Sezione
principale: Giustizia
Alla scuola pensa la
Regione ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)" del
18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: provvedimento che dà attuazione a
una potestà riconosciuta dalle sentenze della Corte Costituzionale numero 13
del 2004 e numero 200 del 2009, e che, in questo modo, incardina sulla Regione
la ripartizione delle cattedre all'interno delle quote stabilite dal ministero
ma secondo criteri più coerenti con la distribuzione della popolazione e con le
esigenze didattiche della Sardegna».
canoni depurazione, da
ottobre i rimborsi ( da "Nuova
Venezia, La" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: secondo una sentenza della Corte
Costituzionale, perché le famiglie abitavano in zone prive di collegamento agli
impianti di depurazione. «Agli utenti dell'Asi per i quali si è riscontrato che
la via non è collegata a impianti di depurazione - spiega Teso - già con la
fatturazione scaduta a maggio non è stata più applicata la quota riferita alla
depurazione.
esposto al csm
( da "Centro, Il" del
18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Teramo ESPOSTO AL CSM ESPOSTO AL
CSM Un legale: «Non lo sapevo» GIULIANOVA. «Sono del tutto all'oscuro
dell'avvenuta presentazione dell'esposto al Csm che ho appreso essere stato
depositato dai coniugi Fiorello Di Rocco e Clorinda Ciarelli. Difendo i due
solo dal punto di vista giuridico»: così l'avvocato Gianfranco Iadecola
interviene sull'
La Consulta boccia i
magistrati che si trasformano in politici
( da "Tempo, Il" del
18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte Costituzionale ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata dalla sezione
disciplinare del Csm in relazione alla norma dell'ordinamento giudiziario che
vieta l'iscrizione nei partiti politici. Lo spunto per chiedere il pronunciamento
della Consulta riguardava il caso di Luigi Bobbio,
cancellati i risarcimenti
ai comuni "il governo scoraggia le parti civili" - gabriele isman
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: e forse la Corte Costituzionale»
risponde Cipriani. In parlamento il Pd aveva provato con un emendamento a
correggere la norma, ma l´idea non è passata, e persino un ordine del giorno in
questo senso è stato bocciato. «La decisione del parlamento di Roma di svuotare
il peso delle costituzioni di parte civile degli enti locali nei processi di
mafia,
La Corte Costituzionale:
bastacon le toghe nei partiti politici
( da "Secolo XIX, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale: bastacon le
toghe nei partiti politici il caso del magistrato (fuori ruolo) di an ROMA. Il
magistrato, anche se fuori ruolo, non deve essere iscritto a partiti politici.
Lo ribadisce la Consulta sottolineando che «nel disegno Costituzionale,
l'estraneità del magistrato alla politica dei partiti e dei suoi metodi è un
valore di particolare rilievo e mira a salvaguardare
Magistrati schierati, giro
di vite ( da "Italia
Oggi" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: di Vittorugo Mangiavillani e
Roberto Ormanni * La Corte costituzionale ribadisce il divieto di iscriversi ai
partiti e di assumere incarichi Magistrati schierati, giro di vite Monito della
Consulta: nessuna partecipazione in politica I magistrati non possono
iscriversi ai partiti politici, assumere incarichi ed apparire «organicamente
schierati».
Cartelle, valida consegna
al 1/6/08 ( da "Italia
Oggi" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: È quanto stabilito dalla Corte
costituzionale che, con l'ordinanza n. 221 di ieri ha dichiarato la manifesta
infondatezza delle questione sollevata dalla commissione tributaria regionale
di Venezia in relazione all'articolo 36, comma 4-ter, del dl 248 del 2007
(Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti
in materia finanziaria)
(
da "Nazione, La (Pistoia)"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: LA SUPREMA CORTE Costituzionale
rende noto l&#... «LA SUPREMA CORTE Costituzionale rende noto l'avvocato
Marco Baldassarri, con la sentenza depositata lo scorso 9 febbraio, ha
totalmente annullato il pronunciamento della Corte d'Appello di Firenze, a
seguito della quale il Notaio Marco Regni era stato ritenuto responsabile dei
fatti ascrittigli nell'
Difesa di Ignazio Marino
dai graffi della Scaraffia ( da "Riformista,
Il" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: approvazione della legge 40 e
smascherata nel suo cinismo dalla Corte costituzionale. È incredibile che
persino il dibattito precongressuale del Pd debba diventare un espediente per
riproporre scenari fantabioetici sulle minacce della tecnoscienza, con tanto di
multinazionali del farmaco che complottano contro il benessere dell'umanità (a
proposito, a chi li facciamo produrre i farmaci,
Corte costituzionale: la
questione morale per i due giudici
( da "Libertà" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: dal Presidente della commissione
Affari costituzionali del Senato e da un altro giudice della Consulta. Per
questo motivo è forse opportuno ricordare che la Corte Costituzionale - che
Luigi Mazzella e Paolo Napolitano hanno l'onore di rappresentare - è il
principale organo di garanzia del sistema e deve essere quindi autonoma e
indipendente.
Bonus famiglia, bando da
riaprire ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: tenuto conto anche delle convezioni
internazionali e delle disposizioni costituzionali. Inoltre, la giurisprudenza
della Corte costituzionale ritiene illegittime, anche a livello legislativo,
delle prescrizioni che irragionevolmente richiedono un livello minimo di
reddito - presupposto necessario per ottenere la carta di soggiorno Ue - per
accedere ad una provvidenza economica,
Teheran torna verde
Rafsanjani sfida Khamenei: liberate gli arrestati
( da "Unita, L'" del
18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: una sorta di Corte costituzionale,
per avere troppo frettolosamente e superficialmente confermato la validità del
voto. A NOME DEGLI ESPERTI Un passaggio fondamentale del discorso è quello in
cui Rafsanjani definisce le proprie dichiarazioni frutto di consultazioni in
seno ai due organismi da lui presieduti: il Consiglio per gli interessi dello
Stato,
Bombe negli hotel in
Indonesia: 8 morti e 50 feriti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: pagina 14 Per i magistrati divieto
di iscriversi ai partiti La Corte costituzionale ha giudicato legittima la
previsione del divieto di iscrizione a partiti politici e di partecipazione
alla loro attività posto a carico dei magistrati. u pagina 24, commento u
pagina 12 Milano: vietato l'uso di alcol ai minori di 16 anni Da lunedì a
Milano stop al consumo di alcol per gli under 16.
L'autonomia non ha tessere
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Un divieto che sul piano
costituzionale non fa una piega. O almeno questo è stato il verdetto della
Corte costituzionale chiamata in causa dal Csm. Troppo cruciale è la necessità
di tutelare i valori di indipendenza e imparzialità della magistratura. Che
deve apparire, non solo essere, autonoma.
Limite ammesso
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte costituzionale, sentenza n.
224 del 2009 La Costituzione, quindi, se non impone, tuttavia consente che il
legislatore ordinario introduca, a tutela e salvaguardia dell'imparzialitàe
dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, il divieto di iscrizione ai partiti
politici peri magistrati: quindi, per rafforzare la garanzia della loro soggezione
soltanto alla Costituzione e alla
Per i magistrati divieto
di iscrizione ai partiti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte costituzionale promuove la
riforma Castelli Per i magistrati divieto di iscrizione ai partiti Vanno
garantiti i valori di indipendenza e imparzialità Giovanni Negri MILANO Il
magistrato non deve essere iscritto a partiti politici. Perché l'estraneità
«alla politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo
e mira a salvaguardare l'
No ai magistrati dirigenti
di partito ( da "Manifesto,
Il" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: CORTE COSTITUZIONALE No ai
magistrati dirigenti di partito I magistrati non possono iscriversi a partiti
politici e tantomeno essere dirigenti in un partito. Possono invece candidarsi
in parlamento (purché fuori ruolo) ed esprimersi come tutti i cittadini su questioni
politiche.
La Consulta: no ai
magistrati nei partiti ( da "Corriere
della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale (sentenza 224)
che ha ritenuto infondata una questione di illegittimità sollevata dalla
sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Il caso è
quello dell'ex pm Luigi Bobbio già senatore di An, oggi capo di gabinetto del
ministro Meloni sotto processo disciplinare al Csm perché dopo la fine del mandato
parlamentare aveva ricoperto a Napoli
La sfida di Rafsanjani: (
da "EUROPA ON-LINE"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: avallo dello stesso da parte della
corte costituzionale iraniana e di Khamenei. Come previsto alla vigilia, il
capo dell'Assemblea degli esperti e del Consiglio per il discernimento per
l'interesse dello stato ha toccato due temi-chiave dell' asproconfronto che ha
avvolto il sistema politico di Teheran all'indomani del voto.
Guardie padane anche
dalla Consulta ( da "Corriere
del Veneto" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte costituzionale dichiara
inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
proposto dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona nei
confronti della Camera dei deputati». Un'attesa lunga qualcosa come otto mesi
finché ieri, da parte della Consulta, è stata depositata l'ordinanza che scrive
la parola «
Anche la Consulta le
Guardie ( da "Corriere
del Veneto" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corriere del Veneto sezione: PRIMAPAGINA data: 18/07/2009 - pag: 1 Corte costituzionale
PROCESSO «CAMICIE VERDI» Anche la Consulta «assolve» le Guardie VERONA - Dopo
otto mesi, ieri da parte della Consulta è stata depositata l'ordinanza che
scrive la parola «fine» al famigerato caso Guardie Padane. A PAGINA
Nieri: è contrario al
Vangelo proibire ai poveri di mendicare
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Il presidente emerito della Corte
Costituzionale Valerio Onida, non di certo un pericoloso sovversivo, a
proposito del primo pacchetto sicurezza (quello targato Veltroni-Amato) disse
che il legislatore dovrebbe tacere per almeno settantadue ore dopo un efferato
fatto di cronaca.
La Consulta: no ai
magistrati nei partiti ( da "Corriere
del Veneto" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale (sentenza 224)
che ha ritenuto infondata una questione di illegittimità sollevata dalla
sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Il caso è
quello dell'ex pm Luigi Bobbio già senatore di An, oggi capo di gabinetto del
ministro Meloni sotto processo disciplinare al Csm perché dopo la fine del
mandato parlamentare aveva ricoperto a Napoli
E stavolta Di Pietro evoca
persino le Br ( da "Giornale.it,
Il" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: alle cenette del giudice della
Corte costituzionale». Traduzione: Berlusconi è colpevole, Alfano è
delegittimato, se la Corte costituzionale non boccerà il Lodo Alfano sarà
perché anche la Consulta è corrotta. Poi, terzo delirio dipietresco: «Spero
davvero che la magistratura possa, anche attraverso le dichiarazioni di
Ciancimino junior,
(
da "Avvenire" del
18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: divieto anche ai fuori ruolo DA R
OMA G IOVANNI G RASSO L a Corte Costituzionale boccia un ricorso del Csm,
stabilendo che il divieto di iscrizione e partecipazione alla vita di partito
vale per tutti gli appartenenti alla magistratura, anche se fuori ruolo. La
vicenda era scaturita dall'azione disciplinare, intentata dal procuratore
generale della Cassazione,
CORRADO CASTIGLIONE Basta
toghe in politica: anche se fuori ruolo, il magistrato non deve essere ...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Alta Corte ha sottolineato che «nel
disegno Costituzionale, l'estraneità del magistrato alla politica dei partiti e
dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e mira a salvaguardare
l'indipendente e imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie dovendo il
cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attività del magistrato,
Partecipate: Ingenti
risorse a non eletti . Addio quote nelle Fiere
( da "Gazzettino, Il (Udine)"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte costituzionale, che tuttavia
ha validato la legge in quanto difende la concorrenza. Non solo: la finanziaria
2008 ha
rincarato la dose, con «l'obbligo per le amministrazioni pubbliche - afferma il
procuratore - di dismettere le società o le partecipazioni in società che hanno
per oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al
perseguimento delle finalità
Dirigenti, troppo spoil
system ( da "Gazzettino,
Il (Udine)" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ma assai importanti per i conti
regionali, la Corte riserva alla sentenza 74 della Corte costituzionale, che
quest'anno ha sancito il diritto delle Regioni a ottenere la compartecipazione
all'Irpef dei propri pensionati, cosa che il Governo ha riconosciuto ma
soltanto parzialmente liquidato: 20 milioni per il 2008.
Giustizia/ Castelli: Bene
la Consulta, no a toghe in ( da "Virgilio
Notizie" del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La sentenza della Corte
Costituzionale che vieta l'iscrizione ai partiti politici dei magistrati, anche
se fuori ruolo, fa giustizia di tutti gli strali che tanti saccenti magistrati
di sinistra hanno lanciato contro di me quando ero Ministro della Giustizia,
rivendicando la supposta garanzia costituzionale di poter esternare opinioni
politiche"
GIUSTIZIA/ CASTELLI: BENE
LA CONSULTA, NO A TOGHE IN POLITICA
( da "Wall Street Italia"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: no a toghe in politica
-->"La sentenza della Corte Costituzionale che vieta l'iscrizione ai
partiti politici dei magistrati, anche se fuori ruolo, fa giustizia di tutti
gli strali che tanti saccenti magistrati di sinistra hanno lanciato contro di me
quando ero Ministro della Giustizia, rivendicando la supposta garanzia.
Nel Museo a Mondovì
duemila ceramiche di Levi ( da "Stampa,
La" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ex giudice della Corte Costituzionale,
nipote di Marco Levi -. A settembre, quando s'inizierà con l'allestimento
museale affidato all'architetto Ferdinando Fagnola, non si partirà da zero
perché si è creato un gruppo di consulenza per il percorso storico-artistico
del Museo ed è stato predisposto il progetto di allestimento generale e gli
impianti multimediali»
Sentenza fa
"tremare" la Gori ( da "Citta'
di Salerno, La" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Se tale tesi prevale, la Gori
potrebbe restituire agli utenti milioni di euro con effetti dirompenti, ancor
più della restituzione del canone di depurazione, proclamata dalla Corte
costituzionale, ma evitata da una legge beffa. Gaetano Ferrentino
pescara, la città
( da "Centro, Il" del
19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: unite della Corte di Cassazione
(ordinanza numero 13894 del 15 giugno 2009) e rimessa alla Corte
Costituzionale. In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, si può
dire che l'istanza di rimborso della differenza tra Tia e Tarsu vada
indirizzata al Comune ed in caso di rifiuto espresso o tacito, una eventuale
controversia debba essere rimessa alle Commissioni Tributarie.
una democrazia malata che
deve guarire - eugenio scalfari ( da "Repubblica,
La" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Napolitano, com´è noto, ha
promulgato la legge sulla sicurezza approvata dal Parlamento ma ha accompagnato
la sua firma con una lunga lettera diretta al presidente del Consiglio, ai
ministri proponenti (Maroni, Alfano), ai presidenti delle Camere e al presidente
della Corte costituzionale. SEGUE A PAGINA
23
MARCIANA MARINA BOTTA E
RISPOSTA tra il Pd e l'amministrazi...
( da "Nazione, La (Livorno)"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: a segnalare la posizione della
giurisprudenza formatasi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale
che dichiara illegittime le procedure di progressioni verticali ove non
rispettose del "bilanciamento" del 50% dei posti riservati rispetto
all'accesso dall'esterno. La giunta, proprio in virtù del parere tecnico, ha
apportato modifiche all'ipotesi in precedenza delineata».
Governo mondiale dei
giudici? No grazie ( da "Riformista,
Il" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che attualmente è uno dei membri
della Corte costituzionale del nostro Paese, pone problemi di grande rilievo
per le democrazie. C'è, si chiede Romano, il rischio che esse si trasformino in
"jurecrazie"? La questione non è affatto pellegrina, ed è stata già
sollevata in modo autorevole da diversi studiosi.
Il
caso arriva alla Consulta ( da "Nazione,
La (Arezzo)" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: SALTA OGNI RETRIBUZIONE INDICE
PUNTATO in direzione della corte costituzionale: per la prima volta in Italia,
l'Inca aretina, il patronato della Cgil, solleva un caso che farà scalpore. La
vicenda riguarda un lavoratore in dialisi, che non si è visto adeguatamente
tutelato. Il patronato Cgil, assistito dall'avvocato Angelo Gargano, ha
sollevato il problema davanti ai vertici dell'
I conservatori contro
Rafsanjani Cento arresti al corteo di venerdì
( da "Unita, L'" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: una sorta di Corte costituzionale,
ha ratificato la vittoria di Ahmadinejad, rifiutandosi di esaminare
attentamente i ricorsi dei candidati Mousavi e Karroubi, che dicono di avere
perso solo a causa di brogli massicci. Yazdi si chiede se nel dare credito ai
sospetti di frode, Rafsanjani non contribuisca a «piantare i semi della
discordia»
, stasera lo
spoglio dei voti in piazza ( da "Gazzetta
di Parma (abbonati)" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Noto giudice della Corte
Costituzionale, Mazzella è anche autore di numerosi testi di saggistica. Oltre
agli autori erano presenti il Presidente della Fondazione Città del Libro,
Giuseppe Benelli e il sindaco Franco Gussoni. Al termine delle due
presentazioni, inoltre, Benelli ha ricevuto il Premio alla Carriera: un dipinto
dell'artista Arrighi,
Se però questo volesse
dire arrivare a dopo l'approvazione definitiva del Trattato (rit...
( da "Messaggero, Il"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale tedesca. In
buona sostanza in questa pronuncia, ampia e tecnicamente complessa, si fissa un
principio: se si vuole davvero far fare alla UE il salto di qualità di una maggiore
integrazione, bisognerà passare per una consultazione diretta della popolazione
(referendum), perché la UE ha un deficit di democrazia che non può essere
colmato solo dalla elezione popolare
MEGLIO non sottovalutare
l'attuale momento dell'Unione Europea: siamo davanti ad un intrico di s...
( da "Messaggero, Il"
del 19-07-2009) + 2 altre fonti
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale tedesca. In
buona sostanza in questa pronuncia, ampia e tecnicamente complessa, si fissa un
principio: se si vuole davvero far fare alla UE il salto di qualità di una
maggiore integrazione, bisognerà passare per una consultazione diretta della
popolazione (referendum), perché la UE ha un deficit di democrazia che non può
essere colmato solo dalla elezione popolare
Perché la sentenza della
Corte tedesca mette a rischio il Trattato di Lisbona
( da "Corriere del Veneto"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: responsabilità di proporre il
trasferimento incondizionato e definitivo di poteri di obiettiva rilevanza
costituzionale ad organi dell'Unione che la Corte Costituzionale ha già
giudicato privi della legittimazione democratica necessaria. Ne originerebbero ragioni
di perplessità in altri Paesi. La sentenza della Corte Costituzionale tedesca
porta la data del 30 giugno di quest'anno.
Perché la sentenza della
Corte tedesca mette a rischio il Trattato di Lisbona
( da "Corriere del Mezzogiorno"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: responsabilità di proporre il
trasferimento incondizionato e definitivo di poteri di obiettiva rilevanza
costituzionale ad organi dell'Unione che la Corte Costituzionale ha già
giudicato privi della legittimazione democratica necessaria. Ne originerebbero
ragioni di perplessità in altri Paesi. La sentenza della Corte Costituzionale
tedesca porta la data del 30 giugno di quest'anno.
Una democrazia malata che
deve guarire ( da "Repubblica.it"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ai presidenti delle Camere e al
presidente della Corte costituzionale. OAS_RICH('Middle'); La lettera elenca i
punti critici della legge che, secondo il presidente della Repubblica,
rischiano di inceppare l'ordinamento penale vigente suscitando effetti
contraddittori rispetto a quelli voluti e interpretazioni molteplici da parte
di chi dovrà attuarne le norme.
Mauritania/ Presidenziali,
opposizione denuncia "farsa ( da "Virgilio
Notizie" del 19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Boulkheir ha chiesto che le
autorità competenti come la Corte Costituzionale e il Ministero degli Interni
"non accettino di ratificare i risultati" e ha invitato la
popolazione a mobilitarsi per "far fallire questo golpe elettorale". Secondo
i dati diffusi dal Ministero dell'Interno, con un terzo dei voti scrutinati
Abdel Aziz avrebbe raccolto il 51,6% delle preferenze,
Chi ha paura muore ogni
giorno, chi non ha paura muore una volta sola
( da "Blogosfere" del
19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: CSM gli preferì Antonino Meli per
la carica di procuratore capo di Palermo"). Nel secondo video sono
racchiusi alcuni frammenti di un'intervista rilasciata da Borsellino a Lamberto
Sposini dopo la morte di Giovanni Falcone, in cui la stanchezza e la delusione
per la perdita del collega-amico si contrappone alla determinazione per portare
in fondo la lotta alla criminalità organizzata
Mauritania;Presidenziali,
opposizione denuncia "farsa elettorale"
( da "ApCOM" del
19-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Boulkheir ha chiesto che le
autorità competenti come la Corte Costituzionale e il Ministero degli Interni
"non accettino di ratificare i risultati" e ha invitato la
popolazione a mobilitarsi per "far fallire questo golpe elettorale".
Secondo i dati diffusi dal Ministero dell'Interno, con un terzo dei voti
scrutinati Abdel Aziz avrebbe raccolto il 51,6% delle preferenze,
Sciopero contro referendum
costituzionale di Tandja ( da "Manifesto,
Il" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Tandja ha licenziato i giudici
della Corte costituzionale che si erano opposti per tre volte alla convocazione
del referendum. A chi lo accusava di aver compiuto un «colpo di stato», ha
risposto organizzando in fretta e furia questo referendum con cui vorrebbe
cambiare la costituzione per ricandidarsi.
Un mondo che
simbolicamente ruota attorno al Petruzzelli
( da "Manifesto, Il"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: quindi la sentenza della Corte
Costituzionale nel 2008 che ha dichiarato illegittimo tale esproprio. Una
«class action» è attualmente in corso affinché il teatro venga dichiarato di
proprietà pubblica e, ancora, negli ultimi mesi, molti sono stati i
pronunciamenti autorevoli sulla inevitabilità e la giustezza dell'esproprio.
l'effetto della
candidatura blair nell'incertezza dell'europa - ferdinando salleo
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Alle assurde bizze degli
euroscettici presidenti polacco e ceco si è aggiunta adesso la sorprendente
sentenza della Corte Costituzionale tedesca che autorizza la ratifica
assortendola di condizioni che innovano pericolosamente sulla storica posizione
integrazionista della Germania e danno ampio spazio al rinascente sovranismo
che si percepisce un po´ ovunque.
Napolitano, fiducia record
Io faccio il Presidente ( da "Unita,
L'" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Così si è proceduto finora. I
lavoratori dello spettacolo che oggi manifestano si aspettano una parola dal
presidente cui hanno rivolto un appello. Non va dimenticato che il 6 ottobre la
Corte Costituzionale comincerà a discutere del Lodo Alfano. Il bilancio
'MAMA AFRICA MEETING',
TUTTI I COLORI DELL'INTEGRAZIONE DAL 20 AL 26 LUGLIO NEL PARCO DEL DONATORE DI
GAVEDO DI MULAZZO (MS) ( da "marketpress.info"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: impugnata dal governo davanti alla
Corte Costituzionale con motivazioni ostili e polemiche nei confronti della
Regione Toscana. Noi non abbiamo fatto una legge contro qualcuno, non
appartiene al nostro modo di agire. Piuttosto, abbiamo fatto una legge in cui
si riconosce a qualunque cittadino immigrato la possibilità di accedere ai
servizi sanitari e di avere sostegno se è in difficoltà.
SARDEGNA: APPROVATO
COLLEGATO IN COMMISSIONE ( da "marketpress.info"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: evitare un inutile contenzioso con
la Corte dei Conti e la Corte Costituzionale e nello stesso tempo chiarire il
livello effettivo del disavanzo regionale che si attesta sui 2 miliardi e 400
milioni. Il testo può essere ancora migliorato in Consiglio ma può essere
ragionevolmente considerato come un insieme di provvedimenti necessari a
contrastare i diversi problemi che incontra l?
Turchia/ Al via nuovo
processo a organizzazione occulta
( da "Virgilio Notizie"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Ankara Sinan Aygun e la moglie del
vice presidente della Corte Costituzionale, Ferda Paskut. Gli imputati dovranno
rispondere dell'accusa di terrorismo e tentato colpo di Stato. Ereygur e Tolon
sono considerati anche responsabili dell'attacco alla sede del Consiglio di
Stato nel maggio 2006, che costò la vita al giudice Mustafa Ozbilgin e le bombe
sotto il quotidiano Cumhuriyet.
, stasera lo
spoglio dei voti in piazza ( da "Gazzetta
di Parma Online, La" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Noto giudice della Corte
Costituzionale, Mazzella è anche autore di numerosi testi di saggistica. Oltre
agli autori erano presenti il Presidente della Fondazione Città del Libro,
Giuseppe Benelli e il sindaco Franco Gussoni. Al termine delle due
presentazioni, inoltre, Benelli ha ricevuto il Premio alla Carriera: un dipinto
dell?
"Spiru Haret" a
dat in judecata Ministerul Educatiei si Guvernul
( da "Romania Libera"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lectorul a tinut sa precizeze ca
ministrul a luat o hotarare abuziva si ilegala, motiv pentru care va actiona in
instanta Ministerul Educatiei si Guvernul. Din aceeasi categorie: Cezar Preda:
Cel putin patru ministere ar trebui desfiintatePrime pentru toti angajatii CSM,
de Ziua JustitieiAlexandru Gussi, consilier prezidential in locul lui Cristian
Preda Voteaza
Principio
dell'affidamento: tra normativa tributaria e normativa comunitaria
( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: rispetto delle funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario?21. In passato le leggi
d?interpretazione autentica non erano frequenti e venivano alla luce con il
preciso scopo di rendere più chiaro il significato di una legge precedente che
poteva essere oscura. La finalità di tali strumenti, quindi, era proprio quella
di fare chiarezza sul significato di una norma,
Integrazioni salariali e
possibilità di svolgere contemporaneamente altre attività lavorative
( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: come chiarito dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n° 195 del 26.5.1995, «l?art. 8 co. 5 L. 160/88 non accomuna (?)
due ipotesi diverse, quella del lavoratore collocato in Cassa integrazione
guadagni, il quale trova un nuovo impiego a durata indeterminata e a tempo
pieno e quella del lavoratore che trova soltanto offerte di lavori temporanei o
saltuari.
Riduzione dei riti e
riforma del processo tributario ( da "AltaLex"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: (Corte Costituzionale, sentenze n.
64 del 14 marzo 2008 e n. 130 del 14 maggio 2008; da ultimo, Corte di
Cassazione, sentenza n. 5298 del 05 marzo 2009) e nella composizione (D.Lgs. n.
545 del 31 dicembre 1992), in modo da completare il ciclo di processualizzazione
del contenzioso tributario.
La Corte Costituzionale,
con la sentenza n. 141 del 2009, ha deliberato sul canone per la installazi...
( da "Mattino, Il (Circondario Sud2)"
del 20-07-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte Costituzionale, con la
sentenza n. 141 del 2009,
ha deliberato sul canone per la installazione di mezzi
pubblicitari. La decisione è stata questa: laCorte afferma che esso ha natura
tributaria onde le relative controversie appartengono alla competenza del
giudice tributario.
Al friulano quasi
un'elemosina ( da "Gazzettino,
Il (Udine)" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Tagliati drasticamente dal governo
i fondi destinati alle minoranze linguistiche Lunedì 20 Luglio 2009, Dopo la
batosta della Corte Costituzionale che aveva bocciato i punti più importanti
della legge regionale per la tutela del friulano, la marilenghe deve fare i
conti, letteralmente, con i finanziamenti della legge 482/99 erogati dal
dipartimento per gli affari regionali nel 2009.
VENETO/CONSIGLIO:
COMMISSIONE STATUTO, DISCO VERDE A NUOVO REGOLAMENTO.
( da "Asca" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: eventuale impugnativa da parte del
Governo di fronte alla Corte Costituzionale e i tempi per un eventuale
referendum popolare, se richiesto da 12 consiglieri o da almeno 80 mila
cittadini. Ipotizzando che il testo venga iscritto all'ordine del giorno del
Consiglio la settimana prossima e che ne inizi subito la discussione, ci
vorranno almeno sei mesi per concluderne il percorso:
Cittadinanza europea:
sopravvenuta acquisizione e punibilità di condotte pregresse
( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte costituzionale e disciplina
dell?immigrazione, in Quest. Giust., n. 5, 2004, p. 1050, che rileva come
tuttavia la Corte costituzionale, nella sentenza 15 luglio 2004, n. 223, ha sancito che i
provvedimenti di polizia incidenti sulla libertà personale devono avere ?
Sul differimento
dell'udienza per il procuratore della parte costituita
( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Nota di Adolfo Liarò) Corte
Costituzionale Sentenza 14 luglio 2009, n. 217 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Francesco
AMIRANTE Presidente - Ugo DE SIERVO Giudice - Paolo MADDALENA ? - Alfio FINOCCHIARO
?
Perseverare diabolicum
( da "AprileOnline.info"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ma è una famosa sentenza Casavola
della Corte Costituzionale che esplicita il concetto di laicità sul terreno giuridico-costituzionale,
definendola principio supremo dell'ordinamento costituzionale. Infatti la
sentenza della Corte Costituzionale n.203 del 12 aprile 1989 recita al punto
13: "i valori di libertà religiosa (art.
Gay/ Coppia omosessuale
Venezia presenta memoria alla ( da "Virgilio
Notizie" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: anche grazie alle sentenze della
Corte costituzionale italiana e delle più alte Corti straniere, che un uomo non
è superiore a una donna, una persona di colore non è inferiore a una persona
bianca, un cristiano non è migliore di un ebreo, è arrivato il momento di
affermare che una persona omosessuale non merita una dignità inferiore,
Raportul CE: Reforma in
justitie, blocata in continuare de Parlament si judecatori
( da "Romania Libera"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Raportul mai cere Consiliului
Superior al Magistraturii (CSM) sa-si mareasca transparenta si
responsabilitatea, precum si sa publice "decizii motivate".
Parlamentului, criticat pentru blocarea anchetelor de coruptie, i se cere sa
adopte o lege care sa permita continuarea proceselor cand sunt invocate
exceptii de neconstitutionalitate.
Judecatorii au castigat:
PSD-PDL le dau sporurile ( da "Romania
Libera" del 20-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Ministrul Predoiu asteapta insa in
aceasta saptamana si medierea presedintelui, ceruta de Consiliul Superior al
Magistraturii (CSM), care s-a plans, la randul sau, de subfinantarea cronica a
sistemului si de umilirea judecatorilor si procurorilor. Presedintele Basescu
ar urma sa se consulte atat cu reprezentantii Executivului – ministrii Pogea si
Predoiu –
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Primo Piano Pagina
105 Maninchedda: «Non sarà più il ministero a organizzare le cattedre» Alla
scuola pensa la Regione Maninchedda: «Non sarà più il ministero a organizzare
le cattedre» --> Inserite nella manovra bis le proposte sulla scuola del presidente
della commissione Bilancio Paolo Maninchedda. La stessa commissione ha accolto
due emendamenti, presentati dall'esponente sardista, che permettono alla
Regione di appropriarsi del potere di organizzare le cattedre per garantire la
didattica, a conferma di due sentenze della Consulta, risalenti al 2004 e a
pochi giorni fa, ma mai applicate. Il primo emendamento riguarda l'utilizzo del
personale precario della scuola nelle attività extracurricolari (allungamento
del tempo scuola) finanziate dalla Regione. «In poche parole», spiega
Maninchedda, «le somme destinate alla lotta alla dispersione scolastica e al
tempo pieno, potranno essere utilizzate secondo programmi che utilizzino il
precariato». Il secondo riguarda invece «la norma che attribuisce alla Regione
il potere di provvedere, nell'ambito delle dotazioni organiche complessive
definite in base alle vigenti disposizioni e tenuto conto delle peculiarità
territoriali che possono condizionare negativamente l'attività didattica, a
distribuire il personale docente tra le istituzioni scolastiche. È il primo provvedimento che dà attuazione a una potestà riconosciuta dalle
sentenze della Corte Costituzionale numero 13 del 2004 e numero 200 del 2009, e
che, in questo modo, incardina sulla Regione la ripartizione delle cattedre
all'interno delle quote stabilite dal ministero ma secondo criteri più coerenti
con la distribuzione della popolazione e con le esigenze didattiche della
Sardegna». La Giunta regionale, «nell'ambito delle dotazioni organiche
complessive definite in base alle disposizioni vigenti e tenuto conto delle
peculiarità territoriali che possono condizionare negativamente l'attività
didattica, provvederà a distribuire il personale docente tra le istituzioni
scolastiche». All'attuazione della disposizione si provvederà con le risorse
finanziarie, umane e strumentali della direzione generale dell'assessorato
della Pubblica istruzione. Ieri questi emendamenti, sono stati approvati
all'unanimità dalla commissione Bilancio.
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( da "Nuova Venezia, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
DOPO I RICORSI A
MUSILE Canoni depurazione, da ottobre i rimborsi MUSILE. Canoni di depurazione,
dall'1 i rimborsi. Che però potranno essere erogati in forma rateizzata, fino a
un massimo di cinque anni. A darne notizia è l'assessore all'ecologia, Alberto Teso.
Somme ingiustamente pagate, secondo una sentenza della
Corte Costituzionale, perché le famiglie abitavano in zone prive di
collegamento agli impianti di depurazione. «Agli utenti dell'Asi per i quali si
è riscontrato che la via non è collegata a impianti di depurazione - spiega
Teso - già con la fatturazione scaduta a maggio non è stata più applicata la
quota riferita alla depurazione. Per la restituzione delle tariffe
arretrate, ci si deve attenere a quanto sarà disposto dal Comitato risorse
idriche». (g.mo.)
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( da "Centro, Il" del
18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 8 - Teramo ESPOSTO AL CSM ESPOSTO AL CSM Un legale: «Non lo sapevo» GIULIANOVA. «Sono del tutto
all'oscuro dell'avvenuta presentazione dell'esposto al Csm che ho appreso
essere stato depositato dai coniugi Fiorello Di Rocco e Clorinda Ciarelli.
Difendo i due solo dal punto di vista giuridico»: così l'avvocato Gianfranco
Iadecola interviene sull'esposto firmato dai coniugi, rappresentati
anche dall'avvocato Vincenzo Di Nanna, contro il pm David Mancini alla vigilia
della sentenza sulla confisca di beni per un valore di oltre 10 milioni di
euro. I Rom accusano di essere stati discriminati.
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( da "Tempo, Il" del
18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
stampa Il divieto di
iscrizione ai partiti garantisce l'imparzialità del giudice La Consulta boccia
i magistrati che si trasformano in politici Il magistrato, anche se fuori
ruolo, non deve essere iscritto a partiti politici. Lo ribadisce la Consulta
sottolineando che «nel disegno Costituzionale, l'estraneità del magistrato alla
politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e
mira a salvaguardare l'indipendente ed imparziale esercizio delle funzioni
giudiziarie dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attività
del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero non sia guidata dal
desiderio di far prevalere una parte politica». La Corte
Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata
dalla sezione disciplinare del Csm in relazione alla norma dell'ordinamento
giudiziario che vieta l'iscrizione nei partiti politici. Lo spunto per chiedere
il pronunciamento della Consulta riguardava il caso di Luigi Bobbio,
magistrato fuori ruolo ed ex senatore di An, per il quale il Pg della
Cassazione aveva avviato un procedimento disciplinare per aver assunto nel 2007
la carica di presidente della federazione provinciale di Napoli di Alleanza
nazionale. Secondo la sezione disciplinare, il divieto di iscriversi a partiti
politici contrasterebbe con gli articoli della Costituzione che riconoscono a
ogni cittadino «senza distinzioni di sorta» di associarsi liberamente in
partiti e la possibilità per un magistrato - purchè fuori ruolo - di candidarsi
alle elezioni. «I magistrati - scrivono i giudici della Consulta nella sentenza
224 - debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro
cittadino e possono non solo condividere un'idea politica ma anche
espressamente manifestare le proprie opzioni al riguardo. Ma le funzioni
esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e
prive di effetto per l'ordinamento costituzionale».
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( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina XIII -
Palermo Cancellati i risarcimenti ai Comuni "Il governo scoraggia le parti
civili" Cipriani: "Così si vanifica il lavoro di tanti anni"
Contributi agli enti dalla Regione La norma inserita nel pacchetto sicurezza:
agli enti locali solo le spese per il processo GABRIELE ISMAN «Nel decreto
sicurezza voluto dal governo Berlusconi, è prevista chiaramente la fine dei
risarcimenti che vadano oltre le spese processuali per gli enti locali». Pippo
Cipriani, 48 anni, ex sindaco di Corleone e ora presidente dell´associazione
Antiracket e antiusura di Bagheria, ha un sorriso amaro quando spiega l´articolo
37 del decreto approvato recentemente a Roma. Cipriani mostra le carte e
spiega: «Tra non molto tempo, quando gli enti locali capiranno che nei processi
non potranno andare oltre al riconoscimento delle spese processuali, anche la
buona usanza delle costituzioni di parte civile verrà a cadere. E sembra quasi
un paradosso che il Parlamento regionale abbia recentemente approvato l´obbligo
della costituzione in tutti i processi di mafia: la Sicilia dovrà esserci, ma
questo non servirà a nulla». Un allarme rilanciato da Calogero Speziale,
presidente della commissione regionale Antimafia: «La decisione del Parlamento
nazionale di svuotare la costituzione di parte civile degli enti locali nei
processi di mafia - dice - indebolisce la scelta dell´Ars di obbligare la
Regione a costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia». La polemica
scaturisce all´indomani della fine del primo troncone del processo agli
estorsori del clan Lo Piccolo, dove la Provincia ha ottenuto una provvisionale
di 320 mila euro e Addiopizzo 90 mila. «Nel processo Aiello il Comune di
Bagheria - ricorda Cipriani - ottenne tre milioni di euro di risarcimento. Una
cifra importante per un´amministrazione locale. Dopo il decreto sicurezza
questo non potrà più accadere». Resterebbe la via del processo civile. «No,
perché ai mafiosi i beni vengono confiscati e i tempi della giustizia civile
sono molto molto lunghi. Le uniche speranze sono le modifiche chieste dal
presidente della Repubblica, se verranno accolte dal governo, e forse la Corte Costituzionale» risponde Cipriani. In parlamento
il Pd aveva provato con un emendamento a correggere la norma, ma l´idea non è
passata, e persino un ordine del giorno in questo senso è stato bocciato. «La
decisione del parlamento di Roma di svuotare il peso delle costituzioni di
parte civile degli enti locali nei processi di mafia, è quindi un duro
colpo alle amministrazioni che quotidianamente si battono contro ogni forma di
condizionamento criminale» dice l´ex sindaco di Corleone. Ieri, intanto,
l´assessorato regionale per Famiglia, Politiche sociali e Autonomie locali ha
approvato la graduatoria delle 34 associazioni antiracket che otterranno fondi
dalla Regione. «Un contributo che servirà per poter assistere, tutelare e
informare quei soggetti che abbiano subito richieste o atti estorsivi o coloro
che abbiano fatto ricorso a prestiti ad usura, le cui attività economiche o
professionali versino, conseguentemente, in stato di difficoltà», ha spiegato
l´assessore Caterina Chinnici. La somma dei fondi stanziati per il 2009 è di
300 mila euro. A Palermo e provincia, i soldi andranno a Libero Futuro e
Solidaria Onlus; ad Agrigento requisiti validi per Lo Mastro Onlus, a Enna per
l´associazione Falcone e Borsellino di Leonforte. A Messina e provincia sono
undici le realtà antiracket che avranno fondi: l´Associazione operatori
Comprensorio del Mela a Milazzo, l´associazione commercianti Valle
dell´Alcantara a Giardini Naxos, l´Associazione dei commercianti e degli
imprenditori Nebroidei a Sinagra, l´associazione commercianti e imprenditori
antiracket Torresi di Torregrotta, l´associazione commercianti e imprenditori
di Sant´Agata di Militello, e quelli di Patti, di Brolo e di Capo D´Orlando,
oltre all´Associazione Messinese Antiusura Onlus, e la Fondazione Antiusura intitolata
a Padre Pino Puglisi.
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( da "Secolo XIX, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
La Corte Costituzionale: bastacon le toghe nei partiti politici il
caso del magistrato (fuori ruolo) di an ROMA. Il magistrato, anche se fuori
ruolo, non deve essere iscritto a partiti politici. Lo ribadisce la Consulta
sottolineando che «nel disegno Costituzionale, l'estraneità del magistrato alla
politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e
mira a salvaguardare l' indipendente ed imparziale esercizio delle
funzioni giudiziarie dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'
attività del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero non sia guidata
dal desiderio di far prevalere una parte politica». La Corte Costituzionale ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata dalla sezione
disciplinare del Csm in relazione alla norma dell' ordinamento giudiziario che
vieta l' iscrizione nei partiti politici. Lo spunto per chiedere il
pronunciamento della Consulta riguardava il caso di Luigi Bobbio, magistrato
fuori ruolo ed ex senatore di An, per il quale il Pg della Cassazione aveva
avviato un procedimento disciplinare per aver assunto nel 2007 la carica di
presidente della federazione provinciale di Napoli di An. L'argomento riguarda
anche casi analoghi, come ad esempio, il sindaco di Bari, Michele Emiliano.Secondo
la sezione disciplinare, il divieto di iscriversi a partiti politici
contrasterebbe con gli articoli della Costituzione che riconoscono a ogni
cittadino «senza distinzioni di sorta» di associarsi liberamente in partiti e
la possibilità per un magistrato - purchè fuori ruolo - di candidarsi alle
elezioni. 18/07/2009
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( da "Italia Oggi"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Primo Piano data: 18/07/2009 - pag: 3 autore: di Vittorugo
Mangiavillani e Roberto Ormanni * La Corte costituzionale ribadisce il divieto di iscriversi ai partiti e di assumere
incarichi Magistrati schierati, giro di vite Monito della Consulta: nessuna
partecipazione in politica I magistrati non possono iscriversi ai partiti
politici, assumere incarichi ed apparire «organicamente schierati». La
Corte costituzionale nel riaffermare il principio
sulla libertà anche dei magistrati di condividere «una idea politica»,
ribadisce che è vietata l'iscrizione ai movimenti e partiti politici, ma per la
prima volta va oltre. Pone dei paletti insuperabili ed estende il divieto assoluto
anche alla partecipazione sistematica alla vita dei partiti politici e, quindi,
ad assumerne incarichi al loro interno o per loro conto ed in loro
rappresentanza o ad apparire «organicamente schierato». La decisione della
Corte depositata fa seguito alla richiesta della sezione disciplinare del
Consiglio superiore della magistratura di dichiarare illegittima la norma
dell'ordinamento giudiziario che non fa differenza fra il divieto di iscrizione
ai partiti e le generica partecipazione alla vita politica. Vicenda assurta
alle cronache del Csm quando alcuni consiglieri chiesero una azione
disciplinare nei confronti del magistrato Luigi Bobbio, nominato presidente
della federazione provinciale di Napoli di Alleanza Nazionale. Secondo la
sentenza della Consulta, redattore il giudice Paolo Maddalena, «i magistrati,
per dettato costituzionale (artt. 101, secondo comma,
e 104, primo comma, Cost.), debbono essere imparziali e indipendenti e tali
valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio
delle funzioni giudiziarie, ma anche come regola deontologica da osservarsi in
ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della
loro indipendenza ed imparzialità».Proprio in questa prospettiva, nel
bilanciamento tra la libertà di associarsi in partiti, tutelata dall'art. 49
Cost., e l'esigenza di assicurare la terzietà dei magistrati ed anche
l'immagine di estraneità agli interessi dei partiti che si contendono il campo,
l'art. 98, terzo comma, Cost. ha demandato al legislatore ordinario la facoltà
di stabilire «limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i
magistrati» (nonché per le altre categorie di funzionari pubblici ivi
contemplate: «i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti
di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero»). «La
Costituzione, quindi, se non impone, tuttavia consente - si legge sempre nel
dispositivo - che il legislatore ordinario introduca, a tutela e salvaguardia
dell'imparzialità e dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, il divieto di
iscrizione ai partiti politici per i magistrati: quindi, per rafforzare la
garanzia della loro soggezione soltanto alla Costituzione e alla legge e per
evitare che l'esercizio delle loro delicate funzioni sia offuscato dall'essere
essi legati ad una struttura partitica che importa anche vincoli gerarchici
interni».La norma impugnata dal Csm secondo la Consulta ha invece dato
«attuazione alla previsione costituzionale stabilendo
che costituisce illecito disciplinare non solo l'iscrizione, ma anche «la
partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici»: accanto al dato
formale dell'iscrizione, pertanto, rileva, ed è parimenti precluso al
magistrato, l'organico schieramento con una delle parti politiche in gioco,
essendo anch'esso suscettibile, al pari dell'iscrizione, di condizionare
l'esercizio indipendente ed imparziale delle funzioni e di comprometterne
l'immagine. Non è ravvisabile, pertanto, alcuna violazione dei parametri
costituzionali invocati dal giudice rimettente, perché, nel disegno costituzionale, l'estraneità del magistrato alla politica
dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e mira a
salvaguardare l'indipendente ed imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie,
dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attività del
magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, non sia guidata dal
desiderio di far prevalere una parte politica». Non solo, la Consulta per la
prima volta chiarisce che il rispetto delle norme sull'imparzialità ecc. dei
magistrati vale anche quando essi sono fuori ruolo: «In particolare, non
contrasta con quei parametri l'assolutezza del divieto, ossia il fatto che esso
si rivolga a tutti i magistrati, senza eccezioni, e quindi anche a coloro che,
come nel caso sottoposto all'attenzione della Sezione disciplinare rimettente,
non esercitano attualmente funzioni giudiziarie. Infatti, l'introduzione del
divieto si correla ad un dovere di imparzialità e questo grava sul magistrato,
coinvolgendo anche il suo operare da semplice cittadino, in ogni momento della
sua vita professionale, anche quando egli sia stato, temporaneamente, collocato
fuori ruolo per lo svolgimento di un compito tecnico». Per questi ed altri
motivi la Corte ha stabilito che la richiesta del Csm «non è fondata». Questa
sentenza darà sicuramente il via a polemiche e «ricorsi». Sono infatti molti i
magistrati che seppure posti fuori ruolo dalla magistratura, si trovano
(sindaci come quello di Bari Michele Emiliano, ministri e ministri «ombra» e
sottosegretari come Alfredo Mantovano, Nitto Palma e Lanfranco Tenaglia,
presidenti di regioni o province, responsabili dei partiti per i problemi della
giustizia, vertici di gruppi parlamentari come Anna Finocchiaro, ecc...) in conflitto
con l'interpretazione estensiva che la Consulta stabilisce in questa sentenza.*
dal Velino.it
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( da "Italia Oggi"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Giustizia e Società data: 18/07/2009 - pag: 34 autore: di Debora Alberici La
Consulta ha dichiarato infondata la questione sui ruoli muti mandati entro il
termine Cartelle, valida consegna al 1/6/08 Salve senza la firma del
responsabile del procedimento Restano valide le cartelle di pagamento
consegnate prima di giugno 2008 senza la firma del responsabile del
procedimento di iscrizione a ruolo. È quanto stabilito
dalla Corte costituzionale
che, con l'ordinanza n. 221 di ieri ha dichiarato la manifesta infondatezza
delle questione sollevata dalla commissione tributaria regionale di Venezia in
relazione all'articolo 36, comma 4-ter, del dl 248 del 2007 (Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia
finanziaria).La norma dispone che «la cartella di pagamento di cui
all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 602, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l'indicazione
del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di
emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al
periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della
riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei
responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli
consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse». Il sospetto
di incostituzionalità sollevato dai giudici veneti è stato bocciato dalla Corte
costituzionale su tutta la linea: alcune questioni
sono state rispedite al mittente con una inammissibilità. Quella concernente la
paventata violazione del principio di uguaglianza fra contribuenti che hanno
ricevuto la cartella prima del 2008 e quelli che l'hanno ricevuta dopo è stata
l'unica ad aver avuto una, seppur laconica, motivazione da parte dei giudici di
Palazzo della Consulta.Quindi, rispolverano una vecchia decisione del '99, la
n. 58, il Collegio ha ricordato che va «negato il presupposto da cui muovono i
giudici rimettenti nel presente giudizio costituzionale,
e cioè che la disposizione censurata contenga una norma retroattiva o una
sanatoria di atti già emanati». Infatti tale norma si limita semplicemente a
«disporre per il futuro, comminando, per le cartelle prive dell'indicazione del
responsabile del procedimento, la sanzione della nullità, la quale non era
invece prevista in base al diritto anteriore». Di conseguenza, si legge nel
passaggio successivo delle motivazioni, «già con la sentenza n. 58 del 2009,
questa Corte aveva dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della norma censurata con riferimento a tutti
i parametri evocati dalle commissioni tributarie rimettenti».Il caso prende le
mosse da una cartella di pagamento notificata a una società senza la firma del
responsabile. L'atto era stato quindi impugnato di fronte alla commissione
tributaria di Venezia. I giudici avevano sollevato d'ufficio la questione di
legittimità preoccupati del diverso trattamento riservato ai contribuenti
destinatari di cartelle di pagamento prima e dopo il 2008. In particolare
nell'ordinanza di rimessione si legge «che ad avviso del giudice a quo la
disposizione censurata, sanando retroattivamente la nullità per omessa
indicazione del responsabile delle cartelle emesse anteriormente alla sua
entrata in vigore, compresa, quindi, quella oggetto di impugnazione nel
giudizio principale, «appare rilevante per una corretta definizione del
giudizio». Ma non basta. Secondo i giudici veneti la disposizione è in contrasto
con lo statuto del contribuente e con i principi costituzionali da questo
richiamati: «in ordine alla non manifesta infondatezza», scrivono ancora i
magistrati tributari, «la Commissione rimettente ritiene, innanzitutto, che la
disposizione censurata si ponga in contrasto con i principi generali e con le
norme costituzionali espressamente richiamate dalla legge 27 luglio del 2000,
n. 212». E ancora, la disposizione impugnata, ecco il nodo della questione,
«violerebbe il principio di uguaglianza dei cittadini di cui agli artt. 3 e 53
della Costituzione, penalizzando coloro che hanno ricevuto le cartelle
esattoriali prima del 1° giugno 2008». Nessuno di questi motivi ha avuto
successo e la norma resta in piedi.
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( da "Nazione, La (Pistoia)"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CRONACA PISTOIA pag.
4 «LA SUPREMA CORTE Costituzionale rende noto l&... «LA SUPREMA CORTE
Costituzionale rende noto l'avvocato Marco Baldassarri, con la sentenza
depositata lo scorso 9 febbraio, ha totalmente annullato il pronunciamento
della Corte d'Appello di Firenze, a seguito della quale il Notaio Marco Regni
era stato ritenuto responsabile dei fatti ascrittigli nell'ambito della vicenda
che, nel 1995, aveva interessato la A.C. Pistoiese S.p.A. Nelle motivazioni
della sentenza della Corte di Cassazione si legge, tra l'altro, che gli
argomenti usati dalla Corte d'Appello di Firenze per riformare la pronuncia
assolutoria di primo grado sono "considerazioni generiche e non coerenti
che, innanzitutto, non sono in linea con i precetti di legge in tema di
valutazione della sentenza irrevocabili acquisite. Inoltre, nel riformare la
decisione del Tribunale, il Giudice del gravame non ha giustificato in alcun
modo il suo convincimento () svalutando le dichiarazioni di soggetti ritenuti
dal primo Giudice affidabili, senza adeguata spiegazione delle ragioni per le
quali venivano, di contro, privilegiate opposte deposizioni, neppure
sommariamente indicate"». «La parola, a questo punto, torna alla Corte di
Appello di Firenze, la quale, alla luce di quanto deciso dalla Corte di
Cassazione sulla valutazione delle prove, dovrà esprimersi nuovamente sul
merito della vicenda». «La storia, lo ricordiamo prosegue Baldassarri , ha
inizio nel 1995, all'indomani della promozione della Pistoiese in serie B,
quanto i soci della A.C. Pistoiese S.p.a. furono convocati in assemblea per il
ripianamento delle perdite della società, condizione imprescindibile per l'iscrizione
della stessa al campionato di serie B». «La suddetta assemblea dei soci,
svoltasi il 29.06.1995, doveva tenersi alla presenza di un notaio. All'ultimo
istante fu richiesto l'intervento del notaio Marco Regni. Nel corso di tale
assemblea, benché tra accese contestazioni, furono adottate quelle decisioni
che consentirono alla A.C. Pistoiese S.p.a. di ripianare le perdite e di
rispettare i requisiti per l'iscrizione in Lega della squadra neo-promossa,
evitando così di vanificare, a causa di problemi economici, il risultato
conseguito sul campo». «Successivamente prosegue l'avvocato Baldassarri , e
tramite atti societari del tutto indipendenti, estranei e posteriori alle
deliberazioni assunte all'assemblea del 29.6.1995, presieduta dal notaio Marco
Regni, alcuni azionisti della società si trovarono fuori dalla compagine
societaria; alcuni di loro, ritenendo si essere stati danneggiati, proposero
una denuncia penale dalla quale scaturirono due differenti procedimenti, uno
dei quali a carico del solo notaio Regni, accusato di aver fatto risultare sul
verbale dell'assemblea del 29.06.1995 deliberazioni che, a dire dei
denuncianti, non erano state adottate». «ALL'ESITO del processo di primo grado
il Tribunale di Pistoia, con sentenza del 17.03.2005, aveva escluso qualsiasi
responsabilità a carico del dott. Regni, mandandolo assolto da ogni
imputazione. Successivamente, la Corte d'Appello di Firenze, adita dalle parti
soccombenti, con sentenza dell'ottobre del 2007, aveva ribaltato l'esito del
giudizio di primo grado». «Recentemente, la Corte di Cassazione ha annullato
totalmente la sentenza della Corte d'Appello fiorentina con motivazioni chiare
ed inequivocabili, che contengono una severa critica verso l'operato dei
giudici fiorentini». «Il Notaio Regni conclude il legale , che mai si è
sottratto alla difesa piena in giudizio, ha dato mandato ai suoi legali che lo
assistono nel giudizio penale (gli avv.ti Mario Tonucci e Giorgio Altieri dello
studio Tonucci & Partners ed al prof. Avv. Adolfo Scalfati), di accelerare
in ogni modo l'iter della giustizia al fine di pervenire quanto prima ad una
pronuncia definitiva che, dopo quasi quindici anni, metta fine alla vicenda
processuale che lo ha coinvolto».
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( da "Riformista, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Difesa di Ignazio
Marino dai graffi della Scaraffia Dimenticate le candidature-ciarpame, i
preliminari erotici con i filmini celebratori del grande leader, le orge di
Palazzo Grazioli, le bugie del premier. Secondo Lucetta Scaraffia c'è un'altra
anomalia italiana che merita la nostra attenzione: Ignazio Marino. Il suo
camice bianco dovrebbe scandalizzarci più della bandana che ha messo in
imbarazzo Tony Blair. Il suo lavoro di chirurgo destare più sospetti del
conflitto di interessi. Scaraffia è bravissima ma questo suo ultimo intervento
è un numero di prestidigitazione troppo ardito per poter riuscire bene. Nemmeno
il grande Danton ce l'avrebbe fatta a ipnotizzare il pubblico al punto da far
passare inosservate tutte le sue capriole logiche. Scaraffia non sopporta
l'idea che la formazione medico-scientifica possa essere considerata un
plusvalore per un uomo politico, perché vorrebbe che la scienza fosse la
retroguardia e l'antiscienza il futuro. Sostiene che le conoscenze di Marino
non sono utili in politica, anzi che sono dannose, perché lui ha fiducia nel
progresso tecnologico, ragiona come uno scienziato e questo, secondo Scaraffia,
lo rende vecchio, addirittura molto vecchio. Invece di perdere tempo a leggere
riviste scientifiche di frontiera (che applicando il suggestivo teorema
Scaraffia appaiono per loro stessa natura obsolete), dovrebbe fare qualcosa di
più originale: rispolverare Marx oppure scoprire i pamphlet tecnofobici di una
femminista francese più nota per essere la moglie di Jospin e l'ex compagna di
Derrida che per i suoi contributi filosofici. Nel surreale dibattito politico
sul destino del Pd di queste settimane se ne sono sentite di tutti i colori e
anche l'analisi di Scaraffia è destinata a finire nell'archivio delle
provocazioni. Ma vale la pena lo stesso di dire chiaramente che se c'è qualcosa
di ammuffito è questa campagna contro la scienza, partita tra i fuochi
d'artificio con l'approvazione della legge 40 e smascherata
nel suo cinismo dalla Corte costituzionale. È incredibile che persino il dibattito precongressuale del Pd
debba diventare un espediente per riproporre scenari fantabioetici sulle
minacce della tecnoscienza, con tanto di multinazionali del farmaco che
complottano contro il benessere dell'umanità (a proposito, a chi li facciamo
produrre i farmaci, a Sylviane Agacinski?). Senza dimenticare i
riferimenti pulp alla compravendita di pezzi del corpo umano. Un marziano in
visita sul nostro pianeta, dopo aver letto certe critiche, sarebbe legittimato
a pensare che Marino sia uscito fuori da un romanzo di Michael Crichton, che
voglia sbarazzarsi dei malati terminali, coltivare chimere parlanti nei
sotterranei delle sue sale operatorie e affiancare ai suoi macchinari di
laboratorio una collezione di uteri in affitto. Chi ha le idee confuse al
riguardo dovrebbe rileggersi il suo "Credere e curare" (Einaudi), i
suoi interventi su ItalianiEuropei, il bel dialogo con il cardinal Martini
pubblicato sull'Espresso. Scoprirà un Marino diversissimo da quello descritto da
Scaraffia, prudentissimo e sempre dialogante. Solo in questo Paese e in questa
fase politica in cui la bioetica è diventata materia di scambio per la politica
è possibile schiacciare questo chirurgo profondamente credente e sinceramente
laico su posizioni radicali. Mettendo in ordine cronologico i suoi scritti si
può notare una qualità imprescindibile nel mondo della scienza: Marino è
allenato a resistere alla tentazione di piegare i fatti alle convenienze
ideologiche e quando, con il passare del tempo, è venuto a conoscenza di
elementi nuovi non ha mai esitato a riconsiderare le proprie posizioni.
Probabilmente non gli basterà questo per guidare il Pd fuori dalla palude. Ma
la storia dimostra che la scienza è un motore di democratizzazione della
società oltre che di progresso materiale e culturale. E saremmo fortunati se il
futuro leader dei democratici - chiunque egli sia - avesse imparato qualcosa
anche dal pensiero scientifico. di Anna Meldolesi 18/07/2009
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( da "Libertà" del
18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corte costituzionale: la questione morale per i due giudici Alla
luce dei nuovi fatti e accadimenti vorremmo fare alcune precisazioni e commenti
ancora a proposito della cena fra il premier, il ministro Alfano, il
sottosegretario Letta, l'onorevole e presidente della commissione Affari
costituzionali del Senato Vizzini e i due giudici costituzionali Paolo
Napolitano e Luigi Mazzella in una sera di maggio. Per primo, è uscita una
lettera firmata Luigi Mazzella, che ricordiamo dovrà pronunciarsi il 6 ottobre
in Consulta sulla costituzionalità o meno del Lodo Alfano. Nella missiva il
giudice si riferisce direttamente al "Caro Silvio", dichiarando di
essere stato "oggetto di barbarie" e lo fa in maniera molto
arrogante, dicendo inoltre che andare a cena con amici "non è certo un
reato". Certo, non lo è, tuttavia dal punto di vista etico questo incontro
doveva essere evitato perché i 2 giudici dovranno pronunciarsi sulla
legittimità del Lodo Alfano, una legge che -di diritto e di fatto- è ostacolo a
procedimenti giudiziari che riguardano praticamente solo e soltanto il
presidente del Consiglio. Non è quindi - come lo è invece nella normalità dei
casi - una legge astratta che riguarda tutti i cittadini della nostra
Repubblica. Senza considerare poi che questa "cena tra amici"
assomiglia troppo a una "cena di lavoro" proprio sul Lodo Alfano, in
quanto il "caro Silvio" non era solo, ma era appunto accompagnato dal
ministro della Giustizia, dal Presidente della commissione
Affari costituzionali del Senato e da un altro giudice della Consulta. Per
questo motivo è forse opportuno ricordare che la Corte Costituzionale - che
Luigi Mazzella e Paolo Napolitano hanno l'onore di rappresentare - è il
principale organo di garanzia del sistema e deve essere quindi autonoma e
indipendente. Essa si contrappone al legislatore quando valuta se una
legge è conforme o meno alla Costituzione. Da qui la necessità che nessun
rapporto ci sia né appaia esserci fra i giudici e chi ha potere di formare la
legge (premier e ministro in primis). Tornando alla lettera di Mazzella, i toni
usati nella stessa sembrano presagire come i due giudici si schiereranno in
Consulta. Anche per questo motivo il gesto delle dimissioni è atto dovuto, in
quanto pare legittimo il dubbio che i due membri dell'organo costituzionale
non possano più essere considerati "terzi fra le parti" ma, appunto,
"parte schierata". Non è possibile lasciare una decisione del genere,
che sarà crocevia del Governo Berlusconi, a chi si è detto suo amico e ha
banchettato con lui vantandosi di voler invitarlo ancora quando lo riterrà
opportuno. Da respingere al mittente sono anche i maldestri tentativi di Paolo
Napolitano di ribaltare la realtà accusando indirettamente l'Italia dei Valori
di intimidire la Consulta solo perché ha posto una questione morale. Questa
difesa ricorda molto quelle solitamente poste in atto dal presidente del
Consiglio che, fra le altre cose, ha sempre bollato la Corte come "un covo
di comunisti" mentre sulla questione, per convenienza pura, non ha
proferito parola. Anche il presidente della Corte Amirante, che finora ha fatto
solo una dichiarazione in cui ha invitato tutti ad "abbassare i
toni", dovrebbe quantomeno impedire a quei due di esserci quando si
valuterà la costituzionalità del Lodo Alfano, salvaguardando in tal modo la
credibilità dell'istituzione. Sabrina Freda Segretario provinciale dell'Italia
dei Valori Andrea Fossati Coordinatore provinciale giovani dell'Italia dei
Valori 18/07/2009
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( da "Eco di Bergamo, L'"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Bonus famiglia,
bando da riaprire --> Sabato 18 Luglio 2009 CRONACA, pagina 17 e-mail print
Il Tar della Lombardia ha stabilito che siano riaperti i termini per la
presentazione delle domande per l'assegnazione del bonus famiglia, estendendola
agli immigrati regolari senza carta di soggiorno, includendo tra i requisiti
richiesti, «unitamente a quelli già indicati, anche il possesso del permesso di
soggiorno di durata non inferiore a un anno». Il Tribunale amministrativo, con
la decisione presa con sentenza della quarta commissione, ha così annullato un
provvedimento della Regione che era stato impugnato lo scorso aprile da Cgil,
Centro solidarietà integrazione, la onlus bergamasca Associazione nazionale
Oltre le frontiere (Anolf), Studi giuridici sull'immigrazione e da alcuni
immigrati. Con la sentenza, depositata il 16 luglio, il Tar impone alla Regione
di riaprire i termini, scaduti il 13 marzo scorso, per ottenere il beneficio
del bonus famiglia, fermo restando che chi ne fa richiesta deve avere anche una
serie di requisiti, tra cui un determinato reddito e tre figli a carico. «Siamo
soddisfatti - afferma Mimma Pelleriti della segreteria provinciale Cisl Bergamo
- perché è stato confermato quanto sostenuto da tutte le associazioni che in
questa vicenda rappresentano gli immigrati e cioè che quella era una delibera
discriminatoria». Soddisfazione viene espressa anche da Adriano Allieri,
copresidente della Associazione Oltre le frontiere, che ha presentato il
ricorso: «È un atto di giustizia nei confronti degli stranieri regolarmente
soggiornanti in Italia. La norma regionale era incostituzionale
e ledeva i diritti fondamentali basati sulla eguaglianza delle persone. Non
solo verranno riammesse delle pratiche prima scartate ma verranno anche
riaperti i termini per la presentazione di eventuali altre pratiche». Sulla
questione è intervenuto anche il segretario generale della Cisl Lombardia, Gigi
Petteni: «Con la sentenza del Tar - ha commentato - si conferma il fatto che sulle
politiche di welfare e le assistenze ai cittadini non si possono discriminare
gli immigrati. Alla Regione chiediamo di applicare questa sentenza mentre siamo
pronti a un confronto affinché le politiche sociali non si facciano passando
dai tribunali. In una società ormai multietnica la strada non può che essere
quella dell'accoglienza e dell'integrazione. Si tratta di una sentenza
particolarmente importante - ha aggiunto Petteni - nel momento in cui entra in
vigore una legge sulla sicurezza che discrimina i lavoratori stranieri, che non
condividiamo e che la Cisl è impegnata a contrastare». Il 20 gennaio scorso la
Giunta Regionale della Lombardia aveva escluso l'accesso ai benefici del bonus
famiglia agli stranieri che non erano titolari di carta di soggiorno o permesso
di soggiorno Ue di lungo periodo. Il ricorso presentato al Tar regionale si è
basato sulla stessa legge regionale n. 23 del 1999 e sullo Statuto regionale
che non consentono distinzioni tra i nuclei familiari fondate sulla differente
nazionalità degli stessi, tenuto conto anche delle
convezioni internazionali e delle disposizioni costituzionali. Inoltre, la
giurisprudenza della Corte costituzionale ritiene illegittime, anche a livello legislativo, delle
prescrizioni che irragionevolmente richiedono un livello minimo di reddito -
presupposto necessario per ottenere la carta di soggiorno Ue - per accedere ad
una provvidenza economica, destinata proprio a soggetti indigenti.
Inoltre la disposizione impugnata sarebbe discriminatoria anche con riferimento
alla residenza continuativa sul territorio nazionale richiesta ai soli
stranieri extracomunitari, visto che la carta di soggiorno viene rilasciata sul
presupposto di una presenza continuata e regolare sul territorio nazionale da
almeno cinque anni. Nel ricorso veniva posto l'accento anche sulla legislazione
nazionale in tema di immigrazione. In effetti la deliberazione impugnata si
pone in diretto contrasto con l'articolo 41 del Testo unico sull'immigrazione,
che equipara ai cittadini italiani non solo gli stranieri titolari della carta
di soggiorno, ma anche coloro che possiedono un permesso di soggiorno di durata
non inferiore ad un anno. Intanto dalla Regione l'assessore alla Famiglia e
solidarietà sociale Giulio Boscagli, rassicura così quanti hanno già
beneficiato del bonus: «La sentenza del Tar non tocca le famiglie alle quali la
Regione Lombardia ha riconosciuto il diritto di ricevere il buono famiglia di
1.500 euro. Gli oltre 15.000 nuclei familiari in questione, anzi, hanno già
ricevuto il contributo previsto o lo stanno ricevendo proprio in questi giorni,
e non è in discussione il loro diritto». Roberto Vitali 18/07/2009
nascosto-->
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( da "Unita, L'" del
18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Teheran torna verde
Rafsanjani sfida Khamenei: liberate gli arrestati GABRIEL BERTINETTO Le strade
di Teheran si tingono nuovamente di verde, il colore dell'opposizione. Migliaia
di persone manifestano fuori dall'università e si scontrano con le forze di sicurezza,
mentre all'interno una delle massime autorità dello Stato, l'ayatollah Hashemi
Rafsanjani, prende posizione nello scontro politico e sociale in atto. Pur
senza fare nomi, Rafsanjani lancia un chiaro attacco alla Guida suprema
Khamenei ed al capo di Stato Ahmadinejad per avere provocato la «crisi» in cui
versa la Repubblica islamica dopo le contestate presidenziali del mese scorso.
MALMENATO KARROUBI Stando a notizie diffuse su Internet da vari blogger
sfuggendo al bavaglio imposto alla stampa dal regime, almeno 15 persone sono
state arrestate. Fra loro l'avvocata e paladina dei diritti umani Shadi Sadr.
Uno dei leader riformatori, Mehdi Karroubi, è stato insultato e malmenato da
sostenitori di Ahmadinejad mentre si recava ad ascoltare il discorso di
Rafsanjani. Secondo alcune testimonianze, la polizia ha «scagliato gas
lacrimogeni e picchiato seguaci di Mir Hossein Mousavi in boulevard Keshavarz».
Mousavi è il candidato che secondo i conteggi ufficiali si sarebbe classificato
al secondo posto nelle elezioni del 12 giugno. I dimostranti reclamavano a gran
voce le dimissioni di Ahmadinejad, e in un singolare rovesciamento del solito
ufficiale augurio di «morte all'America», scandivano ogni tanto lo slogan:
«Morte alla Russia». Mosca è nel mirino polemico dell'opposizione per avere
riconosciuto il successo elettorale di Ahmadinejad, che Mousavi ed i suoi
sostengono conquistato con i brogli. Rafsanjani ha parlato nello stesso luogo
in cui si rivolse alla folla Ali Khamenei una settimana dopo il voto. Allora la
Guida suprema avallò la regolarità della vittoria di Ahmadinejad e minacciò di
usare il pugno duro contro i contestatori. Fu il preludio alla repressione
violenta delle proteste. Il giorno dopo rimasero uccise almeno dieci persone
fra cui Neda Sultan, la ragazza diventata il simbolo della rivolta democratica
di Teheran. Rafsanjani si è richiamato ai valori fondanti della Repubblica
islamica per condannare l'uso della violenza contro i manifestanti: «L'imam
Khomeini rifiutava il ricorso al terrore o alle armi persino nella lotta
rivoluzionaria». Le persone imprigionate nelle scorse settimane, ha detto,
devono tornare alle loro famiglie. Deve essere ripristinata «un'atmosfera di
libertà in cui ognuno abbia il diritto di esprimere critiche». Ed è essenziale
rivolgere «condoglianze alle persone che hanno subito delle perdite». Scuse
alle vittime, rilascio dei detenuti, libertà di stampa, sono tre condizioni per
il superamento della crisi e per «riguadagnare la fiducia perduta del popolo»,
suggerisce Rafsanjani. Il quale, diversamente dai capi dell'opposizione Mousavi
e Karroubi, non chiede esplicitamente il ritorno alle urne, ma lascia capire di
considerare lui stesso fraudolente le elezioni di giugno, quando critica il
Consiglio dei guardiani, una sorta di Corte costituzionale, per avere troppo
frettolosamente e superficialmente confermato la validità del voto. A NOME
DEGLI ESPERTI Un passaggio fondamentale del discorso è quello in cui Rafsanjani
definisce le proprie dichiarazioni frutto di consultazioni in seno ai due
organismi da lui presieduti: il Consiglio per gli interessi dello Stato,
e soprattutto l'Assemblea degli Esperti, che ha il potere di eleggere e in casi
estremi destituire la Guida suprema. Proprio quest'ultimo, nella persona di
Khamenei, è il destinatario dell'implicito avvertimento: attento, non hai
contro solo la piazza, ma anche settori importanti degli apparati statali. In
serata, quando la folla radunatasi per ascoltare Rafsanjani all'università e
nelle strade limitrofe si erano ormai dispersi, da altre zone della capitale
giungevano notizie di scontri. Presso l'ostello studentesco di Amirabad si
sarebbero uditi degli spari. Due ragazze sarebbero state accoltellate dai
Basiji nei pressi dell'ateneo. Vicino alla sede del ministero degli Interni,
sono echeggiate grida ostili ad Ahmadinejad. Era già buio, mentre i dimostranti
sempre più numerosi inneggiavano alle dimissioni del presidente e del ministro
Sadeq Mahsouli. Oppositori di nuovo in piazza a Teheran. Scontri con la polizia
e arresti. Rafsanjani attacca pubblicamente, senza nominarli, Khamenei e
Ahmadinejad, chiede libertà di stampa e rilascio dei detenuti politici.
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-07-18 - pag: 1 autore: PANORAMA Bombe negli hotel in
Indonesia: 8 morti e 50 feriti Il terrorismo torna a fare vittime in Indonesia.
Due alberghi di lusso di Giakarta, il Jw Marriott e il Ritz Carlton, sono stati
colpiti ieri da un duplice attentato suicida, che ha fatto almeno otto morti e
una cinquantina di feriti. Tra questi ultimi, secondo la polizia locale, ci
sarebbero anche alcuni italiani, ma la Farnesina smentisce. Sospetti sul gruppo
qaedista Jemaah Islamiyah. u pagina8 Il Papa scivola e si frattura un polso:
operato ad Aosta Il Papa è caduto a Les Combes, dove si trova in vacanza,
fratturandosi un polso. è stato subito operato ad Aosta: per il chirurgo
«intervento riuscito». Il Vaticano: solo un incidente, nessun malore. u pagina 14 Per i magistrati divieto di iscriversi ai partiti La
Corte costituzionale ha
giudicato legittima la previsione del divieto di iscrizione a partiti politici
e di partecipazione alla loro attività posto a carico dei magistrati. u pagina
24, commento u pagina 12 Milano: vietato l'uso di alcol ai minori di 16 anni Da
lunedì a Milano stop al consumo di alcol per gli under 16. Sanzione di
450 euro per chi trasgredisce. Vietata anche la vendita, la somministrazione,
la detenzione e la cessione gratuita. u pagina 21 L'Antitrust indaga su
Mastercard e otto banche Il garante della concorrenza avvia un'inchiesta sulle
commissioni delle carte di credito. L'istruttoria coinvolge otto banche fra cui
Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps e Bnl. u pagina 28 Le plusvalenze spingono gli
utili di BofA e Citigroup I grandi malati della finanza Usa hanno chiuso il
secondo trimestre con utili miliardari. Quelli di Bank of America si sono
attestati a 3,2 miliardi di dollari, mentre quelli di Citi hanno raggiunto i
4,3 miliardi. u pagina 29
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-07-18 - pag: 12 autore: ... MAGISTRATI E PARTITI L'autonomia non ha tessere I m
agistrati non possono iscriversi a partiti politici. E neppure partecipare alla
loro attività. Lo prevede la riforma del ordinamento giudiziario, voluta dal
centrodestra due legislature fa. Un divieto che sul piano costituzionale non fa una piega. O
almeno questo è stato il verdetto della Corte costituzionale chiamata in causa dal Csm. Troppo cruciale è la necessità di
tutelare i valori di indipendenza e imparzialità della magistratura. Che deve
apparire, non solo essere, autonoma. Tanto più che il diritto di
candidarsi alle elezioni non ne esce comunque compromesso. Una sentenza, quella
della Consulta, nello stesso tempo condivisibile e intempestiva. Condivisibile
perchè la magistratura ha un ruolo cruciale nell'articolazione dei poteri dello
Stato. E anche il solo sospetto sulla coloritura politica della sua attività va
a screditare non solo lei ma lo Stato stesso. Intempestiva, perchè arriva
quando ormai da tempo è passata in una larga parte dell'opinione pubblica la
convinzione che l'azione giudiziaria costituisce una parte dell'azione
politica. «Solo» condotta con altri mezzi.
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-18 - pag: 24 autore: Limite ammesso • Corte costituzionale, sentenza n. 224 del 2009 La Costituzione, quindi, se non
impone, tuttavia consente che il legislatore ordinario introduca, a tutela e
salvaguardia dell'imparzialitàe dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, il
divieto di iscrizione ai partiti politici peri magistrati: quindi, per
rafforzare la garanzia della loro soggezione soltanto alla Costituzione e alla
legge e per evitare che l'esercizio delle loro delicate funzioni sia offuscato
dall'essere essi legati ad una struttura partitica che importa anche vincoli
gerarchici interni. La norma impugnata ha dato attuazione alla previsione costituzionale. (...) Non è ravvisabile, pertanto, alcuna
violazione dei parametri costituzionali invocati dal giudice rimettente,
perché, nel disegno costituzionale, l'estraneità del
magistrato alla politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di
particolare rilievo e miraa salvaguardare l'indipendente ed imparziale
esercizio delle funzioni giudiziarie, dovendo il cittadino essere rassicurato
sul fatto che l'attività del magistrato, sia esso giudiceo pubblico ministero,
non sia guidata dal desiderio di far prevalere una parte politica.
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-18 - pag: 24 autore: Ordinamento
giudiziario. La Corte costituzionale promuove la riforma Castelli Per i magistrati divieto di
iscrizione ai partiti Vanno garantiti i valori di indipendenza e imparzialità
Giovanni Negri MILANO Il magistrato non deve essere iscritto a partiti
politici. Perché l'estraneità «alla politica dei partiti e dei suoi metodi è un
valore di particolare rilievo e mira a salvaguardare l'indipendente e
imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie, dovendo il cittadino essere
rassicurato sul fatto che l'attività del magistrato, sia esso giudice o pubblico
ministero, non sia guidata dal desiderio di far prevalere una parte politica».
La Consulta ha così promosso all'esame di costituzionalità una delle norme
cardine della riforma degli illeciti disciplinari inserita nel nuovo
ordinamento giudiziario voluto dall'allora ministro della Giustizia, era il
2006, Roberto Castelli. La Corte, con la sentenza n. 224 depositata ieri e
scritta da Paolo Maddalena, ha così giudicato infondata la questione di
legittimità sollevata dalla sezione disciplinare del Csm che aveva invece
sostenuto il contrasto con numerosi articoli della Costituzione. Per il Csm,
infatti, la previsione di un divieto rafforzata da una sanzione per la
violazione va oltre la semplice limitazione e, inoltre, assimila in un medesimo
giudizio negativo l'appartenenza a partiti politici a centri di affari o di
potere affaristico. Evidente poi, secondo il Csm, anche il conflitto con
l'articolo 18 della Costituzione che vede nei partiti politici luoghi di
democrazia e individua la partecipazione alla loro attività come un diritto
della personalità. Tutte argomentazioni che non hanno fatto breccia nella
Corte. Che sottolinea come i magistrati, sulla base della disciplina della
Costituzione, devono essere imparziali e indipendenti, valori che vanno
tutelati anche come regola deontologica per evitare che si possa dubitare della
loro autonomia. Proprio per questo la Costituzione ammette, all'articolo 98,
comma 3) che il legislatore possa stabilire per i magistrati limitazioni al
diritto di iscriversi a partiti politici. Una conseguenza della delicatezza
delle funzioni esercitate. La Costituzione, quindi, chiarisce la Consulta, se
non impone, tuttavia permette che venga istituito per la magistratura (soggetta
solo a Costituzione e legge) un divieto di iscrizione a organizzazioni
caratterizzate anche dalla presenza di vincoli gerarchici interni. La norma
dell'ordinamento giudiziario ha fatto un passo in più e ha anche previsto che
costituisce illecito disciplinare per il magistrato, oltre che l'iscrizione,
anche la partecipazione sistematica e continuativa all'attività di partito:
«l'organico schieramento con una delle parti politiche in gioco, essendo
anch'esso suscettibile, al pari dell'iscrizione, di condizionare l'esercizio
indipendente ed imparziale delle funzioni e di comprometterne l'immagine».
Ricordata la legittimità costituzionale del divieto
anche nei confronti del magistrato che non esercita attualmente funzioni
giudiziarie, la sentenza avverte che non è però in questione il diritto del
magistrato a candidarsi, visto che anche questo è soggetto a limitazioni, e poi
perché le situazioni a confronto sono diverse. Quanto poi all'assimilazione,
sul fronte dell'illecito disciplinare, con la partecipazione a centri d'affare,
la Corte spiega che, in questo caso, è stata spinta dall'esigenza di porre una
tutela rafforzata dell'immagine di indipendenza del magistrato, che può essere
compromessa tanto in un caso quanto nell'altro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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( da "Manifesto, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CORTE
COSTITUZIONALE No ai magistrati dirigenti di partito I magistrati non possono
iscriversi a partiti politici e tantomeno essere dirigenti in un partito.
Possono invece candidarsi in parlamento (purché fuori ruolo) ed esprimersi come
tutti i cittadini su questioni politiche. Lo ribadisce una sentenza della Corte costituzionale pubblicata ieri che ha respinto una questione
di legittimità sollevata dal Csm su alcune norme della legge Castelli del 2006
sugli illeciti disciplinari. «I magistrati - si legge nella sentenza 224 -
debbono godere degli stessi diritti di libertà di ogni altro cittadino e
possono non solo condividere un'idea politica ma anche manifestare
espressamente le proprie opzioni». Ma è illegittima la loro «partecipazione
sistematica e continuativa a partiti politici». La decisione è partita dal caso
di Luigi Bobbio, ex senatore di An che nel 2007, dopo il mandato, è stato anche
capo della federazione provinciale di Napoli del partito di Fini. In una
condizione simile, tra gli altri, c'è oggi il coordinatore regionale del Pd in
Puglia Michele Emiliano.
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( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 18/07/2009 - pag: 12 Sentenza All'origine la vicenda Bobbio
(ex An). Il togato Berruti: possibili ricadute anche su altri. I casi Emiliano
e Palma La Consulta: no ai magistrati «attivi» nei partiti Respinta la
questione sollevata dal Csm: «Hanno doveri speciali di imparzialità» ROMA In
nome di un dovere speciale di imparzialità, a tutti i magistrati, anche a
quelli fuori ruolo, è fatto divieto di «iscriversi e di partecipare attivamente
alla vita dei partiti politici». Il divieto assoluto introdotto dal
Guardasigilli Claudio Martelli, divenuto illecito disciplinare con la riforma
Castelli-Mastella è stato ora confermato dalla Corte
Costituzionale (sentenza 224) che ha ritenuto infondata una questione di
illegittimità sollevata dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore
della magistratura. Il caso è quello dell'ex pm Luigi Bobbio già senatore di
An, oggi capo di gabinetto del ministro Meloni sotto processo disciplinare al
Csm perché dopo la fine del mandato parlamentare aveva ricoperto a Napoli
la carica di presidente della federazione provinciale di An. Ma la norma
contestata dal Csm proprio perché vieta allo stesso modo l'iscrizione ai
partiti e il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore
economico finanziario che possono condizionare o comunque compromettere
l'immagine del magistrato è stata ritenuta conforme al dettato della
Costituzione: tanto che il processo disciplinare contro Bobbio riprenderà
quanto prima. Però adesso si apre un problema enorme, segnala Giuseppe Berruti,
il «togato» del Csm che ha portato la questione davanti alla Consulta: «Il
nostro era un dubbio sull'equiparazione tra i partiti, citati in Costituzione,
e i centri di affari e in questo caso solo il giudice delle leggi poteva
scioglierlo. Tuttavia, ora potrebbero sorgere problemi disciplinari, fino ad
oggi non immaginati, a carico di altri magistrati che svolgono attività
continuativa nella vita dei partiti». Come va considerata, infatti, la
posizione delle toghe in aspettativa elettorale? Che tipo di attività svolgono
nei partiti, per esempio, il sindaco di Bari, Emiliano (Pd), i parlamentari
Nitto Palma e Centaro del Pdl o i colleghi Casson e Tenaglia del Pd? La Corte
ha voluto specificare: «Un conto è l'iscrizione a un partito... altro è
l'accesso alle cariche elettive». E infatti Lanfranco Tenaglia (Pd) condivide
il divieto di iscrizione anche per i fuori ruolo ma conferma che la Corte «non
ha certo voluto negare ai magistrati il diritto di elettorato passivo». Eppure,
incalza Berruti, il varco è aperto: «Perché ora si dovrà individuare, con
precisione, il confine tra l'attività politico-parlamentare e quella
politico-partitica». Dino Martirano
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( da "EUROPA ON-LINE"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Articolo Sei in
Esteri 18 luglio 2009 Iran - L'ex presidente, sostenitore di Mousavi, auspica
la riconciliazione ma chiede il rilascio delle persone arrestate durante le
proteste del mese scorso La sfida di Rafsanjani: «Solo il consenso popolare legittima
il governo islamico» È diventato il primo capo delle istituzioni ad ammettere
che il paese sta vivendo un momento di "crisi". Ha criticato il
Consiglio dei Guardiani per la sua condotta in seguito agli appelli presentati
dai candidati riformisti dopo il voto del 12 giugno. Ha auspicato la
liberazione delle diverse centinaia di personalità politiche arrestate dopo le
controverse elezioni presidenziali. Hashemi Rafsanjani si è spinto sino al
limite in uno dei discorsi più difficili, ma meglio eseguiti, della sua lunga
carriera politica. Di fronte a una platea in maggioranza fedele alla Guida
suprema, Ali Khamenei, e a diverse decine di migliaia di sostenitori di
Mir-Hossein Mousavi che hanno sfidato il sole cocente di un venerdì di
mezz'estate a Teheran per assieparsi lungo le strette vie che circondano il
campus principale dell'università della capitale iraniana, l'ex presidente ha
pronunciato un discorso determinante che mirava al reintegro dell'ala
riformista all'interno del regime islamico e alla riaffermazione
dell'importanza della sovranità popolare come elemento essenziale
dell'ordinamento religioso di Teheran. L'atteso discorso di quello che viene
considerato il mentore di Mousavi e della sua "Onda verde" si è
incentrato sul racconto di ricordi orali dell'ayatollah Khomeini, il padre
fondatore della Repubblica islamica a cui pressoché tutti i gerarchi di Teheran
si rifanno tuttora nei momenti di difficoltà: «L'imam sosteneva che un governo
islamico deve sempre godere dell'appoggio popolare ». Per questo, secondo
Rafsanjani, il popolo elegge l'Assemblea degli esperti ente che sceglie la
Guida il parlamento e il presidente. In mancanza del sostegno del popolo gli
stessi sarebbero, secondo l'ex presidente e molti ayatollah di spicco di Qom
che si erano espressi in termini simili nelle settimane scorse, privi di alcun
connotato religioso. Dopo aver nuovamente definito «amara» e una «disfatta per
tutti noi» la situazione in cui versa il paese, Rafsanjani ha sferrato un
attacco sottile contro il Consiglio dei Guardiani, ritenendo che l'organo
dotato del diritto di monitorare le elezioni non ha «sfruttato appieno» la
proroga di cinque giorni concessagli dalla Guida suprema. Rafsanjani ha così
implicitamente messo in dubbio l'esito delle presidenziali del 12 giugno e l'avallo dello stesso da parte della corte costituzionale iraniana e di Khamenei. Come previsto alla vigilia, il capo
dell'Assemblea degli esperti e del Consiglio per il discernimento per
l'interesse dello stato ha toccato due temi-chiave dell' asproconfronto che ha
avvolto il sistema politico di Teheran all'indomani del voto. Rafsanjani
si è appellato infatti «all'unità » del regime nel suo insieme contro i
sempiterni «nemici» esterni, che vogliono impedire il progresso nazionale,
soprattutto in campo atomico. A riprova della sua preoccupazione sulla sorte
dei moderati interni al regime, Rafsanjani ha esortato le autorità a liberare
le centinaia di attivisti politici, giornalisti, avvocati e semplici cittadini
che sono stati tratti in arresto nel corso dell'ultimo mese e spesso tenuti in
località sconosciute: «Non è necessario incarcerare la gente in situazioni come
quella attuale. Permettete loro di ricongiungersi con i propri familiari. La
libertà di criticare va tollerata». Rimane da vedere quale sarà la reazione
degli aderenti all'Onda verde a tale discorso. Le decine di migliaia di
sostenitori di Mousavi che si sono presentati nei dintorni dell'università per
seguire il sermone hanno sfidato gli altrettanto numerosi fedelissimi
conservatori che sono soliti presentarsi all'appuntamento settimanale scandendo
slogan come "Morte al dittatore" e "Morte alla Russia",
un'allusione ai legami stretti che intercorrerebbero, secondo i riformisti, tra
Ahmadinejad e la leadership del Cremlino. Gli attivisti riformisti, che
scenderanno nuovamente in strada lunedì, si sono inoltre ripetutamente
scontrati con le forze dell'ordine in varie parti del centro cittadino. Dal
canto suo Mousavi ha scelto un'apparizione di basso profilo, presentandosi tra
la folla al padiglione della preghiera ed evitando di recarsi nella parte
"vip", dove erano invece presenti gli altri due candidati sconfitti,
Mohsen Rezai e Mehdi Karroubi. Quest'ultimo è stato pure oggetto di un
tentativo di aggressione da parte di alcuni agenti in borghese, che secondo il
resoconto fornito da suo figlio avrebbero aggredito il cosiddetto
"sceicco" delle riforme nei pressi dell'ingresso principale
dell'università, un segnale lampante che indica come quell'unità invocata da
Rafsanjani sia ancora distante dall'avverarsi. Siavush Randjbar Daemi
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( da "Corriere del Veneto"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere del Veneto
sezione: PRIMOPIANO data: 18/07/2009 - pag: 2 Processo «Camice verdi» Guardie
padane «assolte» anche dalla Consulta VERONA - «La Corte costituzionale dichiara inammissibile il
ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal
giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona nei confronti della
Camera dei deputati». Un'attesa lunga qualcosa come otto mesi finché ieri, da
parte della Consulta, è stata depositata l'ordinanza che scrive la parola «fine»
al famigerato caso Guardie Padane avvalorando, di fatto, l'orientamento della
Camera e «scagionando» gli imputati una volta per tutte. Una decisione, quella
appena giunta da Roma, che ha decretato infatti l'inammissibilità del conflitto
di attribuzioni sollevato dal gup Rita Caccamo su sollecitazione dell'ex
procuratore Guido Papalia in merito alla decisione della giunta delle
autorizzazioni della Camera che nel 2007 aveva negato il nullaosta a procedere.
Era il novembre 2008, quando la Corte Costituzionale venne investita dal
giudice per l'udienza preliminare scaligero della spinosa contesa. Da una parte
si poneva la tesi assolutoria sostenuta nel maggio 2007 dalla Camera dei
deputati, secondo cui «i fatti per i quali è in corso il presente processo
penale a carico di Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo
Chiappori, Giancarlo Pagliarini, Luigino Vascon, Roberto Maroni e Roberto
Calderoli, deputati all'epoca dei fatti, concernono opinioni espresse da membri
del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni, ai sensi dell'articolo 68,
primo comma, della Costituzione». Sul fronte opposto, invece, contrattaccavano
la Procura e il Tribunale di Verona, secondo cui «gli atti integranti il reato
di partecipazione ad una associazione di tipo militare, svolgendo in essa
compiti promozionali, direttivi e organizzativi, nonché sovrintendendo alle
adesioni al gruppo da parte di terze persone, sono estranei al concetto di
opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ancorché letti
nel contesto ideologico da cui si è mossa l'azione politica della Lega Nord ed
il programma secessionista cui i parlamentari imputati hanno aderito». Ebbene,
secondo la Consulta «l'esposizione dei fatti contenuta nel ricorso non consente
di valutare quale sia l'effettiva condotta ascrivibile a ciascun parlamentare e
in che termini la stessa si atteggi e venga a modularsi in relazione al
complessivo tenore del capo di imputazione, impedendo così una delibazione in
ordine alla sussistenza delle condizioni per l'operatività della prerogativa
della insindacabilità di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione». Di
qui il rigetto che «salva« definitivamente le Guardie. Laura Tedesco
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( da "Corriere del Veneto"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere
del Veneto sezione: PRIMAPAGINA
data: 18/07/2009 - pag: 1 Corte costituzionale PROCESSO
«CAMICIE VERDI» Anche la Consulta «assolve» le Guardie VERONA - Dopo otto mesi,
ieri da parte della Consulta è stata depositata l'ordinanza che scrive la
parola «fine» al famigerato caso Guardie Padane. A PAGINA 2
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( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Lettere data: 18/07/2009 - pag: 12 Interventi e lettere Nieri: è
contrario al Vangelo proibire ai poveri di mendicare Una democrazia sempre in
febbre elettorale è una democrazia in costante febbre demagogica, ha affermato
il professor Sartori in un suo recente libro. Una frase che mai quanto ora mi
sento di condividere. Il presidente emerito della Corte
Costituzionale Valerio Onida, non di certo un pericoloso sovversivo, a
proposito del primo pacchetto sicurezza (quello targato Veltroni-Amato) disse
che il legislatore dovrebbe tacere per almeno settantadue ore dopo un efferato
fatto di cronaca. Eravamo all'indomani del brutale assassinio della
signora Giovanna Reggiani. Ora dopo un'aggressione effettuata da un lavavetri a
piazza Gondar alcuni esponenti del Pdl, riprendendo la vecchia proposta del
democratico fiorentino Graziano Cioni, hanno presentato una mozione per
interdire il territorio romano a lavavetri e accattoni. Linguaggio di altri
tempi, provvedimenti di altri tempi. Era il Settecento quando in Inghilterra il
passaggio lento verso lo stato di diritto fu segnato proprio dal superamento
della istituzionalizzazione dei poveri. Dopo le sciocchezze dette a Firenze
dall'incauto ex assessore alla sicurezza Graziano Cioni, la magistratura ha
dimostrato che non esiste un racket dei lavavetri. In periodi di crisi come
quelli che stiamo vivendo un lavavetri può guadagnare al massimo 10-15 euro al
giorno. Ancor meno chi fa la classica elemosina per strada. Possiamo noi temere
quelli che fanno l'elemosina? O dobbiamo viceversa concentrare i nostri sforzi
repressivi contro quelle organizzazioni criminali che gestiscono attività
organizzate nel pieno centro di Roma, nella estrema periferia cittadina o al
mercato ortofrutticolo di Fondi? La legalità, cari esponenti del Pdl, non è
cattiveria. Se un lavavetri commette un crimine lo si deve sanzionare. Così
come se a commetterlo è un macellaio, un avvocato, un politico. Roma è la città
dove ha sede il Vaticano. Roma è stata la città di Don Luigi Di Liegro. Roma
non può essere interdetta ai poveri. Roma deve restare una città aperta e
solidale. Non sono queste affermazioni di un irresponsabile estremista, ma di
un uomo esterrefatto dalla deriva che questo Paese e questa città stanno
prendendo. Per questo mi opporrò in tutte le sedi istituzionali contro
l'approvazione della mozione voluta dai consiglieri comunali. Auspico che
l'opposizione faccia sentire la sua voce. Impedire ai poveri di mendicare è un atto
che stride contro il Vangelo e contro lo stato costituzionale
di diritto. Vorrei ricordare a Fabrizio Santori, Presidente della Commissione
capitolina sulla sicurezza, e ai suoi colleghi Pdl Ludovico Todini, Domenico
Naccari e Dario Rossin che nel Vangelo Gesù dichiara beati i poveri e afferma
che dei poveri in spirito sarà il regno dei cieli. Speriamo che il Sindaco
Gianni Alemanno non cada nella tentazione di mettersi dalla parte dei ricchi,
dei già garantiti, degli inclusi. Non è questo il compito di un amministratore
lungimirante. Luigi Nieri Assessore al Bilancio della Regione Lazio (Sinistra e
Libertà) Pagina a cura di Ester Palma
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( da "Corriere del Veneto"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere del Veneto
sezione: Politica data: 18/07/2009 - pag: 12 Sentenza All'origine la vicenda
Bobbio (ex An). Il togato Berruti: possibili ricadute anche su altri. I casi
Emiliano e Palma La Consulta: no ai magistrati «attivi» nei partiti Respinta la
questione sollevata dal Csm: «Hanno doveri speciali di imparzialità» ROMA In
nome di un dovere speciale di imparzialità, a tutti i magistrati, anche a
quelli fuori ruolo, è fatto divieto di «iscriversi e di partecipare attivamente
alla vita dei partiti politici». Il divieto assoluto introdotto dal
Guardasigilli Claudio Martelli, divenuto illecito disciplinare con la riforma
Castelli-Mastella è stato ora confermato dalla Corte
Costituzionale (sentenza 224) che ha ritenuto infondata una questione di
illegittimità sollevata dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore
della magistratura. Il caso è quello dell'ex pm Luigi Bobbio già senatore di
An, oggi capo di gabinetto del ministro Meloni sotto processo disciplinare al
Csm perché dopo la fine del mandato parlamentare aveva ricoperto a Napoli
la carica di presidente della federazione provinciale di An. Ma la norma
contestata dal Csm proprio perché vieta allo stesso modo l'iscrizione ai
partiti e il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore
economico finanziario che possono condizionare o comunque compromettere
l'immagine del magistrato è stata ritenuta conforme al dettato della
Costituzione: tanto che il processo disciplinare contro Bobbio riprenderà
quanto prima. Però adesso si apre un problema enorme, segnala Giuseppe Berruti,
il «togato» del Csm che ha portato la questione davanti alla Consulta: «Il
nostro era un dubbio sull'equiparazione tra i partiti, citati in Costituzione,
e i centri di affari e in questo caso solo il giudice delle leggi poteva
scioglierlo. Tuttavia, ora potrebbero sorgere problemi disciplinari, fino ad
oggi non immaginati, a carico di altri magistrati che svolgono attività
continuativa nella vita dei partiti». Come va considerata, infatti, la posizione
delle toghe in aspettativa elettorale? Che tipo di attività svolgono nei
partiti, per esempio, il sindaco di Bari, Emiliano (Pd), i parlamentari Nitto
Palma e Centaro del Pdl o i colleghi Casson e Tenaglia del Pd? La Corte ha
voluto specificare: «Un conto è l'iscrizione a un partito... altro è l'accesso
alle cariche elettive». E infatti Lanfranco Tenaglia (Pd) condivide il divieto
di iscrizione anche per i fuori ruolo ma conferma che la Corte «non ha certo
voluto negare ai magistrati il diritto di elettorato passivo». Eppure, incalza
Berruti, il varco è aperto: «Perché ora si dovrà individuare, con precisione,
il confine tra l'attività politico-parlamentare e quella politico-partitica».
Dino Martirano
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( da "Giornale.it, Il"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
articolo di sabato
18 luglio 2009 E stavolta Di Pietro evoca persino le Br di Filippo Facci di
Filippo Facci La quantità di sciocchezze sparate ogni giorno da Antonio Di
Pietro produce un effetto quasi narcotico, un ronzio di fondo, come per una
zanzara cui si finge di abituarsi dimenticando che le peggiori pandemie della
storia le hanno diffuse proprio i ditteri, i succhiatori di energie altrui.
L'abitudine a un personaggio che ci ammorba quotidianamente con le sue tattiche
da marciapiede fa dimenticare che una strategia di fondo Di Pietro tuttavia ce
l'ha, anche se molti fingono di non vederla: i media danno risalto a ogni sua
sparata come se esporla corrispondesse al tempo stesso a una sua
relativizzazione, a una forma di controllo, come si fa con un cane che lasci
abbaiare perché almeno sai che non ti morderà. Ma è un errore. E pure
frequente, in Italia. Di Pietro è un personaggio che farebbe qualsiasi cosa e
che infatti la sta facendo, pur mimetizzato dal suo sciocchezzaio di contorno e
dal suo essere tutto e niente: grillino, politico, magistrato, ministro,
reazionario di destra, movimentista di sinistra, spregiudicato compilatore di
liste locali, tutto. Di Pietro, un passo alla volta e spalleggiato da una
discreta compagnia di giro, punta allo sfascio di ogni baluardo di riferimento,
all'inasprimento di ogni conflitto istituzionale, alla delegittimazione
progressiva degli ultimi basamenti da noi ritenuti intoccabili come la
presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale,
per fermarsi alle tappe finali. Il resto, ossia le più elementari dinamiche
democratiche, cerca di svuotarle di significato da anni: è lui a ergersi a
personificazione e presidio del contrasto tra magistratura e politica, è lui ad
accodarsi ai balordi che straparlano di dittatura e fine della democrazia (si
accoda perché lui non inventa mai: copia, si impossessa, succhia appunto le
energie altrui) ed è lui a spiegare che va tutto male, che il peggio è sempre
alle porte, che c'è disinformazione e plagio delle coscienze. Gianni Baget Bozzo,
uno dei pochi che comprese da subito, proprio un anno fa su questo giornale
scrisse questo: «Che cos'è il partito giustizialista che Di Pietro sta
costruendo? È un partito che tende a dimostrare che la democrazia è
essenzialmente corrotta e il corpo elettorale sbaglia. Che ci vuole un altro
potere per guidare il Paese sulla via della salvezza e che il voto degli
elettori deve essere presidiato da un partito dell'ordine. Il tema che lo Stato
non possa essere affidato alla democrazia è la tesi fondamentale del pensiero
reazionario. Se un popolo sente frustrato il bisogno fondamentale di sicurezza,
se non riesce a ottenere con il suo voto ciò che pensa gli sia dovuto, si ha la
crisi della democrazia. E Di Pietro mira proprio a questo, a mostrare che un corpo
elettorale capace di dare la maggioranza a Berlusconi è un popolo immaturo, il
cui voto va corretto in modo adeguato. Bisogna dimostrare che il popolo ha
torto e che Berlusconi deve andarsene». Come? In qualsiasi-modo-possibile. Ecco
perché non gli importa niente di sputtanare il Paese con le sue balle puerili
sparate sull'Herald Tribune (e pagate da noi) in coincidenza con un momento in
cui la parte sana del Paese tifava appunto per il Paese, non per mezzo voto in
più da guadagnare tra gli imbecilli. Ed ecco, scusandoci per la lunga premessa,
come inquadrare le uscite che Antonio Di Pietro ha fatto anche ieri: dopo
quelle dell'altro ieri e prima di quelle di oggi e di domani. Uno
sciocchezzaio, cioè, misto a uscite più pericolose. Ha detto: «Credo che potrebbero
tornare sia le Br pilotate che quelle non pilotate, entrambe criminali, che
vanno combattute... l'Italia dei valori sarà nei consigli di fabbrica e nelle
piazze in difesa dei cassintegrati e dei lavoratori... Saremo protagonisti
dell'autunno caldo. Parteciperemo direttamente, anche informando laddove la
legge in via di approvazione impedisce di informare i cittadini». Traduzione:
io, Antonio Di Pietro, auspico un autunno caldo con tanto di Br da combattere o
di cui incolpare il governo piduista, a seconda; sarò perciò nelle fabbriche e
cercar di convincere gli astenuti della sinistra radicale che ancora non votano
per me, e tutto quello che non quadrerà sarà perché non c'è informazione né
democrazia. Poi, altra uscita di ieri: «Alfano ha trasformato il suo ruolo
istituzionale in quello di ministro servente delle posizioni dell'imputato
Berlusconi... (questo grazie) al Lodo Alfano, al lodo sulle intercettazioni, alle cenette del giudice della Corte costituzionale». Traduzione: Berlusconi è colpevole, Alfano è delegittimato, se
la Corte costituzionale non
boccerà il Lodo Alfano sarà perché anche la Consulta è corrotta. Poi, terzo
delirio dipietresco: «Spero davvero che la magistratura possa, anche attraverso
le dichiarazioni di Ciancimino junior, ricostruire una verità che finora
è stata occultata anche grazie a esponenti delle istituzioni... Dall'inchiesta
di Palermo mi aspetto molto... si potrebbe riscrivere la storia italiana per
quanto riguarda i grandi omicidi di mafia, ma soprattutto per quanto riguarda
la grande corruzione d'allora e il grande riciclaggio di persone di oggi».
Traduzione: vediamo se da Palermo, al cinquecentesimo tentativo, stavolta
riusciranno a sostenere che Forza Italia è stata co-fondata dalla mafia e che
Berlusconi e Dell'Utri hanno fatto fuori Falcone e Borsellino: l'importante è
che lo dicano, al resto ci penso io con la banda degli urlatori. © IL GIORNALE
ON LINE S.R.L. - Via G. Negri 4 - 20123 Milano - P.IVA 05524110961
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( da "Avvenire" del
18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CRONACA 18-07-2009
«Il magistrato non deve iscriversi ai partiti politici» Consulta: divieto anche ai fuori ruolo DA R OMA G IOVANNI G RASSO L a Corte
Costituzionale boccia un ricorso del Csm, stabilendo che il divieto di
iscrizione e partecipazione alla vita di partito vale per tutti gli
appartenenti alla magistratura, anche se fuori ruolo. La vicenda era scaturita
dall'azione disciplinare, intentata dal procuratore generale della Cassazione,
nei confronti del magistrato Luigi Bobbio. Dopo essere stato senatore di An,
allo scadere del mandato, non era rientrato nei ruoli della magistratura, ma
era diventato consulente del Parlamento (quindi, aveva fatto presente, non
doveva giudicare nessuno) e, contemporaneamente, aveva accettato la carica di
segretario provinciale di quello stesso partito a Napoli. La sezione
disciplinare del Csm, chiamata a giudicare Bobbio, aveva dunque chiesto ai
giudici della Consulta se la legge Castelli, che rafforzava il divieto di
iscrizione dei magistrati ai partiti, non era per caso in contrasto nel caso in
questione con i diritti civili di tutti i cittadini, previsti dalla
Costituzione. La Corte ha deciso di no, dichiarando infondato il sospetto di
incostituzionalità e ribadendo alcuni principi generali di grande importanza
nel rapporto tra magistratura e politica. La Corte premette «che i magistrati
debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro
cittadino e che quindi possono, com'è ovvio, non solo condividere un'idea
politica, ma anche espressamente manifestare le proprie opzioni al riguardo »,
ma nota che «la Costituzione riserva ai magistrati una disciplina del tutto
particolare ». Essi «debbono essere imparziali e indipendenti e tali valori
vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle
funzioni giudiziarie, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni
comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro
indipendenza ed imparzialità». Per questo motivo, la Costituzione permette che
vi siano leggi che introducano, «a tutela e salvaguardia dell'imparzialità e
dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, il divieto di iscrizione ai partiti
politici per i magistrati ». Non c'è dunque «alcuna violazione dei parametri
costituzionali » , anzi conclude la Consulta «l'estraneità del magistrato alla
politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e
mira a salvaguardare l'indipendente ed imparziale esercizio delle funzioni
giudiziarie, dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attività
del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, non sia guidata dal
desiderio di far prevalere una parte politica». E questo vale per ogni
magistrato, in qualsiasi «momento della sua vita professionale, anche quando
egli sia stato, temporaneamente, collocato fuori ruolo per lo svolgimento di un
compito tecnico». Bocciato dalla Corte costituzionale
un ricorso del Csm Il caso riguarda Luigi Bobbio, già parlamentare di Alleanza
nazionale
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( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CORRADO CASTIGLIONE
Basta toghe in politica: anche se fuori ruolo, il magistrato non deve essere
iscritto in alcun partito. È quanto ribadisce la Consulta con una sentenza che
è destinata a suscitare reazioni e polemiche, visto che i magistrati prestati alla
politica non sono affatto pochi: da Antonio Di Pietro a Luciano Violante, da
Luigi Bobbio fino a Luigi De Magistris e Michele Emiliano, solo per ricordare
qualche nome.Di fronte alla questione di legittimità posta nel novembre 2008
dalla sezione disciplinare del Csm, guidata dal vice-presidente Nicola Mancino,
l'Alta Corte ha sottolineato che «nel disegno
Costituzionale, l'estraneità del magistrato alla politica dei partiti e dei
suoi metodi è un valore di particolare rilievo e mira a salvaguardare l'indipendente
e imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie dovendo il cittadino essere
rassicurato sul fatto che l'attività del magistrato, sia esso giudice o
pubblico ministero non sia guidata dal desiderio di far prevalere una parte
politica». La Corte Costituzionale ha quindi dichiarato non fondata la
questione di legittimità sollevata dal Csm in relazione ad alcune norme della
legge del 2006 sugli illeciti disciplinari dei magistrati, le incompatibilità e
le dispense dal servizio. Lo spunto per sottoporre la questione al vaglio della
Consulta riguardava in particolare il caso di Luigi Bobbio, magistrato fuori
ruolo ed ex senatore di An, al quale era stata contestata la violazione delle
norme e del codice etico della magistratura per aver accettato e assunto nel
2007 la carica di presidente di una federazione provinciale di An. Circostanza
per la quale la Procura generale della Cassazione ha avviato un procedimento.
Secondo la sezione disciplinare, il divieto di iscriversi a partiti politici
contrasterebbe con gli articoli della Costituzione che riconoscono a ogni
cittadino «senza distinzioni di sorta» di associarsi liberamente in partiti e
la possibilità per un magistrato - purché fuori ruolo - di candidarsi alle
elezioni. L'Alta Corte ricorda che la Costituzione riserva ai magistrati una
«disciplina del tutto particolare» che comporta «speciali doveri». La norma
contestata prevede che costituisce illecito disciplinare non solo l'iscrizione
ma anche la «partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici»,
perché anche lo «schieramento organico con una delle parti politiche in gioco»
può «condizionare l'esercizio indipendente ed imparziale delle funzioni e
comprometterne l'immagine». Il divieto riguarda tutti i magistrati, anche
quelli fuori ruolo, perché il dovere di imparzialità - si sottolinea nella
sentenza - coinvolge il magistrato anche nel suo «operare da semplice
cittadino, in ogni momento della sua vita professionale». Dal canto suo Bobbio
replica con puntualità: «Ho rispetto per le istituzioni, ma ritengo che la
consulta finga di non vedere. Di certo qualcosa andrà rivisto sotto il profilo
normativo e bene ha fatto Mancino - persona che non mi è simpatica - a
sollevare il problema: delle due l'una, o si vieta definitivamente ad un
magistrato di candidarsi alle assemblee elettive - e questo sarebbe contrario
ai principi sanciti dalla Costituzione -, oppure si stabilisce una volta per
tutte quale debba essere il percorso di un magistrato dopo la carriera
politica». Infine, Bobbio conclude: «Voglio ricordare che io, per coerenza, ho
deciso di restare fuori ruolo. Mentre ci sono tanti magistrati che dopo la
politica sono tranquillamente tornati nelle aule dei tribunali». Sulla sentenza
interviene il sottosegretario all'Interno Nitto Palma: «La questione che rimane
aperta è un'altra: alla fine della sua carriera politica il giudice o il Pm che
fa? Nella 14a legislatura il parlamentare di Forza Italia Zanettin presentò una
proposta di legge per prevedere che per i magistrati che avevano avuto un ruolo
politico anche di parlamentare, si aprissero le porte dell'avvocatura che di
fatto è organo di parte. Ma poi non se ne fece più nulla».
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( da "Gazzettino, Il (Udine)"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Partecipate:
«Ingenti risorse a non eletti». Addio quote nelle Fiere Sabato 18 Luglio 2009,
Trieste NOSTRO INVIATO Parla del progressivo spostamento del debito della
Regione dai mutui (176 milioni di euro) alle 7 emissioni obbligazionarie di
Buoni ordinari regionali per ben 1,339 miliardi di euro), constatando però con
soddisfazione che nel 2008 non sono stati costituiti nuovi mutui e nemmeno emesse
nuove obbligazioni. Tuttavia il cuore della requisitoria di Maurizio Zappatori,
procuratore regionale della Corte dei conti, si richiama alle società
partecipate da capitale pubblico. E la Regione potrebbe liberarsi presto delle
quote nelle Fiere del Friuli Venezia Giulia. Quelle dove si trovino quote della
Regione valgono un patrimonio globale di 731 milioni, ma queste partecipazioni
«presentano dei rischi» in relazione ai «pericoli per gli equilibri della
finanza pubblica derivanti dall'uso distorto delle medesime». Difatti il
decreto Bersani (legge 284 del 2006) impone oggetti sociali definiti alle
partecipate, obbligate a operare «soltanto nei confronti dei propri soci o
degli enti affidanti con l'espresso divieto di svolgere prestazioni a favore di
terzi e di partecipare ad altre società o enti». Varie Regioni, fra le quali il
Friuli Venezia Giulia per la vicenda Insiel, hanno impugnato la norma alla Corte costituzionale, che tuttavia ha validato la legge in quanto difende la
concorrenza. Non solo: la finanziaria 2008 ha rincarato la dose, con «l'obbligo per
le amministrazioni pubbliche - afferma il procuratore - di dismettere le
società o le partecipazioni in società che hanno per oggetto la produzione di
beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle finalità
istituzionali». Questa la ragion pura della legge. Ma la ragion pratica, in una
Regione speciale, non si traduce in termini direttamente imperativi, sebbene
Insiel sia stata in effetti sdoppiata con la nascita e la procedura di vendita
di Insiel Mercato. Il magistrato inquirente spiega che Friulia - finanziaria
controllata dalla Regione che a sua volta controlla Autovie Venete e partecipa
a oltre 100 compagini d'imprese private - non è coinvolta in questi obblighi,
diversamente dal sistema delle autonomie locali: Province e Comuni in primis.
Non a caso, il procuratore precisa che «il mancato avvio delle procedure
finalizzate alla cessione delle quote pubbliche determina responsabilità
erariale», sanzionabile in sede giurisdizionale con la condanna dei pubblici
amministratori a risarcire i denari spesi. Zappatori dettaglia: nel solo 2008
il valore complessivo delle somme impegnate dalla Regione a favore delle
società partecipate ammonta a 166 milioni di euro» eppure questa massa di
risorse dei cittadini «risulta gestita da soggetti non responsabili nei
confronti dell'elettorato». Di conseguenza, «l'espansione della spesa delle
partecipate finisce per non essere riconducibile con certezza al perseguimento
degli obiettivi pubblici». Ma cosa farà adesso la Regione? L'assessore al
Bilancio Sandra Savino annuncia un monitoraggio delle partecipazioni proprie e
degli enti locali e promette dismissioni per tutto ciò che non è strettamente
legato agli scopi istituzionali. «Le quote negli enti fieristici, per
cominciare», afferma senza l'obliquità del dubbio. M.B.
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( da "Gazzettino, Il (Udine)"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Dirigenti, troppo
spoil system La Corte dei conti: «Deve riguardare solo posizioni di vertice».
Tre assunzioni irregolari. Ma debito a -8,56% Sabato 18 Luglio 2009, Trieste
NOSTRO INVIATO Il Comparto unico dell'impiego pubblico Regione-Enti locali
continua a costare uno sbocco di sangue: oltre 253 milioni spesi in 11 anni
soprattutto sul fronte degli adeguamenti retributivi. Eppure i benefici per
l'amministrazione e soprattutto per i cittadini non si vedono, eccezion fatta
per uno smilzo plotone di dipendenti che da Mamma Regione ha accettato di
trasferirsi in altri enti. È questo uno dei principali rilievi che la Sezione
di controllo della Corte dei conti, presieduta da Antonio De Troia, ha mosso
ieri in forma solenne alla Regione, nell'aula del Consiglio, nel corso del
giudizio che ha parificato il rendiconto generale 2008. Pesante il
"rapporto" del giudice istruttore Fabrizio Picotti sulle consulenze,
ma anche sui costi del personale, sulla eccessiva diffusione dello spoil system
dei dirigenti e sul progressivo aumento della spesa sanitaria, pur nel
perimetro di una gestione sana e rigorosamente attiva. Le virtuosità. Ma il
diavolo non è tutto nero, anzi: se l'imperativo - come ha ribadito il
presidente della Corte - è impegnare la massima attenzione per gestire «con
prudenza e attenzione» le risorse, che saranno falcidiate dal crollo del
gettito fiscale indotto dalla crisi, è però certificato che l'Amministrazione Tondo
ha tenuto i conti in equilibrio e ha conseguito un taglio pari all'8,56 del
debito pubblico. Ed è vero che lo Stato ha riconosciuto al Friuli Venezia
Giulia l'aumento da 8 a
9,1 decimi di Iva in cambio della gestione delle strade e una quota di accisa sui
carburanti in seguito all'eliminazione dei contingenti agevolati di frontiera.
Ma del pari le entrate nette aumentano dal 2007 al 2008 del 12,68 per cento
(più 553,4 milioni) e gli accertamenti netti del 10,88. Le entrate tributarie,
che nel 2009 tuttavia subiscono cali importanti con la punta di meno 18,5 per
cento a giugno, nel 2008 ha
registrato un aumento dell'11,78 per cento, rispetto a un incremento della
spesa del 7,5 per cento e degli impegni del 7,9. Avanzo 2008 da record. In
discontinuità rispetto agli esercizi passati, il 2008 della Regione - sintesi
di una coabitazione politica fra la gestione di Riccardo Illy (fino ad aprile)
e quella di Renzo Tondo, segna un avanzo finanziario pari a 1,543 miliardi di
euro (più 67,22 per cento rispetto al 2007), vale a dire un aumento pari a
620,5 milioni. Il nodo consulenze. Ribadendo quanto già espresso nei giorni
scorsi con la Dichiarazione di affidabilità del rendiconto, la Corte imputa
alla Regione di non aver speso poco in fatto di consulenze: 3,445 milioni pari
all'1,93 per cento della spesa 2008 per tutto il personale. Tuttavia ha speso
molto meno del 2006 (3,28 per cento della spesa del personale). E se ha peccato
per mancanza di pubblicità e di procedure di comparazione delle opzioni prima
di affidare alcuni incarichi (due martedì scorso sono stati dichiarati
illegittimi dai giudici contabili), ha però introdotto per legge con
l'assestamento estivo di bilancio nuove e più severe regole su questo fronte,
meritandosi ieri dalla Corte dei conti un plauso per questa «recentissima e
tempestiva» decisione. I furbetti locali. Due tirate d'orecchi della Corte
riguardano gli Enti locali. Quanto al patto di stabilità con la Regione, in 17
casi non lo hanno rispettato. E quanto al contenimento della spesa del personale,
hanno sforato i paletti ben 39 Comuni. Il fatto è che «tale condotta è stata
sostenuta da molte Amministrazioni locali - scrive il giudice Picotti nella
relazione - sulla base di direttive o pareri della Regione, cioè dell'autorità
che avrebbe dovuto vigilare». La Corte dà, però, atto a una parte di questi
Comuni di aver preso atto dei rilievi mossi dai magistrati e di essersi
impegnati per rientrare nell'alveo della legittimità. Salute sana ma salata.
Aziende ospedaliere e sanitarie tutte in attivo, certo, in un sistema che si
autogestisce con fondi propri senza attingere alle tasche del Pantalone
nazionale. Tuttavia la spesa è cresciuta mediamente del 10 per cento, valore
ben lontano dalla riduzione dell'1,4 per cento prevista dalla legge finanziaria.
La Corte ha ribadito la duplice necessità di rendere univoci i comportamenti
contabili della sanità territoriale e di intervenire sulle eccessive differenze
del costo del personale sanitario in realtà diverse: si spazia dal 12,23 al
59,19 per cento dei costi generali di produzione. Dirigenti. La Corte afferma
il principio che lo spoil system, ovvero l'avvicendamento dei dirigenti in base
a rapporti fiduciari mutati con il cambio di gestione politica in Regione, può
riguardare soltanto le posizioni di vertice: direttori centrali, insomma, o al
limite i vicedirettori centrali. Ma non tutti indistintamente, poiché gli altri
"ufficiali" regionali vanno considerati nella logica del «modello di
civil service proprio delle democrazie europee». Sul punto, l'assessore
regionale al Bilancio Sandra Savino ribatte che «molti dirigenti se ne sono
andati in pensione e in ogni caso nessuno è stato cacciato purché accettasse la
riduzione retributiva del 10 per cento». Resta un neo: tre dirigenti (un
direttore e due vicedirettori centrali) sono stati reclutati nell'esercizio
2008 senza rispettare le norme regolamentari, ossia tutti i requisiti previsti
per i ruoli che sono andati a ricoprire. Comparto dei sospiri. Una spesa di
oltre 253 milioni di euro dal 1999 al 2008, annata costata da sola 36,911
milioni. Sforzi che tuttavia «non paiono riequilibrati da un recupero di
competitività del sistema - scrive la Corte - perché poco o nulla la Regione ha
prodotto negli ultimi anni sul piano del trasferimento di funzioni e personale
agli Enti locali, con conseguente semplificazione istituzionale». Di recente si
è decisa la soppressione di «alcune sovrastrutture quali le Aster», ma ai
giudici non basta: «Solo il riordino e l'auspicabile concentrazione delle
amministrazioni consentirebbe di superare gli svantaggi della frammentazione
dei centri di governo locale e quindi di spesa». La direzione giusta è quella
del Testo unico del pubblico impiego nello spirito di una vera e propria
funzione pubblica del Friuli Venezia Giulia. Una strada peraltro disseminata di
resistenze oggettive e politiche, che l'assessore Elio De Anna aveva in effetti
intrapreso e che ora il suo successore con questa funzione, Andrea Garlatti, è
chiamato ad affrontare sotto i vessilli della riorganizzazione interna e
dell'efficienza generale del Sistema regionale. Irpef dovuta sulle pensioni.
Poche righe, ma assai importanti per i conti regionali, la
Corte riserva alla sentenza 74 della Corte costituzionale, che quest'anno ha sancito il diritto delle Regioni a ottenere
la compartecipazione all'Irpef dei propri pensionati, cosa che il Governo ha
riconosciuto ma soltanto parzialmente liquidato: 20 milioni per il 2008.
Maurizio Bait
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( da "Virgilio Notizie"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
"La sentenza della Corte Costituzionale che vieta l'iscrizione ai
partiti politici dei magistrati, anche se fuori ruolo, fa giustizia di tutti
gli strali che tanti saccenti magistrati di sinistra hanno lanciato contro di
me quando ero Ministro della Giustizia, rivendicando la supposta garanzia costituzionale di poter esternare
opinioni politiche". Lo dichiara il senatore della Lega Nord
Roberto Castelli, ex Ministro della Giustizia. "La stessa sentenza -
prosegue Castelli - dimostra inoltre che fu legittima la tanto contestata norma
della riforma dell'ordinamento giudiziario che porta il mio nome, che rendeva
illecito disciplinare l'attività politica per i magistrati in ruolo.Se il
dovere di imparzialità, secondo quanto stabilisce la Suprema Corte, coinvolge il
magistrato anche nel suo 'operare da semplice cittadino, in ogni momento della
sua vita professionale', a maggior ragione questo deve valere quando il
magistrato è in ruolo. Cade così - aggiunge - l'assurda motivazione addotta dai
magistrati militanti secondo i quali è possibile militare e poi salire sullo
scranno di giudice e giudicare imparzialmente, magistrati che non hanno mai
capito che cervello e stati d'animo non si cambiano indossando o svestendo una
toga.Forse non sentiremo più magistrati scrivere: "Signor ministro, lo
confesso, ho militato. Ma non sono pentito, anzi¿lo ammetto, continuo a
militare'. Speriamo - conclude Castelli - che ora i pasdaran della sinistra
travestiti da magistrati diano retta, se non ad un ingegnere leghista ex Ministro
della Giustizia, almeno alla Corte Costituzionale".
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( da "Wall Street Italia"
del 18-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Giustizia/ Castelli:
Bene la Consulta, no a toghe in politica -->"La sentenza della Corte
Costituzionale che vieta l'iscrizione ai partiti politici dei magistrati, anche
se fuori ruolo, fa giustizia di tutti gli strali che tanti saccenti magistrati
di sinistra hanno lanciato contro di me quando ero Ministro della Giustizia,
rivendicando la supposta garanzia.
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( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Nel Museo a Mondovì
duemila ceramiche di Levi [FIRMA]GIANNI SCARPACE MONDOVI' Il banchiere,
industriale e mecenate Marco Levi, ultimo rappresentante della comunità ebraica
a Mondovì, prima della sua morte, nel 2001, pose una sola condizione. Che la
collezione di ceramica di Carlo Baggioli composta da 2237 preziosi pezzi,
acquistata nel corso di un'intera esistenza, uscisse dal caveau della Banca
Alpi Marittime solo se si fosse realizzato il Museo della Ceramica. Quel sogno
potrebbe avverarsi tra pochi mesi perché i lavori edili e di restauro del
Palazzo Fauzone di Germagnano, che si affaccia sull'impianto medievale di
piazza Maggiore, stanno per terminare. Nel 1999 l'allora sindaco
Riccardo Vaschetti firmò il protocollo d'intesa con enti privati e pubblici per
la costruzione, l'allestimento e la gestione del Museo. Sono trascorsi dieci
anni e «il cantiere infinito» all'ex Sottoprefettura dovrebbe terminare
quest'anno per un'inaugurazione ufficiale nella primavera 2010, al
completamento degli allestimenti. «Siamo a buon punto, al massimo entro i primi
giorni di settembre l'impresa Fantino dovrebbe terminare i restauri nei due
piani interessati - spiega il professor Guido Neppi Modona, docente
universitario, ex giudice della Corte Costituzionale,
nipote di Marco Levi -. A settembre, quando s'inizierà con l'allestimento
museale affidato all'architetto Ferdinando Fagnola, non si partirà da zero
perché si è creato un gruppo di consulenza per il percorso storico-artistico
del Museo ed è stato predisposto il progetto di allestimento generale e gli
impianti multimediali». Il nucleo centrale sarà costituito dalla
collezione Baggioli a cui se ne aggiungeranno altri della raccolta privata di
Levi, che fu anche industriale della ceramica. Impulso costante è la Fondazione
«Museo della Ceramica Vecchia Mondovì», onlus riconosciuta dalla Regione con lo
«scopo primario della realizzazione e gestione artistica culturale e
scientifica del Museo», in collaborazione con il Comune di Mondovì. Fa capo a
Giorgio Maria Lombardi, presidente onorario, e allo stesso Neppi Modona, che
aggiunge: «Il Museo è un esempio di come istituzioni pubbliche e private
possano operare bene, eppure con tempi che si sono dilatati. Con
l'amministrazione del sindaco Stefano Viglione stiamo lavorando in modo concreto
e spedito». «Punteremo molto sull'interattività, sulla tecnologia visiva fatta
di pannelli, video ad alta definizione», spiega l'assessore alla Cultura Marco
Manfredi. Una storia travagliata, quella del Museo. Nel 1999 Vaschetti e Marco
Levi ottennero la cifra di 600 milioni di lire dalla Compagnia San Paolo. Il
primo lotto di lavori si attivò nel 2002, quando ci fu la conferma della
partecipazione di alcuni enti al «Progetto Museo»: in primo piano l'impegno
economico, oltre che della Compagnia di San Paolo, della Fondazione Crc (700
mila euro), ministero per i Beni Culturali (500 mila circa), Regione, Comune e
Provincia. Nel 2002 venne affidato il primo lotto alla società campana
«Recuperi e restauri», ma finì presto per vie legali: in ballo accordi su
lavori non previsti nella gara d'appalto. Saltò il termine di fine lavori del
2004. Poi la ricerca di nuovi finanziamenti per il secondo lotto, fino ad
arrivare all'inserimento, oggi, del Museo «nell'ambito di un polo culturale
ampio - dice il sindaco Viglione - che comprende anche Museo della Stampa e del
Tempo». Mondovì vive una contraddizione: ebbe una produzione industriale
fiorente, oggi quasi scomparsa. E' «città della ceramica», ma la ceramica è
poco visibile. C'è ancora la ditta «Besio 1842» che ha raccolto l'eredità
industriale del marchio tradizionale del «galletto» (e non solo) e la bottega
artigianale di Giuliana Barattero.
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( da "Citta' di Salerno, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
SARNO Sentenza fa
"tremare" la Gori Manca la stipula del contratto: si dimezzano i
costi delle bollette I possibili effetti dopo una decisione del giudice a
Crotone " SARNO. Un passo avanti potrebbe arrivare nella battaglia tra gli
utenti e la Gori, gestore del servizio idrico. " I cittadini lamentano il
costo esorbitante dell'acqua e subiscono un monopolio di fatto che attribuisce
alla Gori una posizione dominante che gli consente di dettare regole anche
forzando i principi del codice civile. La novitá, però, arriva da una sentenza
del Tribunale di Crotone, resa in appello ad una pronuncia di un giudice di
pace. Il caso trattato dal foro calabrese è identico a quello che si presenta a
Sarno, dove quasi nessun utente ha mai firmato un contratto con la Gori, che, a
sua volta, è solo subentrata nel servizio prima reso dal comune. La Gori svolge
un servizio di fatto, ma non ha mai stipulato con gli utenti un contratto che
disciplinasse i reciproci rapporti e ciò potrebbe avere buone conseguenze per i
cittadini. Dalla sentenza si evince che, in mancanza di un contratto scritto
tra le parti, il servizio offerto si configura come indebito arricchimento per
l'utente, che deve pagare, ma deve versare un indennizzo equo, non essendo
pattuite tariffe di pagamento che aumentano in base al consumo effettuato. Nel
caso nostro, non è in discussione che l'utente debba pagare, ma si discute
della somma che viene chiamato a versare, che diventa carissima proprio per
l'applicazione di un sistema di fasce che la Gori effettua nella fatturazione.
Tra la prima fascia e le altre superiori, a seconda dei metri cubi rilevati, si
arriva a pagare tantissimo un metro cubo. " Poiché la prima fascia prevede
un consumo basso, quasi tutti gli utenti passano nelle fasce successive e
arrivano a pagare bollette esorbitanti rispetto al passato. Il principio che si
ricava dalla sentenza, invece, mette in discussione proprio il sistema delle
fasce e tutti i metri cubi consumati dovrebbero pagarsi allo stesso modo, senza
differenze in aumento. Poiché, nel nostro ordinamento, vige il principio di
favore per il consumatore, l'indennizzo che dovrebbe essere versato sarebbe
uguale sempre a quello della prima fascia, la meno costosa per tutti. L'esempio
che segue potrebbe rendere l'idea. " Un utente medio, per uso domestico,
dal 2004 al 2009, ha
consumato circa mille metri cubi di acqua. Sulla base delle fatture pretese
dalla Gori, che ha applicato le tariffe a seconda delle varie fasce, in cinque
anni, il consumatore ha pagato oltre 900 euro. Il principio che si sta
affermando, invece, con il calcolo secondo la tariffa unica, avrebbe portato a
pagare circa la metá per lo stesso consumo. L'utente, quindi, potrebbe
richiedere alla Gori la restituzione dei soldi pretesi in più, calcolati in
base ad una distinzione che può derivare solo dall'accettazione espressa di
precise clausole contrattuali. In mancanza, si paga la tariffa minima. Se tale tesi prevale, la Gori potrebbe restituire agli utenti
milioni di euro con effetti dirompenti, ancor più della restituzione del canone
di depurazione, proclamata dalla Corte costituzionale, ma evitata da una legge beffa. Gaetano Ferrentino
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( da "Centro, Il" del
19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 36 - Pagina
Aperta Pescara, la città Pescara, la città torna indietro Caro direttore,
grazie per l'opportunità che dà a noi cittadini di esprimere un giudizio.
Vorrei dire che con il nuovo sindaco di Pescara si sta tornando indietro.
Parcheggiare sui marciapiedi (abitudine tribale oserei dire), riapertura della
rampa, chiusura dei locali (e torniamo ai balneatori) alle quattro del mattino,
cos'è civiltà? Maria Di Stefano Pescara La ricostruzione aquilana Sarà il
pessimismo della ragione. Sarà una certa esperienza. Sarà quel che sarà,
insomma, ma provo un certo scetticismo sulla cosiddetta «ricostruzione»
aquilana. Quando per ottenere quel che dovrebbe essere normale, fisiologico (la
ricostruzione, appunto) occorre che questa sia «pompata» attraverso una
costante rincorsa dell'immagine, dei fatti mediatici, allora vuol dire che
quella ricostruzione non è solo in forse, è persino aleatoria. Il problema
della rinascita aquilana, infatti, non sta solo in una classe
politico-istituzionale malata di protagonismo mediatico, ma nella stessa
società cittadina. Quel che mette paura è la sua incondizionata indulgenza nei
confronti di tutto ciò che piove dall'alto; un'indulgenza che rappresenta
benissimo una società in crisi già prima del terremoto, figurarsi ora! La
maggioranza di questa società accetta tutto. Ha accettato la disumanità delle
tende; la diaspora degli alberghi; l'assurdità urbanistica del progetto «Case».
E' questa maggioranza della società che impedirà una ricostruzione dignitosa e
non sbandierata a scopo di propaganda politica. Certo, scriverlo, dirlo, non
cambierà nulla; ma aiuterà ad analizzare la realtà. Per capire, a futura
memoria, perché certe cose potevano andare nel verso giusto ed invece si
incamminarono verso quello sbagliato. Ugo Centi L'Aquila Il rimborso tasse si
chiede al Comune Signor direttore, da più parti sono stato interpellato ad
esprimere un parere in ordine alle problematiche concernenti il rimborso del
maggiore importo Tia rispetto alla Tarsu e dell'Iva 10 per cento versato sulla
Tia. Preliminarmente giova osservare che la questione è complessa ed è in
evoluzione. La giurisdizione sulla Tia è stata nuovamente riaperta dalle
sezioni unite della Corte di Cassazione (ordinanza numero
13894 del 15 giugno 2009) e rimessa alla Corte Costituzionale. In attesa della
pronuncia della Corte Costituzionale, si può dire che l'istanza di rimborso
della differenza tra Tia e Tarsu vada indirizzata al Comune ed in caso di
rifiuto espresso o tacito, una eventuale controversia debba essere rimessa alle
Commissioni Tributarie. L'istanza di rimborso - non in senso tributario
- del 10 per cento dell'Iva versata sulla Tia va anch'essa inoltrata all'ente,
mentre l'azione deve essere conosciuta dal giudice civile, giacche la richiesta
è avanzata dai consumatori finali - che non sono soggetti Iva - contro il
prestatore dei servizi (pertanto si versa nel rapporto clienti/fornitori). Non
è pacifico che alla Tia, essendo una tassa, non si possa applicare anche il 10%
dell'Iva, nella considerazione che quest'ultima potrebbe essere statuita anche
ad un corrispettivo di servizi pubblici che abbia natura tributaria. Nel merito
si fa presente che l'Agenzia delle Entrate è per l'applicabilità dell'Iva al 10
per cento (confrontare la risoluzione numero 250/E del 17 giugno 2008, anche se
le motivazioni ivi contenute non appaiono molto convincenti). Salvatore
Valentino Già giudice tributario Teramo
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( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 1 - Prima
Pagina UNA DEMOCRAZIA MALATA CHE DEVE GUARIRE EUGENIO SCALFARI TRE temi
strettamente legati l´uno all´altro dominano il panorama della settimana che
oggi si chiude: l´intervento del presidente della Repubblica sulla legge
approvata dal Parlamento che riguarda alcuni aspetti della sicurezza pubblica;
il dibattito in corso nel Partito democratico in vista del congresso che si
concluderà il 25 ottobre; la presentazione del Dpef e del decreto anti-crisi
che ha cominciato il suo iter parlamentare. Ma va aggiunto che su questi tre
temi ne incombe un quarto che ha carattere preliminare e che può avere come
titolo quello usato venerdì scorso da Gustavo Zagrebelsky per il suo articolo
pubblicato dal nostro giornale: "Verità e menzogna". Si tratta di un
tema capitale per ogni democrazia poiché investe il rapporto fiduciario dei
cittadini con le istituzioni, la formazione della pubblica opinione e la sua
possibile manipolazione culturale prima ancora che politica e infine il
funzionamento dello stato di diritto. Inizierò con il primo tema e concluderò
con il quarto: vi è infatti un nesso evidente tra gli interventi del Quirinale
e la tutela dello stato di diritto, mai come oggi insidiato, indebolito e
vulnerabile. Si è detto da parte di alcuni fondamentalisti del centrodestra che
l´intervento di Napolitano sulla legge di sicurezza è stato irrituale. L´ha
detto anche Di Pietro che pratica un altro tipo di fondamentalismo. Napolitano, com´è noto, ha promulgato la legge sulla sicurezza
approvata dal Parlamento ma ha accompagnato la sua firma con una lunga lettera
diretta al presidente del Consiglio, ai ministri proponenti (Maroni, Alfano),
ai presidenti delle Camere e al presidente della Corte costituzionale. SEGUE A PAGINA 23
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( da "Nazione, La (Livorno)"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ELBA ARCIPELAGO pag.
13 MARCIANA MARINA BOTTA E RISPOSTA tra il Pd e l'amministrazi... MARCIANA
MARINA BOTTA E RISPOSTA tra il Pd e l'amministrazione Ciumei in merito alla
rioganizzazione degli uffici comunali. «Non abbiamo niente in contrario quando
si tratta di rivalorizzare le professionalità all'interno dell'Ente sostiene il
Partito democratico marinese salvo sottolineare come il tutto debba realizzarsi
nel pieno rispetto degli accordi sindacali e della normativa vigente. Ci sembra
che questi ultimi aspetti non vengano tenuti in considerazione. In particolare
la relativa delibera è stata approvata malgrado il parere contrario del
responsabile del personale che motiva il suo dissenso con il fatto che
l'operazione che si sta realizzando è in discordanza con il contratto nazionale
di lavoro. Non riusciamo neanche a comprendere lo "spacchettamento"
del servizio scuola-sociale-attività produttive da sempre esistente e che ha
dato nel tempo buoni risultati nel merito dei servizi svolti». LA REPLICA
dell'amministrazione comunale non si fa attendere. «Innanzitutto afferma il
sindaco Andrea Ciumei (nella foto) la ricordata delibera costituisce la mera
formalizzazione della procedura di concertazione, a norma dell'articolo 6 del
Ccnl come si può leggere nelle premesse dell'atto. Entrando nel merito, nella
parte narrativa della delibera sono esplicitati presupposti, motivi e scopi cui
è preordinata la manovra di riordino, in gran parte riconducibili a pregresse
programmazioni del fabbisogno del personale. L'obiettivo dell'Amministrazione è
contenere le posizioni organizzative portandole a 4 rispetto alle attuali 6,
per beneficiare, a garanzia dell'efficienza degli uffici, di risorse umane
sufficienti in ognuno dei servizi in cui si articola la struttura. Infine, nel
suo parere tecnico, il responsabile del personale, lungi dall'eccepire "discordanza
al Contratto nazionale di lavoro" si limita a
segnalare la posizione della giurisprudenza formatasi a seguito della sentenza
della Corte Costituzionale che dichiara illegittime le procedure di
progressioni verticali ove non rispettose del "bilanciamento" del 50%
dei posti riservati rispetto all'accesso dall'esterno. La giunta, proprio in
virtù del parere tecnico, ha apportato modifiche all'ipotesi in precedenza
delineata».
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( da "Riformista, Il"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Governo mondiale dei
giudici? No grazie Nel concludere le sue osservazioni su un libro recente di
Sabino Cassese che discute l'emersione e la crescente importanza delle
giurisdizioni internazionali, Sergio Romano, sul Corriere della Sera, osserva
che il fenomeno di cui si occupa lo studioso, che
attualmente è uno dei membri della Corte costituzionale del nostro Paese, pone problemi di grande rilievo per le
democrazie. C'è, si chiede Romano, il rischio che esse si trasformino in
"jurecrazie"? La questione non è affatto pellegrina, ed è stata già
sollevata in modo autorevole da diversi studiosi. Per fare solo
l'esempio degli Stati Uniti, la domanda se la sono posta sia un giudice di
orientamento conservatore come Robert Bork sia un costituzionalista progressista
come Cass Sunstein. Pur con accenti diversi, entrambi hanno sottolineato che il
problema della legittimità del diritto - che le democrazie tradizionalmente
hanno risolto, almeno in linea di principio, attraverso i meccanismi della
rappresentanza - è destinato a risorgere qualora si accettasse l'idea che ci
sono giurisdizioni che applicano regole che non sono state deliberate da alcun
Parlamento, e che talvolta sono soltanto il prodotto del ragionamento dei
giudici a partire da standard formulati in maniera vaga e spesso niente affatto
perspicua. Tra le righe dell'intervento di Romano si legge lo scetticismo di un
conservatore che diffida di poteri che non rispondono a nessuno e a cui non
corrispondono contrappesi istituzionali che siano in grado di moderarne gli
eccessi. Si tratta di una perplessità condivisibile. Non è certo nostra
intenzione negare che la ricostruzione proposta da Cassese sia persuasiva, e
che il fenomeno che egli descrive sia destinato a segnare una genuina
trasformazione nel nostro modo di pensare il diritto. Ciò che ci pare meriti
l'attenzione di chi ha a cuore le sorti del liberalismo non è il fatto
illustrato da Cassese, ma le conseguenze che ne traggono alcuni. Anche chi
crede che ci sono standard morali non soggettivi per valutare la bontà del
diritto positivo - e molti liberali ne sono convinti - ha un sussulto al
pensiero che le proprie vicende personali siano decise da giudici che non
rispondono a nessuno. Specie quando essi sono, come accade normalmente, persone
che hanno una preparazione esclusivamente tecnica che li rende probabilmente
del tutto inadatti a una funzione che richiederebbe oltre che sapere anche
saggezza. Un grande giudice britannico del diciassettesimo secolo, sir Edward
Coke, difendeva le prerogative della giurisdizione contro quelle del sovrano
richiamando il carattere di "ragione artificiale" del diritto.
Tuttavia, i giudici di cui Coke prendeva le parti contro la pretesa di Giacomo
I di essere l'unica fonte del diritto positivo si alimentavano della grande tradizione
filosofica del diritto naturale e cercavano di non perdere mai di vista
"la natura delle cose". Oggi i sistemi con cui si selezionano i
giudici non sono necessariamente i più adatti a coltivare l'equilibrio e la
cultura che sarebbero necessarie per l'ideale che aveva in mente Coke. In tali
circostanze, la prudenza suggerisce di tenersi leggi imperfette e giudici delle
competenze limitate. Mario Ricciardi 19/07/2009
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( da "Nazione, La (Arezzo)"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CRONACA AREZZO pag.
5 «E' penalizzato dalla dialisi» Il caso arriva alla Consulta STORIA OLTRE 180
GIORNI DI MALATTIA SALTA OGNI RETRIBUZIONE INDICE PUNTATO
in direzione della corte costituzionale: per la prima volta in
Italia, l'Inca aretina, il patronato della Cgil, solleva un caso che farà
scalpore. La vicenda riguarda un lavoratore in dialisi, che non si è visto
adeguatamente tutelato. Il patronato Cgil, assistito dall'avvocato Angelo
Gargano, ha sollevato il problema davanti ai vertici dell'Inps e quindi
davanti al giudice del lavoro del tribunale di Arezzo. Ed è stato proprio
quest'ultimo che ha chiesto alla corte costituzionale un pronunciamento sulla legittimità del primo
comma dell'articolo 2110 del Codice Civile nella parte in cui «non annovera
anche la dialisi tra le malattie atte ad escludere la decorrenza del periodo
massimo indennizzabile». Il caso nasce dal contrasto tra il diritto alla salute
del lavoratore e la norma che prevede, per un dipendente a tempo indeterminato,
180 giorni di malattia indennizzabili. «In altre parole spiega Giancarlo
Gambineri, direttore del patronato aretino un lavoratore ha diritto di stare in
malattia e di riscuotere lo stipendio fino a 180 giorni all'anno.
Successivamente può mantenere il posto di lavoro ma non riscuote nemmeno un
euro. Nel caso del lavoratore che si è rivolto al nostro patronato, lo
«sconfinamento» oltre i 180 giorni era e rimane inevitabile. Deve infatti far
ricorso al trattamento di dialisi per tre giorni alla settimana e l'azienda gli
riconosce tre mezze giornate di malattia. E' evidente che, sommando anche altri
giorni derivanti da ulteriori problemi di salute, il superamento dei 180 giorni
diventa automatico». L'INCA HA dapprima chiesto ai vertici dell'istituto di
previdenza di includere la malattia che impone il ricorso alla dialisi fra
quelle definite «specifiche» e pertanto da scorporare dalle 180 giornate di
malattia generica indennizzabile. Ma lo stesso istituto non ha potuto
accogliere la richiesta in quanto mancavano i requisiti normativi, insomma la
legge non lo prevedeva. «Non ci è restato che rivolgerci al giudice del lavoro
conclude Gambineri E questo nella consapevolezza che siamo di fronte alla
necessità di una modifica normativa. Oggi ci sono malattie e conseguenti
trattamenti terapeutici che le vecchie norme non contemplavano per le più
svariate ragioni. Malattia «specifica», che non rientra nei 180 giorni è ancora
oggi, ad esempio, le tubercolosi. Non c'è dubbio che le norme devono essere
cambiate affinché non si crei un conflitto tra due diritti fondamentali della
persona: quello per la tutela della salute e quello per la tutela del posto di
lavoro».
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( da "Unita, L'" del
19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
I conservatori
contro Rafsanjani Cento arresti al corteo di venerdì
GABRIEL BERTINETTO I duri del regime accusano il colpo. Le critiche rivolte
venerdì da Hashemi Rafsanjani ai massimi vertici dello Stato devono avere
colpito nel segno, a giudicare dall'asprezza delle risposte arrivate ieri da
una serie di personalità vicine alla Guida suprema Ali Khamenei ed al
presidente Mahmoud Ahmadinejad. Hossein Shariatmadari, direttore del quotidiano
Keyhan, ribatte a Rafsanjani, contestando il modo in cui quest'ultimo ha
definito la situazione in cui versa oggi l'Iran. Nel sermone tenuto l'altro
ieri all'Università di Teheran, l'ex-capo di Stato ha affermato che il Paese è
precipitato in una «crisi» a causa del modo sbagliato in cui le autorità hanno
affrontato le proteste popolari dopo il voto di giugno. LA VOCE DELLA GUIDA
Secondo Shariatmadari, il cui giornale riflette il pensiero della Guida
suprema, il termine che meglio descrive invece quanto sta accadendo oggi nel
Paese non è «crisi», ma «cospirazione». Cospirazione è quella, che secondo gli
integralisti, si rivela nelle proteste di piazza e nel rifiuto di accettare il
successo di Ahmadinejad. Difendendo le ragioni dell'opposizione, Rafsanjani
«protegge i sovversivi». Così si fa complice della cospirazione, è l'accusa
implicitamente rivoltagli da Keyhan. Non meno duro contro Rafsanjani è
l'ayatollah Mohammad Yazdi, che si sente chiamato direttamente in causa
dall'ex-capo di Stato in quanto membro del Consiglio dei Guardiani. Rafsanjani
infatti aveva denunciato il modo frettoloso con cui il Consiglio, una sorta di Corte costituzionale, ha ratificato la vittoria di Ahmadinejad, rifiutandosi di
esaminare attentamente i ricorsi dei candidati Mousavi e Karroubi, che dicono
di avere perso solo a causa di brogli massicci. Yazdi si chiede se nel dare
credito ai sospetti di frode, Rafsanjani non contribuisca a «piantare i semi
della discordia» nelle menti dei cittadini. IL CAPO DELL'INTELLIGENCE
Ancora più esplicito e diretto l'attacco del ministro per l'Intelligence,
Gholamhossein Mohseni-Ejei, secondo cui Rafsanjani ha sempre nutrito il disegno
di prevenire «ad ogni costo» la rielezione di Ahmadinejad. La scelta di campo
di Rafsanjani, che seppure in maniera prudente, si schiera a tutela del
movimento popolare anti-Ahmadinejad, preoccupa gli ultraintegralisti. L'ex-presidente
gode di largo seguito negli stessi ambienti conservatori, e presiede due
importanti organismi istituzionali, uno dei quali, il Consiglio degli Esperti,
nomina la Guida suprema e può persino deporla. Ieri a Teheran non venivano
segnalate manifestazioni. Venerdì durante e dopo il discorso di Rafsanjani,
migliaia di persone erano scese in piazza per protestare contro Ahmadinejad.
Fonti dell'opposizione fanno sapere via Internet che sarebbero stati arrestati
circa 100 dimostranti. Dalla Germania torna a parlare delle tensioni in Iran,
Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, che non è più tornata in patria dal
giorno delle elezioni. Il movimento riformatore di queste settimane «è un
evento storico non solo per l'Iran ma per tutto il mondo islamico», dice Ebadi,
che apprezza anche la presa di posizione di Rafsanjani, «benché non sia stato
abbastanza risoluto». L'ala dura del regime fa quadrato intorno alla coppia
Khamenei-Ahmadinejad e si scaglia contro Rafsanjani, che venerdì aveva
attaccato i massimi vertici dello Stato per la «crisi» in cui versa l'Iran.
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( da "Gazzetta di Parma (abbonati)"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
PROVINCIA 19-07-2009
Lunigiana PREMIO LETTERARIO IERI IL VIA ALLE INIZIATIVE COLLATERALI
«Bancarella», stasera lo spoglio dei voti in piazza A Pontremoli 200 librai
decreteranno il vincitore della 57» edizione. Incontri con Alain Elkann e la
Gassman PONTREMOLI Valentina Galeotti II Si concluderà questa sera il 57°
Premio Bancarella, il tradizionale appuntamento dell'estate lunigianese che, da
sempre, premia scrittori di fama internazionale e porta a Pontremoli personaggi
di spicco della cultura e dell'editoria. Le iniziative collaterali legate al
Bancarella e dedicate agli appassionati dei libri hanno preso il via ieri
pomeriggio. Nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Dosi si è svolta la
presentazione del quarto libro di Giancarlo Perazzini «Il mistero del
castello», edito dalla Albatros Editore. Perazzini lavora nel ramo delle
costruzioni e vive a Bagnone. A seguire, è stato presentato «Il chiodo nella
sabbia», l'ultimo libro di Luigi Mazzella, edito da Avagliano Editore. Noto giudice della Corte Costituzionale, Mazzella è anche autore
di numerosi testi di saggistica. Oltre agli autori erano presenti il Presidente
della Fondazione Città del Libro, Giuseppe Benelli e il sindaco Franco Gussoni.
Al termine delle due presentazioni, inoltre, Benelli ha ricevuto il Premio alla
Carriera: un dipinto dell'artista Arrighi, donato dall'onorevole Borea.
Grande successo anche per il concerto «A Forza di Essere Vento», il tributo a
Fabrizio De André che ieri sera ha animato piazza della Repubblica. Sul palco
si sono esibiti i Four Steps Choir con Pietro Sinigaglia e Gloria Clemente.
Questa mattina gli appuntamenti dedicati al libro riprenderanno alle 10 con la
Messa dei Librai celebrata in Duomo. Alle 11, nel Salone di Rappresentanza di
Palazzo Dosi si svolgerà la presentazione di «Una grande famiglia dietro le
spalle. Una straordinaria storia di tre generazioni di attori », il volume di
Paola Gassman (Marsilio Editore). Alle 17.30 nel Convento della Ss. Annunziata
sarà la volta di Alain Elkann con «L'invidia» (Bompiani). Alla presentazione
seguirà l'inaugurazione della mostra «La luna e lo specchio » di Fabian Negrin,
che ha illustrato la locandina di questa edizione del premio. Momento culminate
della giornata la cerimonia di assegnazione del «bancarella », che prenderà il
via alle 21 in
Piazza della Repubblica. Anche quest'anno, il tradizionale spoglio pubblico
delle schede coi voti dei 200 librai italiani si preannuncia seguitissimo. Ad
animare la serata il presidente del Bancarella 2009 Romano Battaglia e la madrina
Paola Gassman. Bancarella Da sinistra Perazzini, il sindaco Gussoni, Benelli e
Mazzella.
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( da "Messaggero, Il"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Domenica 19 Luglio
2009 Chiudi di PAOLO POMBENI Se però questo volesse dire arrivare a dopo
l'approvazione definitiva del Trattato (ritardo improbabile, ma non escluso)
vorrebbe dire votare con le nuove norme: non più la semplice maggioranza dei
presenti in Aula al momento del voto, ma la maggioranza assoluta di tutti i 763
membri. Sarebbe una novità che renderebbe molto difficile il governo
dell'assemblea da parte dei due partiti maggiori (Ppe e partito socialista e
democratico) e darebbe un ruolo anche alle forze minori: cioè meno forza al
diktat pro Barroso dei governi, che hanno un asse preferenziale coi grandi
partiti, a favore di una impostazione più dinamica della Commissione. Potrà
sembrare che tutto questo sia un gioco chiuso fra un gruppo di professionisti
della politica europea e che abbia poche ricadute sulla vita della gente. Non è
proprio così, non solo per le ragioni di sempre (c'è bisogno di Europa se
vogliamo avere la dimensione sufficiente per contare nel mondo e per affrontare
la crisi attuale), ma anche per una nuova più sottile ragione legata alla
sentenza della Corte Costituzionale tedesca. In buona
sostanza in questa pronuncia, ampia e tecnicamente complessa, si fissa un
principio: se si vuole davvero far fare alla UE il salto di qualità di una
maggiore integrazione, bisognerà passare per una consultazione diretta della
popolazione (referendum), perché la UE ha un deficit di democrazia che non può
essere colmato solo dalla elezione popolare e diretta del suo
parlamento. Il principio è vincolante per la Germania, ma il giudizio pesa su
tutti. Significa che il problema del coinvolgimento delle opinioni pubbliche
deve essere affrontato, cosa che finora si è fatta solo con un po' di
propaganda e nemmeno fatta bene. L'Europa più vicina ai cittadini, l'incremento
della partecipazione, la ricezione delle problematiche europee come sale della
vita pubblica di tutti i paesi, non sono più temi per cui ci si possa accontentare
di un po' di retorica federalista o cose simili. Non sappiamo quanto la
presidenza svedese di turno sia consapevole di questo specifico problema, ma
certo la scelta dei suoi due temi forti indicherebbe qualche sensibilità in
questa direzione. Il primo tema è quello dei cambiamenti climatici: fa audience
ed è popolare, ma il suo tallone d'Achille è che è molto difficile tradurlo in
vere decisioni soddisfacenti. Il secondo tema è la crisi finanziaria e qui, pur
tra mille difficoltà, si potrebbero ottenere dei risultati ed anche raccogliere
molto consenso. Ecco allora che entra in gioco un fattore molto importante e
delicato per il nostro paese. C'è infatti da decidere la presidenza
dell'Eurogruppo, cioè la riunione dei ministri finanziari dei 16 paesi della
zona euro. È un club importante, che può influenzare molto non solo la politica
della UE, ma la stessa politica internazionale, vista la debolezza del dollaro
e la buona tenuta dell'euro. Per questa carica, finora detenuta dal
lussemburghese Junker, si parla del nostro Tremonti e questa volta le
possibilità di successo sono alte. Tremonti si è mosso bene nel governo della
crisi ed ha avuto una presenza intellettuale vivace nell'analisi di quel che
accadeva, il che non è esattamente frequente nei ministri economici. Anche al
recente G8 ha consolidato la sua posizione nei rapporti internazionali. Per
l'Italia la partita è decisiva. L'Unione europea nel 2010 si troverà per forza
ad un bivio: o riuscirà ad entrare negli schemi del Trattato di Lisbona, oppure
si ridimensionerà ad un livello di ritorno più o meno al livello di un'area di
mercato comune. In entrambi i casi sarà una cosa nuova e questo scatenerà un
confronto acceso fra i 27 ed una ridislocazione dei pesi e delle influenze. Per
la nostra storia e per le nostre prospettive future l'Italia non può entrare in
questa nuova fase in posizione di debolezza e per questo deve costruire, per
tempo e con pazienza, una rinnovata autorevolezza come sistema nazionale.
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( da "Messaggero, Il"
del 19-07-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero,
Il (Metropolitana)) (Messaggero, Il (Ostia))
Argomenti: Giustizia
Domenica 19 Luglio
2009 Chiudi di PAOLO POMBENI MEGLIO non sottovalutare l'attuale momento
dell'Unione Europea: siamo davanti ad un intrico di scadenze che potranno avere
ricadute anche molte importanti. Nei giorni scorsi si è avuto l'avvio ufficiale
della nuova legislatura del Parlamento di Strasburgo e non si è trattato di un
evento di routine. Vediamo di fare un po' di chiarezza su qualche punto. Prima
questione: è stata fissata la data per il secondo referendum irlandese di
ratifica del trattato di Lisbona. Si voterà il 2 ottobre e sembra ci siano
buone possibilità per la vittoria dei sì, il che vuol dire una altrettanto
buona possibilità che per fine anno si abbia la ratifica complessiva, mancando
solo la firma dei presidenti (euroscettici) della Polonia e della Repubblica
Ceca, i cui parlamenti però hanno già ratificato. Se ci sarà il sì irlandese
difficile che possano dilazionare ancora. Però se entra in vigore il trattato
di Lisbona cambiano un bel po' di cose. Non solo si apre davvero, come abbiamo
più volte ricordato su queste colonne, la partita per il presidente stabile.
Gli inglesi hanno fatto una mossa per Blair, ma non sembra una candidatura con
molte chance. Pare invece che ci sia una più consistente manovra a favore di
Felipe Gonzalez, per cui si schiererebbe anche Sarkozy. A fianco si dovrà
scegliere l'Alto Commissario per la politica estera e qui le carte sono più
coperte. Si è parlato anche di una candidatura del ministro Frattini, ma senza
che si possa capire se è un nome buttato lì o una cosa seria. Per l'Italia il
gioco è delicato. Nella distribuzione dei ruoli al Parlamento europeo non ci è
andata molto bene. Per la presidenza hanno prevalso i giochi franco-tedeschi:
l'ex premier polacco, membro del Ppe, per la prima metà della legislatura (un
omaggio all'Est, ma anche un uomo molto cauto ed incline alla moderazione ad
ogni costo), per passare poi ad un socialista, con ogni probabilità il tedesco
Martin Schultz (certamente più. vivace). Nelle presidenze di commissione il duo
ha fatto la parte del leone ed a noi è toccata solo l'agricoltura con De
Castro. Il Parlamento però ha mostrato subito una volontà di protagonismo, sia
pure ad un livello che sfugge alla opinione diffusa. Si è rifiutato di riconfermare
Barroso alla presidenza della Commissione come chiedevano i governi rimandando
la cosa a dopo l'estate. Se però questo volesse dire arrivare a dopo
l'approvazione definitiva del Trattato (ritardo improbabile, ma non escluso)
vorrebbe dire votare con le nuove norme: non più la semplice maggioranza dei
presenti in Aula al momento del voto, ma la maggioranza assoluta di tutti i 763
membri. Sarebbe una novità che renderebbe molto difficile il governo
dell'assemblea da parte dei due partiti maggiori (Ppe e partito socialista e
democratico) e darebbe un ruolo anche alle forze minori: cioè meno forza al
diktat pro Barroso dei governi, che hanno un asse preferenziale coi grandi
partiti, a favore di una impostazione più dinamica della Commissione. Potrà sembrare
che tutto questo sia un gioco chiuso fra un gruppo di professionisti della
politica europea e che abbia poche ricadute sulla vita della gente. Non è
proprio così, non solo per le ragioni di sempre (c'è bisogno di Europa se
vogliamo avere la dimensione sufficiente per contare nel mondo e per affrontare
la crisi attuale), ma anche per una nuova più sottile ragione legata alla
sentenza della Corte Costituzionale tedesca. In buona
sostanza in questa pronuncia, ampia e tecnicamente complessa, si fissa un
principio: se si vuole davvero far fare alla UE il salto di qualità di una
maggiore integrazione, bisognerà passare per una consultazione diretta della
popolazione (referendum), perché la UE ha un deficit di democrazia che non può
essere colmato solo dalla elezione popolare e diretta del suo
parlamento. Il principio è vincolante per la Germania, ma il giudizio pesa su
tutti. Significa che il problema del coinvolgimento delle opinioni pubbliche
deve essere affrontato, cosa che finora si è fatta solo con un po' di
propaganda e nemmeno fatta bene. L'Europa più vicina ai cittadini, l'incremento
della partecipazione, la ricezione delle problematiche europee come sale della
vita pubblica di tutti i paesi, non sono più temi per cui ci si possa
accontentare di un po' di retorica federalista o cose simili. Non sappiamo
quanto la presidenza svedese di turno sia consapevole di questo specifico
problema, ma certo la scelta dei suoi due temi forti indicherebbe qualche
sensibilità in questa direzione. Il primo tema è quello dei cambiamenti
climatici: fa audience ed è popolare, ma il suo tallone d'Achille è che è molto
difficile tradurlo in vere decisioni soddisfacenti. Il secondo tema è la crisi
finanziaria e qui, pur tra mille difficoltà, si potrebbero ottenere dei risultati
ed anche raccogliere molto consenso. Ecco allora che entra in gioco un fattore
molto importante e delicato per il nostro paese. C'è infatti da decidere la
presidenza dell'Eurogruppo, cioè la riunione dei ministri finanziari dei 16
paesi della zona euro. È un club importante, che può influenzare molto non solo
la politica della UE, ma la stessa politica internazionale, vista la debolezza
del dollaro e la buona tenuta dell'euro. Per questa carica, finora detenuta dal
lussemburghese Junker, si parla del nostro Tremonti e questa volta le
possibilità di successo sono alte. Tremonti si è mosso bene nel governo della
crisi ed ha avuto una presenza intellettuale vivace nell'analisi di quel che
accadeva, il che non è esattamente frequente nei ministri economici. Anche al
recente G8 ha consolidato la sua posizione nei rapporti internazionali. Per
l'Italia la partita è decisiva. L'Unione europea nel 2010 si troverà per forza
ad un bivio: o riuscirà ad entrare negli schemi del Trattato di Lisbona, oppure
si ridimensionerà ad un livello di ritorno più o meno al livello di un'area di
mercato comune. In entrambi i casi sarà una cosa nuova e questo scatenerà un
confronto acceso fra i 27 ed una ridislocazione dei pesi e delle influenze. Per
la nostra storia e per le nostre prospettive future l'Italia non può entrare in
questa nuova fase in posizione di debolezza e per questo deve costruire, per
tempo e con pazienza, una rinnovata autorevolezza come sistema nazionale.
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( da "Corriere del Veneto"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere del Veneto
sezione: Opinioni data: 19/07/2009 - pag: 8 EUROPA E STATI MEMBRI Perché la
sentenza della Corte tedesca mette a rischio il Trattato di Lisbona di GIUSEPPE
GUARINO I l Trattato di Lisbona ha previsto che in determinati casi le sue
norme possano essere modificate dagli organi dell'Unione senza il concorso degli
Stati. Altra ipotesi è che gli organi dell'Unione amplino la sfera di
competenza dell'Unione o anche modifichino il Trattato svolgendo un ruolo
preminente. L'apporto degli Stati viene marginalizzato. In concreto le
modifiche si intendono approvate se entro sei mesi dalla loro comunicazione il
singolo Parlamento nazionale non abbia trasmesso una propria formale
opposizione. La ratifica, quale disciplinata dalle norme costituzionali
interne, viene dunque sostituita da una procedura di silenzio-assenso. Nei due
gruppi di norme citate sta la vera novità del Trattato di Lisbona. Il rilievo
della preminenza attribuita agli organi dell'Unione nella procedura di
revisione del Trattato è facilmente comprensibile. Potrebbe sfuggire
l'importanza delle modifiche del Trattato che gli organi dell'Unione possono
introdurre in piena autonomia. Consistono nella sostituzione della procedura
legislativa ordinaria a quella speciale e, nelle deliberazioni del Consiglio,
nella sostituzione della maggioranza qualificata alla unanimità. Nella
procedura legislativa speciale la Commissione non interviene. In quella
ordinaria la Commissione interviene ed il suo ruolo è dominante. Parlamento e
Consiglio non possono deliberare se e fino a quando la Commissione non abbia
formulato una proposta. La sostituzione della maggioranza qualificata alla
unanimità comporta che uno Stato possa essere vincolato ad una delibera alla
quale il suo rappresentante non abbia partecipato. La Corte Costituzionale
tedesca, chiamata da alcuni ricorsi a valutare la compatibilità di queste
novità con il sistema costituzionale interno, è
partita dalla premessa che, nell'attuale fase di integrazione, gli organi
dell'Unione non raggiungono il livello di legittimazione democratica necessario
per sostituire il Parlamento tedesco nell'esercizio di funzioni sovrane. Ha
ritenuto la natura sovrana delle funzioni che formano oggetto delle norme
esaminate. Ha dedotto come conseguenza l'incostituzionalità della legge che ha
autorizzato la ratifica del Trattato di Lisbona nelle parti in cui, in virtù
delle norme esaminate, gli organi dell'Unione si sostituiscono al Parlamento
nazionale. Quando si esprimono giudizi su questioni attinenti alla Costituzione
di altri Paesi il margine di errore è elevato. Purtuttavia gli effetti della
sentenza non riguardano solo la Germania. Si estendono agli altri 26 membri
dell'Unione, compresa l'Italia. La formulazione di ipotesi e la prospettazione
di dubbi è quindi legittima, se non doverosa. Come la Germania reagirà alla
sentenza della Corte Costituzionale? Una soluzione apparentemente semplice si
avrebbe se una nuova legge del Parlamento autorizzasse la ratifica del Trattato
alla espressa condizione che le decisioni adottate dagli organi dell'Unione
sulla base delle norme del Trattato prese in considerazione dalla Corte
Costituzionale ricevano attuazione in Germania solo dopo che il Parlamento, nel
rispetto delle competenze del Bundestag e del Bundesrat, le abbia caso per caso
approvate. Se così si provvedesse, le difficoltà della Germania verrebbero
superate. Sarebbe dubbio, però, che il Trattato di Lisbona possa entrare in
vigore. La Germania non accetterebbe l'attribuzione agli organi dell'Unione di
funzioni esclusive o preminenti nell'esercizio di poteri sovrani. Le delibere
di tali organi, in virtù delle condizioni poste per la ratifica, risulterebbero
degradate al livello delle comuni proposte di revisione dei Trattati destinate
ad entrare in vigore solo dopo la espressa approvazione del Parlamento
nazionale. Il testo ratificato dalla Germania sarebbe quindi diverso da quello
approvato dagli altri 26 Stati membri. L'identità del testo ratificato è
viceversa essenziale perché un Trattato multilaterale, quale è quello di
Lisbona, come tale espressamente qualificato dalla Corte Costituzionale tedesca,
entri in vigore. Per l'Italia sorgerebbe una distinta difficoltà, perché l'art.
11 Cost. consente limitazioni di sovranità solo in condizioni di parità con gli
altri Stati. Nel caso, l'Italia si troverebbe ad avere consentito ad una
limitazione che la Germania non ha accettato. Potrebbe prospettarsi una
soluzione più radicale, che la Germania accetti il Trattato di Lisbona così
come è, autorizzandone la ratifica con legge costituzionale.
Sembra tuttavia improbabile che in una fase politica incerta, quale è
l'attuale, in un Paese come la Germania, sempre così attenta nella tutela della
propria sfera di sovranità, una qualche forza politica si assuma la responsabilità di proporre il trasferimento incondizionato e
definitivo di poteri di obiettiva rilevanza costituzionale ad organi dell'Unione che la Corte Costituzionale ha già
giudicato privi della legittimazione democratica necessaria. Ne originerebbero
ragioni di perplessità in altri Paesi. La sentenza della Corte Costituzionale
tedesca porta la data del 30 giugno di quest'anno. Si compone di 421
commi. È frutto di un'elaborazione complessa ed attenta. Sinora se ne è parlato
poco, anche per il rilievo mediatico del G8. La sentenza sarà al centro
dell'attenzione nei prossimi mesi. Se ne è data una ristrettissima sintesi, che
potrà aiutare a comprendere la dimensione del problema. Le soluzioni che
verranno accolte per dare attuazione alla sentenza saranno decisive per le
sorti comuni. Avranno riflessi anche nel resto del mondo. CONC
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( da "Corriere del Mezzogiorno"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere del
Mezzogiorno sezione: Opinioni data: 19/07/2009 - pag: 8 EUROPA E STATI MEMBRI
Perché la sentenza della Corte tedesca mette a rischio il Trattato di Lisbona
di GIUSEPPE GUARINO I l Trattato di Lisbona ha previsto che in determinati casi
le sue norme possano essere modificate dagli organi dell'Unione senza il
concorso degli Stati. Altra ipotesi è che gli organi dell'Unione amplino la
sfera di competenza dell'Unione o anche modifichino il Trattato svolgendo un
ruolo preminente. L'apporto degli Stati viene marginalizzato. In concreto le
modifiche si intendono approvate se entro sei mesi dalla loro comunicazione il
singolo Parlamento nazionale non abbia trasmesso una propria formale
opposizione. La ratifica, quale disciplinata dalle norme costituzionali
interne, viene dunque sostituita da una procedura di silenzio-assenso. Nei due
gruppi di norme citate sta la vera novità del Trattato di Lisbona. Il rilievo
della preminenza attribuita agli organi dell'Unione nella procedura di
revisione del Trattato è facilmente comprensibile. Potrebbe sfuggire
l'importanza delle modifiche del Trattato che gli organi dell'Unione possono
introdurre in piena autonomia. Consistono nella sostituzione della procedura
legislativa ordinaria a quella speciale e, nelle deliberazioni del Consiglio,
nella sostituzione della maggioranza qualificata alla unanimità. Nella
procedura legislativa speciale la Commissione non interviene. In quella
ordinaria la Commissione interviene ed il suo ruolo è dominante. Parlamento e
Consiglio non possono deliberare se e fino a quando la Commissione non abbia
formulato una proposta. La sostituzione della maggioranza qualificata alla
unanimità comporta che uno Stato possa essere vincolato ad una delibera alla
quale il suo rappresentante non abbia partecipato. La Corte Costituzionale
tedesca, chiamata da alcuni ricorsi a valutare la compatibilità di queste
novità con il sistema costituzionale interno, è
partita dalla premessa che, nell'attuale fase di integrazione, gli organi
dell'Unione non raggiungono il livello di legittimazione democratica necessario
per sostituire il Parlamento tedesco nell'esercizio di funzioni sovrane. Ha
ritenuto la natura sovrana delle funzioni che formano oggetto delle norme
esaminate. Ha dedotto come conseguenza l'incostituzionalità della legge che ha
autorizzato la ratifica del Trattato di Lisbona nelle parti in cui, in virtù
delle norme esaminate, gli organi dell'Unione si sostituiscono al Parlamento
nazionale. Quando si esprimono giudizi su questioni attinenti alla Costituzione
di altri Paesi il margine di errore è elevato. Purtuttavia gli effetti della
sentenza non riguardano solo la Germania. Si estendono agli altri 26 membri
dell'Unione, compresa l'Italia. La formulazione di ipotesi e la prospettazione
di dubbi è quindi legittima, se non doverosa. Come la Germania reagirà alla
sentenza della Corte Costituzionale? Una soluzione apparentemente semplice si
avrebbe se una nuova legge del Parlamento autorizzasse la ratifica del Trattato
alla espressa condizione che le decisioni adottate dagli organi dell'Unione
sulla base delle norme del Trattato prese in considerazione dalla Corte
Costituzionale ricevano attuazione in Germania solo dopo che il Parlamento, nel
rispetto delle competenze del Bundestag e del Bundesrat, le abbia caso per caso
approvate. Se così si provvedesse, le difficoltà della Germania verrebbero
superate. Sarebbe dubbio, però, che il Trattato di Lisbona possa entrare in
vigore. La Germania non accetterebbe l'attribuzione agli organi dell'Unione di
funzioni esclusive o preminenti nell'esercizio di poteri sovrani. Le delibere
di tali organi, in virtù delle condizioni poste per la ratifica, risulterebbero
degradate al livello delle comuni proposte di revisione dei Trattati destinate
ad entrare in vigore solo dopo la espressa approvazione del Parlamento
nazionale. Il testo ratificato dalla Germania sarebbe quindi diverso da quello
approvato dagli altri 26 Stati membri. L'identità del testo ratificato è
viceversa essenziale perché un Trattato multilaterale, quale è quello di
Lisbona, come tale espressamente qualificato dalla Corte Costituzionale
tedesca, entri in vigore. Per l'Italia sorgerebbe una distinta difficoltà,
perché l'art. 11 Cost. consente limitazioni di sovranità solo in condizioni di
parità con gli altri Stati. Nel caso, l'Italia si troverebbe ad avere
consentito ad una limitazione che la Germania non ha accettato. Potrebbe
prospettarsi una soluzione più radicale, che la Germania accetti il Trattato di
Lisbona così come è, autorizzandone la ratifica con legge costituzionale.
Sembra tuttavia improbabile che in una fase politica incerta, quale è
l'attuale, in un Paese come la Germania, sempre così attenta nella tutela della
propria sfera di sovranità, una qualche forza politica si assuma la responsabilità di proporre il trasferimento incondizionato e
definitivo di poteri di obiettiva rilevanza costituzionale ad organi dell'Unione che la Corte Costituzionale ha già
giudicato privi della legittimazione democratica necessaria. Ne originerebbero
ragioni di perplessità in altri Paesi. La sentenza della Corte Costituzionale
tedesca porta la data del 30 giugno di quest'anno. Si compone di 421
commi. È frutto di un'elaborazione complessa ed attenta. Sinora se ne è parlato
poco, anche per il rilievo mediatico del G8. La sentenza sarà al centro
dell'attenzione nei prossimi mesi. Se ne è data una ristrettissima sintesi, che
potrà aiutare a comprendere la dimensione del problema. Le soluzioni che
verranno accolte per dare attuazione alla sentenza saranno decisive per le sorti
comuni. Avranno riflessi anche nel resto del mondo. CONC
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( da "Repubblica.it"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
TRE temi
strettamente legati l'uno all'altro dominano il panorama della settimana che
oggi si chiude: l'intervento del presidente della Repubblica sulla legge
approvata dal Parlamento che riguarda alcuni aspetti della sicurezza pubblica;
il dibattito in corso nel Partito democratico in vista del congresso che si
concluderà il 25 ottobre; la presentazione del Dpef e del decreto anti-crisi
che ha cominciato il suo iter parlamentare. Ma va aggiunto che su questi tre
temi ne incombe un quarto che ha carattere preliminare e che può avere come
titolo quello usato venerdì scorso da Gustavo Zagrebelsky per il suo articolo
pubblicato dal nostro giornale: "Verità e menzogna". Si tratta di un
tema capitale per ogni democrazia poiché investe il rapporto fiduciario dei cittadini
con le istituzioni, la formazione della pubblica opinione e la sua possibile
manipolazione culturale prima ancora che politica e infine il funzionamento
dello stato di diritto. Inizierò con il primo tema e concluderò con il quarto:
vi è infatti un nesso evidente tra gli interventi del Quirinale e la tutela
dello stato di diritto, mai come oggi insidiato, indebolito e vulnerabile. Si è
detto da parte di alcuni fondamentalisti del centrodestra che l'intervento di
Napolitano sulla legge di sicurezza è stato irrituale. L'ha detto anche Di
Pietro che pratica un altro tipo di fondamentalismo. Napolitano, com'è noto, ha
promulgato la legge sulla sicurezza approvata dal Parlamento ma ha accompagnato
la sua firma con una lunga lettera diretta al presidente del Consiglio, ai
ministri proponenti (Maroni, Alfano), ai presidenti delle
Camere e al presidente della Corte costituzionale. OAS_RICH('Middle'); La lettera elenca i punti critici della
legge che, secondo il presidente della Repubblica, rischiano di inceppare
l'ordinamento penale vigente suscitando effetti contraddittori rispetto a
quelli voluti e interpretazioni molteplici da parte di chi dovrà attuarne le
norme. I critici di Napolitano si sono domandati perché il Capo dello
Stato, avendo ravvisato molteplici difetti della legge, non l'abbia rinviata al
Parlamento come la Costituzione gli consente di fare. Questo dire e non dire,
questo promulgare criticando e criticare promulgando sarebbe segno di
incertezza e configurerebbe l'irritualità rimproverata. Noi non pensiamo che le
cose stiano così. Il potere di rinvio alle Camere d'una legge da esse approvata
è previsto in caso di mancata copertura finanziaria (e non è questo il caso) e
di altre palesi forme di incostituzionalità. Palesi, poiché se tali non fossero
spetterebbe alla Corte - se e quando attivata - aprire un'indagine ed emettere
la sua sentenza. Napolitano non ha ravvisato palesi incostituzionalità ma
preoccupanti elementi di incoerenza rispetto all'ordinamento penale vigente ed
ha allertato le competenti istituzioni (e innanzitutto la Corte) affinché
vigilino e provvedano a evitare gli incidenti di percorso che quella legge
malfatta potrebbe produrre. Non mi pare che ci siano obiezioni da opporre ma
soltanto solidarietà da esprimere al Capo dello Stato che sta cercando con
diuturna fatica di raddrizzare il timone d'una barca assai mal diretta dai
nocchieri che dovrebbero assicurarne un'ordinata navigazione. * * * Il buon
andamento della cosa pubblica riposa anche sull'esistenza d'una forte opposizione
che abbia idee chiare sulla visione del paese e sui suoi problemi. Un'opinione
molto diffusa, non soltanto nel centrodestra ma anche in ampi settori di
centrosinistra, ritiene che il Partito democratico non abbia idee chiare sulla
propria identità, non conosca né voglia conoscere i problemi del paese e sia
percorso da una pulsione alla rissa interna alimentata soltanto da contrastanti
ambizioni personali. Offra insomma al pubblico uno spettacolo miserando che
qualcuno ha definito tragicomico e che avrebbe il solo effetto di accrescere
l'irruente baldanza del potere berlusconiano. Noi non pensiamo che le cose
stiano in questo modo anche se non mancano segnali di preoccupazione e forze
centrifughe che spingono al peggio. I valori del partito riformista sono largamente
condivisi al suo interno. Sono i valori di libertà, eguaglianza, solidarietà
con i deboli, non violenza, difesa dell'ambiente. Ma poi questi valori che
distinguono fortemente la sinistra dalla destra, vanno tradotti in una linea
concreta e qui, come è naturale, le posizioni divergono. Quella di Bersani
punta (sono parole sue) ad un partito di sinistra con forti connotati laici,
evoca l'Ulivo, cioè una vasta alleanza di forze unite da un programma e da un
comune avversario, si prefigge una legge elettorale alla tedesca e mira ad
un'alleanza nazionale con il centro cattolico e moderato di Casini. Il
programma di Franceschini fa perno invece sul definitivo superamento delle
antiche identità ex Ds ed ex Margherita, esalta un programma riformatore che colga
i bisogni e le speranze dei vari ceti sociali e dei territori di insediamento
del partito, sottolinea il ruolo degli elettori che si iscrivono al partito per
partecipare alle primarie, fissa nel conflitto di interessi e in una legge che
lo impedisca un impegno prioritario, conferma la laicità come un connotato di
fondo e infine pone il tema d'una classe dirigente nuova e della sua selezione.
Marino mette in prima fila il laicismo e si riserva di convergere con i suoi
delegati sul nome di quello dei due candidati principali che presenti spiccate
affinità con il suo programma. Desidero esprimere un paio d'osservazioni
strettamente personali su queste diverse posizioni che comunque denotano un
dibattito serio e aperto. C'è in questo dibattito congressuale un'attenzione al
laicismo, specie da parte di personalità post-comuniste, che rappresenta
un'assoluta e per me positiva novità. È noto che il tema laico fu sempre
subordinato nel Pci e lo è stato fino a poco tempo fa nelle successive
incarnazioni della sinistra. Questo laicismo spinto si coniuga tuttavia con
l'esplicita ipotesi di un'alleanza nazionale con l'Udc di Casini e di
Buttiglione, quasi a prefigurare uno schema che ricorda il tacito duopolio
Dc-Pci della prima Repubblica. Mi sembra uno schema alquanto "retrò"
per un partito riformista, senza dire che l'Udc non farà mai alleanze nazionali
con la sinistra e l'ha detto in modo esplicito più e più volte. Per concludere
su questo punto: ho molto apprezzato la lettera che Virginio Rognoni ha inviato
al "Corriere della Sera" di giovedì scorso e l'articolo di fondo di
Sergio Romano in quello stesso numero del giornale. Entrambi hanno sottolineato
l'importanza e la serietà del dibattito in corso nel Pd. Di Rognoni non
dubitavo. Il Sergio Romano di giovedì è una mosca bianca in un gruppo di mosche
nere e fa piacere averlo letto. * * * Uno degli elementi della partita politica
è rappresentato dall'andamento della crisi economica, che il governo ha finora
esorcizzato, prima disconoscendone l'esistenza e poi dandola già per conclusa.
Posso dire che siamo il solo governo del mondo occidentale che abbia avuto
questa posizione in due fasi entrambe caratterizzate da una consapevole
dissimulazione della realtà. Qualche cifra servirà a chiarire, almeno per chi
abbia capacità e voglia di capire, riportandoci coi piedi per terra. Il
confronto tra i dati del primo quadrimestre del 2008 con il corrispondente
periodo del 2009 registra una diminuzione della produzione industriale del 21
per cento e degli ordinativi di oltre il 30. Ancora più grave è il crollo delle
esportazioni che rappresentano il principale elemento di sostegno della
domanda: una diminuzione del 24 per cento. Quanto al nostro prodotto interno
lordo, le previsioni del Dpef lo collocano al meno 5,1 ma altre attendibili
fonti lo collocano addirittura al meno 6. Le altre cifre accolte nel Dpef
concernenti il deficit, l'aumento delle spese, la diminuzione delle entrate,
l'aumento del debito pubblico e della pressione fiscale confermano che erano
giuste le previsioni della Banca d'Italia e sbagliate quelle del Tesoro di
appena un mese fa, ma il peggio riguarda il settore dell'occupazione, destinata
a una vera e propria discesa che avrà luogo dal prossimo settembre fino alla
primavera 2010. Una discesa strutturale e non congiunturale poiché è
accompagnata dalla distruzione di posti di lavoro che per molti anni non
saranno compensati da un'estensione della base produttiva. Il nostro ministro
dell'Economia ostenta ciononostante grande tranquillità. Mette insieme piccoli tasselli
di sostegno fiscale, talmente minimali che neppure i diretti interessati ne
percepiscono sollievo e tutti comunque postergati alla primavera-estate del
2010, cioè tra un anno da oggi. In questo (tardivo) recupero di frattaglie la
sola bistecca è rappresentata dallo scudo fiscale dal quale Tremonti si aspetta
un recupero di 3-4 miliardi di capitali e un beneficio per l'erario del 5 per
cento sui guadagni che questi capitali hanno realizzato nel periodo in cui
restarono imboscati nei vari paradisi fiscali. I giornali hanno cercato nei
giorni scorsi di spiegare in che modo la materia imponibile sarà accertata ma,
con la migliore buona volontà, non ci sono riusciti tali sono le complicazioni
normative. Aspettiamo dunque di poter leggere i testi di legge e soprattutto i
regolamenti, ma intanto alcune considerazioni possono essere fatte. 1. Sono
stati esclusi dal condono (perché di vero e proprio condono si tratta) i reati
di bancarotta e di falso in bilancio. Si tratta d'una giusta esclusione,
richiesta dall'opposizione e accettata dal governo. 2. Tuttavia viene escluso
da una norma successiva che le dichiarazioni riservate del proprietario dei
capitali rientrati alla banca agente possano mai essere utilizzate in giudizio
contro il contribuente interessato. Si cancellano cioè le prove che dovrebbero
rendere concreta la punibilità prevista dalle norme, sia rispetto al giudice
civile che a quello penale. È un rebus del quale il Parlamento dovrà in qualche
modo venire a capo o abolendo la punibilità o abolendo il divieto di provarla.
3. La vasta platea dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, che paga le
imposte per ritenuta alla fonte e quindi fino all'ultimo centesimo, assisterà
allo sconcio spettacolo di evasori fiscali che ottengono sanatoria pagando una
tassa "una tantum" del 5 per cento. Questo confronto sta già
diffondendo rabbia e protesta tra i contribuenti che fanno il loro dovere. È
facile capire che la sfiducia verso le istituzioni farà un altro passo avanti
di fronte ad un condono che premia per l'ennesima volta i soliti noti e i
soliti recidivi. * * * Mi resta da concludere con qualche parola sul tema
"menzogna e verità". Su di esso sono state scritte intere biblioteche
ma noi italiani abbiamo oggi il triste privilegio di vederne la messa in scena
in presa diretta. Le democrazie vivono sul rapporto di fiducia che si instaura
tra il popolo e le istituzioni. Ma poiché le istituzioni sono rappresentate da
persone, quella fiducia si instaura tra il popolo e le persone istituzionali.
Il rapporto fiduciario a sua volta si qualifica con due diverse modalità: la
fiducia con partecipazione e quella con delega in bianco. Quest'ultima può
essere revocata ma se dura troppo a lungo la revoca diventa difficile e sempre
meno probabile anche perché l'area dalla partecipazione tende a restringersi
mentre le istituzioni tendono ad assumere connotati sempre più autoritari. Noi
stiamo vivendo questa fase con un'intensità che non è mai stata così accentuata
in tutti i settant'anni di storia repubblicana. Le democrazie autoritarie
derivano dunque da una torsione della democrazia partecipata verso una
democrazia autoritaria con tratti di regime stabile e sempre più difficilmente
revocabile. Il modello di democrazia autoritaria tende a raccontarsi in modo
dissimile dal vero ed è a questo punto che la menzogna istituzionale diventa
strumento primario di potere, deforma la realtà, indebolisce i poteri di
garanzia, esercita la sua crescente influenza sui mezzi di informazione,
dispensa favori e privilegi, viola diritti, narcotizza la pubblica opinione. La
morale viene messa in soffitta, il teatro-spettacolo sostituisce la politica.
Noi stiamo vivendo questa fase. Ad una tale deriva occorre resistere cercando
di costruire il futuro. (19 luglio 2009
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( da "Virgilio Notizie"
del 19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
I quattro principali
candidati dell'opposizione mauritana hanno denunciato le elezioni presidenziali
definendole "una farsa elettorale", in una conferenza stampa tenuta
poco dopo la diffusione dei primi dati parziali che danno in vantaggio il candidato
governativo, il generale Mohammed Ould Abdel Aziz. Messaud Ould Boulkheir - che
ha parlato a nome di tutti i candidati - ha affermato che "i risultati che
iniziano a circolare dimostrano come si tratti di una farsa volta a legittimare
il colpo di stato militare" dello scorso agosto, guidato da Aziz e nel
quale venne deposto il Presidente eletto, Sidi Ould Abdallahi. Boulkheir ha chiesto che le autorità competenti come la Corte
Costituzionale e il Ministero degli Interni "non accettino di ratificare i
risultati" e ha invitato la popolazione a mobilitarsi per "far
fallire questo golpe elettorale". Secondo i dati diffusi dal Ministero
dell'Interno, con un terzo dei voti scrutinati Abdel Aziz avrebbe raccolto il
51,6% delle preferenze, il che gli permetterebbe di essere eletto
direttamente al primo turno. Più di 1,2 milioni di elettori erano chiamati a
scegliere tra nove candidati alla massima carica dello Stato. Per la prima
volta hanno votato anche i mauritani che oggi vivono in 26 Paesi stranieri. La
comunità internazionale ha inviato circa 250 osservatori, in particolare
dell'Unione africana (Ua), dell'Unione Europea (Ue), dell'Organizzazione
Internazionale della Francofonia e della Lega araba. Aziz si era dimesso lo
scorso aprile dalla guida della giunta militare per potersi candidare: durante
la campagna elettorale si è presentato come il "candidato dei
poveri", pronto ad avviare "un cambiamento costruttivo". Altro
favorito è il colonnello Ely Ould Mohamed Vall, già protagonista nel 2005 di un
colpo di Stato e che due anni più tardi passò il potere ai civili al termine di
una "transizione" spesso indicata come esemplare. Queste elezioni
registrano per la prima la partecipazione di un candidato islamico moderato,
Jemil Ould Mansour, leader dell'unico partito politico islamico del Paese,
autorizzato nel 2008 e presente in Parlamento con cinque deputati. Tra i
candidati figurano anche due uomini politici della minoranza nera (20% della
popolazione che discende dagli schiavi): Kane Hamidou Baba, vicepresidente
dell'Assemblea nazionale, e Ibrahima Moctar Sarr, che alle presidenziali del
2007 aveva ottenuto quasi l'8% dei voti.
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( da "Blogosfere" del
19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Lug 0919 Chi ha
paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola Pubblicato da
Joshua Evangelista alle 13:58 in Cronaca giudiziaria, Current Affairs, Historia
magistra vitae Oggi Paolo Borsellino è sulla bocca di tutti: nei telegiornali,
nei social network, tra le conversazioni domenicali. Spesso a sproposito,
riducendo, banalizzando o stravolgendo il suo pensiero e le sue azioni.
Reporters dà il suo personale omaggio al giudice di Palermo, 17 anni dopo la
strage via D'Amelio, con due delle ultime apparizioni pubbliche prima
dell'attentato. Il primo video è relativo alla manifestazione del 25 giugno del
1992 organizzata dalla rivista Micromega durante la quale Borsellino denunciò
in maniera veemente e senza fronzoli le barriere poste dalle istituzioni per
ostacolare le indagini di Giovanni Falcone e del pool antimafia ("Falcone
cominciò a morire nel gennaio del 1988 quando il CSM gli preferì Antonino Meli per la carica di procuratore capo di
Palermo"). Nel secondo video sono racchiusi alcuni frammenti di
un'intervista rilasciata da Borsellino a Lamberto Sposini dopo la morte di
Giovanni Falcone, in cui la stanchezza e la delusione per la perdita del
collega-amico si contrappone alla determinazione per portare in fondo la lotta
alla criminalità organizzata ("ho ritrovato la rabbia per
continuare il mio lavoro").
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( da "ApCOM" del
19-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Mauritania;Presidenziali,
opposizione denuncia "farsa elettorale" 23:00 - ESTERI- 19 LUG 2009
Dati parziali danno generale Aziz in testa con il 51% dei voti Nouakchott, 19
lug. (Apcom) - I quattro principali candidati dell'opposizione mauritana hanno
denunciato le elezioni presidenziali definendole "una farsa
elettorale", in una conferenza stampa tenuta poco dopo la diffusione dei
primi dati parziali che danno in vantaggio il candidato governativo, il
generale Mohammed Ould Abdel Aziz. Messaud Ould Boulkheir - che ha parlato a
nome di tutti i candidati - ha affermato che "i risultati che iniziano a
circolare dimostrano come si tratti di una farsa volta a legittimare il colpo
di stato militare" dello scorso agosto, guidato da Aziz e nel quale venne
deposto il Presidente eletto, Sidi Ould Abdallahi. Boulkheir
ha chiesto che le autorità competenti come la Corte Costituzionale e il
Ministero degli Interni "non accettino di ratificare i risultati" e
ha invitato la popolazione a mobilitarsi per "far fallire questo golpe
elettorale". Secondo i dati diffusi dal Ministero dell'Interno, con un
terzo dei voti scrutinati Abdel Aziz avrebbe raccolto il 51,6% delle
preferenze, il che gli permetterebbe di essere eletto direttamente al
primo turno. Più di 1,2 milioni di elettori erano chiamati a scegliere tra nove
candidati alla massima carica dello Stato. Per la prima volta hanno votato
anche i mauritani che oggi vivono in 26 Paesi stranieri. La comunità
internazionale ha inviato circa 250 osservatori, in particolare dell'Unione
africana (Ua), dell'Unione Europea (Ue), dell'Organizzazione Internazionale
della Francofonia e della Lega araba. Aziz si era dimesso lo scorso aprile
dalla guida della giunta militare per potersi candidare: durante la campagna
elettorale si è presentato come il "candidato dei poveri", pronto ad
avviare "un cambiamento costruttivo". Altro favorito è il colonnello
Ely Ould Mohamed Vall, già protagonista nel 2005 di un colpo di Stato e che due
anni più tardi passò il potere ai civili al termine di una "transizione"
spesso indicata come esemplare. Queste elezioni registrano per la prima la
partecipazione di un candidato islamico moderato, Jemil Ould Mansour, leader
dell'unico partito politico islamico del Paese, autorizzato nel 2008 e presente
in Parlamento con cinque deputati. Tra i candidati figurano anche due uomini
politici della minoranza nera (20% della popolazione che discende dagli
schiavi): Kane Hamidou Baba, vicepresidente dell'Assemblea nazionale, e
Ibrahima Moctar Sarr, che alle presidenziali del 2007 aveva ottenuto quasi l'8%
dei voti. Mgi
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( da "Manifesto, Il"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
NIGER Sciopero
contro referendum costituzionale di Tandja Si
moltiplicano in Niger le iniziative per contrastare il referendum costituzionale indetto dal presidente Mamadou Tandja per il
prossimo 4 Agosto. I quotidiani non legati al governo hanno indetto a partire
da lunedì uno sciopero di una settimana per contestare le scelte di Tandja e
reclamare l'abrogazione di un decreto presidenziale - approvato in settimana -
sulla base del quale i media possono essere sanzionati senza preavviso, se
segnalati per «servizi lesivi dell'onore del paese». Allo sciopero - indetto da
sei organizzazioni sindacali che hanno denunciato i tentativi di «imbavagliare»
la stampa riguardo l'attuale crisi politica - parteciperanno anche le radio e
le televisioni locali che sospenderanno le trasmissioni per un giorno, il 26
luglio. Anche sul fronte politico non sembrano essersi placate le polemiche
sulla consultazione popolare che mira a garantire a Tandja, alla guida del
paese da 10 anni, la possibilità di candidarsi per un terzo mandato alle
prossime elezioni previste a dicembre, poco dopo la scadenza del suo secondo
mandato. Alcuni dei principali movimenti dell'opposizione si sono uniti in un
«collettivo» e hanno chiesto al presidente di «avviare un dialogo con tutte le
parti politiche» per evitare «derive che minano la stabilità del paese». Dopo
aver sciolto il parlamento e il principale partito del paese, la Convention
démocratique et sociale (Cds), Tandja ha licenziato i
giudici della Corte costituzionale che si erano opposti per tre volte alla convocazione del
referendum. A chi lo accusava di aver compiuto un «colpo di stato», ha risposto
organizzando in fretta e furia questo referendum con cui vorrebbe cambiare la
costituzione per ricandidarsi.
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( da "Manifesto, Il"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
VICENDE Un mondo che
simbolicamente ruota attorno al Petruzzelli Con la rimozione delle ultime
impalcature in autunno, si era reso pubblicamente visibile l'edificio che per
troppi anni, dal suo incendio nel 1991, era stato il simbolo di una ferita
aperta per la città di Bari e per la sua identità culturale. La vicenda del
Petruzzelli è di una complicatezza giuridica e politica spaventosa, a
cominciare dalla questione atipica del suo essere, sin dalla sua progettazione
nel 1896, un teatro di proprietà privata gestito però in quanto bene pubblico,
per passare alle sciagurate colpe relative all'incendio, fino a giungere alle
vicende degli anni 2000. In
questo decennio, le vicissitudini del Teatro Petruzzelli hanno visto
susseguirsi, nell'ordine: un «protocollo d'intesa» nel 2002 tra Ministero dei
Beni culturali (Governo Berlusconi), Regione Puglia, Provincia e Comune di Bari
con i diversi eredi della famiglia proprietaria; poi l'esproprio collegato alla
finanziaria del 2006 (Governo Prodi); quindi la sentenza
della Corte Costituzionale nel 2008 che ha dichiarato illegittimo tale
esproprio. Una «class action» è attualmente in corso affinché il teatro venga
dichiarato di proprietà pubblica e, ancora, negli ultimi mesi, molti sono stati
i pronunciamenti autorevoli sulla inevitabilità e la giustezza dell'esproprio.
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( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 24 - Commenti
L´EFFETTO DELLA CANDIDATURA BLAIR NELL´INCERTEZZA DELL´EUROPA FERDINANDO SALLEO
Dopo le insistenti voci che duravano da mesi, la candidatura di Tony Blair alla
presidenza "lunga" dell´Europa è stata ventilata scopertamente dal
governo di Londra, dallo stesso ministro degli Affari Europei. Una mossa che
coglie l´Europa in un momento di incertezza, gravido di polemiche che la crisi
e la recessione hanno reso più evidenti e rilancia poi l´attenzione politica
sugli equivoci che costellano lo stato del processo europeo. La
contrapposizione tra i minimalisti che guardano al futuro dell´Europa come poco
più di un mercato unico da completare e i fautori dell´integrazione
sopranazionale sembra destinata ad acuirsi dopo i risultati delle elezioni per
il Parlamento di Strasburgo che hanno fatto uscire dalla marginalità gli
euroscettici rafforzando i conservatori e riducendo fortemente il peso dei
socialisti. Una candidatura certo prematura, anzitutto perché pende incerto in
attesa delle ratifiche il destino del Trattato di Lisbona che istituisce la
presidenza del Consiglio Europeo per due anni e mezzo rinnovabili, la
presidenza "lunga" appunto. Alle assurde bizze
degli euroscettici presidenti polacco e ceco si è aggiunta adesso la
sorprendente sentenza della Corte Costituzionale tedesca che autorizza la
ratifica assortendola di condizioni che innovano pericolosamente sulla storica
posizione integrazionista della Germania e danno ampio spazio al rinascente
sovranismo che si percepisce un po´ ovunque. Il secondo referendum
irlandese, adempiute equivocamente le richieste di Dublino, è atteso per
settembre con un certo ottimismo, sempre che le polemiche estive sulla
presidenza "lunga" non creino nuovi intralci. Infine, se il processo
di ratifica del trattato dovesse prolungarsi e Gordon Brown fosse costretto
nelle more a gettare la spugna, Londra vedrebbe al governo David Cameron,
fautore di un referendum dall´esito prevedibilmente negativo. Senza Lisbona non
ci sarebbe più la presidenza cui aspira Blair e, peggio ancora, il marasma
regnerebbe nell´Unione a Ventisette. è singolare che sia stata avanzata adesso
una candidatura di alto profilo, come ha precisato il ministro britannico, per
un incarico che il testo di Lisbona definisce ben poco nei compiti e nelle
funzioni, a parte la presidenza del Consiglio Europeo e la generale
rappresentanza esterna dell´Unione. Certo, ma il testo evita di definirne il
rapporto con il "ministro degli Esteri" dell´Europa che pure Lisbona
istituisce dotando di un servizio diplomatico proprio un vice presidente della
Commissione che riunirà i compiti del commissario alle relazioni esterne con
quelli dell´Alto Rappresentante, oggi ricoperto da Javier Solana, emanazione
dell´assetto intergovernativo. Anche per quell´incarico non mancano candidature
di buon livello. Appena comparso formalmente il nome di Blair, altri possibili
candidati sono stati ventilati, da Felipe Gonzalez a Wolfgang Schuessel, anche
se l´ex premier britannico aveva ricevuto espressioni di appoggio, pur se premature
e non impegnative. Né le voci che si propalano veloci a Bruxelles escludono che
un conservatore collaudato, di modesto profilo ma gradito a molti come Barroso,
possa rivelarsi un compromesso accettabile malgrado il suo rinnovo alla
presidenza della Commissione, deciso e approvato ma non ancora formalizzato.
Tony Blair ha certo una personalità carismatica, senso dell´innovazione e
visione politica internazionale, capacità di condurre un organismo politico
caratterizzato da sovranità condivise in cui la sopranazionalità e le
prerogative degli Stati membri convivono in un disegno evolutivo. Si è sempre
dimostrato abile negoziatore, anche se il ruolo affidatogli per il Vicino
Oriente è stato invisibile, tanto che Obama si è affrettato a risuscitare il
paciere dell´Irlanda, Mitchell. è difficile valutare le possibilità di Blair,
sempre che Lisbona giunga a buon porto, ancora più difficile giudicare se sia
il più adatto a ricoprire un incarico complesso quanto generico e in fondo
inafferrabile come è l´Europa di questa fase costituente. All´Europa Tony Blair
ha sempre dedicato particolare attenzione e, nei limiti della politica
britannica, un pregiudizio favorevole. Tuttavia, sul carattere di Blair, non
meno che sul disegno europeo a cui potrebbe legare il suo nome in caso di
successo, resta però un interrogativo su cui pesa la firma che ha apposto a
Roma, solennemente, ma con tutte le riserve mentali dettate dal pragmatismo
britannico o dalla disinvoltura della politica, sullo sfortunato Trattato
Costituzionale la cui ratifica sapeva di non poter portare a compimento.
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( da "Unita, L'" del
20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Napolitano, fiducia
record «Io faccio il Presidente» L'invito al dialogo tra maggioranza e
opposizione, la «tregua», i tagli su tutto, la lettera per accompagnare la
firma alla legge sulla sicurezza MARCELLA CIARNELLI La pausa estiva si
avvicina. L'anno politico si chiude. Tempo di bilanci. Il presidente della
Repubblica tirerà oggi le somme. Non ha mai mancato in questi mesi di far
sentire la sua voce utilizzando più volte lo strumento della "moral
suasion" con iniziative abbastanza originali e che hanno fatto discutere
(vedi la lettera di accompagno alla firma sotto la legge sulla sicurezza)
oppure nel solco tracciato dalla tradizione, come la mancata firma al decreto
su Eluana Englaro. Certamente questo pomeriggio al Quirinale, incontrando i giornalisti
parlamentari per la tradizionale cerimonia del Ventaglio, Giorgio Napolitano
non mancherà di entrare nel merito degli apprezzamenti (molti) e delle
polemiche che alcune sue iniziative hanno suscitato come ha preannunciato
lunedì scorso a Milano. Forte del dato, ormai consolidato, di una stima e di
una popolarità che va ben oltre l'appartenenza e gli schieramenti. Tant'è che
ancora ieri l'ultimo sondaggio dell'Ispo di Mannheimer quantificava la fiducia
che gli italiani hanno nel Colle al 79 per cento, seconda sola a quella per le
forze dell'ordine, e superiore di decine di punti a tutte le altre. Questo
sentimento di fiducia viene confermato anche dall'apprezzamento quasi totale
per gli interventi che il Capo dello Stato non rinuncia a compiere nel rispetto
delle istituzioni ma avendo ben chiaro innanzitutto l'interesse dei cittadini.
Sommando coloro che ritengono lo faccia «con giusta misura» (61 per cento) e
quanti vorrebbero che intervenisse di più (32 per cento) si arriva ben oltre il
90, che è davvero un segno di quel comune sentire che sembra ormai consolidato
nel Paese e che dimostra come il Quirinale sia avvertito dai più come un punto
di riferimento certo in un momento in cui, per i più diversi motivi, sembrano
essercene sempre di meno. Le argomentate prese di posizione di Napolitano hanno
suscitato un apprezzamento trasversale che va ben oltre il limite di coloro che
contribuirono più di tre anni fa alla sua elezione. Da notare, oltre la
reiterata «massima cordialità» ribadita da Berlusconi, l'apprezzamento ormai
consolidato del presidente della Camera, ma anche la recente notazione di Bossi
«Napolitano è un presidente equilibrato, attento alla democrazia e rispettoso
del Parlamento» benché le puntualizzazioni del Colle siano arrivate sul pacchetto-sicurezza
tanto caro alla Lega e il ministro Bondi che ha parlato di «lungimiranza nel
sostenere l'elezione di Napolitano» dimenticandosi la posizione assunta dalla
sua parte. Un «clima più civile» è stato più volte richiesto dal Presidente.
Una «tregua». Il solo Di Pietro si è opposto a qualunque dialogo tra
maggioranza e opposizione, neanche in nome dell'impegno a cercare una soluzione
a quei problemi del Paese, primo fra tutti la devastante crisi economica, che
rischiano di aggravarsi. A chi si è interrogato sulle iniziative che Napolitano
ha preso in questi mesi il presidente si accinge a dare una risposta. A
spiegare qual è il ruolo che a suo avviso il Capo dello Stato deve svolgere,
senza interferenze ma senza timore d'intervenire. L'anno politico che comincerà
a settembre si preannuncia denso di appuntamenti già fissati. La legge sulle
intercettazioni su cui Napolitano ha già dovuto esercitare la tattica della
persuasione ottenendo lo slittamento a dopo l'estate e, quindi, la possibilità
di un maggiore confronto, tale da tener conto delle obbiezioni a cominciare da
quelle dei magistrati e dei giornalisti. C'è poi la riforma della giustizia e
gli strumenti per affrontare la crisi senza ricorrere solo ai tagli. Così si è proceduto finora. I lavoratori dello spettacolo che
oggi manifestano si aspettano una parola dal presidente cui hanno rivolto un
appello. Non va dimenticato che il 6 ottobre la Corte Costituzionale comincerà
a discutere del Lodo Alfano. Il bilancio
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( da "marketpress.info"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Lunedì 20 Luglio
2009 MAMA AFRICA MEETING, TUTTI I COLORI DELLINTEGRAZIONE
DAL 20 AL 26 LUGLIO NEL PARCO DEL DONATORE DI GAVEDO DI MULAZZO (MS) Firenze,
20 luglio 2009 - «Un festival dedicato all´Africa? Non è un cedimento alla
moda, ma piuttosto un modo
per non dimenticare le grandi sfide, anche nei momenti di vacanza e di relax.
Per questo invito tutti, la prossima settimana, a trovare un po´ di tempo per
andare a Mulazzo, vicino a Massa Carrara, e assistere al Mama Africa Meeting».
Così l´assessore alla cooperazione internazionale della Regione Toscana ha
presentato la quarta edizione del meeting dedicato alla cultura e all´arte
africana, che si terrà nel Parco del Donatore di Gavedo di Mulazzo (Massa
Carrara), dal 20 al 26 luglio. L´evento, organizzato dal Comitato Arci
Carrara-lunigiana, con il patrocinio del Ministero della Gioventù e della
Regione Toscana, si pone l´obiettivo di stimolare, soprattutto nei giovani, la
conoscenza e la curiosità verso un continente in cui si manifestano le più
profonde contraddizioni del nostro tempo. Sette giorni di concerti, esibizioni
di danza, stage di tamburi, corsi di cucina, film, dibattiti, laboratori per
adulti e bambini (il programma del Meeting si trova su www. Myspace.
Com/mamaafricameeting, e su Facebook: Mama Africa Meeting). «Questo meeting -
ha spiegato l´assessore Toschi - vuole sottolineare gli aspetti di cultura e di
festa, sempre importanti per leggere un continente così complesso, attraversato
da tante contraddizioni, grande povertà ma anche tanta ricchezza». L´assessore
alla cooperazione internazionale ha voluto sottolineare i due eventi in cui si
colloca il meeting: uno toscano, la legge sull´immigrazione, l´altro mondiale,
il recente discorso di Obama in Africa. «La nostra legge sull´immigrazione proprio
ieri è stata impugnata dal governo davanti alla Corte
Costituzionale con motivazioni ostili e polemiche nei confronti della Regione
Toscana. Noi non abbiamo fatto una legge contro qualcuno, non appartiene al
nostro modo di agire. Piuttosto, abbiamo fatto una legge in cui si riconosce a
qualunque cittadino immigrato la possibilità di accedere ai servizi sanitari e
di avere sostegno se è in difficoltà. Non è una questione di polemica
politica, ma di civiltà. Del resto, siamo in buona compagnia: lo stesso
presidente della Repubblica in una lettera al governo ha posto qualche
questione». Quanto al discorso che Obama ha tenuto ad Accra, in Ghana, Toschi
ha sottolineato la «grandissima profondità di un discorso in cui Obama ha
affrontato le quattro grandi sfide che attendono l´Africa: la democrazia, le
opportunità di sviluppo economico, la salute, i conflitti. Il G8 - ha
proseguito l´assessore - ha posto l´Africa come una delle grandi questioni. Ma
i finanziamenti stanziati per l´Africa per l´anno prossimo si squagliano se
confrontati ai 170 miliardi di dollari stanziati per salvare una sola delle
grandi banche statunitensi dal tracollo economico-finanziario». In questo
contesto la Regione Toscana è in prima linea nel campo delle politiche di
collaborazione allo sviluppo dei paesi africani. A riguardo l´assessore ha
ricordato l´impegno per le politiche di decentramento, «condizione necessaria
anche se non sufficiente dello sviluppo», in Sud Africa. Il progetto è
realizzato in collaborazione col Governo, «a riprova del fatto che il nostro
obiettivo èlavorare insieme, non fare polemica». Tra le altre iniziative un
cenno anche alla conferenza per la pace, che si terrà a Siena il prossimo anno,
ed alla quale Toschi si augura di «accogliere come ospiti molti leader delle
nazioni africane, per le quali la guerra rappresenta senza dubbio il primo
ostacolo allo sviluppo». «Stiamo vivendo un momento di p aura e di poca
attenzione per tutto quello che è diverso, altro da sé - ha detto Roberto
Cassol, uno degli organizzatori del meeting - Esiste una cura, che però deve
essere omeopatica, in piccole dosi e per lungo tempo: abbiamo necessità di
convivenza, attenzione, ascolto. Siamo abituati a vedere l´Africa come un
problema. Certo, ci sono problemi in Africa, ma oggi noi vogliamo vederla come
un´opportunità». . <<BACK
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( da "marketpress.info"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Lunedì 20 Luglio
2009 SARDEGNA: APPROVATO COLLEGATO IN COMMISSIONE Cagliari, 20 Luglio 2009 - Un
grande ringraziamento a tutti consiglieri regionali delle diverse commissioni
che si sono confrontati sul testo presentato dalla Giunta. Lapprovazione
della commissione è
arrivata dopo un tempo di esame molto rapido ma comunque aperto al confronto.
Il testo originario è stato arricchito da alcune disposizioni che completano
una Finanziaria di contrasto alle emergenze sociali ed economiche». È quanto ha
affermato lassessore
della Programmazione, Giorgio La Spisa, dopo lapprovazione del
Collegato in Commissione. "Di particolare rilevanza - ha ripreso
lassessore - sono le disposizioni previste per favorire investimenti
prioritari nelle aree soggette alla grave crisi di questi mesi. Lo strumento
individuato è quello dei Pacchetti Integrati di Agevolazione (Pia) con una
riserva di dotazione di 40 milioni di euro nell´arco di 4 anni. Altri
interventi riguardano settori particolari dellagricoltura,
dellindustria, dellartigianato, del turismo e servizi in genere. "Gli
stanziamenti previsti - ha continuato La Spisa - integrano quelli già presenti
nel bilancio approvato nel mese di maggio. Riguardo alle politiche del lavoro,
lapprofondimento fatto in Commissione ha portato allinserimento di
alcune disposizioni che tendono a destinare significative quote del fondo
sociale europeo ad interventi di sostegno al reinserimento e alla
riqualificazione dei lavoratori espulsi dal processo produttivo il cui numero
cresce giorno dopo giorno.
La Regione dispone di una notevole quantità di risorse trasferite dallo Stato a
seguito dellaccordo del 29 aprile 2009 e della successiva intesa specifica
della Sardegna. La copertura degli ammortizzatori sociali è affidata allo Stato
per il 70 per cento e
alla Regione per il 30 per cento. Le risorse attualmente disponibili sono di
circa 95 milioni di euro. E stata poi confermata la cifra di
10 milioni di euro di risorse esclusivamente regionali per venire incontro ai
casi non supportati dagli ammortizzatori sociali previsti dallo Stato. "A questo -
ha sottolineato lassessore della Programmazione - si aggiunge
limpegno che la Regione porterà avanti nei prossimi mesi per favorire la
riqualificazione e linserimento nel mondo del lavoro: il testo che riguarda questo capitolo, votato
allunanimità, verrà ulteriormente migliorato per una maggiore
efficacia nella grave situazione che stanno vivendo i lavoratori. Altri
interventi previsti sono quelli relativi al precariato nelle pubbliche
amministrazioni
regionali e locali, per i quali è stato preso limpegno di
programmare una graduale stabilizzazione accorpato a non generare nuovo
precariato. Complessivamente il disegno di legge consiste in una manovra di
circa 120 milioni di euro senza un incremento del disavanzo ma con la razionalizzazione e
riqualificazione delle disponibilità esistenti. Riguardo al disavanzo, infine,
il testo approvato risolve definitivamente il problema delle entrate future che
vengono cancellate anche riguardo agli anni 2007-2008. Leffetto
più importante è quello di evitare un inutile contenzioso con la Corte dei
Conti e la Corte Costituzionale e nello stesso tempo chiarire il livello
effettivo del disavanzo regionale che si attesta sui 2 miliardi e 400 milioni.
Il testo può essere
ancora migliorato in Consiglio ma può essere ragionevolmente considerato come
un insieme di provvedimenti necessari a contrastare i diversi problemi che
incontra lamministrazione regionale. Nel frattempo prosegue il confronto
sui contenuti del Prs e sulla prossima Finanziaria 2010. La straordinaria difficoltà del momento
chiede a tutti un forte senso di responsabilità e tutte le forze politiche
presenti in Consiglio stanno dimostrando di averla". . <<BACK
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( da "Virgilio Notizie"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Parte oggi a
Silivri, alle porte di Istanbul, la seconda parte del processo contro
Ergenekon, l'organizzazione accusata di aver cercato di destabilizzare la vita
politica e civile turca almeno negli ultimi dieci anni e di aver lavorato per
sovvertire il governo islamico-moderato guidato da Recep Tayyip Erdogan. Un
processo-specchio di profonde divisioni che attraversano la società turca,
concretamente visibili anche stamattina, davanti alla sala sport trasformata in
tribunale per l'occasione, a una cinquantina di chilometri dal centro di
Istanbul. Circa 200 manifestanti pro-laici, infatti, si sono riuniti per
dichiarare sostegno agli imputati, in particolare al giornalista Tuncay Ozkan,
di linea marcatamente antigoverantiva. Armati di bandiere turche e di spille
con l'effige del fondatore dello stato laico turco Kemal Ataturk, i convenuti
hanno esortato gli imputati a non cedere e i giudici a non prestarsi al
"processo-menzogna". Gli imputati di questa seconda puntata del caso
Ergenekon sono 56. Fra questi ci sono alcuni nomi celebri: Sener Eruygur e
Hursit Tolon, due generali in pensione, Adil Serdar Sacan, ex capo della
polizia, il giornalista Mustafa Balbay oltre a Tuncay Ozkan, il presidente
della Camera di Commercio di Ankara Sinan Aygun e la moglie
del vice presidente della Corte Costituzionale, Ferda Paskut. Gli imputati
dovranno rispondere dell'accusa di terrorismo e tentato colpo di Stato. Ereygur
e Tolon sono considerati anche responsabili dell'attacco alla sede del
Consiglio di Stato nel maggio 2006, che costò la vita al giudice Mustafa
Ozbilgin e le bombe sotto il quotidiano Cumhuriyet. L'affare Ergenekon è
scattato nel giugno 2007 con I primi arresti importanti. Nel luglio del 2008 è
iniziato il primo processo contro l'organizzazione con quasi 100 persone alla
sbarra. I generali Eruygur e Tolon rischiano rispettivamente 246 e 219 anni di
carcere. Al momento sono quasi 300 le persone sospettate di fare parte
dell'organizzazione. La magistratura turca sta preparando i capi di accusa per
un terzo processo, che partirà nei prossimi mesi. Ergenekon è accusata di aver
costituito un vero e proprio Stato nello Stato. Un'organizzazione che sarebbe
stata composta da giornalisti, ex-politici, intellettuali, militari, giudici ed
esponenti dei servizi segreti deviati, appartenenti alle schiere ultra
nazionaliste e che lavorano per sovvertire l'ordine costituito. La maggior
parte del Paese crede che con il processo contro i suoi dirigenti (fra cui
sarebbero proprio numerosi militari e gente legata alla magistratura) si
metterà la parola fine a una delle pagine più drammatiche nella storia recente
del Paese, con l'eliminazione di questa eminenza grigia, che potrebbe essere
anche il mandante dell'omicidio contro Don Andrea Santoro, freddato a
Trebisonda nel febbraio 2006, apparentemente per mano di un giovane fanatico.
Ma c'è anche chi crede che molte persone arrestate non abbiano nulla a che
vedere con l'organizzazione e che siano state coinvolte per gettare discredito
verso i militari e la magistratura, da sempre difensori dei principi laici su
cui si basa la Turchia moderna, e spesso non in sintonia con il governo del
premier Erdogan.
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( da "Gazzetta di Parma Online, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
«Bancarella»,
stasera lo spoglio dei voti in piazza di Valentina Galeotti Si concluderà
questa sera il 57° Premio Bancarella, il tradizionale appuntamento dellestate
lunigianese che, da sempre, premia scrittori di fama internazionale e porta a
Pontremoli personaggi
di spicco della cultura e delleditoria. Le iniziative collaterali
legate al Bancarella e dedicate agli appassionati dei libri hanno preso il via
ieri pomeriggio. Nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Dosi si è svolta la
presentazione del quarto
libro di Giancarlo Perazzini «Il mistero del castello», edito dalla Albatros
Editore. Perazzini lavora nel ramo delle costruzioni e vive a Bagnone. A
seguire, è stato presentato «Il chiodo nella sabbia», lultimo
libro di Luigi Mazzella, edito da Avagliano Editore. Noto giudice della Corte Costituzionale,
Mazzella è anche autore di numerosi testi di saggistica. Oltre agli autori
erano presenti il Presidente della Fondazione Città del Libro, Giuseppe Benelli
e il sindaco Franco Gussoni. Al termine delle due presentazioni, inoltre,
Benelli ha ricevuto il Premio alla Carriera: un dipinto dellartista
Arrighi, donato dallonorevole Borea. Grande successo anche per il
concerto «A Forza di Essere Vento», il tributo a Fabrizio De André che ieri
sera ha animato piazza
della Repubblica. Sul palco si sono esibiti i Four Steps Choir con Pietro
Sinigaglia e Gloria Clemente. Questa mattina gli appuntamenti dedicati al libro
riprenderanno alle 10 con la Messa dei Librai celebrata in Duomo. Alle 11, nel
Salone di Rappresentanza di Palazzo Dosi si svolgerà la presentazione di «Una
grande famiglia dietro le spalle. Una straordinaria storia di tre generazioni
di attori», il volume di Paola Gassman (Marsilio Editore). Alle 17.30 nel
Convento della Ss. Annunziata sarà la volta di Alain Elkann con «L'invidia»
(Bompiani). Alla presentazione seguirà linaugurazione della
mostra «La luna e lo specchio» di Fabian Negrin, che ha illustrato la locandina
di questa edizione del premio. Momento culminate della giornata la cerimonia di
assegnazione del
«bancarella», che prenderà il via alle 21 in Piazza della Repubblica. Anche questanno,
il tradizionale spoglio pubblico delle schede coi voti dei 200 librai italiani
si preannuncia seguitissimo. Ad animare la serata il presidente del Bancarella 2009 Romano Battaglia e la
madrina Paola Gassman.
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( da "Romania Libera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
> Cititi online
anunturile din ziarul Romania libera: "Spiru
Haret" a dat in judecata Ministerul Educatiei si Guvernul Rl online Luni,
20 Iulie 2009 Conducerea Universitatii "Spiru Haret" a anuntat, luni,
ca a dat in judecata Ministerul Educatiei si Guvernul pentru promovarea HG 749/2009 care elimina
institutia de pe lista celor acreditate sau care pot functiona provizoriu si
care interzice organizarea admiterii in anul universitar 2009-2010, anunta
Mediafax. Actiunea a fost introdusa la Curtea de Apel Bucuresti. Rectorul
institutiei de invatamant superior, Aurelian Bondrea, a spus ca Universitatea
"Spiru Haret" functioneaza legal si ca, in consecinta, toate
diplomele eliberate de programele si specializarile institutiei sunt legale,
intrucat au acreditare sau autorizare provizorie de functionare. Bondrea a
precizat ca decizia ministrului Ecaterina Andronescu este abuziva si ilegala,
iar prin hotarea de Guvern, care este act administrativ, se incearca eliminarea
universitatii din competitia cu institutiile de invatamant superior de stat.
"Ministerul vede Universitatea «Spiru Haret» un adevarat competitor si de
aceea, prin hotararea de Guvern promovata, a vrut sa elimine acest competitor
lasand loc institutiilor private ale statului. Ma refer la faptul ca i
nstitutiile de invatamant superior de stat organizeaza invatamant cu taxa ceea
ce contravine legislatiei in vigoare", a precizat lectorul. Bondrea a
spus, de asemenea, ca, potrivit legii invatamantului republicata, institutiile
de invatamant superior care au cursuri de zi acreditate sau autorizate
provizorii pot organiza cursuri la seral cu frecventa redusa sau la distanta.
"Aceste conditii sunt indeplinite de catre Universitatea «Spiru Haret»,
care are cursuri de zi acreditate sau autorizate provizoriu in structura carora
a creat si invatamant seral, fara frecventa sau la distanta. Totodata, centrele
pentru invatamant la distanta incriminate de ministrul Educatiei nu sunt
programe si specizalizari, ci sunt platforme tehnologice care permit tinerilor
din diverse resedinte de judet si din mari capitale occidentale sa studieze
on-line cu profesorii de la facultatile acreditate", a adaugat lectorul.
El a precizat ca pentru aceste platforme tehnologice nu are nevoie de
acreditare academica. Totodata, Bondrea a mentionat faptul ca institutia a
inceput un proces de evaluare externa prin intermediul Asociatiei
Universitatilor Europene (EUA) in 2008-2009, dar ca acesta a fost oprit de
catre Ministerul Educatiei si ARACIS. Lectorul a tinut sa
precizeze ca ministrul a luat o hotarare abuziva si ilegala, motiv pentru care
va actiona in instanta Ministerul Educatiei si Guvernul. Din aceeasi categorie:
Cezar Preda: Cel putin patru ministere ar trebui desfiintatePrime pentru toti
angajatii CSM, de Ziua
JustitieiAlexandru Gussi, consilier prezidential in locul lui Cristian Preda
Voteaza
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( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Principio dellaffidamento:
tra normativa tributaria e normativa comunitaria Articolo di Maurizio Villani
20.07.2009 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Principio
dellaffidamento: tra normativa tributaria e normativa comunitaria di Maurizio Villani Prima di
procedere ad illustrare largomento, occorre preliminarmente rendere
chiaro, dal punto di vista definitorio, loggetto della presente
trattazione. È opportuno, innanzitutto, operare una distinzione nellambito
di due principi che si presentano in simbiosi: la buona fede e
laffidamento. Nonostante il loro tanto acclamato ingresso allart. 10, L. 27 luglio 2000, n.
212, ''Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente'', attraverso il quale è stato
positivamente fissato il binomio buona fede-affidamento, si può dimostrare come
i suddetti principi abbiano fondamento e applicazione coevi non solo allo
Statuto stesso e alla L. 7 agosto 1990, n. 241 recante Nuove
norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi1,
ma anche in epoca precedente alla Costituzione. La buona fede, principio
storicamente collegabile alla bona fides romana, ha risentito, in ambito
amministrativo e quindi
tributario, della diffidenza della dottrina in ordine alla sua applicazione a
materie che non prevedevano nei loro rapporti tipici, una parità tra le parti,
portatrici di interessi contrapposti. Prima dellavvento dello
stato pluriclasse, infatti, si sosteneva che da un lato ci fossero gli interessi dei privati, retti
dal principio dellautonomia privata; mentre, dallaltro,
vi fosse linteresse pubblico, ossia linteresse generale collettivo,
che prevaleva sui primi. Tale scenario è ora in fase di mutamento, soprattutto per via della
nuova veste data alla P.A. dalle modifiche del procedimento amministrativo,
grazie alla quale gli amministrati sembra siano maggiormente tutelati2. La
prevalente dottrina è concorde nellaffermare come la buona
fede sia suddivisibile
in due componenti, una soggettiva ed una oggettiva3, portatrici entrambe della
convinzione della bontà del proprio comportamento. Sotto questultimo
profilo, la buona fede ben si distingue dallaffidamento in quanto
questultimo prevede una forma di fiducia circa la bontà del comportamento altrui.
Infatti, pur sembrando un unico concetto autorevole, la dottrina sottolinea
come laffidamento sia una situazione soggettiva preliminare e
autonoma rispetto al principio di buona fede, la cui tutela è assicurata dallesistenza
di tale principio4. Esso trova il suo antecedente logico in una
situazione di apparenza caratterizzata da elementi oggettivi (comportamenti
precedenti della P.A., atti a favore del cittadino, ma anche inerzia) che
creano nellamministrato
(al quale corrisponderà una diligenza più o meno elevata) delle aspettative:
egli si attende che la situazione con cui ha a che fare sia reale, consolidata,
in altre parole certa5, e, quindi, non più unilateralmente mutabile ad opera
dellamministrazione
stessa. Egli confida in tale situazione a tal punto che spesso si determina in
scelte proprio in ragione di tale affidamento, cosicché la sua violazione
comporterà non solo conseguenze sanzionatorie dirette, ma anche danni derivanti
dalle scelte precedentemente fatte. Un grande giurista esperto sullargomento,
F. Merusi, definì la buona fede quale norma verticale, un principio di
integrazione dell'intera gerarchia delle fonti. La buona fede è norma di
integrazione di ogni ordine di produzione codificata del diritto, costituzionale,
legislativa, regolamentare e ora anche comunitaria6,
dal carattere universale e di importanza tale da poterlo qualificare principio costituzionale
non scritto, travalicando il rapporto contribuente-fisco, allargandosi ad uno
spettro di rapporti pressoché illimitato nellambito della
comunità civile e abbracciando ogni branca dellordinamento. Esso è
applicabile, infatti, in ambito civile, amministrativo, tributario, comunitario
e internazionale. Forme di tutela quali il principio di correttezza dellagire
amministrativo, di tutela del legittimo affidamento del contribuente, nonché
lesimente delle obiettive condizioni di incertezza della norma
tributaria, (introdotta nel sistema normativo già nel 19297), rappresentano tutte il tentativo di creare un clima
collaborativo e di certezza dei rapporti giuridici, sinonimo di ordine e di
sviluppo sociale. Ma mentre in ambito amministrativo ci si è avviati in un
lento ma significativo processo di trasformazione dellapparato
improntato in ottica
privatistica e paritaria sul piano dei rapporti, in ambito tributario
permangono ancora difficoltà nellaccettare il
superamento dellottica pro fisco8. Di difficile mutamento la posizione
della Corte Costituzionale che, se si eccettuano quelle che possono essere definite
clausole di stile, nelle sue sentenze non sembra offrire una tutela decisiva
per le posizioni di aspettativa dei cittadini amministrati. Diversa posizione
quella della Corte di Cassazione9, la quale, invece, tende ad avvalorare sia il
ruolo dello Statuto del Contribuente che a sostenere le ragioni dei
contribuenti in controversie in cui sia messa in dubbio la tutela del legittimo
affidamento. Lattuale valore concreto dello Statuto del
Contribuente: le due Corti a confronto La L. 27 luglio 2000, n. 212, allarticolo
10, comma 1, statuisce che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione
finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona
fede. Stabilendo ai successivi commi che Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi
moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni
contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente
modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti
posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi,
omissioni od errori dell'amministrazione stessa e Le
sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive
condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria
o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di
imposta. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non
possono essere causa di nullità del contratto. Stando alla lettera della norma, verrebbe
tutelato il contribuente in buona fede, non solo nel caso in cui egli agisca in
conformità di unindicazione preferenziale
dellAmministrazione finanziaria (e in tal caso non potranno essere
richiesti interessi e irrogate sanzioni amministrative)10; bensì anche nel caso di
affidamento prestato ad un atto dellAmministrazione dal
contenuto univocabilmente interpretabile, nel cui caso nulla sarà dovuto anche
dal punto di vista impositivo11. La Corte di Cassazione avalla questa posizione pro-contribuente affermando
che il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino,
reso esplicito in materia tributaria dallart. 10, comma 1, L. n. 212 del 2000, e
trovando origine negli articoli 3, 23, 53 e 97 Cost., è immanente in tutti i rapporti di diritto
pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue
diverse articolazioni, limitandone l'attività legislativa e amministrativa12.
Ma se quanto detto aderisce agli orientamenti della Corte di Cassazione, ciò non è parimenti vero per la
posizione assunta dalla Corte Costituzionale, la quale mostra di avere una
netta posizione di contrasto con la filosofia dello Statuto del Contribuente,
come si può dedurre dalla permissività circa le leggi retroattive in materia
tributaria. Infatti, nonostante a norma dellart. 1, comma 2, dello
Statuto del Contribuente l'adozione di norme interpretative in materia
tributaria possa essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge
ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica, e nonostante
ancora allart. 3, comma 1 dello stesso Statuto venga stabilito che salvo
quanto previsto dallarticolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non
hanno effetto retroattivo, la Corte non sembra mutare indirizzo affermando che una
legge tributaria retroattiva non comporta di per sé violazione del principio
della capacità contributiva, occorrendo verificare, invece, di volta in volta,
se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati,
abbia spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità
stessa, violando così il precetto costituzionale sancito
dallart. 53 (Corte Cost., sent. 20 luglio 1994, n. 315; nello
stesso senso vedi Corte Cost., sent. 10 novembre 1994 n. 385, e ancor più risalente Corte Cost.,
sent. 16 giugno 1964, n. 45; recentemente v. anche Corte Cost., sentt. 6
febbraio 2002, n. 16 e 4 agosto 2003, n. 291). La Corte Costituzionale, dopo
aver affermato, in Corte Cost., ord. 6 luglio 2004, n. 216, chele
disposizioni della legge n. 212 del 2000, proprio in ragione della loro
qualificazione in termini di principi generali dellordinamento,
rappresentano (non già norme interposte ma) criteri di interpretazione
adeguatrice della legislazione
tributaria, anche antecedente chiarisce nella recentissima Corte
Cost., sent. 27 febbraio 2009 sentenza n. 58 che non hanno rango costituzionale
- neppure come norme interposte - le previsioni della legge n. 212 del 2000
(ordinanze n. 41 del 2008, n. 180 del 2007 e n. 428 del 2006).
Cassazione e Corte Costituzionale in tema di retroattività delle norme:
problema dellinterpretazione autentica e delle norme innovative con
effetto retroattivo Le leggi tributarie retroattive possono essere sia leggi di interpretazione autentica,
sia leggi innovative con efficacia retroattiva in virtù di una specifica
regolazione dello stesso legislatore13. In particolare, le leggi di
interpretazione autentica (o leggi interpretative) possono essere definite come
quelle leggi che stabiliscono quale significato deve essere attribuito
a un enunciato di altra precedente legge14. Leffetto retroattivo di
una norma può pregiudicare i cittadini incidendo in maniera diversa su
situazioni giuridiche che li vedono coinvolti: essi potrebbero avere già maturato una posizione al
verificarsi delleffetto retroattivo e, quindi, richiedere
una tutela dei diritti quesiti; ancora potrebbero essere in pendenza di
procedimenti atti a ottenere, ad es., un determinato provvedimento e ciò potrebbe comportare degli
effetti negativi; infine, potrebbero semplicemente nutrire unaspettativa
non avendo ancora intrapreso alcuna attività procedimentale. La Corte
Costituzionale, sin dalla sua prima pronuncia15, ha preso posizione circa le
norme dinterpretazione
autentica, definendone, nelle sentenze successive, i criteri alla stregua dei
quali possano essere emanate, sottolineando come nellordinamento italiano
il divieto di retroattività, pur costituendo valore fondamentale di evoluzione
giuridica e principio
generale cui il legislatore in linea di principio si attiene16, non è stato
elevato a rango costituzionale, fatta eccezione per la
previsione dellart. 25, Cost. relativo alla legge penale.
Fuori da tale ambito, quindi, il legislatore in linea di massima può emanare norme
con efficacia retroattiva17. Per identificare la legge interpretativa con Corte
Cost. sent. 3 marzo 1988, n. 233, la Corte afferma preliminarmente che una
legge che si autoqualifichi e sia formulata come legge interpretativa, non la
esime dal verificare, ai fini del giudizio di legittimità costituzionale,
se la qualificazione e la formulazione siano veramente rispondenti al contenuto
dispositivo della legge medesima. In un successivo capo della
sentenza, poi, la Corte passa a definire i caratteri identificativi di una
legge interpretativa: Siffatta qualificazione giuridica spetta, infatti, a quelle leggi o a
quelle disposizioni che riferendosi e saldandosi con altre disposizioni (quelle
interpretate), intervengono esclusivamente sul significato normativo di queste
ultime (senza, perciò, intaccarne o integrarne il dato testuale), chiarendone o
esplicitandone il senso (ove considerato oscuro) ovvero escludendone o
enucleandone uno dei sensi ritenuti possibili, al fine, in ogni caso, di
imporre allinterprete un determinato significato normativo della disposizione interpretata.
Simili concetti sono espressi nelle sentenze 4 aprile 1990, n.15518 e 3 giugno
1992, n. 24619. In
Corte Cost., sent. 12 luglio 1995, n. 311 si legge, a chiarimento: La
riconosciuta natura effettivamente interpretativa di una legge non è sufficiente ad escludere che la
stessa determini violazioni costituzionali. Invero, la sovrana volontà del
legislatore nellemanare dette leggi incontra una serie di
limiti20 che questa Corte ha da tempo individuato, e che attengono alla
salvaguardia, oltre
che di norme costituzionali, di fondamentali valori di civiltà giuridica posti
a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali
vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che
ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento
(sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 424 e 283 del 1993; 440 del 1992 e 429 del
1993); la tutela dellaffidamento legittimamente sorto nei
soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sentenze nn. 397 e 6 del 1994; 429 del
1993; 822 del 1988); il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario21. In passato le leggi
dinterpretazione autentica non erano frequenti e venivano alla luce con
il preciso scopo di rendere più chiaro il significato di una legge precedente che poteva essere
oscura. La finalità di tali strumenti, quindi, era proprio quella di fare
chiarezza sul significato di una norma, in modo tale da poterci fare
affidamento, ma solo successivamente allemanazione di tali norme22. Un
affidamento che non poteva, quindi, esistere a monte basandosi su un
significato incerto. Una posizione del genere mostra larretratezza
della dottrina del tempo nel non comprendere come laffidamento non può rimanere nel limbo del non
consolidarsi, in presenza di leggi che, per quanto oscure, quantomeno
determinano ipotesi interpretative nei suoi destinatari e quindi una situazione
prodromica di affidamento che andrebbe comunque tutelata come diritto alla
certezza23. Tale posizione potrebbe sembrare quasi sinonimo di mancanza di
civiltà giuridica se si pensa che altri ordinamenti, come quello tedesco, hanno
riconosciuto, sia a livello giurisprudenziale che dottrinale, la tutela dellaffidamento
in relazione alle problematiche prodotte da leggi retroattive24. In un periodo di inflazione
legislativa come il nostro, in cui, peraltro, le leggi di interpretazione
autentica sono tuttaltro che rare25, quando la Corte si trova
a vagliare se vi sia stata lesione del principio di legittimo affidamento, essa afferma lesigenza
di verificare se laffidamento eventualmente violato possa ritenersi
legittimato da interpretazioni costanti delle leggi poi oggetto di
interpretazione autentica26. Si legge in Corte Cost., sent. 20 maggio 2008, n. 162, in materia tributaria: proprio
l'esistenza di tali divergenze interpretative escluderebbe dunque che si possa
essere creato alcun affidamento in capo ai contribuenti27. Quindi nelle
sentenze più recenti della Corte, la legge di interpretazione autentica, in presenza di dubbi
interpretativi circa disposizioni di legge, sembra non legittimare laffidamento,
con laggravio di una possibilità di interpretazione autentica anche in
presenza di indirizzi interpretativi omogenei. La presenza di interpretazioni
molteplici o
controverse è fenomeno fisiologico del diritto, aggravato spesso da tecniche di
redazione delle leggi criticabili od opportunistiche28 e dallavvicendarsi
di fazioni politiche29 nel ruolo di legislatore: in mancanza di una
certezza giuridica sembrerebbe allora quasi impossibile trovare uno spazio per un
affidamento legittimo. Sembra improponibile, in questi termini, il dover
costringere un cittadino a rimanere in balìa di situazioni che, per fisiologica
mancanza di certezza, non permettono il consolidarsi di un affidamento. Sotto
tale profilo, laffidamento andrebbe tutelato come
diritto allaffidamento, come diritto alla certezza e alla
stabilità di situazioni giuridiche. Si legge, poi, nella recente Corte Cost.,
sent. 28 marzo 2008, n. 74, a conferma della mancanza di
concreta propensione da parte della Corte costituzionale
per la tutela delle ragioni degli amministrati: Questa Corte ha
avuto modo di affermare, in più di unoccasione (da ultimo, sentenza n.
234 del 2007), che non è decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere
effettivamente interpretativo (e sia perciò retroattiva) ovvero sia innovativa
con efficacia retroattiva, trattandosi in entrambi i casi di accertare se la
retroattività della legge, il cui divieto non è stato elevato a dignità costituzionale, salvo che per la materia penale, trovi
adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con
altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. Sicché la norma
censurata, ove considerata espressione di funzione di interpretazione
autentica, non può considerarsi lesiva dei canoni costituzionali di
ragionevolezza, e dei principi generali di tutela del legittimo affidamento e
di certezza delle situazioni giuridiche, atteso che essa si limita ad assegnare
alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle
possibili letture del testo originario (si veda anche la sentenza n. 274 del
2006), senza, peraltro, che siffatta operazione debba essere necessariamente
volta a comporre contrasti giurisprudenziali, ben potendo il legislatore
precisare il significato di norme in presenza di indirizzi omogenei (sentenze
n. 374 del 2002, n. 29 del 2002 e n. 525 del 2000)30.
Sarebbe così ampliato lo spazio per le correzioni di tiro del
legislatore, che
potrebbe modificare linterpretazione di norme con portata
retroattiva non solo in presenza di contrasti giurisprudenziali31, ma
anche in presenza di un indirizzo omogeneo della Corte di cassazione, quando la
scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario,
con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore32.
Sembra che, a parte le formule stereotipate che decantano limportanza del
principio dellaffidamento e della certezza del diritto come principi di civiltà
giuridica33, in realtà ci sia uno spazio estremamente ridotto per la tutela di
tali situazioni, legato al labile filo della ragionevolezza34, a volte
utilizzata in modo palesemente lato per non tacciare di incostituzionalità norme
che sono utili alle casse dello Stato35. Se passiamo in rassegna le sentenze
della Corte si può notare come nonostante le formule che decantino una tutela
per il cittadino, in realtà chi lamenta lesione allaffidamento
rimane la maggior parte delle volte deluso36, e nemmeno la mancanza di una qualificazione
come legge interpretativa data dal suo disattento autore è sufficiente per
contrastarne la subdola produzione. La posizione della Cassazione in relazione
alle norme di interpretazione autentica e allabuso del loro impiego37 quale
causa di lesione dellaffidamento, è decisamente più favorevole
al contribuente. La giurisprudenza, anche recente, dimostra come la Suprema
Corte sia generalmente contraria al fenomeno della retroattività di norme
tributarie, che
vengono spesso strumentalizzate per esigenze di cassa, a scapito dei
contribuenti38, aderendo quindi alla linea tracciata dal legislatore con lo
Statuto. La divergenza di posizioni delle due Corti circa la portata delle
norme della L. 212/00 contribuisce a creare sconforto nei meccanismi posti a
tutela del contribuente. Sarebbe quindi opportuno che le due Corti trovassero
un punto di equilibrio per garantire massima espansione defficienza
della L. 212/00, per creare un clima di certezza che possa permettere linstaurarsi
di un rapporto di fiducia tra contribuenti e Fisco, che rispecchia lettera e
ratio dello Statuto del Contribuente. Tutela dellaffidamento
nellesperienza comunitaria Così come per lordinamento interno,
anche per quello comunitario è molto importante la certezza del diritto: gli atti delle istituzioni
europee non solo devono essere chiari ma devono anche essere portati a
conoscenza del soggetto interessato con mezzi idonei, in modo tale da
permettere a questultimo di valutare gli effetti prodotti dallemanazione
dellatto. Quello che si può definire principio della certezza del
diritto39 è complementare a quello dellaffidamento (legitimate
expectation)40. Occorre ricordare, inoltre, che tale tutela non opera soltanto
a livello orizzontale,
cioè tra singoli cittadini od operatori economici dellUnione,
ma anche tra cittadino e Stato membro e tra questultimo e gli organi
dellUnione, e che la violazione del principio di legittimo affidamento
riguarda non solo gli atti di tipo amministrativo ma anche quelli di tipo legislativo. Tutti gli
ordinamenti giuridici non possono ignorare un problema a cui i sistemi
giuridici vanno irrimediabilmente incontro: cioè il dover regolare situazioni
in cui le pubbliche amministrazioni, talvolta, possano41 o meno poter tornare
sulle proprie precedenti decisioni, anche eventualmente su quelle per mezzo
delle quali si attribuivano vantaggi o si creavano situazioni favorevoli ai
loro destinatari o a terzi, sia che ciò accada in conseguenza di una rivalutazione
della legittimità o in virtù della modificazione dellassetto
dinteressi contemperati nellambito del precedente operato. In tutti
gli ordinamenti dellUnione si è reso necessario (ma tale esigenza è
sentita anche a livello internazionale)42, fissare dei criteri di risoluzione del
problema di come regolare il rapporto fra le decisioni dellamministrazione,
le situazioni create in capo ai cittadini e il decorso del tempo. Se non è
ipotizzabile unassoluta negazione della possibilità di dare
allamministrazione
la possibilità di mutare posizione circa soluzioni e posizioni adottate, e dare
ad essa il potere di adattare le soluzioni e di
modificare gli assetti rispetto a nuove esigenze, a mutati indirizzi
giurisprudenziali, alle evoluzioni tecniche, politiche ed economiche, se,
insomma, è di evidente necessità garantire allazione pubblica
una certa flessibilità, sorge però la conseguente contropartita della
necessaria determinazione della misura con cui si voglia attribuire tutela alle
aspettative di chi, sulla
base di precedenti o precise decisioni che gli avessero permesso specifiche
possibilità di azione, avrebbe confidato nella continuità e nella stabilità
della situazione a lui favorevole, e in base o in vista della quale ha posto in
essere atti, determinando proprie scelte di tipo economico, che possono
influire anche sulla propria intera prospettiva di vita, in base alle
statuizioni o alle normative esistenti in un certo momento. Risulta ormai
indispensabile fare riferimento al principio di tutela dellaffidamento elaborato in ambito
comunitario43, esigenza resa ancor più forte, relativamente allordinamento
italiano, per via dello specifico richiamo dato ai principi
dellordinamento comunitariodal nuovo art. 1 della L. 7 agosto 1990,
n. 241, come modificato
dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, applicabili anche in ambito tributario, e
specificamente introdotti nel 2000 con lo Statuto del Contribuente. I limiti
allinterno dei quali opera il legittimo affidamento Quello di
affidamento è un principio ormai da tempo consolidato nella giurisprudenza comunitaria44,
un principio non scritto, in quanto nulla sarebbe esplicitamente previsto a
riguardo nei Trattati, che pare sia alquanto affine alla rule of law del
sistema giuridico inglese45 secondo la quale lamministrazione, soprattutto in sede
di esercizio del potere di autotutela46, deve
salvaguardare le situazioni soggettive che si sono consolidate per effetto di
atti o comportamenti della stessa amministrazione, idonei ad ingenerare un
ragionevole affidamento nel destinatario dellatto. La presenza
di tale principio è confermata dallaffermazione esplicita sul piano
sostanziale in materia doganale, contenuta nel Regolamento (CEE) n. 1967/72
della Commissione, del 14 settembre 1972, e ribadita dal Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del
12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario 47. Si può
cercare di seguire il percorso evolutivo giurisprudenziale seguito dalla Corte
di giustizia delle Comunità Europee per delineare i
parametri in base ai quali è possibile determinare i confini entro in quali è
tutelabile laffidamento, definito da alcune pronunce come parte
dellordinamento giuridico comunitario48. Punto di partenza di tale
cammino evolutivo sembra essere una sentenza del 195749. In tale pronuncia, la Corte svolge,
nelle sue motivazioni, un ragionamento che permette di delineare il
comportamento che la stessa considera corretto nellambito
della revoca di atti, dinanzi al sorgere di un affidamento sia nel caso in cui
esso sorga in conseguenza
di un atto legittimo e sia nel caso in cui trovi fonte in un atto
illegittimo50. Si ritiene, infatti, che se il provvedimento è conforme alle
norme che ne disciplinano lemanazione ed ha determinato la
produzione di effetti previsti dallordinamento, facendo sorgere diritti in capo ad un
determinato soggetto, allora non possa essere revocato, in quanto quei diritti
sarebbero irrimediabilmente lesi se si procedesse allannullamento
dellatto che li ha posti in essere, in contrasto con il principio giuridico che impone di
salvaguardare laffidamento51; diverso è, invece, il caso
di un provvedimento non conforme al diritto: esso potrebbe essere revocato ex
tunc, ove non fosse dostacolo la notevole durata del tempo trascorso tra
la sua emanazione e la
revoca. La Corte fissò quindi, per la prima volta, un limite al potere di autotutela della PA.: la necessità di tener conto
del lasso di tempo decorso dallemanazione del provvedimento, la
cui consistenza fosse tale da giustificare linsorgere di un affidamento nella conservazione della
situazione acquisita, talvolta precludendo persino lesercizio
della potestà amministrativa di ritiro dellatto52. Ciò che consegue è che
una situazione di vantaggio, assicurata al privato per mezzo di uno specifico
atto dellamministrazione,
non può essere rimossa in un momento successivo, salvo indennizzo per la
lesione derivante dalla rimozione della posizione acquisita. La tutela
dellaffidamento risponde, anche in ambito comunitario, a ragioni di
certezza e stabilità dei
rapporti giuridici: essa, infatti, prevede il consolidamento della situazione
di vantaggio nellambito della sfera del cittadino, in quanto
questultimo deve aver mantenuto il bene o la situazione giuridica per un
certo lasso di tempo, determinando così lo stabilizzarsi del convincimento circa la spettanza del
bene stesso o della situazione in questione. Si tratta di quelli che vengono
denominati vested rights (diritti quesiti)53, che consistono in quei diritti
che vengono costituiti dalla P.A. attraverso degli atti con la parvenza del
carattere della legittimità: essi non possono essere successivamente
sacrificati in quanto hanno determinato la convinzione di essere diritti acquisiti
al patrimonio del cittadino beneficiario54. Tuttavia, occorre considerare che, nella stessa
giurisprudenza della Corte, lapproccio che fissa nel decorso del
tempo un fattore definitivamente stabilizzante dellaffidamento, e a
precludere, di conseguenza, lesercizio del potere di autotutela, non
presenta carattere di continuità, poiché si ritiene che seppur tale fattore sia
destinato a consolidare progressivamente laffidamento, esso non
osti inevitabilmente allesercizio del potere di ritiro dellatto,
che sarebbe subordinato di fronte allemersione di un interesse pubblico più consistente55. Secondo la
giurisprudenza della Corte di Giustizia56, la rimozione di un atto illegittimo
sarebbe ammissibile ma a condizione che risponda ad un interesse pubblico
concreto e attuale da bilanciare con altri interessi dei quali si richiede
tutela e che configgono con linteresse pubblico in questione.
Sono un esempio di tale ulteriore limite eventuale le pronunce con cui la Corte
riconosce la legittimità dellattività di recupero di aiuti di Stato che
vengano concessi dallo Stato membro in difetto dei presupposti sostanziali e procedurali
prescritti57. Si tratta di tipologie di fattispecie nelle quali la
giurisprudenza comunitaria sottolinea non solo lillegittimità del
soggetto ad ottenere un aiuto percepito in violazione delle procedure previste dalla normativa europea, ma
riconosce anche lobbligo del recupero dellaiuto
concesso, anche nel caso in cui sussistano legittimate expectations58.
Linteresse pubblico, quindi, emerge come secondo limite, anche se in
realtà non si può sempre dire che ove latto venga revocato in presenza di un
interesse pubblico superiore, laffidamento non venga tutelato, poiché il
soggetto danneggiato potrebbe essere ristorato adeguatamente tramite
lindennizzo o richiedere eventualmente il risarcimento del danno allo Stato se abbia in buona fede
fatto affidamento nellaiuto ripetuto59. Il potere di
revoca attraverso lautotutela dellamministrazione viene
talvolta indicato in maniera specifica nelle stesse norme comunitarie60; anche
se, generalmente, tale
potere di autotutela, nella giurisprudenza
comunitaria, viene legittimato dallo stesso potere di
porre in essere latto che poi verrà revocato61. Si aggiunga
che nel bilanciamento degli interessi contrapposti viene considerato dalla
Corte anche il comportamento del soggetto controinteressato alla eliminazione del provvedimento,
poiché, giustamente, non merita tutela laffidamento illegittimo
di chi, cooperando con la propria condotta, ha determinato lemanazione di
un provvedimento anchesso illegittimo fornendo, ad es., false o inesatte
informazioni, tali da indurre in errore lautorità emanante62.
Daltra parte un affidamento, perché possa qualificarsi legittimo, non può
consolidarsi quando il destinatario dellatto sia ab origine consapevole dei difetti
di legittimità dello
stesso, per averli eventualmente prodotti con il suo comportamento di mala
fede63; o quando lillegittimità risulti in maniera evidente
dal provvedimento stesso e, quindi, si presume una conoscenza
delloperatore; oppure quando lamministrazione abbia tempestivamente informato
il destinatario del provvedimento dei dubbi circa la legittimità dello stesso,
producendo, attraverso tali informazioni o contestazioni, la conseguenza che laffidamento
venga rapidamente scalzato64; o quando lamministrazione abbia espressamente
avvisato il destinatario di volersi riservare la facoltà di revoca dellatto,
qualificando questultimo come provvisorio65. La giurisprudenza
comunitaria, quindi, ha dato spesso rilevanza al profilo soggettivo
dellaffidamento:
nelle pronunce, si è sottolineata limprescindibile
presenza dellelemento della diligenza delloperatore nella
valutazione delle circostanze che determinerebbero laffidamento, in
quanto lassenza di quella determinerebbe la perdita della possibilità di tutela, trattandosi di affidamento
non legittimo. Il legislatore comunitario, infatti, soprattutto per via delle
materie in continua evoluzione che ricadono nella competenza dellUnione,
dispone di un ampio potere discrezionale, purché venga rispettato il Trattato, e
purché le scelte, che possono essere modificate nel tempo, siano proporzionate
agli obiettivi. Pertanto, loperatore economico, in qualità di
soggetto che per sua definizione sopporta un rischio che caratterizza la natura
stessa dellattività economica e produttiva66, deve essere prudente ed avveduto e prevedere
che la normativa potrà essere modificata anche sopprimendo posizioni a suo
vantaggio67. Levoluzione giurisprudenziale comunitaria,
in definitiva, ha portato a ritenere necessaria, ai fini della tutela delle legittime
aspettative, la sussistenza di una pluralità di elementi: quello oggettivo,
consistente nellesistenza di un provvedimento
amministrativo (se tale provvedimento è legittimo diviene più certa la tutela
della situazione daffidamento formatasi) o di un comportamento chiaro e univoco della PA;
quello soggettivo della buona fede del destinatario del provvedimento o del
comportamento, consistente nellassenza di dolo o colpa in ordine
al determinarsi dellillegittimità del provvedimento o alla ignoranza non
colpevole circa lillegittimità, in modo che
laspettativa del privato venga tutelata in coerenza con il principio
della buona fede oggettiva; e il fattore temporale, tale da consentire la
stabilizzazione del rapporto giuridico sotteso allatto amministrativo che la P.A.
intende rimuovere in via di autotutela, al quale la giurisprudenza comunitaria
dà rilievo al fine di assicurare anche la tutela del principio di certezza del
diritto, e che assume particolare rilevanza quando laffidamento in buona fede del
soggetto si protrae per un lungo lasso di tempo. Per tali caratteristiche, il
principio dellaffidamento è applicabile a tutte le
situazioni non espressamente disciplinate dalle regole, talvolta prescindendo
dalle stesse, ed è tutelabile
anche quando il privato assuma di essere stato leso da un comportamento del
fisco che si è modificato rispetto alla precedente normativa, nonostante le
restrittive interpretazioni della Corte Costituzionale, soprattutto in tema di
credito dimposta
investimenti (ordinanze n. 124/06 e n. 180/07; articolo di Alessandro ed Amedeo
Sacrestano in Il Sole 24-Ore di sabato 27 giugno 2009). ________________ 1 In Cass., sez. trib., 23
gennaio 2006, n. 1236, si afferma i principi generali
dell'attività amministrativa
stabiliti dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, che si applicano, salva la
specialità, anche per il procedimento amministrativo tributario.
Conforme indirizzo in Cass., Sez. 5, sent. 12 marzo 2008, n. 6591. 2 E.
Giardino, Partecipazione al procedimento amministrativo, in La nuova disciplina dell'azione
amministrativa - commento alla legge n. 241 del 1990 aggiornato alle leggi n.
15 e n. 80 del 2005, 2005. 3 Per uninteressante contributo
sullargomento si rimanda a G. M. Uda, l'oggettività della buona fede nella esecuzione del
contratto, in www.dirittoestoria.it. 4 In F. Merusi, Buona fede ed affidamento nel
diritto pubblico. Dagli anni trenta allalternanza, 2001, 10 e 35 ss.. 5 In G. Zagrebelsky, Manuale
di Diritto costituzionale, I, 1987, 91, troviamo la definizione secondo
cui per principio dell'affidamento si intende che "il singolo deve poter
conoscere lo stato del diritto in base al quale opera e tale stato del diritto
non deve poi essere modificato retroattivamente". 6 F. Merusi, Buona fede e
affidamento nel diritto pubblico, cit., 7. 7 V. art. 2 R.D. n. 360 del 1929. La
norma è stata poi più volte oggetto di successive novellazioni: art. 15 R.D. n.
1608 del 1931, art. 248 D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, artt. 46 e 55 D.P.R. 29
settembre 1973 n. 600, art. 48 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 39 bis
D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633. Più di recente, lesimente ha
trovato cittadinanza nellart. 8 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (recante
le norme sul nuovo processo tributario), nellart. 6 D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 (recante la
riforma del sistema sanzionatorio tributario non penale), nellart.
15 D.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 (concernente la repressione dei reati fiscali) e,
infine, nellart. 10 della l. 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in
materia di statuto dei
diritti del contribuente). 8 Cass., SS.UU., 28 settembre 2006, n. 25506. 9
Cass., Sez. trib., sent. 21 aprile 2001, n. 5931, Cass. Sez. V, sent. 10
dicembre 2002, n. 17576, Cass. Sez. V, sent. 14 aprile 2004, n. 7080, Cass.
Sez. V, 6 ottobre 2006, n. 21513, Cass. Sez. I., ord. 12 dicembre 2006, n.
26505. 10 Cass., Sez. trib., sent. 14 febbraio 2002, n. 2133. 11 Cass., Sez.
trib., sent. 10 dicembre 2002, n. 17576. 12 Cass., Sez. trib., sent. 6 ottobre
2006, n. 21513; Cass., Sez. trib, sent. 14 aprile 2004, n. 7080, Cass., Sez. V
trib., sent. 10 dicembre 2002, n. 17576 e la recente Cass., Sez. V trib., sent.
13 maggio 2009, n.10982. 13 I giudici hanno tuttavia limitato la rilevanza
pratica della distinzione tra norme interpretative e norme innovative con
efficacia retroattiva (per un equivalenza nei loro effetti vedi
Corte Cost., sent. 8 luglio 1957, n. 118, sent. 13 febbraio 1985 n. 36 e sent.
2 febbraio 1988, n. 123). 14 G.
Tarello, Linterpretazione della legge, in Trattato di diritto civile e commerciale, II, 1980, 241. 15
V. Corte Cost., sent. 8 luglio 1957, n. 118 ove si legge: la
Costituzione non esclude la possibilità di leggi interpretative, e, come tali,
retroattive. Manca nella Carta costituzionale qualsiasi limitazione di
ordine generale al riguardo. Si tratta, del resto, di un istituto comunemente
ammesso da altri ordinamenti statali, che posseggono i caratteri di Stato di
diritto e di Stato democratico e Anche se le si volesse,
poi, riconoscere carattere innovativo, la legge non avrebbe violato nessun principio costituzionale, perché la Costituzione non vieta che le
leggi civili possano essere retroattive e l'art. 11 delle disposizioni
preliminari al Codice civile contiene solo un canone d'interpretazione.
Tale posizione è divenuta
poi granitica, essendo poi stata portata avanti in tutte le
successive pronunce a riguardo. 16 Secondo C. Mortati, Sull'eccesso di potere legislativo,
in Giur. it., I, 1949, sarebbe un principio avente carattere costituzionale,
indipendentemente dalla sua inserzione nella carta fondamentale;
A. Pizzorusso, La responsabilità dello Stato per atti legislativi in Italia, in
Foro it., V, 2003, propone invece lutilità di operare una valorizzazione
così da ritenerla strumentalmente rivolta alla tutela di qualunque tipo di situazioni
giuridiche soggettive che l'ordinamento giuridico tuteli
fino al punto che non parrebbe pertanto incongruo uno sforzo
interpretativo volto a costruire tale regola come espressione di un principio costituzionale
non scritto, implicito in tutta una serie di disposizioni di rango costituzionale. 17 Vivacemente
contrariato alluso di tali leggi R. Quadri, Applicazione della legge in
generale, in A. Scialoja e G. Branca (a cura di), Commentario del Codice
Civile, Disposizioni sulla
legge in generale artt. 10-15,
in Foro it., 1974, 153, il quale addita come un grave
errore il supporre che la potestas legiferandi comprenda, quasi a fortiori,
anche nello Stato moderno, la potestas interpretandi che tanto
varrebbe limitarsi a dire puramente
e semplicemente che la volontà del legislatore è sovrana,
sia o meno in contrasto con la giurisprudenza concorde o quasi
concorde e che non si può ammettere un limite alla sua possibilità di
disporre in modo retroattivo. Nella stessa direzione anche G. Marzano, Linterpretazione
della legge con particolare riguardo ai rapporti fra interpretazione autentica
e giurisprudenziale, 1955, 156 ss., il quale afferma che linterpretazione
autentica appare, sul piano costituzionale, in uno stato come il nostro,
organizzato democraticamente, del tutto illegittima e
inopportuna e che i redattori della Costituzione vigente,
distaccandosi dai precedenti storici, vollero, col silenzio serbato, dimostrare
che listituto deve considerarsi ignorato dal nostro sistema.
Il silenzio della Costituzione in tema di interpretazione autentica è
richiamato per sottolineare la non ammissibilità al ricorso del legislatore a
leggi interpretative anche da M. Zingales, Aspetti peculiari dellattuale
legislazione, in Foro amm.,
1980, 1874 ss.. 18 Con Corte Cost., sent. 4 aprile 1990, n.155, si precisa
nuovamente quali debbano essere le caratteristiche delle leggi interpretative,
affermando che è tale solo quella legge che fermo il tenore
testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo, ovvero privilegia
una fra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto
precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme le quali rimangono
entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate
separatamente. 19 Luso impreciso del termine
norma verrà poi chiarito in una successiva sentenza, dove si
precisa che la natura di legge interpretativa va desunta da un rapporto
tra norme e disposizioni (Corte Cost., sent. 3 dicembre 1993, n. 424, richiamata
successivamente da Corte Cost., sent. 23 novembre 1994, n. 397). 20 In Corte Cost., sent. 5
novembre 1996 n. 386, si legge: si richiede, per attribuire il
carattere di norma di interpretazione autentica, che la previsione sia diretta a chiarire il senso di
disposizioni preesistenti, ovvero ad escludere o ad enucleare uno dei
significati tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle statuizioni
interpretate, occorrendo comunque che la scelta assunta dal precetto
interpretativo rientri tra le varianti di senso compatibili con il tenore
letterale del testo interpretato. 21 Nonché in Corte Cost., sent.
26 luglio 1995, n. 390: Questa Corte ha già avuto occasione di affermare
(v. sentenze n. 573 del 1990, n. 822 del 1988 e n. 349 del 1985) che nel nostro sistema costituzionale non è affatto interdetto al legislatore di
emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i
beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi
sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di
norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo
comma, della Costituzione). Unica condizione essenziale è che tali disposizioni
non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a
situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del
cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale
dello stato di diritto. 22 F. Cammeo, Linterpretazione autentica,
in Giur. it., 1907,
310. Vedi argomento proposto da E. Libone, La fisionomia delle leggi di
interpretazione autentica, in A. Anzon (a cura di), Le leggi di interpretazione
autentica tra Corte costituzionale e legislatore -
Atti del seminario di Roma del 5 ottobre 2000, 2001, 138. 23 A. Pizzorusso, Certezza del
diritto. Profili applicativi, in Enc. giur., VI, 1988; l. Pegoraro, Linguaggio
e certezza della legge nella giurisprudenza della Corte costituzionale,
1988; R. Guastini, La certezza del diritto come principio di diritto positivo?
in Le Regioni, 1986. 24 F.
Merusi, Buona fede e affidamento, cit., 2223, sottolinea come
lesigenza di certezza del cittadino nei termini di tutela
dellaffidamento ha portato la Corte costituzionale tedesca ad
analizzare il problema della retroattività propria (che si verifica nellipotesi
in cui la precettività della nuova disciplina si estende anche a fattispecie
esauritesi prima della sua entrata in vigore) e quello della retroattività
impropria (che comprende lincidenza che la nuova legge può avere sulle fattispecie
concluse). La Corte tedesca infatti, a differenza della posizione mutata solo
in rare occasioni e di recente, muove da una visione del potere
con discrezionalità più limitata. Vedi a tal proposito G. Di Gaspare, Il potere nel diritto pubblico, 1992; G. Sala, Potere
amministrativo e principi dellordinamento, 1993. 25 A questo proposito vedi P.
Giocolo Nacci, Lanti-Montesquieu, (tramonto del principio della
distinzione delle funzioni),1989, 42 ss; l. Nogler, Sulluso dellinterpretazione
autentica e delle leggi retroattive in materia previdenziale, in Giur. it.,
1993, I, 383; per Gardino Carli, Il legislatore interprete, 1997, 50, la legge
interpretativa "da extrema ratio per ripristinare la certezza del diritto,
è diventata ormai uno
strumento di routine". In G. Verde, Alcune considerazioni sulle leggi
interpretative nell'esperienza più recente, in U. De Siervo (a cura di)
Osservatorio delle fonti, 1996, 31, vi è un conteggio che testimonia lincremento
delluso esponenziale
delle leggi di interpretazione autentica: da 6 leggi approvate sotto la vigenza
dello Statuto Albertino si è passati a 150 nei primi quarant'anni della
Repubblica e 18 nel solo quadriennio 1991-1995, conteggio limitato alle sole
leggi che recano nel titolo la dizione di "interpretazione
autentica", quindi autoqualificatesi come tali. 26 Vedi ad es. Corte
Cost., sent. 11 giugno 1999, n. 229, ove si parla di obiettivo
dubbio ermeneutico, il quale non permetterebbe linstaurarsi di un
affidamento in quanto
mancherebbe una costante interpretazione alla quale affidarsi. Vedi Corte
Cost., sent. 10 dicembre 1981, n. 187 e ord. 26 gennaio 1988, n. 91 per
pronunce più datate in proposito. Vedi anche Corte Cost., sentt. 23 luglio
2002, n. 374 e 25 febbraio 2002, n. 29. 27 Laffidamento non è
invocabile in presenza di una giurisprudenza oscillante (come nella già citata
Corte Cost., 11 giugno 1999, n. 229 o nella sent. 2 maggio 1991, n. 193) e in
presenza di interpretazioni autentiche diverse da quelle affermatesi presso i giudici di merito
purché ricavabili dal tenore letterale della disposizione interpretata (Corte
Cost., sent. 3 dicembre 1993, n. 424 e sent. 19 maggio 1994, n.153). 28 La
dottrina non ha mancato di sottolineare come l'oscurità della legge originaria
sia in casi non infrequenti volutamente ricercata, con lo scopo di consentire
l'approvazione della legge, per poi con un successivo intervento interpretativo
effettuare la specificazione del contenuto precettivo o modificarla con una
sostanza più gradita: così A. Gardino Carli Il legislatore interprete, 1997, 49
e ss. Per le scelte politiche di reinterpretazione M.
Ainis La legge oscura, 1997, 60 e ss., o addirittura per come la
chiarificazione della legge interpretativa sia assurdamente inutile o ancor più oscura della norma che
si dovrebbe interpretare M. Fiorillo Il legislatore retroattivo in Rass.
Parlam., 1997, 780 e ss.. 29 Per R. Quadri, Applicazione della legge in
generale, cit, 115, lobbligo di coerenza del legislatore
varrebbe solo sul
piano politico, poiché non esiste una norma generale che tuteli i diritti acquisiti nel senso che le
situazioni giuridiche costituite nel passato debbono continuare anche per lavvenire.
La legge nuova, salvo gli eventuali limiti stabiliti dalla Costituzione, ha a tal riguardo piena
discrezione. 30 Vedi anche Corte Cost., ord. 27 luglio 1992, n. 376 e sent.
12 luglio 1995, n. 311, per le quali non sarebbe necessario il contrasto
giurisprudenziale per giustificare lintervento di una legge
dinterpretazione
autentica. Si legge in Corte Cost.. sent. 18 novembre 1993, n. 402: "la
volontà del legislatore è sovrana, sia o meno in contrasto con la
giurisprudenza concorde o quasi concorde, e incontra soltanto il limite dei
principi costituzionali". 31 Si legge in Corte Cost., sent. 11 giugno
1999, n. 229, La rilevata sussistenza di un obiettivo
contrasto interpretativo in sede giurisdizionale induce innanzitutto ad
escludere la violazione del principio dellaffidamento. Nessun legittimo
affidamento poteva infatti
sorgere sulla base di una interpretazione della norma tuttaltro
che pacifica e consolidata ed anzi fortemente contrastata nella giurisprudenza
di merito. La Corte
costituzionale ravvisa come presupposto del ricorso
alla legge interpretativa nellesistenza di gravi
ed insuperabili anfibologie (in Corte Cost., sent. 10 dicembre 1981, n.
187, con la quale viene dichiarata incostituzionale una legge regionale, ma che non
tocca largomento del principio dellaffidamento), o quando
lintervento del legislatore è giustificato da obiettivi dubbi ermeneutici e
non é affatto decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere
effettivamente interpretativo ovvero sia una norma innovativa con efficacia
retroattiva. Questa Corte ha infatti ripetutamente precisato che il divieto di
retroattività della legge - pur costituendo fondamentale valore di civiltà
giuridica e principio generale dellordinamento, cui il
legislatore deve in linea di principio attenersi - non é stato tuttavia elevato
a dignità costituzionale, se si eccettua la previsione dellart.
25 Cost., limitatamente alla legge penale (ex plurimis, sentenze n. 397 del
1994, n. 155 del 1990, n. 13 del 1977). Il legislatore ordinario, pertanto, nel
rispetto del suddetto limite, può emanare norme con efficacia retroattiva, interpretative
o innovative che esse siano, a condizione però che la retroattività trovi
adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in
contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (ancora,
tra le tante, sentenze n. 432 del 1997, n. 376 del 1995, n. 153 del 1994). Ed é
proprio sotto l'aspetto del controllo di ragionevolezza che può venire in
considerazione la c.d. funzione di interpretazione autentica che una norma sia
chiamata a svolgere con efficacia retroattiva; o ancora, in
Corte Cost., sent. 16 maggio 1997, n. 133, è diretto ad di eliminare
eventuali incertezze interpretative (sentenze n. 163 del 1991 e n. 413 del
1988), sia per rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la linea di politica del
diritto perseguita dal legislatore (ex multis, n. 311 del 1995 e nn. 397 e 6
del 1994). 32 Corte Cost., sent. 22 novembre 2000, n. 525, in Rass. trib., 2000,
1889. 33 Per le definizioni del ruolo del principio dellaffidamento vedi Corte Cost., sent. 26
luglio 1995, n. 390 (l'affidamento del cittadino nella sicurezza
giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello stato di
diritto e quell'affidamento da questa Corte ritenuto di valore
costituzionalmente protetto);
Corte Cost., sent. 4 novembre 1999, n. 416, (Al legislatore ordinario,
pertanto, fuori della materia penale, non è inibito emanare norme con efficacia
retroattiva, a condizione però che la retroattività trovi adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e
interessi costituzionalmente protetti. Tra questi la giurisprudenza costituzionale annovera, come è noto, laffidamento
del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non può
essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti (v. sentenze
nn. 211 del 1997 e 390 del 1995). Vedi in Corte Cost., sent. 4 aprile 1990, n.155: la
certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile
convivenza e della tranquillità dei cittadini. 34 Si vedano, tra gli
esempi di sentenze di leggi considerate ragionevolmente interpretative, Corte
Cost., sentt. 15
maggio 1990, n. 240 e 31 luglio 1990, n. 380. 35 V. Corte Cost., 11 giugno
1999, n. 229 in
G. Amoroso, T. Groppi, G. Parodi, Annuario di giurisprudenza costituzionale,
2000, 200 e ss.. 36 V. in proposito: Corte Cost., sent. 13 ottobre 2000, n. 419
(manifesta infondatezza della questione poiché la lesione è ragionevole in
quanto dettata da una situazione di urgenza ), e ord. 24 luglio 2000, n. 341,
ove la normativa (in specie di tipo tributario) non lede irragionevolmente gli
interessi costituzionalmente protetti quali laffidamento. Per
la dottrina vedi A. Pugiotto, La labirintica giurisprudenza costituzionale
in tema di leggi di interpretazione autentica, in Studium juris, 1997, 64; A.
Pugiotto, La Legge interpretativa e i suoi giudici. Strategie argomentative e
rimedi giurisdizionali, 267 ss. e 320 ss.; M. Gelmetti, Osservazioni sulla
recente giurisprudenza costituzionale in tema di
interpretazione autentica e retroattività delle leggi, in Giur. It., 1994, IV,
71; G. L. Soana, Legge di interpretazione autentica e principio
dell'affidamento, nota a Corte Cost., sent. 2 maggio 1991, n. 193, in Giur. Cost., 1991,
1812. 37 Vedi Cass., 28 settembre 2006, n. 25506 e Sez. V trib., sent. 13
maggio 2009, n. 10982. 38 Vedi Cass., sent. 6 ottobre 2006, n. 21513. 39 J.
Braithwaite, Rules and Principles: A Theory of legal certainty, in Australian
Journal of legal Philosophy, XXVII, 47-82, 2002 . 40 F. Capelli, La tutela del
legittimo affidamento nel diritto comunitario e nel diritto italiano (con
particolare riferimento alla normativa Cee in materia agricola), in Dir. com.
sc. int., 1989, 97; vedi S. Schonberg, Legittimate Expectations, in
Administrative Law, 2000, e relativa recensione di D. De Pretis, in Dir.
pubbl., 2001, 1191 ss. 41 La prima pronuncia della Corte di Giustizia in tema
di revoca sembra essere la CGCE, sent.12 luglio 1957, Algera ed altri c.
Assemblea Comune, cause congiunte 7/56 e 3-7/57, in Racc., 81. La pronuncia
sottolineò che il principio generale della revocabilità degli atti
amministrativi illegittimi era riconosciuto con varianti nella sua applicazione
in tutti gli ordinamenti degli allora sei Stati membri. 42 Trib. I Grado
Comunità Europee, 22 gennaio 1997, n.115, in Riv dir. int. 1997, 817 si legge: Il
principio di buona fede è una norma di diritto internazionale consuetudinario che vincola la
Comunità e Il principio di buona fede è il corollario, nel diritto
internazionale pubblico, del principio di tutela del legittimo affidamento che
fa parte dell'ordinamento giuridico comunitario. In una situazione in cui le Comunità
hanno depositato i loro strumenti di approvazione di un accordo internazionale
e dove è nota la data di entrata in vigore dell'accordo stesso, gli operatori
economici possono invocare il principio della tutela del legittimo affidamento
per opporsi all'adozione da parte delle istituzioni, nel periodo precedente
all'entrata in vigore di siffatto accordo, di qualsiasi atto contrario alle
disposizioni di quest'ultimo che, dopo l'entrata in vigore dell'accordo,
producano effetti diretti nei loro confronti. 43 P. Mengozzi, Da un
case by case balance of interest a un two step analysis approach nella
giurisprudenza comunitaria in materia di legittimo affidamento?, in Scritti in
onore di Giuseppe Federico Mancini, 1998, II, 633. 44Per una disamina accurata della
giurisprudenza in materia di tutela dellaffidamento in ambito
comunitario vedi H.J. Blanke, Vertrauensschutz im deutschen und europäischen Verwaltungsrecht,
2000; M.P Chiti, The Role of the European Courts of Justice in the Development
of the General Principles and Their Possible Codification, in Riv. it. dir.
pubbl. com. 1995, 661 ss; si può appurare come esso venga definito principio
fondamentale della comunità con la pronuncia CGCE, 5 maggio 1981,
Dürbeck/ Hauptzollamt Frankfurt
am Main-Flughafen, C-112/80. 45Di questa opinione J. Schwarze, European
Administrative Law, 1992, 872 ss; A.J. Mackenzie Stuart, The european
communities and the rule of law, 1977; l. Antoniolli, Interpretazione e rule of
law nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Riv. crit. dir. priv.,
1997. II, 355-366. 46Per unanalisi dellesercizio del potere di
autotutela in ambito comunitario vedi A. Damato, Revoca di decisione
illegittima e legittimo affidamento nel diritto comunitario, in Il Diritto dellUnione
Europea, 2/1999, 299; J.Schwarze, European Administrative Law, cit, 979 ss; A.
Ardito, Autotutela, affidamento e concorrenza nella giurisprudenza comunitaria,
in Dir. amm., 2008, III, 631-690; P. Ferrari, Annullamento in autotutela di
provvedimenti
contrastanti con il diritto comunitario (con commento a Tar Sicilia, Palermo,
sez. II, 2 ottobre 2007, n. 2049), in Giur. it., 2008, IV, 1286-1292. 47 Il
principio di affidamento delloperatore è desumibile inoltre
dallart. 5, n. 2, del regolamento CEE n. 1697/7 del Consiglio, del 24 luglio 1979, e
dallart. 220, par. 2, lettera b), del regolamento CEE n. 2913/9 del
Consiglio, del 12 ottobre 1993, che preclude allAmministrazione il
recupero dei diritti doganali non riscossi, purché il debitore abbia agito in buona fede ed
osservato le disposizioni previste dalla regolamentazione vigente per la sua
dichiarazione alla dogana. 48 CGCE, sent. 3 maggio 1978, Töpfer, C-112/77. 49
CGCE, sent. 12 luglio 1957, Algera ed altri c. Assemblea Comune, cause congiunte
7/56 e 3-7/57, in Racc., 1957, 81. 50 CGCE, sent. 13 luglio 1965, Lemmerz-Werke
c. Alta Autorità, causa 111/63, in Racc. 1965, 972; sent. 3 marzo 1982, Alpha
Steel c. Commissione, causa 14/81, in Racc. 1982, 749; sent. 26 febbraio 1987,
Consorzio Cooperative. DAbruzzo c. Commissione, causa 15/85, in
Racc. 1987, 1005, punti 12-17; sent. 20 giugno 1991, Cargill c. Commissione,
causa C-248/89, in Racc. 1991, I-2987, punto 20; sent. 17 aprile 1997, De
Compte c. Parlamento, in causa C-90/95, in Racc. 1997, I-1999, punto 35; Trib. I
grado, sent. 21 luglio 1998, Mellet c. CGCE, cause riunite T-66/96 e T-121/97,
in Racc.1998, II-1305, punti 120-121. 51 In CGCE, sent. 30 novembre 1983, Ferriere
San Carlo, causa 352/82 abbiamo invece un esempio in cui il principio della
tutela dellaffidamento è stato applicato quale eccezione del principio
della certezza del diritto: tale è, ad es., il caso dellefficacia nel
tempo degli atti, che non può essere retroattiva in ossequio al principio della
certezza, ma che può essere
oggetto di una deroga quando lo esiga lo scopo da conseguire e
purché sia fatto salvo il legittimo affidamento degli interessati; per
una recente analisi vedi M. Gigante, Mutamenti nella regolazione dei rapporti
giuridici e legittimo affidamento. Tra diritto comunitario e diritto interno, 2008, che
propone una riflessione sul principio di tutela del legittimo affidamento, come
delineato nel diritto comunitario e recepito nell''ordinamento interno,
analizzando, a tal scopo, la giurisprudenza comunitaria, articolandola in due
diversi raggruppamenti, a seconda che l'affidamento si riconnetta ad un atto
legittimo o ad un atto illegittimo. Manca una disciplina specifica che operi la
distinzione tra figure di provvedimenti eliminatori di provvedimenti e atti
comunitari anche se M..Airoldi, Lineamenti di diritto amministrativo
comunitario, 1990 cit., osserva che nel corso della sua evoluzione la
giurisprudenza ha dato spesso limpressione appoggiarsi alla
distinzione, operata dellordinamento francese, tra retrait, cioè la rimozione ex tunc
di atti illegittimi, e abrogation, ossia leliminazione ex nunc
dellatto anche legittimo, fatti salvi i vested rights, i cd. diritti
quesiti. 52 Per CGCE, sent. 26 febbraio 1987, Consorzio Cooperative
dAbruzzo/Commissione,
C-15/85, la revoca di un atto illegittimo è consentita solo entro un
termine ragionevole e se listituzione da cui emana ha adeguatamente
tenuto conto della misura in cui il destinatario dellatto ha potuto
eventualmente fare affidamento sulla legittimità dello stesso. Se queste condizioni non sono
soddisfatte, la revoca lede i principi della certezza del diritto e del
legittimo affidamento e deve essere annullata; vedi anche CGCE
3 marzo 1982, Alpha Steel/Commissione, C-14/81 e Tribunale di I grado, 26 gennaio 1995, De
Compte/Parlement T-90/91 e T-62/92 ). 53 Cfr. per la dottrina italiana V.
Cerulli Irelli, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dellazione
amministrativa, Un primo commento alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante modifiche
ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, in Astrid Rassegna,
IV, 2005, 25: forti limitazioni sussistono alla rimozione (da intendersi
comprensiva anche della revoca ex nunc) di precedenti provvedimenti che hanno
costituito in capo a terzi
situazioni di vantaggio (vested rights); G. Ubertazzi, La
tutela dei diritti quesiti e del legittimo affidamento nel diritto comunitario,
in Dir. com. sc. int., 1978, 425 ss. 54 Cfr. Reg. CE n. 17/62, art., 8, par. 3, in materia di intese
restrittive della
concorrenza. 55 CGCE, sent. 22 marzo 1961, in cause 42 e 39/59. 56 C. Contaldi La Grotteria,
Diritti soggettivi ed interessi legittimi nella giurisprudenza della Corte di
Giustizia CE: spunti di riflessione alla luce della sentenza Cass. SS. UU., n. 500/99,
in Riv. amm., 1999, I, 725 ss. 57 CGCE, sent. 18 luglio 2007 C-119/05; sempre
CGCE, sez. I, 19.9.2006 cause C-392/04 e C-422/04, ha individuato nel riesame e
nellautotutela, poteri idonei e necessari da esercitare (art. 10
trattato CE) per le ipotesi
in cui vi sia un contrasto tra atto amministrativo e diritto comunitario; vedi
in proposito, per le conseguenza problematiche che ne derivano, G. Gruner, Lannullamento
dufficio in bilico tra i principi di preminenza ed effettività del
diritto comunitario,
da un lato, ed i principi della certezza del diritto e lautonomia
procedurale degli Stati membri, dallaltro, in Dir. proc. amm., 2007, I,
240 ss.; C. Consolo, La sentenza Lucchini della Corte di Giustizia:
quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in specie nel nostro?, in Riv.
dir. proc., 2007, I, 225 ss., ipotizza, dopo la relativizzazione dellart.
2909 c.c., ritenuto in contrasto con lordinamento comunitario,
lesigenza di una revocazione straordinaria. Nello stesso senso è Tar Palermo, II sez., 28
settembre 2007 n. 2049,che parla di autoannullamento doveroso per latto
che si ponga in contrasto con la norma comunitaria o decisione di carattere
vincolante della C.E.; M. Sinisi, La doverosità dellesercizio
del potere
di autotutela in presenza di un atto amministrativo contrastante con i
regolamenti comunitari, in Foro amm., Tar, 2007, X, 3265 ss.
che pone il problema del contemperamento tra affidamento ed autotutela. 58 In particolare, secondo i
giudici della Corte di
Giustizia, nella categoria vi rientrerebbe non soltanto il finanziamento
diretto di determinati operatori ma anche lintervento indiretto
sotto forma di sgravi fiscali o altre simili agevolazioni che abbiano comunque
leffetto di alleviare gli oneri che di norma graverebbero sul bilancio delle imprese. Tra
questi, indiscutibilmente, gli oneri tributari obbligatori. A tal proposito si
può notare come di recente la Corte di Giustizia, con la sentenza 15 dicembre
2005 (causa C-148/04) ha bloccato in maniera perentoria le agevolazioni fiscali
concesse in occasione della privatizzazione degli istituti bancari di diritto
pubblico, per effetto della L. 30 luglio 1990, n. 218 (c.d. legge Amato),
cammino culminato nella legge delega 23 dicembre 1998, n. 461 che con la
creazione delle fondazioni bancarie private. In tal caso, infatti, non vi
sarebbe, a parere della Corte di Giustizia, spazio per un legittimo affidamento
da parte dei beneficiari in ordine al mantenimento dei benefici conseguiti.
Sarebbe ostativo a riguardo il fatto che non è stato rispettato liter
procedurale ex articolo 88 del Trattato, poiché vi sarebbe in ogni caso un
onere minimo di diligenza in capo ai destinatari delle agevolazioni, in quanto:
un operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi
che tale procedura sia stata rispettata. In CGCE., VI sez.,
sent. 7 marzo 2002, causa C-310/99, Repubblica italiana/Commissione, La
possibilità, per il beneficiario di un aiuto illegittimamente affidamento circa
la regolarità
dell'aiuto e di opporsi, quindi, alla sua ripetizione non può certamente
escludersi. In un caso siffatto spetta al giudice nazionale, eventualmente
adito, valutare le circostanze del caso di specie, dopo aver proposto alla
Corte, se necessario, questioni pregiudiziali di interpretazione (v. sentenza
Commissione/Germania, già citata, punto 16). A tali principi,
stabiliti dalla Corte di
giustizia, si è uniformata anche la Corte di
Cassazione (Sez. I, sent. 25 marzo 2003, n. 4353) che, proprio in tema d'aiuti
di Stato, ha affermato che "E' principio giurisprudenziale stabilmente
affermato dalla Corte del Lussemburgo che il legittimo affidamento è in realtà
affidamento nella regolarità delle procedure che a loro volta sono destinate ad
accertare la compatibilità della concreta concessione dell'aiuto comunitario
con le norme comunitarie che lo prevedono e che ne regolano il regime. Ciò
anzitutto in quanto l'obbligo di sopprimere un aiuto incompatibile con il
trattato è assoluto. Vedi Tar Sardegna, sent., 11 gennaio 2000, n. 424, ove viene
stabilito lobbligo di restituzione dellaiuto, ma limitato alla somma
capitale, esclusa la corresponsione ex tunc degli interessi legali. 59 G. Guarino, Costituzione
italiana e integrazione europea: aiuti di stato, distrazione amministrativa e
costi impropri per le imprese, consultabile sul sito www.giurCost.org; vedi
anche la recente CGCE, I sez., sent. 4 ottobre 2007 (C-217/06) che ha
condannato l'Italia per violazione della direttiva 71/305/Cee in materia di
appalti pubblici. Tale
sentenza ha stabilito che le convenzioni affidate direttamente senza gara sono
in contrasto con le normative comunitarie in materia di appalti di lavori e non
possono essere mantenute in vita sul presupposto di un affidamento in capo allimpresa affidataria. Nei confronti della
difesa di parte italiana, per la quale ormai era sorto un «legittimo
affidamento» in capo allimpresa, i giudici precisano che un
legittimo affidamento non può basarsi sul fatto di poter beneficiare di un
trattamento in
contrasto con il diritto comunitario, perché l`irregolarita` rispetto al
diritto comunitario impedisce che possa sorgere un legittimo affidamento.
60 Sono previsti poteri di revoca di atti soprattutto dalla normativa in
materia di concorrenza, che attribuisce alla Commissione la possibilità di revocare
esenzioni dal divieto di pratiche restrittive da essa stessa in precedenza
accordate. In particolare, si richiamano del Tratt. CECA lart.
65, par. 2, e del Reg. CE 17/62, lart. 8, par. 3, adottato in base al Tratt. CE art. 81 (ex 85), par.
3. Norme espresse in materia sono contenute, inoltre, nello Statuto del
Personale comunitario (cfr. gli artt. 50, 51, 86). Degna di nota è anche la
previsione di cui allarticolo 4, n. 3 del reg. (CE, Euratom) n.
2988/95, relativo alla
tutela degli interessi finanziari delle Comunità, il quale dispone che gli
atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un
vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella
fattispecie, creando
artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio,
comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del
vantaggio stesso. 61 Tale potere di revoca nel
diritto comunitario ha caratteri particolari: per il diritto comunitario vedi
J. Schwarze, European Administrative Law, cit., 979 ss.; A. Damato, Revoca di
decisione illegittima e legittimo affidamento nel diritto comunitario, cit.,
299. 62 Il legittimo affidamento non potrà mai essere invocato nel caso in cui
loperatore economico si rendesse autore di una violazione
manifesta della normativa comunitaria, come si può leggere in Tribunale di I
grado, sent. del 26/9/2002, causa T-199/99, Sgaravatti Mediterranea
Srl,/Commissione, dove la Comunità si era vista costretta a sopprimere un contributo, inizialmente
accordato ad unazienda per sviluppare un progetto pilota
dingegneria naturalistica, per accertata frode comunitaria. 63 In CGCE, sent. 20 marzo
1997, C-24/95, Alcan Deutschland, si statuisce che tenuto conto del carattere imperativo
della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione ai sensi dellart.
93 del Trattato, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo
affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dellaiuto solamente qualora questultimo
sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato
articolo. Nellimpostazione della giurisprudenza comunitaria,
quindi, la consapevolezza della illegittimità è idonea ad impedire la nascita
di un legittimo
affidamento e può essere presunta in ragione della qualità professionale del
soggetto che deve operare in modo diligente. Vedi CGCE, sent. 19 settebre 2002,
n. 336, Republik Osterreich/Martin Huber, in Foro amm., Cds, 1003, 1933 ss, ove
si spiega come il principio della tutela dellaffidamento e
della certezza del diritto sarebbero applicabili al fine di poter escludere la
restituzione di aiuti di stato cofinanziati dalla Comunità ed indebitamente
erogati, a condizione di tenere conto non solo dellinteresse della stessa Comunità, ma
considerando che lapplicazione della tutela del
legittimo affidamento presuppone che venga accertata la buona fede del
beneficiario. 64 Tribunale I grado, sent. 26 gennaio 1995, T-90/91 e
T-62/92, De Compte/Parlamento; la pronuncia citata è stata però poi capovolta da CGCE, sent.
17 aprile 1997, causa C-90/95 P, De Compte, con nota di A. Damato, in Il
Diritto dellUnione Europea, n. 2/99, 299 e ss., che ha statuito che la
revoca di un atto amministrativo favorevole è generalmente soggetta a condizioni molto
rigorose. Quindi, pur se è innegabile che ogni istituzione comunitaria che
accerta che un atto da essa appena emanato è viziato da illegittimità ha il
diritto di revocarlo entro un termine ragionevole con effetto retroattivo, tale
diritto può essere limitato dalla necessità di rispettare il legittimo
affidamento del destinatario dell'atto che può aver fatto affidamento nella
legittimità dello stesso. A questo proposito, il momento determinante per
stabilire quando nasce il legittimo affidamento del destinatario di un atto
amministrativo è la notifica dell'atto e non la data dell'adozione o della
revoca dello stesso. Una volta acquisito, il legittimo affidamento nella
legittimità di un atto amministrativo favorevole non può poi venir scalzato.
65 In
CGCE, sez. VI, sent. 7 marzo 2002, causa C-310/99, Repubblica
italiana/Commissione si legge: Per quanto riguarda il principio del
rispetto del legittimo affidamento, si deve ricordare che, con comunicazione
pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee, la Commissione (GU 1983 C 318, pag. 3) ha
informato i potenziali beneficiari di aiuti statali della precarietà degli
aiuti che siano stati loro illegittimamente concessi, nel senso che essi
potrebbero essere tenuti a restituirli (v. sentenza 20 settembre 1990, causa
C-5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3437, punto 15).
66 E. Sharpstone, Legittimate expectations and Economic Reality, 15, in European Law Rev.,
1990, 103, parla di tale interesse pubblico alla rimozione dellatto
come una sorta di rischio normativo di cui loperatore
diligente deve tenere debitamente conto nellesercizio della sua attività
economica. 67 Vedi in proposito CGCE, sent. 15 dicembre 2005 (causa C-148/04),
secondo la qualeun operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di
accertarsi che tale procedura sia stata rispettata.
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20-07-2009)
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Integrazioni
salariali e possibilità di svolgere contemporaneamente altre attività
lavorative Articolo di Marco Greco 20.07.2009 Commenta | Stampa | Segnala |
Condividi Le integrazioni salariali (cigo, cigs, cigs in deroga) e la
possibilità di svolgere, contemporaneamente, altre attività lavorative
limportanza della
comunicazione preventiva di Marco Greco (Funzionario
Direzione Generale INPS: le opinioni espresse sono personali e non
riconducibili allamministrazione di appartenenza) Il lavoratore
cassintegrato non è un lavoratore licenziato: il
rapporto di lavoro con
lazienda resta sospeso, per brevi (CIGO) o lunghi
periodi (CIGS), in attesa di una ripresa dellattività produttiva della
ditta stessa o del licenziamento. Restano sospese le relative obbligazioni
principali tra datore di lavoro e lavoratore: il primo non paga la retribuzione, sostituita appunto
dalle integrazioni salariali, il secondo non deve prestare la sua attività
lavorativa, salvo però essere comunque a disposizione
per uneventuale ripresa produttiva. Tale disponibilità del
lavoratore nei
confronti dellazienda che lo pone in cassa integrazione è
in re ipsa 1, è cioè, come detto, legata alleffettivo
permanere del rapporto di lavoro; mentre, ulteriore e diverso tipo di
disponibilità, è quella prevista dallart. 19, comma 10, L. 28.1.2009, n. 2 ossia la
dichiarazione di immediata disponibilità (DID) al lavoro o a un percorso di
riqualificazione professionale cui è subordinato il diritto a percepire
qualsiasi trattamento di sostegno al reddito ai sensi della legislazione
vigente in materia di ammortizzatori sociali. Senza addentrarci su tutto quanto
concerne le nuove politiche attive del lavoro, ciò che
adesso si vuole analizzare e capire è come possa incidere un nuovo
rapporto di lavoro con lo status di cassintegrato e i relativi aspetti economici. In generale,
fulcro del sistema sono i commi 4 e 5 dellart. 8 della L.
20.5.1988, n. 160: « 4. Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o
subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al
trattamento per le
giornate di lavoro effettuate. 5. Il lavoratore decade dal diritto al
trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a
dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dellIstituto
nazionale della previdenza sociale dello svolgimento della predetta attività.» La concreta
applicazione di tali norme ha dato luogo a notevoli incertezze su cui spesso si
è pronunciata la giurisprudenza. Anche lINPS è intervenuto
sullargomento con le circolari n° 171 del 4.8.1988, n° 179 del 12.12.2002 e n° 75 del
12.4.2007 e n° 75 del 26.5.2009. La prima situazione da chiarire è quella di
chi, durante il periodo di cassa integrazione, riesce ad occuparsi presso un
altro datore di lavoro con contratto a tempo pieno ed indeterminato. In tal
caso vuol dire che è avvenuta la sua ricollocazione definitiva nel mondo del
lavoro e pertanto lo stesso non sarà più da considerarsi come sospeso dal
lavoro e in cassa integrazione bensì come definitivamente rioccupato e non
avente più diritto agli ammortizzatori sociali. Il contingente bisogno del
lavoratore è infatti solo uno degli obiettivi della cassa integrazione,
dovendosi questa considerare in dipendenza delle sue
"finalità primarie" - un vero e proprio strumento di politica
economica tendente a
recuperare la capacità produttiva e gestionale dell'impresa, a regolamentare la
mobilità interaziendale dei lavoratori e a riqualificare questi ultimi. In
questottica, il divieto di cumulo tra integrazioni salariali e
reddito, mira ad impedire il conseguimento di una doppia remunerazione ed un ingiustificato
arricchimento a carico della collettività, siccome si verifica nell'ipotesi -
che ricorre nella specie - di lavoratore che intrattenga una pluralità di
rapporti di lavoro a tempo pieno e indeterminato. E infatti, come chiarito
dalla Corte Costituzionale nella sentenza n° 195 del 26.5.1995, «lart.
8 co. 5 L.
160/88 non accomuna (
) due ipotesi diverse, quella del lavoratore
collocato in Cassa integrazione guadagni, il quale trova un nuovo impiego a durata indeterminata e a tempo
pieno e quella del lavoratore che trova soltanto offerte di lavori temporanei o
saltuari. L'art. 8, co. 5, L.
160/88 si riferisce alla seconda ipotesi, la sola compatibile con la
continuazione dello stato di sospensione dell'originario rapporto di lavoro,
che è il presupposto del trattamento di integrazione salariale. Nella prima
ipotesi il nuovo impiego a tempo pieno e senza prefissione di termine, alle
dipendenze di un diverso datore di lavoro, comporta la risoluzione del rapporto
precedente e, quindi, non già la sanzione della decadenza comminata dal comma
5, bensì la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale per
cessazione del rapporto di lavoro che ne costituiva il fondamento. Al nuovo
datore di lavoro incombe l'obbligo di comunicare l'assunzione del lavoratore
all'INPS. » Unica parziale deroga a tale principio è quella recentemente
introdotta dallart. 2 della L. n° 166 del 27.10.2008 che
al comma 5-quater così dispone: «nell'ambito temporale del quadriennio della cassa integrazione
guadagni straordinaria concessa ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge
5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre
2004, n. 291, i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria assunti
a tempo indeterminato, licenziati per giustificato motivo oggettivo o a seguito
delle procedure di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
hanno diritto a rientrare nel programma di cassa integrazione guadagni
straordinaria e ad usufruire della relativa indennità per il periodo residuo
del quadriennio.» La suddetta norma cioè consente al personale dei vettori
aerei e società da questi derivate di poter rientrare nel loro più favorevole
regime di tutele qualora perdano, per giustificato motivo oggettivo o a
seguito delle procedure di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991,
n. 223, il nuovo lavoro. Anche in questo caso, il rapporto di lavoro
da cui origina lintegrazione salariale non rimane in vita, ma è tuttavia destinato, nelle sole ipotesi
previste dalla normativa, a rinascere, sia pure ai soli
fini di consentire la fruizione dellintegrazione salariale nel residuo
periodo inizialmente previsto. Pertanto, durante lespletamento della
nuova attività lavorativa
non potrà darsi luogo a cumulabilità, neppure parziale, dellintegrazione
salariale col nuovo reddito da lavoro. A ciò infatti conducono due ordini di
motivi: da una parte losservazione che la reviviscenza del vecchio
rapporto di lavoro avvenga solo in alcuni casi di cessazione dal nuovo contratto
(licenziamento per giustificato motivo e procedure di cui agli articoli 4 e 24
della legge 23 luglio 1991, n. 223); dallaltra il dato letterale
riguardante leffetto, che è quello di rientrare nel programma di cassa integrazione guadagni
straordinaria ed usufruire della relativa indennità
e non già quello di rientrare nel rapporto di lavoro precedente. Ma veniamo
adesso agli altri casi di rioccupazione (non con contratto di lavoro
subordinato a tempo pieno ed indeterminato) durante i periodi di cassa integrazione. Il combinato
disposto dellart. 3 del Decreto Legislativo
Luogotenenziale 9 novembre
1945, n. 788 e dellart. 8, 4° comma del D.L. 21 marzo 1988, n.
86 convertito nella legge 20 maggio 1988, n. 160, non sancisce lassoluta
incompatibilità delle prestazioni integrative del salario con il reddito
ritraibile dallo svolgimento di una attività lavorativa sia essa autonoma
oppure subordinata, sebbene vi sia unincumulabilità tra i suddetti
benefici e redditi, in
misura variabile a seconda delle modalità e dellammontare degli
stessi2. E stato cioè sancito il criterio dellincumulabilità
relativa delle integrazioni salariali con altri redditi derivanti da lavoro.
Ciò vuol dire che, se un lavoratore in cassa interazione percepisce altri redditi da lavoro (ad
es. 500 ) e questi sono inferiori a quanto spettantegli di integrazioni
salariali (ad es. 900 ), avrà diritto a percepire la differenza tra
queste ultime e quanto guadagnato (cioè 900-500 = 400 ). Analizziamo vari casi. Lavoro subordinato
a tempo determinato: nellipotesi in cui il trattamento di
integrazione salariale sia ragguagliato alla retribuzione perduta derivante da
un rapporto di lavoro a tempo pieno ed il beneficiario svolga attività di
lavoro dipendente, sia
a tempo pieno sia a tempo parziale, lincumulabilità è
normalmente totale (e, quindi, si risolve di fatto in unincompatibilità),
perché deve presumersi che la retribuzione sia equivalente alla corrispondente
misura dellintegrazione salariale rapportata alla durata della attività lavorativa. E
tuttavia ammessa la prova di una retribuzione inferiore, sicché in tal caso può
risultare dovuta una quota differenziale di integrazione salariale (circ. INPS
n° 179 del 12.12.2002, punto 1). Due lavori part-time di cui uno sospeso per CIG/S: lintegrazione
salariale, spettante in dipendenza della sospensione di un rapporto di lavoro
part-time non è esclusa dalla percezione, nella medesima giornata, della
retribuzione per altri rapporti di lavoro parimenti part-time, ove lo svolgersi di questi, per la
collocazione temporale in altre ore della giornata, non dipenda dalla
sospensione, con messa in cassa integrazione, dellaltro
rapporto; tale interpretazione delle norme suindicate (ossia lart. 3, co.
2, D.Lgs. Lgt. n. 788
del 1945 ed art. 8, co. 4, L.
160/88), che è coerente con la ratio legis, evita disparità di trattamento fra
lipotesi di part-time c.d. orizzontale (con riduzione
dellorario ordinario giornaliero) e lipotesi del part-time c.d.
verticale (con
prestazione del lavoro per intere giornate in periodi predeterminati), atteso
che in base ad una diversa interpretazione delle stesse norme lintegrazione
salariale sarebbe esclusa solo nella prima di dette ipotesi3. Redditi da lavoro
autonomo o simili:
dalla ratio dell'art. 8, commi quarto e quinto, del d.l. n. 86
del 1988, convertito nella legge n. 160 del 1988, si desume l'incompatibilità
del trattamento di integrazione guadagni con qualunque attività di lavoro
autonomo (oltre che subordinato), ancorchè non rientrante nello schema contrattuale
di cui agli artt. 2222 e ss. e 2230 e ss. c.civ. e ancorchè tale attività di
lavoro autonomo non comporti una contestuale tutela previdenziale di natura
obbligatoria4. Ciò significa che, a titolo esemplificativo, sottostanno alle regole
del cumulo e dellobbligo di comunicazione ex art. 8, commi 4
e 5, L.
160/88, anche i soci accomandanti di una società in accomandita semplice5
qualora prestino attività lavorativa per la società stessa, o chi ha un
"rapporto di
servizio onorario" con la Pubblica Amministrazione, il cui compenso è
costituito da una indennità che non ha natura retributiva non essendo inserita
in un rapporto di sinallagmaticità con le funzioni esercitate6. Si precisa
inoltre che, nei casi di redditi il cui ammontare non sia agevolmente
quantificabile o collocabile temporalmente, lINPS deve
comunque sospendere lerogazione delle integrazioni salariali al momento
della comunicazione preventiva. Spetterà al lavoratore interessato dimostrare e
documentare leffettivo
ammontare dei guadagni e la loro collocazione temporale ai fini di consentire
allINPS lerogazione delleventuale quota differenziale di
CIG/S in base al suindicato criterio dellincumulabilità relativa. In tale
contesto normativo si
è inserito lart. 7-ter, comma 12, lettera b) che, nel modificare lart.
70 del D.Lgs. 10.9.2003, n. 276 sul lavoro accessorio, aggiunge il comma 1-bis:
«in via sperimentale per il 2009, prestazioni di lavoro accessorio possono
essere rese, in tutti i settori produttivi e nel limite massimo di 3.000 euro per anno solare, da
percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito
compatibilmente con quanto stabilito dall'articolo 19, comma 10, del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 2. L'INPS
provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni
integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi
derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio». La suddetta norma
con efficacia limitata al solo anno 2009 ha una duplice portata: da una
parte amplia lambito soggettivo di applicabilità del lavoro
accessorio, che potrà quindi essere reso, in qualsiasi settore
produttivo, da
percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito; dallaltra
consente di cumulare le prestazioni integrative del salario e le altre
prestazioni di sostegno del reddito con i redditi derivanti da lavori accessori
entro il limite di 3.000
euro per anno solare, Quindi la norma consente ai lavoratori beneficiari di
integrazioni salariali per sospensione o riduzione dellattività
lavorativa ovvero di prestazioni di sostegno del reddito di effettuare lavoro
accessorio, con il limite massimo di 3.000 euro per anno solare. Si è creata pertanto unipotesi,
per il momento limitata in via sperimentale allanno 2009, di integrale
cumulabilità del reddito con le integrazioni salariali. Il limite dei 3.000
euro è riferito al singolo lavoratore, pertanto va computato in relazione alle remunerazioni da
lavoro accessorio che lo stesso percepisce nel corso dellanno
solare, sebbene legate a prestazioni effettuate nei confronti di diversi datori
di lavoro accessorio. Ovviamente la norma non esclude la possibilità dei lavoratori in
questione di svolgere, a titolo di lavoro accessorio, ulteriori attività,
qualora ricorra una delle fattispecie previste nel primo comma dellarticolo
70 del D.Lgs. 276/2003. Le remunerazioni che superino il limite dei 3.000 euro non danno luogo, tuttavia, a
cumulabilità totale, bensì allapplicazione della disciplina
ordinaria sulla compatibilità ed eventuale cumulabilità parziale di tali
remunerazioni con le integrazioni salariali e le altre prestazioni di tutela
del reddito.7 Destinatari
della disposizione sono i percettori di prestazioni di integrazione salariale o
sostegno al reddito. In tale seconda accezione, quindi, si fanno rientrare le
indennità direttamente connesse con uno stato di disoccupazione, quali le
prestazioni di disoccupazione ordinaria, di mobilità, nonché i trattamenti
speciali di disoccupazione edili. Non rientrano invece le prestazioni pagate a
consuntivo sulla base del numero di giornate lavorate nel corso
dellanno precedente (quali le indennità di disoccupazione in agricoltura e quella
non agricola con requisiti ridotti), per le quali il problema di compatibilità
e cumulabilità con remunerazione da attività di lavoro subordinato o autonomo
non si pone. Per quanto concerne la cumulabilità, il lavoratore che percepisce
emolumenti da lavoro accessorio nel limite dei 3.000 euro annui, potrà
continuare a percepire lintegrazione salariale o laltra
prestazione a sostegno del reddito, per lintero spettante, senza che
questa venga sospesa o ridotta. Nel caso della mobilità, in particolare non si applicherà listituto
della sospensione dellindennità di cui allarticolo 8, comma 7,
della legge n. 223/1991. Conseguentemente, per il solo caso di emolumenti da
lavoro accessorio che rientrano nel limite dei 3.000 euro annui linteressato
non sarà obbligato a dare alcuna comunicazione allIstituto. Laddove fosse
superato il limite dei 3.000 euro ad anno solare, il lavoratore ha lobbligo
di presentare preventiva comunicazione allistituto. Nel caso di più
contratti di lavoro
accessorio stipulati nel corso dellanno 2009 e retribuiti
singolarmente per meno di 3.000 euro per anno solare, la comunicazione andrà
fatta, eventualmente, prima che il compenso determini eccedenza e superamento
del predetto limite dei 3.000 euro se sommato ad altri redditi per lavoro accessorio.8 Per
giovarsi delle predette regole del cumulo - salvo il caso da ultimo descritto
di emolumenti da lavoro accessorio che rientrano nel limite dei 3.000 euro
annui - e soprattutto per evitare la grave sanzione della decadenza dalle
integrazioni salariali prevista dallart. 8, co. 5, L. 160/88, il lavoratore
cassintegrato deve comunicare allINPS il nuovo lavoro prima
ancora di iniziare lattività lavorativa (comunicazione
preventiva). Il soggetto tenuto a dare allInps la preventiva
comunicazione dello svolgimento di attività lavorativa è direttamente il
lavoratore medesimo, talché deve escludersi lequipollenza di analoga
comunicazione rivolta allInps dal datore di lavoro con finalità diverse
da quelle sottostanti
allobbligo di comunicazione imposto al lavoratore o della notizia
comunque e genericamente pervenuta allistituto di previdenza al di fuori
di detta comunicazione, la quale deve essere resa anche nellipotesi in
cui loccupazione sia compatibile con il trattamento di integrazione salariale9.
Inoltre, il diritto al trattamento di integrazione salariale scaturisce dal
provvedimento amministrativo di ammissione del datore di lavoro al beneficio,
ma retroagisce fino al momento indicato nella relativa domanda; pertanto il
lavoratore ha lobbligo di comunicare allInps la
prestazione di lavoro resa durante il periodo di sospensione anche se non è
ancora intervenuto il provvedimento formale di concessione della cig; qualora
ciò non sia adempiuto, è legittimo
il rifiuto dellInps di corrispondere il trattamento di
integrazione per lintervenuta decadenza ai sensi dellart. 8, 5º
comma, l. 160/1988. Infatti, linterpretazione logico-letterale
dellart. 8, co. 5, L.
160/88, induce a ritenere che, ai fini della tempestività della prescritta comunicazione allInps
da parte dei lavoratori ammessi al trattamento di integrazione salariale dello
svolgimento di attività lavorativa, non è sufficiente che essa sia comunque
effettuata prima della effettiva erogazione del trattamento dovendo, invece, lobbligo
comunicativo considerarsi attuale - e ancor più vincolante concorrendo
allemanazione di un provvedimento concessorio il più possibile
rispondente alleffettivo bisogno di intervento del sistema previdenziale
- anche prima dellemanazione
del provvedimento stesso; il concetto di prevenzione della notizia cui il
legislatore ha fatto espresso riferimento deve essere rapportato non al momento
di godimento del beneficio, ma a quello di sospensione del lavoro quale presupposto dellintegrazione
salariale10. Il divieto di cumulo e lobbligo di comunicazione si
riferiscono, ovviamente, anche alle attività iniziate prima del collocamento
del lavoratore in cassa integrazione11. Ma quali sono le prestazioni che si
perdono quando non si
è effettuata la comunicazione preventiva e si incorre
nella decadenza di cui allart. 8, co. 5, L. 160/88? Al riguardo la
Corte Costituzionale, con l'ordinanza n. 190 del 1996, ha affermato che la
norma in esame "si propone di garantire che le risorse disponibili per gli interventi di
integrazione salariale siano effettivamente destinate ai disoccupati" e
che "la natura della sanzione e del fatto sanzionato escludono la
possibilità di graduazione secondo un criterio di proporzione", onde la suddetta
decadenza non si limita alle giornate di lavoro effettuate o all'importo
equivalente al reddito da lavoro percepito dal lavoratore posto in integrazione
salariale. L'orientamento del Giudice delle leggi è stato recepito dalla Corte
di Cassazione che con la sentenza n. 11679 del 1.6.2005, ha affermato che
l'eventuale decadenza limitata al periodo concomitante all'attività lavorativa
svolta condurrebbe alla "sostanziale e irragionevole equiparazione del
lavoratore osservante l'obbligo di comunicazione (di cui all'art. 8, co. 5, L. 160/88) al lavoratore
inadempiente". Tali principi sono stati ripresi e ulteriormente sviluppati
dalla sent. Cass. n. 4004/07 la quale ha affrontato il caso di un lavoratore
che aveva percepito la CIGS per più periodi consecutivi di concessione
derivanti da altrettanti decreti. Per la Suprema Corte il lavoratore che non ha
adempiuto lobbligo di comunicazione di cui allart. 8, co. 5, L. 160/88, decade
dallintero periodo di CIGS, anche se derivante da più di un provvedimento di concessione. Tale soluzione è
basata sul principio di unicità del trattamento straordinario, che costituisce
una prestazione assistenziale unitaria discendente da un unico decreto di
concessione, la cui efficacia temporale quantunque prorogata perdura ininterrotta
per lintero periodo in cui si estende il beneficio12 (INPS. circ. 75
del 12.4.07). _____________ 1 Cass., sez. lav., 29-07-1992, n. 9076: Non
costituisce né giusta causa né giustificato motivo di licenziamento il fatto
che il lavoratore, sospeso
perché posto in cassa integrazione, presti attività lavorativa presso terzi,
atteso che di norma - anche nellipotesi di falsa dichiarazione di
non svolgere alcuna attività remunerata - tale comportamento incide soltanto
sul rapporto previdenziale tra lInps ed il lavoratore stesso determinando la riduzione, in
proporzione, dellintegrazione salariale, a meno che non risulti in
concreto la vulnerazione del vincolo fiduciario e la violazione
dellobbligo di correttezza, che permane a carico del lavoratore anche in periodo di sospensione
del rapporto di lavoro. 2 Ex multis: Cass., sez. lav., 14.4.1993, n. 4419. 3
Cass., sez. lav., 13-10-1992, n. 11150; circ. INPS n. 179 del 12.12.2002 punto
2. 4 Cass. 26 febbraio 2001, n. 2788; 28 maggio 2003, n. 8490; 14 agosto 2004,
n. 15890. 5 Cass., sez. lav., 01-06-2005, n. 11679. 6 Cass., sez. lav.,
26-02-2001, n. 2788. 7 Per le integrazioni salariali si vedano le circolari
INPS n. 171 del 4.8.1988, n. 179 del 12.12.2002 e n. 75 del 12.4.07; per la
disoccupazione ordinaria la circ. n. 3-275 Prs del 03.10.1957, punto XI; per la
mobilità la circ. n. 16 del 23 gennaio 1997. 8 Circ. INPS n. 75 del 26.5.2009.
9 Cass., sez. lav., 14-03-2001, n. 3690. 10 Cass., sez. lav., 04-05-2001, n.
6296. 11 Cass., sez. lav., 14-06-1995, n. 6712. 12 Cfr. in tali termini tra le
numerose: Cass., Sez. Un., 5 maggio 1999 n.30, Cass. 10 marzo 2004 n.4922;
Cass. 27 ottobre 2003 n.16117, per la riaffermazione del principio che le
richieste di proroga sono dirette alla conferma del trattamento di integrazione
salariale ed intervengono nellambito di un rapporto già
costituito. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |
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( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Riduzione dei riti e
riforma del processo tributario Articolo di Maurizio Villani 20.07.2009
Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Riforma del processo civile Riduzione
dei riti e riforma del processo tributario di Maurizio Villani Il Parlamento il
26 maggio 2009 ha
definitivamente approvato la riforma del processo civile nonché la delega al
Governo per la riduzione e la semplificazione dei procedimenti civili (Legge n.
69 del 18 giugno 2009, pubblicata in G.U. n. 140 S.O. n. 95/L del 19 giugno
2009, che entra in vigore il 04 luglio 2009). Attualmente, infatti, esistono
ben 30 riti civili (tra cui il processo tributario) diversi tra loro per
composizione giudicante e per procedura; era necessaria, quindi, una riforma
generale di riduzione, riordino e semplificazione degli stessi per dare
certezze a tutti gli operatori del diritto e per evitare ingiuste disparità di
trattamento, in ossequio al principio del giusto processo di cui allart.
111 della
Costituzione. Ogni processo, infatti, deve svolgersi nel contraddittorio tra le
parti, in condizioni di parità, davanti al giudice terzo ed imparziale; la
legge, inoltre, ne deve assicurare la ragionevole durata, senza però
pregiudicare il diritto di difesa, costituzionalmente garantito. Lart.
54 della nuova legge definitivamente approvata stabilisce che: il Governo è
delegato ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della
suddetta legge, uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei
procedimenti civili di cognizione che rientrano nellambito
della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale,
come appunto quella tributaria (D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992 e successive
modifiche ed
integrazioni); la riforma deve, in ogni caso, realizzare il necessario ed
equilibrato coordinamento con le altre disposizioni vigenti. In sostanza, la
legge delega restituisce centralità ed importanza al codice di procedura civile
e mira ad agevolare lattività degli operatori del diritto,
ponendo fine a numerose incertezze interpretative che sono state spesso causa
di lungaggini processuali (un esempio è stato lincertezza sulla
competenza del giudice in tema di TIA, come da ordinanza n. 3274 del 15 febbraio 2006 della Corte di
Cassazione a Sezioni Unite, oggi finalmente risolta a favore del giudice
tributario con le ultime sentenze nn. 5297, 5298, 5299 del 05 marzo 2009 della
Corte di Cassazione). La Corte di Cassazione (ultimamente, con la sentenza n.
28536 del 02 dicembre 2008) ha affermato che il difetto di giurisdizione non è
più suscettibile di essere rilevato, né su eccezione di parte né dufficio,
dopo una pronuncia sul merito o in rito la quale comporti una decisione
implicitamente affermativa
della giurisdizione, restando quindi confinata in questi casi la possibilità di
far valere il difetto di giurisdizione solo nellambito del
giudizio di primo grado, salva soltanto la facoltà per le parti di portare in
appello ed in Cassazione la relativa questione attraverso il tempestivo e rituale esercizio
di questi mezzi di impugnazione. In ogni caso, nelle controversie tra giudici
di diverso ordine risulta applicabile la c.d. translatio iudicii, come statuito
dallinnovativo orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza n.
4109 del 22 febbraio 2007) e, successivamente, della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 77 del 2007), che si sono
entrambe espresse a favore delloperatività di detto principio
anche tra giudici di
diverso ordine (vedi anche Consiglio di Stato, decisione n. 3801 del 28 giugno
2007). Oltretutto, la eliminazione dei molteplici riti speciali produce
economie nella programmazione e conduzione delle procedure, anche per fissare
il calendario dei processi, in modo da rispettare una ragionevole durata (tre
anni in primo grado, due anni in appello ed un anno in Cassazione, per un
totale complessivo di sei anni; almeno è questa lintenzione del
futuro legislatore). Proprio alla luce del principio costituzionale
della ragionevole durata del processo deve ritenersi valida (ed efficiente ai
fini della decorrenza del termine breve per limpugnazione nei
confronti di tutte le parti rappresentate) la notifica della sentenza eseguita
in unica copia al procuratore costituito che rappresenti una pluralità di parti
(Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 29290 del 15 dicembre 2008). Gli schemi
dei nuovi decreti legislativi saranno adottati su proposta del Ministro della
Giustizia e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dellespressione
dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia. Le suddette
Commissioni dovranno rendere i rispettivi pareri entro il termine di trenta
giorni dalla data di trasmissione, decorso inutilmente il quale i decreti saranno emanati anche in mancanza dei
pareri. In ogni caso, qualora il suddetto termine venga a scadere nei trenta
giorni antecedenti allo spirare del termine dei 24 mesi sopracitati, o
successivamente, la scadenza di questultimo è prorogata di
sessanta giorni. Nellesercizio
della delega, il Governo deve attenersi ai seguenti principi e criteri
direttivi: restano fermi per il momento i criteri di competenza nonché i
criteri di composizione dellorgano giudicante, previsti dalla
legislazione vigente; i procedimenti civili di natura contenziosa, autonomamente regolati dalla
legislazione speciale, devono essere ricondotti ad uno dei seguenti modelli
processuali previsti dal codice di procedura civile: i procedimenti in cui sono
prevalenti caratteri di concentrazione processuale, ovvero di officiosità dellistruzione,
sono ricondotti al rito disciplinato dal libro secondo, titolo IV, capo I, del
codice di procedura civile (norme per le controversie in materia di lavoro); i
procedimenti, anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione
della trattazione o dellistruzione della causa, sono ricondotti al
procedimento sommario di cognizione di cui al libro quarto, titolo I, capo
III-bis, del codice di procedura civile, come introdotto dallart. 51 della
nuova legge, restando tuttavia esclusa per tali procedimenti la possibilità di
conversione nel rito ordinario; tutti gli altri procedimenti sono ricondotti al
rito ordinario di cui al libro secondo, titolo I e III, ovvero titolo II, del codice di procedura civile (del
processo di cognizione). In ogni caso, la riconduzione ad uno dei riti di cui
ai precedenti numeri 1), 2) e 3) non comporta labrogazione delle
disposizioni previste dalla legislazione speciale che attribuiscono al giudice
poteri officiosi,
ovvero di quelle finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi con
le norme contenute nel codice di procedura civile, come sarà chiarito meglio in
seguito. Da ultimo, restano in ogni caso ferme le disposizioni processuali in materia
di: procedure concorsuali, in attesa della riforma del penale fallimentare;
famiglia e minori; cambiali ed assegni (bancari e circolari); legge 20 maggio
1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), in tema di repressione della condotta
antisindacale; proprietà industriale (D.Lgs. n. 30 del 10 febbraio 2005);
codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 06 settembre 2005). Sono state abrogate
tutte le norme processuali in tema di processo societario e di quello per il
risarcimento dei danni da incidente stradale. A questo punto, a seguito delle
suddette modifiche legislative, il processo tributario, nei prossimi due anni,
a partire dal 04 luglio 2009, dovrà essere totalmente rivisitato e modificato
per adeguarlo ai principi e criteri direttivi sopra specificati, pur rimanendo
le attuali Commissioni tributarie invariate nella competenza dei tributi (Corte
Costituzionale, sentenze n. 64 del 14 marzo 2008 e n. 130 del 14 maggio 2008;
da ultimo, Corte di Cassazione, sentenza n. 5298 del 05 marzo 2009) e nella
composizione (D.Lgs. n. 545 del 31 dicembre 1992), in modo da completare il
ciclo di processualizzazione del contenzioso tributario. In ogni caso,
rientrano nella competenza del giudice tributario anche i dinieghi in tema di
transazioni fiscali (art. 146 del D.Lgs. n. 5 del 09 gennaio 2006; art. 32
della Legge n. 2 del 28 gennaio 2009; circolare n. 14/E del 10 aprile 2009 dell
Agenzia delle Entrate) perché trattasi di questioni di natura fiscale, che
comportano necessariamente una verifica fondata sullinterpretazione e sullapplicazione
di norme tributarie. Inoltre, rientrano nella giurisdizione tributaria anche le
controversie in tema di iscrizioni nellapposita anagrafe delle ONLUS
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 11986 del 21 aprile
2009, depositata il 25
maggio 2009; sentenza n. 24883 del 09 ottobre 2008). Infine, è impugnabile di
fronte alle Commissioni Tributarie il diniego di autotutela in quanto lattribuzione
al giudice tributario di tutte le controversie in materia di tributi comporta che anche quelle relative agli
atti di esercizio dellautotutela tributaria, incidendo sul
rapporto obbligatorio tributario, sono devolute al giudice indipendentemente
dallatto impugnato e dalla natura discrezionale dellesercizio
dellautotutela tributaria.
Nel giudizio instaurato contro il rifiuto di esercizio di autotutela può
esercitarsi, però, un sindacato solo sulla legittimità del rifiuto e non sulla
fondatezza della pretesa tributaria (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n.
9669 del 23 aprile 2009; Commissione Tributaria Provinciale di Lecce
Sezione 5 sentenza n. 89/5/08 del 22 febbraio 2008). Infatti, oggetto
del processo tributario è, propriamente, una situazione di interesse legittimo
a che il potere impositivo esercitato attraverso il provvedimento impugnato corrisponda
al paradigma di riferimento, sia esso costituito, come di regola, dalle norme
che disciplinano lattività di prelievo, ma anche, laddove ciò
sia previsto, ai criteri di opportunità che disciplinano lattività
discrezionale della
Pubblica Amministrazione (C.Glendi). Per quanto riguarda, invece, il nuovo rito
da applicare al processo tributario occorre, innanzitutto, controllare se nel
contenzioso tributario, attualmente: sono prevalenti caratteri di
concentrazione processuale; ovvero caratteri di officiosità dellistruzione;
o se sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o
dellistruzione della causa. Secondo me, nellattuale processo
tributario, non sussistono le caratteristiche di cui sopra, anche se nella pratica il processo si
conclude, il più delle volte, nellunica udienza di
merito, fatto spesso giustamente criticato e stigmatizzato. Infatti, nel
processo tributario: non sussistono i caratteri della concentrazione
processuale, in quanto la fase istruttoria (art. 7 D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992) è ben
distinta dalla fase dibattimentale (titolo II D.Lgs. n. 546 cit.) ed inoltre è
previsto uno specifico ed autonomo giudizio di ottemperanza (art. 70 D.Lgs.
cit.), come precisato dalla Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 30058
del 23 dicembre 2008; non sussiste alcuna officiosità dellistruzione,
in quanto le Commissioni tributarie esercitano gli specifici poteri istruttori
nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, anche per quanto riguarda gli atti prodromici allatto
finale per accertare la c.d. illegittimità derivata (da ultimo,
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 6315 del 20 gennaio 2009).
Infatti, la giurisdizione del giudice tributario non ha ad oggetto solo gli
atti finali di
imposizione (definiti come impugnabili dallart. 19
D.Lgs. n. 546 cit.) ma investe tutte le fasi precedenti che hanno portato alla
loro adozione e formazione. Inoltre, leventuale giudizio negativo sulla
legittimità o regolarità formale e sostanziale di un atto istruttorio può determinare lannullamento
di quello finale impugnato (Consiglio di Stato, Sez. IV, decisione n. 5144 del
21 ottobre 2008). Tuttavia, i vizi riguardanti gli atti istruttori devono
essere eccepiti solo con la contestazione della pretesa che pone fine alliter
del procedimento, su specifica richiesta del ricorrente. A fronte del mancato
assolvimento dellonere probatorio da parte del soggetto onerato, il
giudice tributario non è tenuto ad acquisire dufficio le prove in forza
dei poteri istruttori
ex art. 7 cit., perché tali poteri sono meramente integrativi (e non
esonerativi) dellonere probatorio principale e vanno
esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale
della parità delle parti nel processo, solo per sopperire allimpossibilità,
sempre da dimostrare, di una parte di esibire documenti in possesso
dellaltra (Cassazione, Sezione Trib. sentenza n. 683 del 14 gennaio
2009). Infatti, in ragione del principio della parità delle armi, i poteri istruttori del giudice
tributario non possono mai essere invocati per sopperire alla carenza dellonere
probatorio cui deve rispondere una delle due parti nel giudizio (Cassazione,
Sez. Trib., sentenza n. 13201 del 09 giugno 2009). In ogni caso, il processo tributario non è
annoverabile tra quelli di impugnazione annullamento, bensì
tra quelli di impugnazione merito, in quanto non diretto alla mera
eliminazione dellatto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della
dichiarazione resa dal contribuente sia dellaccertamento
dellAmministrazione Finanziaria, sempre entro i limiti posti dal petitum
delle parti (Cassazione, Sez. Trib., sentenza n. 25104 del 19 giugno 2008,
depositata il 13 ottobre
2008). Infine, nellattuale processo tributario non sono
prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o
dellistruzione della causa, propri del giudice monocratico, in quanto le
Commissioni tributarie hanno una composizione collegiale ed inoltre la complessità della materia
fiscale e la rilevanza economica della posta in gioco non possono mai
giustificare a priori unistruzione sommaria o lomissione di
ogni formalità non essenziale al contraddittorio. Oltretutto, non può certo
ammettersi che il
nuovo processo tributario si concluda con unordinanza
allaccoglimento o al rigetto delle domande, ordinanza peraltro
provvisoriamente esecutiva, valida come titolo per liscrizione di ipoteca
giudiziale e per la trascrizione (art. 51 della nuova legge processuale); né che sia
impedita la conversione nel rito ordinario, che offre maggiori garanzie
difensive al contribuente. Di conseguenza, il nuovo processo tributario deve
essere ricondotto al rito ordinario di cui al novellato libro secondo, titoli I
e III, del codice di procedura civile (del processo di cognizione ordinario),
escluso logicamente il titolo II, che riguarda il procedimento davanti ai
giudici di pace, peraltro già carichi di lavoro e con 1,4 milioni di liti
arretrate. Oltretutto, chi inizierà un ricorso nelle materie già comprese nel
rito societario, dopo lentrata in vigore della riforma, applicherà
il rito ordinario; a maggior ragione, quindi, il suddetto rito ordinario sarà
applicabile al processo tributario. In definitiva, ed in modo schematico ed approssimativo, il
nuovo processo tributario dovrà rispettare i principi e le regole in tema di
(de iure condendo): citazione e costituzione delle parti, anche per quanto
riguarda la contumacia (art. 171 c.p.c.) e la specificità della comparsa di
risposta (art. 167 c.p.c.); comunicazioni e notificazioni on line, come avviene
al Tribunale di Milano dal 1° giugno 2009; in ogni caso, oggi, nel processo
tributario la nullità della notificazione del ricorso introduttivo (ovvero dellatto
di gravame) è sanata
con efficacia retroattiva dalla costituzione della parte resistente od
appellata, anche quando sia avvenuta al solo fine di eccepire la suddetta
nullità (principio espresso dalla Cassazione, Sezione Trib., con sentenza n.
5508 del 06 marzo 2009, che secondo me dovrà essere rimeditato in sede di
riforma processuale): rimessione in termini; infatti, il novellato art. 153
c.p.c. dispone che i termini perentori non possono essere abbreviati o
prorogati, nemmeno sullaccordo delle parti, ma assegna comunque ai litiganti la
possibilità di essere rimessi in termini ove dimostrino di essere incorsi in
decadenze per cause ad esse non imputabili (art. 294, commi 2 e 3, c.p.c.); da
sottolineare come per ragioni sistematiche sia stato abrogato lart.
184 bis c.p.c.;
istruzione della causa, soprattutto per quanto riguarda il giuramento (artt.
233-243 c.p.c.) e la testimonianza (artt. 244-257 c.p.c.), anche in forma
scritta (art. 257-bis c.p.c.); il giudice, quando ammette le prove, deve
fissare il calendario del processo, che potrà essere variato solo in casi
eccezionali; di conseguenza, le dichiarazioni rese da terzi, se non confermate
in sede di testimonianza, non dovranno più essere considerate neppure indizi
(Cassazione, Sezione Trib., sentenza n. 6548 del 18 marzo 2009); analisi e
vaglio di atti istruttori acquisiti legittimamente; sospensione dellefficacia
dellatto
impugnato, anche in assenza della cartella esattoriale, soprattutto oggi con i
maggiori e più invasivi poteri di recupero che hanno gli agenti della riscossione (Corte
Costituzionale, ordinanza n. 393 del 28 novembre 2008); inoltre, è sufficiente
che il danno sia grave, non certo irreparabile (che è un assurdo giuridico ed
economico in campo fiscale); infine, la sospensione deve bloccare, automaticamente,
anche la richiesta di pagamento delle fideiussioni (art. 30, comma 3, lett. c),
D.P.R. n. 633/72; art. 8, comma 3-bis, D.Lgs. n. 219/97, come modificato dai
commi 418, 422 e 423 della Legge n. 311/2004; artt. 1952 e 2943 del codice
civile); confessione giudiziale ed interrogatorio formale (artt. 228-232
c.p.c.); intervento di terzi e riunione dei procedimenti (libro secondo,
sezione IV, c.p.c.), anche alla luce della sentenza n. 11466 del 18 maggio 2009
della Corte di Cassazione Sez. trib. in tema di litisconsorzio ed
intervento di terzi (vedi anche Cassazione, Sez. Trib., sentenza n. 5262 del 05
marzo 2009); decisione della causa (artt. 275-281 c.p.c.) con motivazioni leggere;
rimangono tassative le ipotesi di inammissibilità degli atti processuali (Cassazione, Sez. trib.,
sentenza n. 5508 del 06 marzo 2009); sospensione, interruzione ed estinzione
del processo (artt. 295-310 c.p.c.); per la querela di falso si rinvia allinteressante
sentenza della Cassazione, Sezione Trib. n. 4003 del 19 febbraio 2009; il decesso di una
parte, comunicato in udienza dal suo difensore, non può determinare linterruzione
del giudizio di legittimità, atteso che nel giudizio presso la Corte di
Cassazione, che è dominato dallimpulso dufficio, non trova applicazione listituto
della interruzione del processo (art. 299 e ss. c.p.c.), onde, una volta
instauratosi il giudizio, il decesso di uno dei ricorrenti, pur comunicato dal
suo difensore, non produce linterruzione del giudizio (Cassazione, Sez.
Trib., sentenza n.
12408 del 27 maggio 2009; Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 14385/07);
impugnazioni (artt. 323-359 c.p.c.), sempre con lobbligo
dellautorizzazione allappello per gli uffici fiscali (circolare n.
65/E del 03 dicembre 2007 dellAgenzia delle Entrate), che può essere prodotta,
con effetti retroattivi, nel corso del relativo giudizio, fino alludienza
di discussione del ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Regionale
(Cassazione, Sezione Trib., sentenza n. 229 del 09 gennaio 2009); in tema di contenzioso tributario, deve
ritenersi ammissibile latto di appello proposto dal competente
ufficio dellAgenzia delle Entrate, recante in calce la firma illeggibile
di un funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare, finchè non
sia eccepita e provata
la non appartenenza del sottoscrittore allufficio appellante o,
comunque, lusurpazione del potere di impugnare la sentenza di primo grado
(Cassazione, Sezione Trib., sentenza n. 874 del 04 novembre 2008); nel giudizio
dappello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, devono essere dichiarate
inammissibili dufficio. Possono, tuttavia, domandarsi gli
interessi (art. 1282 c.c.), i frutti (art. 820 c.c.) e gli accessori maturati
dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni (artt. 1223 e 2043 c.c.)
sofferti dopo la sentenza stessa. In sede di appello, il giudice, su specifica
istanza di parte, proposta con limpugnazione principale o con
quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, può sospendere in tutto o in
parte lefficacia
esecutiva o lesecuzione della sentenza impugnata (artt. 283 e 337
c.p.c.), anche se viene presentato ricorso per Cassazione (artt. 337 e 373
c.p.c.), pur in assenza della cartella esattoriale. Di conseguenza, sarà
implicitamente abrogata lassurda limitazione che oggi hanno le Commissioni Tributarie Regionali
di poter sospendere solo le sanzioni (art. 19, secondo comma, D.Lgs. n. 472 del
18 dicembre 1997). Al tempo stesso, però, se in sede di appello non è concessa
la sospensiva, la sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva anche per
quanto riguarda i rimborsi di imposta, che devono essere immediatamente
eseguiti, senza dover attendere, come oggi, il giudicato, peraltro con i limiti
degli artt. 68, comma 2, e 70 D.Lgs. n. 546 cit. (come stabilito dalla
Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 24774 dell08
ottobre 2008, giustamente più volte criticata). Anche la condanna alle spese
deve essere immediatamente esecutiva. In appello non possono proporsi nuove
eccezioni, che non siano
rilevabili anche dufficio. In appello non sono ammessi nuovi
mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini
della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto
proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il
giuramento decisorio (artt. 356 e 437 c.p.c.). La produzione di documenti in
copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel
processo tributario, incombendo sempre alla controparte lonere
di contestarne la conformità alloriginale, come previsto dagli articoli
2712 e 2719 del codice civile ed avendo il giudice lobbligo di disporre,
in tal caso, la produzione del documento in originale (Cassazione, Sez. Trib.,
sentenza n. 9773 del
24 aprile 2009). Il giudice di appello può sempre dare al rapporto in
contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice
di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere-dovere di
inquadrare nellesatta disciplina giuridica gli atti ed i fatti che formano
oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione ed
indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purché nellambito
delle questioni riproposte con il gravame e con il limite di lasciare inalterati il petitum e
la causa petendi e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di
fatto (Cassazione, Sezione Trib., sentenza n. 6856 del 26 febbraio 2009,
depositata il 20 marzo 2009). Per stabilire se sia ammissibile una impugnazione
tardivamente proposta, sul presupposto che limpugnante non abbia
avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione
dellatto introduttivo, occorre distinguere due ipotesi: se la
notificazione è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del
destinatario si presume iuris tantum, ed è onere dellaltra
parte dimostrare che limpugnante ha avuto comunque contezza del processo;
se, invece, la notificazione è nulla, si presume iuris tantum la conoscenza
della pendenza del
processo da parte dellimpugnante, e dovrà essere
questultimo a provare che la nullità gli ha impedito la materiale
conoscenza dellatto (Cassazione, Sezione Trib., sentenza n. 2817 del 05
febbraio 2009). Le Commissioni tributarie, in ogni caso, conserveranno la particolare
e specifica prerogativa della disapplicazione di un regolamento o di un atto
generale illegittimo, rilevante ai fini della decisione, come oggi previsto e
disciplinato dallart. 7, ultimo comma, D.Lgs. n. 546/92;
questa norma, infatti,
non potrà essere abrogata, neppure implicitamente, altrimenti non si
otterrebbero gli stessi effetti con le attuali norme del processo civile. Il
giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria, o di
giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì,
se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La
pronuncia sulla giurisdizione resa dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo
(art. 59 della nuova legge processuale). A seguito della prossima riforma,
secondo me, sarà necessario gestire la fase processuale transitoria prevedendo,
oltre la sospensione dei giudizi pendenti: - la facoltà di aderire ad un
condono fiscale per tutte le liti pendenti, indicativamente sulla falsariga
dellart. 16 della Legge n. 289, del 27 dicembre 2002; oltretutto, in
questi giorni, è in discussione il terzo scudo fiscale (dopo quello del 2001 e
del 2003) per il rientro e la regolarizzazione dei capitali esportati clandestinamente, con
conseguente condono; - oppure, in alternativa, per chi non volesse aderire al
suddetto condono fiscale, la possibilità, entro il termine perentorio di sei
mesi, di integrare la fase istruttoria con linserimento dei nuovi
istituti processuali della testimonianza e del giuramento. Per completezza di
esposizione, occorre rilevare che la nuova normativa sul processo civile ha
modificato anche la procedura del ricorso per Cassazione (art. 47, Legge n. 69/2009 cit.) e ciò, logicamente,
ha influenza sul processo tributario (artt. 62 e 63, D.Lgs. n. 546 cit.).
Infatti, il ricorso per Cassazione è inammissibile (art. 360-bis novellato
c.p.c.): quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in
modo conforme alla giurisprudenza della Corte e lesame dei motivi
non offre elementi per confermare o mutare lorientamento della stessa;
quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei
principi regolatori del giusto processo (art. 111 della Costituzione). È sempre
inammissibile, per inesistenza assoluta della notificazione, il ricorso per
Cassazione consegnato direttamente dal contribuente al frontoffice
dellUfficio dellAgenzia delle Entrate (Cassazione, Sez. Trib., ordinanza n. 11620 del 19 maggio
2009). Inoltre, lart. 366 bis c.p.c. sulla formulazione del
quesito di diritto a pena di inammissibilità, finalmente e giustamente, è stato
abrogato (per le relative problematiche si rinvia a Cassazione, Sezione Trib.,
sentenza n. 5926 del
12 marzo 2009). Le suddette disposizioni si applicano, però, alle controversie
nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per Cassazione è stato
pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione,
depositato successivamente alla data di entrata in vigore della nuova normativa
sul processo civile (art. 58, ultimo comma, Legge n. 69/2009 cit). In
conclusione, nei prossimi due anni il legislatore dovrà adottare un decreto
legislativo di modifica del processo tributario, che non sarà più un rito
speciale, con le attuali limitazioni che pregiudicano seriamente il diritto di
difesa, ma sarà, giustamente, incardinato nellunico rito di
cognizione ordinario con lo scopo principale di mettere il
cittadino-contribuente ed il
suo difensore, professionalmente e processualmente qualificato, sullo stesso
piano giuridico e processuale dellAmministrazione
finanziaria e dellEnte locale, soprattutto in vista del federalismo
fiscale (Legge n. 42 del 05 maggio 2009). Infatti, il processo tributario, a differenza del
processo amministrativo, si connota precisamente per la libertà dei motivi
deducibili (non essendoci alcun limite normativo in proposito) e, di converso,
si qualifica anche per la predeterminazione normativa degli atti autonomamente
impugnabili. In ogni caso, lelencazione degli atti impugnabili
contenuta, oggi, nellart. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 cit., pur dovendosi
considerare tassativa, soggiace sempre allinterpretazione estensiva,
anche in conseguenza dellampliamento della giurisdizione tributaria operato con la Legge n.
448/01 (Cassazione, Sez. Trib., ordinanza n. 4965 del 29 gennaio 2009,
depositata il 02 marzo 2009). Con la prospettiva e la speranza, inoltre, di
modificare, nel breve tempo, anche la composizione delle attuali Commissioni
tributarie, da inserire nella Costituzione: - con giudici professionali e
specializzati, assunti a seguito di specifico concorso pubblico per titoli ed
esami (come i concorsi per i giudici e procuratori, istituiti ultimamente con i
due D.M. del 03 giugno 2009,
in G.U. nn. 138 e 139 del 17 e 18 giugno 2009); - con
specifica competenza in campo fiscale; - a tempo pieno, sino a 65 anni, con
obbligo di frequentare corsi di aggiornamento (almeno due annuali) validi ai
fini della carriera; - con pari dignità nei criteri di valutazione
professionale e punteggio di carriera; - monocratici in primo grado e
collegiali in secondo grado; - ben retribuiti (non come oggi a 25 euro nette a
sentenza depositata!); - e, soprattutto, non più alle dipendenze del Ministero
dellEconomia e delle Finanze (che è una delle parti in causa) ma
inseriti in sezioni specializzate dei Tribunali e delle Corti di appello, come
ho suggerito nel mio progetto di legge di riforma del processo tributario
(www.studiotributariovillani.it),
anche per quanto riguarda leventuale competenza sulle
questioni penali tributarie per evitare lattuale ed assurdo doppio
binario, con il rischio di contrasto di giudicati (Cassazione, sentenza n.
12022/09). Anche il personale amministrativo deve avere un ruolo autonomo, senza più dipendere
dal Ministero dellEconomia e delle Finanze. Inoltre, deve
essere istituita per legge, e non con atto amministrativo interno, la Sezione
Tributaria della Corte di Cassazione, che sta svolgendo un importante ruolo di nomofilachia nel
settore fiscale. In questo modo, sarebbe definitivamente risolta lannosa
questione del divieto di istituzione di giudici speciali, previsto
dallart. 102, comma 2, e VI disposizione transitoria della Costituzione
(ordinanza n. 144 del
23 aprile 1998 della Corte Costituzionale). Oltretutto, le modifiche al rito ed
alla composizione delle Commissioni tributarie potranno giustificare un
eventuale allargamento delle competenze anche in tema di contributi
previdenziali ed assistenziali, nonché in tema di risarcimento danni, anche
morali, per fatti ed atti illegittimi del fisco. Infine, per assicurare
veramente che lattività del giudice tributario si svolga
in stretta conformità ai principi di imparzialità ed indipendenza che discendono dalla Costituzione,
bisognerà precisare meglio i casi di incompatibilità, anche con riferimento ai
familiari, per evitare posizioni di potenziale e pericoloso conflitto di
interessi (da ultimo, Consiglio di Stato, decisione n. 3366/2009, depositata il
29 maggio 2009), pure per quanto riguarda il settore pubblico (per esempio,
pubblici ministeri e dipendenti pubblici, anche pensionati, finanziari e
finanzieri). Solo in questo modo potrà veramente realizzarsi, nel processo
tributario, il principio del giusto processo, che deve
svolgersi nel regolare e pieno contraddittorio delle parti, in condizioni di
effettiva parità tra accusa e difesa, davanti ad un giudice terzo ed
imparziale, anche allapparenza, e senza alcuna limitazione del diritto di
difesa (art. 24 della
Costituzione), dando maggiore importanza alla fase istruttoria, oggi invece
totalmente mortificata o annullata (rinvio al mio libro Per
un giusto processo tributario- Congedo Editore in
www.studiotributariovillani.it). Infatti, soltanto lo sviluppo di una efficace, serena e senza
pregiudizi fase istruttoria (con testimoni, giuramenti, consulenti tecnici d
ufficio, ecc.) può far emergere la superficialità e lillegittimità di
molti processi verbali ed avvisi di accertamento, che non devono certo essere considerati
a priori validi ed efficaci perché scritti e notificati da pubblici
ufficiali (ormai non esiste più il principio dellesecutorietà
dellatto amministrativo con presunzione di legittimità). Oltretutto, la
Corte Europea dei diritti
delluomo, con la sentenza n. 73053/2001 del 23 novembre 2006 ha stabilito che
nelle liti sulle sanzioni fiscali non può escludersi il contraddittorio
orale sulle prove. Così come lordinamento comunitario impone sempre
il rispetto dei termini per lesercizio dei diritti di difesa (Corte di Giustizia, Sez. II,
sentenza 18 dicembre 2008, causa C- 349/07), che non devono mai essere limitati
o mortificati. Infatti, soltanto con la testimonianza ed il giuramento può, per
esempio, efficacemente dimostrarsi lassenza di colpevolezza e la causa di non
punibilità in tema di sanzioni amministrative (artt.5 e 6 D.Lgs. n. 472 del 18
dicembre 1997) oppure la deducibilità di determinati e specifici costi
(Cassazione, Sezione Trib., sentenza n. 16932 del 31 luglio 2007 e sentenza n. 15395 dell11
giugno 2008). Oltretutto, incombe al contribuente lonere di dedurre e
provare che i redditi effettivi frutto della sua attività (per esempio,
agricola) sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito
non tassabili, o separatamente tassate (Cassazione, Sez. Trib., sentenza n.
12408 del 27 maggio 2009; Cassazione, sentenza n. 6952/06). Il principio dellonere
della prova riguarda soprattutto la prova dei fatti, non certo le questioni di diritto
(Cassazione, Sez. Trib., sentenza n. 24432 del 03 luglio 2008, depositata il 02
ottobre 2008). Conseguentemente, in caso di rinvenimento di contabilità non
ufficiale, le situazioni di dubbio non si possono risolvere in danno dellUfficio, posto che lonere
della prova è a carico del contribuente (Cassazione, Sez. Trib., sentenza n.
25104 del 19 giugno 2008, depositata il 13 ottobre 2008). E lo stesso discorso
può farsi in tema di abuso del diritto, soprattutto dopo le recenti, rigide interpretazioni della Corte di
Cassazione (sentenze n. 30055 del 23 dicembre 2008 e n. 11659 del 20 maggio
2009), in attesa peraltro di un intervento legislativo chiarificatore. Il
fatto, poi, che il processo tributario potrà durare più a lungo non deve,
secondo me, preoccupare i contribuenti ed i loro professionisti che,
certamente, preferiranno avere un processo lungo e ben istruito piuttosto che
un processo breve senza alcun approfondimento istruttorio, con il rischio di
vedersi rigettare immotivatamente i propri ricorsi per incompetenza,
superficialità o per la fretta di decidere (quando vengono poste in udienza
persino quaranta cause). Inoltre, anche nellattuale processo
tributario ci sono giudizi che durano da oltre ventanni, soprattutto
quelli pendenti presso
le sedi regionali della Commissione Tributaria Centrale (peraltro soppressa sin
dall 01 aprile 1996), oppure appelli che si discutono dopo dieci
anni. Oltretutto, il giudice tributario di merito, in mancanza di qualsiasi
divieto di legge, può
utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o anche
fra altre parti, e può quindi trarre elementi di convincimento ed anche
attribuire valore di prova esclusiva ad una perizia disposta in sede penale,
tanto più se essa sia stata predisposta in relazione ad un giudizio avente ad
oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i processi (Cassazione,
Sezione Trib., sentenza n. 2904 del 06 febbraio 2009). Invece, le presunzioni
tributarie non hanno valore di piena prova nel processo penale (Cassazione,
Sez. III, penale, sentenza n. 5490 del 06 febbraio 2009). In ogni caso, se il
fisco fornisce elementi indiziari sufficienti, è il contribuente che deve
fornire la prova dellesistenza delle operazioni contestate
(Cassazione, Sezione
Trib., sentenza n. 12022 del 25 maggio 2009). Inoltre, proprio in vista della
necessaria ed urgente riforma di cui sopra, il legislatore, in materia fiscale,
deve smetterla di prevedere istituti premiali deflativi con riduzioni sensibili
delle sanzioni per costringere il contribuente a pagare ad ogni costo per
evitare lalea del processo tributario (per esempio, in tema di studi di
settore o di redditometro). Infatti, nelle situazioni di incongruenza ai fini
degli studi di settore, una mano a rafforzare le presunzioni semplici (e non legali) di GERICO può
arrivare persino dal tenore di vita dellintera famiglia, a
condizione che questo si riveli eccessivo rispetto ai redditi dei suoi
componenti (A. Criscione, in Sole 24-Ore di venerdì 12 giugno 2009; F. De Magistris, in Italia Oggi 7 di
lunedì 15 giugno 2009), nonché dal redditometro (nota del 04 giugno 2009 dellAgenzia
delle Entrate; circolare n. 29/E del 18 giugno 2009 dellAgenzia delle
Entrate). Così come il legislatore deve smetterla di introdurre norme fiscali con effetti
retroattivi, perché il principio della tutela del legittimo affidamento del
cittadino contribuente (art. 10, comma 1, della Legge n. 212 del 27
luglio 2000, Statuto dei diritti del contribuente) è immanente in tutti i
rapporti di diritto
pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue
diverse articolazioni, limitandone lattività legislativa ed
amministrativa (Cassazione, Sez. Trib., sentenza n. 10982 del 16 aprile 2009,
depositata il 13 maggio 2009). Ed un caso assurdo di retroattività della norma si è avuto,
ultimamente, in tema di cartelle mute con il D.L. 31 dicembre
2007 n. 248 , convertito dalla Legge 28 febbraio 2008, n. 31 (art. 36, comma 4
ter), salvate miracolosamente (!) dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 58 del
27 febbraio 2009, più volte giustamente criticata. Inoltre, incorre in errore
scusabile il contribuente il cui atto di riassunzione della causa, rinviata
dalla Corte di Cassazione al giudice di merito, sia stato rivolto e notificato
ad un organo che è divenuto successivamente incompetente per effetto di un atto
interno di organizzazione amministrativa. Per il principio di collaborazione
tra contribuente e fisco, lufficio tributario deve sempre
informare il contribuente delle variazioni organizzative che modificano il soggetto attivo del
rapporto giuridico tributario oggetto di contenzioso (Cassazione, Sezione
Trib., sentenza n. 3559 del 13 febbraio 2009). Oltretutto, lufficio
non competente che riceve unistanza di rimborso è tenuto a trasmettere listanza
allufficio competente, in conformità alle regole di collaborazione
(Cassazione, Sez. Trib., sentenza n. 4773 del 27 febbraio 2009). Una volta
riequilibrata e potenziata la posizione processuale del contribuente, con
laggiunta di
ulteriori, più efficaci ed incisivi mezzi difensivi, lo stesso avrà finalmente
la possibilità di decidere con maggiore serenità e responsabilità, evitando di
dover pagare ciò che non è dovuto (art. 53, primo comma, della Costituzione),
soprattutto quando deve difendersi in situazioni di inversione dellonere
della prova (per esempio, redditometro ed indagini bancarie, in Cassazione
sentenza n. 19362 del 15 luglio 2008, n. 20268 del 23 luglio 2008 e n. 28795
del 04 dicembre 2008), persino in tema di finanza locale (da ultimo, Cassazione
Sezione Trib., ordinanza n. 12773 del 01 giugno 2009). Infine, tra le soluzioni
alternative al contenzioso per gli eventuali arbitrati e conciliazioni anche in
campo fiscale, è auspicabile prevedere listituzione di apposite ed autonome Camere di
Conciliazioni Tributarie, composte da qualificati e competenti magistrati e
professionisti, specializzati nel settore tributario, senza alcun collegamento
funzionale con le Agenzie Fiscali che hanno notificato gli atti o le cartelle
esattoriali impugnati, in modo da poter decidere senza pregiudizi, con assoluta
serenità ed imparzialità (art. 60, primo comma, Legge n. 69/2009 cit.), anche
in occasione dei giudizi pendenti in grado di appello e di Cassazione,
logicamente stabilendo diverse percentuali di riduzioni delle sanzioni
amministrative, con condanna della parte (pubblica o privata) nel caso di
irragionevole rifiuto alla transazione proposta dalle suddette Camere di
conciliazione. È inutile lasciare la situazione attuale, dove i giudici
tributari, in sede di conciliazione giudiziale (art. 48 D.Lgs. n. 546 cit.),
hanno un ruolo prettamente notarile, senza alcuna possibilità di iniziativa e
di decisione nel merito. Infatti, nel nuovo processo civile, la mediazione
avverrà davanti ad organismi autonomi e professionali riconosciuti, anche
attraverso procedure telematiche. Per incentivare le forme alternative al
ricorso alla giustizia le parti che utilizzano la mediazione avranno
agevolazioni fiscali e si promettono tempi brevi. In un momento storico di
grave crisi economica e finanziaria, come lattuale, la riduzione
del peso fiscale, per dare ossigeno alle attività produttive, passa anche dalla
futura e necessaria riforma del processo tributario, che potrà dare maggiori
garanzie difensive,
senza la mortificazione e delusione di dover pagare a tutti i costi somme non
dovute, che si potrebbero invece indirizzare proficuamente agli investimenti ed
alloccupazione. È anche questo un tassello della rivoluzione
liberale promessa più
volte a cittadini ed imprese. Dimenticarlo, sarebbe un errore politico grave,
soprattutto in vista della prossima Finanziaria 2010, con il rischio di una
ripresa economica ripida e faticosa. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |
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( da "Mattino, Il (Circondario Sud2)"
del 20-07-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Nazionale))
Argomenti: Giustizia
La
Corte Costituzionale, con la sentenza n. 141 del 2009, ha deliberato sul
canone per la installazione di mezzi pubblicitari. La decisione è stata questa:
laCorte afferma che esso ha natura tributaria onde le relative controversie
appartengono alla competenza del giudice tributario.
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( da "Gazzettino, Il (Udine)"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Al friulano quasi
un'elemosina Tagliati drasticamente dal governo i fondi
destinati alle minoranze linguistiche Lunedì 20 Luglio 2009, Dopo la batosta
della Corte Costituzionale che aveva bocciato i punti più importanti della
legge regionale per la tutela del friulano, la marilenghe deve fare i conti,
letteralmente, con i finanziamenti della legge 482/99 erogati dal dipartimento
per gli affari regionali nel 2009. Passati i bei tempi in cui le
minoranze linguistiche potevano contare su 10 milioni di euro per la tutela e
la valorizzazione delle lingue minoritarie, oggi i fondi si fermano a quota
2.274.425 euro da suddividere tra le 12 minoranze presenti sul territorio
nazionale. La Regione Friuli Venezia Giulia si porta a casa solamente 452 mila
euro da spartire fra la lingua friulana, quella slovena e germanica. Ecco com'è
suddiviso il finanziamento: 300.672 euro per il friulano, 16.227 per il tedesco
e 135.703 per lo sloveno, fondi che entrano direttamente nelle casse della
regione competente a erogare i contributi per i progetti presentati dagli enti
locali. «La comunità di lingua friulana, composta da oltre 600 mila persone,
avrà a disposizione appena 300.672 euro - si legge in una nota di Carlo Puppo
portavoce del Comitato 482 - è difficile pensare che bastino 50 centesimi a
persona per garantire i diritti linguistici che la legge 482/99 riconosce ai
friulani». Facendo qualche proporzione in effetti lo sloveno avrà a
disposizione poco meno della metà del finanziamento destinato al friulano,
nonostante la minoranza slovena in regione sia di gran lunga inferiore alla
metà di quella friulana. Le quote del fondo destinate alle minoranze presenti
sul territorio regionale sono comunque calcolate in base al peso relativo al
numero dei comuni del Fvg in cui risiede la singola minoranza, rispetto al
numero complessivo di comuni interessati dalla presenza della stessa minoranza
sul territorio nazionale. Per quanto riguarda la marilenghe, i comuni
interessati in regione sono 177 su un totale nazionale di 184; per lo sloveno
invece il finanziamento complessivo va interamente al Friuli Venezia Giulia,
essendo la minoranza slovena presente solo nella nostra regione. A qualcuno va
meglio, ad altri va peggio. Se il friulano deve accontentarsi di 300mila euro,
le minoranze catalane e croate guadagnano un bottino veramente magro,
rispettivamente di 31.550 euro e 47.923 e nella corsa ai finanziamenti la
marilenghe viene battuta dalla minoranza sarda che si aggiudica oltre 430 mila
euro. Ma i limiti imposti dal dipartimento ministeriale non si fermano qui: il
taglio dei finanziamenti è accompagnato da una rigida serie di indicazioni per
il loro utilizzo. Grande spazio quindi agli sportelli linguistici nelle cui
attività sarà incanalato l'85% dei fondi; per gli sportelli della marilenghe
saranno a disposizione 255.571 euro e quel po' che rimane, ovvero 45 mila euro,
andranno suddivisi tra formazione linguistica, attività culturali e
toponomastica: ognuna di queste voci potrà attingere solo al 5% dei fondi pari
a 15 mila euro, il che equivale a rivedere tutti i progetti degli enti locali;
basti pensare che solo il comune di Udine sta investendo oltre 55 mila euro per
la cartellonistica stradale, una cifra che sarà ora impensabile da ottenere.
Lisa Zancaner
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( da "Asca" del
20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
VENETO/CONSIGLIO:
COMMISSIONE STATUTO, DISCO VERDE A NUOVO REGOLAMENTO (ASCA) - Venezia, 20 lug -
La commissione per lo Statuto e il regolamento del Consiglio regionale del
Veneto, presieduta da Francesco Piccolo, ha approvato oggi a maggioranza la
nuova bozza statutaria. Hanno votato a favore i rappresentanti del centrodestra,
non hanno partecipato al voto i rappresentanti del centrosinistra, assenti i
tre rappresentanti della Sinistra e il consigliere di Progetto Nordest. Con
l'approvazione odierna degli ultimi 11 articoli, dei 60 compresi nella bozza,
rimasti in sospeso prima dell'interruzione per la pausa elettorale la
commissione ha quindi concluso il lungo iter che l'ha impegnata per tre anni e
mezzo. I 60 articoli della bozza statutaria passano ora all'esame dell'aula
consiliare, che dovra' pronunciarsi a maggioranza assoluta per due volte, a
distanza di almeno 60 giorni. L'iter di approvazione dello statuto regionale
prevede inoltre un mese di attesa dalla sua pubblicazione per l'eventuale impugnativa da parte del Governo di fronte alla Corte
Costituzionale e i tempi per un eventuale referendum popolare, se richiesto da
12 consiglieri o da almeno 80 mila cittadini. Ipotizzando che il testo venga
iscritto all'ordine del giorno del Consiglio la settimana prossima e che ne
inizi subito la discussione, ci vorranno almeno sei mesi per concluderne il
percorso: un'autentica corsa contro il tempo per dare uno Statuto al
Veneto entro febbraio 2010, termine della legislatura. res/mcc/rob (Asca)
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( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Cittadinanza
europea: sopravvenuta acquisizione e punibilità di condotte pregresse Articolo
di Gwendoline Guccione 17.07.2009 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi La
sopravvenuta acquisizione della cittadinanza europea e lattuale
punibilità delle
condotte pregresse integranti i reati dimmigrazione ex D.
Lgs., 25 luglio 1998, n. 286: le Sezioni unite escludono labolitio
criminis parziale in caso di successione c.d. mediata di norme penali di
Gwendoline Guccione Sommario: 1. La questione interpretativa: considerazioni
introduttive; 2. Quadro normativo in materia di immigrazione: cronologia; 3.
Favoreggiamento dellimmigrazione
clandestina: la fattispecie base; 3.1 Segue: le ipotesi aggravate ex art.12,
commi 3, 3-bis e 3-ter, T.U. Imm.; 3.2 Segue: il delitto di favoreggiamento
della permanenza illegale; 4. Delitto di indebito trattenimento dello straniero
espulso, 5. Criteri
interpretativi per distinguere lipotesi di abolitio criminis e
abrogatio sine abolitione in caso di modifica immediata di fattispecie penale;
5.1 Segue: le posizioni dottrinali e giurisprudenziali; 6. La successione
mediata di norme penali;
6.1 Segue: gli indirizzi dottrinali; 6.2 Segue: il panorama giurisprudenziale;
7. La qualità di straniero: mero presupposto od elemento
integrativo dei reati in materia di immigrazione?; 7.1 Segue:
limpostazione estensiva della giurisprudenza di merito; 7.2 Segue: lorientamento
restrittivo della giurisprudenza di legittimità: la sentenza delle
Sezioni unite penali della Corte di Cassazione 27 settembre 2007 16
gennaio 2008, n. 2451; 8. Spunti critici per la corretta ricostruzione della
vicenda successoria in
esame; 8.1 Segue: conclusioni. 1. La questione interpretativa: considerazioni
introduttive Originariamente costituita dai sei Stati fondatori, lUnione
europea è giunta ad includere, con lingresso di Romania e Bulgaria1 a
decorrere dal primo
gennaio 2007, ventisette Stati membri. Trattasi di un processo di allargamento
ben lungi dallessersi esaurito, avendo altri Paesi
europei presentato domanda di adesione allUnione. Tra gli effetti
derivanti da tale ampliamento è da annoverare lacquisizione della cittadinanza europea
e dei diritti che ad essa afferiscono da parte dei cittadini dei nuovi Stati
membri, nei cui confronti, pertanto, non trovano più applicazione le
disposizioni del D.Lgs., 25 luglio 1998 n. 286 (Testo unico sull'immigrazione)2,
bensì le norme europee sulle libertà di circolazione3 e stabilimento delle
persone4, da intendersi la prima come il diritto di ogni cittadino comunitario
di ricercare o di svolgere un'attività, retribuita o meno, in uno Stato membro
dell'Unione diverso da quello di cui è cittadino, e la seconda come il diritto
di fissare la propria residenza in uno dei Paesi aderenti5. In seguito a tale
progressiva estensione, in giurisprudenza si è posto il problema dellattuale
punibilità del reato di favoreggiamento dellimmigrazione clandestina
anteriormente commesso in danno di stranieri, a cui è ora riconosciuto lo
status di cittadino comunitario6. Più in generale la questione della
sopravvenuta irrilevanza delle condotte tenute in epoca anteriore alla ratifica
del Trattato di
adesione, abbraccia tutte le norme incriminatrici previste dal T.U. sullimmigrazione,
il cui ambito applicativo è espressamente circoscritto dallart.1, comma
1, ai cittadini di Stati non appartenenti allUnione europea e agli
apolidi, di seguito
indicati come stranieri. Tale interrogativo, che si inserisce
nella più ampia tematica della successione mediata della fattispecie penale,
ha, di recente, assunto un grande rilievo nel dibattito penalistico: si
discute, in particolare, se la modifica della norma extrapenale, che definisce la nozione di
straniero, determini esclusivamente una variazione della rilevanza penale del
fatto, con decorrenza dalla emanazione della successiva ratifica, rimanendo
immutato il disvalore penale del fatto anteriormente commesso, ovvero se essa,
concorrendo a delineare il precetto penale, generi unipotesi
di abolitio criminis parziale sottoposta al regime dellart.2, comma 2,
c.p., con conseguente e necessaria revoca delle sentenze di condanna già
passate in giudicato
(art. 673 c.p.p.). Per unesatta soluzione delle varie problematiche
implicate appare utile ripercorrere le tappe più significative della
legislazione in tema di immigrazione, a cui seguirà un essenziale commento
delle principali fattispecie incriminatrici rispetto alle quali emerge il problema di diritto
intertemporale enunciato, nello specifico le ipotesi di favoreggiamento dellimmigrazione
clandestina e di illegale permanenza sul territorio dello Stato,
rispettivamente disciplinate agli artt. 12 e 14 commi 5-ter e 5-quater, T.U. Imm.7. Si ritiene,
altresì, opportuno soffermarsi brevemente sul variegato panorama interpretativo
formatosi in tema di successione di leggi penali nel tempo, la cui analisi
permette di cogliere tutti gli aspetti giuridici sottesi alla questione in
esame. Tale disamina, giova sottolinearlo, non ha pretese di esaustività e mira
essenzialmente a soddisfare esigenze di chiarezza espositiva, fornendo allinterprete
un quadro ricostruttivo degli istituti rilevanti per una corretta collocazione sistematica delloggetto
specifico del presente lavoro. 2. Quadro normativo in materia di immigrazione:
cronologia Negli ultimi anni lItalia si è trasformata da Paese
tradizionalmente di emigrazione a Paese di forte immigrazione, soprattutto a causa della sua posizione
geografica, che la rende terra di transito obbligato per raggiungere altri
Stati europei od extraeuropei8. Lart. 10 Cost. dispone
che la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in
conformità delle norme e dei
trattati internazionali9. Nel nostro ordinamento la nozione di straniero viene,
pertanto, desunta da diverse discipline normative che consentono di
distinguerne vari tipi: il cittadino comunitario, il cittadino
extracomunitario, gli apolidi e i rifugiati politici. La posizione giuridica
dello straniero era precedentemente regolata dal R. D., 18 giugno 1931, n. 773
(Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza), che, stante la relativa
esiguità della pressione migratoria nella realtà italiana dellepoca, inquadrava il problema dellimmigrazione
soltanto in termini di sicurezza e tutela dellordine pubblico nazionale.
La prima legge che ha inteso regolamentare la condizione dello straniero in
Italia è la L. n. 30 dicembre 1986, n. 943 (Norme in materia di collocamento e di trattamento dei
lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine),
tesa principalmente a stabilire la parificazione sul piano lavorativo dello
straniero al cittadino italiano. Successivamente viene adottata la L., 21
febbraio 1990, n. 39 (c.d. Legge Martelli), che rimane per lungo tempo il testo
di riferimento in tema di immigrazione. Tale disciplina, pur rimanendo
caratterizzata da interventi finalizzati a gestire limmigrazione
come un fenomeno di emergenza e di ordine pubblico, introduce per la prima volta la
programmazione dei flussi migratori, nonché le norme relative a ingresso,
soggiorno, espulsione ed asilo politico10. La materia de qua viene di seguito
ridisciplinata dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), che riunisce e coordina le norme contenute
nella L. 6 marzo 1998, n. 40 (c.d. Legge Turco-Napolitano), fissando gli
obiettivi della politica italiana
in materia di immigrazione: regolamentazione dellingresso e del
soggiorno dei cittadini stranieri, integrazione sociale dei soggetti
regolarmente presenti nel territorio e contrasto all'attività criminale diretta
a favorire l'immigrazione clandestina. Con riguardo a questultimo punto, al
pari di altri Paesi di destinazione, anche lItalia cerca di fronteggiare
il problema del sempre più massiccio ingresso abusivo di migranti attraverso
ladozione di politiche di contenimento, partendo dal presupposto che gli stranieri siano una
minaccia alla sicurezza interna e non una risorsa sul piano sia economico che
culturale11. A distanza di pochi anni dalla sua approvazione, il presente testo
unico viene in parte modificato dalla L. 30 luglio 2002, n. 189 (c.d. Legge
Bossi-Fini) e successive modifiche (L. 12 novembre 2004, n. 271, di conversione
del D. L. 14 settembre, 2004, n. 241), avente come unica finalità la lotta allimmigrazione
illegale perseguita attraverso linasprimento del regime delle espulsioni12 e la previsione di un rapporto
più cogente tra lavoro e diritti degli immigrati, giustificando lingresso
e la permanenza dello straniero per soggiorni duraturi solo a fronte
delleffettivo svolgimento di unattività lavorativa legale. Più
nello specifico, al
fine di garantire la collettività contro lingresso illegale, le
ipotesi di reato già previste vengono delineate in maniera più dettagliata ed
afflittiva: le modificazioni apportate con la legge 189/02 hanno
accentuato il carattere di tutela dellordine e della sicurezza pubblica
in parte capovolgendo la visione solidaristica in una esclusivamente
repressiva13. La legislazione in materia di immigrazione presenta, in
sostanza, i caratteri tipici di un diritto penale del nemico14, quali, ad
esempio, una sensibile
anticipazione della soglia di criminalizzazione mediante fattispecie a pericolo
astratto15, in cui il tentativo viene punito come delitto consumato; una netta
sproporzione fra trattamento sanzionatorio e gravità ed idoneità lesiva del
fatto; una progressiva soggettivizzazione e differenziazione dello statuto
penale per tipi di autore; una strutturale indeterminatezza della norma, nonché
una connotazione poliziesca dellintera funzione giudiziaria ed
unaccentuazione del contenuto segregativo ed affittivo, non già risocializzante, della pena16.
Peraltro, sul piano dellaccertamento processuale,
lintroduzione di fattispecie incriminatrici in assenza di un loro
coordinamento organico e sistematico conduce ad una sovrapposizione di norme
penali in relazione al
medesimo oggetto, foriera di applicazioni giurisprudenziali difformi, che
inevitabilmente incidono sulla qualità ed efficacia della risposta
giudiziaria17. Le tensioni che segnano il fenomeno dellimmigrazione
e la connessa stratificazione degli interventi legislativi sul tema, comportano la continua
insorgenza di contrasti interpretativi, nonché di dubbi concernenti la
legittimità costituzionale della disciplina. Si è
rilevato che la normativa in questione si innesta in un meccanismo di
involuzione del diritto penale, che passa da strumento di tutela di beni a
strumento di tutela di funzioni18, con lasservimento del
diritto e della procedura penale dei loro principi e dei loro scopi -
allattività amministrativa funzionale allallontanamento dello
straniero irregolare19. Ciò posto, si procederà ora allesame delle
fattispecie incriminatrici indicate in premessa, alla luce della travagliata
elaborazione
dottrinale e pretoria, che, nello sforzo, pregevole, di ricondurre ad unità le
molte problematiche di ordine costituzionale emerse,
ha cercato, comunque, di offrire un quadro sistematicamente coerente e completo
della materia. 3. Favoreggiamento dellimmigrazione
clandestina: la fattispecie base Tra le disposizioni dettate al fine di
contrastare il fenomeno dellimmigrazione clandestina, va annoverato
lart. 12, D.Lgs. n. 286 del 1998 (come sostituito dall'art. 11, comma 1, L. 189 del 2002 e modificato dalla L. n. 271 del 2004, di
conversione del D. L. n. 241 del 2004, nonchè, da ultimo dalla L. n. 125 del
2008, di conversione del D.L. n. 92 del 2008), che criminalizza ogni attività
di assistenza ai flussi irregolari20 in entrata, distinguendo fra una
fattispecie base contemplata al comma 1 ed ipotesi aggravate previste nei commi
successivi21. Tale articolo punisce il favoreggiamento dellimmigrazione
clandestina (c.d. smuggling of migrants, letteralmente contrabbando di
clandestini22), che deve essere tenuto distinto dalla tratta di esseri umani (c.d. trafficking of
human beings23) finalizzato al successivo sfruttamento delle persone, che ne
sono oggetto24. Il filo che separa lo smuggling dal trafficking è molto
sottile, essendo assai frequenti i casi in cui il traffico di migranti si
trasforma in vera e propria tratta25. Ciononostante, si è voluto tenere
distinti le due ipotesi sia per ragioni di carattere investigativo che
politico. Stante il rapporto di specialità fra le medesime intercorrente, il
lavoro di ricostruzione degli elementi che compongono le diverse fattispecie ad
esse riconducibili si presenta alquanto arduo. In estrema sintesi un primo
elemento di differenziazione concettuale è dato dalla diversa dimensione
temporale, che nel caso dello smuggling tendenzialmente coincide con la durata
del viaggio, ove, nel trafficking, invece, il rapporto di sfruttamento, oltre a
costituirne la finalità, si protrae anche nel Paese di destinazione. In tale
ultimo caso, poi, non deve necessariamente trattarsi di trasferimento di una
persona da uno Stato allaltro, potendosi verificare casi di c.d.
tratta interna, nè, parimenti, di ingresso illegale, qualora il trafficato
venga spostato da uno Paese allaltro; circa, poi, i metodi usati dai
trafficanti, nel caso
del trafficking essi sono spesso violenti, minacciosi, fraudolenti o abusivi di
una situazione di vulnerabilità, intesa come qualsiasi situazione, in cui la
persona non abbia una reale e accettabile alternativa che non sottomettersi allabuso.
Un ulteriore
discrimine poggia, infine, sul diverso ruolo svolto dal migrante nei confronti
dei trafficanti: nel caso di favoreggiamento allimmigrazione, è
generalmente la persona trafficata a richiedere il servizio di ingresso
migratorio illegale, investendo un capitale proprio, sicché viene a mancare il profilo di offesa alla
libertà di autodeterminazione della vittima riscontrabile, invece, nella
tratta. Tornando ora allesame dellart. 12 T.U. Immigrazione,
il comma 1, dopo aver contemplato la clausola di salvezza, salvo
che il fatto costituisca più grave reato, punisce chiunque in
violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a
procurare l'ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti
diretti a procurare l'ingresso
illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di
residenza permanente. A differenza della precedente previsione
che, peraltro, puniva le attività dirette a favorire
lingresso illegale in Italia, vengono ora sanzionate anche le condotte consistenti
nel procurare limmigrazione clandestina in un diverso
Stato attraverso il transito su territorio italiano26. Il reato di
favoreggiamento può essere compiuto da chiunque27, ma ha come specifico
presupposto la condizione di
straniero del soggetto passivo28. Il bene giuridico tutelato può essere
individuato nella necessità di reprimere i flussi immigratori di stranieri
privi dei prescritti requisiti di legge. Nelloggetto della
condotta sanzionata non rientra il comportamento tenuto dal migrante. Il semplice ingresso in
forma clandestina o irregolare29 non è punito di per sé come reato dal nostro
ordinamento avendo valenza di mero illecito amministrativo sanzionato con il
respingimento e lespulsione. La prima critica concerne proprio il fatto che venga
criminalizzata unattività di per sé penalmente irrilevante,
ossia labusivo ingresso dello straniero30, riservando la sanzione penale
solo allipotesi dello straniero già espulso e colpito da divieto di
rientro, salva la speciale
autorizzazione del Ministro dellInterno di cui allart.13, D.
Lgs n. 286 del 1998. Appare, pertanto, evidente unanomalia rispetto alle
altre ipotesi di favoreggiamento previste dal codice penale agli artt. 378 e 379, in cui si presuppone
che lattività
penalmente favorita sia a sua volta illecita31. Non è, inoltre, prevista la
presenza di unorganizzazione quale presupposto materiale
dellillecito: la natura associativa è, infatti, contemplata come ipotesi
aggravata, ampliandosi così enormemente le possibilità di concreta configurazione del delitto.
Trattandosi di reato di mera condotta, esso si consuma con il compimento dellattività
che procura limmigrazione clandestina, indipendentemente
dalleffettivo ingresso dello straniero, purché la condotta realizzata, oltre che diretta a
tale scopo32, sia anche idonea a realizzarlo. Occorre, poi, che la condotta sia
avvenuta almeno in parte nel territorio italiano, non essendo punibili i comportamenti
realizzati interamente all'estero. In ordine allelemento soggettivo, il reato si perfeziona
con il dolo, inteso quale coscienza e volontà di commettere atti di
agevolazione dellingresso. Si tratta, poi, di un reato di
pericolo, in quanto per la punibilità del fatto non è necessario che si
verifichi in concreto
alcun danno33. E, dunque, evidente la sussumibilità della
fattispecie di favoreggiamento dellingresso illegale, nella categoria dei
delitti di attentato e nel più ampio genus dei reati a consumazione anticipata,
con larretramento della soglia di punibilità al compimento di un fatto diretto alla
realizzazione del risultato indicato, senza che occorra leffettiva
realizzazione. Stante lassimilazione sul piano strutturale di attentato e
tentativo, va da sé che il giudizio di idoneità della condotta al raggiungimento del risultato descritto
deve essere eseguito in maniera alquanto rigorosa34, al fine di circoscrivere
la criminalizzazione di una condotta agevolatrice di unattività
di per sé penalmente irrilevante, qual è lingresso illegale dello
straniero. Ne deriva
che lillegalità dellingresso rilevante ai fini
dellapplicazione della norma de qua deve essere stabilita sulla base
delle disposizioni di cui al T.U. Immigrazione. Ciò significa che la
fattispecie del favoreggiamento potrà dirsi perfezionata, solo quando lingresso
dello straniero sia avvenuto in elusione delle prescrizioni ivi previste35.
Anche lidentificazione dellelemento di illiceità speciale
costituito dalla illegalità dellingresso non è scevra da difficoltà
ermeneutiche. Va, infatti, ricordato come parte della dottrina36 abbia, anche di recente,
denunciato la preoccupante indeterminatezza e vaghezza della formula letterale
contenuta nella prima parte delle fattispecie in parola, laddove si dà rilievo
penale ad ogni tipo di violazione delle disposizioni del testo unico37. Tali
critiche non hanno, però, trovato accoglimento nella giurisprudenza della Corte
di Cassazione38, la quale proprio nel rigettare leccezione di
legittimità costituzionale della fattispecie di cui allart.
12, comma 1, per
violazione del principio di tassatività e determinatezza, ha ritenuto la
relativa questione manifestamente infondata in considerazione del fatto che
tale norma, pur se omnicomprensiva, non sacrifica tali caratteri, potendo da
essa derivare solo una maggiore difficoltà di individuazione della fattispecie
concreta, ma non anche della tipicità della fattispecie astratta, in sé
compiutamente definita e comprendente ogni possibile combinazione della
prevista attività diretta a favorire l'ingresso di stranieri in Italia con la
violazione di ciascuna delle specifiche disposizioni del D.Lgs. in esame39.
Circa la questione se la fattispecie integri un reato di pericolo astratto o
concreto, è da segnalare che la giurisprudenza40 non ha tenuto in debita considerazione il mutamento testuale
della norma, in seguito al quale non dovrebbero assumere rilevanza penale
quelle condotte, anche prodromiche e successive allingresso
nel territorio nazionale, che non siano indirizzate a realizzare in via
principale il valico
illegale delle frontiere41, con la conseguenza che, ove emerga dagli atti uno
scopo diverso, la punibilità ex art. 12, comma 1, dovrebbe escludersi. In
particolare, il giudice di legittimità 42 ha precisato che al fine di stabilire la
riconducibilità al reato di cui allart.12, comma 1, anche
della condotta agevolatrice successiva allingresso dello straniero,
occorre verificare la sussistenza di un duplice presupposto: la rilevanza
causale rispetto a tale ingresso, ossia il legale eziologico tra la condotta successiva ed il risultato
individuato dalla norma incriminatrice, e la cointeressenza dellattività
di chi ha operato in Italia dopo lingresso irregolare e chi ha operato
allestero prima di tale ingresso. In realtà si è dellavviso che
unanalisi più
articolata e soddisfacente degli elementi costitutivi della fattispecie in
esame presupponga una lettura della norma de qua in combinato disposto con il
successivo comma 5, che prevede il reato di agevolazione della permanenza
illegale. Ciò significa che al fine di evitare una illegittima sovrapposizione
di norme, al duplice criterio sopra richiamato sarebbe opportuno aggiungerne un
terzo teso a valorizzare anche lo spazio temporale, in cui la condotta
agevolatrice successiva allingresso dello straniero viene tenuta, potendosi ancora
rientrare nellambito di applicazione del comma 1, solo
ove il suddetto contributo si realizzi immediatamente dopo lingresso nel
territorio dello Stato e nelle immediate adiacenze del luogo di ingresso43.
Successivamente a tale
momento, atti o comportamenti posteriori si porrebbero, per contro, al di fuori
dellattività di favoreggiamento strettamente intesa. 3.1 Segue: le
ipotesi aggravate ex art.12, commi 3, 3-bis e 3-ter, T.U. Imm Lart. 12,
comma 3, punisce chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti
diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in
violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare
l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non
ha titolo di residenza permanente. Anche la fattispecie
de qua rimane unipotesi residuale, per lapposizione della clausola
di salvezza salvo che il fatto non costituisca un più grave
reato44. A seguito delle modificazioni apportate dalla novella del 2004, la
suddetta disposizione prevede esclusivamente una fattispecie incriminatrice in
rapporto di specialità con il delitto di favoreggiamento dellingresso45.
Lelemento specializzate rispetto alla figura base è rappresentato dal dolo specifico di trarre profitto
anche indiretto dalla condotta46. La norma non prevede che il profitto debba
essere ingiusto e che debba derivare dalla condizione di illegalità dello
straniero, in ciò ulteriormente differenziandosi rispetto alla configurazione
del dolo specifico offerto dal successivo comma 5 con riferimento al delitto di
favoreggiamento della permanenza illegale47. Tale previsione è connotata dalle
medesime ambiguità dellillecito di procurare lingresso, per
lincidenza della condotta criminosa su di un fatto penalmente non rilevante, la cui
strutturale indeterminatezza non risulta, del resto, compensata dal dolo
specifico a cui non è attribuibile alcuna funzione selettiva. Si è, in altri
termini, in presenza di unipotesi reato a dolo specifico differenziale, con funzione
cioè differenziatrice della punibilità rispetto al fatto di favoreggiamento semplice,
di pari offensività oggettiva. È insegnamento di autorevole manualistica,
infatti, che un consimile impianto soggettivistico collida con il principio di offensività48,
facendosi dipendere la diversità della sanzione da una mera intenzione
offensiva, e ciò è tanto più grave ove un simile modello acceda ad uno schema
di reato di attentato. L'unico correttivo per evitare straripamenti
soggettivistici
sembrerebbe consistere nell'apprezzamento dell'obiettiva idoneità della
condotta a realizzare l'intenzione profittatrice, ovvero la riconversione
ermeneutica del modello del dolo specifico differenziale in reato di pericolo
concreto con dolo di
danno. Anteriormente allodierna novella, lipotesi criminosa
in esame risultava integrata anche quando il favoreggiamento fosse realizzato
da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali
di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti (art. 12, comma
3, secondo periodo, precedente formulazione). Oggi, per contro, a seguito della
legge n. 271 del 2004, siffatte ipotesi comportamentali vengono espunte ed
inserite nel corpo del comma 3-bis attraverso la previsione di una nuova
lettera, la c bis e con ciò trasformate in elementi integratori di
circostanze ad efficacia comune. Viene, inoltre, riformulato lesordio del
comma 3-bis al fine di estendere le circostanze ivi previste anche al delitto di favoreggiamento allingresso
illegale di cui al comma 1. Tra le ipotesi aggravate del delitto di
favoreggiamento dellingresso clandestino, accanto a quella contemplata dallart.
12, comma 3, vanno annoverate quelle disciplinate, rispettivamente ai commi 3-bis e 3-ter,
espressamente qualificate dalla giurisprudenza della Cassazione come
circostanze aggravanti ad effetto speciale49, che in linea con il rigore
repressivo che caratterizza lintera normativa, vengono sottratte
al giudizio di bilanciamento.
Inoltre, al fine di rafforzare leffetto deterrente delle norme in
esame, lart.12, comma 4, prevede, nei casi di cui ai commi 1 e 3, da un
lato, lobbligatorietà dell'arresto in flagranza50 e la confisca
obbligatoria51 del mezzo utilizzato per il trasporto dei clandestini anche nel caso di applicazione
della pena su richiesta delle parti contrariamente a quanto previsto dallart.
444 c.p.p. in tema di sanzioni accessorie; dallaltro, quanto al rito, che
si proceda comunque con giudizio direttissimo52, con
leccezione dellipotesi in cui occorra svolgere speciali indagini.
3.2 Segue: il delitto di favoreggiamento della permanenza illegale La
disposizione di cui allart. 12, comma 5, integrato da ultimo dalla L. n.
125 del 2008, di conversione del D. L. n. 92 del 200853, ha anchessa natura
residuale per espressa previsione legislativa, ricorrendo fuori dei casi di
favoreggiamento dellingresso illegale e salvo che il fatto non
costituisca più grave reato. Essa prevede unipotesi di reato aggravata, che presenta elementi di
connessione fra lo smuggling e il trafficking54, che rendono estremamente
problematica la fissazione di confini chiari fra le diverse attività55. Più
nello specifico tale norma punisce chiunque, al fine di
trarre un ingiusto profitto
dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività
punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel
territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico.
Sul piano descrittivo esistono
tre importanti differenze fra la fattispecie de qua e lipotesi
semplice di favoreggiamento. Innanzitutto la diversa formula usata
favorisce la permanenza sancirebbe per il delitto in esame
labbandono della tecnica della consumazione anticipata, rendendo qualificabile tale figura
come reato di evento56. Ma lindirizzo giurisprudenziale
prevalente è nel senso di ritenere anche il delitto di agevolazione della
permanenza illegale un reato di mera condotta, nonostante la diversità
lessicale che lo connota
rispetto al reato di favoreggiamento dellingresso clandestino.
La permanenza dello straniero protrattasi per un certo periodo di tempo non
assurge, infatti, ad elemento costitutivo della fattispecie, bastando il
compimento di attività dirette a favorirla al fine di trarne ingiusto profitto57. In secondo
luogo, un altro elemento di differenziazione riguarda latteggiamento
soggettivo che deve qualificare le condotte interdette. Mentre, infatti, il
delitto di favoreggiamento dellingresso clandestino è costruito come fattispecie a dolo
generico, il reato di favoreggiamento della permanenza prevede la particolare
configurazione del dolo specifico di profitto, che deve essere ingiusto e
derivare dalla condizione di illegalità dello straniero: è richiesta una
precisa correlazione tra la condizione di illegalità ed il profitto che da esso
deriva, che si sviluppa non già solo sul piano oggettivo, ma su quello delle
finalità assunte dallagente. Il favorire la permanenza dello
straniero nel territorio dello Stato è punita, inoltre, quando lagente
abbia operato nellambito delle attività punite a norma del presente
articolo. Difficile appare, invero, lesegesi di questa
disposizione. Si ritiene che questultima precisazione induca il passaggio
della fattispecie
delittuosa dallambito del traffico di migranti a quello di
tratta di persone a scopo di sfruttamento. La giurisprudenza ha ritenuto che la
norma, per quanto ambigua e mal formulata, si riferisca alle condotte di
agevolazione del soggiorno in Italia caratterizzate dallintento di reclutare
persone da destinare alla prostituzione o minori da sfruttare in attività
illecite58. Tale esegesi è condivisibile e tiene in debita considerazione la
natura residuale della norma. In altri termini, una corretta interpretazione della locuzione nellambito
delle attività punite a norma del presente articolo comporta la rilevanza
delle sole circostanze aggravanti del fine di prostituzione e di sfruttamento
di minori, non anche di altre condotte, che concreterebbero più propriamente modalità di esecuzione
del solo favoreggiamento dellingresso clandestino, sia esso a
dolo generico o a dolo specifico59. 4. Delitto di indebito trattenimento dello
straniero espulso Tra i reati previsti in collegamento allespulsione60,
lipotesi più
frequente nelle aule di giustizia è quella contemplata allart.14,
comma 5-ter, T.U. Immigrazione, attraverso cui si è inteso incriminare il
comportamento dello straniero che, senza un giustificato motivo61, ometta di
lasciare il territorio italiano nel termine di legge. Lillecito, a seconda
delle ragioni sottese allespulsione, presenta natura di delitto (primo
periodo della disposizione) o di contravvenzione (secondo periodo). Una volta
accertato che linteressato si è trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato, lamministrazione
deve procedere in ogni caso alladozione di un nuovo
provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della
forza pubblica (terzo periodo)62. Il successivo comma 5-quater stabilisce
che debba rispondere
di uno specifico reato, punito più o meno gravemente, lo straniero che venga
trovato nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo
unico dopo essere già stato espulso ai sensi del comma 5-ter primo
periodo (reclusione
fino a cinque anni) e del comma 5-ter secondo periodo
(reclusione per un massimo di quattro anni)63. Sul piano strutturale la
fattispecie in esame rileva affinità con le figure di reato incentrate
sullosservanza di un provvedimento amministrativo64. Lordine
di allontanamento del questore ex art. 14, comma 5-bis65, la cui violazione
integra lipotesi di indebito trattenimento di cui al primo periodo della
norma in commento, costituisce una modalità di esecuzione
dellespulsione66, che presuppone limpossibilità di trattenere lo straniero
presso un centro di permanenza temporanea o di accompagnarlo alla frontiera,
con ciò riversandosi discutibilmente sullo straniero lonere di eseguire
lespulsione, laddove lo Stato non riesca a farvi fronte con mezzi propri67. La legittimità dellordine
del questore dipende, inoltre, dalla legittimità del provvedimento con cui, a
monte, è stata disposta lespulsione dello straniero alla cui esecuzione
mira il provvedimento di allontanamento disatteso e che costituisce un antecedente
logico68 del reato in esame; ciò assume ancor più rilevanza a seguito
delle modifiche apportate dalla legge n. 271 del 2004, in base alle quali
le pene edittali si differenziano a seconda del provvedimento espulsivo
comminato in origine,
che, dunque, diventa un discrimen tra fattispecie delittuose e
fattispecie contravvenzionale69. Nella previsione originaria la
fattispecie penale in esame era prevista come illecito contravvenzionale
passibile di arresto obbligatorio. La Corte costituzionale con sentenza 15
luglio 2004, n. 223 dichiarava lillegittimità costituzionale
dellart. 14, comma 5-quinquies per violazione degli artt. 3 e 13
Cost. nella parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma
5-ter del medesimo articolo 14 è obbligatorio larresto dellautore del fatto,
risultando priva di senso ladozione di un provvedimento precautelare,
laddove non possa essere validamente disposta, in sede di convalida, la misura
cautelare in carcere né alcun altra misura coercitiva di tipo cautelare stante il disposto
dellart.380 c.p.p70. Larresto, pertanto, non essendo
finalizzato alla successiva adozione di un provvedimento cautelare, si
risolve in una limitazione provvisoria della libertà personale
priva di qualsiasi funzione processuale ed è quindi, sotto questo aspetto, manifestamente
irragionevole. La novella del 2004 interviene a colmare il vuoto legislativo
creato dalla declaratoria di incostituzionalità, attraverso una riformulazione
della norma censurata, che disattende il contenuto garantistica dellintervento
della Consulta: il primo periodo dellart.14, comma 5-ter prevede ora la
violazione dellordine di allontanamento come delitto punibile con la
reclusione da uno a quattro anni (ad eccezione del caso di espulsione motivato dallessere
scaduto il permesso di soggiorno, per cui viene ancora mantenuta la pena
dellarresto da sei mesi a un anno). Linasprimento della pena è,
infatti, precondizione per lobbligatorietà dellarresto prevista al
successivo comma 5-quinquies71. Il testo novellato, come era prevedibile, viene nuovamente
sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale. Un primo profilo di
costituzionalità sorge in merito alla manifesta ed irragionevole sproporzione
della pena prevista per linosservanza dellordine del questore rispetto non
soltanto alla pena precedentemente comminata, non trovando tale inasprimento
sanzionatorio giustificazione in significativi mutamenti del contesto sociale
di riferimento, ma anche con riguardo alle pene previste per le ipotesi
analoghe di cui agli artt. 650 c.p. e 2, L. 27 dicembre 1956, n. 142372. In particolare,
si obietta che la condizione di straniero irregolare non può di per sé
rappresentare un situazione di pericolosità sociale tale da giustificare una
siffatta disparità di trattamento, soprattutto quando si pensi che del reato
possono essere chiamati a rispondere soggetti non pericolosi, né mai processati
o condannati per altri comportamenti criminosi73. Si ritiene, inoltre, che la
pena prevista dallart. 14 ,comma 5-ter non sembra avere alcun fine
rieducativo, ma sia volta alla soddisfazione di mere esigenza processuali
(quali quella di consentire limmediato arresto obbligatorio in
flagranza, il rito direttissimo immediato o nei 15 giorni74, e
lespulsione immediata), con ciò ripristinando in forma aggravata ciò che la Consulta aveva
censurato con la sentenza n. 223 del 2004 richiamata75. La Corte costituzionale con sentenza 2 febbraio 2007, n. 22 dichiara
questa volta inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dellart. 14 commi 5-ter e 5-quinquies del D.Lgs. n. 286 del 1998, in riferimento agli
artt. 2, 3 e 27 Cost., nella parte in cui la norma prevede la pena della
reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che senza giustificato motivo
si trattiene nel
territorio italiano in violazione dellordine di espulsione
del Questore, nonché larresto obbligatorio, sollevate dai Tribunali di
Genova, Bologna, Ancona, Gorizia, Trieste, Milano, Trani76 e Verona, ma invita
il legislatore a eliminare al più presto gli squilibri, le sproporzioni e le disarmonie che
caratterizzano il quadro normativo in materia di immigrazione77. A parere della
Consulta il controllo dei flussi migratori rappresenta un grave problema
sociale, umanitario ed economico, che implica valutazioni di politica
legislativa non riconducibili a mere esigenze generali di ordine e sicurezza
pubblica né sovrapponibili o assimilabili a problematiche diverse, legate alla
pericolosità di alcuni soggetti e di alcuni comportamenti che nulla hanno a che
fare con il fenomeno dellimmigrazione. Il sindacato di
costituzionalità può investire le pene scelte dal legislatore solo se sia
evidente la violazione del principio di ragionevolezza, ossia solo nel caso in
cui esistono fattispecie di reato sostanzialmente identiche, ma sottoposte a diverso trattamento
sanzionatorio. La Corte ritiene, in altri termini, che il caso di specie non
integri una di quelle ipotesi in cui la stessa può legittimamente verificare luso
della discrezionalità legislativa nella determinazione della qualità e quantità della sanzione
penale, in quanto non si riscontra una sostanziale identità tra le fattispecie
prese in considerazione. In realtà, tale lettura non convince, ritenendosi che
le norme richiamate siano legate da un rapporto di affinità, che vede lipotesi
di cui allart. 14, comma 5-ter, in buona sostanza, nientaltro che
una specificazione dellart. 650 c.p.. Peraltro, nelle ordinanze di
rimessione de quibus lart.3 Cost. si asserisce violato non solo in
comparazione con altre
norme penali che prevedono fattispecie simili, ma anche per intrinseca
irragionevolezza, avuto riguardo al rapporto di proporzionalità necessaria tra
gravità del disvalore sociale del fatto ed entità delle sanzioni. Va a tal
proposito menzionata quellevoluzione giurisprudenziale secondo cui il rispetto di
tale principio nel diritto penale equivale a negare
legittimità alle incriminazioni che, anche se presumibilmente idonee a
raggiungere finalità statuali di prevenzione, producono, attraverso la pena, danni allindividuo
(ai suoi diritti fondamentali) ed alla società sproporzionatamente maggiori dei
vantaggi ottenuti (o da ottenere) da questultima con la tutela dei beni e
valori offesi dalle predette incriminazioni78. In sintesi il suddetto orientamento ha portato il giudice delle
leggi ad affermare che la finalità rieducativa della pena di cui allart.
27, comma 3, Cost. non sia limitata alla sola fase dellesecuzione, come
precedentemente affermato79, ma costituisca una delle qualità essenziali
e generali che
caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico, e laccompagnano
da quando nasce, nellastratta previsione normativa, fino a quando in
concreto si estingue80, implicando, quindi, un costante principio
di proporzione tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dallaltra81.
Pertanto, ancorando il giudizio di ragionevolezza e proporzionalità ai suddetti
parametri costituzionali così come interpretati dalla giurisprudenza costituzionale
più lungimirante82, la Consulta avrebbe dovuto pronunciare la declaratoria di
illegittimità costituzionale della disposizione in
esame, nella convinzione della palese incongruenza della previsione
sanzionatoria impugnata. Non vi è, infatti, dubbio che la norma, fortemente
punitiva sotto il profilo sia sostanziale che processuale, introduca una forma
di diritto speciale penale per limmigrato clandestino, concepita
nel segno della differenziazione tra cittadini e, appunto, non cittadini.
Viene, infatti, conferita rilevanza alla mera condizione soggettiva di straniero irregolare
inottemperante, a cui si ricollegano conseguenze giuridiche diverse,
segnatamente assai più severe, senza che a tale qualifica sia possibile
imputare una reale pericolosità sociale, tenuto, altresì, conto di altri casi di
arresto obbligatorio, ove si rinvengono situazioni concrete di danno ad
interessi protetti di rango costituzionale83. 5.
Criteri interpretativi per distinguere lipotesi di abolitio
criminis e abrogatio sine abolitione in caso di modifica immediata di fattispecie penale Nellambito
della più ampia materia della successione di leggi penali nel tempo, si
inserisce il fenomeno della c.d. abolitio criminis, che può verificarsi in due
modi, o mediante abolizione84 di una fattispecie incriminatrice o sua sostituzione85. Sono, infatti, frequenti
i casi di modifiche legislative articolate nell'abrogazione espressa di una
precedente fattispecie e nella contestuale previsione, nell'ambito della stessa
materia, di nuove incriminazioni, che rispetto alle previgenti possono
risultare strutturalmente eterogenee, oppure presentare unomogeneità
logico-strutturale, al cui accertamento segue lanalisi del tipo di
specialità (rapporto di genere a specie o viceversa) esistente fra le norme
succedutesi nel tempo. In genere, la riformulazione del bene giuridico protetto o delle
modalità di offesa determina una restrizione dellambito
applicativo dell'incriminazione, così specializzando la tutela penale86.
Ovviamente anche la degradazione di un reato ad illecito amministrativo (c.d. depenalizzazione) dà luogo ad
abrogazione87. Con labrogazione di una norma viene meno il
precedente giudizio di disvalore astratto, eliminandosi la qualificazione di
illiceità penale di un determinato comportamento. Invero, tale fenomeno non si produce
automaticamente, ossia in tutti i casi in cui si verifica lespressa
abrogazione di una disposizione88. L'interprete è, infatti, tenuto a verificare
se tale abolizione89 o la modifica di un enunciato legislativo abbia
effettivamente prodotto una abolitio criminis vera e propria oppure una c.d. abrogatio sine
abolitione: nonostante l'espressa abrogazione da parte del legislatore di una
disposizione incriminatrice, la fattispecie legalmente contemplata come reato
(ovvero una o più delle sottofattispecie legali) continua ad essere penalmente
rilevante90. In altri termini si è in presenza di un fenomeno di abolitio
criminis parziale91, quando vi è stata successione soltanto modificativa fra le
norme incriminatrici: la norma successiva toglie vigore a quelle condotte
legali ricomprese nella norma previgente non più richiamate. Pertanto, la norma
di riferimento sarà per la porzione di incriminazione eliminata lart.
2, comma 2, c.p., per la parte, invece, che continua ad essere vigente, il
successivo comma 4 della
suddetta disposizione, alla cui stregua troverà applicazione la lex mitior,
salvo il caso in cui sia già stata pronunciata una sentenza irrevocabile92. Più
precisamente, l'ipotesi di abolizione parziale di una incriminazione ricorre in
presenza di due norme incriminatrici che si avvicendano nel tempo, e che si
pongono in rapporto di specialità tra loro. Come ha chiarito la giurisprudenza
di legittimità93, per stabilire se tra due norme sussista o meno continuità
normativa, occorre innanzitutto valutare se vi è omogeneità strutturale tra
fattispecie astratte, in caso di esito positivo, occorre, inoltre, individuare
la relazione di specialità tra le stesse intercorrente. Tale rapporto di
specialità può essere per specificazione o per aggiunta: ricorre la prima
ipotesi quando venga a realizzarsi un rapporto di genere a specie fra uno o più
elementi delle due fattispecie, nel secondo caso, invece, la norma speciale
presenta alcuni elementi specializzanti, che si aggiungono a quelli costitutivi
della norma generale, determinando un restringimento della sua sfera di
applicazione. Di talché, mentre nella specialità per specificazione la
fattispecie generale include sempre tutti gli elementi descrittivi della
fattispecie speciale, nella specialità per aggiunta è, piuttosto, la
fattispecie speciale a includere tutti gli elementi descrittivi di quella
generale, oltre all'elemento aggiuntivo che la caratterizza94 . Tanto nel primo
quanto nel secondo caso, quindi, sarebbe riscontrabile
una situazione di doppia punibilità in astratto, cui si ricollega una relazione di
continuità 95 normativa. Più nello specifico, nellipotesi di
specialità per specificazione, il legislatore prevede con la nuova disciplina
lo stesso reato, ma conferma la punibilità di solo una parte dei fatti prima sanzionati; ne segue che
per quei fatti per cui permane lilliceità, non cè abolitio
criminis, ma una vicenda modificativa di disciplina; per quelli per cui,
allopposto, lilliceità penale non è confermata, non si può che
sostenere la sussistenza
del fenomeno abrogativo parziale. Nella seconda ipotesi di specialità, invece,
la valutazione di continuità o meno non può prescindere dallesame
dellelemento speciale introdotto: in tali casi, infatti, non si ha mai un
fenomeno abrogativo parziale per le condotte di cui non è ribadita la penale rilevanza, in quanto se
lelemento specializzante ha una portata tale da esprimere la
volontà del legislatore di punire un diverso disvalore, e quindi, di mutare la
propria scelta punitiva, si verifica unabolitio criminis totale; nel caso
contrario, in cui non è ravvisabile tale mutamento, dato che la norma non
riduce lambito di penale rilevanza dei fatti già puniti, ma, anzi,
introduce un ulteriore elemento aggiuntivo, non si ha alcuna abolitio criminis,
ma modificazione di
disciplina ex art.2, comma 4, c.p.96. Il tema in esame è oggetto di un vasto
dibattito sia giurisprudenziale che dottrinale, alimentato dalle numerose
vicende legislative, che hanno recentemente apportato modifiche a vari settori
dellordinamento
e nel cui ambito non è sempre risultato agevole distinguere le ipotesi di
abrogazione da quelle di successione di leggi penali meramente modificative.
Ciò detto, per una corretta impostazione del problema si ritiene opportuno
passare ora in rassegna, anche se non in modo compiuto, le varie impostazioni
teoriche avanzate da dottrina e giurisprudenza, al fine di stabilire quando vi
sia o meno continuità normativa fra due fattispecie penali97. 5.1 Segue: le
posizioni dottrinali e giurisprudenziali Nonostante gli sforzi compiuti, la
dottrina e la giurisprudenza non sono ancora giunte ad una posizione unitaria
circa lindividuazione dei criteri e requisiti, alla stregua dei quali
una legge o disposizione possa definirsi speciale rispetto ad unaltra; il
problema centrale
verte sullestensione del principio di specialità non solo alle ipotesi di
integrale sovrapposizione delle fattispecie astratte concorrenti, ma anche al
caso in cui la sovrapposizione risulti solo parziale98. Diverse le teorie
elaborate e variamente
applicate, di cui darà ora breve lettura. Una prima impostazione, risalente nel
tempo, ritiene che per verificare se si è in presenza di un rapporto di
continuità normativa occorre accertare, se il fatto storico concreto rientri
nellambito di applicazione tanto della norma precedente, quanto di quella riformulata
(c.d. teoria del fatto concreto)99; in tale ipotesi, infatti, il
giudizio di disvalore permarrà, essendosi verificata una mera successione nel
tempo di norme modificatrici e non una vera e propria abrogazione. Nonostante la sua estrema
facilità applicativa, il limite più evidente di tale teoria è che, focalizzando
lattenzione sulle condotte concrete, non permette di tracciare a
priori i confini precisi fra lecito ed illecito, il che comporta il rischio di applicazioni
retroattive della nuova incriminazione. Un secondo indirizzo elabora un
criterio di natura sostanzialistico-valoriale, volto a delineare la continuità
dincriminazione, laddove alle norme poste in successione sia
comune un nucleo di
disvalore, determinato dal bene giuridico tutelato e dalle modalità delloffesa,
tipizzate dalle fattispecie poste a confronto100. Secondo la teoria della
continuità del tipo di illecito, pertanto, si verifica un fenomeno successorio,
allorquando,
nonostante la novazione legislativa, nel passaggio dalla previgente alla nuova
norma, tali parametri di valutazione permangono sostanzialmente invariati101. A
tale impostazione si muovono, tuttavia, due critiche fondamentali: si è in
primo luogo obiettato che a fronte di una verifica rigorosa circa l'identità
del bene offeso e delle modalità aggressive, il criterio avrebbe un ambito di
applicazione assai ristretto; se, invece, al contrario tale indagine si
avvalesse di criteri di natura eminentemente valutativa, il principio
interpretativo sarebbe suscettibile di apprezzamenti di valore labili ed
incerti, alla stregua dei quali si finirebbe per conferire rilevanza a profili
del fatto che non dovrebbero averne, col conseguente rischio di violazione del
principio di irretroattività102. A tale teoria si contrappone, quindi, un terzo
criterio, di natura formale, definito della piena continenza103, poi integrato
e sostituto dalla teoria dei rapporti strutturali fra due fattispecie
incriminatrici succedutesi nel tempo, che fonda il giudizio di continuità
normativa sulla sostanziale omogeneità degli elementi costitutivi
caratterizzanti la norma precedente e quella sopravvenuta. In base a
quest'ultima impostazione, il fenomeno successorio è, quindi, riscontrabile, ogniqualvolta
il legislatore, nel riformulare la fattispecie, abbia previsto una condotta
caratterizzata da elementi pienamente sovrapponibili a quelli contemplati nella
versione precedente, tale per cui possa tra le stesse instaurarsi una relazione
di genere a specie. Naturalmente può rinvenirsi un rapporto di specialità
reciproca, nel senso che sussisterebbe continuità di incriminazione tanto nel
caso in cui la nuova norma sia speciale rispetto alla precedente (limitatamente
allarea di
illecito delineata dalla nuova norma), quanto nel caso inverso, in cui la
precedente norma sia speciale rispetto alla nuova (limitatamente allarea
di illecito delineata dalla vecchia norma)104. Fra le pronunce in cui si
assiste ad un allontanamento dal criterio della continuità del tipo di illecito a favore
di quello incentrato sul raffronto formale tra le fattispecie vale la pena
annoverare, a titolo esemplificativo, una recente sentenza105 delle Sezioni
Unite in materia di false comunicazioni sociali e bancarotta fraudolenta
impropria. Il Supremo Collegio, prendendo le mosse dalle vicende legislative
rispettivamente concernenti gli artt. 2621 c.c. e 223, comma 2, L. Fall. (R. D., 16 marzo
1942, n. 267), ha precisato che, ai fini della distinzione tra abolitio
criminis e successione di leggi penali nel tempo, il criterio da seguire è
costituito dalla comparazione strutturale tra le fattispecie astratte,
ulteriormente specificando che lo stesso si basa sulla ricerca di unarea
di coincidenza tra gli elementi oggettivi e soggettivi, individuati dalle leggi succedutesi nel
tempo, a prescindere dalle valutazioni concernenti i beni oggetto della tutela
penalistica e le modalità delloffesa, parametri che si sarebbero
dimostrati, alla prova dei fatti, inidonei a condurre ad approdi interpretativi sicuri.
La Corte stabilisce, inoltre, che il ricorso ad un controllo bifasico, che
faccia seguire ad un verifica strutturale una verifica valutativa, non
sia di regola necessario e debba avvenire solo se vi sono elementi univocamente
indicativi di una
volontà legislativa totalmente abolitrice, che, peraltro, nel
caso di specie è già desumibile dall'esame logico-strutturale delle norme in
successione. 6. La successione mediata di norme penali Come noto, il criterio
di formulazione della norma
penale consiste nella descrizione materiale di un determinato comportamento.
Talora la legge, nellindicazione degli elementi di una
fattispecie incriminatrice, può fare ricorso anche ad elementi normativi106.
Trattasi di dati rilevanti per l'ordinamento giuridico richiamati dalla norma incriminatrice e
caratterizzati da un parametro valutativo variabile al mutare dei tempi e dei
luoghi. Essi, per un corretto inquadramento, possono necessitare di
eterointegrazione giuridica o extragiuridica107, che ne precisi la portata. Linterrogativo
che si pone in questa sede è se la modifica di una norma giuridica richiamata
da un elemento normativo108 dia luogo ad una vicenda successoria riconducibile
nellalveo di applicazione dellart. 2 c.p.. Numerose sono le ipotesi prospettabili: da quella
classica dellabrogazione del reato rispetto al quale è
stata presentata una denuncia di calunnia, ai casi in cui venga meno, a seguito
di un provvedimento legislativo o amministrativo, la qualità di pubblico
ufficiale. Trattatasi
di un problema alquanto dibattuto e ricorrente, soprattutto a causa della
necessità di adeguare le fattispecie di reato ad una realtà fattuale in
continuo cambiamento, che comporta una crescente interdipendenza degli
ordinamenti giuridici, nonché dei vari rami di cui gli stessi, singolarmente
considerati, si compongono. 6.1 Segue: gli indirizzi dottrinali Anche nella
materia de qua è, pertanto, ravvisabile una varietà di opinioni dottrinali109
più articolata rispetto alle draconiane decisioni della giurisprudenza,
indirizzate bruscamente o verso lassoluta irrilevanza o,
viceversa, verso la piena rilevanza delle modifiche mediate della fattispecie
penale. In via di estrema sintesi, lorientamento tradizionale ritiene che
lart. 2 c.p. non trovi applicazione nellipotesi di successione di mere
norme integratrici della legge penale, in quanto esse influirebbero sulla
previsione incriminatrice senza, però, farne parte110. Si obietta, però, in
chiave critica, che una siffatta interpretazione finirebbe per dare rilievo a fatti che in seguito
alla sopravvenuta modifica hanno perso di rilevanza. Linterpretazione
estensiva sarebbe, peraltro, suffragata dal dato testuale dellart. 2
c.p., che, pur se intitolato successione di leggi penali, descrive,
poi, il suddetto
fenomeno in modo asettico, parlando genericamente di legge.
Occorre, invero, stabilire, se in seguito allabrogazione della norma
integratrice della fattispecie penale111, sia venuto meno il disvalore penale
del fatto criminoso anteriormente commesso e di conseguenza la ratio puniendi ad esso sottesa.
Nellambito di tale ultima impostazione dottrinale sono enucleabili
diversi indirizzi interpretativi112, che non permettono di pervenire ad una
soluzione univoca. Basti dire che secondo alcuni interpreti, i parametri alla cui stregua
deve essere compiuta lindagine ermeneutica circa la coincidenza
dellarea di illiceità, andrebbero individuati nella modalità di
aggressione e nel bene giuridico tutelato, la persistenza dei quali, pur nella
riscrittura della
norma, escluderebbe il fenomeno abolitivo113. Altra parte della dottrina114,
invece, utilizza un criterio rigorosamente normativo. Forti contrasti si
registrano, ad esempio, in riferimento applicabilità dellart.
2, comma 2, c.p. nel caso di abrogazione del reato presupposto nel delitto di calunnia. Ad
avviso di alcuni, la calunnia, avendo natura di reato di pericolo, si consuma
con linsorgere della semplice possibilità che si instauri un processo
penale e che, quindi, venga condannato un innocente115, senza che possa incidere sul
disvalore del fatto la successiva depenalizzazione del delitto oggetto di falsa
incolpazione. A parere daltri, al contrario, la depenalizzazione
del reato presupposto inciderebbe in modo decisivo sul disvalore penale del fatto commesso, con conseguente
operatività della disciplina di cui allart. 2, comma 2,
c.p.116 Contrapposizioni si verificano, altresì, in relazione al mutamento che
abbia ad oggetto norme integratrici extragiuridiche che rinviano, comè
noto, a criteri di
tipo socio-culturale: si pensi, ad esempio, al caso in cui cambi il parametro
sociale alla stregua del quale si valuta loscenità di una
determinata condotta. A fronte di un orientamento dottrinale favorevole
allapplicabilità anche a tali casi della disciplina di cui allart.2
c.p.117, vi è un altro indirizzo che, invece, la nega recisamente118. Invero,
in rapporto ai concetti normativi etico-sociali, non si potrebbe parlare
propriamente di modifiche mediate della fattispecie, posto che il mutamento di
una norma di costume
non integrerebbe, a rigore, un fenomeno di successione di leggi nel tempo. In
questo caso, si pone semmai, con ogni probabilità, un distinto, ma non per
questo meno importante, problema di interpretazione evolutiva della fattispecie
incriminatrice. In ordine, poi, alle c.d. norme penali in bianco, la posizione
prevalente119 è quella secondo cui labrogazione della
disposizione realmente integratrice, agendo in via non indiretta, ma diretta
sulla norma, importa quella liceità del comportamento alla stregua del giudizio di valore astratto
che è essenziale nellart. 2, comma 2, c.p.120. 6.2 Segue: il
panorama giurisprudenziale Negli ultimi anni la tematica della successione di
elementi normativi della fattispecie è stata spesso oggetto di indagine giurisprudenziale; si pensi,
a titolo esemplificativo, ai casi concernenti la depenalizzazione del reato
presupposto nella calunnia e nellomessa denuncia,
labolitio criminis del reato-scopo nei delitti associativi, la perdita
della qualifica soggettiva
ad opera di legge extrapenale nei c.d. reati propri, la punibilità del rifiuto
di prestare il servizio militare in seguito allabrogazione del
servizio di leva obbligatorio e, più di recente, la nozione di imprenditore
fallibile alla luce del nuovo assetto normativo ex D. Lgs., 9 gennaio 2006, n. 5, che ridisegna i
criteri soggettivi rilevanti ai fini dellassoggettabilità alla
procedura fallimentare ed ai relativi illeciti penali. La questione ha trovato
divergenti soluzioni e, nonostante la maturità e diffusione di alcune tesi, non è possibile
risalire a criteri diagnostici sufficientemente stabili, mediante i quali sia
consentito ai giudici di applicare nel caso concreto un istituto piuttosto che
un altro. In questa sede, non potendosi procedere ad unelencazione
esaustiva della relativa casistica, attese le peculiarità che connotano ogni
singola vicenda giudiziaria, maggior rilievo verrà dato soprattutto a quelle
pronunce, in cui linterprete ha optato per loperatività
dellistituto successorio a norma dellart. 2, comma 2, c.p.
nellipotesi di modifica di norma extrapenale. Emblematico delle suddette
difficoltà ermeneutiche può considerarsi il caso relativo alla trasformazione
dellENEL in società per azioni ad opera della L. 8 agosto 1992, n. 359, in seguito a cui è sorto il problema se il
novum legislativo avesse inciso sulla struttura della fattispecie sanzionata
dallart. 468 c.p., commessa anteriormente allentrata in
vigore della succitata legge di privatizzazione. Al riguardo si sono sostanzialmente registrati due diversi
indirizzi interpretativi: secondo un primo orientamento lintervenuto
mutamento del regime giuridico dellENEL non ha affatto modificato
il contenuto delle norme incriminatrici e perciò rimane immutata la punibilità
della contraffazione
dei sigilli, strumentale alla sottrazione di energia elettrica commessa121
in data anteriore, in base alla considerazione che la modifica mediata di una
fattispecie incriminatrice, attraverso la modificazione o labrogazione di
norme extrapenali che
implicitamente ne determinano lambito applicativo, non è
automaticamente ascrivibile al fenomeno della successione di leggi nel tempo. A
conclusioni diverse giungono, invece, altre pronunce in cui si afferma che tale
trasformazione non rende più configurabile la fattispecie di contraffazione del sigillo
di un ente pubblico, prevista dallart. 468 c.p.122.
Tale norma, infatti, al fine di individuare un elemento essenziale del precetto
penale (lente pubblico), fa rinvio alla norma (extrapenale) che specifica la natura dellente,
la quale, pertanto, non può che qualificarsi come norma penale integrativa; né
vale osservare che la legge n. 359 del 1982, essendo una tipica
legge-provvedimento e, quindi, un atto sostanzialmente amministrativo, non è
tale da modificare la
norma incriminatrice, dato che anche la norma amministrativa può integrare o
costituire il precetto penale123. Secondo tale, preferibile, impostazione, in
altri termini, la ratio della diretta applicazione dellart.2,
comma 2, c.p., anche
alle norme (extrapenali) integratrici della fattispecie penale, va individuata
nel venir meno, con la modifica della disciplina, del disvalore sociale del
fatto124, ossia il presupposto logico, ragionevole ed imprescindibile della
sanzione penale. Analogamente, in applicazione dei criteri suddetti, la Corte
di Cassazione, ha ritenuto non configurabili i reati di peculato e
malversazione in capo ad operatori bancari, per fatti precedentemente compiuti,
asserendo che la perdita della qualifica pubblicistica seguita al cambiamento
della natura giuridica dellente di appartenenza125 possa
considerarsi come una successione mediata abolitrice della norma penale. Alle
stesse conclusioni la giurisprudenza è, altresì, pervenuta, nellipotesi
della maggiore età, passata
da 21 anni a 18 a
partire dallentrata in vigore della legge 8 marzo 1975, n. 39 126. Del
medesimo avviso, inoltre, le pronunce, ove si afferma il venir meno del reato
di violazione di domicilio, quando per legge extrapenale viene modificato il
concetto di
domicilio127, nonché del delitto di contrabbando, quando la normativa fiscale
abolisce limposizione dei diritti di confine128. Lo stesso esito viene,
parimenti, raggiunto con riguardo al delitto di esercizio abusivo della
professione previsto dallart. 348 c.p.: come noto tale previsione integra una norma
penale in bianco, che, come già accennato, postula per la sua stessa natura
l'esistenza di altre fonti normative destinate a stabilire le condizioni
oggettive e soggettive integranti il contenuto precettivo della fattispecie
incriminatrice129. Ergo, per accertare se unattività sia stata
esercitata in mancanza del titolo richiesto, ossia abusivamente, occorre avere
preliminarmente chiari i limiti ed i contenuti delle varie normative di
settore, a cui si deve
fare di volta in volta rinvio. Circa, poi, la rilevanza di modifiche
concernenti atti giuridici non normativi, come, ad esempio, il provvedimento di
natura amministrativa richiamato dal reato di cui allart.
650 c.p., parte della giurisprudenza130 ritiene lemanazione di nuovi atti o il
mutamento del loro contenuto irrilevante, poiché gli stessi sono da
considerarsi elementi del fatto, o elementi occasionali, che devono sussistere
solo al momento della commissione del reato. A parere di altro orientamento131, invece, la soluzione non
può ritenersi automatica, dovendosi sempre effettuare una valutazione concreta
del permanere del disvalore penale del fatto ai sensi dellart.
49, comma 2, c.p., anche con riguardo alle integrazioni non normative. Relativamente agli effetti dello jus
superveniens sulla punibilità del delitto di calunnia, il giudice di
legittimità mostra, invece, di prediligere un orientamento rigoristico, nel
senso di escludere tout court lapplicazione dellart. 2 c.p.,
nel caso in cui il
fatto oggetto di falsa incolpazione non costituisca più reato (o diventi
procedibile a querela e questa non sia stata proposta)132. Va, altresì,
segnalato il dibattito giurisprudenziale, che si è sviluppato con riguardo alla
punibilità della condotta di rifiuto a prestare il servizio militare posta in
essere prima dellentrata in vigore della L., 14 novembre
2000, n. 331, che ha istituito il servizio militare professionale ed ha
previsto la sostituzione dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa e con personale
civile del Ministero della Difesa133. Lintroduzione della
suddetta normativa ha dato luogo ad un acceso contrasto interpretativo, anche a
causa di un dettato legislativo caratterizzato da un certo pressappochismo
linguistico: linterrogativo
è se tale riforma abbia o meno comportato labolizione del reato di cui
allart.151 c.p.m.p. (così come ogni altra norma incriminatrice di
condotte di rifiuto del servizio militare), che punisce il mancato rispetto
della chiamata c.d. obbligatoria
alle armi, ovvero abbia dato luogo ad un mero fenomeno di successione di norme.
A fronte di un indirizzo interpretativo favorevole alla tesi dellintervenuta
abolitio criminis del reato in esame in conseguenza della totale e
generalizzata eliminazione
del servizio militare obbligatorio134, si registrano sentenze di senso
contrario135, che inquadrano il rapporto fra nuova e previgente disciplina in
tema di servizio militare obbligatorio nell'ambito dellart.
2, comma 4, anziché dellart. 2, comma 2, c.p. Trattasi di un indirizzo prevalente, secondo
cui, più nello specifico, la nuova disciplina avrebbe semplicemente fatto venir
meno una norma integratrice del precetto penale, che riguarda esclusivamente i
giovani nati prima del 1985, assoggettati all'obbligo di leva sino al 31
ottobre 2005 (data di cessazione dal servizio dell'ultimo contingente chiamato
alle armi il 31 dicembre 2004 ex art. 1, L. 23 agosto 2004 n. 226), poiché fino a
tale data permane la fattispecie incriminatrice. Successivamente al 31 ottobre
2005, labolizione del servizio di leva obbligatorio determina
unabolitio criminis e, quindi, la non punibilità del reo in applicazione
dellart. 2, comma 2, c.p.. Di poco successivo alla sentenza in commento
è, poi, un altro importante arresto giurisprudenziale, anchesso emesso a Sezioni
unite, secondo cui la modifica della definizione legale di piccolo
imprenditore prevista dallart. 1, L. Fall., ad opera dellart. 1, D.Lgs.,
9 gennaio 2006, n. 5 e ss. modifiche, non ha dato luogo, in relazione al reato di bancarotta
fraudolenta (art. 216 L.
Fall.), ad una successione di norme integratrici del precetto penale, rilevante
a norma dellart.2, comma 2, c.p., in quanto non incidente su un elemento
strutturale della fattispecie penale. Ne consegue che permane la punibilità dellimprenditore,
dichiarato fallito sulla base della pregressa normativa, anche se in un momento
successivo alla commissione del fatto non possa essergli più attribuita, in
forza della nuova norma definitoria,
la qualifica di piccolo imprenditore, come tale non
soggetto alla disciplina del fallimento. La Corte, aderendo al più risalente
indirizzo interpretativo, conclude, quindi, nel senso della vincolatività in
sede penale dellaccertamento dello status di imprenditore contenuto nella declaratoria di
fallimento pronunciata dal giudice civile136. Dalle sentenze passate in
rassegna, si evince chiaramente che lorientamento della
prassi applicativa in subiecta materia non è affatto omogeneo e compatto. Ad
aggravare la situazione,
contribuisce, altresì, la circostanza che, in diverse pronunce, i passaggi
argomentativi a supporto o meno della natura integrativa della fonte che
subisce la modifica, sono alquanto scarni e apodittici, in quanto non enunciano
in termini chiari e convincenti il criterio generale ed univoco in grado di
determinare non soltanto lincidenza della norma extrapenale sulla
portata del precetto, ma anche lambito di estensione del meccanismo di
successione di leggi penali nel tempo in tutte le sue configurazioni. 7. La qualità di straniero: mero
presupposto od elemento integrativo dei reati in materia di immigrazione? Come
si è si enunciato in premessa, unulteriore questione di diritto
intertemporale, che ha, di recente, assunto grande rilievo nel dibattito penalistico, concerne le
fattispecie criminose previste nel T.U. sullimmigrazione.
Linterrogativo che si pone è se la ratifica dei trattati di adesione alla
U.E., intervenendo su norme integratrici del precetto penale, incida o meno
sullantigiuridicità
delle condotte commesse in epoca anteriore, dando luogo ad un fenomeno
successorio riconducibile allambito di applicazione
dellart.2, comma 2, c.p.. Sullargomento si registrano
sostanzialmente due indirizzi interpretativi. Invero, è possibile rilevare sul punto una netta
contrapposizione fra i giudici di legittimità e quelli di merito, la quale dà
la misura di quanto la giurisprudenza si divarichi sul tema della successione
mediata di leggi penali, ora affermando lestraneità fra norma
penale e fonte esterna
di riferimento (sia essa legislativa, regolamentare od amministrativa), ora,
per contro, riconoscendo a questultima natura di norma
integratrice. 7.1 Segue: limpostazione estensiva della
giurisprudenza di merito Secondo un primo orientamento, nellindividuare i
limiti all'applicabilità della disciplina dell'art. 2 c.p. alle modifiche
legislative indirette o mediate, non può prescindersi dall'ossequio
ai principi costituzionali di uguaglianza e di garanzia che governano la
materia della successione
delle leggi nel tempo, laddove con essa si tenta di dirimere quelle sperequate
differenziazioni nel trattamento punitivo penale, che si potrebbero creare
tutte le volte in cui non si tenga conto dell'esistenza di situazioni omogenee,
non più percepite e normativamente considerate quali reato, che per una mera
questione temporale o di tempi della giustizia dovessero essere disciplinate da
normative differenti, con conseguenti differenti trattamenti e ingiuste
diversificazioni nella risposta sanzionatoria di natura repressiva penale
incidente sui massimi valori della persona, quale la libertà personale. In
quest'ottica si reputa più corretta e condivisibile l'adesione alla tesi
favorevole137 a ricondurre anche tale modifica mediata
della legge penale nel
regime regolato dall'art. 2 c.p., sul presupposto che sul campo di applicazione
della norma incriminatrice esplicano diretta incidenza tutte quelle fonti
normative, che contribuiscono a concretare il contenuto del precetto penale,
con la conseguenza che una modificazione di quelle fonti si riflette sulla
ampiezza della fattispecie e sul disvalore del fatto138. Più nello specifico,
secondo tale indirizzo l'art. 2 c.p. si applica anche nell'ipotesi in cui venga
modificata una norma definitoria, ossia una disposizione attraverso la quale il
legislatore chiarisce il significato di termini usati in una o più disposizioni
incriminatrici, concorrendo a individuare il contenuto del precetto penale139,
categoria in cui rientra la legge che individua i diversi Stati appartenenti all'Unione
europea, che assume rilievo nellindividuazione dellambito di
applicazione della disciplina sullimmigrazione, stante il rinvio alla
nozione di cittadino extracomunitario operato dallo stesso art.1 del presente
testo unico140. Labrogazione
o restrizione del significato di una norma extrapenale richiamata da un
elemento normativo della fattispecie criminosa, concorre a configurare
lillecito penale, eliminando, con ciò, il disvalore sociale della
condotta incriminata141. Ne segue che, verificandosi un mutamento dei precetto penale in relazione al
variato ambito applicativo della norma, è consequenziale il riconoscimento
dell'operatività della disciplina dell'art. 2, comma 2, c.p., tanto più che
l'applicabilità di quest'ultima disposizione appare indubbia quando si
consideri che l'entrata nell'Unione europea, comportando l'esercizio del
diritto di libera circolazione sancito dal Trattato istitutivo della Comunità
Europea, di riflesso integra una causa di giustificazione, che elimina
l'antigiuridicità delle condotte criminose. Si può, pertanto, dire che le
fattispecie incriminatrici in esame, richiamando la nozione di cittadino
straniero al fine della loro configurabilità, sono qualificabili come norme
penali in bianco142, ossia norme con sanzione determinata, ma con precetto di
carattere generico che deve essere specificato da altri atti normativi anche di
grado inferiore. Infatti, il fenomeno della successione di leggi penali nel
tempo non può essere circoscritto ai soli casi di modificazione diretta della
norma penale. Di conseguenza, tale modifica incidendo direttamente su tutta la
normativa amministrativa che disciplina lingresso degli
stranieri in Italia, incide, altresì, sugli illeciti penali applicabili. Il
venir meno dello status
di cittadino extracomunitario, contribuendo ad integrare il contenuto del
precetto penale, finisce per incidere, eliminandolo, sul disvalore penale del
fatto complessivamente considerato143. Questioni di ragionevolezza suggeriscono
che la verifica della sussistenza della condizione di straniero rilevabile ai
fini dellapplicazione della disciplina dellimmigrazione, debba
essere compiuta dal giudice con riferimento alla legge del momento, e non alle
precedenti, giacché le norme extrapenali si integrano in maniera indissolubile con le
fattispecie criminose144, potendosene, anzi dovendosene, pertanto, ammettere lassoggettabilità
alla disciplina di cui allart. 2 c.p.. Soccorre la predetta tesi non solo
il dato formale della portata innovativa ed integratrice della ratifica sul senso ed il
significato da attribuirsi, alla luce di tale modifica, all'art. 1, T.U.
Immigrazione, bensì anche quello sostanziale del valore giuridico tutelato non
più recepito o percepibile come tale a seguito dell'innovazione ordinamentale
voluta dal legislatore. Per valutare con coerenza il grado ed i limiti di
influenza della norma extrapenale su quella penale, linterprete
è tenuto a ricostruire i singoli tipi in conformità ai principi costituzionali,
al fine di evitare, in primo luogo, qualsiasi disparità di trattamento che si possa tradurre in
una violazione del principio di uguaglianza sancito allart.3
Cost. ed in particolare del principio di necessaria offensività, sicché
dovranno considerarsi non conformi alla lettera della legge i comportamenti non più
offensivi del bene protetto. Il riferimento allinteresse
tutelato dalle singole fattispecie incriminatrici è, quindi, indispensabile per
affermare, o viceversa escludere, la rilevanza di un fenomeno di successione
mediata di leggi
penali. Secondo tale orientamento sarebbe allora necessario verificare, volta
per volta, se la variazione legislativa che interessa la norma extrapenale
richiamata influisca o meno sulla situazione che lordinamento
intende proteggere, atteso, appunto, che la significatività di un elemento di fattispecie
deve esser valutata in relazione alloffesa, quale nucleo
centrale del reato. Lo imporrebbe, a prescindere da qualunque altra
considerazione sulla rilevanza normativa della intervenuta modifica, la ratio di
eguaglianza che ispira la norma dellart. 2, comma 2, c.p.,
nonché lo stesso principio rieducativo che la riempie di contenuto. Tale
confronto fra la rilevanza penale dello stesso fatto commesso prima e dopo la
modifica, consente, infatti, di ipotizzare una violazione del suddetto principio nella
persistente punibilità di condotte concrete pregresse, qualora le stesse non
siano più idonee a ledere il bene giuridico protetto dalla norma penale di
riferimento. Si tratta di una criterio opinabile, posto che a volte è difficile
stabilire quale sia la situazione che il legislatore ha inteso tutelare, ma che
nel caso di specie si crede possa fornire un utile parametro orientativo,
stante la chiarezza della ratio puniendi della normativa in materia di immigrazione.
Come già osservato, loggettività giuridica sottesa alla suddetta
disciplina può essere senzaltro ricercata e fissata nella difesa
delle frontiere nazionali, la cui tutela viene garantita sanzionando
penalmente il compimento di tutti quegli atti, che realizzano lingresso e la
permanenza di stranieri in violazione delle norme del presente testo unico
(artt.4 e 10), in particolare mediante sottrazione ai controlli di frontiera.
Conseguentemente, con lallargamento dellUnione europea tramite la ratifica dei trattati di adesione,
il legislatore esprime la volontà statuale di non avvertire più tale necessità
di difesa nei confronti dei cittadini dei nuovi Paesi aderenti145. 7.2 Segue: lorientamento
restrittivo della giurisprudenza di legittimità: la sentenza delle Sezioni unite
penali della Corte di Cassazione 27 settembre 2007
16 gennaio 2008, n. 2451 Lorientamento prevalente della Corte di
Cassazione146 mostra di prediligere un approccio rigoristico, che, affermando
lautonomia del diritto penale rispetto alle definizioni di altre branche del diritto,
stabilisce tout court lirrilevanza delle modifiche mediate della
fattispecie, sulla base di un richiamo tralatizio al disvalore penale del
fatto, non suscettibile di venire intaccato in seguito alla successione di norme
extrapenali. Tale linea interpretativa riprende e sviluppa quellindirizzo
di legittimità, secondo il quale nellambito di operatività
dellistituto successorio non rientrano le vicende successorie di
norme extra-penali che non
integrano la fattispecie incriminatrice né quelle di atti o fatti
amministrativi che, pur influendo sulla punibilità o meno di determinate
condotte, non implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale,
che resta, pertanto, immutata e, quindi, in vigore. Ne consegue che, in tale
ipotesi, non viene meno il disvalore penale del fatto anteriormente commesso147.
Stante il controverso indirizzo della giurisprudenza di merito, la Prima
Sezione Penale, con ordinanza 16 aprile 2007, n. 17578, rimette alle Sezioni Unite la quaestio
iuris se la sopravvenuta circostanza che dal 1° gennaio 2007 la
Romania è entrata a far parte dell'Unione Europea giustifichi l'applicazione
delle disposizioni di cui all'art. 2 c.p. e debba, quindi, fare pronunciare
l'assoluzione con la
formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", nel
processo a carico di un cittadino rumeno imputato del reato previsto dall'art.
14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286 del 1998 per l'inosservanza dell'ordine di
lasciare il territorio italiano anteriormente emesso dal questore a seguito del
decreto prefettizio di espulsione. La decisione 27
settembre 2007, n. 2451 delle Sezioni unite148 si inserisce nel solco
interpretativo già tracciato, espressione, a detta della stessa Corte, di una linea di
fondo prevalente nella giurisprudenza di legittimità, ove si ribadisce
lorientamento secondo cui lentrata della Romania nel novero dei
Paesi comunitari non ha determinato la depenalizzazione del reato di
illegittima permanenza nel territorio dello Stato149 e, quindi, una situazione
riconducibile alla figura dell'abolitio criminis, fosse pure parziale, come
tale rilevante ai sensi dell'art. 2, comma 2, c.p.. Lo ius superveniens, in
altri termini, pur agendo su elementi che certamente contribuiscono alla
descrizione della fattispecie tipica, risulta su un piano strutturale del tutto
inidoneo a fondare un giudizio di discontinuità normativa, dando esclusivamente
luogo ad una variazione della rilevanza penale del fatto con decorrenza dalla emanazione
del successivo provvedimento di adesione da parte del nuovo Paese alla U.E. In
definitiva il Supremo Collegio, sulla base di una ricognizione degli
orientamenti in materia di successione di leggi del tempo150, afferma che le
modifiche normative sopravvenute non incidono sul contenuto di disvalore del
fatto costituente il fondamento della sua incriminazione, che, anzi, resta
immutato dal punto di vista sostanziale151. Perciò non può
ritenersi che i cittadini rumeni, ai fini penali, vadano trattati come se fossero sempre stati
cittadini dell'Unione e che i reati commessi quando essi erano stranieri siano
divenuti non punibili in forza dellart. 2, comma 2, c.p..
La situazione di fatto e di diritto antecedente alladesione e quella
successiva sono diverse
e richiedono quindi logicamente trattamenti anche penali, diversi.
La Corte di Cassazione ha sottolineato che un'interpretazione diversa dei
disposti normativi potrebbe indurre lo straniero, il cui paese di origine è
prossimo all'ingresso nell'Unione Europea, a commettere senza alcun timore uno dei reati di
cui al T.U., confidando poi nella successiva abolitio
criminis152. Il percorso motivazionale seguito dalla Corte non appare
convincente; vediamolo più nel dettaglio. La Corte precisa opportunamente che nel caso di specie viene in
rilievo lapplicazione del solo art. 2, comma 2, c.p. e non anche del
successivo comma 4, dovendosi stabilire se la modifica della qualità di
straniero abbia determinato unabrogazione parziale della fattispecie
astratta, oppure abbia
comportato una nuova e diversa situazione di fatto. Si enuncia, poi, che lindagine
sugli effetti penali della successione mediata va condotta con riguardo alla
fattispecie in astratto e non in concreto, nel senso che occorre accertare se
la fattispecie
risultante dal collegamento fra la disposizione incriminatrice, rimasta
letteralmente invariata, e la norma extrapenale modificata sia cambiata o meno.
Sulla base di tali premesse il Supremo Collegio afferma che lingresso
di uno Stato nellUnione costituisce un mero dato di fatto, che ha
lasciato sostanzialmente invariata lipotesi criminosa in argomento. Più
precisamente la ratifica del Trattato di adesione non può considerarsi norma
integratrice del precetto penale sottoposta al regime di cui allart. 2, comma 2,
c.p., né, tantomeno, elemento esterno che ridisegna la fattispecie penale, che
tale resta in relazione a tutti i soggetti, a cui sia attribuibile la qualifica
di cittadini di stati non appartenenti alla Unione europea ai sensi dellart. 1, T.U. Immigrazione. Alle
medesime conclusioni si giunge anche adottando quella diversa impostazione
dottrinale, secondo cui il concetto di fatto costituente
reato preso in considerazione dallart. 2 c.p. debba assumere il
medesimo significato tanto
nel primo, quanto nel secondo comma, e vada inteso come fatto storicamente
determinato in tutti i suoi aspetti rilevanti ai fini dellapplicazione
della disposizione incriminatrice, ivi compresi quelli disciplinati dalle norme
extrapenali. Tale corrispondenza è, invero, riscontrabile solo se ed in quanto la legge
extrapenale integri il divieto penale153. La modifica di una norma extrapenale,
che non concorre in modo essenziale alla formazione della fattispecie
incriminatrice, non può, infatti, avere effetto retroattivo, così come non può
far venire meno la punibilità di fatti precedentemente commessi. A titolo
esemplificativo, la Corte instaura un parallelismo tra il caso di specie e la
modifica, che abbia ad oggetto un provvedimento adottato dal pubblico
dipendente od incaricato di pubblico servizio in violazione di legge ex art.
323 c.p.: al fine della configurazione dellabuso dufficio la
conformità dellatto alla legge deve sussistere al momento della
commissione del fatto, a nulla
rilevando le modifiche legislative successivamente intervenute, in seguito alle
quali tale conformità venga meno. Parimenti, la vicenda successoria de qua, non
avendo ad oggetto norme extrapenali integratrici della fattispecie penale, non
incide sulla lesività del fatto, ma costituisce un mero dato di fatto, anche se
frutto di attività normativa. A sostegno di tale approdo ermeneutico la Corte
richiama brevemente lart. 47, comma 3, c.p., stabilendo che la
previsione di una disciplina diversa dellerrore su legge diversa da
quella penale,
giustifichi un trattamento differenziato delle norme extrapenali anche agli
effetti dellart. 2 c.p.. Ad opposta conclusione sarebbe corretto
pervenire se a cambiare fosse la definizione di straniero contenuta
allart. 1 del presente testo unico, così da escludere dalla sua sfera di applicazione
il cittadino di uno Stato in attesa di adesione. In tal caso sarebbe
la stessa fattispecie penale a risultare diversa e la modifica darebbe
luogo ad un fenomeno successorio di abolitio criminis parziale, riconducibile allart.
2, comma 2, c.p.. A conclusione del suo iter argomentativo la Corte afferma che
nessun argomento decisivo per sostenere la rilevanza delle modifiche mediate
può desumersi dal precedente in senso diverso delle stesse Sezioni unite (sentenza 23 maggio 1987,
Tuzet, cit.), in cui si afferma che per legge incriminatrice deve intendersi il
complesso di tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto:
tra questi elementi, nei reati propri, è indubbiamente compresa la qualità del soggetto attivo
154. La Corte, nel tentativo di screditare il valore ermeneutico di suddetta
pronuncia, sottolinea come alle Sezioni unite di allora non fosse stata
sottoposta specificamente la questione relativa alla rilevanza delle modifiche mediate della norma penale e come
la soluzione adottata non fosse rimasta, comunque, immune da critiche, non
avendo di fatto impedito alla giurisprudenza successiva di riaffermare il più
rigoroso orientamento precedente. In altri termini, nella sentenza Tuzet, la diversa
qualificazione data ai dipendenti bancari, più che una modificazione normativa,
era stata il frutto di una diversa interpretazione, a cui le Sezioni
unite hanno voluto riconoscere effetto retroattivo. 8. Spunti critici per la
corretta ricostruzione
della vicenda successoria in esame Si è visto che la Suprema Corte sancisce in
modo perentorio lirrilevanza delle c.d. modifiche
mediate della fattispecie incriminatrice con riguardo ai reati esaminati,
in quanto il novum legislativo, non intaccando la configurazione tipica della norma
incriminatrice, non fa venir meno il disvalore penale del fatto anteriormente
commesso. Il punto di partenza, assolutamente condivisibile, del ragionamento
della Corte è rappresentato dalla pacifica constatazione che non è intervenuta
alcuna legge, che abbia modificato direttamente le fattispecie criminose de
quibus, scriminando o depenalizzando le disposizioni sanzionatorie ivi
previste. A ben vedere, la modifica delle legge extrapenale ha modificato il
contenuto del precetto sanzionato penalmente, non già cambiando la
configurazione astratta della norma incriminatrice, ma il suo effettivo ambito
di operatività. Dato, questo, che non induce affatto, in sé e per sé, ad
escludere a priori una rilevanza mediata delle norme extrapenali nella
materia della successione di leggi. In realtà, per capire se siffatto fenomeno
successorio esuli dallambito di applicazione dellart. 2
c.p., e, quindi, se lorientamento del giudice di legittimità sia
condivisibile oppure sia
piuttosto il frutto di una presa di posizione del tutto aprioristica, bisogna
risolvere alcune questioni logicamente preliminari. È, innanzitutto, necessario
accertare il tipo di rapporto esistente tra norme extrapenali e norme penali.
Trattasi di argomento, come si è visto, assai complesso, stante leterogeneità
dei contesti in cui le modifiche mediate della fattispecie incriminatrice
possono, in concreto, rilevare. In secondo luogo, occorre stabilire se il
nucleo attorno a cui ruotano le previsioni in tema di successione di leggi penali sia la
fattispecie astratta ovvero il fatto concreto costituente reato. Questa
puntualizzazione appare, in effetti, essenziale tanto in rapporto ai casi di
modifica immediata, quanto in relazione alle ipotesi di successione di norme
extrapenali richiamate da un elemento normativo della fattispecie: proprio da
essa dipende, anzi, lintera portata applicativa dellart.
2, c.p.. Con riguardo al primo quesito, occorre valutare quale sia il ruolo
svolto dallelemento normativo nella struttura della fattispecie, richiamando quella
giurisprudenza formatasi in materia di errore su legge extrapenale, in cui si
riconosce, attraverso una sostanziale interpretatio abrogans dellart.
47, comma 3, c.p., un rapporto di necessaria integrazione fra norma penale ed
extrapenale, sul presupposto, che la norma extrapenale integri sempre la norma
penale, contribuendo addirittura a definire il senso del divieto. A tal
proposito vale la pena ricordare, in via esemplificativa, quellelaborazione
pretoria, che afferma
la rilevanza dellerrore su legge extrapenale,
nellipotesi in cui limprenditore dimostri di aver errato sulla
propria qualifica soggettiva, ovvero di essersi considerato quale piccolo
imprenditore ai sensi dellart. 2083 c.c. e, di conseguenza, di non essere obbligato a
tenere le scritture contabili. La Corte di Cassazione, rifacendosi al criterio
dellefficacia integratrice della norma extrapenale rispetto al
precetto penalistico, sostiene che, avendo le norme di diritto civile disciplinanti lo status di imprenditore
carattere integrativo della disposizione, che incrimina la bancarotta semplice,
lerrore ricadente su suddetta qualifica si risolve in ignoranza
della norma penale, che scusa nei limiti dellart. 5 c.p.155 . La dottrina
assolutamente
dominante è orientata nel ritenere che lerroneo convincimento
di essere piccolo imprenditore, esclude il dolo a norma dellart. 47,
comma 3, c.p., trattandosi di un errore su una legge diversa da quella penale,
che si risolve in un errore sul fatto che costituisce il reato, id est sulla qualità
personale richiesta per lesistenza dellobbligo156.
Opportunamente si precisa che lopinione va intesa nel senso che
lerronea convinzione del soggetto deve cadere sugli elementi di fatto, da
cui deriverebbe la
qualifica di piccolo imprenditore (quali, ad esempio, le dimensioni dellazienda
e la natura dellattività esercitata), poiché larticolo 47, comma 3,
c.p., nellattribuire rilievo allerrore su legge extrapenale, esige
pur sempre che esso si risolva in un errore sul fatto che costituisce il reato157: il dolo viene
escluso perché il soggetto si è rappresentato ed ha voluto un fatto
diverso da quello tipico. In conclusione, la concezione dolosa del reato in
esame rende maggiormente rilevante lerrore su legge extrapenale, in quanto ha determinato un
errore sulla qualità personale richiesta per la sussistenza dellobbligo158.
Ciò posto, appare, ora, contraddittorio affermare che la norma extrapenale
integra la fattispecie penale sul solo versante applicativo dellart.
47 c.p. e non anche su quello dellart. 2 c.p.: il ruolo svolto dagli
elementi normativi della fattispecie penale, dovrebbe, in altri termini, essere
il medesimo tanto nella delicata materia dellerrore, quanto
nellinsidioso territorio delle modifiche mediate della fattispecie incriminatrice. Lefficacia
integratrice della legge extrapenale, come evidenziato in precedenza, viene
pervicacemente ribadita sul territorio dellart. 47, comma 3 c.p., onde
rendere praticamente nullo leffetto esclusivo del dolo derivante da errore su legge diversa da
quella penale, che incida su di un elemento normativo della fattispecie.
Viceversa, nella prospettiva della successione di leggi nel tempo, legge penale
e legge extrapenale tornano a rappresentare, per linterprete,
due entità distinte ed inidonee, come tali, ad integrarsi a
vicenda, con conseguente irrilevanza di ogni ipotesi di successione
mediata. Occorre, poi, in secondo luogo stabilire cosa debba
intendersi per fatto
costituente reato ai sensi dellart. 2 c.p. e, di conseguenza,
individuare se le previsioni ivi previste pongono a base della successione di
leggi un fatto costituente (o non più costituente) reato, assumendo come
ulteriore punto di riferimento il tempo in cui fu commesso: fatto concreto e fattispecie astratta
sono, dunque, due dati logicamente distinti, su cui, in momenti diversi, si
valuta labolitio criminis eventualmente intervenuta159. Un orientamento
particolarmente meritevole di apprezzamento evidenzia come sia proprio il fatto costituente reato, e non la
fattispecie astratta, il nucleo essenziale da cui bisogna partire per risolvere
tutte le vicende applicative dellart. 2 c.p.. Sulla base
di tale rilievo, quindi, il fatto che la norma incriminatrice tipizzata dal
legislatore non
subisca, nel caso di specie, alcuna modifica formale non esclude, che la
(diversa) delimitazione della portata concettuale di uno dei suoi elementi
essenziali incida in modo rilevante sul suo ambito di effettiva operatività: il
concetto di fatto
a risultare decisivo nella risoluzione della questione, comprende, appunto, linsieme
di tutti i presupposti rilevanti in concreto ai fini dellapplicazione
della fattispecie incriminatrice160. In questa prospettiva, le norme
extrapenali richiamate dallart. 1 del presente testo unico sono chiaramente norme
giuridiche integratrici dellelemento normativo, in quanto
incidono in modo assai significativo sulloperatività delle fattispecie
penali ivi previste, circoscrivendone, in modo determinante per il caso concreto, lambito
di estensione161. Sulla base delle brevi considerazioni svolte non può,
pertanto, trovare accoglimento la tesi espressa dalla giurisprudenza di
legittimità, secondo cui la condizione di cittadino extracomunitario non
rientra nel novero di
quelle situazioni integratrici della fattispecie criminosa e che, pertanto, la
sua modifica non si riflette sulla struttura stessa del precetto penale, con la
conseguente inoperatività dellart. 2, comma 2, c.p.. Il Supremo
Collegio, come si è visto, per stabilire se la normativa extrapenale contribuisca a definire il precetto
penale nella sua astratta dimensione, opera un distinguo all'interno del
fatto di reato tra gli elementi che compongono il presupposto e quelli che
riguardano la condotta tipica, ritenendo la riconducibilità solo dei secondi alla dimensione
precettiva della norma penale. A ben vedere, il percorso motivazionale non
chiarisce quale sia il discrimine fra elemento del fatto che contribuisce a
definire il precetto penale, delimitandone la portata e ciò che, invece,
andrebbe qualificato in termini di mero presupposto della condotta, il quale,
pur conferendo significato al precetto (contribuendo ad individuarne il
contenuto offensivo), è posto, nondimeno, al di fuori di esso162. Invero, si
deve preliminarmente osservare che laffermazione
dell'estraneità del presupposto al precetto penale non è di per sé idonea ad
escluderne una qualsivoglia rilevanza, ai fini della configurabilità del reato,
in quanto lart. 2, comma 2, c.p. riguarda tutte le norme che definiscono la
natura sostanziale o circostanziale del reato, comprese non solo le norme
extrapenali richiamate espressamente ad integrazione della fattispecie
incriminatrice, bensì anche quelle fonti normative extrapenali primarie costituenti
indispensabile presupposto o, comunque, concorrenti ad individuare il contenuto
sostanziale del precetto. Per poter affermare o viceversa escludere la
rilevanza della successione indiretta, occorre in primo luogo accertare se la
variazione legislativa, che interessa la norma extrapenale richiamata influisca
o meno sulla situazione che lordinamento intende tutelare. Lo
spirito della legge sullimmigrazione, nel suo complesso, è quello di
punire il compimento di tutti gli atti, che, come già evidenziato, realizzano lingresso
e la permanenza di stranieri in violazione delle norme del presente testo
unico. Ne segue che la situazione di illegalità perdura fino a quando il
soggetto, che entra o permane contra ius nel territorio nazionale, resti uno
straniero nel senso
inteso dal suddetto art. 1, mentre la stessa cesserà una volta che questi abbia
acquisito la cittadinanza di un Paese appartenente alla U.E.. Il richiamo alla
ratio legis, operato anche dalla stessa Corte, sembrerebbe implicitamente
confortare lopinione,
secondo cui il mutamento successivo della qualificazione soggettiva faccia
venir meno lantigiuridicità di quelle condotte criminose tenute anche in
epoca anteriore, posto che esso dà luogo ad una restrizione del penalmente
rilevante limitatamente
a quegli stranieri, che nelle more del giudizio o successivamente ad esso siano
divenuti cittadini comunitari, con conseguente applicazione dellart.
129 c.p.p., nonché eliminazione di tutte le sentenze di condanna pronunciate
nel periodo della sua vigenza. Sarebbe proprio lo spirito della legge ad
avvalorare la correttezza giuridica di tale ultima conclusione. In altri
termini, essendo le ipotesi delittuose de quibus delimitate soggettivamente, la
ratifica del Trattato di adesione alla U.E., al pari delle ratifiche di altri analoghi
trattati, che hanno negli anni recenti sancito lingresso di
numerosi nuovi Stati163, si incorporano nel precetto, in quanto lo completano
di dati senza i quali il tipo di illecito non risulta definito164, nel senso
che la norma
extrapenale individua il contenuto precettivo, concorrendo a contrassegnarne il
disvalore165, per cui potrà parlarsi di abolito criminis, se pure in
via mediata. Lintera architettura delle disposizioni concernenti
limmigrazione ruota, in sostanza, sul già più volte criticato discrimine fra cittadino
comunitario e straniero, e non vè dubbio alcuno, in ragione del
richiamo testuale, che tale distinguo incida sulla punibilità attuale della
condotte criminose commesse anteriormente alla modifica della nozione di straniero. Il concetto
di immigrazione clandestina è un concetto unitario dal punto di vista
tecnico-giuridico, concernente sia i cittadini di Stati terzi, che entrano in
uno Stato membro senza rispettare i requisiti giuridici per l'ingresso, come il
visto o i documenti validi di viaggio, sia coloro che restano in uno Stato
membro nonostante sia scaduto il proprio permesso di soggiorno, senza aver
diritto ad una proroga o un rinnovo di tale titolo. Il carattere di illiceità
dellingresso o della permanenza è, quindi, un elemento tipizzante, da ricavarsi tenendo
conto della normativa extrapenale, che fornisce la nozione di straniero: solo
tale illegalità renderebbe antigiuridica una condotta che, altrimenti, si
risolverebbe nella mera agevolazione dell'esercizio di un diritto della
persona, ossia quello di emigrare da uno Stato membro allaltro.
La norma di cui allart. 1, stabilendo linapplicabilità
dellintero D.Lgs. n. 286 del 1998, dunque anche delle norme penali, al
cittadino comunitario, non
fa altro che prevedere uno speciale criterio di applicazione delle norme nel
tempo, il quale risulta indubbiamente fondato sul presupposto del previsto
allargamento dellUnione europea, ed adottato
nellevidente intento di favorire lintegrazione e di evitare il protrarsi di conseguenze
dannose per i cittadini di Stati, in procinto di entrare a far parte della U.E.
Diversamente opinando, si determinerebbe una palese e illegittima disparità di
trattamento tra i cittadini. Ne segue che si appalesa ultronea la necessità,
evidenziata dalla Corte, di individuare espressamente i
cittadini di uno Stato in attesa di adesione, quale ulteriore categoria
di soggetti da sottrarre dallambito di applicazione della normativa
contenuta nel T.U. Immigrazione, dal momento che allo stesso risultato si perviene attraverso uninterpretazione
adeguatrice della nozione di straniero. La non appartenenza o appartenenza di
un cittadino alle U.E. costituisce il discrimine tra lapplicazione o meno
della disciplina contenuta nel suddetto decreto legislativo, che deve essere accertata dal
giudice alla stregua di un elemento costitutivo della fattispecie, venendo a
partecipare della sua natura. Il rapporto di integrazione fra norma penale ed
extrapenale non deve, infatti, essere inteso in senso stretto, risultando la
norma extrapenale richiamata del tutto autonoma dalla ratio sottesa al precetto
penale. Il criterio discretivo che consente di distinguere i casi di novazione
legislativa, che comportano una abolitio criminis da quelli che, invece, la
escludono, poggia, in realtà, sulla circostanza che la norma extrapenale
contribuisca o meno alla compiuta definizione della fattispecie penale. Va,
poi, ribadito che la disposizione di cui allart. 2 c.p. non allude
ad un fenomeno successorio di natura diretta o mediata, ma richiama leventualità
che un fatto non integri più gli estremi di un reato in rapporto ad una legge,
anche extrapenale, posteriore al momento della sua commissione: come si è già
evidenziato, il fatto costituente reato altro non è che il fatto storicamente
determinato in tutti gli aspetti rilevanti ai fini dellapplicazione di
una disposizione incriminatrice. Pertanto, il principio di retroattività
della legge più favorevole ivi stabilito può trovare applicazione, anche se la fattispecie astratta sia
rimasta virtualmente immutata. Come noto, il principio del favor rei enunciato
allart. 2 c.p. corrisponde a due diverse rationes: mentre il
principio di irretroattività costituzionalizzato allart. 25 Cost.166
tende a garantire i
cittadini dagli abusi del potere legislativo, la retroattività in bonam partem,
pur non trovando espresso riconoscimento a livello costituzionale,
è strettamente collegata al principio di uguaglianza sancito allart.
3 Cost. Come affermato anche dalla Corte Costituzionale, tale legame poggia sulla concezione
oggettivistica del diritto penale, accolta dal complessivo tessuto
dei precetti costituzionali e dal principio di offensività, per cui la
pena deve essere posta a presidio di interessi che il legislatore, in quanto interprete
della coscienza sociale167, si prefigge di tutelare con la sanzione
penale. Pertanto, una volta che la legge e, presumibilmente, la coscienza
sociale sono mutate, non ha senso punire ancora con la legge più severa in
vigore al momento del
fatto: la distinzione, pur sussistente, tra rimproverabilità dei fatti commessi
nel vigore della precedente norma più severa e rimproverabilità dei medesimi
fatti commessi nel vigore della successiva norma più mite, non deve influire,
quindi, sul trattamento sanzionatorio. In quadro normativo del genere, può ben
dirsi che sulla configurazione del soggetto attivo dei reati propri in tema di
espulsione ossia sulla qualificazione di un soggetto come non
appartenente allUnione Europea - si concentra il disvalore penale del fatto criminoso, il
che impone, di fronte alla vicenda normativa relativa allingresso
di un nuovo Stato nellUnione, lapplicazione della disciplina ex
art. 2 c.p. e, segnatamente, di quella relativa allabolitio criminis168, in linea con quanto affermato
anche dalla sentenza Tuzet, che fornisce alcune importanti coordinate
metodologiche per orientare l'interprete in materia di successione mediata169.
Orbene, facendo applicazione di detti principi al caso di specie, non vi è
dubbio che la novatio legis incidente sulla qualità di straniero170 non possa
non rilevare in favore dei nuovi cittadini comunitari, in virtù del principio
di retroattività della legge più favorevole affermato dallart.
2, comma 2, c.p., la cui formulazione letterale è chiara nellescludere la
punibilità per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce più
reato171. E appena il caso di notare che in alcune sentenze, sulla base
del diverso ruolo giocato, nelle varie fattispecie, dallo status di straniero quale elemento
normativo, si afferma che il successivo venir meno della suddetta
qualificazione incida in modo diverso sullantigiuridicità delle
condotte criminose pregresse, a seconda che la speciale condizione connoti
lautore del fatto oppure
la persona offesa dal reato. Essa, infatti, inciderebbe solo in merito alla
fattispecie di cui allart.14, comma 5-ter, che delinea un reato
proprio, la cui configurazione ha come necessario presupposto, in capo al
soggetto attivo, la qualifica di straniero ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, comma 1,
T.U. Immigrazione, laddove nei delitti di cui agli artt. 12 e 22, essa
costituirebbe il mero presupposto di un reato comune, riguardando, in entrambi
i casi, la sola persona offesa dal reato (di cui le norme incriminatrici
intendono vietare lo sfruttamento, anche a fini lavorativi), di talché ben se
ne può sostenere lultrattività dopo che i favoreggiati sono
divenuti cittadini dellUnione. Invero, tale trattamento differenziato non
è auspicabile: non è,
infatti, ragionevole ammettere lavvenuta depenalizzazione dei soli
reati propri commessi da cittadini neocomunitari, ma non già di quelli che
postulano la qualifica di straniero in capo alle vittime dell'altrui condotta
criminosa. Si è del parere che un siffatto modo di ragionare, oltre a porsi in palese contrasto con
il principio di uguaglianza, non è, parimenti, corretto dal punto di vista
dogmatico, perché o la norma modificata fa corpo con il precetto penale e
allora la sua abrogazione fa venir meno anche questo, o essa rappresenta un
semplice elemento di concretizzazione del precetto penale e allora la modifica
nel frattempo intervenuta è irrilevante per la qualificazione giuridica dei
fatti in precedenza commessi, senza che possa essere di rilievo la circostanza
che in alcuni casi la nozione di straniero afferisca al soggetto agente, mentre
in altri a coloro in danno dei quali il reato viene posto in essere. L'aspetto
importante sta, dunque, nella precisazione che, in entrambe le ipotesi, si tratta
di un elemento costitutivo del fatto, il cui venir meno implica la mancata
integrazione della fattispecie. In sostanza, la tesi preferibile è che si
tratti di mutamento dallindubbia portata generale, estendibile in
via di principio, a tutte le fattispecie penali dimmigrazione coinvolgenti, a
diverso titolo, cittadini neocomunitari. 8.1 Segue: conclusioni
Sulla base delle argomentazioni esposte, lorientamento della
giurisprudenza di legittimità appare fin troppo severo e contraddittorio sul
ruolo svolto dagli
elementi normativi allinterno della fattispecie penale. La
decisione delle Sezioni unite in commento presta il fianco a critiche
significative, la più rilevante delle quali è che la Corte non individua il
discrimine, dogmaticamente fondato, tra mutamento di valore e mutamento fattuale della fattispecie
incriminatrice, che si traduca in un criterio seriamente verificabile, alla cui
stregua sindacare la correttezza del percorso logico seguito dallinterprete
per sostenere o negare lapplicazione dellart. 2, comma 2, c.p.172.
La Corte riconosce sì che la materia è di quelle assai discusse, tanto da
rendere difficile una pur sintetica indicazione delle varie posizioni emerse
nel dibattito, ma anziché procedere ad una loro puntuale disamina, offre una panoramica degli orientamenti
giurisprudenziali non tutti, peraltro, direttamente incidenti sulla fattispecie
oggetto di giudizio. Il richiamo alla natura integrativa o meno della norma
extrapenale è l'unica indicazione che le Sezioni unite forniscono, ma si tratta
appunto di una indicazione generica e tautologica, che non si sostanzia in un
criterio logico-giuridico in forza del quale poter accertare in concreto la
ricorrenza delluna o dellaltra ipotesi. La soluzione
ermeneutica adottata dal Supremo Collegio determina conseguenze non condivisibili, nella misura
in cui afferma lirretroattività di una modifica in bonam
partem e sottrae al giudice il compito istituzionale di ricostruire il bene
protetto dalla fattispecie penale, anche alla luce della normativa sopraggiunta. Fortemente
criticabile è, peraltro, laffermazione secondo cui ladozione di
uninterpretazione estensiva è inammissibile in quanto
creerebbe larghe sacche di impunità, incoraggiando comportamenti
opportunistici173. A tal proposito giova ricordare che le stesse esigenze di tutela della
sicurezza e dellordine pubblico salvaguardate dal presente
testo unico, possono venire altrimenti soddisfatte, senza che sia necessario il
ricorso a letture
costituzionalmente censurabili dellart.2 c.p.: può ricordarsi, in via
esemplificativa, la recente emanazione del fortemente contestato decreto-espulsioni
174, che, a parziale modifica del D.Lgs. n. 30 del 2007, anticipava alcune
disposizioni del disegno di legge in materia di sicurezza urbana, facilitando, in sostanza, le espulsioni
dei cittadini comunitari175. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione a
Sezioni unite, non mancano altri casi di interpretazione opinabili. A
differenza di altri sistemi, nel nostro ordinamento il precedente non è mai
vincolante e leffettività della funzione nomofilattica176
non è affidata solo allautorevolezza dell'organo decidente177, ma anche,
anzi soprattutto, alla forza della argomentazione logico-razionale della
decisione. Laddove quest'ultima manchi o sia insufficiente non solo è difficile che venga assicurata
ununiforme interpretazione del diritto, ma rischia di risultarne
inficiata anche l'autorevolezza della istituzione cui quel compito è affidato.
In questo caso non può non rilevarsi come la capacità persuasiva della decisione delle
Sezioni unite sia alquanto debole. Tuttavia, il percorso di affrancamento da
tale sentenza, che lelaborazione pretoria successiva vorrà
eventualmente intraprendere, non potrà non tener conto dell'intero corpo di
precedenti ora
ricondotti a sistema dalla pronuncia in questione. Si è consapevoli che
siffatto arresto giurisprudenziale avrà ricadute incisive sulla giurisprudenza
di merito, che difficilmente si discosterà da esso nella consapevolezza che una
eventuale decisione difforme verrà cassata in sede di legittimità; id est il
giudice di merito, al fine di evitare una probabile censura da parte della
Suprema Corte, è facile che segua pedissequamente e senza alcun spirito critico
i precedenti delle Sezioni unite, limitando notevolmente levoluzione
giuridica (e giurisprudenziale, in particolare). Ciononostante, si auspica che
la giurisprudenza successiva dia luogo a tale processo di affrancamento, che,
valorizzando la funzione di elemento respiratore connessa agli
elementi normativi
della fattispecie, insista per la sicura rilevanza della successione
extrapenale, almeno quando essa riguardi norme giuridiche non regolamentari.
Giova ricordare che la posizione favorevole all'applicazione dell'art. 2 c.p.
in caso di modifiche mediate della legge penale, conseguenti alla
successione di norme integrative del precetto penale, costituiva, peraltro, una
linea di fondo prevalente nella stessa giurisprudenza di legittimità178 anche
recente, secondo cui listituto della successione delle leggi penali nel tempo riguarda
le norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato e,
conseguentemente, ai fini dell'applicabilità dell'articolo 2, c.p., si deve
tenere conto anche di quelle fonti normative che, pur non comprese nel precetto
penale, ne integrano tuttavia il contenuto179. Decisivo appare,
in particolare, il riferimento alle costanti e ripetute applicazioni del
principio del disvalore sociale del fatto, quale criterio attuativo del
principio di necessaria offensività (art. 49, comma 2, c.p.), in cui si afferma che la
modifica di una norma extrapenale può essere sussunta nellipotesi
di abolitio criminis, ogniqualvolta essa incida sul predetto disvalore,
privando la condotta concreta in tutto o in parte del suo necessario contenuto lesivo, avuto
riguardo alla ratio puniendi sottesa allipotesi di reato
contestata; circostanza, questa, puntualmente verificatasi nel caso di specie.
Ciò posto, sembra corretto concludere, che, a seguito della ratifica del
trattato di adesione
alla U.E., le condotte poste in essere da chi o nei confronti di chi, oggi, non
rivesta più la qualifica di straniero, abbiano perso il loro necessario
carattere offensivo, essendo venuto meno un elemento essenziale delle
fattispecie penali in oggetto, con conseguente operatività dellistituto
successorio di cui allart. 2, comma 2, c.p.. ______________ 1 Lo Stato
Italiano con L. 9 gennaio 2006, n. 16, (in G. U., 25 gennaio 2006, n. 20) ha
ratificato il Trattato di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania allUnione
europea, sottoscritto a Lussemburgo il 25 aprile 2005 (in G. U.
dellUnione europea del 21 giugno 2005). 2 L'art.1, comma 2, D. Lgs. n.
286 del 1998 precisa che il presente testo unico non si applica ai
cittadini degli Stati membri
dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e
salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
3 Il Trattato istitutivo dellUnione europea agli artt.39-42 ha, peraltro, previsto
che, per un periodo transitorio
minimo di due anni successivi allallargamento, ognuno
degli Stati membri potrà non applicare nei confronti dei neocittadini
comunitari le norme europee sulla libera circolazione dei lavoratori ed
applicarne invece di nazionali eventualmente (ma non necessariamente) più
restrittive, al fine di scongiurare leventualità di un esodo
in massa dai nuovi Stati dell'Unione. Relativamente alla situazione italiana,
si rende noto che con circolare del 31 luglio 2006, n. 21 il Ministero del
lavoro e delle politiche
sociali ha deciso di porre fine al regime transitorio restrittivo, imposto dal
precedente governo con D.P.C.M. 20 aprile 2004 (Programmazione dei flussi di
ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri della UE nel
territorio dello Stato per l'anno 2004, in G.U., 3 maggio 2004, n. 102), dando in
tal modo piena applicazione al libero ingresso di tutti i cittadini
neocomunitari al mercato del lavoro italiano. 4 Cfr. artt. 43 e ss. Trattato
CE. 5 Cfr. D. Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30 (da ultimo modificato dal D. Lgs., 28
febbraio 2008, n. 32), recante disposizioni sulla libera circolazione ed il
soggiorno dei cittadini dellUnione e i loro familiari nel
territorio degli Stati membri, che dà attuazione alla Direttiva comunitaria
2004/38/CE del 29
aprile 2004. 6 Il problema interpretativo ha riguardato non solo la fattispecie
delittuosa di cui allart.12, D. Lgs. n. 286 del 1998, ma anche
quella, più ricorrente nelle aule di giustizia, prevista dal successivo art.14,
commi 5-ter e 5-quater. 7 Esula dalla presente trattazione lesame delle ipotesi di
violazione del divieto di reingresso (art.13, commi 13 e 13-bis, T.U. Imm.),
nonché di assunzione del lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno
(art.22, comma 12, T.U. Imm.); alcune delle problematiche ad esse relative verranno, nondimeno,
accennate in nota. 8 Ultimamente si registra una aumento della pressione
migratoria alle frontiere esterne dellarea esterna a
Schengen, in particolare, focolaio dellimmigrazione clandestina sono le
coste dellItalia
meridionale, ove si intercetta un numero consistente di persone provenienti dal
Corno d'Africa, compresi Sudan, Egitto, Sierra Leone, Costa d'Avorio e Liberia
(zone in cui sono spesso in atto guerre civili). 9 Cfr. A. Cassese, Art. 10, in Commentario della Costituzione (a cura di
G. Branca), Bologna Roma, 1975, p. 510, secondo cui la ratio
della riserva di legge rinforzata ivi prevista, è insita nella volontà di
sottrarre alla regolamentazione della pubblica amministrazione un campo
nel quale lautorità
pubblica del passato regime fascista si era ispirata a bieche ideologie
nazionalistiche e xenofobe, ossia di evitare nella materia
larbitrio dellesecutivo. 10 Tale legge ha avuto il
merito di aver abolito, in materia di asilo politico, la riserva geografica alla Convenzione
di Ginevra del 1951, che limitava il riconoscimento dello status ai rifugiati
provenienti dall'Europa. Tra i vari punti deboli della normativa linefficacia
del sistema delle espulsione: cfr., sul punto, A. Caputo, Espulsione e detenzione amministrativa
degli stranieri, in Quest. Giust., 1999, p. 426. 11 Cfr. B. Nascimbene, Nuove
norme in materia di immigrazione. La legge Bossi - Fini: perplessità e
critiche, in Corr. Giur., n. 4, 2003, p. 532-540 e bibliografia ivi citata;
Id., Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Il
commento, in Dir. Pen. Proc., 1998, p. 421 ss. 12 Tra le misure di contrasto
allimmigrazione clandestina si segnalano i nuovi poteri riconosciuti alle forze di
polizia in tema di controlli alla frontiera e limpiego di navi
della marina militare in ausilio e supplemento rispetto a quelle in normale
servizio di polizia, al fine di fermare e ispezionare le imbarcazioni
sospettate di trasportare clandestini. Si prevedono, inoltre, tre ipotesi di espulsione: lart.13
disciplina la c.d. espulsione amministrativa disposta dal Ministro
dellinterno o, su sua delega, dal prefetto, che in seguito
allabrogazione dellart.13, comma 3-sexies ad opera dellart.3,
comma 7, L.,
31 luglio 2005, n.
155, può essere disposta, oltre che nelle ipotesi generali ed in quelle
richiamate dal suddetto art.3, L. n. 155 del 2005 (ossia nei casi in cui vi
siano fondati motivi di ritenere che la permanenza dello straniero nel
territorio nazionale possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o
attività terroristiche, anche internazionali), anche in relazione allo
straniero nei cui confronti si proceda per uno dei delitti di cui agli
artt.407, comma 2, c.p.p. e 12, T.U. Imm.; lart.15 prevede la c.d.
espulsione a titolo di
misura di sicurezza; lart.16, infine, regola la c.d. espulsione a
titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, le cui eccezioni
di illegittimità costituzionale per violazione dellart.27,
comma 3, Cost. sono state respinte dalla Corte Costituzionale con ordd. 15 luglio 2004, n. 226 e 23
dicembre 2004, n. 422, in
ragione della ritenuta natura esclusivamente amministrativa della misura. 13
Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. III, 23 gennaio 2003, n. 3162, in Giur. It. 2004,
p. 1122. Sul piano processuale si ricorda che la legge Bossi-Fini ha previsto
il ricorso al giudizio direttissimo anche nei confronti di persone colpevoli di
essere rientrate nel territorio dopo essere state colpite da provvedimento di
espulsione amministrativa o di non avere ottemperato allordine
di allontanamento del questore, oltre alla parziale inoperatività della legge
sullordinamento penitenziario (L., 26 luglio 1975, n. 354) nei confronti
degli stranieri, con conseguente estensione agli stessi del regime carcerario previsto per i reati di
maggiore gravità. Si segnala, peraltro, in materia di esecuzione della pena
detentiva, una recente sentenza delle Sezioni Unite (Corte Cass. Pen., Sez.
Un., 28 marzo 2006, n. 14500,
in Guida Dir., 2006, n. 22, p. 50), ove si stabilisce
che le misure alternative alla detenzione in carcere (nella specie, affidamento
in prova al servizio sociale) possono essere applicate anche al cittadino
extracomunitario, qualora ricorrano le condizioni stabilite dallordinamento
penitenziario. 14 Cfr.
F. Resta, Nemici e criminali. Le logiche del controllo, in Ind. Pen., n. 1,
2006, p. 181 ss.; Dal Lago, Non-persone. Lesclusione dei migranti
in una società globale, Milano, 1999; A. Caputo, Immigrazione, diritto penale e
sicurezza, in Quest.
Giust., numero monografico La libertà delle persone, n. 2-3, 2004, p. 379 ss.,
a cui si deve lefficace definizione di diritto della
segregazione. Sugli effetti negativi ascrivibili alle normative
restrittive dei flussi migratori in entrata cfr. il Rapporto del Gruppo di esperti sulla
tratta degli esseri umani nominato dalla Commissione Europea, Roma, 2005,
consultabile allindirizzo
www.ontheroadonlus.it\pubblicazioni.html. In particolare, è proprio alla
mancata adozione di politiche di regolarizzazione e integrazione sociale dei migranti, che si
riconduce il coinvolgimento della criminalità organizzata nella attività di
gestione illegale dei flussi migratori, caratterizzata da unalta
redditività. In altri termini, è la stessa condizione di clandestinità del migrante, che finisce per
costituire un importante fattore criminogeno. 15 Cfr. M. Donini, Il volto
attuale dellillecito penale. La democrazia penale tra differenziazione e
sussidiarietà, Milano, 2004, p. 53 ss. 16 Anche il sistema di sanzioni amministrative presenta un grado di
afflittività talmente alto da avere carattere sostanzialmente penale, apparendo
la subordinazione al regime amministrativo meramente funzionale ad eludere le
garanzie dello statuto penalistico. In particolare, la misura del trattenimento
dello straniero presso i centri di permanenza temporanea (ora denominati centri
di identificazione ed espulsione dallart.9, D. L., 23 maggio 2008,
n. 92 (meglio noto come pacchetto sicurezza, convertito nella L.,
24 luglio 2008, n. 125), definita
da alcuni magistrati detenzione amministrativa, si
caratterizza per il suo contenuto afflittivo riconosciuto anche dalla Corte
Cost., 10 aprile 2001, n. 105 (in Giur. Cost., 2001, p. 2), che, pur rigettando
leccezione di costituzionalità stante la limitazione del trattenimento al tempo strettamente
necessario allesecuzione dellespulsione, ha
precisato che tale provvedimento al pari dellaccompagnamento coattivo
alla frontiera, deve considerarsi misura incidente sulla libertà personale ai
sensi dellart.13
Cost., il cui carattere di coercitività vale a differenziarlo da misure
incidenti unicamente sulla libertà di circolazione. Cfr. C. Longobardo, La
disciplina delle espulsioni dei cittadini extracomunitari: presidi penali ed
amministrativi al fenomeno
dellimmigrazione, in S. Moccia (a cura di), Diritti delluomo e
sistema penale, II, Napoli, 2002, p. 260. 17 Contro la dilatazione degli
strumenti repressivi cfr. F. Favara Relazione sullamministrazione delle
giustizia nellanno 2004, Bozze di stampa, Roma, 11 gennaio 2005, p. 49-50: Lefficacia
del processo penale è minata alla radice dallinefficacia della legge
penale. In un ordinamento fondato sulla obbligatorietà della legge penale è
pertanto contro ogni logica di efficacia lespansione del diritto penale.
18 Cfr. Moccia, Dalla tutela dei beni alla tutela delle funzioni: tra illusioni
postmoderne e riflussi illiberali, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., n. 2, 1995, p.
373 ss.; cfr. A. Caputo, Prime applicazioni delle norme penali della legge
Bossi-Fini, in Quest.
Giust., n. 1, 2003, p. 126,
in base al quale: I principi e gli scopi
dellordinamento penale del diritto e della procedura penale -
vengono piegati, asserviti allattività amministrativa preordinata
allallontanamento del nemico della società, lo straniero. 19 Cfr. A. Caputo, La
libertà personale è uguale per tutti. Corte costituzionale e disciplina dellimmigrazione,
in Quest. Giust., n. 5, 2004, p. 1050, che rileva come tuttavia la Corte costituzionale,
nella sentenza 15 luglio 2004, n. 223, ha sancito che i provvedimenti di polizia
incidenti sulla libertà personale devono avere natura servente
rispetto alla tutela di esigenze previste dalla Costituzione. 20 Occorre
fare una precisazione terminologia con riguardo al significato di clandestino ed irregolare: il
clandestino è propriamente colui che entra nel territorio dello Stato senza la
documentazione richiesta, lirregolare è colui che, entrato in
Italia secondo le prescrizioni di legge, ha in seguito perso i titoli di
legittimazione. Nella
prassi, come nel presente lavoro, i due termini vengono sovente usati come
sinonimi. 21 Cfr. A. Mangiaracina, Brevi note in tema di favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina, in Giur. Mer., 2005, n. 5, p. 1163; A. Caputo,
Favoreggiamento all'emigrazione: questioni interpretative e dubbi di
costituzionalità, in Quest. Giust., 2003, p. 1243 ss.; L. Gizzi, Sulla natura
giuridica del delitto di agevolazione dell'immigrazione clandestina, in Giur.
It., 2003, p. 1012; Pace, I flussi migratori illegali: disciplina penalistica
della materia e tecnica delle indagini, anche nella loro dimensione
sovranazionale, relazione tenuta al Primo corso di formazione Falcone
e Borsellino, Frascati, 26-30 aprile 1999, p. 3 (Doc. n. 1830); E. Lanza,
La repressione penale
dellimmigrazione clandestina, in Dir. Dir., consultabile
allindirizzo http://www.diritto.it/materiali/penale/lanza.html. 22 In realtà non si ha una
perfetta corrispondenza con ciò che a livello internazionale si indica col
termine smuggling. Nel Protocol
against the Smuggling of Migrants by Land, Air and Sea, Supplementing the
United Nations Convention against Transnational Organized Crime, allart.2,
ne è data la seguente definizione: smuggling of migrants shall mean the
procurement, in order to obtain,
directly or indirectly, a financial or other material benefit, of the illegal
entry of a person into a State Party of which the person is not a national or a
permanent resident. In ambito europeo unanaloga
definizione è prevista allart.27 dellAccordo di Schengen del 19 giugno
1990, contenente limpegno per le Parti contraenti a
stabilire sanzioni appropriate nei confronti di chiunque aiuti o tenti di
aiutare, a scopo di lucro, uno straniero a entrare o soggiornare nel territorio
di una Parte contraente
in violazione della legislazione di detta Parte contraente relativa allingresso
e al soggiorno degli stranieri. Per un quadro dinsieme in Italia,
alla luce della recente legge 16 marzo 2006, n. 146, di ratifica della
Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale,
adottati dallAssemblea generale il 15 novembre 2000 e il
31 maggio 2001, cfr. G. De Amicis, O. Villoni, La ratifica della Convenzione
ONU sulla criminalità organizzata transnazionale e dei suoi protocolli addizionali, in
Giur. Mer., 2006, doc. 323, p. 1626 ss.; A. Di Martino, Criminalità organizzata
e reato transnazionale, diritto penale nazionale: lattuazione
in Italia della cd. Convenzione di Palermo, in Dir. Proc. Pen, n. 1, 2007, p.
11 e ss. 23 Cfr. il
Protocol to prevent, suppress and punish trafficking in persons, especially
women and children, che si occupa della tratta a scopo di sfruttamento. 24 Come
già evidenziato, il traffico di migranti è unattività
criminale spesso gestita dal crimine organizzato. La normativa penale previgente è stato
rinnovata e adeguata agli standards internazionali ed europei con la L., 11
agosto 2003, n. 228 (in G.U., 23 agosto 2003, n. 195), che ha apportato
importanti modifiche sul piano sostanziale e processuale, nonché sullorganizzazione
delle competenze e degli uffici responsabili in questo settore, riformulando le
fattispecie penali di cui agli artt.600, 601, 602 c.p., aventi ad oggetto la
tratta e la riduzione in schiavitù, alla luce delle nuove esigenze emerse in questi ultimi
anni. In epoca anteriore alladozione della nuova legge, la
giurisprudenza aveva preferito punire i comportamenti legati a tale fenomeno
criminale facendo applicazione di reati, quali il reato di sfruttamento della
prostituzione di cui
alla L., 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. legge Merlin), il sequestro di persona,
la violenza sessuale, la minaccia e la violenza privata, nonché di associazione
a delinquere, anche di tipo mafioso. Un aspetto, però, merita di essere
segnalato: lart.12,
T.U. Imm. prevede (in specie quella indicata al comma 3-ter) ipotesi di
traffico di persone, in parte non dissimili da quelle di tratta (come definita
nel Protocollo contro il trafficking), e di norma riconducibili ai medesimi
ambienti di criminalità organizzata transnazionale, a cui, però, non sono
applicabili le menzionate innovazioni legislative (come, ad esempio, lattribuzione
della competenza alle Direzioni distrettuali antimafia e la
disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la
giustizia), benché lItalia abbia sottoscritto limpegno ad
adottarle in quanto previste dalla citata Convenzione della Nazioni Unite e dai
Protocolli addizionali. In particolare, lart.12 cit. non viene ricompreso
nellambito di
applicazione degli artt.51, comma 3-bis, c.p.p. e 416, comma 6, c.p. Tra le
prime applicazioni giurisprudenziali in materia di riduzione in schiavitù cfr.
Corte Cass., Sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 82, ove il Supremo Collegio stabilisce
che la nuova formulazione dellart.600 c.p. non ha apportato
alcuna significativa innovazione alla descrizione del fatto tipico, sia che si
fondi laccertamento sulla continuità del tipo di illecito o sul criterio
dei rapporti strutturali (cfr. infra), dando così luogo ad un fenomeno di mera
modificazione di norme penali ex art.2, comma 4, c.p., e non ad un fenomeno di
abrogazione della precedente incriminazione rilevante ai sensi dellart.2,
comma 2, c.p. 25 La necessità di distinguere i due fenomeni nasce soprattutto dal fatto che le due attività sono
affidate a diverse agenzie di law enforcement, diversi organismi di polizia o
diverse branche operative allinterno dello stesso organismo. In
Italia, la competenza per il coordinamento delle attività investigative in materia di traffico finalizzato allo
sfruttamento è esercitata, a livello centrale, dalla Direzione centrale della
polizia criminale, presso il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero
dellInterno, mentre le analoghe funzioni riferite alle attività di favoreggiamento dellimmigrazione
clandestina sono svolte, invece, dal Servizio stranieri, collocato
allinterno dello stesso Dipartimento di pubblica sicurezza. Questa
ripartizione delle funzioni e delle competenze trae origine da considerazioni
di ordine storico (limmigrazione
clandestina nasce come problema di ordine pubblico) e burocratico-organizzativo
(la lotta alle organizzazioni criminali dedite al trafficking richiede spesso
risorse investigative e tecnologiche superiori). In alcuni casi, tuttavia, da tale suddivisione deriva un
grado insufficiente di coordinamento tra le due strutture, sia sul versante
dellanalisi strategica, sia su quello operativo, che sembra essere
di ostacolo ad una comprensione corretta e organica delle dinamiche criminali collegate al traffico. 26
Trattasi di innovazione che in parte si adegua al contenuto del Protocollo
addizionale della Convenzione della Nazioni Unite contro la Criminalità
organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via
mare e via aria già citata. Sul tema, cfr. E. Rosi, La tratta di persone ed il
traffico di migranti. Gli strumenti internazionali, in Cass. Pen., 2001, n. 6,
p. 731 ss.; Id., Le misure internazionali per la lotta contro le forme di
criminalità connesse al fenomeno migratorio, in Riv. Giur. Circ. Trasp., 2002,
n. 2, p. 178 ss. 27 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. III, 28 novembre 2002
23 gennaio 2003, n. 3162, cit. 28 Sono, pertanto, da escludere ipotesi di
imputazione a titolo di concorso nel delitto di favoreggiamento dello straniero favorito,
anche qualora sia riscontrabile una partecipazione consensuale e volontaria: in
questo senso cfr. M. Cerase, Riformata la disciplina dellimmigrazione:
le novità della Legge Bossi-Fini, in Dir. Pen. Proc., n. 11, 2002, p. 1347. 29 A tal proposito appare
opportuno segnalare che lart.21 del d.d.l. (A.C. 2180), approvato
dal Senato il 5 febbraio 2009 (A.S. 733), contenente (le ennesime) disposizioni
in materia di pubblica sicurezza, prevede il nuovo reato di ingresso illegale, punibile con lammenda
(il testo è consultabile allindirizzo
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/schedela/trovaschedacamera.asp?PDL=2180).
Ma progetti di legge volti alla criminalizzazione di tale condotta non sono
mancati anche in periodo anteriore: già in sede di conversione del D. L. n. 241 del 2004, Luigi
Bobbio, relatore del provvedimento, aveva presentato e poi ritirato un
emendamento che prevedeva lintroduzione del reato di ingresso
clandestino; nello stesso senso cfr. il d.d.l. n. 3911, presentato al Senato il 20 aprile
1999 dal sen. Mantica; il p.d.l. n. 5392, presentato alla Camera dei Deputati
in data 11 novembre 1998 dallon. Carlesi, nonchè la proposta di
legge n. 5808, diniziativa dellon. Fini ed altri, presentata alla
Camera dei Deputati il
15 marzo 1999. 30 Interessante segnalare Corte Cass. Pen., Sez. Un., 27
novembre 2003, n. 45801, la quale ha chiarito che lo stato di clandestinità
dello straniero non costituisce giustificato motivo per la mancata esibizione
dei documenti, chiarendo così un contrasto interpretativo sorto in riferimento
allart.3, comma 6, D. Lgs. n. 286 del 1998, essendo il destinatario
della norma lo straniero in genere, quindi anche quello che sia entrato
illegalmente nel territorio dello Stato. 31 Stesse perplessità suscita la previsione di
cui allart.3, n. 8, L.
20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. Legge Merlin), che disciplina il delitto di favoreggiamento della
prostituzione, che, al pari dellingresso clandestino, non
costituisce reato. Per una rassegna di condotte rientranti nella fattispecie e per la definizione del
contributo minimo ai fini della consumazione del reato, cfr. S. Ardita, Il
favoreggiamento della prostituzione tra ambiguità del sistema ed ampiezza della
lettera della legge: l'ipotesi dell'accompagnamento sul luogo dell'adescamento,
in Cass. Pen., 2002, n. 2, p. 509; più di recente, cfr., per tutte, Corte
Cass., Sez. III, 21 gennaio 2005, n. 1716, che ribadisce come non commette
favoreggiamento della prostituzione il cliente che riaccompagni la prostituta
nel luogo delliniziale adescamento o almeno, aggiungono i
giudici di legittimità, non la favorisce più di quanto non faccia la
consumazione stessa del congresso carnale, che tuttavia nessuno (ancora) è
arrivato a imputare al cliente come favoreggiamento della prostituzione. 32 A titolo esemplificativo si
ricorda che lart.12, comma 2, sancisce che non sono punite le attività di
soccorso ed assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli
stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato, con ciò indicano
alcuni casi di esclusione dellantigiuridicità del fatto. Anche la
norma de qua ha suscitato qualche dubbio. Innanzitutto ne è stata lamentata
lultroneità, per essere i fatti scriminabili ai sensi dellart.12, comma 2, già comunque esenti
da reazione penale in virtù dellesimente generale di cui
allart.54 c.p. Invero, tale previsione è più elastica di quella di cui al
richiamato art.54 c.p. e consente di scriminare anche quelle condotte
occasionate da esigenze
umanitarie, quandanche non siano realizzati i parametri
della costrizione, necessità e inevitabilità
altrimenti del pericolo previsti dalla esimente generale per delimitare
il proprio ambito di operatività. Ma ciò che ha destato maggior perplessità è la stessa collocazione
della disposizione, atteso che essa non pare introdurre uneccezione
alla regola di cui allart.12, comma 1, bensì dellipotesi di cui al
successivo comma 5, presupponendo la causa di giustificazione de qua la
presenza nel territorio.
Vi è da dire, daltro canto, che il dolo specifico del fine
di trarre profitto caratterizzante il delitto di agevolazione della permanenza
sia già di per sé idoneo ad escludere lo scopo umanitario di cui al comma 2,
come anche le diverse attività punite nello stesso articolo (cfr. E. Lanza, La repressione, cit.).
33 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 16 gennaio 2008, n. 4123, ove si stabilisce
che il delitto di cui allart.12, comma 1, T.U. Imm. è reato di
pericolo che si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a favorire lingresso
in altro Stato, senza che abbia alcuna rilevanza la durata della permanenza o
la destinazione finale, a meno che non risulti provato che lo straniero
clandestino sia diretto al proprio paese di origine. Tale prova non può consistere nelle sole
dichiarazioni dei trasportati, sorpresi in transito nel territorio italiano,
bensì deve essere valutata in relazione ad elementi che dimostrino la finalità
ed i motivi del viaggio (ad esempio, i titoli di viaggio per il successivo
percorso), con conseguente onere di allegazione per limputato
(conformi Id., 20 giugno 2007, n. 29728; Id., 15 giugno 2007, n. 33232, in Cass. Pen.,
2008, n. 6, p. 2598; Id., 26 ottobre 2006, n. 42117; Id., 24 gennaio 2006, n.
14545). Contra cfr.
Corte Cass. Pen., Sez. I, 3 ottobre 2008, n. 38936, secondo cui il delitto in
argomento ha natura di reato di pericolo o a consumazione anticipata, che si
perfeziona per il solo fatto che siano compiuti atti diretti a favorire
l'ingresso, a prescindere dall'effettività, durata e finalità dell'ingresso
medesimo, in quest'ultima incluso il mero transito con destinazione finale il
Paese di origine della persona stessa (in senso adesivo Id., 23 settembre 2008,
n. 38159; Id., 28 febbraio 2008, n. 11702; Id., 28 febbraio 2008, n. 10716;
Id., 31 gennaio 2008, n. 6398; Id., 6 ottobre 2006, n. 34053; Id., 25 gennaio
2005, n. 4201). 34 Il giudice dovrà accertare, caso per caso, lidoneità
della condotta al raggiungimento dello scopo e, dunque, la sussistenza o meno di quella esposizione al pericolo
per il bene protetto, che fonda la rilevanza penale della condotta (cfr. A.
Caputo, Diritto e Procedura Penale dellimmigrazione,
Giappichelli, 2006). 35 A
tale riguardo è possibile registrare orientamenti giurisprudenziali difformi. Secondo una prima tesi,
modalità formalmente regolari dellingresso non sono di
ostacolo al perfezionamento del delitto di favoreggiamento dellingresso
illegale (cfr. Corte Cass. Pen., Sez. VI, 16 dicembre 2004 9 marzo 2005,
n. 9233); secondo un
più condivisibile orientamento, invece, la condotta penalmente
rilevante prevista dalla norma in esame è esclusivamente quella tesa a favorire
lingresso dello straniero in violazione delle norme del testo unico, cioè
in assenza di valido documento legittimante lingresso o in presenza di documento
ottenuto con artifici o in modo illecito (e non anche quella di chi favorisce
lingresso dello Stato di persona munita di regolare visto, a nulla
rilevando i progetti, le intenzioni o le speranze di questultima in
ipotesi difformi da quanto consentito dal visto): così Corte Cass., Sez.
I, 21 ottobre 2004 22 dicembre 2004, n. 49258. 36 Cfr. A. Callaioli, M.
Cerase, Il Testo Unico delle disposizioni sullimmigrazione, in Leg. Pen.,
n. 1-2, 1999; A. Caputo,
Immigrazione, diritto penale e sicurezza, cit., p. 368 ss. 37 Cfr. Trib.
Torino, ord. 17 marzo 2004, con cui il giudice delludienza
preliminare solleva la questione di legittimità costituzionale dellart.12,
comma 1, nella parte in cui punisce chi compie atti diretti a procurare l'ingresso illegale in altro
Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza
permanente, in relazione ai principi di determinatezza e riserva di legge in
materia penale di cui allart.25, comma 2, Cost., nonché di libera immigrazione ex
art.35, comma 4, Cost. Trattasi per il giudice a quo di una norma penale in
bianco, non precisando, infatti, il parametro normativo, alla cui stregua
condurre il giudizio di illegalità dellingresso stesso.
Dovendosi escludere la
possibilità di identificarlo con la disciplina dellordinamento
italiano (non potendo essa dettare le condizioni di legalità dellingresso
in altro Paese), il parametro di illegalità dellingresso nel territorio
dello Stato estero (di cui la persona non è cittadina o non ha titolo di
residenza permanente), sembra doversi identificare con la disciplina
dello Stato di destinazione, che regoli la materia, con integrale assorbimento
del precetto, quindi, nella normativa estera di riferimento, e con la conseguente denazionalizzazione
delloffesa, parallela allinternazionalizzazione
delloggettività giuridica sottesa alla norma. La Consulta non entra nel
merito della questione sottopostagli, osservando che, successivamente
allordinanza, il quadro legislativo di riferimento è stato ulteriormente modificato ad
opera della legge n. 271 del 2004, di conversione del D. L. n. 241 del 2004.
Con ordinanza 29 dicembre 2004, n. 445 (con nota di Natalini, Clandestini e
favoreggiamento, si cambia - Previste due fattispecie e tante aggravanti, in
Dir. Giust., 2005, n. 4, p. 36), pertanto, restituisce gli atti al giudice de
quo al fine di una rivalutazione ex novo della sussistenza della rilevanza e
non manifesta infondatezza della questione con riferimento anche allo ius
superveniens. La novella non ha inciso sullelemento specializzante
dellillegalità contenuto nella sottospecie di favoreggiamento
dellimmigrazione clandestina in esame, lasciando così insuperati i dubbi
di legittimità costituzionale sollevati dallordinanza di rimessione. 38 Cfr.
Corte Cass. Pen., Sez. I, 8 maggio 2002 5 giugno 2002, n.
22741, Galgano, in Riv. Pen., 2002, p. 669, che, nel respingere la questione di
legittimità costituzionale sollevata sul punto, precisa come per
ingresso illegale debba intendersi quello avvenuto in violazione delle norme
del T.U., nonché nelle ipotesi in cui il visto di ingresso sia
richiesto ed eventualmente ottenuto fraudolentemente e mediante simulazione dei
prescritti requisiti. 39 Così Corte Cass. Pen., Sez. I, 8 maggio - 5 giugno 2002, n.
22741, cit. 40 La giurisprudenza delinea la figura in esame come reato
istantaneo e di pericolo astratto, che si perfeziona nel momento in cui vengono
posti in essere atti e attività che in qualsiasi modo agevolino l'ingresso
irregolare dei clandestini nel territorio nazionale non essendo necessaria
l'esistenza di una violenza fisica o psichica (cfr. Corte Cass. Pen., 28
novembre 2002 23 gennaio 2003, n. 3162, Hoxha, in Cass.
Pen., 2003, p. 1876). 41 Cfr. L. Gizzi , Sulla natura giuridica del delitto, cit., p. 1016. Osserva
l'Autore che il soggetto agente deve porre in essere condizioni concretamente
favorevoli, che appaiano cioè effettivamente capaci di consentire tale ingresso
clandestino di stranieri in territorio italiano. Nel senso che la nuova
formulazione abbia determinato una restrizione delle condotte punibili, Trib.
Marsala, 12 gennaio 2004,
in Giur. It., 2004, II, p. 719. 42 Cfr. Corte Cass.
Pen., Sez. I, 8 marzo 2000 9 giugno 2000, n. 1744, in Cass. Pen., 2001,
1925. 43 In tal senso, Trib.
Gorizia, 19 giugno 1999, in
Dir. Imm. Citt., 1999, n. 3, p. 179 ss. 44 Giova ricordare che tale
disposizione è stata elevata a fattispecie autonoma con la novella del 2002, loriginaria
formulazione prevedendo solo una mera circostanza aggravante ad effetto speciale rispetto allipotesi
del favoreggiamento di cui al comma 1 (cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 4
dicembre 2000, n. 5360, Vishe, in Cass. Pen., 2001, 3180). 45 La L. n. 271 del
2004, varata all'indomani della bocciatura da parte della Consulta (sentenze 15 luglio 2004, nn. 222 e
223) di alcune norme della Legge Bossi-Fini, relativamente alle mancate
garanzie difensive nel procedimento amministrativo di convalida delle
espulsioni e all'illegittimità dell'arresto obbligatorio in flagranza per le
ipotesi contravvenzionali di trattenimento clandestino, inasprisce le sanzioni
previste per le figure di favoreggiamento e sfruttamento dell'ingresso
clandestino di stranieri in Italia o in altri Paesi dei quali la persona non
sia cittadina. La ratio ispiratrice sembra essere quella di riequilibrare verso
l'alto le pene previste per queste fattispecie, anche in conseguenza degli
aumenti di pena compiuti sulle ipotesi di trattenimento senza giustificato
motivo (art.14, commi 5-ter e 5-quater), elevate da contravvenzioni (come tali
inidonee all'applicazione di misure custodiali) a delitti. 46 Il concetto di
profitto quale aspettativa di arricchimento futuro al termine di un azione
economica è più ampio di quello di lucro previsto nella precedente
formulazione. 47 Da ultimo modificato dal D. L. n. 92 del 2008, convertito con
modificazioni dalla L. n. 125 del 2005. Per la nuova ipotesi di reato prevista
dal successivo comma 5-bis (anchesso introdotto dal pacchetto
sicurezza in argomento) cfr. infra nt. n. 59. 48 Cfr. Caputo, Diritto e procedura, cit., p.
78; Bricola, voce Teoria Generale del Reato, in Noviss. Dig. It., Vol. XIX,
Utet, Torino, 1973, p. 87. 49 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 4 dicembre 2000,
n. 5360. 50 Il concetto di flagranza dovrebbe essere individuato ai sensi dellart.382
c.p.p. 51 Si amplia così il novero delle ipotesi in cui ai sensi
dellart.240, comma 2, c.p. la confisca è sempre obbligatoria, andando a
colpire in maniera più diretta lattività svolta dalle organizzazioni criminali dedite al traffico
degli stranieri sia in Italia che allestero.
Unulteriore ipotesi di confisca obbligatoria è, peraltro, prevista al
successivo comma 5-bis (nella specie dellimmobile). 52 Cfr. G. Della
Monica, Il giudizio direttissimo dinanzi al tribunale ordinario in composizione monocratica,
in Aa.Vv., Le recenti modifiche al codice di procedura penale, Vol. III, in Le
innovazioni in tema di riti alternativi, a cura di R. Normando, Milano, 2000,
p. 207, che auspica una riorganizzazione sistematica dell'intera disciplina.
Nel senso che la soluzione normativa di prevedere l'obbligatorietà dell'arresto
in flagranza e del rito direttissimo appare inspirata più da contingenti
preoccupazioni di efficienza che dallo sforzo di individuare risposte conformi ai principi generali,
non giustificate in una materia di portata sopranazionale, quale quella della
lotta contro l'immigrazione clandestina. Cfr., altresì, A. Casadonte , Capitolo
III, Ingresso, soggiorno e allontanamento, Sezione II, Profili penalistici, in Aa.Vv., Il
diritto degli stranieri, a cura di B. Nascimbene, Cedam, 2004, p. 672. 53 Che
ha introdotto unipotesi aggravata di favoreggiamento,
qualificabile come circostanza aggravante ad effetto speciale analogamente a
quanto previamente
osservato con riguardo allart.12, commi 3-bis e 3-ter, quando
il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la
permanenza di cinque o più persone. 54 Sulla distinzione già tratteggiata
fra i due concetti di trafficking of human beings e smuggling of migrants, cfr. anche lanalisi
comparativa in EUROPOL (ed.), Legislation on Trafficking in Human Beings and
Illegal Immigrant Smuggling, Bruxelles 2005, in specie 8 ss. (www.europol.eu.int). 55
Dal confluire di più norme incriminatrici nei confronti di un medesimo fatto emerge, come noto,
la necessità di individuare i criteri (specialità, sussidiarietà,
assorbimento), che consentano di accertare la realtà o l'apparenza di un
concorso di reati. Nel caso di specie, lo stesso legislatore ha espressamente
previsto il criterio della sussidiarietà come canone ermeneutico per la
risoluzione del concorso apparente tra l'art.12, comma 5, T.U. Imm. e l'art.600
c.p. Dati i confini abbastanza fluidi delle due attività, vi è da dire,
comunque, che la prima ipotesi delittuosa trova generalmente applicazione,
qualora risulti difficile provare il delitto di tratta di persone a scopo di
sfruttamento. 56 Cfr. D. Pulitanò, Il favoreggiamento personale fra diritto e
processo penale, Giuffrè, Milano, 1984. 57 Cfr., in tal senso, Trib. Monza, 6 -
13 dicembre 1999, in
Dir. Imm. Citt., 2000, n. 3, p. 156-157. Sul piano interpretativo si è posto
altresì il problema di distinguere lipotesi in esame con la
previsione di cui allart.22, comma 12, che punisce il datore di lavoro che occupa alle
proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno
previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale
non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato,
con larresto da tre mesi ad un anno e con lammenda di 5.000 euro
per ogni lavoratore impiegato (pene ora sostituite con la reclusione da sei
mesi a tre anni e la multa di 5.000 euro dal D.L. n. 92 del 2008, che trovano
applicazione anche nellipotesi di lavoro stagionale in virtù del rinvio operato dallart.24,
comma 6, alla suddetta norma. La novella, ha, quindi determinato la
trasformazione delle due fattispecie contravvenzionali in delitti).
Limpiego di manovalanza clandestina è assai frequente, il datore di lavoro che sfrutta
il lavoratore irregolare sottopagandolo e non versando i contributi pone in
essere una condotta agevolatrice della sua permanenza. In realtà, le due
fattispecie non sono coincidenti, nel reato di cui allart.22,
comma 12, non si
richiede il dolo specifico, assenza che dà ragione della maggior pericolosità
della condotta di chi agevola la permanenza di stranieri irregolari per
approfittarne ingiustamente rispetto allipotesi
contravvenzionale del datore di lavoro, (sempre) che non persegua tale finalità. 58 Cfr. Trib.
Gorizia, sentenza 19 giugno 1999, cit. 59 Secondo alcuni interpreti lambito
di operatività della norma dovrebbe venire circoscritto ai soli casi in cui, in
presenza del dolo specifico, la condotta di agevolazione abbia riguardato la permanenza
di chi, entrato regolarmente in Italia, abbia, poi, perso i titoli di
legittimazione. Essendo il presupposto del reato lingresso
irregolare dello straniero, la norma si colloca a completamento della tutela
del bene tutelato,
quando la sua lesione derivi da condotte ulteriori rispetto alla mera
agevolazione dellingresso: cfr. E. Lanza, La repressione,
cit.; P. Zaccaria, Il delitto di favoreggiamento dellimmigrazione
clandestina alla luce delle modifiche apportate al T.U. 286/1998 dalla L. 189/2002, in
Rass. Arma Carab., 2003, n. 2, p. 170 ss.; A. Caputo, Diritto e procedura, cit.
Tale lettura riceve, peraltro, conferma dal nuovo illecito delittuoso di cui
allart.12, comma 5-bis, introdotto dal più volte menzionato
pacchetto
sicurezza, che punisce chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre
ingiusto profitto, dà alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno
in un immobile di cui abbia disponibilità, ovvero lo cede allo stesso, anche in
locazione. La norma, infatti, sembrerebbe dettare unipotesi specifica di
favoreggiamento alla permanenza non solo dellimmigrato clandestino,
espulso od allontanato, ma anche di colui, cui venga annullato o revocato, per
qualsiasi motivo, il permesso di soggiorno. Si ritiene, invero, che tale previsione sia del
tutto superflua, in quanto la condotta ivi descritta può essere agevolmente
ascritta, in via interpretativa, al generico favoreggiamento di cui al comma 5 in commento. A diversa
conclusione si sarebbe potuti pervenire, se in sede di conversione del suddetto
decreto fosse stato mantenuto il testo originario della fattispecie
incriminatrice, che richiedeva il solo dolo generico: per i fatti rientranti
nellodierna previsione, la giurisprudenza escludeva la generalizzata
ricorrenza del delitto
di cui allart.12, comma 5 proprio per mancanza del richiesto dolo
specifico, consistente nella finalità di trarre ingiusto profitto dalla
condizione di illegalità dello straniero clandestino (cfr., sul punto, Corte
Cass. Pen., Sez. I, 29
novembre 2006, n. 40398, secondo cui la condotta di chi fornisce alloggio o
cede un immobile a cittadini extracomunitari irregolari integra lipotesi
criminosa ex art.12, comma 5, solo se dalla stipula del contratto
limputato intenda trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità in cui si trova
lo straniero, sempre in relazione a quel particolare rapporto sinallagmatico).
60 Le fattispecie in questione muniscono di sanzione penale la disciplina
dellallontanamento e della riammissione dello straniero, nonché i relativi provvedimenti
espulsivi ed autorizzativi. 61 Cfr. Corte Cost., 13 gennaio 2004, n. 5, con cui
viene dichiarata linfondatezza della questione di legittimità costituzionale
dellart.14, comma 5-ter, sollevata in ragione della scarsa determinatezza della
formula senza giustificato motivo. La Corte ritiene che la
manifesta indigenza dello straniero (cfr., da ultimo, Trib. Rovereto, 1 ottobre
2008), ovvero il ricovero ospedaliero in atto di un prossimo congiunto possano
costituire causa di
giustificazione allinosservanza dellordine di
espulsione. In merito alla ripartizione dellonus probandi circa la
sussistenza del giustificato motivo si stabilisce, poi, che sullo straniero
grava un mero onere di allegazione dei motivi non conosciuti o conoscibili dal
giudice, fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare
direttamente, quando possibile, l'esistenza di ragioni legittimanti
l'inosservanza del precetto penale; si ritiene, inoltre, che sia compito
del giudice verificare
caso per caso se latto sia stato effettivamente tradotto in
una lingua comprensibile allintimato, e se il significato
dellordine e le conseguenze della sua violazione siano stati comprese
dallo straniero. Nellipotesi della non intellegibilità dellordine da parte di chi ignori la
lingua in cui latto è tradotto, va escluso lelemento
psicologico del reato (cfr. Trib. Bologna, 27 settembre 2002, giud. Betti, in
cui si accerta la violazione della disciplina legislativa in materia di
traduzione degli atti
ex art.13, comma 7, T.U. Imm.). Va, altresì, rilevato che la Consulta, chiamata
nuovamente a pronunciarsi sulla questione di compatibilità costituzionale
della suddetta locuzione, lha dichiarata manifestamente
inammissibile con ord. 17 dicembre 2008, n. 417,
in quanto non risultano essere
stati addotti nuovi profili di censura, diversi da quelli già scrutinati
con la citata sent. n. 5 del 2004. Con riguardo, poi, alla compatibilità di
tale onere di allegazione e la presunzione di non colpevolezza dellimputato sancita
allart.27, comma 2, Cost., vi è da dire, che anche se apparentemente
laccollo di oneri probatori in capo allimputato circa gli elementi
a lui favorevoli sembra contrastare con tale presunzione, in realtà esso non è
che la naturale conseguenza
della partecipazione della difesa in punto di prova ex art.24, comma 2, Cost.
Incombe sulle parti, dunque, lonere di provare i fatti favorevoli
e di falsificare gli elementi sfavorevoli addotti dalla controparte in
dibattimento, sede in cui si forma la prova (cfr. Illuminati, La presunzione dinnocenza
dellimputato, Zanichelli, 1979, p. 136; Paulesu, Presunzione di non
colpevolezza, in Dig. Disc. Pen., Vol. IX, Utet, 1995; Siracusano, Diritto
processuale penale, Giuffrè, 2004). 62 Si segnala a tale riguardo Corte Cass. Pen., Sez.
I, 15 marzo 2006, n. 9120, secondo cui l'accompagnamento dello straniero alla
frontiera è l'unica forma di esecuzione di un nuovo provvedimento di espulsione
adottato nei confronti dello straniero clandestino, che sia stato già
condannato per non avere volontariamente ottemperato all'ordine di
allontanamento del questore; ne deriva che nei confronti dello straniero
sottoposto a giudizio con rito direttissimo, in stato di arresto o libero, il
questore deve disporre il trattenimento presso un centro di permanenza
temporanea, in vista dell'esecuzione dell'espulsione a mezzo della forza
pubblica. 63 Tale ultima disposizione è stata interpretata nel senso di
considerare integrata lipotesi delittuosa del reingresso illegale
nel territorio dello
Stato, solo qualora si sia già avuta leffettiva esecuzione di
un precedente provvedimento di espulsione coattiva e non anche nel caso di
inottemperanza di un ordine di espulsione reiterato, e cioè adottato a mente
dellultima parte dellart.14, comma 5-ter (cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 30
ottobre 2003, n. 41304, Dudic, in Riv. Pen., 2004, p. 28). 64 Cfr. Corte Cass.
Pen., Sez I, 18 dicembre 2007, n. 1479, secondo cui non integra il reato in
esame la condotta dello straniero, che si sia trattenuto in Italia
successivamente all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato
entro cinque giorni, emesso a seguito di rifiuto del rinnovo del permesso di
soggiorno, atteso che tale provvedimento di diniego non può essere equiparato a
quello di revoca o di annullamento del medesimo, a ciò ostando il divieto di
applicazione analogica in materia penale (conformi Id., 7 dicembre 2008, n.
244; Id., 11 maggio 2006 n. 31426). In senso difforme, cfr. Id., 16 novembre
2007, n. 45517. 65 Tale ordine ha quale suo antecedente logico il decreto di
espulsione emesso da Prefetto, che dichiara l'irregolarità della permanenza
dello straniero nel territorio dello Stato, ai sensi dellart.13,
comma 2; cfr. però, Corte Cass. Pen., Sez. I, 19 gennaio 2007, 9826,
in
Cass. Pen., 2008, n. 6, p. 2598, secondo cui integra il reato in esame l'ingiustificata
inosservanza dell'ordine di allontanamento del Questore che trovi il suo
presupposto nel respingimento di cui all'art. 10 del citato T.U. Imm. 66
Cfr. Corte Cass. Pen.,
Sez. I, 28 marzo 2006, n. 13314, con nota di Abukar Hayo, La motivazione
dell'ordine di allontanamento del questore, in Cass. Pen., 2007, 1, 249. Le tre
opzioni esecutive (accompagnamento immediato alla frontiera, soggiorno in un
C.P.T. (ora C.I.E.), ordine di allontanamento entro cinque giorni) si
inseriscono in un ordine di priorità, prefissato dal legislatore. Ergo ogni
passaggio della sequenza deve essere motivato. Deve essere chiaro perché non è
stata possibile la prima opzione, se si fa luogo alla seconda; e perché non
sono state possibili la prima e la seconda, se si fa luogo alla terza. Solo in
questo modo l'autorità amministrativa rispetta la voluntas legis e rende
possibile il controllo di legittimità dei suoi atti. In tema di legittimità del
provvedimento del Questore che intima allo straniero di allontanarsi ex art.14,
comma 5-bis, la giurisprudenza di legittimità più recente (cfr. Corte Cass.
Pen. Sez. I, 10 dicembre 2008, n. 394; Id., 28 febbraio 2008, n. 11714, cit.;
Id., 11 gennaio 2007, n. 11489; Id., Sez. Un., 27 settembre 2007, n. 2451; Id.,
Sez. I, 28 settembre 2007, n. 38679; Id., 12 aprile 2006, n. 15259),
sembrerebbe aver operato un renvirement di quellorientamento più
risalente, secondo cui sia fini della convalida dell'arresto obbligatorio in flagranza, sia
ai fini della configurabilità del reati di cui all'art. 14, commi 5-ter e
5-quinquies, non è necessario che siffatto ordine espliciti le dettagliate
ragioni che, ad esempio, hanno impedito il suo trattenimento presso un centro
di permanenza temporanea (ora di identificazione ed espulsione) più vicino, nè
rileva che la motivazione del provvedimento costituisca, in parte, la
ripetizione della formula normativa, se non vi è necessità di specificazioni
concrete (cfr., per tutte, Corte Cass. Pen., 23 novembre 2003 n. 40299),
stabilendosi, ora, che gli ordini di allontanamento a carattere
intimatorio devono fare espresso riferimento alle ragioni specifiche che
rendono impossibile la permanenza dello straniero nei centri di permanenza temporanea, chiarendo se il
motivo è proprio il sovraffollamento delle strutture, ...non bastando ... che
il decreto si limiti a riprodurre letteralmente la formula della legge.
Lordine del Questore di lasciare il territorio nazionale costituisce per lo straniero modalità meno
gravosa ed afflittiva rispetto al suo immediato accompagnamento coattivo alla
frontiera a mezzo della forza pubblica o al suo trattenimento presso un centro
di accoglienza in vista del suo successivo accompagnamento coattivo, anche se
indicati in via preferenziale dalla legge come modalità esecutive (in questo
senso cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 22 luglio 2005 n. 27429, Belbettah, in
Cass. Pen., 2006, n. 10, p. 3336; Corte Cost., 10 aprile 2001, n. 105, cit.). 67 M. Pavone, Note in tema di
illecito trattenimento del cittadino straniero espulso, consultabile allindirizzo
www.filodiritto.com. 68 Cfr. A. Caputo, nota a Corte Cass. Pen., 2 agosto 2005,
n. 29221, in
Dir. Iimm. Citt., 2006, 2, p. 194. 69 Cfr A. Caputo, op. loc. cit. In dottrina cfr., altresì, M.
Gambardella, I reati in materia di immigrazione dopo la legge Bossi-Fini, in
Aa.Vv. La condizione giuridica dellimmigrato. Normativa,
dottrina, giurisprudenza, in Giur. Merito, suppl. al n. 7-8, 2004, p. 106; A.
Casadonte, Profili
penalistici, in Aa.Vv. (a cura di B. Nascimbene), Diritto degli stranieri,
cit., p. 683. In
giurisprudenza, sul potere del giudice di disapplicare gli atti amministrativi
illegittimi, che costituiscono il presupposto di condotte penalmente sanzionate
(da ravvisare, in primis, nell'ordine del questore ex art. 14, comma 5-bis,
poi, nel preventivo decreto di espulsione prefettizio) e, di conseguenza,
assolvere il soggetto incriminato per insussistenza del fatto, cfr. Corte Cass.
Pen., Sez. I, Sez. I, 26 maggio 2006, Hu Li, Guida Dir., 2006, n. 35, p. 84;
Id., 4 maggio 2006, Nefzi, ivi, 2006, n. 31, p. 82; Trib. Bologna 21 giugno
2004, n. 972, ivi, 2004, n. 39, p. 92. In senso contrario cfr. Corte Cass. Pen.,
Sez. I, 23 ottobre 2003, Fedi, in Riv. Pen., 2004, p. 192; Sez. I, 25 ottobre
2004, Vera Contreras, in Guida Dir., 2004, n. 47, p. 91, ove si esclude che
possano essere sollevati in sede penale presunti vizi dellatto
amministrativo presupposto. Con precipuo riferimento al provvedimento
prefettizio, si
assiste ad unulteriore divaricazione giurisprudenziale:
a fronte, infatti, di un orientamento che ne ammette la sindacabilità, in
quanto contribuisce a descrivere sul piano oggettivo la tipicità dell'illecito
(cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 8 ottobre 2004, n. 47677,
in Foro It., 2005, II, p. 409; Trib. Roma, 2 gennaio 2003, in Giur. merito,
2003, p. 1198), si registra un opposto indirizzo che opera un distinguo fra lordine
di allontanamento emesso dal questore, la cui legittimità può essere valutata
in sede penale, ed il
decreto del prefetto, la cui cognizione è, invece, riservata al giudice di pace
civile, salvo i casi di sua inesistenza (Corte Cass. Pen., Sez I, 3 novembre
2007 n. 2907, in
Cass. Pen., 2008, n. 9, p. 3412; Id., 30 marzo 2005, in Riv. pen., 2005,
p. 970; Id., 30 marzo 2005, Angheluta, in Foro It., 2006, II, p. 10). 70 Cfr.
Corte Cost., 15 luglio, 2004, n. 223, in Giur. Cost., 2004, 4, o in Cass. Pen.
2004, 3990, con nota di Gallucci, Illegittima la previsione dell'arresto da
parte della polizia giudiziaria dell'autore di contravvenzioni. 71 Larresto
obbligatorio è esteso anche allipotesi di cui al comma 5-quater, che
prevede il delitto di reingresso nel territorio dello Stato dello straniero già
espulso. 72 Cfr. A. Caputo, Prime note sulle modifiche alle norme penali del testo unico sullimmigrazione,
in Quest. Giust., 2005, 252 ss., 73 Va al riguardo segnalato che, proprio sulla
base dellassunto secondo cui la condizione personale di
clandestino sarebbe di per sè sintomatica di pericolosità sociale, lart.1,
lett. f) del summenzionato pacchetto sicurezza (D. L. n. 92 del
2008) ha introdotto, allart.61, comma 1, c.p., il n. 11-bis, che
disciplina una nuova circostanza aggravante comune nel caso in cui il fatto sia
commesso da soggetto
che si trovi illegalmente sul territorio nazionale.
Una simile aggravante fa, quindi, conseguire ad una status di mera irregolarità
amministrativa una risposta sanzionatoria più severa, con ciò determinando una
disparità di trattamento fra soggetti, che pone seri dubbi di legittimità costituzionale.
74 Cfr. Corte Cass. Pen, Sez. VI, 25 ottobre 2006, n. 35828, con nota di A.
Natalini, Rito direttissimo atipico: ecco i limiti, in Dir. Giust., 2006, 44,
p. 71, in
cui il Supremo Collegio stabilisce, in contrasto con il proprio orientamento
maggioritario, la perentorietà della previsione temporale di cui all'art.449
c.p.p. in materia di instaurazione del rito direttissimo extra codicem,
statuendo l'obbligo per il pubblico ministero di non oltrepassare, ai fini di
una regolare vocatio in ius, il quindicesimo giorno dall'inserimento nominativo
della notitia criminis nellapposito registro. 75 In particolare si censura
la parificazione esistente fra la pena prevista dalla disposizione in esame e
quella fissata dallart.13,
comma 13-bis, nella parte in cui punisce lo straniero che, già colpito da
provvedimento giudiziale di espulsione, faccia rientro indebitamente nel
territorio dello Stato, che prevede una fattispecie ben più grave di quella del
mancato allontanamento
dello straniero colpito da un provvedimento di espulsione. Tale articolo
introduce unipotesi specifica di reato di violazione del divieto di
reingresso, in riferimento al quale il provvedimento di espulsione gioca un
doppio ruolo, atteggiandosi sia a presupposto positivo della condotta, sia ad elemento che
concorre a specificare la condotta materiale del reato. La fattispecie generale
è prevista dal precedente comma 13, che punisce il reingresso dello straniero
in mancanza dellautorizzazione del Ministro dellInterno.
Lart.13, comma 13-bis, in particolare, disciplina due figure delittuose
relative la prima al già ricordato reingresso illegale dello straniero
allontanato sulla base di unespulsione disposta dal giudice, la seconda
al reingresso illegale
dello straniero già denunciato per il reato ex art.13, comma 13 ed espulso.
Tale ultima ipotesi è stata dichiarata illegittimità dalla Corte Cost. con
sentenza 14 28 dicembre 2005, n. 466 (con nota di Mantovani, Corte costituzionale
e reingresso abusivo dello straniero: un self-restraint davvero opportuno?, in
Giur. Cost., n. 1, 2006, p. 674 ss.), nel testo risultante dalle modifiche
introdotte dall'art.12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Non è chiaro se tutti i
profili di incostituzionalità siano stati travolti dalla novella del 2004,
intervenuta nelle more del giudizio costituzionale.
Nella ultima parte della motivazione, infatti, la Corte ambiguamente precisa
che nessun rilievo può avere la circostanza che alla denuncia era collegata
anche lespulsione perché, nel regime antecedente la sentenza della Consulta n. 222 del
2004 (declaratoria di illegittimità costituzionale dellart.13,
comma 13-bis, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida
debba svolgersi in contraddittorio prima dellesecuzione del provvedimento di
accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa),
lespulsione con accompagnamento alla frontiera era eseguita anche prima
delleventuale convalida, sicché neppure sotto tale profilo la denuncia
era soggetta ad alcuna
delibazione processuale. Ottemperando specificatamente ai dettami della
suddetta sentenza, la L. n. 241 del 2004 ora dispone che lesecuzione
del provvedimento del Questore di allontanamento dal territorio nazionale è
sospesa fino alla decisione sulla convalida. Secondo alcuni interpreti lintroduzione
del meccanismo di convalida ad opera del giudice di pace, precedente
allesecuzione dellespulsione, renderebbe la norma immune dalle
censure della Corte, dal momento che la denuncia appare ora assistita in astratto da un minimo di
garanzie. Altra parte della dottrina, invece, ritiene che questultima
precisazione dimostri come la denuncia è atto che nulla prova riguardo
alla colpevolezza o alla pericolosità del soggetto indicato come autore degli
atti che il
denunciante riferisce (cfr. Corte Cost., sentt. 18 febbraio
2005, n. 78 e 13 giugno 1997, n. 173), soprattutto quando non venga sottoposta
ad alcuna delibazione processuale, potendosi, pertanto, concludere che la
pronuncia di illegittimità
costituzionale ha rilievo anche in riferimento al
novellato art.13, comma 13-bis (cfr. M. Centini, Automatismi sanzionatori tra
principio di non colpevolezza e principio di ragionevolezza, in Giur. Cost.,
2006, n. 3, p. 2649). Si ricorda, infine, che la novella del 2004 ha, peraltro, previsto
per i suddetti reati larresto obbligatorio anche fuori dei casi
di flagranza, in aperto contrasto con quanto dispone lart.13 Cost. in
materia di provvedimenti restrittivi della libertà personale da parte della
polizia giudiziaria,
che dovrebbero venire adottati solo in situazioni di necessità ed urgenza, che
in assenza di una flagranza sembrano presunte iuris et de iure. 76 Cfr., per
tutte, Trib. Trani, ord. 30 maggio 2005. 77 Cfr., da ultimo, Corte Cost.,
ordd., 16 gennaio 2009, n. 7, 27 febbraio 2008, n. 52 e 15 luglio 2008, n. 273,
che hanno dichiarato manifestamente inammissibili questioni di legittimità costituzionale sostanzialmente identiche a quelle testè
enunciate. 78 Cfr. Corte Cost., 18 luglio 1989, n. 409, in Foro It., 1990, I,
p. 36 ss., e, più di recente, Id., 3 dicembre 1993, n. 422, ivi, 1994, I, p.
341. 79 Cfr. G. Fiandaca, Commento allart.27, 3° comma,
Cost., in Commentario alla Costituzione, a cura di Branca e Pizzorusso,
Bologna, 1991, p. 330. 80 Cfr. Corte Cost., 3 luglio 1990, n. 313, in Giur. Cost., 1990,
p. 1981 e ss.; Id., 28 luglio 1993, n. 343, in Foro It., 1994, Bologna, I, p. 342;
Id., 3 dicembre 1993, n. 422, cit. 81 Cfr. Corte Cost., 25 luglio 1994, n. 341, in Foro It., 1994, I,
p. 2585, che dichiara lillegittimità dellart.341 c.p., nella
parte in cui prevede per il delitto di oltraggio a un pubblico ufficiale la
pena minima di sei mesi di reclusione, per violazione non solo dellart.3
Cost., per la rilevante ed ingiustificata differenza rispetto al trattamento sanzionatorio
previsto per il reato di ingiuria di cui allart.594 c.p., ma anche
del successivo art.27, comma 3, poiché la sproporzione della pena rispetto
alleffettivo disvalore del fatto-reato in questione vanifica la finalità
rieducativa della pena
stessa. 82 A
supporto di tale opzione ermeneutica, si segnala la recente giurisprudenza di
legittimità formatasi in ordine ai rapporti fra le norme dellordinamento
penitenziario che regolano la materia delle misure alternative alla detenzione e quelle del testo unico sullimmigrazione,
secondo cui la condizione dello straniero clandestino, pur se soggetto ad
espulsione amministrativa da eseguire dopo lespiazione della pena, non
sia di per sé ostativa alla concessione di misure extramurarie. Tale linea interpretativa, poi
condivisa dalle Sezioni Unite (Corte Cass. Pen., Sez. Un., 28 marzo 2006, n.
14500, già richiamata), considerati i preminenti valori costituzionali delluguale
dignità delle persone e della funzione rieducativa della pena (artt.2, 3 e 27, comma 3, Cost.), che
costituiscono la chiave di lettura delle disposizioni dellordinamento
penitenziario sulle misure alternative, stabilisce che dette misure devono
essere applicate senza distinzioni di nazionalità, essendo dirette a favorire il reinserimento del condannato
nella società, posto che, in unottica transnazionale, la
risocializzazione non può assumere connotati nazionalistici, ma va rapportata
alla collaborazione fra gli Stati nel settore della giurisdizione penale. 83
Cfr. A. Pace,
Problematica delle libertà costituzionali - Parte generale, Padova 2003, p. 315
ss., in cui lAutore non manca di chiarire come la
disciplina legislativa della condizione dello straniero extracomunitario, in
ogni caso, incontri il limite posto dal principio di razionalità/ragionevolezza. 84 Cfr. Corte Cass.
Pen., Sez. Un., 11 settembre 2001, n. 33539, Donatelli, in Dir. Prat. Lav., 40,
2001, p. 2747, che, ponendo fine alla querelle interpretativa scaturita dallabrogazione
dellart.12, comma 2, L.
30 dicembre 1986, n.
943, che incriminava lassunzione di lavoratori extracomunitari
privi dellautorizzazione al lavoro rilasciata dalle direzioni provinciali
del lavoro, e dalla contestuale introduzione dellart.22, comma 12, T.U.
Imm., nega la sussistenza di una continuità normativa fra le due fattispecie incriminatrici,
precisando che non è ravvisabile un fenomeno di successione di leggi penali nel
tempo, in quanto il proprium delle stesse è assolutamente diverso, poiché del
tutto eterogenei sono gli elementi, che concorrono a disegnarne la tipicità: latto
amministrativo che si inserisce nell'area della rilevanza penale, i
procedimenti autorizzatori e organi ai quali spetta il rilascio dei
provvedimenti amministrativi e la ratio dell'intervento del legislatore penale. 85 Sul piano
processuale, se il fenomeno dellabolitio criminis si verifica nel
corso di un procedimento penale, troverà applicazione lart.129 c.p.p.,
che impone al giudice, in ogni stato e grado del processo, di prosciogliere
l'imputato quando il
fatto non costituisce più reato. In particolare la Corte di Cassazione, ex
artt. 129 e 620 lett. a), c.p.p., deve pronunciare sentenza di annullamento
senza rinvio se, invece, si realizza quando è già intervenuta una sentenza di
condanna irrevocabile, il giudice dellesecuzione, a norma
dellart.673 c.p.p, deve revocare la sentenza di condanna o il decreto
penale, dichiarando che il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Cfr. per la dottrina Gambardella, Abolitio criminis: casi e regole processuali, in Cass. Pen., 2005, 5,
1739. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. Un., 6 febbraio 2006, n.
4687) ha stabilito che tra gli effetti giuridici pregiudizievoli scaturiti dal
giudicato di condanna da eliminare in applicazione della suddetta disposizione,
sono da annoverare anche quelli preclusivi alla concessione della sospensione
condizionale (previa formulazione del favorevole giudizio
prognostico richiesto dallart. 164, comma primo, cod. pen., sulla base
non solo della situazione esistente al momento in cui era stata pronunciata la condanna in
questione, ma anche degli elementi sopravvenuti), così dirimendo
il contrasto precedentemente insorto. 86 Unipotesi di continuità
normativa può rinvenirsi anche quando ad una norma speciale succeda una norma generale, poiché
è quest'ultima a contenere pienamente la previsione precedente, ed a riprodurne
integralmente la tipicità, per quanto stemperata nel più ampio contesto della
nuova incriminazione (così Bisori, L'abrogazione dell'oltraggio tra abolitio criminis e successione di
leggi incriminatrici, in Cass. Pen., 2000, n. 11, p. 3025). 87 Cfr.
Marinucci-Dolcini, Manuale di diritto penale. Parte generale, 2006, Milano, p.
61. 88 Cfr. Donini, Discontinuità del tipo di illecito e amnistia. Profili costituzionali,
in Cass. Pen., 2003, n. 9, p. 2857. Segnala l'esigenza che la nuova legge
disponga sempre per le situazioni pregresse attraverso una espressa disciplina
di diritto transitorio Romano, Commentario sistematico del codice penale, I,
Milano, 2004, p. 61. 89 Si ricorda, altresì, che danno luogo al fenomeno di
successione di leggi sia linnesto di una nuova fattispecie
interferente con lambito dapplicazione di altre pregresse, che
labrogazione di una norma e contestuale riespansione di una formula incriminatrice previgente. In
tale ultimo caso, la circostanza che all'abrogazione di un reato non abbia
fatto seguito l'introduzione di nuove o diverse figure di reato non esclude la
possibilità che la condotta già tipica del delitto abrogato possa integrare
altra fattispecie criminosa tuttora prevista e punita dalla legge penale.
Emblematica a questo riguardo la vicenda processuale scaturita dallabrogazione
del delitto di oltraggio (art.341 c.p.) e alla possibile applicazione del
delitto di ingiuria aggravata
(artt.594 e 671, n. 10 c.p.). Non sembra condivisibile quanto affermato dalle
Sezioni Unite (Corte Cass. Pen., Sez. Un., 27 giugno 2001, n. 29023, Avitabile,
in Cass. Pen.., 2002, p. 482, con nota di Lazzari, L'abrogazione del reato di
oltraggio: la parola delle Sezioni unite), secondo cui la vicenda legislativa
in questione non configura una ipotesi di successione
intertemporale di leggi penali, di cui al comma 3 [ora 4] dell'art. 2 c.p.
Infatti quest'ultima disposizione ha per presupposto una diversità di norme incriminatrici, di
cui una cronologicamente precedente all'altra. Secondo parte
della dottrina, infatti nel concetto di legge successiva, rientra
anche quella che, pur preesistente, non risulti però applicabile in una certa
epoca: come nel caso
in cui la norma generale diventi applicabile ad un dato tipo di fatto storico
soltanto in seguito all'abrogazione della norma speciale derogatoria. È
sufficiente, invero, per la sussistenza di una successione di
leggi penali ai sensi dell'art.2 c.p., che cambi la disciplina giuridica applicabile al caso
concreto per qualsivoglia mutamento normativo intervenuto dopo la realizzazione
del fatto. In questo senso cfr. Pulitanò, Legalità discontinua? Paradigmi e
problemi di diritto intertemporale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2002, p. 1274
ss.; Frosali, Concorso di norme e concorso di reati, 1971, p. 530, per il quale
nel caso di una successiva abrogazione della norma speciale si ha successione
di leggi penali ex art. 2 c.p. 90 Cfr. Pulitanò, Legalità discontinua?, cit.,
p. 1271; Padovani, Tipicità e successione di leggi penali. La modificazione
legislativa degli elementi della fattispecie penale incriminatrice o della sua
sfera di applicazione nellambito dellart. 2, commi 2 e 3, c.p.,
in Riv. It. Dir. Proc.
Pen., 1982, p. 1369 ss.; più di recente Micheletti, I nessi tra politica
criminale e diritto intertemporale nello specchio della riforma dei reati
societari, in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 2003, p. 1113 ss. 91 Riguardo alle
conseguenze della abolizione parziale del reato sui procedimenti penali ancora
non terminati, si può osservare, in linea generale, che il pubblico ministero,
di regola, deve modificare l'imputazione e contestarla all'imputato, in modo
che la descrizione del fatto addebitato rientri nelle condotte punite alla
stregua della nuova disposizione incriminatrice. Cfr. Padovani, Il cammello e
la cruna dell'ago, I problemi della successione di leggi penali relativa alle
nuove fattispecie di false comunicazioni sociali, in Cass. Pen., 2002, p. 1607
ss.; Avenati Bassi, L'attività di accertamento degli illeciti societari,
Incontro di studio sul tema La riforma del diritto societario, Consiglio
Superiore della Magistratura, Roma, 6-8 febbraio 2003, p. 6 ss.
(dattiloscritto). 92 Anche se entrambe le disposizioni sono ispirate al favor
rei, la revoca delle sentenze di condanna passate in giudicato è interdetta
nellipotesi di mera successione di norme penali, in quanto
lart 673 c.p.p. prevede tale possibilità soltanto in caso di abolitio
criminis vera e
propria. 93 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. V, 16 ottobre 2002, n. 34622. 94 Le
ipotesi fin qui descritte rientrano nella c.d. specialità unilaterale,
mentre una parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che il
congegno predisposto dall'art.15 c.p. sarebbe applicabile anche quando un fatto concreto risulti
sussumibile in più fattispecie astratte, che presentino alcuni elementi comuni
tra loro ed altri, generici o tipizzanti, diversi, fenomeno questo meglio
descritto come specialità bilaterale o reciproca. Cfr. Corte Cass.
Pen., Sez. V, 21 novembre 1999
in Riv. Pen., 2001, 559, secondo cui le
fattispecie criminose previste, rispettivamente, dall'art. 648 c.p. e dall'art.
12 d.l. 3 maggio 1991 n. 143, convertito con modificazioni in l. 5 luglio 1991 n. 197 sono tra loro in
relazione di specialità reciproca. Tra le due, quindi, deve trovare
applicazione quella caratterizzata da maggiore specialità rispetto all'altra.
In dottrina cfr. Padovani, Diritto penale, Milano, 2006, p. 378; Caraccioli, Manuale di diritto penale. Parte
generale, Padova, 2005, p. 190 (che fa rientrare anche la specialità in
concreto nella specialità reciproca o bilaterale). Si oppongono alla tesi che
riconduce la specialità reciproca alla previsione dell'art.15 c.p. Marinucci-Dolcini,
Manuale di diritto penale, cit., p. 385. 95 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un., 16
giugno 2003, n. 25887, Giordano, in Cass. Pen., 2003, p. 3310, con nota di
Padovani, Bancarotta fraudolenta impropria e successione di leggi: il bandolo
della legalità nelle mani delle Sezioni unite. 96 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez.
V, 16 ottobre 2002, in
Dir. Pen. Proc., 2003, n. 6, p. 712, con nota di D. Micheletti, La continuità
intertemporale della bancarotta fraudolenta cagionata tramite
reati societari. Lavvicendamento
di due fattispecie incriminatrici comporta sempre unabolitio
criminis totale, e dunque la costante applicazione dellart.2, comma 2,
c.p., qualora intercorra tra le stesse un rapporto di specialità per aggiunta e
lelemento costitutivo speciale abbia un peso tale da
ascrivere al fatto di reato un significato lesivo diverso da quello sottostante
alla fattispecie generale. Secondo tale ricostruzione, se tra falso in
comunicazioni sociali vecchia e nuova ipotesi sussiste unomogeneità strutturale, nel senso di una specialità
per specificazione, tra bancarotta impropria vecchia e nuova formula esiste un
rapporto di specialità per aggiunta, in cui lelemento nuovo
(nesso di causalità tra reato presupposto e dissesto dellimpresa) ha quel
peso e quella
rilevanza che esprimono una mutata volontà legis e determinano la sussistenza
di una abrogazione totale della norma precedente. Cfr. Corte Cass. Pen., Sez.
Un., 26 marzo 2003, Giordano, cit., secondo cui in tema di diritto
intertemporale sussiste la punibilità della condotte di falsità e delle
omissioni previste dagli artt.2621 e ss. c.c., poste in essere prima della
riforma introdotta con il D. Lgs., 11 aprile 2002, n. 61, solo quando siano
state superate le soglie di punibilità previste dalla nuova disciplina. Nel
stesso senso sembra orientata Corte Cass. Pen., Sez. V, 23 aprile 2003, Ruocco,
in Dir. Pen. Proc., 2003, p. 3747, o in Impr., 2004, n. 7/8, p. 1278 ss., ove
si stabilisce che la Corte deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata,
qualora dalla stessa non risulta possibile stabilire se le soglie di punibilità
siano state superate o meno. Ancora così (almeno in parte) Corte Cass. Pen.,
Sez. V, 3 ottobre 2003, Fodde, in C.E.D. Cass., n. 226918, secondo cui al fine
di verificare se i fatti commessi prima dell'entrata in vigore del D. Lgs. n.
61 del 2002 siano sussumibili nell'attuale fattispecie criminosa di cui
all'art.2622 c.c., occorre che tutti gli elementi richiesti dalla nuova
disciplina (quali ad esempio il superamento delle soglie di punibilità) siano
stati contestati e abbiano formato oggetto di accertamento in contraddittorio. Ne
consegue che nel giudizio di cassazione, nel quale la Corte è chiamata a
decidere sulla base di un accertamento già compiuto dal giudice di merito, se i
nuovi elementi non hanno formato oggetto di valutazione nella decisione
impugnata, il fatto-reato rientra nell'ambito dell'abolitio criminis. 97 In argomento cfr.
l'approfondito studio di Ambrosetti, Abolitio criminis e modifica della
fattispecie, Cedam, 2004, p. 37. 98 Nella manualistica penale, cfr. C. Fiore-S.
Fiore, Diritto penale. Parte generale, Utet, 2004, p. 86 ss., secondo cui per
stabilire quando una norma penale abbia cessato di essere in vigore è
necessario fare riferimento alla disciplina posta dall'art.15, disp. prel. c.c.
99 Per un'applicazione giurisprudenziale della teoria, in riferimento alla
soluzione del problema, seguito alla riforma avvenuta con L., 26 aprile 1990,
n. 86, della continuità normativa fra alcuni dei reati dei pubblici ufficiali
commessi in danno dell'Amministrazione, cfr. Trib. Genova, 13 giugno 1990,
Giuffrè, in Foro it., 1990, II, p. 639 ss. 100 Cfr. Musco, La riformulazione
dei reati. Profili di diritto intertemporale, Giuffrè, 2000, p. 109 ss. 101
Cfr. Padovani, Diritto Penale, cit. Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un., 20 giugno
1990, n. 10893, in
Giust. Pen., 1990, II, p. 513 ss., con nota di Fiandaca, Questioni di diritto
transitorio in seguito alla riforma dei reati di interesse privato e abuso
innominato di ufficio. 102 Cfr. Bisori, L'abrogazione dell'oltraggio, cit., p. 3025. In alcune sentenze
si è cercato di superare i suddetti limiti, da più parti denunciati, attraverso
il richiamo alla teoria della persistente modalità d'offesa del medesimo bene
giuridico: cfr. Corte Cass., Sez. Un., 13 dicembre 2000, n. 35, in Cass. Pen., 2001, p.
2643, con nota di Micheletti, La riformulazione del reato tributario di omessa
dichiarazione. A proposito della distinzione tra abolitio criminis e abrogatio
sine abolitione; in argomento cfr., altresì, lampio lavoro
monografico di Musco, op. loc. cit. 103 Più nello specifico sussiste continuità
dincriminazione quando la fattispecie successiva è contenuta,
appunto, in quella precedente: cioè quando la norma abrogatrice è speciale rispetto alla norma abrogata. Si è, però,
obiettato che tale interpretazione restringerebbe troppo lambito
applicativo del fenomeno della successione, che, invero, andrebbe esteso
anche nel caso in cui la norma successiva ampli il contenuto di una
precedente più
specifica (cfr. Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna,
2008, p. 89). 104 Cfr. Padovani, Tipicità e successione di leggi penali, cit.,
p. 1354. 105 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un., 26 marzo 2003, n. 25887, cit.;
Id., Sez. Un. 13 dicembre
2000, n. 35, cit., che richiama i criteri ermeneutici elaborati dalla
precedente sentenza Corte Cass. Pen., Sez. Un., 25 ottobre 2000, n. 27, Di
Mauro, in Cass. Pen., n. 2, 2001, p. 448 ss., con nota di Musco, La
riformulazione dei reati tributari e gli incerti confini dellabolitio
criminis, che nel valutare se vi sia o meno una continuità normativa tra il
reato di cui all'art.4, comma 1, lett. d), L. n. 516 del 1982 (utilizzazione di
fatture per operazioni inesistenti) e la nuova fattispecie di cui all'art.2, D. Lgs. n. 74 del 2000
(dichiarazione fraudolenta nella quale ci si avvalga di fatture per operazioni
inesistenti), opera unampia disamina dei criteri utilizzabili al
fine di stabilire se sussista nel caso di specie abolitio criminis o abrogatio
sine abolitione,
pervenendo, poi, all'esclusione di detta continuità sulla base della teoria dei
rapporti strutturali tra le fattispecie (in realtà la sentenza utilizza tale
criterio ad adiuvandum, ossia per dimostrare come il risultato interpretativo
resti invariato sia che si consideri il rapporto strutturale tra le fattispecie
a confronto, sia che si fondi l'accertamento sulla continuità del tipo di
illecito, come anche sulla base del teoria dellapplicazione in
concreto. Per un recente impiego combinato dei suddetti parametri cfr. Corte
Cass. Pen., Sez. VI, 23 novembre 2004, n. 81, in tema di riduzione in
schiavitù). Diversamente cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un., 15 gennaio 2001,
Sagone, in Dir. Pen. Proc., 2001, p. 878 ss., con nota di Dovere, Lomessa
dichiarazione dei
redditi: una nuova ipotesi di abolitio criminis, che accoglie, invece, il
canone sostanzialistico-valoriale della c.d. continuità del
tipo di illecito, anche se con argomentazioni prudenziali, a
dimostrazione delle difficoltà di rintracciare un criterio univoco valido in tutti i casi. 106 Cfr.
Palazzo, L'errore su legge extrapenale, 1974, Milano, p. 17: Si
denomina elemento normativo della fattispecie penale ogni elemento per la cui
determinazione ... l'interprete deve servirsi di una norma diversa da quella
incriminatrice, richiamata appunto dall'elemento normativo, già esistente
nell'ambito di un ordinamento giuridico od extragiuridico.
107 Nei delitti contro lonore ed il pudore sessuale, ad esempio,
loscenità è elemento normativo extragiuridico variabile al mutare dei tempi e dei luoghi.
Cfr. Fiandaca-Musco, Diritto Penale, cit., p. 83, secondo cui, nel caso di
elementi normativi rinvianti a norme sociali e di costume, il
parametro di riferimento diventa inevitabilmente incerto e sorgono forti dubbi circa il limite
discretivo tra rispetto di un sufficiente livello di determinatezza e carattere
indefinito dell'elemento del fatto di reato. 108 Cfr., per tutti,
Padovani, Tipicità e successione di leggi penali, cit., p. 1356; Petrone, Labolitio
criminis, Milano, 1985, p. 25; Del Corso, Successione di leggi penali, in Dig.
Disc. Pen., Vol. XIV, Torino, 1999, p. 98; Musco, La riformulazione dei reati.
Profili di, cit., p. 47 ss. Circa la questione altrettanto complessa
dellerrore su legge
extrapenale, che abbia cagionato un errore sul fatto che costituisce reato
(art.47, comma 3, c.p.) cfr., ex pluribus, Pagliaro, Dolo ed errore: problemi
in giurisprudenza, in Cass. Pen., 2000, p. 9, 2493; Montagni, La divergenza tra
rappresentazione e volontà, in Giur. Mer., 2004, n. 9, p. 1905. 109 Le stesse,
peraltro, già enunciate in riferimento al fenomeno successorio conseguenza di
modificazioni immediate della fattispecie penale. Per un quadro delle posizioni
dottrinali italiane si rinvia alla recente monografia di Micheletti, Legge
penale e successione di norme integratrici, Torino, 2006, e per quelle tedesche
al volume di Dannecker., Das intertemporale Strafrecht, , Tübingen, 1993, p.
495 ss. 110 Sul punto, cfr., fra gli altri, Grosso, Successione di norme
integratrici di legge penale e successione di leggi penali, in Riv. It. Dir.
Proc. Pen., 1960, 1206 ss.; Pulitanò, Lerrore di diritto nella
teoria del reato, Milano, 1976, 314. Cfr., per la giurisprudenza, Trib. di
Perugia 12 febbraio 2005,
in Rass. Giur. Umbra, 2006, p. 213, con nota di Bisacci, Labolitio
del delitto presupposto nel quadro delle coordinate di diritto intertemporale. 111 In tal senso,
Marinucci-Dolcini, Corso di diritto penale, Milano, 2001, p. 273; Mantovani,
Diritto penale. Parte
generale, Padova, 2007, p. 83-84; Pagliaro, Principi di diritto penale. Parte
generale, Milano, 2003, p. 132 ss. 112 È questa la posizione, fra gli altri, di
Padovani, Diritto penale, cit., p. 43-44; Fiandaca-Musco, Diritto penale, cit.,
p. 94 ss.; Iori, Abrogazione di norma extrapenale integratrice, in Riv. It.
Dir. Proc. Pen., 1976, p. 349 ss. 113 Cfr. Mantovani, Diritto penale, cit. 114
Cfr. Fiandaca-Musco, Diritto penale, cit. 115 Così, Mantovani, Diritto penale,
cit., p. 84 (ma si veda, contra, lo stesso autore, ivi, p. 90, con riferimento
al delitto di associazione costituita per la realizzazione di fatti delittuosi
divenuti successivamente leciti); Marinucci-Dolcini, Corso di diritto penale,
cit., p. 273. 116 In
questo senso cfr. Pagliaro, Il delitto di calunnia, Palermo 1961, p. 37,
secondo il quale, invece, qualora successivamente alla falsa incolpazione il
legislatore sancisca lirrilevanza penale del fatto falsamente
addebitato, viene meno di riflesso anche il reato di calunnia per effetto dellart.2
c.p. 117 Cfr. Fiandaca-Musco, Diritto penale, p. 96. 118 Cfr. Pagliaro,
Principi di diritto penale,
cit., p. 127. 119 Cfr., per tutti, Romano, Commentario sistematico, cit., p.
59; Petrone, Labolitio criminis, cit., 26;
Marinucci-Dolcini, Corso di diritto penale, cit., p. 276. 120 Lipotesi di scuola è
rappresentata dallannullamento o modifica dellatto amministrativo
richiamato dallart.650 c.p. Cfr. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 90,
secondo cui labolizione del provvedimento ex art.650 c.p. ricade sotto il disposto dellart.2
c.p., poiché, in tal caso, viene a cessare la tutela penale dellinteresse
prima protetto. 121 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 11 dicembre 1997,
Prestigiacomo, in Cass. Pen., 1999, p. 858. In termini analoghi, si è pronunciata la Corte di Cassazione con
riferimento anche al delitto di truffa, stabilendo il principio che la modifica
del regime giuridico dellEnel non ha configurato una successione di
leggi penali e che, pertanto, si può escludere una efficacia retroattiva della legge più favorevole; Id.,
Sez. V, 25 febbraio 1997, n. 4114: L'art. 2 c.p., che
regola la successione nel tempo della legge penale, riguarda quelle norme che
definiscono la natura sostanziale e circostanziale del reato, comprese quelle
norme extrapenali
richiamate espressamente ad integrazione della fattispecie incriminatrice,
nonché le leggi costituenti indispensabile presupposto o comunque concorrenti
ad individuare il contenuto sostanziale del precetto. Esula da tale normativa
la successione di atti o fatti amministrativi che, senza modificare la norma
incriminatrice o comunque su di essa influire, agiscano sugli elementi di fatto
- modificandoli - sì da non renderli più sussumibili sotto l'astratta
fattispecie normativa. (Fattispecie in tema di rigetto di eccepita
inapplicabilità dell'art.468 c.p., alla contraffazione dei sigilli posti sulla
calotta del contatore elettrico per non essere più lEnel,
a seguito della l. n. 359 del 1992, ente pubblico economico); Id., Sez.
II, 21 settembre 1993, Cusimano,
in Cass. Pen., 1994, 3010; Id., Sez. III, 28 aprile 1993, Azzarito, in Cass.
Pen., 1994, 3010). 122 Cfr. Corte Cass. Pen, Sez. V, 18 marzo 1998, Gambino, in
Cass. Pen., 1999, p. 3127. 123 Va ricordato che è rimesso, comunque, allinterprete
il compito di
accertate la natura giuridica della privatizzazione di cui è causa: se, cioè,
la stessa possa essere ricondotta ad una privatizzazione debole, o formale,
nella quale il cambiamento ontologico non incide affatto sul servizio prestato,
che conserva i suoi canoni di pubblicità e di essenzialità; oppure ad una
privatizzazione sostanziale, o forte, nella quale, invece, si evinca senza
ombra di dubbio il passaggio dellente pubblico alla
forma societaria, il mutamento della qualifica soggettiva rilevando, infatti, soltanto in tale ultima
ipotesi. 124 Cfr., in tal senso, Corte Cass. Pen., 4 febbraio 2005, n. 8045: Nel
novero delle norme integratrici della legge penale, cui è applicabile il
principio di retroattività della legge più favorevole, ai sensi dellart. 2, comma terzo, cod. pen.,
debbono ricomprendersi tutte quelle che intervengano nellarea
di rilevanza penale di un fatto umano, escludendola, riducendola o comunque
modificandola in senso migliorativo per lagente; e ciò quandanche
la nuova norma non
rechi testuale statuizione in tal senso ma, comunque, regoli significativamente
il fatto in termini incompatibili con la precedente disciplina penalistica
ovvero incidenti, per il nuovo caso regolato, nella struttura della norma
incriminatrice o, quanto meno, sul giudizio di disvalore in essa espresso.
(Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che
potesse valere ad escludere la configurabilità del reato di violazione di
domicilio addebitato ad un esponente di unassociazione per la tutela degli animali per
essersi egli introdotto e trattenuto, per dichiarate finalità ispettive, contro
la volontà del proprietario, in un locale privato adibito a canile
la sopravvenuta emanazione di una norma regionale che imponeva ai gestori di strutture di ricovero per
animali di consentire laccesso, senza bisogno di speciali
procedure o autorizzazioni, ai responsabili locali delle associazioni
protezionistiche o animalistiche). 125 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un.,
23 maggio 1987, n. 8342, Tuzet,
in CED Cass., rv. 176406: Qualora un fatto perda il carattere di
illecito penale a seguito di una modifica legislativa intervenuta
successivamente che concerna la disciplina normativa extra-penale di
riferimento per attribuire la qualità di soggetto attivo di un reato proprio si applica il principio
di retroattività della legge più favorevole affermato dallart.
2 cod. pen. Perché per legge incriminatrice deve intendersi il complesso di
tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto tra cui, nei reati propri è
indubbiamente compresa la qualità del soggetto attivo (nella fattispecie è
stata ritenuta non più ravvisabile lipotesi del reato di
peculato nella condotta di un dipendente di una cassa di risparmio perché è
stata esclusa, a seguito
di novatio legis, lattribuibilità allo stesso della qualifica
di pubblico ufficiale). 126 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. II, 4 febbraio
2004, n. 4296, trattasi di una modifica concernente una norma
definitoria, ossia una disposizione attraverso la quale il legislatore chiarisce il
significato di termini usati in una o più incriminazioni, concorrendo a
individuare il contenuto del precetto penale; Id., 8 aprile 1975, n. 7422. 127
Cfr. Corte Cass. Pen., 4 febbraio 2005, n. 8045, cit. 128 Cfr. Corte Cass.
Pen., 4 febbraio 2003, n. 14329: Sussiste
labolitio criminis del reato di contrabbando doganale (art. 282 DPR n. 43
del 1973) consistente nellomissione del pagamento del dazio ad valorem
del 6% gravante sullalluminio in pani proveniente dalla Repubblica Federale Yugoslavia in virtù
della sopravvenienza del regolamento comunitario n. 2007 del 2000, integrato e
modificato dal regolamento n. 2563 del 2000 che ha sottratto tale merce ai
diritti di confine sulla stessa gravanti, in quanto le norme impositive del
dazio costituiscono norme extrapenali integratrici del precetto penale ed, in
quanto tali, rientranti nellambito di applicazione
dellart. 2 cod. pen.; Id., 26 giugno 2002 n. 33934. 129 Cfr. Corte
Cass. Pen., Sez. VI 9 dicembre 2002 - 16 gennaio 2003, n. 1751, Di Campli Finore, rv. 223341: Non
integra il reato di esercizio abusivo di una professione la condotta del
praticante avvocato, abilitato al patrocinio, il quale abbia assunto la difesa
di un minore nelludienza di convalida dellarresto tenuta dal GIP del tribunale per i
minorenni, in quanto, nei limiti in cui tale attività difensionale è consentita
dalla norma sopravvenuta di cui allart. 7 1.16 dicembre
1999, n. 47, la modifica della norma extrapenale si riflette sulla struttura
stessa del precetto
penale ed opera, dunque, il principio di retroattività della legge più
favorevole (art. 2, cpv. cod. pen); relativamente al
delitto di associazione per delinquere cfr. Id., 9 marzo 2005, n. 13382, in Cass. Pen.,
2006, n. 6, p. 2070, con nota di Restignoli, Esclusa la configurabilità del reato di associazione
per delinquere per la sopravvenuta depenalizzazione del reato fine, secondo cui
lo stesso viene meno, qualora venga depenalizzata la fattispecie dei reati
fine, perché vi è la perdita della rilevanza criminale del fatto, non già dalla data
della modifica legislativa, ma ex tunc. 130 Cfr. Corte Cass.
Pen., Sez. III, 24 settembre 1996, n. 9163, secondo cui quando la legge
punisce condotte contrarie a prescrizioni poste con atto amministrativo, che influisce su singoli casi,
l'emanazione di nuovi atti, o il mutamento del loro contenuto, non
costituiscono novazione legislativa rilevante ex art.2, comma 2, c.p., in
quanto non si prospetta alcuna modificazione di regole generali di condotta. Invero
tale atto amministrativo ... integra il precetto penale in un elemento
normativo della fattispecie; cioè l'atto amministrativo è il presupposto di
fatto della legge penale incriminatrice, la quale ne sanziona la trasgressione.
Ne deriva che il mutamento dell'atto amministrativo non comporta una differente
valutazione della fattispecie legale astratta, bensì determina la modifica del
precetto e l'instaurazione di una nuova fattispecie incriminatrice, sicché
regolando le due norme fatti storicamente diversi, non sorge problema di
successione di leggi; Id., 8 maggio 1978, in Foro It., 1979,
II, 577; Id., Sez., VI, 4 giugno 1986, n. 9530, ivi, 1987, II, p. 156. 131 Cfr.
Corte Cass. Pen., 1 febbraio 2005 n. 9482: Listituto della
successione delle leggi penali
nel tempo riguarda le norme che definiscono la struttura essenziale e
circostanziata del reato; pertanto, ai fini dellapplicabilità
dellart. 2 cod. pen. si deve tenere conto anche di quelle fonti normative
subprimarie che, pur non ricompresse nel precetto penale, ne integrano tuttavia il contenuto. (Nel
caso di specie, relativo al reato di esercizio di attività venatoria nei
parchi, la Corte ha ritenuto che la riperimetrazione della riserva naturale ad
opera di un provvedimento amministrativo della Regione Sicilia avesse eliminato
il disvalore penale del fatto commesso, in quanto era venuta successivamente a
mancare la qualifica di parco dellarea di svolgimento
dellattività venatoria, elemento costitutivo della condotta
punibile). 132 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. VI, 21 novembre 1988, Caronna, in Cass.
Pen., 1990, p. 28; Id., 26 settembre 1986, Dotto, ivi, 1988, p. 254; Id., 5
novembre 2003, n. 48525; Id., 11 giungo 2003, n. 34481. Si è quindi ritenuto
che nella calunnia la falsa attribuzione di un fatto costituente reato è un
elemento materiale della fattispecie, e la sua esistenza va valutata nel
momento della falsa attribuzione ad altri del fatto stesso, senza che sulla
configurabilità del delitto di di cui allart.368 c.p. possano
influire modifiche
legislative incidenti sulla definizione del reato falsamente attribuito, che
nulla hanno a che vedere con il principio stabilito dallart.2
c.p. Per la casistica giurisprudenziale contraria a ritenere applicabile la
disciplina di cui allart.2 c.p. nel caso di abrogazione del reato presupposto nellipotesi
di ricettazione, calunnia e omessa denuncia, nonché di caducazione di un atto
amministrativo, la cui emissione costituiva una condotta abusiva ai sensi
dell'art.323 c.p., cfr. Piergallini, Sub art. 2 c.p., in Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e
di dottrina, a cura di Lattanzi-Lupo, Vol. I, Giuffrè, 2000, p. 65 ss. 133 Per
un quadro delle diverse posizioni giurisprudenziali si rinvia a Natalini, La
leva volontaria è unabolitio criminis - La corte aggiusta
il tiro: non rileva la gradualità della riforma, in Dir. Giust., 2006, n. 15,
p. 74. 134 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 25 maggio 2006, n. 20382; Id., 10
febbraio 2005 n. 12316; Id., Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 7628, Bova: Tra
il sistema di coscrizione
volontaria introdotto dalla l. 331/00 ed il preesistente sistema di coscrizione
obbligatoria sussiste una netta soluzione di continuità, con la conseguenza che
l'abolizione del servizio militare obbligatorio ha comportato l'abrogazione del
delitto di rifiuto di prestare detto servizio da parte dei cittadini ad esso
tenuti per chiamata di leva e ha determinato - ex art. 2, comma 2, c.p. - la
non punibilità della condotta di chi in precedenza, allorché detto servizio era
obbligatorio, ha rifiutato di prestarlo ovvero la cessazione dell'esecuzione e
degli effetti penali della condanna eventualmente intervenuta.
135 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 4 luglio 2007, n. 25812; Id., 13 luglio
2006, n. 24270; Id., Sez. I, 24 maggio 2006, n. 7852; Id., 28 agosto 2006 n. 19168; in senso conforme
Brunelli, Rilevanza penale dellabolizione del servizio militare o
obbligatorio: tra successione di norme e "scomparsa" del fatto
tipico, in Cass. Pen., 2006, 5, 1680. 136 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un., 28
febbraio 2008, n. 19601, in Fall., n. 10,
p. 1187, con nota di Tetto, Il nuovo statuto dell'impresa fallibile ed i
riflessi nei giudizi di bancarotta; contra Id., Sez. V, 18 ottobre 2007, n.
43076; Trib. Trieste, Sez. Pen., 9 gennaio 2007 e Trib. Pordenone, Sez. Pen., 10
ottobre 2007, ivi, n. 4, p. 451 ss., con nota di Id., Il concetto di
imprenditore fallibile penalmente rilevante e
vicende successorie di norme extrapenali ex art. 2 c.p.; dello stesso avviso in
dottrina Socci, Gli effetti delle riforme del fallimento e del diritto societario sui reati
fallimentari e societari. Successione di leggi non penali e conseguenze sulle
fattispecie penali, in Giur. Mer., n. 11, 2007, p. 3054, secondo cui gli
imprenditori dichiarati falliti in base alla legge previgente, che, in seguito
al mutamento di disciplina, non rientrano più nellarea
dei soggetti sottoponibili al fallimento, devono essere assolti dai reati
fallimentari con la formula perché il fatto non sussiste (manca lelemento
oggettivo del reato), o perché il il fatto non è - più previsto dalla legge
(penale, così come integrata dalla successione di norme non penali) come
reato, giacché il disvalore sociale del fatto è venuto meno; Cò,
Applicabilità della nuova legge più favorevole tra vecchi e nuovi contrasti sullo status di imprenditore nei reati
di bancarotta, in Fall., n. 3, 2008, p. 278 ss.; Ambrosetti, I riflessi
penalistici derivanti dalla modifica della nozione di piccolo imprenditore
nella legge fallimentare al vaglio delle Sezioni unite, in Cass. Pen., 2008, n.
10, p. 3602. 137 A
favore dellabolitio criminis cfr Trib. Reggio Calabria, 23 gennaio 2007, n.
76, che assolve limputato cittadino rumeno in riferimento al reato di cui
allart.14, comma 5-ter, D. Lgs. 286 del 1998, perché il fatto non
costituisce più reato
in seguito alladesione della Romania alla U.E., la cui la
ratifica, ha infatti, determinato non un mero caso di successione di leggi nel
tempo, ma unabolitio criminis, con conseguente applicabilità del disposto
dell'art.2, comma 2, c.p. e non del successivo comma 3 (ora 4); Trib. Catanzaro, 14 marzo 2007, n.
174; Trib. Milano, Sez. III Penale, 17 febbraio 2007, n. 816 ; Trib. Viterbo,
11 gennaio 2007, n. 15 (Est. Centaro, Imp. Dottori); Trib. Roma, 25 novembre
2005 (Est. Iulia, Imp. Yarga), in Cass. Pen., 2006, p. 2270 ss. Anche nellimminenza
delladesione alla U.E. di Romani e Bulgaria la giurisprudenza di merito
si era, peraltro, orientata nel senso dellinapplicabilità del T.U. Imm.:
cfr. Trib. Livorno, 15 ottobre 2004, n. 1122 che, riportandosi al principio affermato dalla
sentenza Corte Cass. Pen., Sez III, 27 gennaio 2000, n. 439 (in Riv. Pen.,
2001, p. 181), ha affermato che linapplicabilità delle
norme del presente testo unico ai cittadini degli Stati membri
dellUnione, si estende in via analogica, anche ai cittadini degli Stati candidati a
data certa ad entrare a farne parte; diversamente opinando, si creerebbe una
disparità di trattamento difficilmente giustificabile; Giudice di pace Messina,
19 luglio 2005; Trib. Catanzaro, 2 luglio 2006, n. 396. Per completezza
espositiva, occorre rilevare che in alcune pronunce si sottolinea come, secondo
un indirizzo presente nella stessa giurisprudenza di legittimità, l'ingresso
della Romania nell'U.E. potrebbe corrispondere ad una vicenda successoria di
leggi penali nel tempo riconducibile non già nella situazione di abolitio
criminis prefigurata nellart.2, 2 comma, c.p., ma nella particolare
previsione del successivo comma 4, di cui è stata fatta applicazione nella
materia dei reati di rifiuto del servizio militare. Va, poi, aggiunto, che la questione di diritto
intertemporale è emersa anche in riferimento allart.22, comma 12,
T.U. Imm., che punisce lassunzione di cittadini extracomunitari senza
permesso di soggiorno. Dal punto di vista strutturale le fattispecie incriminatrici di cui agli
artt.12 e 22 presentano unaffinità, dal momento che in entrambe le
ipotesi la qualifica soggettiva connota la persona offesa dal reato, non già il
soggetto agente. 138 La giurisprudenza, afferma che tale posizione interpretativa è, peraltro,
il linea con quanto affermato più volte dal Supremo Collegio circa la rilevanza
delle modifiche "mediate della legge penale, la cui
principale espressione è rintracciabile nella sentenza delle Sezioni unite già
richiamata (Corte
Cass. Pen., Sez. Un., 23 maggio 1987, Tuzet), riguardante la disciplina
introdotta dal D.P.R., 27 giugno 1985, n. 350, che, nel recepire la Direttiva
comunitaria 77/780/CEE, riconobbe natura privatistica all'attività bancaria,
ritenendo, pertanto, sussistente un'ipotesi di abolitio criminis con riguardo
ai delitti di malversazione e di peculato precedentemente commessi dagli
operatori bancari, per effetto del mutamento di disciplina extrapenale, a cui
il precetto faceva riferimento. In tale sentenza, seppur risalente, la Corte
enuncia in termini chiari e convincenti un principio di immutato valore
logico-sistematico, ossia che per legge incriminatrice deve intendersi il
complesso di tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto. Tra
questi elementi, nei reati propri, è indubbiamente compresa la qualità del
soggetto attivo. Se ne deve dedurre che, se la novatio legis riguarda la
qualità del soggetto attivo, nel senso che, come nella specie, fa venire meno
al dipendente bancario la qualità di incaricato di pubblico servizio,
necessaria per integrare il reato di peculato, non può non applicarsi in favore
di quel dipendente il principio di retroattività della legge più favorevole
affermato dall'art.2 c.p. 139 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. II, 4 febbraio 2004,
n. 4296, cit. 140 Conformi, peraltro, seppur in ambiti diversi, Corte Cass.
Pen., Sez. V del 2 marzo 2005, n. 8045, cit.; Id., Sez. I, 24 gennaio 2006, n.
7628, cit., in materia di rifiuto di prestare il servizio militare e l'abolizione
del servizio militare obbligatorio a seguito dell'introduzione di forze armate
esclusivamente professionali, realizzata con l'art.1, comma 6, L. 14 novembre 2000, n.
331, che secondo la Corte avrebbe ridisegnato la fattispecie penale del rifiuto
della relativa prestazione eliminando il disvalore sociale
della condotta incriminata (ancorché antecedentemente commessa), con la
conseguente applicazione dell'art.2, comma 2, c.p. Medesimo principio di
diritto viene ribadito, questa volta in materia di contrabbando, dalla Corte Cass. Pen., Sez.
III, 4 febbraio 2003 n. 172
in fattispecie attinente al mancato versamento di un
dazio che, successivamente alla commissione del fatto, era stato abrogato da
una norma che doveva ritenersi integratrice del precetto penale, con
conseguente abolitio criminis. 141 Cfr., nello stesso senso, Trib. Trieste,
Sez. Pen., 9 gennaio 2007; Trib. Pordenone, Sez. Pen., 10 ottobre 2007, cit.
142 Circa i problemi di costituzionalità delle norme penali in bianco con
riferimento ai principi di tassatività e tipicità dellillecito
penale, nonché alla riserva di legge in materia penale cfr. Corte Cost., 9
giugno 1986, n. 132, in
Cass. Pen., 1987, p. 3, secondo cui le stesse sono da ritenersi rispettose
dellart.25 Cost., purché la fattispecie penale sia descritta nei suoi elementi costitutivi.
143Il disvalore penale della fattispecie di cui allart.14,
comma 5-ter, T.U. Imm. non si incentra sulla mera inosservanza ad un ordine
dellautorità, ma sulla qualifica di straniero del soggetto inottemperante (cfr. Trib. Roma, 25
novembre 2005, cit.). Analogamente il delitto di favoreggiamento dell'ingresso
illegale di cui allart.12 T.U. Imm. contemplerebbe solamente
la condotta di ingresso clandestino sicché, potendo i cittadini di nazionalità
polacca, rumena e
bulgara oggi entrare legalmente in Italia in quanto comunitari, il fatto non
costituirebbe più reato, ai sensi dell'art.2, comma 2, c.p. 144 Cfr. Corte
Cass. Pen., Sez. V, 25 febbraio 1997, n. 4141, De Lisi, cit. 145 A questo proposito depone
anche la scelta amministrativa seguita dai responsabili dell'esecutivo,
allorché con la circolare congiunta del Ministro dell'Interno e del Ministro
della Solidarietà Sociale, 28 dicembre 2006, n. 2, si chiarisce che ai
cittadini rumeni e bulgari non si applicano più le disposizioni del testo unico
sullimmigrazione, ma quelle del D.P.R., 18 gennaio 2002, n. 54 ed,
in particolare l'art.7, che prevede che i cittadini comunitari non possono
essere espulsi (nel caso di specie a decorrere dal 1 gennaio 2007), ma solo allontanati per motivi di
ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Ciò significa che
laddove il bene tutelato dall'ordine amministrativo, la cui violazione è
penalmente rilevante, sia esclusivamente il rispetto del confine nazionale
(stranieri espulsi perché irregolarmente entrati o soggiornanti in Italia), il
medesimo atto amministrativo presupposto di quella condotta illecita non possa
più trovare efficacia, trattandosi di decreto emesso a tutela di valori non più
riferibili ai suddetti cittadini comunitari, nei cui confronti le barriere
nazionali interne non sono oramai opponibili per scelta legislativa, quindi
astratta ed impersonale, ed esecutiva dello Stato italiano. 146 Contrarie allabolitio
criminis, con riferimento allart.12 T.U. Imm., Corte Cass. Pen., Sez. I, 22 gennaio 2007 n.
1815, con cui viene respinto il ricorso di un imputato condannato a tre anni e
due mesi di reclusione per aver favorito, a fini di lucro, lingresso
illegale in Italia e comunque la permanenza di due cittadine polacche poi avviate al lavoro di badanti,
dal dicembre del 2000 allaprile del 2001, in epoca cioè
anteriore allingresso della Polonia nellUnione europea (avvenuto a
far data dal 2004). La circostanza che la Polonia sia entrata a far parte dellU.E.
dal 2004, con la conseguente libera circolazione (così come ribadita, da
ultimo, dalla circolare ministeriale n. 2 del 2006, cit.) dei cittadini
polacchi nellambito dei Paesi aderenti, non ha alcuna influenza sulle
condotte criminose commesse in data antecedente alla ratifica del Trattato di adesione, poiché la
qualifica di cittadino di Stato non appartenente alla U.E. è un presupposto
della condotta, che però non concorre a delineare il precetto penale previsto
dallart.12, D. Lgs. n. 286 del 1998. Ne consegue che, qualora il Paese di appartenenza
dellimputato venga a far parte della U.E. in epoca successiva alla
commissione del reato, si verifica una successione di norme extrapenali, che
non integrano la fattispecie incriminatrice, sì che non è consentita lapplicazione
della disciplina prevista dallart.2, commi 2 e 4, c.p. Sempre in materia
di favoreggiamento dellingresso illegale dello straniero la medesima
posizione è stata da ultimo affermata da Corte Cass. Pen., 20 luglio 2007, n. 29728,
in
cui si afferma che ladesione successiva alla U.E. determina una
variazione della rilevanza penale del fatto per le violazioni commesse
successivamente a tale evento, con la conseguente inapplicabilità
dellart.2 c.p. al caso di specie. Già nel 2004 il Supremo Collegio (Corte Cass.
Pen., Sez. VI, 16 dicembre 2004, n. 9233, Buglione ed altro, in CED Cass., rv.
23095) aveva negato, rispetto allanalogo caso della
Lettonia, lefficacia diretta di una modifica (di favore) della norma
comunitaria di riferimento,
non vertendosi evidentemente in un caso di abolitio
criminis, pur precisando incidentalmente che lapplicazione del
testo unico è limitata ai (soli) cittadini di Stati non appartenenti
allU.E. (art.1). Il giudice di legittimità liquidò la questione in queste pochissime righe,
senza fornire alcuna giustificazione a supporto della tesi della irrilevanza
delladesione; Id., 7 aprile 2004, n. 17973; Id., Sez. I, 12 maggio
2004, Deinita, RV. 228254; Id., Sez. I, 27 ottobre 2004, Passaro, RV. 229823; Id., Sez. II, 2 dicembre 2003, n.
4296, Stellaccio, rv. 228152. 147 Così ad esempio Corte Cass. Pen., 1 febbraio
2005, n. 9482, cit.; Id., Sez. III, 19 marzo 1999, n. 5457, Arlati, in CED
Cass., rv. 213465. 148 Per unanalisi critica alla impostazione
adottata dal Supremo
Collegio cfr. Risicato, La restaurata ostilità delle Sezioni unite nei
confronti delle modifiche mediate della fattispecie penale, in Dir. Pen. Proc.,
n. 3, 2008, p. 307 ss., Gambardella, Nuovi cittadini dellUnione
europea ed abolitio criminis
parziale dei reati in materia di immigrazione, in Cass. Pen., n. 3, 2008, p.
909 ss.; Gargani, Il controverso tema della modifiche mediate della fattispecie
incriminatrice al vaglio delle Sezioni unite, ivi, n. 6, 2008, p. 2694 ss.; in
senso adesivo cfr., invece, Natalini, Le norme del Trattato comunitario non
integrano il precetto penale, in Guida Dir., n. 9, 2008, p. 50 ss. 149 Cfr.
Corte Cass. Pen., 20 luglio 2007, n. 29728, cit., che richiama i principi
ermeneutici enunciati da Corte Cass. Pen., Sez. Un., 26 marzo 2003 n. 25887,
Giordano, cit. 150 Fra cui, in particolare, Corte Cass. Pen, Sez. Un., 26 marzo
2003 n. 25887, Giordano, cit. 151 Cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 20 luglio
2007, n. 29728, cit. 152 È evidente che la Corte, nel dare soluzione alla
questione di diritto intertemporale sottoposta al suo esame, abbia voluto
scongiurare il rischio di un indebolimento della tenuta del sistema punitivo,
che sarebbe seguito alleventuale riconoscimento di un fenomeno di
abolitio criminis parziale. E ciò in deroga al principio dellapplicazione
retroattiva della lex mitior o abrogatrice, a cui, peraltro, viene ormai
pacificamente assegnato rango costituzionale in base al superiore
principio delleguaglianza di trattamento (art.3 Cost.);
nello stesso senso
cfr. Gambardella, Nuovi cittadini, cit., p. 922 ss., secondo cui la decisione
vuole soddisfare ragioni di politica criminale, al fine
di contenere gli effetti dellamnistia occulta (cfr. Donini,
Discontinuità del tipo di illecito e amnistia, cit., p. 2857 ss.), riconducibili alla
novatio legis in argomento (come anche a molti dei recenti provvedimenti di
riforma del sistema penale), anche se ciò comporta una sostanziale abdicazione
di quei canoni ermeneutici, rispettosi del principio del favor rei, di cui è
stata fatta, invece, applicazione in altre pronunce. 153 A parere della Corte
rientrano nella categoria delle norme extrapenali integratrici della
fattispecie sia le disposizioni definitorie sia le norme penali in bianco, che possono
addirittura costituire
il precetto, anche se in questo caso, vista la funzione che svolgono, si parla
forse impropriamente di norme extrapenali. Più in generale,
l'art. 2 c.p. può trovare applicazione rispetto a norme extrapenali che
siano esse stesse, esplicitamente o implicitamente, retroattive, quando nella fattispecie
penale non rilevano solo per la qualificazione di un elemento ma per l'assetto
giuridico che realizzano, come può accadere per le norme penali richiamate
dalla norma incriminatrice (e da considerare perciò alla stregua di norme
extrapenali, nel senso di norme esterne a quella penale descrittiva del reato).
154 Cfr. Corte Cass. Pen, Sez. Un. 23 maggio 16 luglio 1987, Tuzet, cit.
Come già ricordato, la vicenda riguardava la sussistenza e permanenza del reato di peculato ai sensi delloriginario
testo dellart.314 c.p., in capo agli operatori di un istituto bancario di
diritto pubblico, costantemente considerati dalla giurisprudenza incaricati di
pubblico servizio anche dopo lintervenuta privatizzazione del settore. La Corte, attraverso
il riferimento al fatto concreto, ritiene applicabile lart.
2, comma 2, c.p. sulla base della considerazione che la novatio legis ha fatto
venire meno, in capo al dipendente bancario, la qualità di incaricato di
pubblico servizio
necessaria ai fini dellintegrazione del reato di peculato (nella
specie per distrazione): Quel fatto storico, illecito nel momento in cui
fu commesso, non corrisponde più alla fattispecie astratta di reato. 155
Perfettamente in linea con lorientamento della Corte Costituzionale sancito nella nota
sentenza 23 marzo 1988, n. 364, sullignoranza della legge
penale inevitabile (E' costituzionalmente illegittimo l'art. 5 cod. pen.
nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza
inevitabile), la decisione assolutoria del Pretore di Reggio Emilia, 13
giugno 1988, n. 458, in
Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 1988, p. 998, con la quale, in applicazione
dellart.5 c.p., si è deciso che è inevitabile lignoranza della legge penale dellartigiano
il quale in base a uninformazione avuta dalla CNA, ritiene di essere
piccolo imprenditore e dunque non tiene i libri e le scritture contabili
prescritti dalla legge. Egli va dunque assolto dallimputazione di
bancarotta semplice
documentale perché il fatto non costituisce reato. Alcuni Autori
sottolineano, però, giustamente la necessità di affermare in ipotesi simili la
sussistenza di un errore su legge extrapenale, che determina un errore sul
fatto del reato. Diversamente
si corre il rischio di ridurre ulteriormente, con una indiscriminata
applicazione dellart.5 c.p., il già ristretto ambito di
operatività dellarticolo 47, comma, 3 c.p. (cfr. Patrono, Problematiche
attuali dellerrore nel diritto penale delleconomia, ivi, 1988, p. 117 ss.). In
giurisprudenza aderisce alla tesi della dottrina dominante secondo cui in
materia si avrebbe un errore sul fatto, Corte Cass. Pen., 31 maggio 1952, in Dir. Fall., 1953,
II, p. 40, ove, in applicazione dellart.47, comma 1, c.p., si afferma che quando si ha
errore determinato da colpa, la punibilità della bancarotta semplice
documentale non è esclusa, perché trattasi di fatto previsto dalla legge anche
come delitto colposo. 156 Cfr. Ghidini, Imputabilità e punibilità per bancarotta
semplice, in Dir. Fall., 1953, p. 40; Antolisei, Manuale di diritto penale.
Leggi complementari. Reati fallimentari, Milano, 2001, p. 117; Nuvolone, Il
diritto penale del fallimento e delle procedure concorsuali, Milano, 1955, p.
91; La Monica, I reati fallimentari, Milano, 1999, p. 424; Antonioni, La
bancarotta semplice, Napoli, 1952, p. 237; Lugnano, Aspetti problematici
nell'elaborazione giurisprudenziale dei reati di bancarotta, in Dir. Fall., I,
1983, p. 415; Tencati, La tenuta dei documenti contabili nel delitto di
bancarotta, in Riv. Pen., 1986, p. 234; Contra, Santoriello, I reati di
bancarotta, Torino, 2000, p. 248; Pagliaro, Il delitto di bancarotta, Palermo,
1957, p. 139, che ritiene trattarsi di errore sul fatto derivante da errore di
fatto. 157 Cfr. Conti, I reati fallimentari, Torino, 1991, p. 274. 158 Cfr.
Antonioni, La bancarotta semplice, cit., p. 238, individua anche altre
situazioni di rilevanza dellerrore, ad esempio il caso
dellamministratore che ignora il fatto dellavvenuta nomina e, pertanto, non ritiene di essere
obbligato a tenere i libri e le scritture contabili; qui lerrore
ricade nellambito dellipotesi i cui allart.47, comma 1, c.p.:
errore sul fatto derivante da errore di fatto. 159 A tal proposito occorre
precisare che il
legislatore, formulando l'art.2 c.p. non parla di leggi che debbano essere
necessariamente penali, sicché è, ormai, convinzione unanime che l'abolizione
di una disposizione incriminatrice ben possa essere cagionata da successiva
legge non penale, che contribuisca ad integrarne il precetto. 160 Lindividuazione
del fatto concreto come fulcro dellefficacia della legge penale nel tempo
si rivela, in realtà, importante anche per la definizione delle ipotesi di
successione diretta di norme penali. Cfr. per la dottrina, Delitala, Il fatto nella teoria
generale del reato, Milano 1976, p. 145: L'espressione
"legge penale", contenuta nell'art. 2 comma terzo cod. Pen., deve
ritenersi comprensiva non solo delle leggi extrapenali espressamente richiamate
dalla norma penale, e
integranti il precetto, ma anche di quelle leggi che ne costituiscono
l'indispensabile presupposto o che concorrono a determinarne, anche
parzialmente e implicitamente, il sostanziale contenuto o dalle quali comunque
non può prescindersi nel valutare gli elementi penalmente rilevanti della
condotta. 161 Cfr. Corte Cass. Pen., 16 aprile 1984, n. 3478, ove si
afferma che la legge notarile deve ritenersi integratrice dell'art.479 c.p.
sulla base dell'art. 2 c.p. (nella specie era stato ritenuto che, ai fini dell'indagine sulla
sussistenza degli elementi costitutivi del reato di falso ideologico commesso
da notaio nell'autenticazione di firma, il disposto dell'art.72 della legge
notarile, il quale prevede che il notaio stesso nell'autenticare sottoscrizioni
apposte su scritture private deve dichiarare che le medesime sono state apposte
in sua presenza, non ha subito modifiche per effetto
dell'art.1, L. 10 maggio 1976, n. 333, che ha soltanto previsto la possibilità
per il notaio di formare il suo convincimento, al momento della attestazione, circa la identità
personale delle parti mediante la valutazione di ogni elemento utile;
analogamente cfr. Corte Cass. Pen., 20 ottobre 1981, n. 9219, in Giust. Pen.,
1983, II, p. 25). Per la dottrina cfr. Casu, Sull'acquisizione da parte del
notaio della certezza dell'identità del sottoscrittore, in Riv. Notariato,
2005, n. 2, p. 320. 162 La Corte opera un richiamo a quella giurisprudenza, già
citata, formatasi in materia di contrabbando e di esercizio abusivo della
professione, la quale ha riconosciuto che la norma amministrativa sopravvenuta,
consentendo ora di importare le merci dalla Jugoslavia o di assumere la difesa
penale anche al praticante avvocato, incide sul precetto, facendolo venir meno.
Nel caso di specie, infatti, il valore normativo del fatto è dato dalla
combinazione della norma penale che pone il divieto, apprestando la relativa
sanzione in caso di sua violazione e la norma amministrativa che ha funzione di
completamento del precetto; ciò succede quando la norma extrapenale qualifica
l'oggetto o le modalità della condotta, ponendo, quindi, concorrere a delineare
il precetto penale già nella sua dimensione astratta; per contro, ciò non
potrebbe mai accadere quando essa definisce un presupposto della condotta,
potendosi unicamente riflettere sulla rilevanza penale del fatto concreto. Non
sarebbe, peraltro, ravvisabile alcun divieto di applicazione retroattiva di
tale norma, che, secondo la corrente opinione si ritiene operi solo per la
condotta e non anche per gli estremi materiali che fungono da presupposto, i
quali pertanto possono anche venire ad esistenza prima dell'entrata in vigore
della norme incriminatrice. Alcuni interpreti ritengono questa distinzione
insufficiente a tratteggiare compiutamente il fenomeno e sostengono, invece,
che occorra indagare volta per volta il bene giuridico tutelato dalle norme
passata e presente, al fine di stabilire se linnovazione
legislativa influisca o meno sulla situazione sottoposta alla tutela della
legge penale (cfr. in
materia di rilevanza penale dell'omessa bonifica dei siti inquinati ex
art.51-bis, D. Lgs., 5 febbraio 1997, n. 22 (sostituito dallart.257,
D. Lgs., 3 aprile 2006, n. 152), cfr. Corte Cass. Pen., Sez. III, 28 aprile
2000, Pizzuti, 2002, in
Cass. Pen., 2001, p.
2479, ove si stabilisce che fra i soggetti tenuti alla bonifica vanno inclusi
anche coloro che hanno inquinato prima dell'entrata in vigore delle norme, che
impongono penalmente tale obbligo; in senso critico, Micheletti, Il reato di contaminazione
ambientale, in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 2004, p. 145 ss. La circostanza che
ai fini della sussistenza del reato, i presupposti devono sussistere,
preesistere od essere concomitanti alla condotta, oltre che conosciuti o
conoscibili da parte dellagente, e che, nella specie, il legislatore
abbia configurato un fatto-presupposto atipico, che dipende dalla
condotta dello stesso soggetto, tenuto poi alladempimento
dellobbligo di decontaminazione del sito, non può condurre a ritenere
irrilevante il momento
causativo del fatto di inquinamento, da cui origina lobbligo
di bonifica, il cui inadempimento è penalmente sanzionato dallart.51-bis,
cit. Pertanto, se non si vuol violare il precetto di cui allart.11, disp.
prel. c.c., e conseguentemente stravolgere la portata dellart.51-bis, occorre
ritenere che il nuovo regime sulla bonifica dei siti contaminati sia operante
esclusivamente con riferimento ai fatti di inquinamento cagionati
dopo lentrata in vigore del nuovo regime ed, in specie, dopo il 16 dicembre 1999, data in cui
sono entrati in vigore i limiti di accettabilità previsti dallart.17,
comma 2). 163 Leggi in forza delle quali, come noto, i cittadini dei nuovi
Stati membri, presenti sul territorio italiano, sono destinati a perdere la qualifica di clandestini e ad
acquisire i diritti di libera circolazione e di libero stabilimento spettanti
ai cittadini comunitari. 164 La normativa che individua i diversi Stati
appartenenti allUnione europea fornisce la definizione
della nozione di straniero,
la cui sostanziale modifica incide in modo essenziale sulla portata del
precetto, rendendo, pertanto, applicabile la disciplina di cui allart.2
c.p. Da ciò discende che gli imputati di reati commessi sulla base di una
qualificazione soggettiva non più esistente debbano essere assolti con la formula perché
il fatto non è previsto (più) dalla legge come reato ai sensi
dellart. 129 c.p.p.. 165 Tale precisazione è vieppiù doverosa con
riguardo a quelle previsioni, come ad esempio quelle contemplata dallart.14 comma
5-ter, D. Lgs. n. 286 del 1988, che configurano non già un reato comune, bensì
un reato proprio dello straniero. In secondo luogo, risulta del tutto evidente
come il fulcro del disvalore del fatto si incentra sullelemento normativo
sopra indicato, tanto
che lintera normativa di cui al D. Lgs. n. 286 del 1998 concerne
la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, inapplicabile, per espressa disposizione di legge, a chi
straniero non sia. 166 Cfr. Pulitanò, Principio di uguaglianza e norme penali di favore, in Corr.
Mer., n. 2, 2007, p. 212. 167 Cfr. Corte Cost., 23 novembre 2006, n. 394. In dottrina Marinucci,
Irretroattività e retroattività nella materia penale: gli orientamenti della
Corte costituzionale, in Dir. Pen. Giur. Cost.,
Napoli, 2006, p. 89. 168 Cfr. Romano, Commentario sistematico, cit., p. 66: Quando
una nuova legge modificatrice restringe larea di illiceità della
precedente, continuano bensì ad essere illeciti i tipi di condotte che, reati
secondo la legge
abrogata, lo siano anche per la nuova, ma cessano di esserlo, invece, i tipi di
condotte mancanti di elementi da essa richiesta. Per questi si ha unabolitio
criminis parziale. Nella giurisprudenza di merito, a favore
dellapplicabilità dellart.2, comma 2, c.p., cfr., per tutte, Trib. Roma, 25
novembre 2005, cit. 169 Nella valutazione complessiva della fattispecie
criminosa devono ricomprendersi tutti gli elementi rilevanti ai fini della
integrazione del fatto-reato, e tra questi elementi significativi, che incidono
sulla dimensione lesiva del fatto, sono indubbiamente ricomprese le qualifiche
soggettive. 170 Il fenomeno successorio coinvolgente la qualifica di straniero
è avvenuto, più nello specifico, mediante lemanazione di Trattati
ed Atti comunitari,
ossia mediante fonti normative super primarie, che
lItalia, in base al Trattato istitutivo dellUnione europea, si è
impegnata a rispettare. 171
In questo senso cfr. Corte Cass. Pen., Sez. Un., 23
maggio 1987, Tuzet, cit.; Id., Sez. III, 29 gennaio 1998, n. 4176, Sciacchiano, in CED Cass., rv.
210696. Così, per tutti, Palazzo, Corso di diritto penale. Parte generale,
Torino, 2005, p. 156: tale tesi, in ossequio ai principi costituzionali di
uguaglianza e di garanzia che governano la materia della successione di leggi
nel tempo, tiene conto della differenza di trattamento giuridico-penale
derivante, per lo stesso fatto, dalla modifica legislativa sia pure mediata,
cosicchè, di fronte alla diversità di disciplina giuridica, tra quella vigente al momento del fatto e quella
vigente al momento del giudizio, il principio generale sovraordinato allintera
materia esige che trovi applicazione quella normativa, da cui discende il
trattamento più favorevole per il reo. 172 Cfr. Micheletti, Legge penale e successione di norme
integratrici, cit. 173 La consapevolezza dellagente che di
lì a breve il proprio Stato entrerà nella CE lo indurrebbe a trasgredire senza
alcun timore lart. 14, comma 5-ter, d. lgs. 286 del 1998, confidando poi
nella successiva abolitio
criminis; per una recente applicazione giurisprudenziale della sentenza
in commento cfr. Corte Cass. Pen., Sez. I, 23 aprile 2008, n. 16786, che
annulla con rinvio la pronuncia assolutoria adottata nei confronti di un
imputato di nazionalità rumena per il reato ex art.14, comma 5-ter, T.U. Imm., in
quanto - come recentemente stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte - è da
escludere che l'ingresso della Romania nell'Unione Europea dia origine ad un
fenomeno di successione di leggi penali nel tempo a norma dellart.2 c.p. e che, quindi, per le
precedenti violazioni delle norme in materia di immigrazione clandestina sia
giustificato il proscioglimento dell'imputato perchè il fatto non è più
previsto dalla legge come reato. 174 Ci si riferisce al D. L., 1 novembre 2007, n. 181
(in G.U. 2 novembre 2007, n. 255), contenente Disposizioni urgenti in materia
di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza,
decaduto per mancata conversione, le cui disposizioni sono poi state inserite
nel D. L., 29 Dicembre 2007, n. 249, anchesso decaduto. La
relativa normativa è, infine, confluita in larga misura nel D. Lgs., 28
febbraio 2008, n. 32. 175 Fra le novità più significative introdotte dal già
citato pacchetto sicurezza (D. L. n. 92 del 2008), va, altresì, menzionata la
riformulazione degli artt.235 e 312 c.p., (adesso rubricati Espulsione od
allontanamento dello straniero dallo Stato), che ora prevedono, accanto alla
misura di sicurezza dellespulsione dello straniero, anche lallontanamento
del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea.
Tale aggiunta è da ritenersi superflua, in quanto la nozione codicistica di
straniero di cui allart.4 c.p. è già comprensiva del cittadino comunitario,
differendo da quella
recepita dallart.1 T.U. Imm. di cui si è già dato conto.
176 Come noto, lart.65, R. D., 30 gennaio 1941, n. 12, attribuisce alla
Corte di Cassazione il delicato compito di assicurare la uniforme
interpretazione del diritto, definito nella prassi funzione nomofilattica.
L'interpretazione data dalla Corte non ha, comunque, alcun valore vincolante,
stante i principi sanciti a livello costituzione di soggezione del giudice solo
alla legge (art.101, comma 2, Cost.) e di uguaglianza tra magistrati, che si distinguono
tra loro solo per diversità di funzioni (art.107, comma 3, Cost.),
nonché del principio del libero convincimento dettato in materia di valutazione
della prova. Infatti, interpretazioni difformi sono ammissibili, purché il
giudice dia conto delliter
che ha portato alla formazione del proprio convincimento, iter che deve
connotarsi per la sua logicità e corrispondenza a canoni di completezza e
razionalità, onde evitare che tale libertà si trasformi in puro arbitrio
interpretativo. Ne consegue che nel nostro ordinamento, pur non potendosi configurare un dovere di
conformità alla interpretazione resa dalla Corte, nondimeno il giudice che
decida di discostarsi dal principio interpretativo enunciato sarà tenuto alla
soddisfazione di un obbligo motivazionale più stringente ex art.111 Cost. In
altri termini, lo stesso dovrà esercitare un convincimento libero,
ma ponderato, soprattutto tenuto conto della posizione di vertice
che l'organo dotato di tale funzione ricopre nel sistema delle impugnazioni. Circa la funzione nomofilattica
delle Sezioni unite civili, cfr., invece il D. Lgs., 2 febbraio 2006, n. 40, di
attuazione della legge delega per la competitività del 14 maggio 2005, n. 80:
al fine di ridefinire lassetto giuridico relativo al rapporto tra Sezioni unite e Sezioni semplici
della Cassazione, con la novella in esame è stato stabilito che se
la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto
enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata,
la decisione del
ricorso, imponendo allinterprete di tener presente
lesistenza di un nuovo principio giuridico, in base al quale la decisione
della Suprema Corte, presa a Sezioni unite, è vincolante (seppur non in modo
assoluto) per le Sezioni semplici, nel senso che, queste ultime, non potranno discostarsene e
decidere la quaestio iuris in modo difforme. 177 Quella che gli anglosassoni
definirebbero persuasive authority. 178 Nelle sentenze passate in rassegna,
nonché nei precedenti ivi citati, si è visto che la normativa extrapenale può
venire in considerazione ai fini dell'applicazione della norma penale essendo
richiamata da uno qualsiasi degli elementi del fatto di reato: nel caso del
contrabbando doganale serve per individuare l'oggetto della condotta (merci
sottoposte ai diritti di confine), nel caso dell'esercizio abusivo della
professione serve per individuare il carattere abusivo della condotta. 179
Cfr., per tutte, Corte Cass. Pen., Sez. III, 1 febbraio - 10 marzo 2005,
Pitrella, rv. 231228; Id., Sez. III, 12 marzo - 14 maggio 2002, Pata, rv.
221943; Id., Sez. Un. n. 8342 del 1987, cit. Commenta | Stampa | Segnala |
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( da "AltaLex" del
20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Sul differimento
dell'udienza per il procuratore della parte costituita Corte Costituzionale ,
sentenza 14.07.2009 n° 217 (Adolfo Liarò) Stampa | Segnala | Condividi Si deve
ritenere non fondata la questione di legittimità Costituzionale degli artt.
420-ter, comma 5, e dell'art. 484, comma 2-bis, del codice di procedura penale,
in quanto non lesiva dei principi di cui agli artt. 3, 24, comma 1 e 2, e 111,
comma 2 Cost. nella parte in cui non consente, al giudice del dibattimento, di
rinviare ad una nuova udienza in caso di assenza del difensore della costituita
parte civile dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo
impedimento prontamente comunicato. Disposizioni
sottoposte al vaglio di costituzionalità 420-ter c.p.p. Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore
Comma 5: «Il giudice provvede a norma del comma 1 (rinvia ad una nuova udienza
e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419,
comma 1) nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa
è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento,
purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è
assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero
quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato
chiede che si proceda in assenza del difensore impedito ». 484 c.p.p.
Costituzione delle parti Comma 2-bis: «Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni degli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies »
Dubbio costituzionale Se le disposizioni citate, s
pongono in contrasto con la Costituzione nella parte in cui non consentono al
giudice del dibattimento di rinviare ad una nuova udienza nel caso in cui
l'assenza del difensore della costituita parte civile sia dovuta ad assoluta
impossibilità di comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato.
Principi assunti violati Art. 3 Cost. = sotto il profilo del principio di
uguaglianza, stante l'irragionevole discriminazione operata tra il difensore
dell'imputato ed il difensore della parte civile che vengono a trovarsi nella
medesima situazione incolpevole; Art. 24. comma 1 e 2 = sotto il principio
della inviolabilità della difesa, sicuramente applicabile anche alla persona
offesa dal reato in relazione alle sue pretese civilistiche: diritto la cui
effettività sarebbe vulnerata dallo svolgimento di attività processuale nella
quale l'imputato ed il suo difensore possono svolgere la loro difesa in assenza
della parte civile e del suo difensore impossibilitato a presenziare per forza
maggiore; Art. 111 comma 2 Cost. = con riguardo al principio della parità delle
parti nel processo, stante l'attribuzione del diritto al differimento
dell'udienza al difensore di una delle parti del processo penale e la negazione
di tale identico diritto al difensore della parte civile che si trova nella
medesima situazione; Il caso Con ordinanza del 2 ottobre 2008, il Tribunale di
Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, sollevava questione di
legittimità costituzionale, in riferimento agli
articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, della
Costituzione, dell'art. 420-ter, comma 5, e dell'art. 484, comma 2-bis, del
codice di procedura penale nella parte in cui non consentono al giudice del
dibattimento di rinviare ad una nuova udienza nel caso in cui l'assenza del
difensore della costituita parte civile sia dovuta ad assoluta impossibilità di
comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato. Al giudice a quo veniva
avanzata richiesta di differimento di udienza in ragione dellimpossibilità
di comparire da parte del procuratore costituito della parte civile a causa del
legittimo impedimento occorsogli in quella data. Il rimettente non accoglieva
detta istanza in ossequio
al combinato disposto degli artt. 420-ter, comma 5, e 484, comma 2-bis, cod.
proc. pen., in quanto dette norme riservano il diritto di differimento
dell'udienza in caso di legittimo impedimento, prontamente comunicato, soltanto
al difensore dell'imputato. Il legale civilista eccepiva, ai sensi dell'art.
180 cod. proc. pen., la nullità dell'ordinanza con la quale il giudicante ha
respinto la richiesta di rinvio dell'udienza e del provvedimento di ammissione
delle nuove prove richieste dall'imputato, per violazione dell'art. 178, lett.
c), cod. proc. pen., ovvero per inosservanza delle disposizioni concernenti
l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza della parte civile costituita;
in particolare, il difensore della parte civile osservava che l'ordinanza di
ammissione delle prove richieste dall'imputato, a seguito della contestazione
suppletiva, era stata pronunziata nonostante la sua assenza, dovuta ad
impedimento assoluto, prontamente comunicato e, quindi, senza alcun
contraddittorio con una delle parti del processo. Il giudice rimettente
ritenendo, in punto di rilevanza della questione, che l'eccezione di nullità e,
quindi, il giudizio non potevano essere definiti indipendentemente dalla
risoluzione della questione di costituzionalità in esame, giacché
l'incostituzionalità degli artt. 420-ter, comma 5 e 484, comma 2-bis, avrebbe
imposto al decidente di accogliere l'eccezione di nullità nei termini
prospettati dal difensore della parte civile, sollevava questione di
legittimità costituzionale prospettando la violazione
degli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, Costituzione.
Inquadramento della problematica Ai sensi dellordinanza con la
quale veniva adita la Consulta, il rimettente sollevava dubbio di legittimità costituzionale
in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo
comma, della Costituzione, dell'art. 420-ter, comma 5, e dell'art. 484, comma
2-bis, del codice di procedura penale nella parte in cui non consentono al
giudice del dibattimento di rinviare ad una nuova udienza nel caso in cui
l'assenza del difensore della costituita parte civile sia dovuta ad assoluta
impossibilità di comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato.
L'omessa previsione contrasterebbe, secondo il rimettente, con il principio di
uguaglianza ex art. 3 Cost., stante l'irragionevole
discriminazione operata tra il difensore dell'imputato ed il difensore della
parte civile che vengono a trovarsi nella medesima situazione
incolpevole; con il principio della parità delle parti nel processo ex art. 24. comma 1 e 2
Cost. , stante l'attribuzione del diritto al differimento dell'udienza
al difensore di una delle parti del processo penale e la negazione di tale
identico diritto al difensore della parte civile che si trova nella medesima situazione;
da ultimo con il principio della inviolabilità della difesa ex art. 111 comma 2
Cost., sicuramente applicabile anche alla persona offesa dal reato in
relazione alle sue pretese civilistiche: diritto la cui effettività sarebbe vulnerata dallo svolgimento di
attività processuale nella quale l'imputato ed il suo difensore possono
svolgere la loro difesa in assenza della parte civile e del suo difensore
impossibilitato a presenziare per forza maggiore La risposta
della Consulta Il
Giudice delle leggi, nellesaminare la vexata quaestio, coglie
loccasione per enucleare e ribadire il fondamentale principio di
distinzione tra azione civile ed azione penale, già affermato in precedenti
sentenze divenuto saldo in capo alle pronunce della Consulta. Lesame prende il via da
un excursus storico che affonda le radici nella sentenza n. 187 risalente al
1972, con la quale già sotto la vigenza del codice di procedura penale del
1930, veniva giudicata non discriminatoria la portata dell'art. 175 cod. proc. pen., nella parte in
cui non prevedeva, in tema di notificazioni, l'obbligo di disporre le ricerche
del danneggiato nei luoghi di nascita e di ultima dimora, così come era
previsto per l'imputato. Lo snodo viene assunto attraverso la citazione del
codice di procedura penale del 1988, il quale ha fortemente cambiato il tipo di
processo, transitando dal previgente sistema di tipo inquisitorio, ove vigeva
la prevalenza del processo penale su quello civile e amministrativo, a quello
accusatorio caratterizzato dalla separazione dei giudizi ed alla indipendenza
del giudizio civile e amministrativo da quello penale. Ora l'intero corpo
normativo processuale risulta, infatti, strutturato sulla diversità delle
posizioni processuali della parte civile e dell'imputato, in particolare, sul
carattere accessorio, subordinato ed eventuale dell'azione civile rispetto al
processo penale; si tratta di disposizioni che delineano una netta
diversificazione dei diritti e dei poteri processuali attribuiti alla parte civile
ed all'imputato, costituenti, dunque, situazioni soggettive non omologabili.
Difatti, la Corte, tutte le volte in cui è stata chiamata a decidere sui
rapporti tra azione civile e azione penale, ha costantemente affermato il
principio per cui imputato e parte civile esprimono due entità soggettive
fortemente diversificate, non solo sul piano del differente risalto degli
interessi coinvolti, ma anche e soprattutto per l'impossibilità di configurare
in capo ad essi un paradigma di par condicio valido come regola generale su cui
conformare i relativi diritti e poteri processuali. Pertanto le differenze di
trattamento processuale tra le parti sono legittime, sempre che abbiano una
loro ragionevole base all'interno del sistema processuale. Se ciò vale per le
parti necessarie del processo, a fortiori è possibile tracciare un ragionevole
discrimen in riferimento alle parti eventuali: specie nelle ipotesi in cui
come nel caso della parte civile nel processo penale sia assicurato un
diretto ed incondizionato
ristoro dei propri diritti attraverso l'azione sempre esercitabile in sede
propria (sentenza n. 168 del 2006). Lappena citata non
equiparabilità delle posizioni soggettive in questione e il favor separationis
tra azione civile ed azione penale sta proprio alla base dalla valutazione di non
irragionevolezza della scelta del legislatore nei casi in cui non ha
esteso anche alla parte civile facoltà e diritti attribuiti in via esclusiva
all'imputato ed in quelli in cui non ha riconosciuto autonomi diritti e facoltà alla parte civile. Tale
tesi trova ulteriori avalli grazie ai precedenti giurisprudenziali della stessa
Consulta e, precisamente, avendo riguardo alla sentenza n. 168 del 2006 con la
quale non ha ritenuto discriminatoria la scelta del legislatore di consentire soltanto
all'imputato ed al pubblico ministero di formulare la richiesta di rimessione
del processo, né ha ritenuto irragionevole il mancato riconoscimento alla
parte civile del diritto di impugnare il provvedimento con il quale la sua istanza di sequestro conservativo sia
stata respinta (ordinanza n. 424 del 1998); anzi, ha affermato la
ragionevolezza del comma 2 dell'art. 495 cod. proc. pen., nella parte in cui
attribuisce soltanto all'imputato ed al pubblico ministero, e non anche alla parte civile, il diritto alla
prova contraria (sentenza n. 532 del 1995). Ad abundantiam
la Corte osserva come si
deve ribadire che l'eventuale impossibilità per il danneggiato di partecipare
al processo penale non incide in modo apprezzabile sul diritto di difesa e sulla parità delle
parti, data la possibilità di esercitare l'azione di risarcimento del danno
nella sede civile ed anche, atteso il carattere accessorio e subordinato
dell'azione civile, in considerazione della facoltà del danneggiato dal reato
di scegliere di far valere i propri diritti nella sede propria oppure in quella
penale dopo aver effettuato una valutazione comparativa dei relativi vantaggi
(sentenza n. 168 del 2006; ordinanza n. 124 del 1999). Sulla scorta delle
argomentazioni appena
svolte la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sulla scorta dei motivi che seguono. In
ordine alla presunta violazione dellart. 3 Cost. osserva,
come sinora precisato, la legittimità della disparità di trattamento fra parte civile e imputato, quindi
conseguentemente con ripercussioni sui rispettivi difensori (vd. mancata
comparizione del difensore). Con riferimento alla violazione dell'art. 24
Cost., sotto il profilo per cui l'effettività del diritto di difesa
della parte civile
sarebbe vulnerata dallo svolgimento di attività processuale nella quale
l'imputato ed il suo difensore possono svolgere la loro difesa, in assenza
della parte civile e del suo difensore, si deve rilevare che tale lesione non è
sussistente. Ciò non solo perché ben può il difensore legittimamente impedito
nominare un sostituto, il quale esercita i diritti e assume i doveri del
difensore ai sensi dell'art. 102 cod. proc. pen., ma anche perché, come più
volte affermato da questa Corte, l'esercizio dell'azione civile per il
risarcimento del danno nel processo penale non rappresenta l'unico strumento di
tutela giudiziaria a disposizione della parte civile «per l'esistenza di validi
e praticabili percorsi giudiziari alternativi nella piena disponibilità del
danneggiato (azione risarcitoria davanti al giudice civile)» (ordinanze n.
562 del 2000 e n. 424 del 1998). Da ultimo non risulta violato neanche
lart. 11, secondo comma in quanto le considerazioni di cui sopra, non
comporterebbero una violazione del principio della parità delle parti atteso
che la previsione della facoltà prevista in capo alla parte civile di
trasferire, in qualsiasi momento, l'azione per il risarcimento del danno
derivante dal reato nella sede civile, esclude di regola pregiudizi agli interessi di cui è portatrice.
In conclusione, ai sensi dei suesposti rilievi, la Consulta ritiene non fondata
la questione de qua. (Altalex, 20 luglio 2009. Nota di Adolfo Liarò) Corte
Costituzionale Sentenza 14 luglio 2009, n. 217 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA
CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Francesco AMIRANTE Presidente -
Ugo DE SIERVO Giudice - Paolo MADDALENA - Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA - Franco GALLO - Luigi MAZZELLA
- Gaetano SILVESTRI - Sabino CASSESE - Maria Rita SAULLE - Giuseppe
TESAURO - Paolo Maria NAPOLITANO - Giuseppe FRIGO -
Alessandro CRISCUOLO - Paolo GROSSI ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt.
420-ter, comma 5, e 484, comma 2-bis, del codice di procedura penale promosso
dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, nel
procedimento penale a carico di S. M., con ordinanza del 2 ottobre 2008,
iscritta al n. 24 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dellanno
2009. Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri; udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di
Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, con ordinanza del 2
ottobre 2008, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento
agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, della
Costituzione, dellart. 420-ter, comma 5, e dellart.
484, comma 2-bis, del codice di procedura penale nella parte in cui «non
consentono al giudice del dibattimento di rinviare ad una nuova udienza nel
caso in cui lassenza del difensore della costituita parte civile sia dovuta ad assoluta
impossibilità di comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato».
Il rimettente premette di essere chiamato a decidere in un procedimento penale
a carico di S. M., imputato del delitto di cui allart.
570 codice penale (violazione degli obblighi di assistenza familiare), in
relazione al quale, in data 5 giugno 2007, il difensore della costituita parte
civile P. M. ha depositato in cancelleria un certificato medico, datato 4
giugno 2007, attestante
condizioni di salute incompatibili con la sua comparizione per ludienza
del 7 giugno 2007. Il giudice a quo riferisce che alludienza del 7 giugno
2007 non ha accolto la richiesta di differimento delludienza, in forza
del combinato disposto degli artt. 420-ter, comma 5, e 484, comma 2-bis, cod. proc. pen., in
quanto dette norme riservano il diritto di differimento delludienza
in caso di legittimo impedimento, prontamente comunicato, soltanto al difensore
dellimputato, sicché, nella medesima udienza, ai sensi dellart.
519 cod. proc. pen., ha provveduto allammissione di prove testimoniali
richieste dallimputato a seguito di contestazione suppletiva. Precisa,
inoltre, che alludienza dell8 maggio 2008 il difensore della parte
civile ha eccepito, ai sensi
dellart. 180 cod. proc. pen., la nullità dellordinanza con la
quale il giudicante ha respinto la richiesta di rinvio delludienza del 7
giugno 2007 e del provvedimento di ammissione delle nuove prove richieste
dallimputato, per violazione dellart. 178, lett. c), cod. proc. pen.,
ovvero per inosservanza delle disposizioni concernenti lintervento,
lassistenza e la rappresentanza della parte civile costituita; in
particolare, il difensore della parte civile ha eccepito che lordinanza
di ammissione delle
prove richieste dallimputato, a seguito della contestazione
suppletiva, è stata pronunziata nonostante la sua assenza, dovuta ad
impedimento assoluto, prontamente comunicato e, quindi, senza alcun
contraddittorio con una delle parti del processo. Il giudice rimettente prospetta la
violazione degli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma,
Cost. ritenendo, in punto di rilevanza della questione, che leccezione
di nullità e, quindi, il giudizio non possono essere definiti indipendentemente dalla risoluzione della
questione di costituzionalità in esame, giacché lincostituzionalità
degli artt. 420-ter, comma 5 e 484, comma 2-bis, «nei termini prospettati dal
difensore della parte civile imporrebbe al decidente di accogliere
leccezione di nullità».
Pone in evidenza il rimettente che la questione appare non manifestamente
infondata, in quanto «la mancata estensione da parte del combinato disposto
degli articoli 420-ter comma 5, e 484 comma 2-bis, cod. proc. pen. al difensore
della parte civile dellistituto del rinvio delludienza in
caso di mancata comparizione, quanto meno quando la stessa sia dovuta, come nel
caso in esame, ad impossibilità assoluta per forza maggiore sembra contrastare»
con il principio di uguaglianza di cui allart. 3 Cost., con quello della parità delle
parti nel processo di cui al secondo comma dellart. 111 Cost. e
con il principio di inviolabilità della difesa di cui ai commi primo e secondo
dellart. 24 Cost. Lomessa previsione contrasterebbe, secondo il
rimettente, con il
principio di uguaglianza, «stante lirragionevole
discriminazione operata tra il difensore dellimputato ed il difensore
della parte civile che vengono a trovarsi nella medesima situazione
incolpevole»; con il principio della parità delle parti nel processo, «stante lattribuzione
del diritto al differimento delludienza al difensore di una delle parti
del processo penale e la negazione di tale identico diritto al difensore della
parte civile che si trova nella medesima situazione»; inoltre, con il principio della inviolabilità della
difesa, «sicuramente applicabile anche alla persona offesa dal reato in
relazione alle sue pretese civilistiche: diritto la cui effettività sarebbe
vulnerata dallo svolgimento di attività processuale nella quale limputato ed il suo difensore possono
svolgere la loro difesa in assenza della parte civile e del suo difensore
impossibilitato a presenziare per forza maggiore». 2.
Con atto depositato in data 3 marzo 2009, è intervenuto in giudizio il
Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale
dello Stato, che ha eccepito la manifesta irrilevanza della questione. La
difesa erariale ha evidenziato che la questione sollevata dal rimettente, «al
fine di operare una corretta disamina del caso oggetto di cognizione», deve essere affrontata nella
«appropriata e diversa sede normativa dellart. 519 cod. proc.
pen., con particolare riguardo al comma 3 della norma medesima». Osserva che la
citata disposizione, in caso di contestazione suppletiva, effettuata ai sensi degli artt.
516, 517 e 518 cod. proc. pen., nelle previsioni di cui ai commi 1 e 2, impone
al giudice di concedere termini per la difesa e di sospendere il dibattimento,
se limputato ne faccia richiesta; inoltre, il comma 3 prevede che il presidente dispone la
citazione della persona offesa osservando un termine non inferiore a cinque
giorni. LAvvocatura ritiene che «secondo linterpretazione
costituzionalmente orientata della norma processuale in esame, una volta che lo
stesso ordinamento
processuale contempla la possibilità che dopo lapertura del
dibattimento i fatti di reato per cui si procede vengano integrati e ridefiniti
e, dunque, che il processo conosca nuovi sviluppi, sarebbe illogico e
contraddittorio rispetto a questi ultimi impedire ai soggetti coinvolti
lesercizio dei loro fondamentali diritti di ordine processuale». La
difesa pubblica indica alcune decisioni della Corte costituzionale
con cui è stata riconosciuta la facoltà dellimputato di richiedere
il patteggiamento
(sentenza n. 265 del 1994) e di proporre domanda di oblazione (sentenza n. 530
del 1995), ma anche la facoltà del pubblico ministero e delle parti private
diverse dallimputato di chiedere lammissione di nuove prove in
relazione alle contestazioni introdotte in via suppletiva (sentenze n. 50 del 1995 e n. 241 del
1992); inoltre, evidenzia che la possibilità di chiedere lammissione
di nuove prove sussiste a prescindere dalla circostanza che la contestazione
suppletiva abbia ad oggetto un fatto reato già risultante dagli atti prima dellinizio
del dibattimento o al momento dellesercizio dellazione penale o,
ancora, un fatto emerso successivamente nel corso dellistruzione
dibattimentale. Linterveniente indica, altresì, la giurisprudenza della
Corte di cassazione
secondo cui, in caso di contestazioni suppletive formulate ai sensi degli artt.
516, 517 e 518 cod. proc. pen., la parte offesa, ancorché presente, ha diritto
anchessa, come limputato, alla sospensione del dibattimento,
onde potersi costituire
parte civile per la nuova udienza. Analogo diritto spetta anche alla parte
civile già costituita, in vista della possibile modifica, sotto il profilo
tanto della causa petendi, quanto del petitum dei già costituiti rapporti
processuali (Cass., sentenze n. 12732 del 2000 e n. 10660 del 1995). LAvvocatura
sostiene, dunque, che nel caso di specie difetta il nesso di pregiudizialità
che deve necessariamente sussistere tra la soluzione della questione e la
decisione del giudizio principale, e ciò in quanto «leccezione di nullità
sollevata nel giudizio a quo», essendo «riconducibile esclusivamente alla mera
inosservanza della disposizione di cui allart. 519, comma 3, cod. proc.
pen. è suscettibile di essere decisa indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice a quo». Considerato in
diritto 1. Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla
Fontana, con lordinanza indicata in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale,
in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo
comma, della Costituzione, dellart. 420-ter, comma 5, e
dellart. 484, comma 2-bis, del codice di procedura penale nella parte in
cui «non consentono al giudice del dibattimento di rinviare ad una nuova udienza nel caso in
cui lassenza del difensore della costituita parte civile sia dovuta
ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento prontamente
comunicato». Il rimettente, chiamato a decidere in un procedimento penale a carico di S. M., imputato del
delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, in relazione al
quale, in data 5 giugno 2007, il difensore della costituita parte civile P. M.
ha prodotto un certificato medico, datato 4 giugno 2007, attestante condizioni
di salute incompatibili con la sua comparizione per ludienza
del 7 giugno 2007, osserva che alludienza indicata ha respinto la
richiesta di differimento in forza del combinato disposto degli articoli
420-ter, comma 5, e 484, comma 2-bis, cod. proc. pen., che riserva il diritto di differimento delludienza,
in caso di legittimo impedimento prontamente comunicato, soltanto al difensore
dellimputato; pertanto, alludienza del 7 giugno 2007, ai sensi
dellart. 519 cod. proc. pen., ha provveduto allammissione delle
prove testimoniali richieste dallimputato a seguito di contestazione
suppletiva. Sussisterebbe, secondo il giudice a quo, la violazione degli artt.
3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., in quanto lomessa
previsione del diritto
del difensore della parte civile al differimento delludienza,
in caso di impedimento legittimo, prontamente comunicato, violerebbe il
principio di uguaglianza, «stante lirragionevole discriminazione operata
tra il difensore dellimputato ed il difensore della parte civile che vengono a trovarsi
nella medesima situazione incolpevole»; il principio della inviolabilità della
difesa, «sicuramente applicabile anche alla persona offesa dal reato in
relazione alle sue pretese civilistiche: diritto la cui effettività sarebbe
vulnerata dallo svolgimento di attività processuale nella quale limputato
ed il suo difensore possono svolgere la loro difesa in assenza della parte
civile e del suo difensore impossibilitato a presenziare per forza maggiore»;
inoltre, sarebbe in
contrasto con il principio della parità delle parti nel processo, «stante lattribuzione
del diritto al differimento delludienza al difensore di una delle parti
del processo penale e la negazione di tale identico diritto al difensore della parte civile che si trova nella
medesima situazione». E intervenuto nel giudizio il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale
dello Stato, che ha eccepito la manifesta irrilevanza della questione in
considerazione del
difetto del nesso di pregiudizialità che deve sussistere tra la soluzione della
questione e la decisione del giudizio principale. 2.
Leccezione di inammissibilità per manifesta irrilevanza, sollevata
dallAvvocatura dello Stato, non è fondata. Essa si richiama ad una situazione processuale
diversa da quella descritta nellordinanza di rimessione, ossia alla
situazione in cui, a seguito di nuove contestazioni (artt. 516 e seguenti, cod.
proc. pen.), il presidente debba disporre la citazione della persona offesa (art. 178, lett. c,
cod. proc. pen.), osservando un termine non inferiore a cinque giorni (art.
519, comma 3, cod. proc. pen.). Ma il difensore della parte civile non fa
valere, a quanto risulta dallordinanza di rimessione, la
violazione di diritti
processuali inerenti alla contestazione suppletiva. Si duole, invece, di una
diversa (presunta) violazione, correlata al mancato rinvio delludienza
per il dedotto suo impedimento a parteciparvi. Pertanto, non è ravvisabile la
carenza del nesso di
pregiudizialità tra la soluzione della questione e la decisione del giudizio
principale, nei termini prospettati dallAvvocatura dello Stato.
La difesa erariale omette, inoltre, di adempiere allonere di indicare circostanze a riscontro di ciò
che sostiene, in quanto non fornisce elementi idonei a dimostrare che ludienza
nella quale il pubblico ministero ha formulato la contestazione suppletiva sia
stata la stessa cui il difensore di parte civile non ha potuto partecipare, per
impedimento legittimo. Posto, infatti, che lobbligo per il giudice, sanzionato a pena
di nullità dal comma 3 dellart. 519 cod. proc. pen., di concedere il
termine in caso di contestazione suppletiva, anche in favore della persona
offesa e della parte civile, è immediatamente collegato alla formulazione della
contestazione stessa, soltanto qualora la nuova contestazione fosse stata
formulata alludienza alla quale il difensore della parte
civile è stato nella impossibilità di partecipare, il giudice a quo avrebbe
potuto decidere leccezione
di nullità ricorrendo alla disposizione menzionata (art. 519, comma 3, cod.
proc. pen.). 3. Nel merito, la questione non è fondata. Si
deve premettere che il codice di procedura penale del 1988, introducendo
nellordinamento il processo penale di tipo accusatorio, ha comportato significativi riflessi
sui rapporti tra processo penale ed azione civile, ispirati non più
come accadeva nel previgente sistema processuale penale di tipo inquisitorio
alla prevalenza del processo penale su quello civile e amministrativo, quanto,
piuttosto, alla separazione dei giudizi ed alla indipendenza del giudizio
civile e amministrativo da quello penale. Lintero corpo normativo
processuale risulta, infatti, strutturato sulla diversità delle posizioni
processuali della
parte civile e dellimputato, in particolare, sul carattere
accessorio, subordinato ed eventuale dellazione civile rispetto al
processo penale; si tratta di disposizioni che delineano una netta
diversificazione dei diritti e dei poteri processuali attribuiti alla parte civile ed allimputato,
costituenti, dunque, situazioni soggettive non omologabili. La non
equiparabilità delle posizioni soggettive in questione e il favor separationis
tra azione civile ed azione penale è alla base della più volte affermata non irragionevolezza della
scelta del legislatore, nei casi in cui non ha esteso anche alla parte civile
facoltà e diritti attribuiti in via esclusiva allimputato ed in
quelli in cui non ha riconosciuto autonomi diritti e facoltà alla parte civile. Questa Corte, infatti, non ha
ritenuto discriminatoria la scelta del legislatore di consentire soltanto allimputato
ed al pubblico ministero di formulare la richiesta di rimessione del processo
(sentenza n. 168 del 2006); né ha ritenuto irragionevole il mancato riconoscimento alla parte
civile del diritto di impugnare il provvedimento con il quale la sua istanza di
sequestro conservativo sia stata respinta (ordinanza n. 424 del 1998); anzi, ha
affermato la ragionevolezza del comma 2 dellart. 495 cod. proc. pen., nella parte in cui
attribuisce soltanto allimputato ed al pubblico ministero, e non
anche alla parte civile, il diritto alla prova contraria (sentenza n. 532 del
1995). Inoltre, la Corte, già sotto la vigenza del codice di procedura penale
del 1930, ha ritenuto la portata non discriminatoria
dellart.175 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva, in
tema di notificazioni, lobbligo di disporre le ricerche del danneggiato
nei luoghi di nascita e di ultima dimora, così come era previsto per limputato
(sentenza n. 187 del 1972). La Corte, dunque, tutte le volte in cui è stata
chiamata a decidere sui rapporti tra azione civile e azione penale, ha
costantemente affermato il principio per cui «imputato e parte civile esprimono
due entità soggettive
fortemente diversificate, non solo sul piano del differente risalto degli
interessi coinvolti, ma anche e soprattutto per limpossibilità di
configurare in capo ad essi un paradigma di par condicio valido come regola
generale su cui conformare i relativi diritti e poteri processuali. Questa Corte, daltra
parte, ha costantemente avuto modo di affermare che le differenze di
trattamento processuale tra le parti sono legittime, sempre che
abbiano una loro ragionevole base allinterno del sistema processuale. Se ciò vale per le parti
necessarie del processo, a fortiori è possibile tracciare un ragionevole
discrimen in riferimento alle parti eventuali: specie nelle ipotesi in cui
come nel caso della parte civile nel processo penale sia assicurato un
diretto ed
incondizionato ristoro dei propri diritti attraverso lazione
sempre esercitabile in sede propria» (sentenza n. 168 del 2006). Si deve,
inoltre, ribadire che la Corte, nel legittimare la differenza del trattamento
processuale, nei termini indicati, ha, al contempo, affermato che leventuale
impossibilità per il danneggiato di partecipare al processo penale non incide
in modo apprezzabile sul diritto di difesa e sulla parità delle parti, data la
possibilità di esercitare lazione di risarcimento del danno nella sede civile ed anche,
atteso il carattere accessorio e subordinato dellazione civile, in
considerazione della facoltà del danneggiato dal reato di scegliere di far
valere i propri diritti nella sede propria oppure in quella penale dopo aver effettuato una valutazione
comparativa dei relativi vantaggi (sentenza n. 168 del 2006; ordinanza n. 124
del 1999). Ciò premesso, le argomentazioni del rimettente in ordine allomessa
estensione del diritto del differimento delludienza anche al difensore della parte civile, non sono idonee a
superare le considerazioni sopra richiamate, che debbono essere qui ribadite,
con la conseguenza che le norme denunziate si sottraggono alle censure mosse
con riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma,
Cost. Anche con riferimento alla diversità della disciplina concernente limpedimento
del difensore dellimputato e di quello di parte civile, non può non
venire in rilievo, ancora una volta, la eterogeneità delle posizioni
processuali nel cui
interesse il difensore compie e riceve tutti gli atti del procedimento. La
scelta del legislatore di non estendere anche al difensore della parte civile
il diritto al differimento delludienza non è, dunque,
irragionevole, e ciò in quanto il differente rilievo degli interessi di cui limputato
e la parte civile sono portatori, e la diversa natura degli scopi perseguiti,
si riflettono anche sulla disciplina prevista in relazione al diritto di
partecipazione al processo e, quindi, alla presenza del difensore. La non irragionevolezza della
disposizione censurata deve essere affermata anche in considerazione di altri
interessi da tutelare, quale quello della speditezza del processo penale,
interesse che, evidentemente, il legislatore non ha inteso compromettere
attraverso la previsione del diritto al rinvio anche per il difensore della
parte civile, dovendo attribuirsi precipuo rilievo al dato che nel processo
penale limputato è soggetto direttamente coinvolto, mentre la parte
civile sceglie, liberamente, di far valere le proprie pretese civili in esso, anziché in
sede civile. In tal senso è significativa la sentenza n. 39369 del 2 ottobre
2008 della Corte di cassazione che, nellescludere la
possibilità di estendere lapplicazione dellarticolo 420-ter cod. proc. pen. al difensore della parte
civile, ha affermato che la diversità di disciplina non appare irragionevole,
in considerazione dei plurimi strumenti presenti nellordinamento
per chi chiede la tutela dei propri interessi civili in una valutazione comparativa con linteresse
alla speditezza processuale. Con tale pronunzia la Corte di cassazione ha
ribadito quanto già espresso da questa Corte nella sentenza n. 433 del 1977,
secondo cui «la separazione dellazione civile dal processo penale non può
essere considerata
come evoluzione o menomazione del diritto di tutela giurisdizionale,
costituendone una modalità che generalmente è alternativa, ma che il
legislatore, nellambito del suo potere discrezionale, può
scegliere come esclusiva in vista di altri interessi da tutelare come quello della speditezza del
processo penale e che lautonomo esercizio dellazione di
restituzione o risarcitoria nel processo civile non comprime il diritto di
difesa, il quale potrà essere esercitato secondo le regole generali del codice di procedura
civile». Con riferimento alla violazione dellart. 24 Cost.,
sotto il profilo per cui leffettività del diritto di difesa della parte
civile sarebbe vulnerata dallo svolgimento di attività processuale nella quale
limputato ed il suo difensore possono svolgere la loro difesa, in assenza della parte civile
e del suo difensore, si deve rilevare che tale lesione non sussiste. Ciò non
solo perché ben può il difensore legittimamente impedito nominare un sostituto,
il quale esercita i diritti e assume i doveri del difensore ai sensi dellart.
102 cod. proc. pen., ma anche perché, come più volte affermato da questa Corte,
lesercizio dellazione civile per il risarcimento del danno nel
processo penale non rappresenta lunico strumento di tutela giudiziaria a disposizione della
parte civile «per lesistenza di validi e praticabili percorsi
giudiziari alternativi nella piena disponibilità del danneggiato (azione
risarcitoria davanti al giudice civile)» (ordinanze n. 562 del 2000 e n. 424
del 1998). Le
considerazioni esposte conducono, altresì, ad escludere la violazione del
secondo comma dellarticolo 111 Cost., in particolare, del
principio della parità delle parti, atteso che la previsione della facoltà
prevista in capo alla parte civile di trasferire, in qualsiasi momento, lazione
per il risarcimento del danno derivante dal reato nella sede civile, esclude di
regola pregiudizi agli interessi di cui è portatrice. In conclusione, la
questione di legittimità
costituzionale, sollevata con lordinanza
indicata in epigrafe,
deve essere dichiarata non fondata. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dellart. 420-ter, comma 5, e dellart. 484, comma 2-bis, del
codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e
111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Brindisi, sezione
distaccata di Francavilla Fontana, con lordinanza indicata in
epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in
Cancelleria il 14 luglio 2009. Stampa | Segnala | Condividi |
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( da "AprileOnline.info"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Perseverare
diabolicum Grazia Paoletti*, 20 luglio 2009, 16:43 Dibattito L'on Beppe Fioroni
ha dichiarato, in più occasioni, che "la laicità è un metodo". Ma la corte Costituzionale, con una sentenza, ha sancito che essa
è "un principio a cui il politico, credente o non credente che sia, deve
attenersi in uno stato democratico". Fioroni ne è al corrente? La
Repubblica del 4 luglio riportava una frase dell'On. Giuseppe Fioroni: "La
laicità è un metodo...." Sullo stesso quotidiano del 8 luglio appariva
nella pagina di Corrado Augias una lettera di Valdo Spini, che ricordava,
facendo riferimento ad una sentenza della Corte Costituzionale, che la laicità
"è un principio a cui il politico, credente o non credente che sia, deve
attenersi in uno stato democratico." Errare humanum est. Ma l'On. Fioroni
persevera. Infatti Su La Repubblica del 19 luglio ripete che "La laicità è
un metodo garantito dalla Costituzione." Dunque è necessario approfondire
la questione della laicità. Anzitutto a partire dal Dizionario della lingua
Italiana (Devoto e Oli), poiché il corretto uso dei termini della lingua
italiana, già molto bistrattata al giorno d'oggi, dovrebbe essere al primo
posto di chi ha ruoli pubblici. Ebbene, metodo è:"procedimento atto a
garantire ... il soddisfacente risultato di un lavoro o di un comportamento -
regolarità ... nell'operare - particolare struttura logica e mentale con cui un
problema viene impostato e risolto - modo d'agire o di comportarsi".
Nessuna di tali definizioni si attaglia alla laicità. Principio è, oltre altre
definizioni: "Norma di comportamento in quanto rispecchia l'accettazione
di una morale che sta alla base delle convinzioni più profonde." Il
termine laicità nella Costituzione non appare, ma è una
famosa sentenza Casavola della Corte Costituzionale che esplicita il concetto
di laicità sul terreno giuridico-costituzionale, definendola principio supremo dell'ordinamento costituzionale. Infatti la sentenza
della Corte Costituzionale n.203 del 12 aprile 1989 recita al punto 13: "i
valori di libertà religiosa (art. 2,3,19 Cost.) concorrono con altri
(art. 7,8,20 Cost) a strutturare il principio supremo della laicità dello
Stato, che è uno dei profili delineati nella Carta Costituzionale della
Repubblica. Il principio di laicità che emerge dagli art. 2,3,7,8,19,20 della
Costituzione implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma
garanzia per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo
confessionale e culturale." Le connotazioni del principio di laicità espresse
dalla Carta Costituzionale si sono concretizzate nel tempo in vari filoni e
svolgimenti. La laicità rende possibile sul piano culturale e politico l'unità
nella pluralità. Ed è importante che Padre Sorge in una intervista del 18
giugno 2009 riportata da Chicco di senape (gruppo di credenti di Torino)
affermi che "la laicità è un valore cristiano e va intesa come unità nel
rispetto della diversità." Invitiamo dunque l'On. Fioroni a esprimersi su
questa sentenza. *Sinistra per la Costituzione-Spini per Firenze
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( da "Virgilio Notizie"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Prosegue la contesa
sul riconoscimento delle coppie gay in Italia. E' stata oggi depositata alla
Corte costituzionale una memoria da parte della coppia
di Venezia che aveva chiesto al Comune le pubblicazioni di matrimonio. Di
fronte al rifiuto dell'uffciale dello stato civile, loro avevano fatto ricorso
al tribunale del capoluogo veneto. Il quale a sua volta ha rimesso la questione
alla Corte costituzionale, della quale si attende ora
la sentenza. "Realizzarsi pienamente come persona - si legge nel documento
- significa poter vivere fino in fondo il proprio orientamento sessuale,
scegliendo come partner di vita, all'interno di una relazione giuridica
qualificata, qual è il matrimonio, una persona del proprio sesso. Solo così si
potrebbe garantire l'effettivo godimento in ambito famigliare per le persone
omosessuali del diritto a realizzarsi come persona". "Così come
abbiamo imparato - prosegue il testo curato da un collegio di avvocati - anche grazie alle sentenze della Corte costituzionale italiana e delle più alte Corti straniere, che un uomo non è
superiore a una donna, una persona di colore non è inferiore a una persona
bianca, un cristiano non è migliore di un ebreo, è arrivato il momento di
affermare che una persona omosessuale non merita una dignità inferiore,
sul piano giuridico, rispetto a una persona eterosessuale anche quando decide
di contrarre matrimonio". La mossa giuridica rientra all'interno della
campagna 'Affermazione civile', promossa in tutta Italia dall'associazione
radicale Certi diritti, in collaborazione con l'Associazione Avvocatura per i
diritti Lgbt-Rete Lenford.
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( da "Romania Libera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
> Cititi online
anunturile din ziarul Romania libera: Raportul CE: Reforma
in justitie, blocata in continuare de Parlament si judecatori Rl online Luni,
20 Iulie 2009 Aderarea Romaniei la zona Schengen va depinde de reforma sistemului judiciar, in
continuare blocata de Parlament, judecatori si unii acuzati care
"abuzeaza" de dreptul lor la aparare, tergiversand procesele la
nesfarsit, se arata in proiectul raportului pe justitie al Comisiei Europene,
potrivit NewsIn. Concluziile acestuia arata ca "jurisprudenta sistemului
judiciar din Romania este contradictorie", iar "acuzatii par sa aiba
posibilitatea sa abuzeze de dreptul lor la aparare, cauzand intarzieri",
care apoi sunt "remediate printr-o serie de ordonante de urgenta, practici
si reguli de implementare". "Procesul e politizat, iar angajamentul
neechivoc al partidelor politice pentru reforma lipseste deocamdata in
Romania", spune proiectul de raport, care explica, de altfel, ca
mecanismul de cooperare si verificare a intrat in al treilea an de existenta,
dar va continua pana cand toate obiectivele de referinta (benchmarks) vor fi
indeplinite. Raportul critica lipsa unui consens si lipsa unui angajament
neechivoc pentru reforma al intregii clase politice, astfel incat
"progresul real in interesul poporului roman" nu are inca loc.
"Exista un risc real ca hatisul legislativ, regulile de implementare si
practicile care rezulta din permanenta lupta dintre partide sa-i faca pe cei
interesati sa piarda din vedere principalul obiectiv - acela de a ajunge la un
stat de drept stabil", avertizeaza expertii Comisiei Europene.
"Progresele legate de calitatea sistemului judiciar si de lupta
anticoruptie vor contribui in mod pozitiv la aderarea Romaniei la zona
Schengen, deoarece ridicarea controalelor la frontiera depinde de increderea
reciproca", se mai arata in raport, fiind pentru prima data cand
executivul european coreleaza cele doua procese. Raportul
mai cere Consiliului Superior al Magistraturii (CSM) sa-si mareasca transparenta si responsabilitatea, precum si sa
publice "decizii motivate". Parlamentului, criticat pentru blocarea
anchetelor de coruptie, i se cere sa adopte o lege care sa permita continuarea
proceselor cand sunt invocate exceptii de neconstitutionalitate.
Initial, partidele cazusera de acord sa voteze pentru, dar in final legea a
cazut, iar apoi fostul premier Adrian Nastase a invocat-o intr-unul din
dosarele sale, acum acel dosar fiind suspendat. "Parlamentul inca pare sa
ezite si nu ia deciziile necesare pentru a sprijini eforturile executivului si
justitiei in reformarea sistemului judiciar si eradicarea coruptiei", se
arata in raport. Raportul mai cere Parlamentului sa "asigure aplicarea
uniforma si rapida a procedurii ce permite desfasurarea de anchete penale in
cazul parlamentarilor care sunt sau au fost membri ai guvernului" si sa
asigure "stabilitatea cadrului legislativ pentru lupta anticoruptie la
nivel inalt, inclusiv in contextul noilor coduri". Adoptarea celor doua
Coduri - penal si civil - este un progres, dar monitorizarea impactului lor se
va putea face doar dupa adoptarea codurilor de procedura si a legii de
implementare, care nu trebuie sa modifice legea 78 ce sta la baza Directiei
Nationale Anticoruptie (DNA). "Legea 78 este actualul cadru legal pentru
investigatiile antcoruptie la nivel inalt si baza de lucru pentru DNA. In
pregatirea adoptarii finale a codurilor va fi important sa se asigure ca acest
cadru legal crucial nu este restrictionat", avertizeaza expertii CE.
"Romania a facut o serie de pasi bineveniti de la raportul Comisiei
Europene din 2008 pentru a relansa procesul de reforma: a fost dat un nou avant
care s-a materializat intr-o serie de pasi pozitivi. Totusi, Romania inca se
lupta cu mostenirea unei Constitutii uneori ambigue si cu faptul ca cele doua
coduri, Civil si Penal, nu au fost revizuite pe deplin, ci luate din trecutul
comunist", remarca raportul Comisiei Europene. Documentul mai noteaza ca
"noul Cod Penal adoptat, in mod paradoxal, scade pedepsele pentru
coruptie, ceea ce e in contradictie cu eforturile de combatere a coruptiei de
pana acum". DNA este din nou apreciat ca avand un parcurs pozitiv de
"investigatii non-partinice", CE respingand acuzatiile cum ca DNA ar
avea o agenda politica. Renumirea lui Daniel Morar in fruntea DNA in februarie
2009 "a marcat un pas important in lupta anticoruptie", se mai arata
in partea politica a raportului. Consiliul Superior al Magistraturii (CSM) este criticat cu moderatie, fiind incurajat sa
coopereze mai mult cu Ministerul Public si sa-si intensifice activitatea,
contribuind la reformarea reala a sisteumului. Inalta Curte de Casatie si
Justitie este aspru criticata pentru procedurile sale alambicate si se trage un
semnal de alarma privind persoana care va fi numita in toamna in fruntea
acestei institutii. "Numirea noului presedinte ICCJ in toamna va prezenta
o ocazie pentru a demonstra angajamentul pentru reformarea, modernizarea si
transparentizarea sistemului judiciar", se arata in proiectul de raport.
In ce priveste Agentia Nationala de Integritate, CE apreciaza faptul ca aceasta
si-a inceput activitatea, precizand insa ca nu poate fi evaluata, deoarece e
inca la inceput. Astfel, CE invita autoritatile romane sa aplice recomandarile
facute si spune ca o sa monitorizeze progresele facute in 2010. "E nevoie
de presiune continua pentru a obtine rezultate, iar CE invita si celelalte
state membre sa continue asistenta oferita Romaniei si sa ajute la obtinerea de
rezultate", se spune in raport. Din aceeasi categorie: Basescu: Eliminarea
preconditiilor, esentiala pentru pace in Orientul MijlociuAlte 2 cazuri de
infectare cu gripa porcinaCum poti castiga un salariu de 3.000 de euro pe luna
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( da "Romania Libera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Giustizia
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anunturile din ziarul Romania libera: Presedintele Basescu
va media conflictul
dintre ministri si magistrati Judecatorii au castigat: PSD-PDL le dau sporurile
Marti, 21 Iulie 2009 Liderii PSD si PDL le-au cerut ieri ministrilor Justitiei
si Finantelor sa gaseasca solutii pentru a-i multumi financiar pe magistrati,
in asa fel incat sedintele instantelor sa nu mai fie intrerupte de protestele
judecatorilor, asa cum s-a intamplat in ultimele doua saptamani. Ministrul Predoiu
a spus, dupa intalnirea de ieri cu fruntasii PSD si PDL, ca acestia au luat
decizia de a suplimenta fondurile pentru sistemul judiciar si de
"mentinerea angajamentului de a achita hotararile judecatoresti care
constata drepturi pentru trecut in cadrul legal existent in vigoare". In
acest fel sporurile uriase pe care judecatorii si le-au acordat singuri vor fi
date in continuare. Ministrul Justitiei explicase in ultima vreme ca fondurile
alocate acestui domeniu prin Bugetul de stat pe 2009 au fost epuizate in
primele luni ale anului. Ministrul Justitiei, Catalin Predoiu, a participat
ieri pentru prima data la sedinta saptamanala a liderilor coalitiei de
guvernamant, unde a primit ca tema rezolvarea revendicarilor magistratilor.
Ministrul Predoiu sustine ca fruntasii PSD si PDL au luat decizia de a
suplimenta fondurile pentru sistemul judiciar si de "mentinerea angajamentului
de a achita hotararile judecatoresti care constata drepturi pentru trecut in
cadrul legal existent in vigoare". In acest fel, ministrul Justitiei, care
a explicat consecvent in ultima vreme ca fondurile alocate acestui domeniu prin
bugetul de stat pe 2009 au fost epuizate in cateva luni, va fi nevoit sa-si
retraga declaratia. Ministerul Justitiei a incercat sa le explice magistratilor
care au inceput inca din 7 iulie proteste spontane ca in aceasta perioada de
criza atat judecatorii, cat si procurorii ar trebui sa-si amane revendicarile
salariale. Judecatorii au fost insa nemultumiti ca incepand de luna trecuta nu
au mai primit sporul de stres, care inseamna 50 la suta din leafa
magistratului. Coalitia de guvernamant a hotarat sa le dea magistratilor sporurile
pe care acestia le-au castigat in instanta, dupa ce Inalta Curte de Casatie si
Justitie, care este instanta suprema in Romania, a dat in judecata Ministerul
Finantelor din cauza ca acesta a refuzat sa plateasca sporurile judecatorilor.
In prima instanta, atat ministrul de Finante, Gheorghe Pogea, cat si institutia
pe care o conduce au pierdut procesul in fata magistratilor. Judecatorii devin
astfel o breasla de care se tem politicienii, breasla care obtine drepturi
salariale prin procese pe care le judeca intotdeauna in favoarea lor. Ministrul
Predoiu asteapta insa in aceasta saptamana si medierea presedintelui, ceruta de
Consiliul Superior al Magistraturii (CSM), care s-a
plans, la randul sau, de subfinantarea cronica a sistemului si de umilirea judecatorilor
si procurorilor. Presedintele Basescu ar urma sa se consulte atat cu
reprezentantii Executivului – ministrii Pogea si Predoiu –, cat si cu
magistratii CSM pentru a prezenta opiniei publice o
concluzie. Traian Basescu a formulat deja un punct de vedere acum cateva
saptamani, cand a spus ca nu e normal ca magistratii sa-si dea singuri salarii
mari prin procesele in care au cerut sporuri si pe care le-au castigat, fiindca
ei erau si petenti, si judecatori. Din aceeasi categorie: Predoiu da raportul
coalitieiFMI: economia romaneasca va scadea cu 8%Soarta Grindului Chituc,
nedecisa Voteaza
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