante dotte analisidell'ostica crisi che ha avvinghiato l'economia mondiale dall'estate del 2007:siamo ancora confusi, ma a un livello più elevato. Per diradare la nebbia si consiglia la lettura del primo capitolo della Relazione annuale della Banca dei regolamenti internazionali. «Come è potuto accadere?», recita l'incipit. E la narrazione spiega come l'economia abbia bisogno di fiducia e di certezze. In un mondo finanziario ormai globale lo sgretolamento della fiducia, legato alla triste scoperta dei titoli tossici non poteva non far danno all'economia reale. Che cosa succede quando si entra in una stanza buia? La prima reazione è quella di immobilizzarsi. E nel buio della crisi finanziaria l'economia si immobilizzò: il contagio era passato dalla finanza all'economia reale. Imprese e famiglie tiravano in barca i remi della spesa e nel mondo intero stridevano i freni del ciclo. La candida relazione ammette che «il sistema finanziario moderno è immensamente complesso, forse troppo per essere veramente compreso ». Parole forti, che suscitano subito un angoscioso interrogativo. Vuol dire che siamo condannati, finita questa crisi, a piombare in un'altra? Le crisi economiche, scrisse Joseph Schumpeter, non sono come le tonsille, che si possono togliere evitando così per sempre le tonsilliti: «Sono come il battito del cuore, appartengono all'essenza stessa dell'organismo ».E le crisi servono all'organismo per liberarsi delle tossine accumulate nella fase di espansione (i due anni prima della crisi furono il biennio di crescita più elevato del dopoguerra). Ma siamo davvero condannati ad agguantare di nuovo la prosperità solo per ricadere nella recessione? La relazione della Bri ripete la litania delle riforme: vigilare meglio, evitare strappi del credito anche se l'inflazione è bassa, intervenire sugli incentivi con i sistemi di remunerazione... Ma fortunatamente, ci sono anche le reazioni spontanee del sistema: molti sbagli sono stati già puniti così duramente (azionisti e banchierihanno perso camicia e reputazione) che ci penseranno da soli a non ripetersi. E possiamo anche contare, almeno per un po' di tempo, su un ritorno al buon tempo andato dell'attività bancaria tradizionale. «Fare banca non dovrebbe essere eccitante. Se l'attività di una banca è eccitante vuol dire che c'è qualcosa che non va», dice Clay Ewing, presidente della German American Bancorp, una banca dell'Indiana. Ci sono insomma due filoni di riforma:il top down (le riforme che vengono dall'alto: standard legali, istituzioni e regole) e il bottom up (le riforme che sorgono dal basso). E queste micro-reazioni saranno probabilmente altrettanto importanti delle macro-regole nel disegnare il sistema del dopo- crisi. Tanto più che, come ha osservato Richard A. Posner (sul New York Times del 25 giugno), molto di quel che è andato storto nella crisi non è dipeso tanto dall'assenza diregole quanto dalla loro applicazione: la vera patologia era «la timidezza dei funzionari, la contaminazione fra pubblica amministrazione, politica e gruppi di interesse, la marginalizzazione del dissenso di fronte al potere del consenso». Insomma, le crisi passate e la crisi presente si sarebbero date in presenza di una sorveglianza più robusta, di una più matura attitudine dell'investitore? Il pessimista dirà che, anche se quel particolare svolgimento della crisi fosse stato impedito, l'acqua della convulsione avrebbe aggirato l'ostacolo, si sarebbe scavata altri percorsi, avrebbe in ogni caso bagnato le polveri della saggezza e scavalcato la diga del ritegno. L'ottimista dirà che le regole e la loro applicazione più o meno severa dipendono dalle convinzioni di fondo di politici, burocrati e grandi manager pubblici. Rimane sempre di attualità la staffilata di Keynes: «Gli uomini di azione, che si credono esenti da ogni influenza intellettuale, son di solito schiavi di qualche economista defunto. Pazzi al potere, che odono voci nell'aria, distillano le loro frenesie da scribacchini accademici di anni addietro». E questa crisi si è fortunatamente incaricata di far oscillare il pendolo verso un più giusto mezzo fra mercato e regole. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE CORREZIONI Le reazioni spontanee scaturite dal basso hanno già punito gli sbagli commessi da azionisti e banchieri

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Crescita minacciata, la finanza dimagrirà (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

CRACK GLOBALE La Bri contro i salvataggi Crescita minacciata, la finanza dimagrirà Carlo Leone Del Bello Il ritornello, ripetuto dai scentri studi degli enti internazionali e sovranazionali (quelli invisi al premier) è lo stesso da mesi: la crisi finanziaria sembra superata, così come la fase peggiore del crollo dell'economia reale. Questa posizione tuttavia non implica assolutamente che ci sarà un ritorno alle «magnifiche sorti e progressive» del capitalismo dell'ultimo decennio. Insomma, siamo ancora in recessione mentre la ripresa sarà lentissima e quasi sicuramente accompagnata da alta disoccupazione strutturale. Ieri è toccato a Commissione europea e alla Banca dei regolamenti internazionali (Bri) ricordare rispettivamente come la crescita potenziale di lungo periodo sia seriamente minacciata e come il sistema finanziario uscirà profondamente modificato dalla crisi. La Commissione è la prima ad evitare di infondere false speranze. Si legge nel rapporto trimestrale sull'area euro che «ci sono alcuni segnali di miglioramento, ma l'economia è ancora in fase di contrazione». I segnali positivi infatti vengono principalmente da indagini sulla fiducia (la quale, proprio ieri, nell'area è risultata in crescita di 3,1 punti, anche se è ancora al livello più basso dal 1992), mentre i dati «hard» - produzione industriale, Pil e occupazione - rimangono «depressi». Segni di miglioramento tangibili vengono invece dal mercato finanziario, da una salita dei corsi azionari e dall'assottigliarsi degli spread creditizi. In ogni caso, continua a rimanere debole la crescita della moneta e del credito. È tuttavia il futuro meno prossimo a mostrare più problematiche, secondo il rapporto della Commissione. L'attuale crisi, indipendentemente dalle cause, si sta svolgendo in concomitanza con una crisi bancaria, e l'evidenza empirica mostra come ci sia un significativo rischio di perdita nel livello di output potenziale. Addirittura non è da escludere un abbassamento permanente del tasso di crescita potenziale. Quello di «crescita potenziale» è un concetto astratto, ma sostanzialmente indica la crescita che si avrebbe utilizzando appieno i fattori produttivi (capitale e lavoro). Durante le recessioni questa può calare, per via di disoccupazione e calo degli investimenti. Tali effetti negativi possono permanere tuttavia per molto tempo, seguendo i ritmi della «riallocazione» dei fattori produttivi (leggasi: licenziamenti). In caso di recessione molto prolungata e profonda, tuttavia, c'è un rischio maggiore rappresentato dalla perdita di capitale umano (capacità e competenze possedute da lavoratori che non rientreranno mai più nel processo produttivo) e calo degli investimenti in ricerca e sviluppo. Questo scenario, il più allarmante, non è completamente escluso dallo studio della Commissione, ampiamente documentato sotto il profilo della più recente letteratura economica. Anche nello scenario migliore tuttavia, l'output potenziale tornerà al livello pre-crisi non prima del 2011. La Bri - istituzione internazionale composta dalle banche centrali mondiali - non è da meno nel dipingere questo clima da «nulla sarà più come prima». La ripresa sarà lenta anche per l'ente con sede a Basilea, ma i cambiamenti più drastici toccheranno al sistema finanziario mondiale, che dovrà sottoporsi a una cura dimagrante. Le banche in futuro dovranno infatti essere «più piccole, più semplici e più sicure», e dovranno quindi ridurre le dimensioni dei loro bilanci, ridurre la leva finanziaria (rapporto fra attivi e capitale di rischio). Sono tuttavia le prospettive di lungo periodo a spaventare l'istituzione, preoccupata che i salvataggi del sistema bancario possano remare contro questa necessità di ridurre il gigantismo delle banche. I salvataggi infatti, oltre a porre la questione del moral hazard (il manager è incentivato a comportarsi spregiudicatamente perché sa che verrà salvato), hanno anche spesso favorito la fusione fra banche, cioé esattamente l'opposto di quanto auspica la Bri. Per l'istituzione di Basilea, infine, la politica monertaria del futuro dovrà preoccuparsi non solo dei prezzi al consumo, ma anche di immobili e azioni, onde prevenire il formarsi di nuove «bolle speculative».

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Bocciati i colossi del credito (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-06-30 - pag: 8 autore: Bocciati i colossi del credito Per la Bri devono diventare più piccoli, semplici e sicuri Riccardo Sorrentino BASILEA. Dal nostro inviato Quella banca è troppo grande per fallire? Allora è «troppo grande per esistere». La Bri non si smentisce. Sola, negli anni scorsi l'organizzazione internazionale di Ginevra non aveva avuto paura di lanciare segnali di allarme sulla crisi finanziaria che si preparava. Ora, dopo aver avuto tristemente ragione, propone, nel rapporto 2009 pubblicato ieri, analisi e idee anche più coraggiose. è solo un esempio l'invito a «tassare in pratica le dimensioni delle banche». La proposta è di chiedere un patrimonio crescente oppure una leva finanziaria minore, in relazione alla grandezza o alle interconnessioni delle aziende di credito: «Le banche devono diventare più piccole, semplici e sicure», spiega la Bri, preoccupata perché i salvataggi stanno concentrando i mercati, «aumentando il rischio sistemico», e stanno incentivando i manager a rallentare il risanamento, allontanando una ripresa economica che già promette di essere lenta. La Bri si muove quindi di nuovo controcorrente. Se negli anni scorsi, quando tutti si affidavano ciecamente ai mercati, l'enfasi era sui limiti e sulla prociclicità - la tendenza a rafforzare boom e depressioni - del settore finanziario («i mercati hanno fallito sotto alcuni aspetti fondamentali », spiega oggi la Bri ricordando che «possono non autocorreggersi »), l'attenzione è ora rivolta, con lo stesso pragmatismo, contro il mito dello "stato salvatore". Ai banchieri di Basilea non piacciono molto, infatti, le politiche ideate dai governi, «una combinazione disordinata di rimedi urgenti per contenere la crisi e bozze di riforma di ampio respiro». Innanzitutto non occorrono tante spese ( oggi pari al 5% del Pil globale): «Finché il sistema di intermediazione non riprenderà a funzionare, l'ingentestimolo fiscale potrebbe facilmente rivelarsi inefficace». Servono piuttosto interventi «tempestivi, mirati e temporanei». Il pericolo, oltre a quello di far salire tassi e inflazione, è «che la capacità di indebitamento dei governi si esaurisca prima che sia ultimata la costosa opera di risanamento del settore finanziario ». E fermarsi troppo presto sarebbe un grave errore. Non servono neanche, come molti invocano, «una maggiore regolamentazione e un maggior accentramento, ma piuttosto una migliore regolamentazione e una migliore vigilanza che inducano il settore privato a rafforzare gli incentivi, la gestione del rischio e il governo societario», i tre punti deboli del settore finanziario che, dice, «subirà un ridimensionamento ». L'organizzazione di Basilea ha infatti acceso i riflettori su molte distorsioni del settore privato: i conflitti d'interesse delle agenzie di rating, gli errori nella valutazione dei rischi (basati su assunzioni statistiche false), persino la pratica dei manager di aumentare i rendimenti delle azioni a vantaggio degli azionisti che li ha spinti a indebitarsi sempre più. Mai però si troverà nel rapporto una condanna del mercato o dell'innovazione finanziaria, una contrapposizione esplicitamente negata - tra banche e borse come fonti di finanziamento o, peggio, un elogio del protezionismo, esito molto temuto anche per i movimenti di capitali:l'analisi della Bri punta a cercare soluzioni. Per i mercati over-the-counter, per esempio, propone che si crei una «controparte centrale» da inserire tra il compratore e il venditore che non avrebbero più rapporti diretti tra loro, in modo da meglio gestire i rischi. Per stemperare la prociclicità del settore finanziario studia intanto un «coefficiente patrimoniale anticiclico»: riserve che le banche dovrebbero accumulare quando le cose vanno bene e usare quando vanno male. A vantaggio dei risparmiatori immagina poi di introdurre per gli strumenti finanziari un sistema analogo a quello dei farmaci, nel quale vengono distinti i prodotti per tutti, quelli che richiedono una ricetta, quelli riservatissimi per i protocolli sperimentali e quelli illegali. La Bri non rinuncia infine ai suoi cavalli di battaglia. Se la vigilanza macroprudenziale che si rivolge all'intero sistema e non alle singole banche - viene oggi studiata da tutte le banche centrali, è ancora un tabù l'idea che la politica monetaria debba contrastare l'inflazione finanziaria, le bolle. Come, però, non è ancora del tutto chiaro. Il cammino non è infatti semplice, molte tra le procedure proposte devono essere messe a punto. «Il moderno sistema finanziario è immensamente complesso, forse troppo complesso perché una sola persona possa davvero capirlo », dice la Bri, che conclude: «Sarà un compito lungo e complicato, ma non vi è scelta. Deve essere affrontato». riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA DELICATI COME FARMACI «Gli strumenti finanziari vanno classificati in quattro categorie: per tutti, solo su ricetta, sperimentali e illegali»

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Dolci come il cioccolato i profitti dei gruppi turchi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-06-30 - pag: 28 autore: Classifiche Dolci come il cioccolato i profitti dei gruppi turchi Vittorio Da Rold è una storia dolce come il cioccolato e profumata come i biscotti della nonna fatti in casa quella della Ulker, società dolciaria turca guidata dal dinamico Murat Ulker, presidente della Yildiz Holding, oraattestataal42Úpostonellatop list delle 500 migliori aziende turche selezionate dall'edizione sul Bosforo della rivista Fortune. Una scalata in classifica resa possibile dalla clamorosa acquisizione- avvenuta un anno e mezzo fa- della Godiva, la prestigiosa società belga produttrice di cioccolatinie praline, ceduta dalla americana Campbell (zuppe e minestre già pronte) alla Ulker, la fabbrica di cioccolato sul Bosforo, la cui sede si staglia imperiosa nella zona asiatica di Istanbul. La società americana allora vendette (dicembre 2007) il prestigioso marchio chocolatier con 420 punti di vendita Godiva spesso presente negli aeroportie stazioni, pari a circa due terzi del fatturato della società belga. Un ghiotto boccone che ha consentito alla Ulker di farsi largo, a sorpresa, tra la lista deelle prime 500 finora dominata dai colossi turchi dei settori energia, automotive, elettrodomestici e fonderie. E gli altri? Sempre secondo la rivista Fortune, la crisi finanziaria internazionale ha colpito ma senza piegare le altre società turche. Le maxi-imprese della Mezzaluna avrebbero sì visto diminuire i loro profittia causa della tempesta economica, ma avrebbero aumentato sia le vendite interne sia l'export. Di media i ricavi sarebbero aumentati del 16,5%, i profitti diminuiti del 35,5%. Questo in sintesi il bilancio 2008, quando la crisi, iniziata nel 2007, si era già fatta sentire sui mercati internazionali. Gli introiti totali delle prime 500 aziende turche nel 2007 sono stati di 337,2 miliardi di lire turche, 169 miliardi di euro circa, nel 2008 di 392 miliardi di lire turche, 189 miliardi di euro circa. Sempre secondo Fortune, saranno 358 su 500 le aziende che nel 2009 riporteranno profitti mentre 142 chiuderanno i conti in rosso. Al momento al primo posto fra le prime 500 società turche c'è la Tupras,la Compagnia turca di raffinazione del petrolio, che nel 2008 ha aumentato i suoi profitti del 35% a 30 miliardi di lire, 15 miliardi di euro.Al secondo posto c'è la Botas, che gestisce gli oleodottie i gasdotti, tra cui quello Baku-Tblisi-Ceyhan (Btc), con profitti per 10 miliardi di euro, e al terzo la compagnia di distribuzione energetica (Tedas) con poco meno di 10 miliardi di euro. Al quarto posto troviamo la Petrol Ofisi (8 miliardi euro), la Shell & Turcas Petrol(5 miliardi di euro), la Turk Telekom (5 miliardi di euro), Enka Costruction (4,5 miliardi di euro), Turkcell (4,4, miliardi di euro) Electricity Generation (4,4 miliardi di euro) e Ford auto (3,5 miliardi di euro). La porzione maggiore, rispetto al totale dei ricavi, spetta al settore petrolifero (pari al 17,59% del totale)seguito dall'energia (9,52%). Il settore con il maggior numero di aziende presenti nella top list è quello delle fonderiee stampi in metallo con ben 33 società in classifica, segno che serve in futuro qualche "fusione" societaria in più nel settore. vittorio.darold@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA LE 500 DI FORTUNE Dopo l'acquisizione di Godiva, a sorpresa entra in top list la Ulker Nel 2009, pur con la crisi, guadagni per 358 imprese

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Greenergy, tutta la forza dell'energia "verde" a Milano (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( ARTENERGY ) data: 2009-06-30 - pag: 18 autore: INFORMAZIONE PUBBLICITARIA A cura de Il Sole 24 ORE System APPUNTAMENTI - L'EVENTO SI TERRà IN CONTEMPORANEA CON ENERSOLAR+ Greenergy, tutta la forza dell'energia “verde” a Milano A novembre Milano diventa capitale di un settore che cresce di oltre il 30% all'anno L a green economy è sempre più una realtà concreta, che crea occupazione e sviluppo a impatto zero. In questo contesto favorevole è nato Greenergy Expo, il nuovo evento dedicato alle energie rinnovabili che, dal 25 al 28 novembre 2009, metterà in mostra a fieramilano (Rho) tecnologie già pienamente disponibili e prodotti competitivi. Si terrà in contemporanea con EnerSolar+, l'evento focalizzato su solare fotovoltaico e termico organizzato da Artenergy Publishing e Fiera Milano Tech. Nella seconda metà del 2009, EnerSolar+ e Greenergy Expo saranno l'unico evento internazionale del settore nel Centro-Sud d'Europa. UNA FIERA, DIVERSI SALONI Greenergy Expo sarà suddiviso in diversi saloni: Biogas (salone internazionale dell'industria del biogas); Enerlegno (salone internazionale dell'energia del legno); Hydro Energy (salone internazionale dell'energia mini idroelettrica); Europellets (salone internazionale dell'industria del pellet, tecnologie e produzione di calore); Cogenexpo (salone internazionale della cogenerazione e trigenerazione); Geothermia (salone internazionale dell'energia geotermica e delle pompe di calore); Energy Market (salone internazionale del mercato libero dell'energia). Il nuovo evento si rivolgerà anche all'utente finale, in modo da favorire una sempre maggiore consapevolezza di come sia possibile “produrre energia risparmiando il pianeta”. Per questo motivo, la manifestazione proseguirà fino a sabato. LE RINNOVABILI, NUOVE ENERGIE PER LA RIPRESA In questo periodo di crisi economica, le energie rinnovabili si propongono come “volani” in grado di favorire la ripresa. Secondo un recente rapporto di UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, il 2008 è stato il primo anno in cui, nel mondo, gli investimenti privati dedicati alla costruzione di impianti da fonti di energia rinnovabili hanno superato quelli per tecnologie alimentate da combustibili fossili. L'anno scorso gli investimenti in energia “verde”, infatti, sono stati di circa 155 miliardi di dollari, con un aumento del 5% rispetto al 2007. Nonostante il ruolo crescente di Paesi emergenti quali Cina e India, a investire maggiormente è comunque sempre l'Europa con 49,7 miliardi di dollari, seguita dal Nord America (30,1 miliardi). L'andamento è quindi molto positivo, ma l'UNEP avverte che sebbene i governi di tutto il mondo si siano già impegnati per 180 miliardi dollari per favorire la crescita delle energie rinnovabili, è necessario incrementare ulteriormente gli investimenti in questo settore. “Le rinnovabili, che pure hanno risentito della crisi finanziaria, sono pronte a ripartire sfruttando i cospicui finanziamenti ‘anticiclici' che molti Paesi hanno messo a disposizione - spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e presidente di Exalto - . è il caso degli Usa, con 70 miliardi di dollari destinati a efficienza e rinnovabili che daranno i loro frutti a partire dal 2010, ma anche della Cina, che ha appena lanciato uno schema di incentivazione per il fotovoltaico aprendo così un gigantesco mercato a questa tecnologia solare”. Nel frattempo, continuano i segnali di crescita. è stato positivo, ad esempio, anche il bilancio 2008 del RECS (Renewable Energy Certificate System), il sistema di certificazione internazionale dell'energia prodotta da fonti rinnovabili a cui corrispondono i certificati omonimi, pari a 1 MWh, che possono essere richiesti su base volontaria dai produttori e scambiati sul mercato nazionale e internazionale. In Italia, l'anno scorso sono stati oltre sette milioni i certificati RECS rilasciati dal GSE (Gestore dei Servizi Elettrici): una quantità pari a 7 TWh di energia elettrica rinnovabile prodotta nel nostro Paese, contro le 1,3 TWh del 2007. Dopo anni di ritardi, il nostro Paese svolge ora un ruolo sempre più importante nel settore ed entro il 2020 può raggiungere l'ambizioso obiettivo di produrre da fonti energetiche rinnovabili (FER) un kilowattora su tre. Lo afferma, in un dossier presentato recentemente, la Fondazione Sviluppo Sostenibile secondo cui il Governo sembra orientato al 25%, ma potrebbe invece puntare al 33%, con 50 Twh di elettricità da FER in più prodotta in Italia, anziché ricorrere, come sta accadendo, a importazioni consistenti di elettricità da fonti rinnovabili. “L'obiettivo della direttiva 2009/28/ CE sulla promozione delle energie rinnovabili, fissato per l'Italia al 17% del consumo di energia nel 2020, tenendo conto del risparmio energetico richiede che circa 22 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) provengano da fonti rinnovabili - afferma Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile - . La parte più consistente può venire dalle rinnovabili per l'elettricità (oltre 10 Mtep), il resto dal calore (circa 8 Mtep) e dai biocarburanti (3 Mtep). Tenendo conto delle importazioni, dovremo produrre al 2020 almeno 50 nuovi miliardi di chilowattora da rinnovabili (ne abbiamo prodotti 58 nel 2008). Così potremo ridurre le emissioni di CO2 di circa 29 milioni di tonnellate, alimentare un consistente flusso di investimenti privati e di nuova occupazione, con un costo aggiuntivo ripartito in Kwh consumati al 2020 sostenibile, dell'ordine di 0.6 centesimi di euro”. Per consentire all'Italia di raggiungere gli obiettivi assegnati dall'Unione Europea va attuato in maniera efficace il meccanismo del burden sharing, che prevede una ripartizione degli obblighi tra le Regioni. Secondo Roberto Longo, presidente di APER (Associazione Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili), “partendo dalle potenzialità di ciascuna Regione il burden sharing rappresenta un'importante sfida per il nostro Sistema Paese, un'occasione unica per stimolare e motivare i cittadini, le amministrazioni locali e le Regioni ad attivarsi per accogliere e sviluppare al meglio, con l'aiuto di operatori seri e professionali, tutte le migliori possibilità offerte dalle energie rinnovabili sul territorio, il tutto nel pieno rispetto delle specifiche vocazioni e peculiarità”. L'OCCUPAZIONE DIVENTA “VERDE” In un contesto di continuo sviluppo, anche le previsioni occupazionali sono molto interessanti. In Europa, secondo lo studio Low carbon jobs del WWF (World Wildlife Fund), i “lavori verdi” sono 3,4 milioni (a cui vanno sommati altri cinque milioni di impieghi indiretti) distribuiti tra fonti rinnovabili (400 mila), trasporti sostenibili (2,1 milioni), beni e servizi per l'efficienza energetica (900 mila, in particolare nel settore edilizio). I green job hanno ormai superato gli impieghi legati a elettricità, gas, cemento, industrie del ferro e dell'acciaio, attività estrattive, che sono complessivamente 2,8 milioni. Secondo il rapporto del WWF, la crescita occupazionale è destinata a proseguire parallelamente a quella dell'economia a basso tenore di carbonio e al declino delle industrie inquinanti. Questo grazie anche a politiche favorevoli alle energie rinnovabili già avviate da molti Stati. In Europa, i “lavori verdi” hanno ampia diffusione soprattutto in Germania, Spagna, Danimarca, ma anche in Italia si sono aperti nuovi e interessanti scenari occupazionali. Secondo una stima di GSE (Gestore Servizi Elettrici) e IEFE Bocconi (Istituto di Economia e Politica dell'Energia e dell'Ambiente), nel nostro Paese la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili dovrebbe creare 250.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020. E per favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro nel settore delle rinnovabili è nata EnerJob 2009-L'energia dà lavoro, una nuova area espositiva che in occasione di Greenergy Expo vedrà il coinvolgimento delle aziende del settore e dei professionisti delle risorse umane. LE SINERGIE Fino a venerdì 27 novembre, in contemporanea con Greenergy Expo ed EnerSolar+ si svolgerà anche HTEHi. Tech.Expo, la rassegna dedicata al mondo della scienza, della ricerca e delle tecnologie più avanzate, suddivisa in fiere complementari e specializzate. Con Greenergy Expo, EnerSolar+ e HTE nasce così un grande evento in grado di coniugare le energie rinnovabili alle tecnologie avanzate, un progetto innovativo e originale nel panorama fieristico mondiale. Il giorno precedente l'inaugurazione di queste fiere si terrà anche INVEX 2009, il primo evento al mondo dedicato all'industria degli inverter, che richiamerà gli operatori di un settore in cui l'Italia svolge un ruolo molto importante.

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Almunia: passato il peggio ma ripresa lenta Geithner: il sistema migliora (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 30/06/2009 - pag: 29 Le stime di Bruxelles Almunia: passato il peggio ma ripresa lenta Geithner: il sistema migliora DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Non è ancora la famosa e viva luce alla fine del tunnel, perché il tunnel è lungo lungo, e gli economisti della Commissione Europea non sono abituati a certi entusiasmi. Però, nel rapporto trimestrale diffuso ieri da Bruxelles sulla situazione economica nei 16 paesi dell'Eurozona, per la prima volta il buio si attenua, si attenua almeno un poco. Si parla infatti di «timidi segnali di ripresa», e da un anno intero una simile espressione non si udiva più. Questa «mini-ripresa» è recentissima, dicono gli economisti della Ue, e dunque ancora fragile. E poi, resta il fatto che «l'Eurozona rimane in recessione profonda». Ma questa stessa recessione non domina più incontrastata, si scorgono qua e là delle reazioni: «Alcuni iniziali segnali di miglioramento sono stati visibili nelle ultime settimane... Il peggio sembra essere alle nostre spalle in termini di contrazione del prodotto interno lordo e le nostre stime di primavera prevedono una tenue ripresa per il 2010». E la priorità, quasi scontata, «è ora chiaramente di concentrare gli sforzi nella risoluzione rapida della crisi e tornare velocemente ad avere finanze pubbliche sane». Come, la Commissione Europea lo spiega con un ragionamento fatto già altre volte, ma ora rafforzato dalla gravità del momento: vanno «perseguite con vigore » le riforme strutturali suggerite dai cambiamenti demografici, (leggi: riforma delle pensioni), e bisogna incoraggiare la generazione che oggi termina il suo percorso lavorativo «a restare più a lungo sul mercato del lavoro piuttosto che andare in pensione». Nel linguaggio prudente del commissario all'economia Joaquin Almunia e dei suoi tecnici, tutto ciò è già molto. Vuol dire che, al netto di nuovi scompensi sempre possibili, subito dopo l'estate si potrebbe entrare nella fase di lenta guarigione. Questo è confermato fra l'altro dal fatto che si comincia a notare una ripresa della fiducia: gli indicatori economici «rimangono depressi » riferisce ancora la Commissione Europeama «i dati delle indagini hanno iniziato a mostrare un aumento della fiducia in gran parte dei paesi dell'Eurozona». Come si diceva, sono ancora possibili degli scompensi, e la Commissione Europea li indica già da ora: «Sorprese negative sulla crescita potrebbero aver luogo da sostanziose correzioni delle scorte». Non bisogna abbassare la guardia, concorda anche la Bri, la Banca dei regolamenti internazionali nel suo rapporto annuale da Basilea, perché le economie del mondo sono attese da «sfide immani». E la riforma del sistema finanziario resta «una priorità assoluta»: quasi il 5% del Pil mondiale è stato concentrato sul tentativo di ripresa, uno sforzo «che non ha precedenti nella storia». E c'è poi la grande paura che affiora in quasi tutti i paesi-membri, la conseguenza prima del trasferimento della crisi finanziaria sul piano dell'economia reale: «Il rialzo della disoccupazione nota ancora la Commissione Europea - potrebbe infrangere la fiducia e pesare pesantemente sulla ripresa». Ad aprile, infatti, la disoccupazione media della zona Euro ha toccato il culmine negli ultimi 10 anni: 9,2%. Non solo: le centinaia di miliardi investiti nel supporto al sistema finanziario (ricapitalizzazioni delle banche e così via), hanno avuto i loro effetti positivi, ma per Bruxelles molte banche sono ancora fragili: e «le autorità dovranno preparare una strategia credibile per la politica fiscale, così da poter gradualmente ritirare lo stimolo a mano a mano che la ripresa si consolida ». Come già sta avvenendo negli Usa. Dove ieri il segretario al Tesoro Timothy Geithner ha parlato di «maggiori segnali di stabilità», sottolineando come «il sistema finanziario stia guarendo », nonostante le sfide che ancora restano da affrontare. I rialzi degli indici I dati delle indagini iniziano a mostrare un aumento della fiducia in gran parte dell'Ue Previsioni Il commissario europeo Joaquin Almunia Luigi Offeddu

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Rimbalzano gli indici, bene Fiat (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Rimbalzano gli indici, bene Fiat Energetici A2A (+2,93%) e Tenaris (+2,87%) guidano i rialzi del comparto energetico Dopo un avvio titubante, la seduta a Piazza Affari ha decisamente imboccato la strada del rialzo, terminando con l'indice Ftse-Mib in progresso dell'1,41% e l'Ftse Italia All Share dell'1,58%. Il migliore fra i 40 titoli principali è stato Prysmian, il cui prezzo di riferimento è balzato a 10,6 euro, con un incremento su venerdì scorso dell'8,27%. La ragione dell'exploit è la notizia dell'avvio di negoziati con l'olandese Draka, che potrebbe essere incorporata nella società italiana leader mondiale nei cavi per l'energia e le telecomunicazioni. Ma è cresciuta molto anche Italcementi (+4,63%), soprattutto dopo lo stop della procedura di incorporazione della controllata Ciments Français, ma anche grazie al via libera del Cipe ai finanziamenti per i progetti di nuove infrastrutture, che si presume rilanceranno il mercato del cemento (non a caso l'altro titolo del settore, Buzzi-Unicem, è salito del 2,01%). In forte progresso, inoltre, Mondadori (+3,8%), mentre Fiat, sulla prospettiva dell'emissione di un bond destinato sia agli investitori istituzionali sia al pubblico, ha recuperato il 3,1% a quota 7,15 euro. Bene, poi, i titoli dell'energia, con Tenaris in crescita del 2,87% e A2A del 2,93%. In forte calo, infine, soltanto Lottomatica (-6,25%), che ha proseguito la discesa iniziata venerdì scorso dopo la decisione del Governo di procedere a una nuova gara per la concessione del Gratta e Vinci (che scade nel maggio del 2010) anziché rinnovare il contratto attuale, come atteso dal mercato.

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Il Gratta e Vinci frena Lottomatica (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Il Gratta e Vinci frena Lottomatica (g.fer.) Anche se riuscirà a vincere la nuova gara per il Gratta e Vinci, Lottomatica dovrà probabilmente pagare di più la concessione, che tutti davano per rinnovabile alla scadenza del maggio 2010. Il decreto fiscale del Governo, insomma, che ha indetto la gara, si è abbattuto come una doccia fredda sulla società leader nei giochi e nelle scommesse. Al punto da provocare la riduzione del target-price da parte di Cheuvreux. La conseguenza è stata una nuova flessione del titolo a Piazza Affari, che ieri ha chiuso con un prezzo di riferimento di 13,8 euro, in calo del 6,25% rispetto alla vigilia. Lorenzo Pellicioli presidente Lottomatica

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Deutsche Bank spinge Microsoft (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/06/2009 - pag: 33 Il caso a New York Deutsche Bank spinge Microsoft (g.fer.) Una forte correzione al rialzo del target-price (da 22 a 30 dollari) da parte degli analisti di Deutsche Bank: è questa la ragione principale della performance di Microsoft al Nasdaq, il listino Usa dei titoli tecnologici. Il titolo è terminato in crescita del 2,18% a 23,86 dollari, dopo essere salito nel corso della seduta fino a oltre 24 dollari. Hanno tuttavia giocato a favore alcune novità che la società americana ha comunicato ieri. Come l'inizio delle trattative per la vendita di Razorfish (valore fra i 600 e i 700 milioni di dollari), una delle più grandi agenzie interattive di advertising e marketing. O come l'accordo con la francese Canal Plus. Steven Ballmer ceo di Microsoft

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Le lingue salvate sulla via dell'ambra (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Cultura data: 30/06/2009 - pag: 35 Itinerari Dalla stratificazione culturale di Vilnius, la Gerusalemme del Nord, a Trakai: qui vivono 300 caraiti originari della Crimea Le lingue salvate sulla via dell'ambra In Lituania, dove l'ebraismo si fonde con il cristianesimo e l'islam di CLAUDIO MAGRIS 1. Vilnius per i lituani, Wilno per i polacchi, Vilna (Vilnè) per gli ebrei, la cui vitale presenza e cultura facevano della città «la Gerusalemme del Nord», un fervido centro dell'ebraismo di stampo illuminista e contrapposto al misticismo e alle correnti del messianesimo estremista, avversati dal grande maestro di erudizione rabbinica, il Gaon Elia. A Vilnius il cui nome ufficiale in quegli anni era quello polacco, Wilno è stato fondato nel 1925 lo Yivo, il grande istituto di cultura ebraica. Lo sterminio nazista, le persecuzioni sovietiche e un antisemitismo allora abbastanza diffuso fra la popolazione hanno pressoché distrutto la Gerusalemme del Nord, nonostante alcuni notevoli poeti yiddish. Ora lo Yivo opera e vive intensamente a New York; lì ho conosciuto molti anni fa Dina Abramowicz, una minuta e indomabile anziana bibliotecaria, che a suo tempo mi aveva molto aiutato in alcune mie ricerche, la quale era riuscita non solo a sfuggire ai nazisti, ma anche a portare con sé e a salvare clandestinamente migliaia di preziosi volumi, una buona parte dell'intera biblioteca ebraica. Pochi luoghi come la capitale lituana sono un concentrato di storia, una stratificazione di culture e nazionalità. A parte gli antichi popoli baltici scomparsi, che hanno lasciato poco più di un mitico nome, ma sono anch'essi un sostrato di queste terre i Curi evocati dall'odierna Curlandia fra Lituania e Lettonia, i Borussi o Prutzi vivi nei nomi di Prussia e prussiano, gli Iatvigi distrutti dai polacchi e dai Cavalieri Teutonici e sopravvissuti nell'origine di qualche cognome, come quello del nonno materno di Milosz in Lituania vivono oggi pure polacchi (non molti), bielorussi (la cui lingua era quella ufficiale del Gran Ducato prima del polacco) e russi, questi ultimi quasi divisi in due categorie: quelli residenti da tempo nel Paese e quelli arrivati con l'Unione Sovietica, ancora interiormente mi dicono di mentalità e abitudini sovietiche. Ma vi sono pure minoranze esigue e di antiche tradizioni storiche, come i Caraiti arrivati dalla Crimea nel 1400, che professano un ebraismo limitato all'accettazione del solo Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia, e prossimo a qualche aspetto dell'islamismo. Sono più o meno trecento in tutto e vivono per la maggior parte a Trakai, la prima capitale del regno di Lituania, con le loro piccole case di legno vicine a un incantevole malinconico lago, dominato dal castello in mattoni rossi, ricostruzione della reggia del primo e fondatore sovrano, Gedimino. Più che la Kenessa, la loro (quasi?) sinagoga chiusa, fanno bella mostra un paio di ristoranti che vantano una cucina tartara. Una lapide ricorda un loro poeta e sacerdote, Simunas Firkovicius, vissuto fra il 1897 e il 1982; quanto più un gruppo è minuscolo, tanto più ha bisogno di un cantore ufficiale, garante e glorificatore della sua identità. Il loro ebraismo dev'essere assai annacquato, se i nazisti li hanno risparmiati. 2. Nelle terre di confine la cultura è particolarmente legata, nel bene e nel male, alla politica, specialmente nei momenti di lotta per l'indipendenza, in cui spesso si sovrappongono aspirazioni alla sovranità statale e rivendicazioni di identità nazionale. Per parafrasare il titolo dell'intervento di Joanna Ugniewska al convegno di Seynj, in pochi luoghi come questi si sente e si capisce a cosa serva la letteratura. Il padre fondatore della nuova Lituania libera, Vytautas Landsbergis, leader del Sajudis, il movimento per l'indipendenza, e primo presidente del Paese, di cui proclamò la piena sovranità l'11 marzo 1990, si era fatto inizialmente conoscere come esperto studioso di Ciurlonis, il musicista e soprattutto pittore visionario attivo specialmente agli inizi del secolo scorso che ha espresso l'immaginario lituano, trasfigurando il suo arcaico patrimonio di miti e leggende radicate in un oscuro grembo naturale. Tra Vilnius e Druskininkai, il suo villaggio natío, la strada è scandita da sculture in legno, create da vari artisti nel centenario della sua nascita. La loro forma e le loro maschere ricordano i totem degli Indiani d'America, evocano un misterioso paganesimo consono al Paese che è stato l'ultimo, in Europa, a convertirsi al Cristianesimo. Ma alcune di queste sculture, per lo più di un colore rosso terra, culminano in un crocifisso che s'inalza al di sopra del totem non per schiacciarlo, ma quasi per continuare ad attingere alle sue linfe profonde, a quel tempo ancestrale che un'autentica religione universale come il Cristianesimo, se rettamente intesa, trascende senza cancellare, anzi continuando a farlo esistere nella continua trasformazione della vita. Il crocifisso sta più in alto, ma in un'altezza autentica, fraternamente consapevole del legame con quel basso primordiale e terrigno, di cui si nutre e ha bisogno e che rende più universalmente umano. 3. Lodata pochi anni fa dall'Unione Europea per una notevolissima crescita economica, la Lituania è oggi in grande difficoltà, colpita con virulenza dalla crisi finanziaria internazionale, ed è una magra consolazione che gli altri due Stati baltici stiano peggio. Girando per le strade di Vilnius, ordinate pulite e ben tenute, e anche nei dintorni lindi e sereni, non ci si accorge della crisi, evidentemente affrontata con civile dignità. C'è interesse per la letteratura italiana e le case editrici ad esempio la piccola e coraggiosa Nummi Boni pubblicano, nonostante le ristrettezze economiche, pure libri che sanno non destinati a grande diffusione, ma in cui credono. In questo repentino passaggio dal boom al quasi collasso c'è qualcosa di surreale e di clownesco, perché sembra che tutto si giochi non sulle cose, scarsità di petrolio o carestia di patate, bensì sulla mera carta. Quando la finanza trionfa sulla produzione e sull'imprenditoria, si ha una pantomima metafisica e gli zeri sulle banconote o sugli assegni diventano irreali come bolle di sapone, riacquistano la loro natura di zero non quale numero matematico bensì quale simbolo del nulla. Né in Lituania né altrove siamo per fortuna a questo punto, nonostante le geremiadi di troppi profeti di sventura troppo compiaciuti di annunciare sciagure e la fine del mondo ovvero del nostro modo di organizzarlo. Ma il senso del grottesco e della beffa, radicato nella tradizione lituana, aiuta forse ad affrontare i surreali capitomboli dell'economia e in particolare della finanza, cui forse ogni tanto è bene rispondere con le capriole di un saltimbanco. Un quartiere di Vilnius, U~upis, si è beffardamente proclamato Repubblica Indipendente, con tanto di presidente, inno nazionale, bandiera, festa ufficiale il giorno del pesce d'aprile, guardie dalla buffe uniformi e una Costituzione che garantisce il diritto all'acqua calda e ad essere felici ma anche infelici, condizione quest'ultima che la nostra società considera invece disdicevole e quasi colpevole. È una trasgressione che, a differenza di tante altre che ci affliggono con la loro supponenza, non si prende sul serio. Il suo nume tutelare è stato Petras Repays, professore all'Accademia di Belle Arti e innamorato della materia che si corrompe, dei muri che sbriciolandosi lasciano intravedere vecchi graffiti. La moda è certo più forte di ogni allegra buffoneria e infatti ha trasformato U~upis in un quartiere à la page, cosa del resto non deplorevole. Il grottesco vive pure nella letteratura lituana: nel suo romanzo Fuga nelle casematte, Herkus Kuncius rievoca il fantasioso funerale di Kaatoné, la cavalla del maresciallo Pilsudski, l'energico presidente polacco che sconfisse l'Armata rossa; a Vilnius, dov'era nato e che occupò militarmente nel 1920, Pilsudski fece seppellire la propria cavalla con tutti gli onori dovuti a un grande personaggio di Stato. I lituani sanno ridere. Quando Gorbaciov, durante le tensioni precedenti la proclamazione dell'indipendenza lituana, patrocinata soprattutto dal movimento Sajudis, ordinò che tutti i cacciatori, numerosi nel Paese, consegnassero i loro fucili, gli venne inviato un caloroso messaggio di ringraziamento da parte delle lepri e delle volpi lituane. E ancor oggi si ricorda «l'anima » della Vilna ebraica, Shimelé Kaftan, un mendicante buffone che per più di cinquant'anni aveva allietato la vita del quartiere ebraico con le sue facezie, le sue recite improvvisate, l'allegria con cui aiutava la gente facendola pure ridere. L'ebraismo distrutto sopravvive indistruttibile nello humour: «Io rido di Dio, diceva un santo chassidico, perché ho accettato il Suo mondo così com'è». (2 fine. La precedente puntata è stata pubblicata il 28 giugno) Un gruppo di statue nella piazza della Cattedrale di Vilnius, capitale della Lituania (Guido Cozzi / Corbis)

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