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Report "Giustizia"   12-13 maggio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Giustizia

Procura, i candidati sono nove ( da "Alto Adige" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Le nomine entro settembre Procura, i candidati sono nove Il Csm dovrà scegliere il successore di Cuno Tarfusser BOLZANO. Sono nove i candidati alla successione del procuratore capo Cuno Tarfusser che da qualche settimana ha lasciato Bolzano per assumere il nuovo incarico di giudice internazionale alla Corte dell'Aja.

I costi della giustizia ( da "Alto Adige" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: rappresentanti del Csm. E c'è chi ha invocato ancora una volta il virtuosismo della procura di Bolzano, che è riuscita a ridurre le spese di giustizia razionalizzando l'organizzazione e utilizzando finanziamenti europei. Di fronte a una giustizia al collasso per carenza di risorse, con un «ministero che non onora i suoi debiti verso chi ha subito un processo lumaca e si fa pignorare i beni»

Honda Motor Poised to Outrank Bankrupt Chrysler in U.S. Sales, Production ( da "Bloomberg" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: an analyst at forecaster CSM Worldwide in Northville, Michigan. "This crisis with Chrysler and GM has acted as an accelerant to the systemic change that was already occurring." U.S. sales rankings, dominated by Michigan-based GM, Ford and Chrysler through the 1990s, have been in flux since Toyota passed Chrysler in 2006 and then Ford in 2007.

riformatori: rimettere l'incompatibilità ( da "Nuova Sardegna, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: I Riformatori (il coordinatore è Michele Cossa, il capogruppo Pierpaolo Vargiu) potrebbero invece trovare convergenze con i gruppi dell'opposizione di Centrosinistra, che, con la Statutaria ora cassata dalla Corte costituzionale, avevano introdotto l'incompatibilità.

Se parla il Presidente il silenzio è d'oro ( da "Finanza e Mercati" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dalla presidenza del Csm al diritto di nomina di un terzo dei giudici costituzionali, dal potere di scioglimento delle Camere alla designazione del presidente del Consiglio, si spiegano solo in virtù di quel principio). Sebbene siano ormai diventate consuetudinarie dichiarazioni di circostanza e cortesia (in occasione di celebrazioni e funerali)

orlando parla di europee ( da "Nuova Sardegna, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Giommaria Uggias, parlerà degli obiettivi dell'Idv per le Europee: «La maggioranza ha fastidio verso chi controlla - dice Orlando -. Corte Costituzionale, magistratura, informazione, opposizione, Euorpa. Invece noi vogliamo dare fastidio e andiamo in Europa per farlo, a difesa dei diritti di tutti e di ciascuno».

Due liste con troppe firme A Uzzano non si vota ( da "Nazione, La (Pistoia)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: un decreto emanato nel 1946 dal governo Parri emesso su parere della Consulta, antenata dell'attuale Corte costituzionale) dispone che le sottoscrizioni siano «non meno di trenta e non più di sessanta». Le due liste di Uzzano ne hanno presentate l'una circa ottanta, l'altra una settantina. Un «errore» bipartisan, se vi sono incorsi sia il centrodestra che il centrosinistra.

Toghe & rifiuti ( da "Unita, L'" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Csm sta provvedendo a collocarli «fuori ruolo». La scelta appare più che azzeccata. Martellino, ex procuratore di Terni ed ex presidente della Caf (corte d'appello della giustizia sportiva), poi rappresentante italiano a Eurojust al posto di Caselli, è indagato a Napoli per Calciopoli (abuso d'ufficio per il presunto aggiustamento di una pratica che stava a cuore alla Reggina su

collino: io andrò casa per casa ( da "Messaggero Veneto, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Lo reso noto dopo aver compiuto una visita agli uffici giudiziari del capoluogo isontino. «Il tema della giustizia - afferma Collino - diventa ancora più importante in un territorio di confine come quello di Gorizia, dove la presenza di molti stranieri genera inevitabili conflitti che a volte contrastano con la forte domanda di sicurezza.

Nuova picconata alla gestione Soru ( da "Giornale.it, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la Corte Costituzionale ha annullato la legge statutaria della Sardegna n. 1 del 2008, fortemente voluta dall'ex governatore per concentrare nelle sue mani ancora più poteri e comprimere il ruolo del Consiglio regionale. Questa legge vietava ai consiglieri di far parte della Giunta, per rendere effettiva la separazione del potere legislativo con quello esecutivo.

elezioni a rischio a uzzano ( da "Tirreno, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: della Corte Costituzionale: il tetto serve a impedire, nei piccoli comuni, che una lista possa togliere a un'altra la possibilità di raccogliere le adesioni. Quindi quando la sottocommissione elettorale circondariale di Pescia ha visto arrivare le due liste, con le relative sottoscrizioni, si è trovata di fronte a un grosso problema.

Procuratore capo, una sfida a nove ( da "Corriere Alto Adige" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Csm) dovrà decidere tra sette altoatesini e due magistrati di fuori provincia: uno toscano, l'altro siciliano. Dei magistrati altoatesini a presentare domanda sono stati l'attuale procuratore aggiunto Paul Ranzi, i sostituti procuratori Guido Rispoli, Donatella Marchesini e Markus Mayr, così come il giudice del tribunale altoatesino Claudio Gottardi.

Zeller avverte: concorso locale ( da "Corriere Alto Adige" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: emendamento che regola il sistema altoatesino» perché il Csm si era dimenticato di questa norma». Sulla stessa lunghezza d'onda il giudice Edoardo Mori: «La legge è chiarissima. Chi non ha fatto il concorso locale non può venire in provincia di Bolzano. I due non altoatesini si sono iscritti perché non sanno che non possono partecipare a questo concorso dice .

Procuratore, in corsa nove magistrati ( da "Corriere Alto Adige" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il Consiglio superiore della magistratura (Csm) dovrà decidere tra sette altoatesini e due magistrati di fuori provincia. A presentare domanda sono stati: l'attuale procuratore aggiunto Paul Ranzi, i sostituti procuratori Guido Rispoli, Donatella Marchesini e Markus Mayr, così come il giudice del tribunale altoatesino Claudio Gottardi.

SE IL CSM NON DECIDE ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: NAPOLI SE IL CSM NON DECIDE di LUIGI LABRUNA Non c'era bisogno della zingara per prevedere che non sarebbero cessati gli scontri tra i magistrati della Procura napoletana dopo l'ambigua anodina delibera adottata dal Csm sulla questione dello stralcio delle posizioni del sottosegretario Bertolaso, del prefetto Pansa e di altri cinque indagati disposto dal procuratore Lepore nell'

Ischia, la Consulta: abbattete ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: si pronuncia la Corte costituzionale Sono abusi, non c'è scappatoia. Una pronuncia della Corte costituzionale mette fine alla polemica sulle 140 costruzioni da abbattere a Ischia (ma la lista stilata dalla Procura ne conta in tutto 600): il ricorso fatto nell'agosto dell'anno scorso dal giudice monocratico Angelo Di Salvo è manifestamente infondato.

La Consulta: via agli abbattimenti a Ischia ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Una pronuncia della Corte costituzionale mette fine alla polemica sulle 140 costruzioni da abbattere a Ischia: il ricorso fatto nell'agosto dello scorso anno dal giudice monocratico Angelo Di Salvo è manifestamente infondato. Non solo: «È ancora una volta palese scrivono i giudici della Consulta il tentativo di mascherare,

Rifiuti, faccia a faccia tra Lepore e il suo vice ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Csm alla vigilia del plenum NAPOLI Se non è gelo, il barometro segna comunque freddo andante. Finisce così, dopo lo scontro a mezzo lettera, il tanto atteso faccia a faccia tra Aldo De Chiara - procuratore aggiunto che aveva scritto al Csm per sottolineare che tra le ragioni addotte dal procuratore per stralciare dall'inchiesta rifiuti la posizione del capo della Protezione civile

L'ispettore di polizia Paolo Morra, accusato di omicidio volontario per aver ucciso con un colpo di ... ( da "Messaggero, Il (Civitavecchia)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: che hanno scritto una lettera alla procura ed al tribunale locale, oltre che al Csm e al Ministro della Giustizia Angelino Alfano. I legali sostengono che c'è il rischio di episodi di autolesionismo del proprio assistito, facendo leva proprio sulla perizia dei dottori Pastori e Di Genio, che hanno parlato di «disturbo dell'adattamento acuto».

Il giusto limite della confisca per equivalente ( da "Sole 24 Ore, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: non è ancora stato sottoposto al vaglio della Corte: e sarebbe auspicabile un intervento nella soppressione di simile disposizione, i cui profili di illegittimità, non solo costituzionale, sono molteplici. Con la decisione in commento, invece, la Corte ha dato un'interpretazione costituzionalmente orientata in merito all'applicazione dell'ultima,

I consumatori : class action per gli interessi omogenei ( da "Sole 24 Ore, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dopo che Adusbef e Federconsumatori avevano prefigurato un possibile ricorso alla Corte costituzionale, Adiconsum, Cittadinanzattiva e Unione consumatori hanno presentato un pacchetto di modifiche al testo. Abbandonata la questione della retroattività (al momento del tutto esclusa), le associazioni hanno individuato 5 punti che andrebbero migliorati.

Fermenti persiani ( da "EUROPA ON-LINE" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: saranno con tutta probabilità vidimati dalla corte costituzionale clericale iraniana. Si tratta di tre pezzi grossi del calibro di Mehdi Karroubi, ex presidente del parlamento per due legislature, Mir-Hossein Mousavi, primo ministro per otto dei primi dieci turbolenti anni d'esistenza della repubblica islamica, e Mohsen Rezai, comandante in capo storico dei Pasdaran dal 1981 al 1997.

Si salva Porto Tolle, s'inquina l'Italia ( da "EUROPA ON-LINE" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ambientaliste Legambiente e Greenpeace e dalla stessa provincia di Ferrara per un ricorso alla corte costituzionale contro una norma palesemente illegittima. Qualche giorno fa sul Corriere della Sera questa storia è stata raccontata come un ennesimo conflitto ambiente-lavoro, di quelli che si consumavano dieci o vent'anni fa con gli "ambientalisti" e gli "operai" su opposte barricate.

Scontro nell'antimafia sulla nomina di un sostituto ( da "Corriere della Sera" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: è bisogno di persone determinate nella lotta alla mafia afferma il Csm ritiene di nominare chi in indagini sul controllo mafioso della grande distribuzione e sui collegamenti dell'imprenditore Scuto con i boss palermitani è stato bacchettato dalla procura generale». Caponcello annuncia querela e parla di «farneticazioni».

Pietro Cocco non lascerà il Comune ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ma la bocciatura della legge statutaria da parte della Corte Costituzionale ha spazzato via ogni ipotesi: tra le altre cose infatti, con la pronuncia della Corte cade l'incompatibilità tra sindaco e consigliere regionale. Questo significa che Pietro Cocco potrà portare a termine il mandato da sindaco e quindi l'attuale Giunta ha davanti a sé altri due anni di amministrazione.

Procreazione assistita, questione di legittimità costituzionale, sussistenza, limiti ( da "AltaLex" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: questione di legittimità costituzionale, sussistenza, limiti Corte Costituzionale , sentenza 08.05.2009 n° 151 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Procreazione assistita ? questione di legittimità costituzionale ? sussistenza ? limiti [L. 40/2004) La legge sulla procreazione assistita è in parte costituzionalmente illegittima,

la protesta delle "vittime" dei tagli ma lombardo difende il commissario ( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: per suscitare un conflitto davanti alla Corte Costituzionale. Ma ora l´assessore al Bilancio Michele Cimino frena: «A questo punto occorre fare un ragionamento. Perché, sia chiaro, molti dei contributi inseriti dall´aula, che sono caduti in seguito all´intervento del commissario dello Stato, non erano affatto condivisibili».

è pace armata in procura ( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Pagina I - Napoli Oggi la parola torna al Csm, è probabile che vengano disposte nuove audizioni sul caso Pansa-Bertolaso è pace armata in Procura Tra Lepore e De Chiara dieci minuti di spiegazioni: resta il gelo è Pace armata in Procura tra il capo dei pm Giandomenico Lepore e il suo vice Aldo De Chiara.

procura, il giorno del grande gelo ( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Oggi tocca al Csm, ma al plenum era già spuntata la lettera Dopo lo strappo, ora è pace armata fra il procuratore Giandomenico Lepore e il suo vice Aldo De Chiara. Il capo dei pm e il coordinatore del pool Ecologia si sono incontrati ieri mattina alla riunione settimanale fra i magistrati di vertice dell´ufficio inquirente.

"sì alla demolizione di 140 case a ischia" ( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Una sentenza della Corte Costituzionale spiana di fatto la strada alla demolizione di 140 immobili costruiti sull´isola d´Ischia e ritenuti abusivi. Nell´elenco figurano anche ville e alberghi. La Consulta, con il verdetto depositato l´8 maggio, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità che era stata proposta dal giudice dell´

fecondazione assistita due convegni alla camera ( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Cronaca Roma Fecondazione assistita due convegni alla Camera ROMA - Due giorni di convegni alla Camera dedicati al futuro della fecondazione assistita dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Oggi saranno di scena le associazioni, domani sarà la volta dei massimi esperti medici e legali che da anni si occupano del problema e che hanno presentato i ricorsi vincenti.

I medici omaggiati La loro autonomia esaltata ( da "Avvenire" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: intervento della Corte sarebbe, ad avviso di molti, un segnale ancora più esplicito in tal senso, anche perché fondato su argomentazioni di rango costituzionale. Non sono d'accordo. Sta di fatto che i giudici della Corte hanno ribadito che non si devono creare embrioni in provetta più dello 'stretto necessario' e hanno affidato non alla volontà della coppia sterile (

Più attenzione ai temi dell'infertilità Incontro tra Roccella e ginecologi ( da "Avvenire" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: occasione della recente sentenza della Corte Costituzionale in tema di procreazione assistita». È emerso che «è interesse comune trovare una modalità di dialogo sui temi che stanno più a cuore sia alle istituzioni che ai medici e ai pazienti: da una parte l'esigenza di raggiungere la massima appropriatezza nei percorsi preventivi oltre che diagnostico terapeutici,

Dal Brasile, Battisti in tv: "L'Italia mi fa paura. Piuttosto mi uccido" ( da "Panorama.it" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la Corte Costituzionale brasiliana), da parte del procuratore generale Antonio Fernando de Souza. Nel suo parere il procuratore de Souza ha considerato invece che tali reati non sono ancora prescritti e ha anche suggerito che il processo presso il Stf sia estinto anche prima di essere giudicato, facendo sua la richiesta presentata dal [

UN ANNO DI GOVERNO: FISCO ( da "Lavoce.info" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: principale di prevenire o ritardare un intervento sanzionatorio da parte della Corte costituzionale in materia;la detrazione del 20 per cento dall?Irpef per l?acquisto di alcuni beni durevoli, come frigoriferi, mobili e computer: un incentivo fiscale temporaneo, che ha affiancato i bonus per l?acquisto di autovetture, allo scopo di aiutare i settori economici maggiormente in crisi;

L'EX PROCURATORE DI SALERNO, LUIGI APICELLA, ED ALTRI EX PM DELLA PROCURA CAMPANA SONO IN PROCURA A ... ( da "Mattino, Il (Salerno)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: trasferiti nelle scorse settimane dal Csm rispettivamente a Cassino e Latina, ossia nel distretto giudiziario della Corte di Appello di Roma. Circostanza che ha radicato la competenza nella procura umbra. L'ex pm Luigi De Magistris, ora in politica ed in corsa per le Europee nella lista di Di Pietro, ispirò ai colleghi salernitani, particolarmente a Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani,

LEANDRO DEL GAUDIO CI SONO RUDERI TRASFORMATI NEL CORSO DEGLI ANNI IN VILLE MOZZAFIATO, TRE PICCO... ( da "Mattino, Il (Circondario Sud2)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: stabilito dalla Corte costituzionale, chiudendo una lunga parentesi interpretativa sul concetto di «abusivismo» in un'area protetta da vincoli paesaggistici. I giudici della Consulta hanno infatti dichiarato «la manifesta inammissibilità della questione di legittimità» sollevata qualche anno fa in via incidentale dal giudice del tribunale di Napoli distaccato ad Ischia Angelo Di Salvo.

PASQUALE ESPOSITO IL CROCIFISSO è PICCOLO, QUASI MINUSCOLO (41,3 CENTIMETRI), MA SPRIGIONA U... ( da "Mattino, Il (Benevento)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: presidente emerito della Corte Costituzionale, artisti (Gianni Pisani), deputati (Eugenio Mazzarella), imprenditori (Gianni Punzo, Paola Grimaldi) il commissario del San Carlo, Salvatore Nastasi, per un omaggio al genio di Michelangelo. «Il Cristo ritrovato» farà tappa, dopo Napoli, in altre città italiane prima di arrivare a quella che sarà la sua sede stabile,

PROVE TECNICHE DI DISGELO IN TARDA MATTINATA, NEL CORSO DELLA RITUALE RIUNIONE TRA IL PR... ( da "Mattino, Il (City)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: discusso del caso sollevato dalla decisione del capo del pool urbanistica Aldo De Chiara di integrare una precedente audizione al Csm in merito alla gestione dell'inchiesta ecoballe. De Chiara - è ormai cosa nota - ha indirizzato una lettera alla prima commissione, per chiarire che Lepore operò lo stralcio di Bertolaso e Pansa, anche per non ostacolare l'azione del governo in Campania.

ELEGANTE, RAFFINATO, CON UN CHE DI ANGLOSASSONE CHE LO RENDEVA UNA PRESENZA ANOMALA NEL PANORAMA DEL... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Barbati è stato capo ufficio stampa di Luigi Gedda, della Corte costituzionale, della Rai, e ancora presidente dell'Azione cattolica, del sindacato Giornalisti Rai, segretario generale del Premio Napoli, moderatore delle tribune politiche dopo Jader Jacobelli, coordinatore delle redazioni regionali Rai e altro ancora.

La Regione Lazio è stata sconfitta dal Codacons: dovrà restituire 25 milioni di contributi erogati senza criterio ad associazioni ( da "Sestopotere.com" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: chiedendo alla Corte Costituzionale un giudizio in merito alla legittimità della legge regionale n.28 del 2006, che stanziava i fondi sopracitati. Ora una nuova batosta arriva dalla Corte Costituzionale che, pronunciandosi su richiesta del Tar e accogliendo le tesi del Codacons, ha emesso una sentenza in cui si afferma testualmente: "la norma-

L'Union Campo San Martino vince il torneo"Mella": Sampdoria ko ( da "Gazzettino, Il (Padova)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Classifica girone A: Csm 7, Cittadella 5, Treviso 4, Udinese 0. Girone B: Bassano-Sampdoria 0-1; Padova-Bassano 2-2; Milan-Bassano 1-0; Padova-Milan 1-1; Milan-Sampdoria 1-1; Padova-Sampdoria 0-1. Classifica girone B: Sampdoria 7, Milan 5, Padova 2, Bassano 1. Risultati delle quattro finali.

Sabbadin: Non c'è pace senza giustizia Proteggono ancora uno spietato assassino ( da "Gazzettino, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ultima parola spetta al Supremo Tribunale Federal (Corte Costituzionale) l'indirizzo del procuratore è chiaro: l'atto di concessione dell'asilo politico è politico ed è espressione della sovranità dello Stato. Quando gli uccisero, a bruciapelo, il padre, Adriano era in negozio. Non dimenticherà mai, non potrà mai dimenticare.

Treviso Finale con il botto per i campionati dilettanti per quanto riguarda la Marca Trevigiana ... ( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Montegrappa-Virtsu Csm Farra, Caerano-Bessica (Q), Vazzolese-vincente spareggio Cadore/Ponte Alpi, Gaiarine-Limana. Play out: nel P li disputano S. Elena, Campigo, Treville e Paese, nel Q Altivolese-Castion, Sernaglia-Lentiai, nell'R Francenigo-Piave. TERZA Play off: domenica Cima Piave-Campolongo, Ardita Pero-S.

Il primo referendum abrogativo nel nostro paese è del 1974, 12 maggio. Da allora gli italiani h... ( da "Gazzettino, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: - Finanziamento partiti, quota proporzionale, elezione CSM, separazione carriere magistrati, incarichi extragiudiziali, licenziamento Art. 18, trattenute sindacali. 2003 (no quorum) - Reintegrazione lavoratori, servitù coattiva di elettrodotto. 2005 - (no quorum) - Tre quesiti sulla procreazione medicalmente assistita.

DISCRIMINATI PERCHÉ CLANDESTINI ( da "Lavoce.info" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Livorno e Ferrara, che hanno sollevato una questione di legittimità costituzionale dell?articolo 61 n. 11 bis c.p. per contrasto con l?articolo 3 della Costituzione (la pronuncia della Corte costituzionale è attesa per l?8 luglio 2009). La questione è a nostro parere fondata poiché l?aggravante ?della clandestinità?

Rischio sismico: riunione alla Regione sul riordino della normativa ( da "Giornale di Calabria, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale dell?aprile 2006. Come si ricorderà la sentenza ha radicalmente modificato i principi della Legge 741/81 (che prevede le modalità di deposito dei progetti e successivo controllo a campione), sancendo la necessità del regime autorizzativo a salvaguardia della pubblica e privata incolumità e dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione

Riformatori: Sì incompatibilità assessori-consiglieri regionali ( da "Sardegna oggi" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: consiglieri regionali Pur condividendo la sentenza della Corte Costituzionale per l'abolizione della legge Statutaria, I Riformatori ritengono che non si debba tornare ai consiglieri-assessori. E' il senso della proposta di legge sulla incompatibilità delle cariche presentata dai consiglieri regionali Pierpaolo Vargiu, Michele Cossa, Franco Meloni, Attilio Dedoni,

Una normativa da riordinare ( da "Giornale di Calabria, Il" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale dell?aprile 2006. Come si ricorderà la sentenza ha radicalmente modificato i principi della Legge 741/81 (che prevede le modalità di deposito dei progetti e successivo controllo a campione), sancendo la necessità del regime autorizzativo a salvaguardia della pubblica e privata incolumità e dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione

Este sau nu Micki spaga un patriot? ( da "Romania Libera" del 12-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ) Daca politicienii, judecatorii, CSM-ul nu rezolva problemele, atunci cred ca trebuie sa folosim presiunea externa, asa cum am folosit-o pentru orice schimbare reala din 1990 pana acum. Vreau sa avem garantia ca banii nu se duc in buzunarul lui Ionescu, ci spre binele comunitatilor si dezvoltarea tarii".

Dopo tre infrazioni la legge punisce col divieto di navigare da due mesi a un anno ( da "Stampa, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: e tutt'altro che coreografico, il ricorso alla Corte costituzionale già annunciato dalla Gauche che parla di «legge eccezionale e di intimidazione». Si fa efficacemente appello al parlamento europeo: un appena votato «emendamento 138» impone infatti in questo campo prima di ogni sanzione una pronuncia del giudice.

Brescia, la prima delle Procure disagiate ( da "Giornale di Brescia" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: primo grado indicati dalla Terza Commissione del Csm «attraverso una valutazione - sottolinea il ministro in una lettera al vice presidente del Csm Nicola Mancino - che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze nonchè della specificità territoriale e criminale di alcune sedi del Sud»

AUTORITARISMO SUGLI IMMIGRATI ( da "Tribuna di Treviso, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dalla sperimentazione di nuove terapie alla procreazione medicalmente assistita (è toccato alla Corte Costituzionale eliminare le norme più restrittive della legge che regola la materia), dalla sperimentazione su embrioni umani al testamento biologico. Quanto ai migranti, non c'è provvedimento che non segni una limitazione della loro condizione.

Giudice di serie B ( da "Tribuna di Treviso, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ardita Pero-Santa Giustina, Csm Resana-San Gaetano, Fontane-Rovere. Inoltre si giocherà Follinese-Valdosport per il titolo provinciale (neutro di Volpago). Scuole calcio Basalghelle col Bologna Il Basalghelle è entrato nel progetto «05-13 kids» del Bologna, che annovera 26 società dilettantistiche in tutta Italia.

Mantovano: Non è vero, la Bossi-Fini garantisce ( da "Arena, L'" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale, poi, ha dato la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno anche al padre». Quindi, sottolinea Mantovano, entrambi i genitori hanno titolo a fare tutto, anche la denuncia all'anagrafe del bambino. Secondo Mantovano, dunque, il reato di clandestinità e la non possibilità di richiedere licenze o atti di stato civile per gli irregolari non creano il rischio

Immigrati irregolari, scontro sui ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La Corte Costituzionale ha dato la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno anche al padre, se irregolare». Ciò significa che entrambi i genitori hanno titolo a fare tutto, compresa la denuncia all'anagrafe del bambino. Amnesty International, Consiglio italiano per i rifugiati, Medici Senza Frontiere,

autoritarismo sugli immigrati ( da "Nuova Venezia, La" del 13-05-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Giustizia

Abstract: dalla sperimentazione di nuove terapie alla procreazione medicalmente assistita (è toccato alla Corte Costituzionale eliminare le norme più restrittive della legge che regola la materia), dalla sperimentazione su embrioni umani al testamento biologico. Quanto ai migranti, non c'è provvedimento che non segni una limitazione della loro condizione.

sedi disagiate 4 procure dell'isola ( da "Nuova Sardegna, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: uffici giudiziari requirenti di primo grado trasmesso al dicastero dal Csm. A Nuoro mancano due magistrati, a Oristano, Tempio e Lanusei uno. Palazzo dei marescialli dovrà ora approvare in plenum il bando di pubblicazione di questi posti, cosa che dovrebbe accadere già questa settimana. I magistrati interessati dovranno dare la propria disponibilità per 5 sedi entro il 25 maggio.

Procura, sede disagiata ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Csm. In tutto i posti da coprire sono, come detto, 76 e già oggi o domani - ma tutto potrebbe saltare a causa di uno sciopero del personale di Palazzo dei Marescialli - il plenum dovrebbe metterli a concorso. Entro il 25 maggio (la data è prorogabile fino al 29 se le richieste saranno inoltrate per via gerarchica) i magistrati interessati potranno dare la loro disponibilità al massimo

Ingenuamente pensavo che i processi di liberalizzazione riguardassero l'interesse generale dell... ( da "Unita, L'" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ma qualora dovesse passare una norma così solleveremo il problema di fronte alla Corte Costituzionale». Il menu della controriforma in atto sul tema liberalizzazioni è lungo. Parliamo di sanità? «Questo è un governo che si definisce liberale e attento al mercato, ma ho l'impressione che l'attenzione invece sia tutta concentrata ai diritti dei poteri forti.

Ezio Pelino La Chiesa e i suicidi Chi non ricorda la cassa di Welby sul piazzale, fuori della ... ( da "Unita, L'" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Auspico che in tempi rapidi il Csm chiarisca quanto appreso da "la Repubblica" del 9 maggio, sul perché, a fronte dell'inchiesta sui rifiuti, il Procuratore Capo di Napoli, Giandomenico Lepore, abbia operato la scelta di separare alcune posizioni, tra le quali quella del Prefetto Pansa e del Sottosegretario Bertolaso.

LEGGE 40: SE LA DESTRA CI RIPROVA ( da "Unita, L'" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: SE LA DESTRA CI RIPROVA DOPO LA SENTENZA DELLA CONSULTA Un mese fa, quando la Corte Costituzionale bocciò parzialmente la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, eliminando alcune delle sue parti più controverse, la maggioranza di centro-destra, si affannò a spiegare che la sentenza non ne intaccava comunque l'impianto.

L'ultima crociata di Ghedini contro le nuove Wanna Marchi ( da "Tempo, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: anche lui avvocato e docente di diritto e procedura penale, il consigliere del Csm Fabio Roia, l'avvocato Marco Marzari, legale delle vittime, l'avvocato Carlo Rienzi, presidente Codacons, Alessandro Jacchia, presidente e amministratore delegato Albatross e Jimmy Ghione, inviato di Striscia la notizia. Fin qui le notizie essenziali.

"de chiara è al fianco dei pm" - dario del porto ( da "Repubblica, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: iniziativa ritenuta «in quel momento incompleta» avrebbe determinato sull´emergenza rifiuti che infuriava in quei giorni di luglio 2008. La prima commissione del Csm ha rinviato ogni decisione alla lettura completa degli atti, comprese le audizioni di Lepore e dei pm Noviello e Sirleo tenute davanti al consiglio giudiziario.

Ford 2009 Gain Eases Investors' Bankruptcy Concerns Even as Losses Persist ( da "Bloomberg" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: according to consulting firm CSM Worldwide in Northville, Michigan. GM is closing 14 plants for as much as nine weeks and Chrysler idled most factories until it emerges from Chapter 11. "There are still a lot of storm clouds on the horizon because of the supplier situation," said Tynan, the Argus analyst.

Estradato Demianjuk il "boia di Sobibor" ( da "Stampa, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: E così, dopo l'arrivo in aeroporto, l'uomo è stato trasferito in ambulanza nel carcere di Stadelheim. Nel pomeriggio di ieri gli è stato letto il mandato d'arresto. Demianjuk, dal canto suo, nega tutto e i suoi avvocati non escludono di ricorrere davanti la Corte costituzionale tedesca. \

i penalisti preparano lo sciopero chiediamo il potenziamento - giampiero cocco ( da "Nuova Sardegna, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Da quì le richieste di una maggior attenzione, da parte del ministero della Giustizia, all'attività giudiziaria gallurese, penalizzata dall'assenza di personale amministrativo e di magistrati. Un problema, quello della paralisi degli uffici giudiziari, evidenziato dall'associazione nazionale magistrati della Sasrdegna nei giorni scorsi.

e il tribunale rimarrà ( da "Messaggero Veneto, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: soddisfatto il presidente della Camera penale Della questione del riconoscimento quale sede disagiata, e più in generale dei problemi della giustizia a Gorizia, si è parlato, ieri, in un vertice svoltosi a Roma. Un summit nella sede della Commissione Giustizia del Senato dal quale è emerso che la paventata ipotesi chiusura degli uffici giudiziari di via Sauro risulta attualmente esclusa.

Riforma federalista con i piedi d'argilla ( da "Secolo XIX, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: riforma costituzionale che consenta anche ai Comuni e alle Province (finché esistono) di adire la Corte costituzionale in via diretta, dovendo ancora subire le prevaricazioni dello Stato e delle Regioni. Sarebbe più efficace l'approccio inverso: disegnare prima nella Costituzione i tratti essenziali del sistema che si vuole, e solo dopo scendere nel dettaglio con leggi e leggine.

"maroni organizzò le ronde padane" esplode la polemica - alberto custoero ( da "Repubblica, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: e anche i fondi, dello stesso Stato da cui ci si vorrebbe separare». Ecco la replica leghista per voce del deputato Matteo Brigandì: «Le ronde sono molto diverse dalle guardie padane. Il processo a Verona è fermo perché la Corte Costituzionale ha sempre dato ragione all´impostazione difensiva leghista».

Riformatori: Sì incompatibilità assessori - consiglieri regionali ( da "Sardegna oggi" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: consiglieri regionali Pur condividendo la sentenza della Corte Costituzionale per l'abolizione della legge Statutaria, I Riformatori ritengono che non si debba tornare ai consiglieri-assessori. E' il senso della proposta di legge sulla incompatibilità delle cariche presentata dai consiglieri regionali Pierpaolo Vargiu, Michele Cossa, Franco Meloni, Attilio Dedoni,

Procure disagiate, Alfano taglia il numero dei pm da premiare ( da "Italia Oggi" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 2009 - pag: 4 autore: il guardasigilli sfoltisce l'elenco del csm Procure disagiate, Alfano taglia il numero dei pm da premiare Solo 76 magistrati potranno godere del bonus da 2500 per 4 anni per trasferirsi in un'altra sede Il tribunale di Venezia non sarà una sede disagiata. Mentre lo diventeranno Brescia, Lecco e Voghera.

Combattere la sterilità maschile e femminile Esperti di tutto il mondo a lezione ( da "Resto del Carlino, Il (Fermo)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Tossichetti - è sicuramente passato, vista la presenza di tutte queste categorie. Il prossimo impegno, ci vedrà coinvolti oggi a Palazzo Marini di Roma, al convegno nazionale della Sifes: La legge 40/2004 dopo la sentenza della corte costituzionale, il futuro della pma in Italia». f.c.

Difficile il pignoramento al fisco ( da "Italia Oggi" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: come stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 209/1988, appartengono in definitiva all'intera collettività nazionale. Motivo per cui la Cassazione ribadisce l'impignorabilità dei crediti che lo Stato vanta verso le banche delegate dai contribuenti al versamento delle imposte, poiché persiste l'indisponibilità del credito presente fin dall'

Individuate 41 procure come sedi disagiate ( da "Italia Oggi" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: complessivo di 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado trasmesso al dicastero dal Csm. Tra queste, spicca il caso di Brescia, dove mancano cinque pm, seguita da molti uffici del Sud: a Caltanissetta, Gela, Palmi e Trapani, si registrano quattro posti da sostituto procuratore vacanti, mentre sono da nominare tre pm a Catanzaro, Enna, Termini Imerese, Vibo Valentia e Locri.

Un solo Tribunale subissato di cause ( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: questo la presidente ha scritto nei giorni scorsi al Csm per chiedere almeno l'aumento dei giudici onorari di una decina di unità. Anche se la richiesta venisse accolta, il problema non si risolverebbe, ma la situazione sarebbe appena un po' meno pesante. I giudici onorari, infatti, non sempre sono in tribunale: sono dipendenti pubblici, ad esempio psico-logi o assistenti sociali,

MASSA IL PROFESSOR Brunello Pucci è stato ricevuto dal Pres... ( da "Nazione, La (Massa - Carrara)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: accompagnato da Cosimo Ferri giudice presso il Csm. Nell'occasione, Pucci si è improvvisato ambasciatore turistico ed ha parlato della nostra terra ad un uomo colto e attento, prima di regalargli un pennato. «IL PENNATO ha origini antichissime spiega Pucci motivando il dono ed è presente nelle Apuane in infinite scritte rupestri nella piana dei pennati e nei siti dell'

La Francia vara la stretta sul web ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: I socialisti hanno già detto che faranno ricorso alla Corte costituzionale, mentre resta sempre aperto il fronte con il Parlamento europeo, che la settimana scorsa ha approvato a larga maggioranza un emendamento al pacchetto telecom in cui si oppone all'oscuramento di internet da parte di un'autorità amministrativa.

Sicurezza, via libera di Fini al Ddl ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la Corte costituzionale, poi – ricorda Mantovano – ha dato la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno anche al padre, se irregolare». Aggiunge il ministro Maroni: «Smentisco che nel disegno di legge sulla sicurezza c'è una norma per cui i figli nati da clandestini potrebbero essere immediatamente adottabili.

Completato l'elenco delle 41 Procure con vuoti d'organico ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: indicati dalla Terza commissione del Csm «attraverso una valutazione – sottolinea il ministro in una lettera al vicepresidente del Csm, Nicola Mancino – che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze nonché della specificità territoriale e criminale di alcune sedi del Sud»

Alla difesa copia dei nastri senza abusi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: sentenza che richiamauna pronuncia del 2008 della Corte costituzionale, la Corte di cassazione ammonisce i pm a "giocare a carte scoperte" quando si tratta di arresti frutto di intercettazioni telefoniche o ambientali. Se la difesa, dopo aver ricevuto copia del provvedimento che ha portato in cella l'indagato, fa richiesta delle registrazioni su nastro o su Cd che sono servite all'

LAVORI PUBBLICI, RIUNIONE TECNICA SULLA NORMATIVA SISMICA IN CALABRIA ( da "marketpress.info" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale dell?aprile 2006. Come si ricorderà la sentenza ha radicalmente modificato i principi della Legge 741/81 (che prevede le modalità di deposito dei progetti e successivo controllo a campione), sancendo la necessità del regime autorizzativo a salvaguardia della pubblica e privata incolumità e dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione

Zanon: ( da "Corriere Alto Adige" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La circolare Csm è illegittima» BOLZANO Il presidente del tribunale di Bolzano, Heinrich Zanon, torna sui due magistrati «esterni» che fanno parte degli aspiranti procuratore capo dell'Alto Adige. «Esiste una circolare del Csm spiega Zanon che consente anche a chi vive fuori dell'Alto Adige di partecipare ai concorsi locali,

ROMA Lo schema costituito dal combinato disposto decreti-maxiemendamenti-fiducia è il sistema ... ( da "Messaggero, Il" del 13-05-2009)
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Abstract: presidente della Corte Costituzionale, ministro e parlamentare del centrosinistra nel trigesimo della sua scomparsa, presenti il costituzionalista Gustavo Zagrebelski, Pierluigi Castagnetti del Pd coordinati da Ezio Mauro direttore di Repubblica. Il "tridente" decreti-maxiemendamenti-fiducia «cambia totalmente la natura delle democrazia»

Boom di bimbi abbandonati Tribunale: siamo nel caos ( da "Corriere del Veneto" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Minorenni al Csm: ci servono almeno 10 giudici. Personale dimezzato, casi raddoppiati VENEZIA Leonardo non gioca più a calcio, Luca non va più in piscina, Silvia ha lasciato il corso di inglese e di vacanze nemmeno a parlarne. Le loro madri quest'anno non hanno più un soldo perché i loro padri dopo la separazione non sono ancora stati obbligati da nessun giudice a versare un euro.

( da "Nazione, La (La Spezia)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: in rapporto al quale ha avuto modo di esprimersi la Corte Costituzionale con sentenza 151 del 2009. Per tal motivo, qui si tratta dell'aspetto relativo alla crioconservazione delle cellule staminali derivanti da cordone ombelicale, nei limiti della sua praticabilità. QUALI i limiti imposti dalla normativa vigente?

Tagli di classi dovuti alla legge ( da "Nuova Ferrara, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la Corte Costituzionale ha stabilito che pur in presenza della competenza regionale, il Ministero continui a gestire gli organici delle istituzioni scolastiche con le risorse assegnategli dalle leggi finanziarie. L'ufficio scolastico provinciale su delega di quello regionale deve determinare gli organici,

( da "Corriere della Sera" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Per Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, la politica può combattere la clandestinità, anche duramente, ma con interventi appropriati. Quale intervento è stato inappropriato? «Condizionare l'atto di nascita ad un elemento esterno al bambino quale la clandestinità dei genitori».>Procura, domani vertice dei pm per De Chiara ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dalla lettera inviata dal vice del procuratore al Csm dopo la sua audizione, missiva nella quale De Chiara ha rivelato che tra le ragioni addotte da Giovandomenico Lepore per stralciare dall'inchiesta rifiuti la posizione del capo della Protezione civile e del prefetto di Napoli vi erano anche preoccupazioni per i rapporti con il governo impegnato nell'affrontare l'emergenza rifiuti.

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale ha dato il via libera agli abbattimenti sull'isola «Abusi a Ischia, demolite in autunno» Federalberghi: rischio di tensioni sotto gli occhi dei turisti ISCHIA Non albergava certo l'ottimismo sull'isola verde, e dunque l'inapplicabilità del terzo condono edilizio (che rappresentava l'unica arma per fermare le centinaia di ordinanze di demolizione disposte a Ischia

Lotta Bertoldi - Girardi per un posto in giunta ( da "Trentino" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La sentenza cui si fa riferimento non è della Corte Costituzionale, ma del Tar di Trento che però è per un caso specifico. Ha poi sottolineato come i presidenti di Stet e Amnu siano eletti dai rispettivi cda e non dal sindaco. «C'è il rischio che cambiandolo senza fondati motivi, si possa chiedere i danni per l'interruzione dell'incarico.

Procuratore capo, giochi tutti altoatesini ( da "Alto Adige" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Heinrich Zanon: «Una circolare emessa anni fa dal Csm ammette esterni ai concorsi altoatesini, ma soltanto nel caso in cui il candidato sia entrato in magistratura prima del 1972». «Personalmente - spiega oltre - ritengo si tratti di una circolare illegittima, anche se il Csm, probabilmente, ora la riterrà applicabile.

tribunali dei minori, a venezia il più disastrato ( da "Nuova Venezia, La" del 13-05-2009)
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Abstract: scritto al Csm, chiedendo almeno di poter aumentare i giudici onorari di dieci unità. «Se venisse esaudita la richiesta non risolverà il problema - chiarisce - ma ci darebbe un pò di respiro». «La colpa di tutto questo di chi è?» si chiede il consigliere dell'Ordine degli avvocati Isabella Nordio, che un'idea ce l'ha: «Una distribuzione delle piante organiche che risale agli anni 60,

fatti i sorteggi, parte la campagna elettorale - mitia chiarin ( da "Nuova Venezia, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Dal Csm il senatore Ugo Bergamo torna a Venezia come candidato presidente con l'appoggio di Liga Veneta Repubblica, Partito Liberale Italiano e Udc. Sartori e Salvagno. Sebastiano Sartori, 40 anni, è il candidato per Forza Nuova. Punta sull'autonomismo l'ex socialista Vittorio Salvagno, un passato di assessore a Venezia.

la procura goriziana sede "disagiata" ( da "Messaggero Veneto, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: sottolinea il ministro in una lettera al vice presidente del Csm, Nicola Mancino - che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze nonché della specificità territoriale e criminale». In tutto i posti da coprire sono 76, ma già oggi o domani il plenum dovrebbe metterli a concorso.

Misure cautelari, assenso scritto, Procuratore della Repubblica, necessità ( da "AltaLex" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: argomentandosi a contrario - la tesi dell'ordinaria impermeabilità del processo penale alle regole di ordinamento giudiziario inerenti all'organizzazione interna degli uffici del pubblico ministero. 2.4. - Le precedenti riflessioni convergono dunque univocamente nel senso che ?l'assenso scritto del procuratore della Repubblica, previsto dall?

Rimessione alla Plenaria della questione pregiudiziale amministrativa ( da "AltaLex" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: - il sesto, ai limiti del potere regolatore della Corte di cassazione (Sez. un., 19 gennaio 2007, n. 1139; 4 gennaio 2007, n. 13) che, secondo il correlato avvertimento della Corte Costituzionale (sent. 12 marzo 2007, n. 77), "con la sua pronuncia può soltanto, a norma dell?art. 111, comma ottavo, Cost.

Gender-Mainstream. Tutto il resto è omofobia ( da "Tempi" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il giudice della Corte costituzionale Ernst-Wolfgang Böckenförde ha definito «inammissibile» il tentativo di «impedire la libertà d'opinione e di confronto scientifico» e anche il sindaco di Marburg, Egon Vaupel, ha preso le difese dell'università spiegando di non vedere «alcun motivo per vietare lo svolgimento del congresso».

Procure, 41 le sedi disagiate ( da "Denaro, Il" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 41 le sedi disagiate Il Guardasigilli definisce l'elenco: presto il Csm metterà a concorso i posti Sono 41 le procure - per un totale di 76 posti vacanti da coprire - individuate come sedi disagiate dal Guardasigilli Angelino Alfano nell'ambito dell'elenco complessivo di 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado trasmesso al dicastero dal Csm.

( da "Adige, L'>" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: poi però cassata dalla Corte costituzionale, prevedeva l'assunzione per chiamata da parte del sindaco e a tempo determinato. Ma ora l'Upt non si sbilancia. L'assessore Cogo si è presentata in giunta con l'intenzione di tenere le due riforme separate, ma l'orientamento emerso nell'esecutivo è stato invece quello di sfoltire il testo di riforma dell'

( da "Avvenire" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: situazione dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato la non conformità alla Carta di alcune parti della legge 40. Le richieste al governo e al parlamento sono venute ieri da Scienza & Vita e del Movimento per la vita, che in una conferenza stampa congiunta presso il Senato non si sono limitate a esprimere perplessità sul dispositivo e ancor di più sulle motivazioni della Consulta.

Il Tribunale per i minori più dissestato d'Italia ( da "Gazzettino, Il (Venezia)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il Tribunale per i minori più dissestato d'Italia La presidente Fraccon in una lettera al Csm ha denunciato la situazione «Ultimi a livello nazionale per numero di giudici e amministrativi» Mercoledì 13 Maggio 2009,

Un primato di cui non andare orgogliosi, quello di tribunale più dissestato d'Italia. Capi... ( da "Gazzettino, Il (Venezia)" del 13-05-2009)
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Abstract: la presidente Adalgisa Fraccon attacca: «Ho scritto al Csm per chiedere un incremento dei giudici onorari, almeno una decina in più. Se rispettassimo i valori medi nazionali dovremmo avere 17 magistrati, 60 giudici onorari e 72 dipendenti amministrativi. Invece sono rispettivamente 7, 26 e 30, cioè meno della metà».

Sede disagiata , si salva il Tribunale a Gorizia ( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 13-05-2009) + 1 altra fonte
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Abstract: il sottosegretario Giacomo Calliendo ha informato che per il riconoscimento del disagio di Gorizia «il ministero sta lavorando e la soluzione sembra prossima». Soddisfatto Cattarini, che più volte ha denunciato il silenzio della politica sui problemi della giustizia isontina, «ma questa volta - ha detto - sembra esserci davvero un'inversione di tendenza».

La legge 40 dopo la sentenza della Corte Costituzionale ( da "SaluteEuropa.it" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 2009 La legge 40 dopo la sentenza della Corte Costituzionale "Un nuovo patto di genitorialità tra la coppia e il medico che esegue il trattamento di cura dell'infertilità ha affermato il Dottor Antonino Guglielmino, medico ginecologo e presidente della Fondazione Hera di Catania aprendo il convegno nazionale della Sifes questa mattina a Palazzo Marini a Roma -

Predoiu dezminte ca ar fi blocat fondurile CSM ( da "Romania Libera" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Predoiu dezminte ca ar fi blocat fondurile CSM Rl online Miercuri, 13 Mai 2009 Catalin Predoiu, ministrul Justitiei, a declarat miercuri ca nu a blocat fondurile destinate Consiliului Suprem al Magistraturii si ca aceste acuzatii nefondate au fost lansate de conducerea CSM intr-o incercare de a-si redobandi credibilitatea.

Salta il dibattito sul servizio idricoConsiglio comunale. ( da "Sicilia, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: nonostante la sentenza della Corte costituzionale numero 335/2008 da cui si evince chiaramente che la tariffa non deve essere più pagata dagli utenti che risiedono in una città priva di depuratore. Il consigliere Carmelo Romano ha chiesto al presidente Salvatore Amato di far si che la questione venga attenzionata dal difensore civico.

Rispunta la tabella H, ora bisogna cercare i fondi per finanziarla ( da "Sicilia, La" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: alla Corte Costituzionale potrà proporlo solo il governatore Lombardo che, al contrario del presidente dell'Ars Cascio, ha accolto senza polemiche le censure del Commissario dello Stato. Certo non è braccio di ferro tra i due Palazzi, ma è sintomatico il fatto che il capogruppo del Pd Cracolici abbia avvertito l'opportunità di un maggiore raccordo tra il governo e il Parlamento.

"In Puglia ci sarà bisogno dell'esercito"">Nucleare, Vendola: vado alla Consulta "In Puglia ci sarà bisogno dell'esercito" ( da "Affari Italiani (Online)" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: alla Corte Costituzionale. "Perché è un abbaglio dal punto di vista economico, una distrazione di risorse dal lato energetico e una tragedia per l'ambiente". La soluzione? "Investire nelle rinnovabili e sull'efficienza energetica". L'INTERVISTA E' arrivato il primo via libera del Senato al ritorno del nucleare in Italia.

(AGR) DIP. AMBIENTE: LE MANI DEL GOVERNO SUL PETROLIO LUCANO ( da "Basilicanet.it" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dal ricorso alla Corte Costituzionale ad unâ??autonoma legge regionale sia sulla Valutazione di impatto ambientale che sulle procedure autorizzatorie in materia di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi. Insomma, riappropriandosi del governo del territorio e del controllo delle attività che su esso si svolgono,

Saraceni ( Ugl ): giustizia a double face. Soldi e carriera per i magistrati delle sedi disagiate ( da "Sestopotere.com" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: i mali della giustizia si ripercuotono sul sovraffollamento delle carceri, sull'economia del Paese visto che l'Italia paga all'Europa fior di milioni in multe per i ritardi dei processi; sulla credibilità delle istituzioni che non riescono a far funzionare uno dei perni centrali della democrazia.

Genro attacca l'Italia su Battisti: orgoglioso di ciò che ho fatto ( da "Panorama.it" del 13-05-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la Corte Costituzionale brasiliana, esplicitata chiaramente da Genro, [6] "mi turberebbe davvero molto se il Supremo dovesse cambiare la sua giurisprudenza per soddisfare le domande di un paese che non rispetta le decisioni del Brasile". "Genro ha un obiettivo chiaro: tentare in ogni modo di far passare per una decisione di diritto una cretinaggine senza nessuna valenza giuridica"


Articoli

Procura, i candidati sono nove (sezione: Giustizia)

( da "Alto Adige" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Sette domande dei magistrati locali e due da fuori provincia. Le nomine entro settembre Procura, i candidati sono nove Il Csm dovrà scegliere il successore di Cuno Tarfusser BOLZANO. Sono nove i candidati alla successione del procuratore capo Cuno Tarfusser che da qualche settimana ha lasciato Bolzano per assumere il nuovo incarico di giudice internazionale alla Corte dell'Aja. Qualche giorno fa sono scaduti i termini per la presentazione della domanda da inviare al Consiglio superiore della magistratura. L'organo di autogoverno dei giudici dovrà a questo punto procedere alla nomina non solo del nuovo Procuratore ma anche dell'Avvoxcato generale. Le candidature locali sono sette. Altre due domande sono pervenute da magistrati in servizio fuori provincia e, dunque, provenienti dal concorso nazionale. I magistrati locali che hanno presentato domanda per ottenere l'assegnazione dei nuovi incarichi sono: Paul Ranzi (attuale sostituto procuratore, già procuratore aggiunto negli ultimi otto anni), Guido Rispoli (sostituto procuratore), Donatella Marchesini (sostituto procuratore), Markus Mayr (sostituto procuratore), Alois Klammer (sostituto procuratore presso la Procura generale in Corte d'appello), Manfred Klammer (giudice di Corte d'appello), Claudio Gottardi (presidente di sezione del tribunale penale). Le ultime due domande, come detto, sono giunte da magistrati appartenenti al concorso nazionale. Si tratta di un sostituto procuratore attualmente in servizio a Grosseto e di un presidente di sezione penale (dunque un magistrato giudicante) in servizio attualmente in Sicilia. Entrambi vanterebbero la perfetta conoscenza della lingua tedesca con l'attestato di bilinguismo. In caso contrario la candidatura non avrebbe alcuna possibilità di essere accolta dato che in Alto Adige tutti i giudici debbono essere in grado di svolgere procedimenti in entrambe in entrambe le lingue. Come detto la nomina spetta al Csm. Potranno essere ammessi anche magistrati esterni entrati in magistratura prima del 1972, prima cioè dell' approvazione dello statuto di autonomia che ha imposto il ruolo locale per il reclutamento dei magistrati altoatesini. La decisione sulle nuove nomine verrà presa dal plenum del Consiglio superiore della magistratura composto da 20 magistrati eletti e da dieci laici di nomina politica (scelti tra professori universitari ed esperti di diritto). Il plenum dovrà valutare le proposte che saranno avanzate dalla commissione dello stesso Csm, all'interno della quale viene data una prima indicazione. In questo caso dai nove candidati dovranno essere scelti il nuovo Procuratore capo della Repubblica, il nuovo Avvocato generale presso la Corte d'appello ed il nuovo procuratore aggiunto. Le nomine sono attese entro settembre. (ma.be.)

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I costi della giustizia (sezione: Giustizia)

( da "Alto Adige" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

I costi della giustizia Un convegno da 225 mila euro per copiare il virtuosismo bolzanino BOLZANO. In un Paese che ogni anno prescrive 200 mila reati per mancanze di risorse, vengono organizzati convegni sulla giustizia da 225 mila euro: due giorni a Palermo con tutti i capi degli uffici giudiziari, rappresentanti del ministero compresi. Una situazione che ha fatto gridare allo scandalo alcuni rappresentanti del Csm. E c'è chi ha invocato ancora una volta il virtuosismo della procura di Bolzano, che è riuscita a ridurre le spese di giustizia razionalizzando l'organizzazione e utilizzando finanziamenti europei. Di fronte a una giustizia al collasso per carenza di risorse, con un «ministero che non onora i suoi debiti verso chi ha subito un processo lumaca e si fa pignorare i beni», al consigliere del Csm Gianfranco Anedda tutto questo è sembrato davvero troppo. «E' uno spreco inaccettabile», ha tuonato nell'ultima seduta del plenum, chiedendo ad Alfano e a Palazzo dei Marescialli di fare marcia indietro e ottenendo per ora il congelamento dell'iniziativa. Più d'uno tra i consiglieri aveva inoltre espresso dubbi sull'utilità dell'incontro, che alla fine è stato organizzato con maggiore sobrietà.

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Honda Motor Poised to Outrank Bankrupt Chrysler in U.S. Sales, Production (sezione: Giustizia)

( da "Bloomberg" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

By Alan Ohnsman May 12 (Bloomberg) -- Honda Motor Co. may build more vehicles than bankrupt Chrysler LLC in North America this year and take its rival's fourth place in U.S. sales, further weakening Detroit's once iron-tight grip on its home market. Chrysler had a 17,011 unit production lead over Honda at the end of April, compared with 236,645 a year earlier. With most Chrysler plants shut for as long as 60 days, analysts predict Honda will close the gap by year's end, leaving it trailing only General Motors Corp., Toyota Motor Corp. and Ford Motor Co. in the world's biggest car market. "There's a sea change under way," said Michael Robinet, an analyst at forecaster CSM Worldwide in Northville, Michigan. "This crisis with Chrysler and GM has acted as an accelerant to the systemic change that was already occurring." U.S. sales rankings, dominated by Michigan-based GM, Ford and Chrysler through the 1990s, have been in flux since Toyota passed Chrysler in 2006 and then Ford in 2007. This year's sales slump to the lowest volume in 30 years threatens to also push GM into bankruptcy and has cut the U.S. Big 3's combined market share to 44.4 this year, from more than 70 percent a decade ago. Honda, fifth in the U.S. since 1988, has outsold Chrysler this year as of April. Its sales in the country slid 32 percent to 332,014, compared with a 46 percent drop for Auburn Hills, Michigan-based Chrysler to 323,890. Overall U.S. sales are down 37 percent through the first four months of the year. "Market share isn't something we target," said David Iida, a spokesman for Honda's U.S. unit, based in Torrance, California. "We're very committed to local production, irrespective of what other companies are doing." The automaker fell 0.5 percent to 2,885 yen as of 10 a.m. in Tokyo trading. The stock has risen 51 percent this year. Chrysler Plunge Industrywide North American car and light-truck production plunged 49 percent through April, with Chrysler leading declines among major manufacturers, according to Haig Stoddard, an IHS Global Insight analyst. Chrysler's production in the period fell 57 percent to 322,773, based on company figures. Honda built 305,762 autos at assembly plants in the U.S., Canada and Mexico through last month, down 40 percent from a year ago. Chrysler, hoping to emerge from bankruptcy within 60 days as a new company led by Fiat SpA, halted work at most plants on May 4 while it reorganizes. The company also said it's closing six factories that won't be part of the Chrysler-Fiat deal. "Honda and Toyota are both likely to outbuild Chrysler," said John Sousanis, director of industry data for Ward's Automotive Group. "We have each of them making 1 million vehicles or a bit more in North America this year, and Chrysler building just under 1 million -- and that's before Chrysler announced its plan to shut down plants." Foreign Production Gains Next year, Japanese, German and South Korean automakers will likely build more than half of the vehicles assembled in the U.S., outstripping local manufacturers for the first time, said CSM's Robinet. By 2011, Asian and European automakers will have more overall auto-assembly capacity in North America than U.S. competitors, said economist Kim Hill, with the Center for Automotive Research in Ann Arbor, Michigan. "The market has matured," said Hill. It "is moving away from the traditional Big 3 model to one that's much more international." To contact the reporters on this story: Alan Ohnsman in Los Angeles aohnsman@bloomberg.net Last Updated: May 11, 2009 21:07 EDT

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riformatori: rimettere l'incompatibilità (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Assessori-consiglieri, iniziativa in Consiglio dopo la caduta della legge Statutaria Riformatori: rimettere l'incompatibilità CAGLIARI. Caduta la legge Statutaria, e quindi anche la norma sull'incompatibilità tra le cariche di consigliere regionale e di assessore, i Riformatori sardi non si arrendono. Oggi depositano una proposta di legge per reintrodurre la netta separazione di funzioni tra il legislatore e l'amministratore. E subito dopo illustreranno ai giornalisti, in una conferenza stampa, le ragioni che ha spinto il loro gruppo ad assumere l'iniziativa. I Riformatori fanno parte della maggioranza di Centrodestra (che era decisamente schierata contro la Statutaria voluta da Renato Soru) e, almeno per il momento, non hanno trovato alleati nella coalizione sulla proposta di reintrodurre l'incompatibilità. I più contrari sono decisamente l'Udc e il Psd'Az, mentre dei distinguo sono possibili in altre forze centriste e nel Pdl. I Riformatori (il coordinatore è Michele Cossa, il capogruppo Pierpaolo Vargiu) potrebbero invece trovare convergenze con i gruppi dell'opposizione di Centrosinistra, che, con la Statutaria ora cassata dalla Corte costituzionale, avevano introdotto l'incompatibilità.

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Se parla il Presidente il silenzio è d'oro (sezione: Giustizia)

( da "Finanza e Mercati" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Se parla il Presidente il silenzio è d'oro da Finanza&Mercati del 12-05-2009 Appartengo alla sparuta pattuglia di coloro che ritengono il diritto alla libera espressione del pensiero il bene più prezioso di una società civile. Tanto assoluto considero quel diritto, da volerlo riconosciuto per chiunque, per quanto sgradevoli o ripugnanti possano apparire le sue idee: per quanto mi riguarda, anche i nemici della democrazia e i detrattori della libertà, anche i razzisti e i pedofili e ... finanche i cacciatori, hanno il diritto di manifestare liberamente il loro pensiero. Ritengo, tuttavia, che vi siano categorie di persone per le quali questo diritto trova delle limitazioni. O meglio, ci sono persone la cui particolare posizione è incompatibile con la pienezza del diritto alla libera manifestazione del pensiero. Penso, per esempio, che un ambasciatore non possa criticare la politica estera del suo Paese nei confronti dello Stato in cui è residente; che un prefetto non possa criticare le disposizioni relative all'ordine pubblico impartite dal suo Ministro; che un magistrato non possa criticare le leggi che è chiamato ad applicare. Se costoro intendono esprimere il loro dissenso hanno tutto il diritto di farlo, ma ciò li rende incompatibili con il loro incarico e dovrebbero esserne allontanati. Fare l'ambasciatore, il prefetto o il magistrato non è un diritto naturale, ma un mestiere che si è scelto e questo mestiere impone obblighi che gli altri cittadini non hanno. Chi quella scelta ha fatto deve sottostare alle limitazioni che la sua posizione comporta, così come gode del potere e dei privilegi che essa conferisce. Uno dei soggetti che deve sopportare limitazioni al diritto di «dire la sua» è il Capo dello Stato. Se si scorrono gli articoli della Costituzione dedicati al Presidente della Repubblica, si noterà che essi ne delineano una figura intimamente ed esclusivamente legata all'attività delle altre istituzioni, di guisa che tutti i suoi poteri e le sue prerogative appaiono in funzione di mediazione e di equilibrio rispetto alle prerogative e al funzionamento di altri organi dello stato. Non ha, invece, poteri politici in senso stretto, sicché nessun suo atto è valido se non è controfirmato dal ministro proponente. E non è previsto che egli abbia alcun contatto diretto con la «Nazione». Il Presidente della Repubblica manifesta il suo pensiero indirizzando «messaggi» alle Camere (articoli 74 e 87). Nessuna altra forma di comunicazione è stata prevista dal costituente e nessun destinatario diverso dal Parlamento. E non si tratta di una dimenticanza. Il costituente ha voluto affermare nel modo più netto il monopolio della rappresentanza politica al Parlamento, e l'estraneità alla politica del Presidente della Repubblica (tutte le sue prerogative, dalla presidenza del Csm al diritto di nomina di un terzo dei giudici costituzionali, dal potere di scioglimento delle Camere alla designazione del presidente del Consiglio, si spiegano solo in virtù di quel principio). Sebbene siano ormai diventate consuetudinarie dichiarazioni di circostanza e cortesia (in occasione di celebrazioni e funerali) o allocuzioni rituali (messaggio di fine d'anno), le comunicazioni «pubbliche» presidenziali possono essere consentite e tollerate a condizione che non travalichino il richiamo ai «buoni sentimenti» e si inquadrino in un contesto di obiettiva collaborazione con le altre istituzioni dello Stato. Il Capo dello Stato non può e non deve andare in giro per l'Italia come se fosse un vescovo in visita pastorale alle parrocchie della diocesi, incontrando le popolazioni e rilasciando dichiarazioni su ogni fatto di cronaca. Non può e non deve incontrare gli studenti per proclamare che male ha fatto il ministro dell'Istruzione a tagliare i fondi per la scuola; non può e non deve andare in mezzo ai terremotati d'Abruzzo a polemizzare con il presidente del Consiglio intorno alla priorità dell'accertamento delle responsabilità; non può e non deve criticare leggi e auspicarne la modifica. Il Presidente della Repubblica non può e non deve presentarsi alla nazione come l'alternativa «buona» agli altri organi dello Stato, lucrando consenso e popolarità a scapito del soggetto criticato. Chi così si comporta - altri lo ha detto, in diversa occasione - «non è il Presidente di questa Repubblica». E così si comportò Sandro Pertini quando, nell'inverno del 1980, inviò un messaggio televisivo al Paese - a reti unificate - attaccando direttamente il governo Forlani per la conduzione dei soccorsi dopo il terremoto dell'Irpinia. La circostanza che Pertini avesse ragione non cambia il fatto che quel suo atto fosse sconsiderato ed eversivo. Le «picconate» che caratterizzarono la seconda parte della presidenza di Francesco Cossiga sono lì a testimoniare quanto sia pericolosa la via del Presidente «antagonista». Meno pericolosa, ma ugualmente fastidiosa, è la propensione a rilasciare dichiarazioni del presidente della Camera. In questo caso la regola del silenzio sui temi politici non è un precetto costituzionale, ma un portato della buona creanza. La terza carica dello Stato dovrebbe riuscire a dimenticarsi di essere un uomo politico ancor giovane e vigoroso, pieno di belle e sacrosante speranze circa il suo futuro. La considerazione e la dignità del suo ruolo dovrebbero consigliarlo di evitare di intervenire, ogni volta che il presidente del Consiglio dice qualcosa, per rimarcare la «differenza» della sua posizione politica. La preoccupazione di distinguersi è propria e ben si addice a un leader politico, ma non deve interessare il presidente della Camera al quale gli atteggiamenti del governo - come quelli dell'opposizione - dovrebbero essere indifferenti se non riguardano il funzionamento dell'Assemblea da lui presieduta. bobbio@finanzaemercati.it MARCO SAVERIO BOBBIO

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orlando parla di europee (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Domani in Provincia Orlando parla di Europee ORISTANO. Il portavoce nazionale dell'Italia dei valori, Leoluca Orlando, sarà domani in città per partecipare a un incontro dibattito che si terrà nell'aula consiliare della Provincia. A partire dalla 16,30 Leoluca Orlando, insieme al candidato alle elezioni europee, Giommaria Uggias, parlerà degli obiettivi dell'Idv per le Europee: «La maggioranza ha fastidio verso chi controlla - dice Orlando -. Corte Costituzionale, magistratura, informazione, opposizione, Euorpa. Invece noi vogliamo dare fastidio e andiamo in Europa per farlo, a difesa dei diritti di tutti e di ciascuno».

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Due liste con troppe firme A Uzzano non si vota (sezione: Giustizia)

( da "Nazione, La (Pistoia)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

PRIMO PIANO pag. 12 Due liste con troppe firme A Uzzano non si vota Errore bipartisan: partiti bocciati, arriva il commissario T ROPPO SOLERTI, quei partiti. E troppo aggiornati, troppo "avanti" rispetto alla legge. Per questo, Uzzano non andrà al voto per eleggere il nuovo sindaco, il 6 e 7 giugno. E rischia di essre amministrata per un intero anno sotto dal commissario prefettizio. La sottocommissione elettorale circondariale di Pescia presieduta da Roberto Caiati, capo di gabinetto della Prefettura infatti dopo una domenica di estenuante lavoro (dalle 8 a mezzanotte) ha escluso entrambe le liste in lizza dalle prossime comunali. Il motivo? Sia «Centrosinistra per Uzzano» che sostiene la candidatura a primo cittadino di Riccardo Franchi, sia «Centrodestra per Uzzano» che punta su Luciano Maccioni come sindaco hanno presentato a sostegno delle rispettive liste un numero di firme più elevato di quello previsto dalla legge. Per i Comuni al di sotto dei 5000 abitanti la normativa (un decreto emanato nel 1946 dal governo Parri emesso su parere della Consulta, antenata dell'attuale Corte costituzionale) dispone che le sottoscrizioni siano «non meno di trenta e non più di sessanta». Le due liste di Uzzano ne hanno presentate l'una circa ottanta, l'altra una settantina. Un «errore» bipartisan, se vi sono incorsi sia il centrodestra che il centrosinistra. E commesso in buona fede: i responsabili dei due schieramenti hanno considerato che Uzzano ha da qualche anno superato il tetto dei 5000 residenti e si sono adeguati nel raccogliere le firme: oltre i 5000 ne servono appunto fra 60 e 120. La legge, invece, prevede che il parametro su cui calcolare il numero sia il dato dell'ultimo censimento. Che risale al 2001, quanto Uzzano contava 4711 anime. In materia elettorale, insomma, ci si fonda su dati superati, se non dalla storia, almeno dalla cronaca. Eppoi, al di là delle buone intenzioni degli schieramenti, perché «punire» e così duranmente poi l'eccesso di zelo di apporre una decina di firme aggiuntive, «di scorta»? SU QUESTO punto esiste un fondamento giurisprudenziale: Umberto Russo Krauss, viceprefetto di Pistoia e presidente della commissione circondariale elettorale del capoluogo riferisce di una sentenza della Corte costitizionale del 1992 nella quale si sancisce che la fissazione del numero massimo di firme ha lo scopo di garantire «la genuina espressione del voto». Consentendo un numero illimitato si rischierebbe soprattutto nei piccoli comuni di condizionare lo svolgimento delle elezioni. E ORA? Ai due schieramehti non resta che ricorrere al Tar. Se questo concederà la sospensiva, il 6 e 7 giugno si andrà a votare. Con una spada di Damocle: quando deciderà nel merito, lo stesso Tar potrebbe ritenere illegittimo lo «sforamento» nel numero di firme presentate ed annullare le elezioni già avvenute. Con arrivo del commissario e ritorno al voto nel 2010. Se invece nessuno ricorrerà al tar o se questi non concederà la sospensiva, l'8 giugno arriverà il commissario prefettizio che amministrerà il comune fino alle elezioni della primavera 2010 (la sessione elettorale invernale è stata abrogata). Così un Comune resterà dodici mesi privo di sindaco per l'eccesso di zelo (oppure la sbadataggine?) di due schieramenti politici avversari. E per una legge che pone a parametro un anacronismo. Succede, in Italia p.c.

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Toghe & rifiuti (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Toghe & rifiuti Siccome in Italia vige la meritocrazia e si premiano i migliori, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti presieduta dall'on. prof. avv. imp. Gaetano Pecorella ha scelto come consulenti due magistrati fra i più meritevoli: Francesco Castellano e Cesare Martellino. Affinché le due toghe possano dispiegare il loro balsamico contributo all'insigne consesso 24 ore su 24, senza distrazioni, il Csm sta provvedendo a collocarli «fuori ruolo». La scelta appare più che azzeccata. Martellino, ex procuratore di Terni ed ex presidente della Caf (corte d'appello della giustizia sportiva), poi rappresentante italiano a Eurojust al posto di Caselli, è indagato a Napoli per Calciopoli (abuso d'ufficio per il presunto aggiustamento di una pratica che stava a cuore alla Reggina su pressione di Franco Carraro). I laici del centrosinistra chiesero al Csm di occuparsi di lui per i presunti consigli forniti a don Pierino Gelmini, indagato per pedofilia a Terni. Castellano, ex giudice a Milano poi trasferito a Torino, oltre ad aver assolto Berlusconi nel processo Sme dopo averlo difeso in varie interviste, è stato sanzionato con la censura dal Csm e dalla Cassazione per essersi «intromesso nella vicenda Unipol», «fornendo la propria competenza e spendendo la propria persona per sostenere le ragioni dell'amico Giovanni Consorte con i colleghi milanesi» e «accreditandosi presso Consorte come canale di penetrazione per acquisire informazioni e condizionare le indagini», con «grave lesione del prestigio dell'ordine giudiziario». Gli uomini giusti per la commissione rifiuti.

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collino: io andrò casa per casa (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 8 - Regione Collino: io andrò casa per casa Il candidato Pdl GORIZIA. «Farò una campagna elettorale comune per comune», lo ha detto ieri Giovanni Collino, candidato del Pdl alle europee nella circoscrizione del Nordest. «Sono candidato della Regione più piccola - ha detto - ma rispetto ai miei colleghi ho un grande punto di forza: sono il candidato unico di tutto il Pdl». Collino ha spiegato che la sua sarà «una campagna elettorale all'insegna della sobrietà. C'è la crisi economica e non possiamo sprecare fondi. E poi c'è il terremoto in Abruzzo. Da terremotato di Gemona - ha detto - sarò al fianco della gente colpita dalla tragedia e nei miei incontri spiegherò il modello Friuli». Sicurezza, libertà responsabile, infrastrutture, ruolo della regione nell'Europa a 27: questi saranno gli altri temi sui quali Collino farà campagna elettorale, «sostenuto - ha detto - da tutto il partito, dal sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, al presidente della Regione, Renzo Tondo». Collino, presentandosi nei giorni scorsi a Gorizia, ha anticipato che prenderà «contatti immediati» per soluzioni rapide e concrete contro la scarsità di organico al Tribunale di Gorizia. Lo reso noto dopo aver compiuto una visita agli uffici giudiziari del capoluogo isontino. «Il tema della giustizia - afferma Collino - diventa ancora più importante in un territorio di confine come quello di Gorizia, dove la presenza di molti stranieri genera inevitabili conflitti che a volte contrastano con la forte domanda di sicurezza. Il problema della giustizia locale non può essere limitato a una dimensione nazionale, ma proprio l'Unione Europea - conclude - può contribuire per individuare soluzioni condivise».

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Nuova picconata alla gestione Soru (sezione: Giustizia)

( da "Giornale.it, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

n. 113 del 2009-05-12 pagina 14 Nuova picconata alla gestione Soru di Redazione Nuova batosta per Renato Soru (nella foto) che assiste allo smantellamento dell'attività dei suoi cinque anni di governo. Dopo l'abolizione della tassa sul lusso, la Corte Costituzionale ha annullato la legge statutaria della Sardegna n. 1 del 2008, fortemente voluta dall'ex governatore per concentrare nelle sue mani ancora più poteri e comprimere il ruolo del Consiglio regionale. Questa legge vietava ai consiglieri di far parte della Giunta, per rendere effettiva la separazione del potere legislativo con quello esecutivo. Via libera ora al rimpasto in giunta che porterà al posto degli «assessori tecnici», alcuni scalpitanti consiglieri regionali. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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elezioni a rischio a uzzano (sezione: Giustizia)

( da "Tirreno, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 5 - Montecatini Elezioni a rischio a Uzzano Entrambe le liste non ammesse: troppe le firme raccolte UZZANO. Il 7 e 8 giugno avrebbero dovuto votare anche gli elettori uzzanesi. L'uso della parola avrebbero non è casuale, perché ieri, dalla presidenza provinciale della commissione elettorale presieduta da Umberto Russo Krauss è arrivata una notizia clamorosa. Entrambe le liste, quella di centrosinistra che sostiene Riccardo Franchi e quella di centrodestra che candida Luciano Maccioni, non sono state ammesse alla competizione elettorale. Entrambe hanno raccolto troppe firme a sostegno delle rispettive liste, avrebbero dovuto essere tra le 30 e le 60, ma entrambi gli schieramenti avevano superato quota 70. A trarre in inganno gli uffici comunali (a cui si erano rivolti entrambi gli schieramenti per l'iscrizione delle liste) il numero di abitanti. Una cittadina come Uzzano, con più di 5mila abitanti, dovrebbe in effetti presentare a sostegno di ogni lista tra le 60 e le 120 firme. Ma, c'è un però. Il numero di abitanti che fa fede non è quello effettivo dell'anagrafe, ma quello relativo all'ultimo censimento e, all'epoca, Uzzano aveva 4.711 abitanti. Era, insomma, sotto quota 5mila, e quindi ogni lista avrebbe dovuto presentare appunto tra le 30 e le 60 firme. E che il limite massimo non debba essere superato lo prevede anche una sentenza (la numero 83 del 1982) della Corte Costituzionale: il tetto serve a impedire, nei piccoli comuni, che una lista possa togliere a un'altra la possibilità di raccogliere le adesioni. Quindi quando la sottocommissione elettorale circondariale di Pescia ha visto arrivare le due liste, con le relative sottoscrizioni, si è trovata di fronte a un grosso problema. Per tutta la notte la sottocommissione, in stretto contato con la prefettura, ha cercato - non trovandola - una via di uscita a questa situazione, e alla fine non ha potuto far altro che bocciare entrambe le liste. Si tratta di un caso rarissimo, in tutta Italia sono state respinte altre due liste per troppe sottoscrizioni, una in Provincia di Matera, l'altra in provincia di Parma. E se una soluzione non venisse trovata già il 10 giugno, a due giorni dal voto mancato, in Comune dovrebbe insediarsi il commissario prefettizio. Ma da parte dei coordinamenti elettorali, che per una volta si troveranno uniti, c'è comunque un certo ottimismo. Qui si tratta di una situazione molto particolare, dove tutti gli schieramenti sono stati danneggiati allo stesso modo, per questo c'è molta fiducia sul fatto che una soluzione verrà trovata. I due candidati, infatti, hanno deciso di lavorare insieme per cercare una soluzione insieme alla prefettura, e al tempo stesso - con l'assistenza del legale del Comune - verrà presentato un ricorso al Tar congiunto di Maccioni e Franchi, in modo da ottenere subito una sospensiva (e permettere così lo svolgimento delle elezioni) in attesa della sentenza definitiva sulla validità delle elezioni uzzanesi. TRASLOCO UFFICI Disagi in Comune BUGGIANO. Completata la prima parte dei lavori, sono in corso all'interno del municipio di Buggiano i lavori per il trasloco degli uffici, in vista della partenza della seconda parte dell'opera per il restauro del palazzo comunale. Per questo motivo, dal Comune, viene segnalata la possibilità, nel corso della settimana, di disagi nell'attività di ricevimento del pubblico, disagi di cui l'amministrazione si scusa con i cittadini. Sempre legata ai lavori anche l'annunciata chiusura degli uffici comunali in programma sabato, necessaria per procedere all'aggiornamento dei sistemi informatici. CONTRIBUTI AFFITTI Tempo di domande CHIESINA. Il Comune ricorda che il 10 giugno scade il termine ultimo per la presentazione, da parte dei cittadini di Chiesina Uzzanese, delle domande per l'assegnazione di contributi a integrazione del canone di locazione per il 2009. Tutti gli interessati possono presentare domanda, utilizzando i moduli disponibili all'Ufficio Servizi sociali del Comune, presentando i seguenti documenti: copia del contratto di locazione regolarmente registrato; attestazione Ise, Isse riguardante la situazione economica del nucleo familiare. GIOVEDì Interruzione idrica CHIESINA. Interruzione idrica, giovedi prossimo a Chiesina, per lavori sulla rete. Dalle 8 alle 12 il problema interesserà le vie Corti, Di Vittorio, Vincentro Fratelli Cervi, Gramsci e Di Campo, dalle 14 alle 17 sarà toccata la località Chiesanuova.

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Procuratore capo, una sfida a nove (sezione: Giustizia)

( da "Corriere Alto Adige" del 12-05-2009)

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Corriere dell'Alto Adige sezione: PRIMA data: 12/05/2009 - pag: 1 A PAGINA 5 Petrone BOLZANO Sono nove i magistrati che si contendono la poltrona di procuratore capo, occupata fino a pochi mesi fa da Cuno Tarfusser, nominato guidice internazionale all'Aja. Il Consiglio superiore della magistratura (Csm) dovrà decidere tra sette altoatesini e due magistrati di fuori provincia: uno toscano, l'altro siciliano. Dei magistrati altoatesini a presentare domanda sono stati l'attuale procuratore aggiunto Paul Ranzi, i sostituti procuratori Guido Rispoli, Donatella Marchesini e Markus Mayr, così come il giudice del tribunale altoatesino Claudio Gottardi. Ma anche il sostituto procuratore presso la Procura generale di Bolzano Alois Klammer ed il giudice della Corte d'appello altoatesina Manfred Klammer ambiscono al posto. La decisione del Consiglio superiore della magistratura è attesa entro luglio. Il deputato della Svp, Karl Zeller avverte: «Il concorso è locale, riservato a chi posside il patentino A». Il giudice Edoardo Mori concorda: «I due non altoatesini non possono partecipare al concorso. Il bando è un po' equivoco». Si cerca il successore di Tarfusser, ora giudice internazionale all'Aja. Csm, la decisione entro luglio Procuratore capo, una sfida a nove Candidature anche da Toscana e Sicilia. Zeller: «Concorso locale»

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Zeller avverte: concorso locale (sezione: Giustizia)

( da "Corriere Alto Adige" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere dell'Alto Adige sezione: BOLZANOEPROV data: 12/05/2009 - pag: 5 Le reazioni Il deputato Svp: ci si dimentica della norma. Mori: la legge è chiara Zeller avverte: concorso locale Il monito BOLZANO È subito polemica sulla proporzionale etnica per la nomina del nuovo procuratore capo di Bolzano, colui che sostituirà Cuno Tarfusser. Due di coloro che si sono candidati infatti non lavorano a Bolzano. In particolare, uno lavora a Grosseto e l'altro in Sicilia. Il deputato della Svp Karl Zeller specializzato in questioni relative alla giustizia fa notare subito che quei due giudici si sono iscritti al concorso sbagliato. «Io sono sicuro che questi due magistrati non possano partecipare al concorso per il posto di procuratore di Bolzano dice il deputato . In base alla legge infatti possono concorrere per quella carica solo i giudici che hanno fatto il concorso locale, che ha regole diverse da quello nazionale. Il concorso altoatesino è riservato a coloro che hanno il patentino A di bilinguismo. Quelli che vincono il concorso locale devono stare almeno 10 anni in Alto Adige, particolare aggiunto proprio per evitare che i giudici aggirassero in questo modo il concorso nazionale. Lo presentai io nel 2005 l'emendamento alla legge sull'ordinamento giudiziario. Comunque non è il primo caso che accadono cose di questo genere. Abbiamo dovuto anche impugnare alcuni concorsi L'onorevole: «Nel 2005 presentai io stesso l'emendamento che regola il sistema altoatesino» perché il Csm si era dimenticato di questa norma». Sulla stessa lunghezza d'onda il giudice Edoardo Mori: «La legge è chiarissima. Chi non ha fatto il concorso locale non può venire in provincia di Bolzano. I due non altoatesini si sono iscritti perché non sanno che non possono partecipare a questo concorso dice . Un po' è anche colpa del Csm che spesso fa il bando in modo equivoco, senza specificare che servono determinati requisiti. Non credo però che questa cosa allungherà i tempi del concorso. Una volta respinta la domanda di quei due la commissione esaminerà le altre e credo che all'inizio dell'autunno avremo la nomina». Questo sistema è una tutela linguistica ma si presta ad accuse di giustizia fatta in casa. «Da noi c'è una sorta di pressione parentale che da altre parti manca ammette Mori . Anche a me è capitato spesso di sapere delle cose al bar prima che mi arrivassero sul tavolo, ma si tratta di qualcosa che ha a che fare con le conoscenze, appunto. Non dimentichiamo che nel resto d'Italia ci sono stati episodi di condizionamento politico molto più forti che non a Bolzano ». Damiano Vezzosi \\

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Procuratore, in corsa nove magistrati (sezione: Giustizia)

( da "Corriere Alto Adige" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere dell'Alto Adige sezione: BOLZANOEPROV data: 12/05/2009 - pag: 5 Giustizia Sette i candidati altoatesini. A sorpresa spuntano due domande anche da Grosseto e dalla Sicilia Procuratore, in corsa nove magistrati Consiglio superiore della magistratura: la decisione entro fine luglio Si cerca il successore di Cuno Tarfusser Se ne discuterà nella quinta commissione e poi al plenum BOLZANO Nove magistrati si contendono la poltrona di procuratore capo di Bolzano. Il Consiglio superiore della magistratura (Csm) dovrà decidere tra sette altoatesini e due magistrati di fuori provincia. A presentare domanda sono stati: l'attuale procuratore aggiunto Paul Ranzi, i sostituti procuratori Guido Rispoli, Donatella Marchesini e Markus Mayr, così come il giudice del tribunale altoatesino Claudio Gottardi. Ma anche il sostituto procuratore presso la Procura generale di Bolzano Alois Klammer ed il giudice della Corte d'appello altoatesina Manfred Klammer ambiscono al posto che fino a due mesi fa era di Cuno Tarfusser (nella foto, ndr). Ai sette candidati altoatesini se ne sono aggiunti altri due: un sostituto procuratore di Grosseto e un giudice siciliano hanno partecipato al bando, presentando la propria candidatura al Consiglio superiore della magistratura. Questi ultimi, però, dovranno dimostrare di avere in mano il patentino A di bilinguismo. «Elemento», quest'ultimo, che renderà la loro elezione poco probabile, dato che la norma non accetta corsi o attestati diversi dall'esame altoatesino. Ma, pare, che nessuno dei due sia mai stato operativo in provincia di Bolzano. Sono dunque i sette candidati altoatesini ad avere i fari puntati addosso. Voci di corridoio confermano che sia il procuratore aggiunto sia i tre sostituti procuratori hanno presentato richiesta presso il Csm anche per quanto riguarda la carica di avvocato generale. Carica che secondo indiscrezioni potrebbe andare a Paul Ranzi, che non sarebbe dispiaciuto a dover cambiare edificio. Restano dunque la carica di procuratore capo e quella di procuratore aggiunto. I favoriti in gara sono sicuramente il pm Guido Rispoli, beniamino dell'ex procuratore capo Cuno Tarfusser. Quest'ultimo, infatti, dopo essere stato eletto giudice alla Corte penale internazionale del-- l'Aja, aveva pubblicamente dichiarato che se dipendesse da lui, il suo successore sarebbe sicuramente il giovane magistrato meranese. Alla pari con Rispoli, però, ci sarebbe anche il collega Markus Mayr che nel suo curriculum professionale mostra la stessa anzianità lavorativa. Se poi il Consiglio superiore della magistratura deciderà solo ed esclusivamente prendendo in considerazione l'anzianità lavorativa dei candidati, allora il cerchio si stringerebbe ancora di più: Manfred Klammer, infatti, è il magistrato che da più anni fa parte della giustizia altoatesina. La decisione, comunque, dovrebbe essere presa a fine luglio. Nel corso delle prossime settimane sarà la quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura ad esprimersi sui nove candidati. Due le possibilità: i magistrati decideranno ad unanimità o con maggioranza. Dopodiché la decisione presa all'interno della quinta commissione finirà davanti al plenum del Csm che comunicherà il nome del futuro procuratore capo di Bolzano. Susanna Petrone In attesa A sinistra, il palazzo di giustizia del capoluogo altoatesino. In alto, l'entrata del Consiglio superiore della magistratura. A sinistra l'ex procuratore, Cuno Tarfusser

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SE IL CSM NON DECIDE (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno sezione: 1PAGINA data: 12/05/2009 - pag: 1 IL CASO DELLA PROCURA DI NAPOLI SE IL CSM NON DECIDE di LUIGI LABRUNA Non c'era bisogno della zingara per prevedere che non sarebbero cessati gli scontri tra i magistrati della Procura napoletana dopo l'ambigua anodina delibera adottata dal Csm sulla questione dello stralcio delle posizioni del sottosegretario Bertolaso, del prefetto Pansa e di altri cinque indagati disposto dal procuratore Lepore nell'inchiesta ecoballe. Il Csm ha ascoltato e riascoltato i protagonisti della scabrosa vicenda. Ha letto e riletto i verbali del Consiglio giudiziario che a Napoli ne aveva dibattuto lacerandosi sul provvedimento e sulla presenza di Lepore alla inaugurazione dell'inceneritore di Acerra con accuse reciproche non lievi e forti dissensi sul se divulgare i particolari più delicati delle discussioni, che a giudizio di molti (e del procuratore generale Galgano, in particolare) erano da tener riservati. Ha scrutato i giornali con le interviste di fuoco rilasciate dagli uni contro gli altri non di rado in sostanziale dispregio dei doveri di equilibrio e misura incombenti sui magistrati come e forse più che su qualsiasi pubblico ufficiale. E a maggioranza (10 contro 6 più 4 astenuti) ha dichiarato che quello stralcio fu in realtà una 'revoca implicita', una 'forma indiretta', non motivata, di 'sostanziale esonero' dei sostituti Noviello e Sirleo a cui era affidata l'inchiesta. Ma nel contempo ha deciso di non dovere fare altro ritenendo che nella nostra Procura 'permanga una situazione di affiatamento investigativo e di sinergia operativa tra procuratore, aggiunti e sostituti'. Questo perché lo stesso Lepore era stato il primo a sottoscrivere il documento con cui i sostituti in questione, ritenendosi offesi da quanto Berlusconi aveva dichiarato durante la inaugurazione dell'inceneritore sugli ostacoli giudiziari frapposti alla soluzione del dramma rifiuti in Campania, avevano sollecitato il Csm ad aprire una 'pratica a loro tutela'. E di vicenda 'chiusa', di 'clima sereno tra i pm', di 'ufficio assolutamente compatto', di Procura 'tornata ad essere un ufficio ordinato' avevano, per la verità, parlato il procuratore generale Galgano, lo stesso Lepore, l'aggiunto De Chiara. Quest'ultimo però ha fatto riesplodere le polemiche inviando al Csm una nota 'integrativa' in cui ora inopinatamente ricorda che nella riunione in cui decise lo stralcio delle posizioni degli indagati eccellenti Lepore avrebbe accennato alla necessità di non intralciare l'attività del Governo impegnato a fronteggiare l'emergenza rifiuti. Lepore ha immediatamente smentito, rivelando che l'inchiesta era all'epoca 'incompleta' e che la sua decisione fu vòlta a garantire il diritto alla difesa di indagati che chiedevano legittimamente di compiere nuovi accertamenti. Il presidente dell'Anm, Morello, ha espresso stupore per i contenuti, i tempi, i modi e per la divulgazione della 'nota' (riservata) di De Chiara e chiede al Csm di 'porre la parola fine' alla sconcertante vicenda. Lo faccia seriamente, se ne è capace, l'organo di autogoverno dei magistrati. Se no, davvero 'quel poco che resta del prestigio della magistratura requirente' (parole di Galgano) va a farsi benedire. E con esso la residua fiducia dei cittadini nei giudici, nei pm e nella giustizia.

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Ischia, la Consulta: abbattete (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno sezione: 1PAGINA data: 12/05/2009 - pag: 1 Infondato il ricorso su 140 costruzioni. E la lista completa arriva a seicento Ischia, la Consulta: abbattete Case abusive, si pronuncia la Corte costituzionale Sono abusi, non c'è scappatoia. Una pronuncia della Corte costituzionale mette fine alla polemica sulle 140 costruzioni da abbattere a Ischia (ma la lista stilata dalla Procura ne conta in tutto 600): il ricorso fatto nell'agosto dell'anno scorso dal giudice monocratico Angelo Di Salvo è manifestamente infondato. Non solo: «È ancora una volta palese», scrivono i giudici della Consulta, «il tentativo di mascherare, sotto le vesti dell'incidente di legittimità costituzionale, una questione meramente interpretativa». Ci saranno probabilmente nuove polemiche e proteste dei proprietari, ma non si tornerà indietro. Dovranno essere demolite abitazioni, capannoni, ma anche ristoranti e alberghi costruiti in violazione delle norme sull'edilizia. A PAGINA 3 Beneduce

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La Consulta: via agli abbattimenti a Ischia (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno sezione: INPRIMOPIANO data: 12/05/2009 - pag: 3 La Consulta: via agli abbattimenti a Ischia Abusivismo edilizio: ritenuto infondato il ricorso dell'ex giudice monocratico NAPOLI Sono abusi, non c'è scappatoia. Una pronuncia della Corte costituzionale mette fine alla polemica sulle 140 costruzioni da abbattere a Ischia: il ricorso fatto nell'agosto dello scorso anno dal giudice monocratico Angelo Di Salvo è manifestamente infondato. Non solo: «È ancora una volta palese scrivono i giudici della Consulta il tentativo di mascherare, sotto le vesti dell'incidente di legittimità costituzionale, una questione meramente interpretativa ». Dunque, si abbatte. Le 140 pratiche bloccate saranno ora riassunte a ruolo e il pm Antonio D'Alessio, delegato dall'aggiunto Aldo De Chiara, avvierà le procedure per la demolizione. Ci saranno probabilmente nuove polemiche e proteste da parte dei proprietari, ma non si tornerà indietro. Dovranno essere abbattute abitazioni, capannoni, ma anche ristoranti e alberghi costruiti in violazione delle norme sull'edilizia. Il caso scoppiò lo scorso agosto. Secondo il giudice Di Salvo (che nel frattempo è stato trasferito ad altra sede), il comma 26 dell'articolo 3 dell'ultimo condono edilizio, quello varato dal governo Berlusconi nel 2003, poteva essere in contrasto con il principio di uguaglianza costituzionalmente garantito. Il comma escludeva che il condono fosse applicabile alle nuove costruzioni realizzate nelle aree sottoposte a vincolo, tra le quali appunto rientra Ischia. «La medesima tipologia di illecito urbanistico scriveva il giudice alla Consulta riceverebbe un diverso trattamento giudiziario a seconda della natura vincolata o meno dell'area oggetto dell'intervento, generando radicali incertezze in ordine agli effetti dell'oblazione corrisposta per la sanatoria». Le valutazioni del giudice, che faceva riferimento anche ad alcune sentenze della Cassazione, sono state ritenute manifestamente infondate dalla Consulta, che peraltro esprime giudizi duri sul ricorso: «Il Tribunale non articola autonome doglianze di illegittimità costituzionale... ma si limita a censurare i passaggi logici seguiti dalla Corte di Cassazione, spendendo argomenti ermeneutici che dovrebbero convincere della bontà di un'interpretazione differente della disposizione normativa. È preliminare osservare che la questione configura un improprio tentativo di ottenere da questa Corte l'avallo della diversa interpretazione della norma suggerita dal rimettente (cioè da Di Salvo, ndr) così rendendo chiaro un uso distorto dell'incidente di costituzionalità». Gli immobili abusivi per i quali sono state emesse sentenze di demolizione passate in giudicato sono in tutto seicento, distribuiti sui sei Comuni dell'isola. Un primo abbattimento c'è già stato lo scorso marzo: una sopraelevazione risalente al 1998 per la quale i proprietari hanno chiesto e ottenuto di provvedere da soli a ripristinare lo stato dei luoghi. Per altri le ruspe dovrebbero intervenire presto. Ma gli abusi più significativi e più noti sono proprio i 140 per i quali è arrivato ora il via libera dalla Corte Costituzionale. Se è vero che in molti casi si tratta di prime case, è anche vero che il giro di affari che sta dietro al cemento abusivo è elevatissimo. Per questo, nelle scorse settimane, suscitò sconcerto l'intervento del vescovo di Ischia, Filippo Strofaldi, che si mise dalla parte di chi aveva costruito illegalmente. «Alziamo la nostra voce accorata scrisse il presule in una lettera pastorale sollecitati da qualche famiglia e da movimenti partitici perché la demolizione di case abusive (si tratta spesso di prime case) venga sospesa e si soprassieda in attesa anche del piano case proposto dal Governo». Per le lentezze e le titubanze nell'esecuzione delle sentenze di abbattimento, i sei sindaci dell'isola (Giuseppe Ferrandino, Paolo Buono, Francesco Regine, Cesare Mattera, Restituta Irace, Vincenzo D'Ambrosio) sono indagati con l'accusa di abuso di ufficio. Omissioni sarebbero ravvisabili, in particolare, nella mancata emissione di provvedimenti sanzionatori a carico dei cementificatori e nella mancata attivazione per richiedere alla Cassa Depositi e Prestiti un mutuo per ottenere i fondi necessari a finanziare le imprese che avrebbero dovuto procedere agli abbattimenti. Titti Beneduce

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Rifiuti, faccia a faccia tra Lepore e il suo vice (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno sezione: INPRIMOPIANO data: 12/05/2009 - pag: 5 Rifiuti, faccia a faccia tra Lepore e il suo vice De Chiara: sono dispiaciuto per la situazione La lettera fu inviata al Csm alla vigilia del plenum NAPOLI Se non è gelo, il barometro segna comunque freddo andante. Finisce così, dopo lo scontro a mezzo lettera, il tanto atteso faccia a faccia tra Aldo De Chiara - procuratore aggiunto che aveva scritto al Csm per sottolineare che tra le ragioni addotte dal procuratore per stralciare dall'inchiesta rifiuti la posizione del capo della Protezione civile e del prefetto di Napoli vi erano anche preoccupazioni per i rapporti con il governo impegnato nell'affrontare l'emergenza rifiuti - e Giovandomenico Lepore, capo dei pm che a quella «segnalazione » aveva risposto con un'altra lettera, questa volta per dire che le sue preoccupazioni erano i «rischi» di un'iniziativa all'epoca «incompleta e poco ponderata». Cioè azzardata. Il procuratore di Napoli e il suo vice si incontrano, per la prima volta dopo il durissimo scontro del fine settimana, nel corso della riunione tra gli aggiunti. Aldo De Chiara entra con in mano la lettera inviata al Csm, la fa leggere al procuratore, e gli spiega: «Quando ho parlato dei rapporti tra Governo e magistratura ho fatto riferimento all'emergenza rifiuti, a null'altro. Sono dispiaciuto da questa situazione». Perché integrare l'audizione già svolta davanti allo stesso Csm? «Uno scrupolo di coscienza, dovevo chiarire una dichiarazione che avevo reso». Lepore ascolta in (quasi) silenzio, poi ribadisce ciò che ha scritto nella sua, di lettera. Punto. La riunione prosegue con argomenti d'ufficio. E, se è ovvio che non ci sarà alcuna conseguenza pratica, è altrettanto ovvio che l'atteggiamento del procuratore nei confronti del suo vice venga definito dal «gelido» al «molto freddo». Aldo De Chiara, ancora ieri, gli ha spiegato di «non avere alcuna idea di come la notizia della lettera possa essere venuta fuori, finita ai giornali». Questa volta, però, non è necessaria alcuna dietrologia per capire come l'iniziativa del procuratore aggiunto sia diventata di dominio pubblico. Semplice, se ne è discusso al Csm. E non in una riunione qualsiasi. No, in una seduta del plenum. Quella, in particolare, al termine della quale - il 5 maggio scorso - fu votata l'approvazione della delibera della settima commissione che, a proposito dello stralcio delle posizioni di Guido Bertolaso e Alessandro Pansa, dava ragione ai pm sostenendo che si trattò di «revoca dell'inchiesta ». La lettera fu inviata a Palazzo dei Marescialli proprio alla vigilia di quel plenum. E il retroscena emerge dal file audio (pubblico) della riunione. Sono passati 57 minuti e 25 secondi dall'inizio dell'assemblea, e - mentre si discute se rimandare la delibera in commissione per ulteriori approfondimenti (la proposta verrà bocciata con 11 voti contro, 9 a favore e 4 astenuti) - il consigliere togato Bernardo Petralia (Movimento per la giustizia) spiega: «Se si volesse discutere la vicenda Napoli alla luce delle dichiarazioni rese in prima commissione, per caso io sono venuto in possesso, e me ne scuso perché è una citazione inedita ma è stata ricevuta ufficialmente in prima commissione, di un ulteriore supplemento di dichiarazioni, contenute in una nota dell'aggiunto De Chiara, estremamente gravi, per cui la vicenda se si dovesse esportare in settima commissione assumerebbe connotazioni politiche - con riguardo allo scontro tra magistratura e politica - non proprie di quella commissione ». Insomma, la lettera è un (altro) buon motivo per votare la delibera e chiudere il caso, contrariamente a quanto voleva lo stesso vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Ma perché? Lo chiarisce, ancora una volta, Bernardo Petralia, quando ormai sono passati 58 minuti e 9 secondi: «Nella nota pervenuta in prima commissione si legge che, ove non sia risultato dalle dichiarazioni da me (di De Chiara, ndr) rese, nella nota riunione del 24 luglio 2008, nel prospettare l'ipotesi di stralcio, il procuratore Lepore vi ha posto a base la preoccupazione per un eventuale deterioramento del rapporto istituzionale tra magistratura partenopea e Governo», in quei giorni impegnato nell'attività di contrasto all'emergenza rifiuti in Campania. Eccola qui l'«integrazione» di Aldo De Chiara. Quella che ha scatenato polemiche perché non fu rivelata in occasione dell'audizione del procuratore aggiunto (28 aprile). E che lascia di stucco, sempre durante quel plenum, un altro consigliere, Francesco Saverio Maria Mannino (Unicost): «Non conosco le ulteriori carte, ma rimango sorpreso, perché ricordo che collega De Chiara dopo aver fatto l'audizione era uscito, poi ha chiesto di essere risentito per puntualizzare altre cose. Evidentemente la pratica è così complessa che c'erano ancora altre cose da puntualizzare, per cui ha ritenuto di dover anche scrivere». Oggi intanto la prima commissione del Csm deciderà se e quando procedere a nuove audizioni sul caso Napoli. Gianluca Abate La missiva del procuratore aggiunto rivelata durante il plenum del 5 maggio Il documento / 2 Il documento / 1 «Lepore preoccupato per il deterioramento del rapporto tra Governo e magistrati partenopei» Contrasto A sinistra: il procuratore aggiunto Aldo De Chiara A destra: il procuratore Giovandomenico Lepore Si sono trovati su due fronti opposti per la vicenda dell'indagine sui rifiuti e dello stralcio che riguarda Pansa e Bertolaso

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L'ispettore di polizia Paolo Morra, accusato di omicidio volontario per aver ucciso con un colpo di ... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il (Civitavecchia)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Martedì 12 Maggio 2009 Chiudi L'ispettore di polizia Paolo Morra, accusato di omicidio volontario per aver ucciso con un colpo di fucile a pompa il venditore ambulante senegalese Diouf Cheick Mory, è stato trasferito presso l'ospedale psichiatrico di Vallo della Lucania, ma sempre in regime di detenzione. La decisione è stata presa dal gip Giovanni Giorgianni, dopo che i legali del poliziotto, gli avvocati Fabio Federico e Maurizio Marino, avevano avanzato una nuova richiesta di scarcerazione o, in subordine, di arresti domiciliari. Istanza che era stata presentata sulla base di una perizia psichiatrica ordinata dallo stesso gip su Morra, per valutarne l'incompatibilità o meno con il regime carcerario. I medici hanno scritto testualmente che Morra ha «un profilo psichico non compatibile con lo stato carcerario, necessitando di adeguate terapie a base di farmaci antidepressivi e stabilizzatori dell'umore, oltre a colloqui psicologici di sostegno». Il giudice ha quindi sì confermato la misura cautelare in carcere, ma, come scrive nell'ordinanza «da espletare provvisoriamente in luogo di cura presso idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero». Provvisorietà che durerà un mese, dopodiché i medici dovranno relazionare sull'evoluzione delle condizioni psicologiche del Morra. Ma la soluzione non è piaciuta per niente agli avvocati dell'ispettore di polizia, che hanno scritto una lettera alla procura ed al tribunale locale, oltre che al Csm e al Ministro della Giustizia Angelino Alfano. I legali sostengono che c'è il rischio di episodi di autolesionismo del proprio assistito, facendo leva proprio sulla perizia dei dottori Pastori e Di Genio, che hanno parlato di «disturbo dell'adattamento acuto». Ste.Pet.

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Il giusto limite della confisca per equivalente (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-05-12 - pag: 31 autore: FISCO E COSTITUZIONE Il giusto limite della confisca per equivalente di Enrico De Mita L a confisca per equivalente, estesa dal legislatore del 2007 anche ai reati tributari, non può essere applicata retroattivamente, avendo tale istituto una connotazione prevalentemente affittiva, sanzionatoria: nei confronti della confisca per equivalente trova quindi applicazione la disciplina delle sanzioni penali, piuttosto che non quella delle misure di sicurezza. Ecco un'interessante ordinanza della Corte (97/2009), che, nel dichiarare infondata una questione di legittimità costituzionale, fissa un importante punto fermo nella delicata materia delle sanzioni penali tributarie (si veda «Il Sole 24 Ore» del 3 aprile). L'improprio utilizzo della legge penale nella lotta all'evasione è stato più volte criticato. La legge penale tributaria dovrebbe essere, in realtà, qualche cosa di più di uno strumento della lotta all'evasione. Dovrebbe essere tutela di un bene collettivo che si può ricondurre alla stabilità e al funzionamento dello Stato. La «rilevante offensività» dell'evasione dolosa non mette la sanzione penale al servizio dell'applicazione delle imposte, ma configura come criminosa solo l'offesa all'ordinamento tributario come bene da tutelare, rappresentato dall'interesse generale alla riscossione delle imposte. Una serie di interventi legislativi degli ultimi tempi, per lo più inseriti nelle leggi finanziarie, hanno accentuato questa concezione della legge penale quale strumento indiretto per l'applicazione delle imposte. Il più aberrante di questi interventi, vale a dire il raddoppio dei termini per l'accertamento nel caso di sospetto di reato (articolo 43 del Dpr 600/1973), non è ancora stato sottoposto al vaglio della Corte: e sarebbe auspicabile un intervento nella soppressione di simile disposizione, i cui profili di illegittimità, non solo costituzionale, sono molteplici. Con la decisione in commento, invece, la Corte ha dato un'interpretazione costituzionalmente orientata in merito all'applicazione dell'ultima, in ordine cronologico, di tali "invenzioni". Il Tribunale di Trento, con ordinanza 12 febbraio 2008,aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 143 della legge Finanziaria per il 2008 (legge 244/2007)che ha novellato l'articolo 322-ter del Codice di procedura penale, nella parte in cui consente la confisca obbligatoria per reati tributari commessi precedentemente all'entrata in vigore della legge stessa. L'istituto della confisca per equivalente, disciplinato, appunto, dall'articolo 322-ter del Codice di procedura, ha lo scopo di ovviare agli inconvenienti a cui si andava incontro nell'applicazione della disciplina generale della confisca contenuta nel Codice penale (articolo 240). Con questo istituto, per una serie di ipotesi, ovviamente indicate in maniera tassativa, si viene a consentire la confisca di beni nella disponibilità del reo, per un valore equivalente al profitto conseguito, indipendentemente dal loro collegamento, diretto o indiretto, con il fatto di reato. Questo sia laddove non sia possibile individuare il bene oggetto del profitto, sia laddove questo non sia presente essendo il vantaggio economico della condotta illecita dato da un risparmio di spese dovute. Con la Finanziaria 2008 il legislatore ha esteso ai reati tributari la confisca (obbligatoria) del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta dovuta. Pertanto, una volta stabilita la somma di denaro che è stata oggetto del mancato pagamento di imposte dovute e verificata l'impossibilità di procedere al sequestro del provento del reato, si potrà procedere al sequestro, prima, e alla confisca, poi, di somme di denaro o beni aventi un valore equivalente a quelli così sottratti all'Erario; il tutto senza la necessità di quella specifica individuazione che, soprattutto in relazione alla natura di risparmio che è propria della condotta evasiva, rendeva, di fatto, impossibile la confisca in questa materia. Nel caso oggetto dell'ordinanza del Tribunale di Trento, il giudice si sarebbe trovato ad applicare la nuova norma a un reato commesso precedentemente all'entrata in vigore. Questa applicazione retroattiva, però, si sarebbe posta, secondo il giudice rimettente, in contrasto con l'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (e quindi con l'articolo 117, comma 1 della Costituzione: questa norma, nella giurisprudenza costituzionale, è stata infatti interpretata nel senso che le norme della Convenzione europea sono attratte nella sfera di competenza della Corte costituzionale). Di qui, dunque, la questione di legittimità. La Corte, con un'ordinanza stringata ed efficace, ha chiarito come la confisca per equivalente ( soprattutto per reati quali quelli tributari) sia «una misura dalla connotazione prevalentemente afflittiva, di natura sanzionatoria»: per essa non può trovare applicazione l'articolo 200 del Codice penale, che, in tema di misure esclusivamente di sicurezza, prevede la regolamentazione da parte della legge in vigore al momentodell'applicazione e quindi anche la retroattività. In altre parole, si legge nell'ordinanza 97/2009, la confisca per equivalente è una sanzione penale, e come tale insuscettibile di applicazione retroattiva, come affermato in un caso simile anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (nonché in base all'articolo 25, comma 2 della Costituzione). Logica conseguenza, l'infondatezza della questione, risolta in via interpretativa. La decisione della Corte, oltre ad aver chiarito un rilevante problema pratico, deve essere anche un monito nei confronti dell'abuso delle sanzioni di derivazione penalistica: queste, isolatamente considerate, possono sembrare ragionevoli, ma è indispensabile che si inseriscano nel quadro logico dell'ordinamento tributario, secondo i principi generali del diritto. BLOCCO TEMPORALE Censurate le ipotesi di applicazione retroattiva per le nuove misure anti-evasione EQUILIBRI NELLE SANZIONI Vanno considerati gli effetti della derivazione penalistica delle disposizioni con maggior deterrenza

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I consumatori : class action per gli interessi omogenei (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-05-12 - pag: 37 autore: Diritto dell'economia. Le proposte delle associazioni I consumatori : class action per gli «interessi omogenei» Giovanni Negri MILANO Associazioni dei consumatori all'offensiva sulla class action. Questa mattina riprende nell'aula del Senato l'esame del disegno di legge collegato alla Finanziaria nel quale è collocata anche l'ultima versione dell'azione collettiva. Ieri, dopo che Adusbef e Federconsumatori avevano prefigurato un possibile ricorso alla Corte costituzionale, Adiconsum, Cittadinanzattiva e Unione consumatori hanno presentato un pacchetto di modifiche al testo. Abbandonata la questione della retroattività (al momento del tutto esclusa), le associazioni hanno individuato 5 punti che andrebbero migliorati. Il primo dei quali è costituito dall'estensione della legittimazione ad agire alle associazioni dei consumatori riconosciute, come era ammesso dalla versione originaria dell'azione collettiva approvata nella Finanziaria 2008. Si tratterebbe, sottolineano i rappresentanti dei consumatori, di una misura che caratterizzerebbe in senso europeo l'azione collettiva italiana,quando invece il modello americano, che ora sembra preferito dal legislatore, scommette più sul singolo in grado di aggregare gli interessi della classe o sull'eventuale mandato che può attribuire a organizzazioni ( associazioni e comitati cui partecipa). La seconda richiesta è particolarmente cruciale perché interessa un aspetto chiave come quello della natura degli interessi che possono essere fatti valere dalla class action. Tocca infatti al tribunale un controllo rigoroso sulla corrispondenza tra interessi e strumento utilizzato per agire in giudizio, pena l'inammissibilità dell'azione, ed è facilmente prevedibile che sarà questo uno dei fronti principali di scontro davanti ai magistrati. Dalle associazioni arriva così la sollecitazione al Parlamento per la sostituzione dell'attuale previsione di un interesse «identico» di classe con uno solo «omogeneo». Una distinzione non solo nominalistica perchè l'identità degli interessi non appare elemento facilissimo da provare. Altre indicazioni sono indirizzate al versante delle procedure per chiedere una semplificazione dell'adesione dei consumatori che eviterebbe anche la paralisi dei tribunali: la norma nella formulazione attuale infatti prevede che ogni consumatore interessato depositi la documentazione in cancelleria. Un deposito che moltiplicato per magari migliaia di posizioni avrebbe l'effetto di bloccare l'operatività di molti uffici giudiziari, anche per effetto dell'accorpamento deciso sulle competenze dei tribunali. Come pure sul piano processuale va collocata la richiesta di eliminazione dell'obbligo di pubblicità dell'azione collettiva, che le associazioni giudicano difficilmente praticabile da parte dei consumatori. Meglio sarebbe introdurre un vincolo di informazione, rafforzando la fase di conciliazione preliminare. Infine, andrebbe cancellata la possibile applicazione da parte dell'autorità giudiziaria che ha deciso per l'inammissibilità della domanda di sanzionare in maniera severa i promotori della class action. Una maniera per scoraggiare le azioni pretestuose, per il Governo che ha proposto l'emendamento votato per ora solo in commissione; una soluzione che, sottolineano le associazioni va a colpire soprattutto i soggetti più deboli e cioè tutti i consumatori. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'ESTENSIONE Per le organizzazioni degli utenti l'attuale versione dell'azione rischia di essere del tutto impraticabile

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Fermenti persiani (sezione: Giustizia)

( da "EUROPA ON-LINE" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Articolo Sei in Esteri 12 maggio 2009 Manca un mese alle presidenziali e, per la prima volta in trent'anni, una delle regole non scritte del sistema politico iraniano, quella che prevede la rielezione "facile" del presidente giunto alla ne del primo mandato, potrebbe essere infranta. A s dare Ahmadinejad ci sono tre pezzi grossi del calibro di Karroubi, Mousavi e Rezai. Fermenti persiani Le registrazioni dei candidati presso il ministero dell'interno sono terminate, i comizi elettorali si fanno sempre più numerosi, la gente comune parla di poco altro. Manca un mese esatto al 12 giugno, data in cui oltre 46 milioni di iraniani saranno chiamati alle urne per eleggere, per la decima volta dalla fine della monarchia nel 1979, il proprio presidente della repubblica. Il sistema elettorale vigente è modellato su quello francese: elezione diretta del capo dello stato, con eventuale ballottaggio qualora il quorum non fosse raggiunto al primo turno. Mai come questa volta la sfida elettorale aveva assunto i contorni di un referendum sull'operato del presidente in carica, quel Mahmoud Ahmadinejad che per gli scorsi quattro anni ha polarizzato le opinioni pubbliche internazionali e domestica. Se la comunità internazionale si è divisa tra chi, come l'Occidente, condanna senza mezzi termini le bordate dell'ex sindaco di Teheran su Israele e Olocausto e chi, come gran parte del Terzo mondo, applaude la sua intramontabile foga "antiimperialista", in Iran la popolazione è invece preoccupata dalle singolari scelte economiche di Ahmadinejad, che hanno causato la rimozione di ben due governatori della Banca centrale iraniana e un'impennata di inflazione oltre il 25 per cento, secondo stime ufficiali e disoccupazione, che sarebbe prossima a raggiungere quota 13 per cento. Secondo consuetudine, le primissime fasi formali dell'appuntamento elettorale iraniano si sono svolte presso gli uffici del ministero dell'interno, dove non meno di 475 cittadini, tra cui una quarantina di donne, hanno presentato la propria candidatura. Ma, come al solito, la lista finale dei candidati ammessi alla consultazione, che sarà resa nota dal consiglio dei guardiani il 20 o 21 maggio, conterrà meno di dieci nominativi, tutte personalità di comprovata lealtà alla repubblica islamica. Oltre all'approvazione sicura di Ahmadinejad, almeno tre suoi contendenti di spicco saranno con tutta probabilità vidimati dalla corte costituzionale clericale iraniana. Si tratta di tre pezzi grossi del calibro di Mehdi Karroubi, ex presidente del parlamento per due legislature, Mir-Hossein Mousavi, primo ministro per otto dei primi dieci turbolenti anni d'esistenza della repubblica islamica, e Mohsen Rezai, comandante in capo storico dei Pasdaran dal 1981 al 1997. Rimane da chiarire se a fare la propria comparsa nella rosa finale dei candidati vi saranno pure candidati di sesso femminile, sinora ripetutamente esclusi dal consiglio dei guardiani. In tal caso, la lista potrebbe includere Rafat Bayat, ex parlamentare appartenente alla destra interna al regime islamico. Le donne sono comunque presenti in maniera più evidente negli appuntamenti elettorali. Per la prima volta in assoluto, una consorte di un candidato di punta la moglie di Mousavi, celebre docente di storia dell'arte, Zahra Rahnavard è infatti presente accanto al marito in ogni appuntamento pubblico, suscitando lo stupore e l'apprezzamento di attiviste femministe e semplici cittadine. Per la prima volta da trent'anni a questa parte, una delle regole non scritte del sistema politico di Teheran, quella che prevede la rielezione "facile" del presidente giunto alla fine del primo mandato, potrebbe essere infranta da uno dei contendenti più credibili allo scranno di Ahmadinejad. Sia Karroubi, soprannominato lo "sceicco delle riforme", siaMousavi candidato fortemente voluto e sostenuto dal tuttora popolare ex presidente Khatami che si auto-definisce un riformista fedele ai principi-guida dell'ayatollah Khomeini sia Rezai, ferreo conservatore che è sceso in campo accusando l'attuale presidente di aver portato il paese «sull'orlo dell'abisso », sono infatti avversari di rango di Ahmadinejad. Separati sul piano ideologico ma uniti dalla comune, ed assai esplicita, avversione al presidente in carica, i tre contendenti dell'ex sindaco di Teheran potrebbero unire le proprie forze per sferrare il colpo vincente al ballottaggio qualora il presidente in carica fallisse di centrare la rielezione al primo turno. Uno scenario che Ahmadinejad intende scongiurare con ogni mezzo. Il presidente ha infatti dato vita ad un nuovo tour giunto oltre quota sessanta visite di tutte le province iraniane. Il focoso capo di governo iraniano ha pure cancellato perentoriamente una serie di visite di stato in America Latina tra cui spiccava quella a Brasilia per potersi dedicare meglio alla campagna elettorale. Nonostante l'infelice gestione macroeconomica, Ahmadinejad rimane assai popolare tra i ceti bassi rurali ed urbani a causa delle continue sovvenzioni a favore del suo elettorato di riferimento medio-basso. Le sue vere possibilità di successo sono comunque collegate alla grande incognita dell'affluenza alle urne. Quattro anni fa, l'allora sindaco di Teheran fece tesoro dei boicottaggi in massa dei principali movimenti politici riformisti per suggellare la propria vittoria elettorale ottenendo non oltre diciassette milioni di consensi, pari ad un terzo degli aventi diritto. Le cose potrebbero andare diversamente questa volta a causa della perentoria entrata in scena di organizzazioni come il Tahkim-e Vahdat, la principale forza riformista del mondo universitario che ha abiurato l'astensione del 2005 schierandosi formalmente a favore di Karroubi. Le elezioni del 12 giugno hanno suscitato il vivo interesse dell'opinione pubblica iraniana, come dimostra la vivacità del dibattito sui siti di aggregazione come Facebook, Twitter e la vivace blogosfera iraniana. I sostenitori di Mousavi hanno inoltre dato vita, tramite il sito mowj.ir, ad una singolare campagna "verde". In maniera simile all'iniziativa delle bandiere per la pace del 2003 in Italia, i giovani membri della "Terza Onda" sperano così di tappezzare i luoghi pubblici iraniani con vessilli, sciarpe e lenzuola inneggianti al colore-simbolo dell'Islam, creando così un'ondata popolare simile a quella che diede vita, nel 1997 e nel 2001, a quella "primavera riformista" di Khatami che vorrebbero non rimanesse consegnata agli annali della storia. Siavush Randjbar Daemi

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Si salva Porto Tolle, s'inquina l'Italia (sezione: Giustizia)

( da "EUROPA ON-LINE" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Articolo Sei in Commenti 12 maggio 2009 Si salva Porto Tolle, s'inquina l'Italia Solo due settimane fa, dalle pagine di questo giornale, avevamo suonato un campanello d'allarme sulle concrete scelte energetiche di governo e maggioranza. Alla camera, in uno dei soliti provvedimenti "monstre" con cui usa governare Berlusconi (decreti e collegati vengono gonfiati all'inverosimile con emendamenti su materie di ogni genere, anche del tutto estranei al titolo originario; poi si chiede la fiducia in barba agli appelli del capo dello stato o del presidente della camera, quello del senato resta invece silente), era stato inserito un comma per cui andando ben oltre i limiti costituzionali si prevedeva esplicitamente che in caso di riconversioni a carbone di centrali termoelettriche si può non tenere conto di legislazioni limitanti regionali o nazionali. Era una norma ad hoc per la riconversione della centrale di Porto Tolle, bloccata in Commissione di valutazione di impatto ambientale perché una legge della regione Veneto, quella istitutiva del Parco regionale del Delta del Po, vieta che una centrale ricadente all'interno del parco possa essere riconvertita ricorrendo a un combustibile più inquinante. Come prevedevamo in quell'articolo, grazie a tale comma la commissione Via del ministero dell'ambiente ha concesso il suo via libera, sebbene alcuni commissari indipendenti, pochi a dire il vero, abbiamo ricordato nell'occasione che il parere tecnico che ci si accingeva a dare non teneva minimamente in conto l'aumento delle emissioni di CO2 che il carbone comporta, né il quasi certo incremento delle concentrazioni di polveri in pianura padana come effetto secondario degli inquinanti emessi dalla centrale (concentrazioni già elevatissime, per le quali l'Italia ha ricevuto un "warning" dall'Unione Europea). Di tutto questo, però il governo se ne frega. Resta solo una speranza per fermare questa nefasta riconversione: che la regione Emilia Romagna o anche un'altra regione italiana accolga l'appello rivolto dalle associazioni ambientaliste Legambiente e Greenpeace e dalla stessa provincia di Ferrara per un ricorso alla corte costituzionale contro una norma palesemente illegittima. Qualche giorno fa sul Corriere della Sera questa storia è stata raccontata come un ennesimo conflitto ambiente-lavoro, di quelli che si consumavano dieci o vent'anni fa con gli "ambientalisti" e gli "operai" su opposte barricate. Lettura davvero un po' stantia. Mentre in tutto il mondo governi, imprese, sindacati spingono sulle nuove tecnologie ambientali, sulla green economy, sulle fonti rinnovabili e sul risparmio energetico, come mezzi per creare posti di lavoro, promuovere uno sviluppo durevole e sostenibile, fronteggiare la recessione, qui da noi c'è ancora chi pensa che costruire una mega- centrale inquinante salvando momentaneamente qualche centinaio di posti di lavoro, sia più vantaggioso, in termini economici e occupazionali, che scommettere sull'energia del futuro. Il governo inglese, che certo non è tacciabile di sindrome nimby o di estremismo ambientalista, ha di recente emanato una norma per cui la costruzione di nuove centrali a carbone o il potenziamento di quelle vecchie è ammesso solo se i nuovi impianti o quelli accresciuti realizzano il sequestro nel sottosuolo dell'anidride carbonica emessa: tecnologia certo promettente su cui si stanno svolgendo sperimentazioni in tutto il mondo (anche in Italia Eni, Enel, Enea sono impegnate su questo fronte) ma che sarà disponibile non prima di qualche anno. Dunque il Regno Unito decide per ora di dare lo stop al carbone, scelta peraltro obbligata se si vogliono ridurre le emissioni di anidride carbonica come richiesto ai paesi industrializzati dal Protocollo di Kyoto e dagli accordi europei. In Italia nel 2008 le emissioni sono diminuite, per effetto della crisi che ha ridotto i consumi e anche grazie agli incentivi alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico introdotti dal governo: ma il nostro paese resta lontanissimo dagli obiettivi di riduzione per i quali ci siamo impegnati. Basti dire che un anno ci eravamo dati come tetto massimo di emissioni 211,4 milioni di tonnellate di CO2 nei settori cosiddetti Ets, cioè essenzialmente nei settori termoelettrico, della raffinazione, manifatturiero. Solo il manifatturiero ha fatto il suo dovere, anche perché in quanto esposto alla concorrenza ha tutto da guadagnare da comportamenti virtuosi sul piano energetico-ambientale che si risolvono in una maggiore efficienza produttiva; invece il termoelettrico ha sforato il suo tetto di oltre 10 milioni di tonnellate, di cui 7,5 milioni di tonnellate dovute proprio al carbone! Insomma non abbiamo rispettato i nostri impegni europei e mondiali principalmente per colpa del carbone. E cosa fa il governo? Autorizza la riconversione a carbone di Porto Tolle e ora al senato, nel famigerato disegno di legge 1195 quello dove c'è anche il rilancio tutto ideologico del nucleare inserisce un comma che estende erga omnes, per tutte le centrali a carbone, la norma "salva Porto Tolle". Il Partito democratico e noi ecologisti democratici ci siamo opposti e ci continueremo ad opporre in parlamento a questa follia, speriamo che il governo prima o poi rinsavisca e che magari le frequentazioni internazionali convincano i nostri ministri a cambiare rapidamente rotta. ROBERTO DELLA SETA FRANCESCO FERRANTE

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Scontro nell'antimafia sulla nomina di un sostituto (sezione: Giustizia)

( da "Corriere della Sera" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 12/05/2009 - pag: 19 Il caso Scontro nell'antimafia sulla nomina di un sostituto CATANIA Duro attacco del sindaco di Gela Rosario Crocetta contro il pm Carlo Caponcello, in corsa per uno dei 6 posti di sostituto della Procura Nazionale Antimafia. «In un momento in cui c'è bisogno di persone determinate nella lotta alla mafia afferma il Csm ritiene di nominare chi in indagini sul controllo mafioso della grande distribuzione e sui collegamenti dell'imprenditore Scuto con i boss palermitani è stato bacchettato dalla procura generale». Caponcello annuncia querela e parla di «farneticazioni». «Si tratta di vicende più volte chiarite, tanto che non ho mai avuto alcun procedimento disciplinare del Csm e l'inchiesta a Messina si è chiusa con l'archiviazione. Sul caso Scuto poi i collegamenti con la mafia palermitana sono emersi 9 anni dopo che ho lasciato l'inchiesta». Solidarietà a Caponcello è stata espressa dall'Anm e dalla Camera penale di Catania. Ma con Crocetta si schiera anche Di Pietro: «La promozione alla Dna di pm che hanno dimostrato di non saper combattere la mafia danno l'impressione di una smobilitazione». Non la pensa così l'ex ministro dell'Interno Enzo Bianco (Pd) che vede un «grave errore di valutazione nei confronti di un magistrato in prima linea nella lotta alla mafia». Mentre Claudio Fava parla di obiettivo sbagliato: «Mi stupisco che qualcuno, sotto elezioni, impugni la penna per fare comunicati dopo aver registrato i loro silenzi, da Crocetta a Di Pietro, quando per anni siamo stati assai pochi a denunciare quel che avveniva nella nomina dei vertici della procura di Catania». Alfio Sciacca

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Pietro Cocco non lascerà il Comune (sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Prov Sulcis Pagina 2021 gonnesa Pietro Cocco non lascerà il Comune Gonnesa --> C'era chi ipotizzava un lungo periodo di reggenza in attesa della pronuncia di incompatibilità, chi invocava l'arrivo del Commissario e chi auspicava dimissioni dei consiglieri: erano tante le opzioni dopo l'elezione del sindaco di Gonnesa Pietro Cocco a consigliere regionale. Ma la bocciatura della legge statutaria da parte della Corte Costituzionale ha spazzato via ogni ipotesi: tra le altre cose infatti, con la pronuncia della Corte cade l'incompatibilità tra sindaco e consigliere regionale. Questo significa che Pietro Cocco potrà portare a termine il mandato da sindaco e quindi l'attuale Giunta ha davanti a sé altri due anni di amministrazione. A meno che non capitino altri intoppi, ma comunque niente a che vedere con l'incompatibilità del sindaco, che non esiste più dopo la pronuncia della Corte e la bocciatura della Statutaria. Dunque tutto il fermento più o meno visibile che si era creato negli ambienti politici gonnesini dopo l'elezione di Cocco al Consiglio Regionale è destinato ad esaurirsi, o comunque ad attenuarsi, visto che le urne si allontanano di due anni. Il sindaco rimarrà al suo posto e ha già annunciato di rinunciare all'indennità da primo cittadino. Restano invece tutte le “novità” che si sono registrate a Gonnesa in Consiglio e in Giunta nell'ultimo periodo: prima il passaggio di Antonello Casu dalla maggioranza all'opposizione, poi il passaggio di Sergio Cicu dalla minoranza alla maggioranza ed infine le dimissioni dell'assessore tecnico al Bilancio Francesco Pittaluga. Dall'opposizione stava arrivando inoltre un ordine del giorno sull'incompatibilità del sindaco. Ma con il naufragio della statutaria ad opera della Corte Costituzionale il problema non si pone e Cocco può conservare la carica da sindaco. (a.pa.)

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Procreazione assistita, questione di legittimità costituzionale, sussistenza, limiti (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Procreazione assistita, questione di legittimità costituzionale, sussistenza, limiti Corte Costituzionale , sentenza 08.05.2009 n° 151 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Procreazione assistita – questione di legittimità costituzionale – sussistenza – limiti [L. 40/2004) La legge sulla procreazione assistita è in parte costituzionalmente illegittima, laddove prevede la produzione di non più di tre embrioni per volta, da impiantare contemporaneamente (perché viola l'articolo 3 della Costituzione sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili) e laddove non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. (Fonte: Altalex Massimario 18/2009) Corte Costituzionale Sentenza 8 maggio 2009, n. 151 LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai Signori: - Francesco AMIRANTE Presidente - Ugo DE SIERVO Giudice - Paolo MADDALENA " - Alfio FINOCCHIARO " - Alfonso QUARANTA " - Franco GALLO " - Luigi MAZZELLA " - Gaetano SILVESTRI " - Sabino CASSESE " - Maria Rita SAULLE " - Giuseppe TESAURO " - Paolo Maria NAPOLITANO " - Giuseppe FRIGO " - Alessandro CRISCUOLO " - Paolo GROSSI " ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 3, e dell’articolo 14, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), promossi dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sentenza del 21 gennaio 2008 e dal Tribunale ordinario di Firenze con ordinanze del 12 luglio e del 26 agosto 2008, rispettivamente iscritte ai nn. 159, 323 e 382 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 22, 44 e 50, prima serie speciale, dell’anno 2008. Visti gli atti di costituzione della Warm (World Association Reproductive Medicine), della Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la vita italiani, del Comitato per la tutela della salute della donna, di C. S. A. ed altro, di C. M. ed altro, nonché gli atti di intervento della Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica ed altre e dell’Associazione Cecos Italia, della S.I.S.Me.R. s.r.l. (Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione s.r.l.), della Associazione Hera Onlus, della Associazione Sos Infertilità Onlus e di C. M. ed altro, della Cittadinanzattiva Toscana Onlus e del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell’udienza pubblica del 31 marzo 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro; uditi gli avvocati Gian Carlo Muccio per la Warm e per la S.I.S.Me.R. s.r.l., Isabella Loiodice e Filippo Vari per il Comitato per la tutela della salute della donna, Antonio Baldassarre e Giovanni Giacobbe per la Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la vita italiani, Gian Domenico Caiazza per C. S. A. ed altro, per l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica ed altre e per la Associazione Cecos Italia, Ileana Alesso, Massimo Clara, Maria Paola Costantini, Marilisa D’Amico e Sebastiano Papandrea per C. M. ed altro e per l’Associazione Hera Onlus, per la Associazione Sos Infertilità Onlus e per Cittadinanzattiva Toscana Onlus. Ritenuto in fatto 1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sentenza 21 gennaio 2008, n. 398 (reg. ord. n. 159 del 2008) – con la quale, su rinvio dal Consiglio di Stato, in accoglimento del sesto motivo del ricorso proposto dalla Warm (World Association Reproductive Medicine), ha annullato le disposizioni delle linee guida, approvate con d.m. 21 luglio 2004 – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2 e 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui prevede, ai fini della applicazione della procedura della procreazione medicalmente assistita, la formazione di un numero limitato di embrioni, fino ad un massimo di tre, da impiantare contestualmente, e vieta la crioconservazione di embrioni al di fuori delle limitate ipotesi ivi previste. Il Collegio rimettente ravvisa la rilevanza della questione di costituzionalità nel giudizio a quo nella circostanza che la ulteriore censura, ad opera della medesima ricorrente, delle predette linee guida – per contrasto con l’art. 32, secondo comma, e con gli artt. 2 e 3 Cost., nella parte in cui non consentono la crioconservazione degli embrioni al fine dell’impianto se non in ipotesi del tutto eccezionali e ne prevedono la formazione in un numero limitato fino ad un massimo di tre, da impiantare contestualmente – pur proposta avverso un atto a contenuto generale di fonte secondaria, tocca, in realtà, l’art. 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 del 2004, di cui le citate norme regolamentari costituiscono letterale e pedissequa espressione, con la conseguenza che la contestazione delle disposizioni delle linee guida non potrebbe che passare attraverso una questione di legittimità costituzionale della norma di legge che ne costituisce il fondamento. Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il Collegio rimettente – premesso che la finalità cui è ispirata l’intera legge n. 40 del 2004, secondo quanto si desume, in particolare, dall’art. 1, è quella di assicurare i diritti di tutti i soggetti coinvolti nella procedura di procreazione assistita, compreso il concepito, e che, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lettera a), nel fare ricorso alle relative tecniche, è necessario ispirarsi al principio della gradualità, per evitare interventi aventi un grado di invasività tecnica e psicologica più gravoso (di quanto necessario) per i destinatari – ritiene che, non fornendo la legge n. 40 una definizione del termine «embrione», con esso si intenda fare riferimento ad un significato il più ampio possibile, vale a dire alla situazione che si determina a partire dalla fecondazione dell’ovulo. Svolte tali considerazioni preliminari, il Collegio rimettente richiama l’art. 14 della legge n. 40 del 2004, intitolato «Limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni», ove, al comma 2, si stabilisce che le tecniche di produzione degli embrioni «non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre» e, al comma 3, si afferma che nel caso in cui «il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile». Rileva il giudice a quo che la preoccupazione manifestata dalle due disposizioni citate sembra essere essenzialmente quella di pervenire ad un unico impianto allo scopo precipuo di evitare la crioconservazione che sarebbe, invece, indispensabile nel caso in cui dovesse essere prodotto un numero di embrioni superiore a quello effettivamente impiantabile, ed in ogni caso superiore a tre: la ragione di tale previsione risiede, probabilmente – avverte il rimettente – nella circostanza che con la tecnica della crioconservazione molti embrioni possono andare perduti. Detta disciplina sembra al rimettente contrastare con l’art. 3 Cost. per violazione del canone di ragionevolezza, ed ancora con il medesimo art. 3 per quanto attiene alla parità di trattamento, oltre che con l’art. 32 Cost. nella misura in cui consente pratiche che non bilancerebbero adeguatamente la tutela della salute della donna con quella dell’embrione. Ed invero, osserva il giudice a quo, ammettere – come ha fatto la legge n. 40 del 2004, all’art. 14, comma 2 – la possibilità di un impianto di più embrioni (fino ad un massimo di tre), nella consapevolezza che alcuni di essi potranno disperdersi, significa accettare che per una concreta aspettativa di gravidanza è necessario procedere ad un impianto superiore all’unità e accettare, altresì, che alcuni di tali embrioni, o anche uno solo, oltre a quello che dà luogo ad una gravidanza, possano andare dispersi. Nelle situazioni appena descritte, la legge consente che la tutela dell’embrione affievolisca per lasciare spazio al fine perseguito, che è quello di consentire il ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita garantita da concrete speranze di successo. Ora, se finalità della legge è quella di individuare un giusto bilanciamento tra la tutela dell’embrione e quella dell’esigenza di procreazione, sarebbe irragionevole la previsione che impone la produzione di embrioni in numero tale da rendere possibile l’effettuazione di un unico impianto e comunque in numero non superiore a tre, così come il sostanziale divieto di crioconservazione, ammessa nella sola ipotesi di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna insorto successivamente alle fecondazione. La legge n. 40 del 2004 non avrebbe dovuto escludere la possibilità di consentire l’accertamento delle molte variabili che accompagnano la vicenda della procreazione assistita, quali ad esempio la salute e l’età della donna interessata e la possibilità che ella produca embrioni non forti, intendendo con ciò non quelli che sono capaci di produrre una «razza migliore» – idea espressamente e giustamente vietata dalla legge n. 40 del 2004 – ma semplicemente quelli che si possono rivelare più idonei a realizzare il risultato della gravidanza e della procreazione. Né rileverebbe, in contrario, la previsione della variabilità da uno a tre degli embrioni impiantabili, sulla scorta del comma 2 dell’art. 14 della legge n. 40 del 2004, in quanto detta previsione tenderebbe ad assicurare concrete possibilità di gravidanza alle persone di medie condizioni fisiche, mentre non fornirebbe la medesima possibilità nei confronti delle donne non giovani o di quelle che non riescono a produrre contestualmente tre embrioni di buona qualità nei sensi prima precisati. E in ciò si rivelerebbe, inoltre, la disparità di trattamento dovuta alla circostanza che situazioni diverse sarebbero sottoposte allo stesso trattamento predeterminato per legge. La predeterminazione del numero degli embrioni producibili e successivamente impiantabili, imposta dalla norma in modo aprioristico e a prescindere da ogni concreta valutazione del medico curante sulla persona che intende sottoporsi al procedimento di procreazione medicalmente assistita, non sarebbe in linea con quel bilanciamento di interessi che la legge n. 40 del 2004 sembrerebbe voler perseguire. Il Collegio rimettente lamenta, altresì, il vulnus al diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Infatti, la limitazione del numero degli embrioni producibili e contestualmente impiantabili e il divieto della crioconservazione degli stessi – se non nella circoscritta ipotesi prima descritta – comporterebbero che nell’ipotesi, tutt’altro che improbabile, di un tentativo non andato a buon fine, sia necessario assoggettare la donna ad un successivo trattamento ovarico, ossia ad una pratica medica che comporta in sé il rischio della sindrome da iperstimolazione ovarica e che trova nella legge, e non in esigenze di carattere medico, il suo fondamento. Pratica che, a prescindere da ogni valutazione delle conseguenze sul piano fisico e psicologico della paziente ad essa sottoposta, sarebbe in contrasto con gli stessi principi ispiratori della legge in esame, ed in particolare con quello della «minore invasività», espressamente enunciato nell’art. 4, comma 2, lettera a). 1.1. – Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituita la Warm, parte del giudizio a quo, che ha concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale sollecitata dal Collegio rimettente, sviluppando argomentazioni adesive a quelle di cui all’atto introduttivo del giudizio di costituzionalità. In particolare, con riferimento al ritenuto contrasto delle norme impugnate con l’art. 32 Cost., si rileva nell’atto di costituzione che il limite, imposto dalla legge n. 40 del 2004, di tre ovociti inseminabili si pone in contrasto con la tutela della salute della donna, riducendo irragionevolmente le possibilità di successo del trattamento di procreazione medicalmente assistita, impedendo al biologo di selezionare, tra quelli formatisi, gli embrioni più idonei a svilupparsi in un feto e di crioconservare quelli in eccesso per un futuro trasferimento, e costringendo la donna a sottoporsi a nuovi interventi di stimolazione ovarica e di prelievo chirurgico degli ovociti. D’altra parte, si evidenzia nella memoria di costituzione il rischio opposto, quello, cioè, di successo del processo di fecondazione, con possibile insorgenza di una gravidanza plurigemellare, che, a sua volta, comporta rischi per la salute della donna e del concepito. Per altro verso, la Warm sottolinea che la normativa in questione elimina la discrezionalità della valutazione del medico – unico ad essere in grado di individuare il miglior bilanciamento tra rischi e benefici per la donna e per l’embrione, nel momento in cui si trovi ad applicare il trattamento sanitario di fecondazione assistita – in violazione dell’art. 3 Cost., per la discriminazione che si opererebbe tra le donne in buona salute, per le quali maggiore è la facilità di attecchimento degli embrioni, e quelle che non lo sono per età o condizioni fisiche. Infine, la Warm ravvisa nelle disposizioni censurate un vizio di irragionevolezza interna, sotto il profilo della incoerenza teleologica, per essere i mezzi predisposti incongrui rispetto alla ratio legis, per il fatto che dette disposizioni, nel consentire la formazione, ed il contestuale unico impianto, per il divieto di crioconservazione, del numero massimo di tre embrioni, ammettono, ed anzi auspicano, che solo uno di essi attecchisca, con conseguente dispersione degli altri, derogando, in tal modo, all’obbligo di tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nella procedura. La irragionevolezza emergerebbe, altresì, nella comparazione con la disciplina della interruzione volontaria della gravidanza, poiché la tutela dell’embrione, cui si ispira il divieto di crioconservazione e di soppressione di cui all’art. 14 della legge n. 40 del 2004, scomparirebbe una volta effettuata con successo la inseminazione, essendo consentito l’aborto, almeno fino al novantesimo giorno di gravidanza. Infine, sarebbe irrazionale la previsione del numero massimo di tre embrioni impiantabili, in quanto privo di alcun supporto medico-scientifico. L’associazione costituita richiede, altresì, la dichiarazione di illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 14 della legge n. 40 del 2004, che prescrive il divieto di soppressione e crioconservazione degli embrioni, la cui sopravvivenza, in presenza dell’accoglimento della questione di legittimità costituzionale dei commi 2 e 3 dello stesso articolo, determinerebbe una estensione dei divieti, senza ammettere alcuna possibilità di deroga. 1.2. – Nel giudizio innanzi alla Corte si sono altresì costituite la Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la vita italiani ed il Comitato per la tutela della salute della donna – intervenuti ad opponendum nel giudizio principale – concludendo entrambi per la inammissibilità o la infondatezza della questione. La prima ha eccepito la inammissibilità della questione, sotto il profilo del difetto di rilevanza, per non essersi il TAR rimettente pronunciato sulla carenza di interesse diretto della Warm nel giudizio, avendo erroneamente ritenuto che sulla relativa questione si fosse formato il giudicato, come stabilito dal Consiglio di Stato in sede di appello. Il Collegio rimettente avrebbe, inoltre, preso in considerazione alcuni motivi del ricorso della Warm respinti nella precedente sentenza e non riproposti. Nel merito, la Federazione costituita ha rilevato che il limite massimo di tre embrioni è stabilito dalla legge n. 40 del 2004 ai fini della tutela della salute della donna e degli stessi embrioni, avuto riguardo alle difficoltà connesse alle gravidanze multiple. In sostanza, la legge n. 40 attuerebbe un ragionevole bilanciamento tra l’interesse della coppia alla genitorialità e il diritto alla vita del concepito, espressamente affermato dall’art. 1 della legge stessa. Del resto, anche la tutela della salute della donna sarebbe meglio garantita da una stimolazione "soffice" che non da una stimolazione forte, effettuata allo scopo di avere a disposizione un numero abbondante di ovociti. Infine, anche la discrezionalità del medico dovrebbe rispettare le regole derivanti dalla esigenza di tutela dei diritti umani fondamentali. Il Comitato per la tutela della salute della donna ha, a sua volta, eccepito la inammissibilità della questione in quanto sollevata con sentenza anziché con ordinanza, in violazione delle norme sul processo costituzionale. Il TAR rimettente – si rileva nella memoria – da un lato ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, dall’altro ha definito in parte il giudizio con decisione impugnabile innanzi al Consiglio di Stato. Altro profilo di inammissibilità della questione viene adombrato nel mutamento del quadro normativo per effetto dell’intervento delle nuove linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita, di cui al d.m. 11 aprile 2008, che avrebbe determinato la estinzione del giudizio amministrativo e, con esso, travolto il giudizio di costituzionalità. Nel merito, il predetto Comitato ha insistito per la infondatezza della questione, rilevando che l’affievolimento del diritto alla vita dell’embrione non sarebbe materia disponibile da parte del legislatore ordinario, avuto riguardo al fondamento costituzionale di tale diritto, e che, inoltre, la limitazione a tre del numero massimo di embrioni impiantabili corrisponderebbe al numero massimo di embrioni suscettibili, secondo la scienza medica, di dar luogo alla gravidanza. 1.3. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso, a sua volta, per la inammissibilità della questione, in quanto sollevata con sentenza, e, nel merito, per la sua infondatezza. Al riguardo, osserva l’Autorità intervenuta che essa si risolve in una critica alle scelte discrezionali del legislatore, che ha, invece, a suo avviso, effettuato una ragionevole comparazione tra l’interesse della donna al buon esito della procedura di procreazione medicalmente assistita e la tutela dell’embrione. 1.4. – Sono altresì intervenute l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, l’Associazione Cecos Italia e la S.I.S. Me.R. s.r.l., che hanno concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme censurate dal T.A.R., con argomentazioni adesive ai contenuti del provvedimento di rimessione della questione. 1.5. – Hanno, quindi, depositato memorie le parti costituite, Warm e Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la Vita italiani (che ha anche dubitato della sussistenza del requisito della incidentalità della questione sollevata) ed il Comitato per la tutela della salute della donna, insistendo nelle rispettive conclusioni. Quest’ultimo, in particolare, ha fatto presente che, nonostante la rimessione degli atti alla Corte, il giudizio a quo è proseguito, essendosi svolta una camera di consiglio a seguito della istanza di correzione di errore materiale proposta dalla Warm, nel senso di estendere la censura anche al comma 1 dell’art. 14 della legge n. 40 del 2004, ed essendo stata emessa una pronuncia, la sentenza n. 7956 del 2008, con la quale il TAR Lazio ha fornito una interpretazione autentica della precedente decisione con la quale aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale in esame. In subordine, il predetto Comitato ha chiesto alla Corte di restituire gli atti al giudice a quo perché valuti nuovamente la rilevanza della questione alla luce del sopravvenuto decreto del Ministro della salute dell’11 aprile 2008, che ha adottato le nuove linee guida in materia di procreazione assistita; e di valutare la sopravvenuta irrilevanza della questione per effetto dell’abrogazione delle precedenti linee guida. Hanno depositato memoria, altresì, l’Avvocatura generale dello Stato, che ha insistito per la inammissibilità e l’infondatezza della questione, l’Associazione Cecos Italia e l’Associazione Luca Coscioni, oltre alle Associazioni Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e l’Associazione www.unbambino.it, che hanno, invece, concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale. 1.6. – Nell’imminenza della odierna udienza pubblica, la difesa della Warm ha depositato memoria, nella quale vengono analizzati i dati del Registro europeo relativi ai trattamenti effettuati nell’anno 2005, recentemente pubblicati a cura della Società Europea di Procreazione Medicalmente Assistita (ESHRE), che evidenziano il pregiudizio alla salute della donna, ed anche dell’embrione, che comporta l’applicazione della legge n. 40 del 2004, con particolare riferimento al divieto di formare più di tre embrioni ed al contestuale obbligo di trasferirli tutti, senza possibilità di crioconservarli. Ha depositato memoria la Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la vita italiani, che ha ribadito le conclusioni già rassegnate, ponendo in particolare evidenza la mancata censura dell’art. 1 della legge n. 40, che, nel definire il concepito come soggetto titolare di diritti, costituisce la base dell’intero impianto legislativo, e sottolineando che l’obiettivo, costituzionalmente obbligato, di evitare nel massimo grado possibile la distruzione di embrioni umani senza impedire la procedura di procreazione medicalmente assistita, è perseguito dal legislatore con scelte politiche ragionevoli. Nella memoria si pone altresì in rilievo che la stimolazione "dolce", sufficiente per produrre un numero limitato di ovociti, tale da consentire la formazione di un numero massimo di tre embrioni, metterebbe al riparo dai rischi della iperstimolazione per la salute della donna. Quanto all’argomento delle differenze di disciplina tra la legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), e la legge n. 40 del 2004, rileva la Federazione intervenuta la erroneità del paragone tra la situazione della donna la cui salute sia in pericolo a causa di una gravidanza non desiderata e quella della coppia che abbia richiesto l’applicazione della procedura di procreazione medicalmente assistita, tenuto anche conto della esigenza di evitare, nel primo caso, il ricorso all’aborto clandestino. In definitiva, si osserva nella memoria, posto che l’inizio della vita si verifica con la formazione dell’embrione, la procreazione in vitro è fortemente desiderata e la decisione di effettuarla è frutto di una determinazione la cui maturità e fermezza è controllata anche dalle strutture sanitarie attraverso il colloquio preliminare previsto dall’art. 6 della legge in esame. La decisione della coppia che chiede di essere ammessa alla procreazione medicalmente assistita è anche una forma di assunzione di responsabilità verso il nuovo essere umano. Anche il Comitato per la tutela della salute della donna ha depositato una memoria, nella quale ribadisce i rilievi di inammissibilità già svolti, e, nel merito, insiste per la infondatezza della questione sollevata dal TAR del Lazio, evidenziando il bilanciamento dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nella PMA perseguito dalla legge n. 40 del 2004 e sottolineando i dati contenuti nell’ultima Relazione del Ministro della salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge, in cui si osserva che, dopo l’entrata in vigore della legge stessa, che limita il numero di embrioni che può essere creato per ogni ciclo di procreazione artificiale, si è verificato un crollo delle complicanze da iperstimolazione ovarica. Si rileva, nella memoria, che sono la stessa scienza e tecnica a richiedere ormai una limitazione – spesso anche inferiore ai tre embrioni – al fine di garantire il buon esito dell’impianto. Al riguardo, si richiamano le linee guida elaborate dalla Human Fertilisation and Embriology Authority (HFEA), che sovrintende all’applicazione delle tecniche di riproduzione medicalmente assistita nel Regno Unito, secondo le quali è opportuno procedere al trasferimento di non più di due embrioni nella generalità dei casi e di tre embrioni, al massimo, solo nel caso di donne ultraquarantenni. Sulla questione della irrevocabilità del consenso all’impianto di embrioni, premesso che l’impianto è incoercibile e che la violazione dell’obbligo non comporta sanzioni a carico della donna, si rileva nella memoria che l’unica ragione che può indurre la donna, dopo aver deciso di sottoporsi alla tecnica di PMA, a modificare il proprio intendimento è la volontà di ricorrere alla procreazione assistita per selezionare gli embrioni migliori, scartando gli altri. In sostanza, con la sottoposizione della questione alla Corte costituzionale, si chiederebbe la introduzione di una soluzione eugenetica, la quale, tra l’altro, determinerebbe una completa deregulation nel settore della procreazione artificiale. 2. – Il Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza emessa il 12 luglio 2008 (r.o. n. 323 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, della legge n. 40 del 2004, per contrasto con gli artt. 3 e 32, primo e secondo comma, Cost., nella parte in cui impongono il divieto di crioconservazione degli embrioni soprannumerari, la necessarietà della creazione di un numero massimo di tre embrioni nonché dell’unico e contemporaneo impianto degli stessi; e dell’art. 6, comma 3, ultima parte, della stessa legge per contrasto con l’art. 32, secondo comma, Cost., laddove prevede la irrevocabilità del consenso da parte della donna all’impianto in utero degli embrioni creati. Si premette nell’ordinanza che C.S.A. e P.G., dopo avere ottenuto, in via d’urgenza, l’autorizzazione dallo stesso Tribunale a procedere alla diagnosi genetica preimpianto con crioconservazione dei residui embrioni risultati affetti dalla patologia della esostosi, da cui la donna era affetta, avevano acquisito relazioni mediche dalle quali si evidenziava che la previsione delle modalità predeterminate di esecuzione della PMA di cui all’art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004 erano irragionevoli ed inique nel caso concreto, in relazione alla salute della ricorrente e alla possibilità di creazione di embrioni malati pari a cinquanta per cento sicché, nella specie, il numero di embrioni necessari ad assicurare una adeguata percentuale di successo era pari a sei. A seguito del rifiuto delle responsabili del Centro cui la coppia si era rivolta, motivato dal contrasto della richiesta con l’art. 14 della citata legge, i due si erano rivolti al giudice della cautela, chiedendo, tra l’altro, che questi autorizzasse il Centro a produrre un numero di embrioni adeguato a scontare il «rischio genetico» e «diagnostico» del caso concreto, non inferiore a sei unità, eccependo anche la illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, della legge n. 40 del 2004. Il Tribunale adìto, premessa l’ammissibilità della proposizione della questione di legittimità costituzionale in sede cautelare, ha rilevato che l’assetto voluto dalla legge, con riguardo all’obbligo della creazione di un numero massimo di tre embrioni da impiantarsi con unico contemporaneo impianto ed il conseguente divieto di crioconservazione degli embrioni (c.d. embrioni sovrannumerari), crea grave nocumento alla salute della donna e, nello stesso tempo, non garantisce il fine che la legge medesima si propone come programmatico («favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana...»: art. 1, legge n. 40 del 2004), fornendo soluzioni contraddittorie e non ottimali. Infatti – osserva il giudice a quo – la legge impone, in caso di insuccesso, la necessità di procedere a plurime stimolazioni ovariche, in quanto prevede la esaustività di ciascun ciclo di produzione ed impianto, non consentendo la crioconservazione degli embrioni per successivi impianti, e comportando seri problemi per la salute della donna che si deve sottoporre a trattamenti ormonali plurimi, con conseguenze mediche accertate. Di qui la lesione dell’art. 32, primo comma, Cost., sotto il profilo del diritto della salute della donna, pur nel bilanciamento con quella dell’embrione richiesto dall’art. 1 della legge n. 40 del 2004, atteso che, al di là della definizione giuridica del concetto di concepito, deve ritenersi, ad avviso del giudice a quo, la prevalenza del diritto alla salute dell’essere persona rispetto a ciò che ancora persona non è. Si ritiene altresì leso il principio di ragionevolezza, estrinsecazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., in quanto si trattano in unico modo posizioni soggettive del tutto dissimili e che necessiterebbero di un approccio di cura diverso. Ridurre la fecondazione assistita ad un modello unico, valido per tutte le situazioni concrete che si presentano alla attenzione dei medici, equivarrebbe ad obliterare completamente quelle che sono le acquisizioni scientifiche, le quali indicano come i plurimi fattori che afferiscono alla coppia genitoriale incidono sulla scelta del trattamento da attuare, che quindi deve essere lasciato (come, d’altra parte, tutti i trattamenti medici, salvo sempre il consenso informato) alla discrezionalità del medico, che è il depositario del sapere tecnico del caso concreto. La tecnica prescelta – rileva il rimettente – è irragionevole per la imposizione di una sola possibilità di impianto con un numero massimo di tre embrioni, in assenza di ogni valutazione dei vari fattori che accedono al singolo caso concreto e che ne condizionano l’esito (età, malattie, tipo di sterilità etc.) e comporta un pericolo ulteriore per la salute della donna e del feto conseguente all’aumento dei parti bi o plurigemellari. Il rimettente deduce, altresì, la violazione dell’art. 32, secondo comma, Cost., che vieta i trattamenti sanitari obbligatori se non imposti per legge nel rispetto della dignità della persona umana. La predeterminazione di un protocollo sanitario unico, non configurato sulle necessità di cura della singola persona e sull’adesione allo stesso, comporterebbe la sottoposizione della persona a trattamento sanitario non voluto e non volto alla tutela della salute sua propria o della collettività. L’unica eccezione alla obbligatorietà dell’impianto che la legge n. 40 contempla è posta dall’art. 14, comma 2, cit., laddove si sospende il trasferimento nell’utero in caso di malattia della madre, non prevedibile al tempo della fecondazione e per il solo periodo necessario al superamento di tale stato di malattia. Ciò comporta anche, secondo il giudice a quo, un vulnus all’art. 32, secondo comma, Cost., ad opera della norma dettata dall’art. 6 della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui sancisce la irrevocabilità del consenso ad accedere alle tecniche di fecondazione assistita dal momento della fecondazione dell’ovulo, con riferimento alla posizione della donna cui deve essere praticato l’impianto. 2.1. – Nel giudizio innanzi alla Corte si sono costituiti C.S.A. e P.G., parti private nel giudizio cautelare, concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme censurate. 2.2. – Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto la inammissibilità della questione in quanto sollevata nel corso di un procedimento cautelare, e, nel merito, ha concluso per la infondatezza, trattandosi di materia riservata alla discrezionalità legislativa. 2.3. – E’altresì intervenuta l’Associazione Sos Infertilità Onlus, assumendo di avere diritto di far valere le proprie ragioni dinanzi alla Corte in quanto la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale si rifletterebbe direttamente sull’attività stessa dell’associazione che, come da statuto, ha per scopo quello della cura e dell’assistenza alle coppie infertili, e sostenendo la illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, per violazione degli artt. 3, 31 e 32 Cost. 2.4. – Analoghe considerazioni sono svolte da M.C. e G.R., intervenuti sulla base del convincimento di avere diritto di far valere le proprie ragioni nel giudizio, in quanto la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale si rifletterebbe direttamente sulla loro condizione e sul processo dagli stessi instaurato innanzi al Tribunale ordinario di Firenze, con provvedimento di urgenza in ordine al quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale (ord. n. 382 del 2008); nonché dall’Associazione Hera Onlus, avente, fra i propri scopi statutari, il sostegno e la tutela delle coppie infertili. 2.5. – Infine, sono intervenute, fuori termine, l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, oltre alle Associazioni Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e l’Associazione www.unbambino.it, che hanno concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale. 2.6. – Nella imminenza della udienza, ha depositato memoria la difesa di C.S.A. e P.G., insistendo nelle conclusioni rassegnate. Si sottolinea, in particolare, nella memoria, per un verso, che il bilanciamento tra interesse alla tutela della salute della donna e quello alla tutela dell’embrione viene operato, nella legge n. 40 del 2004, in termini di contraddittorietà rispetto all’assetto dei valori della Costituzione come interpretati dalla giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza n. 27 del 1975; per l’altro, che tra gli obiettivi perseguiti dalla legge in esame e le soluzioni predisposte allo scopo esiste una contraddittorietà che rischia di compromettere il risultato finale della soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o infertilità. Infatti, la opzione in favore di un modello terapeutico unico ed inderogabile, normativamente definito in modo tassativo, e non configurato sulle necessità di cura della singola persona, determina – si rileva nella memoria – una totale insensibilità alle esigenze poste dalla situazione concreta, con conseguente inidoneità al raggiungimento dei fini che la legge stessa si propone, ivi compresa la tutela dell’embrione. L’operatore sanitario, costretto ad adottare un protocollo uniforme a prescindere dalle caratteristiche della fattispecie concreta, viene esautorato di qualsiasi autonomia tecnica per la predisposizione della soluzione terapeutica adeguata alla situazione patologica cui è chiamato a dare risposta, in contrasto anche con principi e norme cogenti per il professionista nonché con le buone pratiche mediche, e, quindi, con il codice di deontologia medica. Nella memoria si sottolinea, poi, che, sulla idoneità di scelte generali e di principio, tassativamente predeterminate dal legislatore, a regolare vicende attinenti a status e diritti fondamentali inerenti alla sfera personale dell’individuo, la giurisprudenza costituzionale si è ripetutamente pronunciata, evidenziando la irragionevolezza di soluzioni che prescindano dalla considerazione delle specificità del caso concreto. Al riguardo, si richiama la giurisprudenza in tema di adozione, con riguardo alla deroga al limite di età tra adottante e adottato. Ulteriore elemento di irragionevolezza della normativa censurata si ritiene possibile individuare nel mutato contesto normativo (per effetto di alcune decisioni di merito e dell’approvazione delle nuove linee guida emanate in tema di procreazione assistita dal ministro della salute con d.m. 11 aprile 2008), circa l’ammissibilità della diagnosi preimpianto. Tale riconoscimento non avrebbe alcuna utilità pratica se la coppia fosse comunque vincolata all’obbligo di un unico e contemporaneo impianto di non più di tre embrioni e al divieto di crioconservazione. Infine, nella memoria si individuano le ragioni della necessità di sottoporre a vaglio di legittimità costituzionale – come il rimettente ha fatto – anche l’art. 6, comma 3, della legge n. 40 del 2004, nella parte relativa alla irrevocabilità del consenso all’impianto una volta avvenuta la fecondazione, per esigenze di coerenza sistematica rispetto ad un assetto normativo che, con una censura limitata al solo art. 14, commi 1 e 2, potrebbe risultare comunque viziato da una disarmonia interna. Al riguardo, si rileva, in particolare, che, se pure la disposizione di cui si tratta pone un comando privo di specifica sanzione per l’ipotesi di violazione da parte della paziente, tuttavia, nell’ambiguità della legge, si finisce per rimettere all’interprete la eventuale scelta rispetto alla decisione di adottare misure coattive per far rispettare il comando violato. 2.7. – Sono state, infine, depositate memorie nell’interesse delle Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e Associazione www.unbambino.it. 3. – Il Tribunale ordinario di Firenze ha sollevato, con ordinanza del 26 agosto 2008 (r.o. n. 382 del 2008), questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004, limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 Cost.; dell’art. 14, comma 3, della stessa legge, limitatamente alle parole «Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile», «di forza maggiore», «non prevedibile al momento della fecondazione», «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile», per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost.; dell’art. 6, comma 3, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non contiene, in fine, le parole «e, dalla donna, anche successivamente», per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost.; dell’art. 14, comma 4, per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost. La questione è stata sollevata nel procedimento su ricorso ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. di due coniugi infertili ed affetti da malattie genetiche i quali, dopo aver fatto, ripetutamente ed inutilmente, ricorso alle tecniche di fecondazione assistita, avevano richiesto in via di urgenza che venisse emesso l’ordine di eseguire a loro favore la c.d. fecondazione in vitro, previa diagnosi pre-impianto, e che si provvedesse a trasferire nell’utero della signora C. gli embrioni creati in base alle direttive impartite dalla medesima paziente ed applicando le procedure dettate dalla scienza medica per assicurare il miglior successo della tecnica in considerazione dell’età e dello stato di salute della paziente, tenuto anche conto del rischio di gravidanze plurigemellari pericolose, provvedendo altresì a crioconservare per un futuro impianto gli embrioni risultati idonei e che non fosse possibile trasferire immediatamente. Il rimettente, negata la possibilità di una lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui si tratta, per il carattere inequivocabile del dato normativo, ha motivato la rilevanza della questione nel giudizio a quo alla stregua della considerazione che le disposizioni della legge n. 40 del 2004 costituiscono chiaro ostacolo all’accoglimento delle richieste formulate dai ricorrenti. In proposito, rilevato che tali richieste hanno come presupposto la legittimità della c.d. diagnosi preimpianto – secondo il giudice a quo da considerare perfettamente consentita, con efficacia erga omnes, dopo la pronuncia del TAR del Lazio 21 gennaio 2008, n. 398 e dopo la emanazione delle nuove Linee guida di applicazione della legge n. 40 del 2004 – osserva il giudice a quo che questa Corte, con ordinanza n. 369 del 2006, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui faceva divieto di sottoporre l’embrione, prima dell’impianto, a diagnosi per l’accertamento di eventuali patologie, sul presupposto della necessità di verificare la costituzionalità anche di altri articoli della stessa legge (segnatamente della disciplina della «revocabilità del consenso solo fino alla fecondazione dell’ovulo», del «divieto di creazione di embrioni in numero superiore a quello necessario per un unico impianto, obbligatorio quindi per tutti gli embrioni», del «divieto di crioconservazione e di soppressione di embrioni»), non impugnati. Ne deduce il giudice a quo l’inutilità dell’affermazione del diritto dei ricorrenti a procedere a diagnosi preimpianto laddove non svincolati dall’obbligo di unico e contemporaneo impianto di non più di tre embrioni, dal divieto di crioconservazione degli stessi al di fuori della rigida ipotesi di cui all’art. 14, comma 3, della legge, e dall’irrevocabilità del consenso al trattamento di PMA allorquando sia avvenuta la fecondazione dell’ovulo. Vi è, secondo il rimettente, rilevanza delle dedotte questioni anche in ordine al periculum in mora, posto che i tempi di un giudizio ordinario (sicuramente più lunghi di un procedimento cautelare ante causam) costituiscono fattore di per sé idoneo a pregiudicare l’esigenza di tutela. In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene che la normativa di cui al comma 2 dell’art. 14, laddove impone la creazione di non più di tre embrioni ai fini di un loro unico e contemporaneo impianto, sia in contrasto con i precetti costituzionali di cui agli artt. 2, 3 e 32 Cost., in quanto determina la reiterata sottoposizione della donna a trattamenti che, in quanto invasivi e a basso tasso di efficacia, sarebbero lesivi del principio di rispetto della dignità umana, in spregio a quanto previsto dall’art. 2 Cost. La disposizione in esame verrebbe, inoltre, a creare disparità di trattamento fra situazioni che eguali fra loro non sono e richiedono trattamenti differenziati, in violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., oltre a violare il diritto fondamentale alla salute proclamato dall’art. 32 della Cost., determinando il forte rischio di reiterata sottoposizione della donna a trattamenti ad alto tasso di pericolosità per la sua salute fisica e psichica. Il giudice a quo si chiede quale debba essere, una volta ammessa la c.d. diagnosi preimpianto, la sorte del divieto di crioconservazione e soppressione degli embrioni, la cui ragione di esistenza era sicuramente più che coerente con il preesistente divieto, che imponeva la sequenza creazione-trasferimento-impianto dell’embrione, in una situazione di irrevocabilità del consenso dalla donna fornito alla PMA, a tutto vantaggio di una situazione che lo stesso legislatore definisce di «tutela dell’embrione». Secondo il rimettente, peraltro, la assoluta libertà di produzione sovrannumeraria di embrioni determinerebbe, a sua volta, una situazione che, pur se inserita all’interno dei ragionevoli presupposti normativi di cui agli artt. 1, 4 e 5 della legge, rischia di essere pur sempre foriera di problematiche non scevre da implicazioni di natura etica, giuridica, ed anche gestionale ed economica (solo se si pensa, ad es., che le Linee guida, sia nella loro versione originaria sia in quella attuale, prevedono che «gli embrioni che verranno definiti in stato di abbandono saranno crioconservati in maniera centralizzata con oneri a carico dello Stato»): donde la limitazione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge n. 40 del 2004 nel senso sopra indicato. A tali censure si aggiunge quella rivolta all’art. 6, comma 3, della legge n. 40, che, a corollario delle norme precedenti, prevede che la volontà di sottoposizione al trattamento di PMA non possa essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal medesimo comma dopo che sia avvenuta la fecondazione dell’ovulo. I parametri di costituzionalità sono anche in tal caso gli artt. 2, 13 e 32 (quest’ultimo in tutta la sua estensione) Cost., cui si aggiunge l’art. 3 Cost., con la indicazione, quale tertium comparationis, del successivo comma 4, che espressamente attribuisce in ogni tempo al medico responsabile della struttura il potere di decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita per motivi di ordine medico-sanitario, che nel loro ambito non possono non annoverare anche quelli più specificamente inerenti la salute fisica e psichica della donna. L’intervento sull’art. 6, comma 3, della legge n. 40 del 2004 viene richiesto al fine di dare coerenza ad un sistema normativo che, con una censura limitata (per le ragioni sopra esposte) ai soli commi 2 e 3 dell’art. 14, permarrebbe comunque viziato da una sua disarmonia interna (evidenziata dalla Corte costituzionale, nella ordinanza n. 369 del 2006, anche con riferimento alla norma ora in questione). Se il sistema normativo che si chiede scaturisca dalla ottenuta liceità della diagnosi preimpianto e dalla richiesta censura di costituzionalità è improntato sulla superiorità riconosciuta alla tutela della salute della donna (sancita dalla legge n. 194 del 1978 sulla interruzione volontaria della gravidanza e che non può essere vanificata da una normativa come quella in esame), è allora conseguenza necessaria che, per ragioni di coerenza sistematica, sia la sola donna ad essere legittimata alla revoca del consenso al trattamento di PMA. A conferma di quanto sopra, vi sarebbe la chiara disposizione (sia pure non di rango legislativo) contenuta in ciascuna delle versioni delle Linee guida (sezione «Crioconservazione degli embrioni: modalità e termini») a mente della quale «la donna ha sempre il diritto ad ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati». Infine, viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 4, della legge n. 40 del 2004, per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. La disposizione in questione, secondo il rimettente, non è di immediata chiarezza: in particolare, non sarebbe chiaro se essa sia una norma sulla interruzione volontaria della gravidanza (come si evincerebbe dal ricorso al termine «gravidanze» e al richiamo alla legge n. 194 del 1978) – nel senso, cioè, di non impedire una interruzione volontaria della gravidanza riguardo a parte soltanto degli embrioni coinvolti (come rimedio ex post a non desiderate gravidanze gemellari da PMA) – o (come si evincerebbe dall’iniziale inciso «ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita») una specificazione del divieto di crioconservazione o soppressione degli embrioni, di cui al comma 1 dell’art. 14. Correttamente – osserva il giudice a quo – i ricorrenti avevano evidenziato come il divieto abbia una sua giustificazione laddove, adottata la scelta di produrre più di un embrione (due o al massimo tre, secondo l’imposizione di cui si chiede la censura), si decida poi di impiantarne in numero minore, in violazione della regola del loro unico e contemporaneo impianto. Laddove, invece, venga a cadere la regola della produzione di non più di tre embrioni, del loro unico e contemporaneo impianto e del rigido divieto di crioconservazione, non avrebbe più senso nemmeno il divieto di riduzione embrionaria. Una ragion d’essere della norma potrebbe permanere per il tramite del richiamo contenuto alla disciplina sulla interruzione della gravidanza, ma si tratterebbe di un richiamo a questo punto superfluo e ridondante, essendo già sufficiente quello contenuto nel primo comma dell’art. 14 (possibilità di soppressione di embrioni nei casi previsti dalla legge n. 194 del 1978). Si chiede, infine, il rimettente se non si corra il rischio di una deriva eugenetica, in particolare di una «eugenetica negativa», intendendosi tale quella volta a far sì che non nascano persone portatrici di malattie ereditarie e non già a perseguire scopi di «miglioramento» della specie umana. Altro, e non meno importante, dubbio è se davvero coppie al cui interno non vi sia sterilità o infertilità, ma che siano a forte rischio di trasmissibilità di malattie genetiche, non vengano a ricevere, per il fatto di non poter ricorrere a PMA e nell’ambito di essa a diagnosi preimpianto e a selezione embrionaria, un trattamento deteriore rispetto a coppie, sempre a forte rischio di trasmissibilità di malattie genetiche ma al cui interno vi sia sterilità o infertilità, che invece, ove accolte le prospettate questioni di legittimità costituzionale, a tutto quanto sopra potrebbero ricorrere. Al riguardo, peraltro, il giudice a quo rileva come, data prevalenza al diritto alla salute della donna su ogni possibile situazione soggettiva dell’embrione, quello della «eugenetica negativa» finisca con l’essere un falso problema, non risolto, ed anzi aggravato dalla costrizione della donna, già sottoposta a stimolazione ovarica e ad intervento di impianto, a ricorrere poi ad interruzione, volontaria o meno che essa sia, della gravidanza. 3.1. – Nel giudizio innanzi alla Corte, si sono costituiti C.M. e G.R., parti del giudizio di merito. 3.2. – Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità e la infondatezza della questione, alla stregua di argomentazioni analoghe a quelle riferite con riguardo al giudizio introdotto con la ordinanza r.o. n. 323 del 2008. 3.3. – Sono altresì intervenute l’Associazione Hera O.N.L.U.S., l’Associazione Sos Infertilità Onlus, l’Associazione Cittadinanzattiva Toscana Onlus, l’Associazione Cecos Italia, l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, oltre alle Associazioni Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e l’Associazione www.unbambino.it, ciascuna delle quali ha aderito alla richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate. 3.4. – Nella imminenza della data fissata per la udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie nei giudizi introdotti con le ordinanze r.o. n. 323 e 382 del 2008, insistendo nelle conclusioni rassegnate. La difesa erariale ha ribadito, esplicitandola, l’eccezione di inammissibilità delle questioni in quanto sollevate nel corso di procedimenti cautelari, rilevando che il contenuto del provvedimento richiesto finirebbe per produrre effetti immodificabili, con ricadute sulla rilevanza delle questioni medesime. In definitiva, l’Avvocatura generale evidenzia la mancanza di incidentalità delle questioni, in quanto la eventuale pronuncia di accoglimento concretizzerebbe la tutela richiesta innanzi al Tribunale rimettente. Le questioni sarebbero poi inammissibili, in quanto concernenti un settore la cui regolamentazione giuridica richiede una attenta e prudente composizione degli interessi in giuoco attraverso una delicata opera di bilanciamento dei valori, nell’ambito di una valutazione politico-discrezionale di spettanza del legislatore. Nelle memorie si deduce il vizio di fondo dal quale sarebbe affetto il ragionamento del giudice rimettente, consistente in ciò, che la sollevata questione dei commi 2 e 3 dell’art. 14 della legge n. 40, come motivata dallo stesso giudice, non toccherebbe il divieto di carattere generale di crioconservazione e soppressione di embrioni contenuto nel comma 1 dello stesso articolo, con la conseguenza che non avrebbe senso chiedere la eliminazione della eccezione alla regola del divieto contenuto nel comma 3. Una ulteriore ragione di inammissibilità sarebbe da ravvisare nell’intento del rimettente di mettere in discussione l’impianto della intera legge. Ed ancora, le ragioni di eventuale illegittimità costituzionale coinvolgerebbero anche altre norme della legge n. 40. Infine, il rimettente porrebbe una questione meramente interpretativa. Nel merito, le questioni sarebbero infondate. Premesso che il comma 2 dell’art. 14 della legge trasfonde le indicazioni contenute nella Risoluzione sulla fecondazione artificiale approvata dal Parlamento europeo il 16 marzo 1989 e si uniforma alla scelta del legislatore tedesco, l’Avvocatura dello Stato ritiene che le ordinanze di rimessione consistano in una critica alle scelte discrezionali del legislatore, che ha effettuato una comparazione di interessi fra quello della donna al buon esito della procreazione assistita e quello alla tutela dell’embrione. La ragionevolezza del limite numerico contenuto nel comma 2 dell’art. 14 è coerente, secondo l’Autorità intervenuta, con le conclusioni della scienza e della tecnica al fine di garantire il buon esito dell’impianto. La memoria contiene dei dati dell’Istituto superiore della Sanità dai quali risulterebbe che, successivamente alla entrata in vigore della legge n. 40, siano aumentati i centri, le coppie trattate e le gravidanze, e che l’elevato numero di gravidanze trigemine in Italia non sarebbe conseguenza diretta delle previsioni normative, ma da correlare alle modalità di attuazione della procedura in determinati casi. Infine, nelle memorie si esclude l’assimilabilità della prescritta irrevocabilità del consenso all’impianto, disposta dal comma 3 dell’art. 6, ad un trattamento sanitario obbligatorio, che, invece, contempla quelle attività terapeutiche o diagnostiche volte a prevenire o curare malattie nell’interesse del soggetto destinatario, oltre che della salute collettiva. Né l’irrevocabilità del consenso è assistita da una procedura di esecuzione forzata. Sono state depositate memorie nell’interesse di M.C. e G.R., nonché dell’Associazione Hera O.N.L.U.S., dell’Associazione Sos Infertilità Onlus, dell’Associazione Cittadinanza attiva Toscana O.N.L.U.S. e dell’Associazione Luca Coscioni, per la libertà di ricerca scientifica. Considerato in diritto 1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (r.o. n. n. 159 del 2008) dubita, con sentenza, in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2 e 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui il loro disposto prevede, ai fini della applicazione della procedura della procreazione medicalmente assistita, la formazione di un numero limitato di embrioni, fino ad un massimo di tre, da impiantare contestualmente, consentendo, solo per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna, la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile. Il Tribunale ordinario di Firenze (r.o. n. 323 del 2008) sospetta, con riferimento ai medesimi parametri costituzionali, la illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, della stessa legge n. 40 del 2004, nella parte in cui il loro disposto impone il divieto della crioconservazione degli embrioni soprannumerari, la obbligatorietà della creazione di un numero massimo di tre embrioni e dell’unico e contemporaneo impianto di embrioni comunque non superiore a tre, perché la predeterminazione di un protocollo sanitario unico comporterebbe la sottoposizione della donna a trattamento sanitario non voluto e non volto alla tutela della salute propria, né della collettività. Lo stesso Tribunale dubita, altresì, della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, ultima parte, della stessa legge, laddove prevede la irrevocabilità del consenso da parte della donna all’impianto in utero degli embrioni creati, per violazione dell’art. 32, secondo comma, Cost., che vieta i trattamenti sanitari obbligatori, se non imposti per legge e nel rispetto della dignità della persona umana. Il Tribunale ordinario di Firenze (r.o. n. 382 del 2008) censura l’art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004, limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione; l’art. 14, comma 3, della stessa legge, limitatamente alle parole «Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile», «di forza maggiore», «non prevedibile al momento della fecondazione», «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile», per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione; l’art. 14, comma 4, della richiamata legge, per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, in quanto tale norma determinerebbe la reiterata sottoposizione della donna a trattamenti che, in quanto invasivi e a basso tasso di efficacia, sarebbero lesivi del principio di rispetto della dignità umana; creerebbe disparità di trattamento fra situazioni che eguali fra loro non sono e richiedono trattamenti differenziati, in contrasto con il principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., violando il diritto fondamentale alla salute per il forte rischio di reiterata sottoposizione della donna a trattamenti ad alto tasso di pericolosità per la sua salute fisica e psichica. Lo stesso Tribunale denuncia, infine, l’art. 6, comma 3, della stessa legge, nella parte in cui non contiene, in fine, le parole «e, dalla donna, anche successivamente», per contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. 2. – I tre provvedimenti giurisdizionali sollevano questioni largamente coincidenti e ciò rende opportuna la riunione dei giudizi al fine della trattazione congiunta e della decisione con un’unica sentenza. 3. – Deve essere, preliminarmente, confermata l’ordinanza adottata, nel corso dell’odierna udienza pubblica, ed allegata alla presente sentenza, con la quale sono stati dichiarati inammissibili gli interventi dell’Associazione Cecos Italia, delle Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nonché della S.I.S.Me.R. s.r.l. (Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione s.r.l.), nel giudizio introdotto con ordinanza n. 159 del 2008; gli interventi dell’Associazione Sos Infertilità Onlus, dell’Associazione Hera Onlus, nonché di C.M. e G.R., nel giudizio introdotto con ordinanza n. 323 del 2008; gli interventi dell’Associazione Hera Onlus, dell’Associazione Sos Infertilità Onlus, dell’Associazione Cittadinanzattiva Toscana Onlus, dell’Associazione Cecos Italia, nonché delle Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nel giudizio introdotto con ordinanza n. 382 del 2008. Ciò in applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui non sono ammissibili gli interventi, nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, di soggetti che non siano parti nel giudizio a quo, né siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (ex plurimis, sent. n. 96 del 2008, ord. n. 393 del 2008, n. 414 del 2007). 4. – Occorre ora esaminare le eccezioni di inammissibilità prospettate dalle parti in relazione ai vari provvedimenti di remissione. 4.1. – L’eccezione di inammissibilità prospettata dall’Avvocatura generale dello Stato e dal Comitato per la tutela della salute della donna per avere il TAR del Lazio sollevato le questioni con sentenza anziché con ordinanza, in violazione delle norme sul processo costituzionale, non è fondata. Questa Corte ha, infatti, affermato – e il principio deve essere ribadito nella presente sede – che «la circostanza non comporta inammissibilità della questione, posto che, come si desume dalla lettura dell’atto, nel promuovere questione di legittimità costituzionale, il giudice a quo ha disposto la sospensione del procedimento principale e la trasmissione del fascicolo alla cancelleria della Corte costituzionale, sì che a tale atto, anche se autoproclamantesi "sentenza", deve essere riconosciuta natura di "ordinanza", sostanzialmente conforme a quanto previsto dall’art. 23 della legge n. 87 del 1953» (sentenza n. 452 del 1997). 4.2. – Altra eccezione di inammissibilità è prospettata, sempre con riferimento alla questione sollevata dal TAR, dalla Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la vita italiani, sotto il profilo della rilevanza, per non essersi detto giudice pronunciato sulla carenza di interesse diretto della Warm (World Association Reproductive Medicine), ricorrente nel giudizio a quo, avendo erroneamente ritenuto che sulla relativa questione si sarebbe formato il giudicato, come stabilito dal Consiglio di Stato in sede di appello. Neppure tale eccezione merita accoglimento, avendo il TAR non implausibilmente affermato che sulla legittimazione ad agire della Warm non vi era alcuno spazio di riesame, essendosi, sul punto, formato il giudicato, secondo quanto si evincerebbe dalla sentenza di rinvio del Consiglio di Stato. 4.3. – Parimenti non fondata è l’ulteriore eccezione di inammissibilità, sollevata dal Comitato per la tutela della salute della donna, a seguito del mutamento del quadro normativo per effetto dell’intervento delle nuove linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita, di cui al d.m. 11 aprile 2008, che avrebbe determinato la estinzione del giudizio amministrativo e, con esso, avrebbe travolto il giudizio di costituzionalità. E’ infatti sufficiente rilevare l’operatività delle linee guida del 2004 fino al momento della loro sostituzione e, quindi, della pendenza del giudizio amministrativo, senza considerare che nessuna incidenza le sopravvenute linee guida possono esercitare su alcuna delle questioni sollevate. 4.4. – Con la memoria del Comitato per la tutela della salute della donna e della Federazione nazionale dei centri e dei Movimenti per la vita italiani è stata eccepita l’inammissibilità della questione sollevata dal TAR, in quanto priva del requisito della incidentalità, dal momento che l’oggetto del giudizio principale finirebbe per coincidere sostanzialmente con quello del giudizio di costituzionalità. Anche tale eccezione non è fondata. Ai fini dell’ammissibilità di una questione di costituzionalità, sollevata nel corso di un giudizio dinanzi ad un’autorità giurisdizionale, è necessario, fra l’altro, che essa investa una disposizione avente forza di legge di cui il giudice rimettente sia tenuto a fare applicazione, quale passaggio obbligato ai fini della risoluzione della controversia oggetto del processo principale. Nel caso di specie, non è dubbio che l’eventuale accoglimento delle questioni prospettate relativamente ai commi 2 e 3 dell’art. 14 della legge n. 40 del 2004 produrrebbe un concreto effetto nel giudizio a quo, satisfattivo della pretesa dedotta dalle parti private, poiché dovrebbero essere accolte le doglianze mosse contro le norme secondarie censurate (nello stesso senso, sul principio, sentenze nn. 303 e 50 del 2007). 4.5. – Con riguardo alle questioni sollevate con le ordinanze n. 323 e n. 382 del 2008 dal Tribunale ordinario di Firenze, la difesa erariale ne ha eccepito l’inammissibilità in quanto sollevate nel corso di procedimenti cautelari, rilevando, da un lato, che il contenuto del provvedimento richiesto finirebbe per produrre effetti immodificabili, con ricadute sulla rilevanza delle questioni medesime ed evidenziando, dall’altro, la mancanza di incidentalità delle questioni, in quanto la eventuale pronuncia di accoglimento concretizzerebbe la tutela richiesta innanzi al Tribunale rimettente. L’eccezione non è fondata. La giurisprudenza di questa Corte ammette la possibilità che siano sollevate questioni di legittimità costituzionale in sede cautelare, sia quando il giudice non provveda sulla domanda, sia quando conceda la relativa misura, purché tale concessione non si risolva nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il giudice fruisce (sentenza n. 161 del 2008 e ordinanze n. 393 del 2008 e n. 25 del 2006). Nella specie, i procedimenti cautelari sono ancora in corso ed i giudici a quibus non hanno esaurito la propria potestas iudicandi: risulta, quindi, incontestabile la loro legittimazione a sollevare in detta fase le questioni di costituzionalità delle disposizioni di cui sono chiamati a fare applicazione (sentenza n. 161 del 2008). 5. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, della legge n. 40 del 2004 è stata sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32, primo e secondo comma, Cost., dal Tribunale ordinario di Firenze con l’ordinanza del 12 luglio 2008 (r.o. n. 323 del 2008): essa è manifestamente inammissibile per carenza di motivazione sulla rilevanza. 5.1. – L’art. 14, commi 2 e 3, della stessa legge è stato censurato dal TAR del Lazio e dal Tribunale ordinario di Firenze con la ordinanza del 26 agosto 2008, con argomenti sostanzialmente coincidenti, mentre lo stesso Tribunale ordinario di Firenze, con l’ordinanza 12 luglio 2008, ha censurato – oltre al comma 1 – il comma 2 dell’art. 14, e non il comma 3. La questione sollevata dal TAR del Lazio investe l’art. 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 nella parte in cui impone la creazione di un numero di embrioni da impiantare comunque non superiore a tre ed il contestuale impianto degli stessi e vieta la crioconservazione di embrioni al di fuori delle limitate ipotesi ivi previste. Il rimettente sospetta il contrasto delle norme censurate con gli artt. 3 e 32 Cost. Sotto il primo profilo, rileva, anzitutto, una intrinseca irragionevolezza della disciplina, che, da un lato, si dichiara ispirata allo scopo di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o infertilità, e, dall’altro, impone il predetto limite numerico alla produzione di embrioni, prescindendo da ogni concreta valutazione del medico sulla persona che intende sottoporsi al procedimento di procreazione medicalmente assistita, e preoccupandosi solo di evitare il ricorso alla crioconservazione, che può determinare la perdita degli embrioni, rischiando, così, anche l’inutile sacrificio degli embrioni prodotti. La previsione in esame, quindi, non sarebbe in linea con quel bilanciamento di interessi che la legge n. 40 del 2004 sembrerebbe voler perseguire. Per altro verso, tale limitazione determinerebbe, secondo il TAR, una ingiustificata disparità di trattamento in funzione delle diverse condizioni fisiche della donna che ricorre alla procreazione assistita. Infine, il vulnus all’art. 32 Cost. viene ravvisato nell’assoggettamento, che la disciplina censurata determina, ad un successivo trattamento di stimolazione ovarica nella non improbabile ipotesi di esito infelice del primo tentativo di impianto, in contrasto proprio con quel principio della minore invasività che risulta espressamente indicato, nell’art. 4, comma 2, lettera a), della legge, tra i principi cui deve ispirarsi la tecnica in esame. 5.2. – Il Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza del 12 luglio 2008 (r.o. n. 323 del 2008), ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004, per contrasto con gli artt. 3 e 32, primo e secondo comma, Cost., nella parte in cui pone l’obbligo di creazione di un numero massimo di tre embrioni nonché dell’unico e contemporaneo impianto degli stessi. La questione è stata sollevata nel corso dello stesso procedimento in occasione di emissione di ordinanza di autorizzazione alla diagnosi preimpianto, a seguito della quale i ricorrenti avevano acquisito relazioni mediche, che avevano evidenziato la possibilità di creazione di embrioni affetti da patologie pari al cinquanta per cento, sicché, nella specie, il numero di embrioni necessari ad assicurare una adeguata percentuale di successo era pari a sei La lesione dell’art. 32, primo comma, Cost. viene sospettata sotto il profilo del diritto della salute della donna, che dovrebbe, pur nel bilanciamento con quella dell’embrione richiesto dall’art. 1 della legge n. 40 del 2004, ritenersi prevalente sul diritto di chi ancora persona non è: la legge impone, in caso di insuccesso, la necessità di procedere a plurime stimolazioni ovariche, non consentendo la crioconservazione degli embrioni per successivi impianti e comportando seri problemi per la donna che si deve sottoporre a trattamenti ormonali plurimi, con conseguenze mediche accertate. Si ritiene, altresì, leso il principio di ragionevolezza per il trattamento identico di posizioni soggettive del tutto dissimili e che necessiterebbero di un approccio di cura diverso, obliterandosi completamente le acquisizioni scientifiche, le quali indicano come i plurimi fattori che afferiscono alla coppia genitoriale incidono sulla scelta del trattamento da attuare, che quindi deve essere lasciato (come d’altra parte tutti i trattamenti medici salvo sempre il consenso informato) alla discrezionalità del medico, che è il depositario del sapere tecnico del caso concreto. La violazione dell’art. 32, secondo comma, Cost., che vieta i trattamenti sanitari obbligatori, se non imposti per legge nel rispetto della dignità della persona umana, viene ravvisata nella predeterminazione di un protocollo sanitario unico, non configurato sulle necessità di cura della singola persona e di adesione allo stesso e che comporta la sottoposizione della persona a trattamento sanitario non voluto e non finalizzato alla tutela della salute sua propria o della collettività. 5.3. – Il Tribunale ordinario di Firenze, infine, con ordinanza emessa il 26 agosto 2008 (r.o. n. 382 del 2008), sospetta che il comma 2 dell’art. 14, laddove impone la creazione di non più di tre embrioni ai fini di un loro unico e contemporaneo impianto, rechi vulnus all’art. 2 Cost., determinando la reiterata sottoposizione della donna a trattamenti che, in quanto invasivi e a basso tasso di efficacia, sarebbero lesivi del principio di rispetto della dignità umana; che ingeneri disparità di trattamento fra situazioni che eguali fra loro non sono e richiedono trattamenti differenziati, in violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost.; che violi il diritto fondamentale alla salute proclamato dall’art. 32 Cost., determinando il forte rischio di reiterata sottoposizione della donna a trattamenti ad alto tasso di pericolosità. Peraltro, per evitare la assoluta libertà di produzione soprannumeraria di embrioni, che determinerebbe problematiche di natura etico-religiosa, si chiede la declaratoria di illegittimità nei limiti sopra indicati (limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»). 5.4. – Viene, altresì, censurato il comma 3 dell’art. 14, secondo gli stessi parametri di costituzionalità (quanto all’art. 32 Cost., alla luce anche della necessità di evitare che la donna, costretta ad accettare l’impianto di embrioni portatori di gravi patologie, debba dapprima iniziare una gravidanza per poi, volontariamente o meno, interromperla, con grave nocumento per la sua salute fisica e psichica), limitatamente alle parole «Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile», «di forza maggiore», «non prevedibile al momento della fecondazione», «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile». Si intende così evitare la creazione di situazioni paradossali come quelle evidenziate nel ricorso (nell’esempio fatto, una sopravvenuta ed improvvisa sindrome febbrile potrebbe dar luogo a crioconservazione al contrario di una preesistente grave patologia geneticamente trasmissibile). Inoltre, il comma 3 in esame, implicando un trattamento sulla persona senza il consenso di quest’ultima e in assenza di superiori ragioni di interesse generale o di tutela della sicurezza ed incolumità pubbliche contemplate da espressa disposizione normativa, sarebbe altresì in contrasto con gli artt. 13 e 32, secondo comma, Cost. A queste osservazioni si è opposto dalla difesa erariale che il legislatore ha effettuato una ragionevole comparazione tra l’interesse della donna e la tutela dell’embrione, che il limite di tre embrioni tutela la salute della donna e degli embrioni, che la legge n. 40 del 2004 opera un bilanciamento fra l’interesse della coppia e il diritto alla vita del concepito, che la salute della donna è meglio garantita da una stimolazione "soffice", che la limitazione a tre del numero massimo di embrioni impiantabili corrisponderebbe al numero massimo di embrioni suscettibili, secondo la scienza medica, di dar luogo alla gravidanza. 6. – Le sollevate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2 e 3, sono fondate, nei limiti che seguono. 6.1. – Va premesso che la legge in esame rivela – come sottolineato da alcuni dei rimettenti – un limite alla tutela apprestata all’embrione, poiché anche nel caso di limitazione a soli tre del numero di embrioni prodotti, si ammette comunque che alcuni di essi possano non dar luogo a gravidanza, postulando la individuazione del numero massimo di embrioni impiantabili appunto un tale rischio, e consentendo un affievolimento della tutela dell’embrione al fine di assicurare concrete aspettative di gravidanza, in conformità alla finalità proclamata dalla legge. E dunque, la tutela dell’embrione non è comunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione. Ciò posto, deve rilevarsi che il divieto di cui al comma 2 dell’art. 14 determina, con la esclusione di ogni possibilità di creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque superiore a tre, la necessità della moltiplicazione dei cicli di fecondazione (in contrasto anche con il principio, espresso all’art. 4, comma 2, della gradualità e della minore invasività della tecnica di procreazione assistita), poiché non sempre i tre embrioni eventualmente prodotti risultano in grado di dare luogo ad una gravidanza. Le possibilità di successo variano, infatti, in relazione sia alle caratteristiche degli embrioni, sia alle condizioni soggettive delle donne che si sottopongono alla procedura di procreazione medicalmente assistita, sia, infine, all’età delle stesse, il cui progressivo avanzare riduce gradualmente le probabilità di una gravidanza. Il limite legislativo in esame finisce, quindi, per un verso, per favorire – rendendo necessario il ricorso alla reiterazione di detti cicli di stimolazione ovarica, ove il primo impianto non dia luogo ad alcun esito – l’aumento dei rischi di insorgenza di patologie che a tale iperstimolazione sono collegate; per altro verso, determina, in quelle ipotesi in cui maggiori siano le possibilità di attecchimento, un pregiudizio di diverso tipo alla salute della donna e del feto, in presenza di gravidanze plurime, avuto riguardo al divieto di riduzione embrionaria selettiva di tali gravidanze di cui all’art. 14, comma 4, salvo il ricorso all’aborto. Ciò in quanto la previsione legislativa non riconosce al medico la possibilità di una valutazione, sulla base delle più aggiornate e accreditate conoscenze tecnico-scientifiche, del singolo caso sottoposto al trattamento, con conseguente individuazione, di volta in volta, del limite numerico di embrioni da impiantare, ritenuto idoneo ad assicurare un serio tentativo di procreazione assistita, riducendo al minimo ipotizzabile il rischio per la salute della donna e del feto. Al riguardo, va segnalato che la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente posto l’accento sui limiti che alla discrezionalità legislativa pongono le acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione e sulle quali si fonda l’arte medica: sicché, in materia di pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere la autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali (sentenze n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002). La previsione della creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in assenza di ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che di volta in volta si sottopone alla procedura di procreazione medicalmente assistita, si pone, in definitiva, in contrasto con l’art. 3 Cost., riguardato sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili; nonché con l’art. 32 Cost., per il pregiudizio alla salute della donna – ed eventualmente, come si è visto, del feto – ad esso connesso. Deve, pertanto, dichiararsi la illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004 limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre». L’intervento demolitorio mantiene, così, salvo il principio secondo cui le tecniche di produzione non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario, secondo accertamenti demandati, nella fattispecie concreta, al medico, ma esclude la previsione dell’obbligo di un unico e contemporaneo impianto e del numero massimo di embrioni da impiantare, con ciò eliminando sia la irragionevolezza di un trattamento identico di fattispecie diverse, sia la necessità, per la donna, di sottoporsi eventualmente ad altra stimolazione ovarica, con possibile lesione del suo diritto alla salute. Le raggiunte conclusioni, che introducono una deroga al principio generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art. 14, quale logica conseguenza della caducazione, nei limiti indicati, del comma 2 – che determina la necessità del ricorso alla tecnica di congelamento con riguardo agli embrioni prodotti ma non impiantati per scelta medica – comportano, altresì, la declaratoria di incostituzionalità del comma 3, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come previsto in tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. 7. – La questione di costituzionalità dell’art. 14, comma 4, della stessa legge, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost., dal Tribunale ordinario di Firenze con l’ordinanza r.o. n. 382 del 2008, è manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo. 8. – Del pari manifestamente inammissibile, sempre per difetto di rilevanza, è la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, della medesima legge, nella parte in cui non consente, dopo la fecondazione dell’ovulo, la revoca della volontà all’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, di cui entrambe le ordinanze del Tribunale ordinario di Firenze chiedono la declaratoria di illegittimità costituzionale al solo fine di dare coerenza al sistema. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi; dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, della legge n. 40 del 2004 nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come stabilisce tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna; dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, della legge n. 40 del 2004, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza r.o. n. 323 del 2008; dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 3, della legge n. 40 del 2004, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze con ordinanza r.o. n. 323 del 2008 e, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, dallo stesso Tribunale con ordinanza r.o. n. 382 del 2008; dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 4, della legge n. 40 del 2004, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza r.o. n. 382 del 2008. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° aprile 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Alfio FINOCCHIARO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'8 maggio 2009. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA Allegato ordinanza letta all’udienza del 31 marzo 2009 ORDINANZA Rilevato che nel giudizio di legittimità costituzionale introdotto con ordinanza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio reg. ord. n. 159 del 2008 sono intervenute l’Associazione Cecos Italia, le Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nonché la S.LS.Me.R. s.r.l. – Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione s.r.l., nessuna delle quali è stata parte nel giudizio a quo; che nel giudizio introdotto con ordinanza del Tribunale di Firenze reg. ord. n. 323 del 2008 sono intervenuti l’Associazione Sos Infertilità Onlus, l’Associazione Hera Onlus, nonché C.M. e G.R., nessuno dei quali è stato parte nel giudizio a quo; che nel giudizio introdotto con ordinanza del Tribunale di Firenze reg. ord. n. 382 del 2008 sono intervenute l’Associazione Hera Onlus, l’Associazione Sos Infertilità Onlus, l’Associazione Cittadinanzattiva Toscana Onlus, l’Associazione Cecos Italia, nonché le Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nessuna delle quali è stata parte nel giudizio a quo; che, per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale le sole parti del giudizio principale e i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura (ex plurimis, sentenza n. 96 del 2008; ordinanze n. 393 del 2008, n. 414 del 2007, ordinanza pronunciata all’udienza del 26 febbraio 2008); che l’inammissibilità dell’intervento non viene meno in forza della pendenza di un procedimento analogo a quello principale, posto che l’ammissibilità di tale intervento contrasterebbe con il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, in quanto l’accesso delle parti a detto giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo (sentenza n. 220 del 2007; ordinanza n. 393 del 2008, cit., ordinanze pronunciate alle udienze del 3 luglio 2007 e del 19 giugno 2007). per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili gli interventi dell’Associazione Cecos Italia, delle Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nonché della S.I.S.Me.R. s.r.l. – Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione s.r.l., nel giudizio introdotto con ordinanza reg. ord. n. 159 del 2008; gli interventi dell’Associazione Sos Infertilità Onlus, dell’Associazione Hera Onlus nonché di C.M. e G.R., nel giudizio introdotto con ordinanza reg. ord. n. 323 del 2008; gli interventi dell’Associazione Hera Onlus, dell’Associazione Sos Infertilità Onlus, dell’Associazione Cittadinanzattiva Toscana Onlus, dell’Associazione Cecos Italia, nonché delle Associazioni Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L’altra Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nel giudizio introdotto con ordinanza reg. ord. n. 382 del 2008. F.to: Francesco Amirante, Presidente Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

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la protesta delle "vittime" dei tagli ma lombardo difende il commissario (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina II - Palermo A rischio anche il festival Womad. Il Centro di etnostoria scrive a Di Pace: "Per noi era un giusto riconoscimento" La protesta delle "vittime" dei tagli ma Lombardo difende il commissario Il governatore: "L´organo di controllo ha fatto il suo dovere, il suo aiuto è stato tante volte prezioso" Lombardo, alla fine, si schiera dalla parte del commissario dello Stato. Ed entra in contrasto con il presidente dell´Ars, Francesco Cascio, che aveva invitato a fare una «riflessione» sull´utilità di questa figura, dopo l´impugnativa da parte del prefetto Alberto Di Pace dell´articolo della manovra che stanziava 78 milioni di contributi ad enti e associazioni (14 più dell´anno scorso). «C´è un ufficio del commissario dello Stato che fa il suo dovere e sostiene che ci sono alcuni articoli, pochi in verità, che a suo avviso violano la Costituzione. Ne prendiamo atto perché il suo ausilio è stato tante volte prezioso», dice il presidente della Regione. Oggi andrà all´esame dell´Ars l´ordine del giorno con cui Sala d´Ercole impegnerà il governo a pubblicare la Finanziaria senza le parti bocciate dal commissario dello Stato. Cascio ribadisce che chiederà all´esecutivo di riproporre gli articoli impugnati, per suscitare un conflitto davanti alla Corte Costituzionale. Ma ora l´assessore al Bilancio Michele Cimino frena: «A questo punto occorre fare un ragionamento. Perché, sia chiaro, molti dei contributi inseriti dall´aula, che sono caduti in seguito all´intervento del commissario dello Stato, non erano affatto condivisibili». Rischiano seriamente di non essere più riproposti, insomma, i nuovi finanziamenti ad oltre cento fra enti, centri studi, associazioni che sono finiti sotto la scure del commissario. Ma le "vittime" dell´intervento di Di Pace adesso protestano. Il centro internazionale di Etnostoria, che ha trent´anni di attività alle spalle e si vede privata di un contributo da 50 mila euro, annuncia di essere costretto a chiudere i battenti. Il presidente Annamaria Amitrano e il fondatore Aurelio Rigoli hanno scritto al commissario dello Stato: «L´intervento più che cautelativo è sembrato opporsi alla modifica della vecchia tabella H, bloccata su pochi eletti, di palese matrice clientelare. Noi rivendicavamo un giusto riconoscimento da parte della Regione, dopo anni di ingiusta esclusione». E a rischio è ora anche un appuntamento internazionale come il Womad, una manifestazione che esiste da 12 anni e che ha portato a Palermo e Taormina artisti del calibro di Peter Gabriel, Robert Plant, Youssou N´Dour. Quest´anno in cartellone sono previsti, fra gli altri, Caetano Veloso ma la fondazione ha visto cadere il contributo da 500 mila euro. «Womad - spiega il direttore artistico Fabio Lannino - ha portato in Sicilia grandi interpreti, con un successo testimoniato anche dall´aumento delle presenze a Taormina, nei fine settimana dei concerti, del 30 per cento. Ma ha anche esportato al di fuori dei confini dell´isola la nostra cultura. Ora non so davvero se potremo andare avanti». Il Womad, in realtà, è inserito anche nel calendario delle grandi manifestazioni finanziate con i fondi europei Por, che però la Regione non ha ancora attivato. «Sì, il rischio concreto - prosegue Lannino - è di dover cancellare l´intero programma. Non entro nel merito delle scelte, ma la nostra storia ha poco da condividere con quella di altre iniziative finite nel mirino. E invece siamo stati risucchiati in questo vortice». e. la.

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è pace armata in procura (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina I - Napoli Oggi la parola torna al Csm, è probabile che vengano disposte nuove audizioni sul caso Pansa-Bertolaso è pace armata in Procura Tra Lepore e De Chiara dieci minuti di spiegazioni: resta il gelo è Pace armata in Procura tra il capo dei pm Giandomenico Lepore e il suo vice Aldo De Chiara. I due magistrati si sono incontrati e hanno parlato per una decina di minuti della lettera invita da De Chiara al Csm sullo stralcio delle posizioni di Pansa e Bertolaso dall´inchiesta rifiuti. Oggi il caso torna a Palazzo dei Marescialli, davanti alla prima commissione. Sono probabili nuove audizioni. A PAGINA III

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procura, il giorno del grande gelo (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina III - Napoli Gli inquirenti Procura, il giorno del grande gelo De Chiara a Lepore: "Mi dispiace". Ma lo strappo resta Il capo dei pm "Addolorato". Oggi tocca al Csm, ma al plenum era già spuntata la lettera Dopo lo strappo, ora è pace armata fra il procuratore Giandomenico Lepore e il suo vice Aldo De Chiara. Il capo dei pm e il coordinatore del pool Ecologia si sono incontrati ieri mattina alla riunione settimanale fra i magistrati di vertice dell´ufficio inquirente. «Beh, parliamo», ha detto Lepore rompendo gli indugi quando De Chiara e gli altri procuratori aggiunti hanno fatto il loro ingresso nella stanza all´ottavo piano del grattacielo del Centro direzionale. «Mi dispiace», ha esordito De Chiara, che poi ha esibito al procuratore la lettera inviata al Csm per integrare le dichiarazioni rese durante l´audizione sul caso dello stralcio delle posizioni dei prefetti Guido Bertolaso e Alessandro Pansa dall´elenco degli imputati dell´inchiesta su presunti illeciti nella gestione della crisi rifiuti. «Io sono addolorato», ha replicato Lepore. Il colloquio è andato avanti per una decina di minuti, quindi i magistrati hanno messo da parte l´argomento per immergersi nel lavoro d´ufficio. Ma la sensazione, al di là delle strette di mano, è che il gelo calato negli ultimi giorni non andrà via tanto facilmente. Oggi la lettera sarà all´esame della prima commissione del Csm, dove si discute la pratica "a tutela" dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo aperta, a seguito del documento della Procura sottoscritto anche dal procuratore Lepore, dopo le affermazioni del premier sui «manager eroi» di Impregilo. In realtà, dell´esistenza di questa missiva si era parlato già il 5 maggio, durante la discussione del plenum di Palazzo dei Marescialli che aveva chiuso l´istruttoria avviata dopo lo stralcio su richiesta dei pm Noviello e Sirleo. L´assemblea aveva deciso di considerare il provvedimento di stralcio una «revoca implicita», come ipotizzato dai due sostituti, ma al tempo stesso aveva rimarcato la compattezza della Procura e il suo impegno in prima linea contro ogni forma di illegalità. Durante la seduta del plenum era stato il consigliere "togato" dei Movimenti riuniti, Dino Petralia, a dare notizia della lettera: «Per caso sono venuto in possesso - è possibile ascoltare nella registrazione della seduta pubblica svoltasi il 5 maggio nell´aula Bachelet di Palazzo dei Marescialli - e me ne scuso perché è una citazione inedita, ma è stata ricevuta ufficialmente in prima commissione di un ulteriore supplemento di dichiarazioni, contenute in una nota del procuratore aggiunto De Chiara, estremamente gravi». Nella lettera del magistrato napoletano, prosegue Petralia, si riferisce, «ove non sia risultato dalle dichiarazioni rese» durante le audizioni, un altro particolare della riunione tenutasi il 24 luglio scorso in Procura per decidere sulle conclusioni dell´inchiesta: «Nel prospettare l´ipotesi di stralcio - è il resoconto che Petralia fa della missiva - il procuratore Lepore vi ha posto a base la preoccupazione per un eventuale deterioramento del rapporto istituzionale governo-magistratura partenopea». Poco dopo, interviene un altro consigliere "togato", Francesco Saverio Mannino, di Unicost, che si dice «sorpreso perché - spiega - già dopo l´audizione De Chiara era uscito, poi aveva chiesto di essere sentito nuovamente per puntualizzare altre cose, poi ha deciso anche che doveva scrivere». Lepore da parte sua ha ribadito di aver disposto lo stralcio innanzitutto per mettere nelle condizioni di difendersi anche quegli indagati che non erano stati raggiunti da ordinanza cautelare. E poi ha rimarcato di aver «doverosamente soppesato limiti e conseguenze che una iniziativa giudiziaria, a mio giudizio in quel momento ancora incompleta, avrebbe potuto riflettere sulla emergenza rifiuti», che in quel momento era nella sua fase più acuta. Oggi tocca di nuovo il Csm. è probabile che vengano disposte nuove audizioni. (d.d.p.)

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"sì alla demolizione di 140 case a ischia" (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina V - Napoli La Consulta "Sì alla demolizione di 140 case a Ischia" Una sentenza della Corte Costituzionale spiana di fatto la strada alla demolizione di 140 immobili costruiti sull´isola d´Ischia e ritenuti abusivi. Nell´elenco figurano anche ville e alberghi. La Consulta, con il verdetto depositato l´8 maggio, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità che era stata proposta dal giudice dell´esecuzione della sezione distaccata di Ischia e ha accolto l´impostazione seguita in questi mesi dal pm del pool Ecologia della Procura Antonio D´Alessio che si era uniformato alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. A questo punto, gli abbattimenti potranno prendere il via in tempi brevi.

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fecondazione assistita due convegni alla camera (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 19 - Cronaca Roma Fecondazione assistita due convegni alla Camera ROMA - Due giorni di convegni alla Camera dedicati al futuro della fecondazione assistita dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Oggi saranno di scena le associazioni, domani sarà la volta dei massimi esperti medici e legali che da anni si occupano del problema e che hanno presentato i ricorsi vincenti.

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I medici omaggiati La loro autonomia esaltata (sezione: Giustizia)

( da "Avvenire" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

POLITICA 12-05-2009 LA CONSULTA NON RINNEGA I PRINCIPI DELLA LEGGE 40 I medici omaggiati La loro autonomia esaltata FRANCESCO D'AGOSTINO L asciamo ai giuristi le riflessioni tecniche sulle motivazioni con cui la Corte Costituzionale ha giustificato la sentenza in merito alla legge sulla procreazione assistita: la sentenza che, sciogliendo i medici dal vincolo di non creare più di tre embrioni in provetta e da quello di procedere al loro impianto unico e contemporaneo, ha imposto un'interpretazione elastica dell'art. 14, primo comma, della stessa legge. Questo comma vieta il congelamento e la soppressione degli embrioni. Ma, a seguito della sentenza della Corte e delle indicazioni che essa stessa dà, bisogna ipotizzare possibili 'deroghe' a questo divieto: il congelamento diviene lecito, anzi obbligatorio, quando il medico ritiene di non poter impiantare nell'utero della donna tutti gli embrioni da lui creati in provetta e particolarmente quando ne abbia prodotti più di tre, data l'assoluta impossibilità di poter attivare in una donna una gravidanza plurigemellare. Tanto può bastare al giurista. Per il bioeticista le cose vanno lette in una chiave diversa. Il testo della legge 40/2004 era nato in uno spirito di mediazione e di convergenza tra due diverse prospettive etiche in merito allo statuto dell'embrione umano. Chi ritiene doveroso tutelarne la vita, non può infatti che essere assolutamente contrario alla fecondazione in provetta, dato l'inevitabile, alto 'spreco' di embrioni che necessariamente comporta questa pratica: in buona sostanza ritiene bioeticamente accettabile la semplice inseminazione artificiale (che crea sì problemi bioetici non irrilevanti, ma non quello della tutela della vita embrionale). Chi invece valuta l'interesse della donna a procreare prevalente su ogni altro, ritiene che la tutela della vita degli embrioni meriti attenzione solo dopo che l'interesse procreativo sia stato assolutamente soddisfatto: il suo sì alla fecondazione in provetta non può prevedere quindi alcun limite di sorta. Ne segue inevitabilmente la produzione di embrioni in sovrannumero, destinati prima al congelamento e poi (sempre per i fautori di questa linea) alla loro inevitabile distruzione. La legge italiana aveva cercato di mediare tra queste due linee. Aveva detto di sì alla fecondazione in provetta (dando un grosso dispiacere ai difensori della vita fin dal suo inizio), cercando però di garantire la sopravvivenza di tutti gli embrioni creati in vitro, pur nella consapevolezza che questa garanzia (cioè il dovere di impianto unico e contestuale di tutti gli embrioni prodotti fino a un limite massimo di tre) poteva in alcuni casi limitare le possibilità di successo della pratica. Ma appunto in questo stava la mediazione e il segno di buona volontà bioetica di coloro che avevano approvato la legge. La richiesta di referendum contro la legge 40 era già stato un esplicito segnale di come questa mediazione fosse stata ritenuta inaccettabile da una parte (peraltro molto limitata) della pubblica opinione. L'intervento della Corte sarebbe, ad avviso di molti, un segnale ancora più esplicito in tal senso, anche perché fondato su argomentazioni di rango costituzionale. Non sono d'accordo. Sta di fatto che i giudici della Corte hanno ribadito che non si devono creare embrioni in provetta più dello 'stretto necessario' e hanno affidato non alla volontà della coppia sterile (cui comunque spetta prestare il consenso alla pratica), ma alla scienza e coscienza dei medici l'individuazione del numero degli ovociti da fecondare in vitro. In questo senso la Corte non ha rinnegato i principi costitutivi della legge 40, né ha vuotato di senso lo spirito di mediazione bioetica che la contraddistingue. Semplicemente, ha affidato la tutela dei 'diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito' (secondo il dettato dell'art. 1 della legge) più che a norme vincolanti della legge stessa ai principi della buona pratica clinica. Se i medici percepiranno fino in fondo che con questa sentenza la loro autonomia e la loro responsabilità scientifica e deontologica hanno ricevuto un sincero omaggio da parte della Corte (cosa che personalmente ritengo apprezzabile) e se soprattutto si comporteranno conseguentemente, ne conseguirà che ben poco dovrebbe avere di che lamentarsi il fautore della tutela della vita embrionale. E soprattutto non dovrà sentirsi umiliata la buona volontà di tutti coloro che, in una materia spinosa come la bioetica, vanno alla ricerca di mediazioni realistiche, che consentano nel breve periodo il rispetto reciproco di posizioni percepite come nettamente diverse, ma che nel medio e nel lungo periodo, grazie agli sforzi di tutti, potrebbero (e dovrebbero!) alla fine convergere fino a identificarsi.

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Più attenzione ai temi dell'infertilità Incontro tra Roccella e ginecologi (sezione: Giustizia)

( da "Avvenire" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

CRONACA 12-05-2009 Più attenzione ai temi dell'infertilità Incontro tra Roccella e ginecologi ROMA. Dopo la sentenza della Consulta che ha modificato la legge 40, cresce l'attenzione sui temi della procreazione assistita e sulle misure che il governo potrebbe adottare per fornire risposte chiare agli operatori sanitari del settore. Del resto, dell'intenzione di modificare le Linee guida aveva parlato già il ministro della Salute Maurizio Sacconi lo scorso anno e il sottosegretario Eugenia Roccella ha di recente ribadito che si stanno valutando gli interventi più appropriati. In questo senso va inteso anche l'incontro della settimana scorsa tra lo stesso sottosegretario Roccella con il presidente della Società italiana di ginecologia e ostetrica (Sigo) Giorgio Vittori. Si è trattato di uno scambio di opinioni che ha avuto il fine di «riannodare i fili della discussione come recita un comunicato del minisero sul tema infertilità tra le istituzioni e le società scientifiche, cogliendo l'occasione della recente sentenza della Corte Costituzionale in tema di procreazione assistita». È emerso che «è interesse comune trovare una modalità di dialogo sui temi che stanno più a cuore sia alle istituzioni che ai medici e ai pazienti: da una parte l'esigenza di raggiungere la massima appropriatezza nei percorsi preventivi oltre che diagnostico terapeutici, dall'altra la ricerca dello standard ottimale di qualità e sicurezza dell'attività dei centri di diagnosi e cura dell'infertilità.Verranno quindi coinvolte in questo dialogo le società scientifiche ginecologiche che si occupano di medicina della riproduzione». Riparte il dialogo tra istituzioni e società scientifiche

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Dal Brasile, Battisti in tv: "L'Italia mi fa paura. Piuttosto mi uccido" (sezione: Giustizia)

( da "Panorama.it" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

- Italia - http://blog.panorama.it/italia - Dal Brasile, Battisti in tv: "L'Italia mi fa paura. Piuttosto mi uccido" Posted By redazione On 11/5/2009 @ 18:26 In Headlines, NotiziaHome | 1 Comment Cesare Battisti sarebbe pronto a suicidarsi pur di non rientrare in Italia: "Non andrò in Italia, non arriverò vivo in Italia, ho troppa paura. Ci sono cose che si possono ancora scegliere, come il momento della propria morte". Parola dell'ex terrorista rosso scappato prima in Francia, poi in Brasile, dove è attualmente in carcere in attesa di sentenza sulla propria estradizione. Battisti è stato intervistato dalla tv [1] franco-tedesca Arte. "Non penso che lascerò scegliere la mia morte agli altri, all'ingiustizia del governo italiano" ha aggiunto Battisti, intervistato nella sua cella di Papuda, vicino a Brasilia. L'ex Pac dice poi alla televisione Arte di vivere molto male la reclusione e ribadisce la sua innocenza: "dopo 30 anni" ha detto "mi mettono in prigione per crimini che non ho mai commesso. Non ho mai ucciso, ma ho fatto parte di un'organizzazione armata, ho fatto delle rapine, ero un militante qualunque e mi hanno fatto diventare un mostro, un assassino". Ma se l'intervista ha una data già fissata (sarà trasmessa sulla rete franco-tedesca sabato 16 maggio, alle 19), resta invece in bilico la decisione del Brasile sulla sorte dell'ex terrorista rosso: libertà o estradizione in Italia? Il Brasile di Lula va per le lunghe e a nulla sono valsi i ripetuti appelli del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L'ultimo, in ordine di tempo [2] sabato 9 maggio, nel corso del Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo: "Di recente ho dovuto mostrare rigore nei rapporti con i capi di Stato di Francia e Brasile per trattamenti incomprensibilmente indulgenti riservati a terroristi condannati per fatti di sangue e da lungo tempo sottrattisi alla giustizia italiana", così aveva detto il presidente riferendosi evidentemente ai casi di Marina Petrella e Cesare Battisti. Sui quali Napolitano ha aggiunto: "Spero che la mia voce sia ascoltata". L'ultima notizia giunta dal Sud America segna un punto a favore dell'ex militante dei Pac: il Procuratore generale del Brasile ha dato ragione al ministro della Giustizia Tarso Genro, che a suo tempo aveva concesso a Battisti l'asilo politico. "Cesare Battisti resti in carcere", recita il parere inviato al [3] Tribunale Supremo Federale del Brasile (Stf, la Corte Costituzionale brasiliana), da parte del procuratore generale Antonio Fernando de Souza. Nel suo parere il procuratore de Souza ha considerato invece che tali reati non sono ancora prescritti e ha anche suggerito che il processo presso il Stf sia estinto anche prima di essere giudicato, facendo sua la richiesta presentata dal [4] nuovo legale di Battisti, l'avvocato costituzionalista Luis Roberto Barroso: "Ritengo non procedente l'azione e mi manifesto prima ancora che sia giudicata chiedendo l'estinzione del processo", scrive De Souza nel documento inviato al Supremo Tribunal. Per De Souza, l'atto di concessione dell'asilo è politico e espressione della sovranità dello Stato brasiliano. Il parere del procuratore generale, va detto, è solo consultivo, e non vincolante, rispetto alla decisione finale che dovrà emettere proprio il [5] Supremo tribunal federal, assai più indipendente. E che dalle indiscrezioni dei mesi scorsi [6] appare spaccato al suo interno: il presidente [7] Gilmar Mendes, per esempio, ha sempre detto di essere favorevole al "rimpatrio" di Battisti. Dall'altra parte però pesa la scelta del ministro della Giustizia di Lula, [8] Tarso Genro, che lo scorso 13 gennaio ha concesso lo status di rifugiato politico all'ex terrorista. La partita è ancora tutta da giocare e il fatto che Battisti sia ancora in cella fa ben sperare le autorità italiane: di fatto il braccio di ferro fra la magistratura e il potere politico brasiliano è ancora in corso. La decisione finale arriverà nelle prossime settimane E intanto dall'Italia partono altre bordate: "Quella di Battisti è una sfrontatezza senza limiti. Se davvero meditava il suicidio avrebbe potuto pensarci dopo gli omicidi da lui commessi", commenta il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

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UN ANNO DI GOVERNO: FISCO (sezione: Giustizia)

( da "Lavoce.info" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

>UN ANNO DI GOVERNO: FISCO di Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra 12.05.2009   I PROVVEDIMENTI Dal suo insediamento a oggi il governo è intervenuto massicciamente in campo fiscale; A questo attivisimo non si è accompagnata una diminuzione della pressione fiscale. Dopo l’abolizione dell’Ici- prima casa e la detassazione di straordinari e premi di produzione, allo scopo di dare seguito alle promesse elettorali di riduzione delle imposte, il governo ha introdotto nuove forme di prelievo (la cosiddetta “Robin tax”) per esigenze di gettito - il finanziamento della “manovra triennale”. È stata poi la volta delle misure “anticrisi”, del novembre 2008 e del gennaio 2009, con una molteplicità di interventi in campo fiscale, di vario segno: entrambi i decreti sono infatti a saldo pressoché nullo e le minori entrate e maggiori spese previste sono finanziate in larghissima parte con aumenti di imposte. E di varia natura: a volte nuovi, a volte riedizioni del passato, temporanei o permanenti, rivolti a diversi soggetti (famiglie o imprese) e con obiettivi diversi. Si possono citare, in un elenco certo non esaustivo: la deduzione del 10 per cento dell’Irap dall’imponibile Ires e Irpef: uno sgravio fiscale, a carattere permanente, rivolto prevalentemente alle imprese, attuato allo scopo principale di prevenire o ritardare un intervento sanzionatorio da parte della Corte costituzionale in materia;la detrazione del 20 per cento dall’Irpef per l’acquisto di alcuni beni durevoli, come frigoriferi, mobili e computer: un incentivo fiscale temporaneo, che ha affiancato i bonus per l’acquisto di autovetture, allo scopo di aiutare i settori economici maggiormente in crisi;il concordato preventivo per i distretti: una riedizione, con qualche modifica, di un incentivo già tentato, ma senza concreta attuazione, dal passato governo di centrodestragli incentivi fiscali alle riorganizzazioni aziendali, come le fusioni e scissioni: riedizione, con modifiche, di un incentivo di carattere temporaneo alle imprese;le imposte sostitutive connesse a riallineamenti contabili da parte delle società e delle imprese: un aumento di prelievo di natura “volontaria”, che consentirà alle aziende, pagando di più oggi, di pagare meno in futuro, con simmetrici effetti sul bilancio dello Stato;la “porno tax”: riedizione di un tentativo, in passato abortito, di prelevare imposte più elevate sui redditi generati da vendita di materiale pornografico, esteso ora anche a chi guadagna abusando della credulità popolare tramite trasmissioni televisive o numeri telefonici a pagamento. Infine, alcuni provvedimenti si sono resi necessari per fronteggiare l’emergenza del terremoto in Abruzzo. Per non “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, come hanno ripetutamente rassicurato Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, si è fatto ricorso, dal lato delle entrate, a imposte sui giochi, da cui ci si attende un ammontare complessivamente pari a 1,5 miliardi fra il 2009 e il 2011, in grado di fornire, da solo, quasi il 75 per cento della copertura delle spese previste per il medesimo triennio. Si tratta di imposte a carattere regressivo e “sugli stupidi”, come ebbe occasione di definirle Einuadi, proprio perché basate su aspettative irrazionali, dal punto di vista probabilistico, di vincita. Tra gli interventi fiscali del governo andrebbero poi sottolineati i nuovi orientamenti nel campo delle azioni di contrasto all’evasione: hanno smantellato un insieme di importanti provvedimenti di prevenzione messi a punto dal governo precedente a favore di riedizioni aggiornate del redditometro e di altre forme di accertamento sintetico. Hanno anche ampiamente rivisto, riducendole, le sanzioni in caso di mancato o ritardato pagamento delle imposte. GLI EFFETTI Èdifficile, se non impossibile, valutare gli effetti economici sui comportamenti dei contribuenti e  gli effetti distributivi di questa miriade di difformi interventi. Nell’insieme, l’impressione è negativa, non solo perché si aumenta la pressione fiscale complessiva nonostante la congiuntura economica sfavorevole, ma soprattutto perché gli interventi non sembrano “mirati” e adeguati neppure dal punto di vista micro o settoriale, né per affrontare la crisi, né per migliorare la struttura e razionalità del nostro sistema tributario. L’abolizione Ici prima casa, oltre ad avere effetti redistributivi negativi, pone problemi all’attuazione di un federalismo responsabile, che come è noto dalla letteratura e dalle esperienze internazionali ha come cardine proprio l’imposta immobiliare, anche sulla prima casa. La “Robin tax” non esprime un sistema organico e coerente di tassazione degli extraprofitti come era la Dit, con lo scopo di detassare il rendimento normale, in caso di finanziamento con capitale proprio, ma è una sorta di tassazione arbitraria di alcuni settori produttivi dove si “riteneva” più facile poter prelevare gettito: l’imperfetto è doveroso, perché questi settori - petrolifero, bancario e assicurativo - hanno poi particolarmente sofferto la caduta del prezzo del petrolio e la crisi finanziaria e, nel caso delle banche, sono anche stati oggetto di successivi interventi di sostegno. Col senno di poi, anche la detassazione degli straordinari, introdotta sull’onda del successo elettorale, si è presto rivelata anacronistica. Detassazione degli straordinari e dei premi di produzione (quest’ultima ancora in vigore) aprono inoltre un vulnus nella struttura dell’Irpef alterandone equità ed efficienza, in quanto tassano in modo agevolato un particolare segmento della sua base imponibile - il reddito complessivo del contribuente - e si prestano ad abusi. Il più recente intervento sull’Irap, un intervento di struttura, è quantitativamente ben poco rilevante ed è impensabile attribuire a esso effetti economici di rilievo, ad esempio sulla riduzione del costo del lavoro. Gli incentivi all’acquisto di beni durevoli presentano alcune complessità di attuazione e, se si esclude un qualche effetto sul mercato dell’auto, è difficile ritenere che abbiano un impatto di rilevo sulla domanda. Si potrebbe continuare, ma nel complesso si tratta comunque di interventi frammentari, mai ispirati a un disegno o a un percorso coerente di riforma, per lo più rivolti a rispondere a specifiche esigenze, a volte confidando sul solo effetto annuncio. Continuano poi a riemergere incentivi che da temporanei tendono nel tempo a diventare permanenti e a cui se ne affiancano di nuovi, che pur nascendo temporanei, rischieranno a loro volta, con modifiche e interruzioni, di divenire permanenti. Nonostante ciò, non ne vengono a posteriori mai monitorati o resi noti i relativi effetti, e la loro importanza, rispetto ai costi che comportano in termini di mancato gettito. Il fisco, intanto, si riempie di eccezioni, diventa meno comprensibile e certo per il contribuente e perde le sue caratteristiche originarie di equità ed efficienza.  Non è questo il fisco che servirebbe in periodi di crisi.

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L'EX PROCURATORE DI SALERNO, LUIGI APICELLA, ED ALTRI EX PM DELLA PROCURA CAMPANA SONO IN PROCURA A ... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Salerno)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

L'ex procuratore di Salerno, Luigi Apicella, ed altri ex pm della procura campana sono in procura a Perugia dove vengono interrogati come indagati nell'ambito dell'inchiesta scaturita dalla cosiddetta «guerra tra procure» ossia dal sequestro e controsequestro degli atti delle indagini Why Not e Poseidone, fatto tra gli uffici giudiziari di Catanzaro e Salerno. Oltre ai sette magistrati salernitani, risulta indagato per abuso d'ufficio e interruzione di pubblico servizio anche l'ex pm della procura di Catanzaro Luigi De Magistris. Il magistrato, ora impegnato in campagna elettorale, non è stato ancora sentito dai pm di Perugia. L'iscrizione dei magistrati venne fatta nei mesi scorsi dalla procura di Catanzaro che aveva ricevuto gli atti dalla procura generale calabrese. Il fascicolo era giunto per competenza all'attenzione della procura di Roma il 19 febbraio, in quanto nel distretto giudiziario di Napoli, competente per le indagini su Salerno, era giudice del Riesame proprio De Magistris, prima dell'annuncio della sua candidatura alle elezioni europee nelle liste dell'Italia dei Valori. L'inchiesta è poi stata trasmessa a Perugia in quanto due magistrati indagati da Catanzaro, Dionigio Verasani e Gabriella Nuzzi, sono stati trasferiti nelle scorse settimane dal Csm rispettivamente a Cassino e Latina, ossia nel distretto giudiziario della Corte di Appello di Roma. Circostanza che ha radicato la competenza nella procura umbra. L'ex pm Luigi De Magistris, ora in politica ed in corsa per le Europee nella lista di Di Pietro, ispirò ai colleghi salernitani, particolarmente a Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, la tesi del complotto che a Catanzaro gli ex colleghi avevano ordito contro di lui. Non solo, ma con le sessantasei deposizioni ai pm salernitani, De Magistris indusse Nuzzi e Verasani ad accusare i colleghi calabresi di corruzione in atti giudiziari e a formulare quel decreto di sequestro con oltre 1400 pagine fatto per la procura generale di Catanzaro. È su questo teorema accusatorio che Luigi Apicella, ex procuratore della Repubblica e i sei pm che si recarono a Catanzaro, nel dicembre scorso per le perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni dei giudici, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Roma e, per competenza, sono finiti alla procura di Perugia. L'accusa: concorso in abuso di ufficio e interruzione di pubblico servizio. L'iscirizione al registro degli indagati per Apicella e i sostituti procuratori Dionigio Verasani e Gabriella Nuzzi, ex titolari dell'inchiesta Why Not, e poi Patrizia Gambardella, Roberto Penna, Vincenzo Senatore e Antonio Centore è avvenuta, come atto dovuto, a seguito dell'inchiesta aperta fatta dai magistrati calabresi destinatari delle perquisizioni.

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LEANDRO DEL GAUDIO CI SONO RUDERI TRASFORMATI NEL CORSO DEGLI ANNI IN VILLE MOZZAFIATO, TRE PICCO... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Circondario Sud2)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

LEANDRO DEL GAUDIO Ci sono ruderi trasformati nel corso degli anni in ville mozzafiato, tre piccoli manufatti diventati di colpo hotel e impianti turistici. Ma anche decine di immobili che negli anni hanno trasformato il volto dell'isola verde, che hanno colpito aree incontaminate della splendida meta del golfo campano. Sono circa 140 gli abusi edilizi che ora verranno abbattuti, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, chiudendo una lunga parentesi interpretativa sul concetto di «abusivismo» in un'area protetta da vincoli paesaggistici. I giudici della Consulta hanno infatti dichiarato «la manifesta inammissibilità della questione di legittimità» sollevata qualche anno fa in via incidentale dal giudice del tribunale di Napoli distaccato ad Ischia Angelo Di Salvo. Passa dunque la linea della Procura, sostenuta in questi mesi dal capo del pool Ecologia Aldo De Chiara e dal pm Antonio D'Alessio. Le ruspe, dunque, possono portare avanti la propria missione, per demolire strutture ritenute non in linea con la tutela del paesaggio. Un primo passo in un territorio che attende oggi approfonditi monitoraggi. Ma in cosa consiste il dettato della Consulta? Spiegano i giudici romani, «che è ancora una volta palese il tentativo di mascherare sotto le vesti dell'incidente di legittimità costituzionale una questione meramente interpretativa». Tradotto dal «giuridichese», cade ogni dubbio sulla mossa del «rimettente», vale a dire del giudice Di Salvo, che aveva riunito «140 procedimenti aventi ad oggetto l'esecuzione dell'ordine di demolizione di opere abusive, pronunciate insieme alla condanna penale conseguente la realizzazione di tali opere». Un verdetto che ora lascia ben sperare i pm antiabusivismo napoletani. Tra i 140 manufatti da abbattere c'è un ricco campionario dello scempio, spesso oggetto di riunioni ad hoc nella sezione urbanistica della Procura: stalle che diventano ville con piscina, ruderi che si trasformano in alberghi, case che spuntano da una stagione all'altra. Poco abusivismo di necessità, ma business del cemento e del fitto selvaggio, ragionano gli inquirenti. Tanto che la Procura di Napoli è ora pronta ad ottenere la demolizione di tre alberghi e di tante ville costruite in un'area protetta, per poi passare alla fitta trama di prestanome che hanno investito nel sacco dell'isola verde.

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PASQUALE ESPOSITO IL CROCIFISSO è PICCOLO, QUASI MINUSCOLO (41,3 CENTIMETRI), MA SPRIGIONA U... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Benevento)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pasquale Esposito Il Crocifisso è piccolo, quasi minuscolo (41,3 centimetri), ma sprigiona una emozione grandissima, che non è solo ammirazione per l'arte dello scultore - un certo... Michelangelo - ma anche contemplazione della forza spirituale che i dettagli formali dell'opera generano, raggiungendo chi guarda. «Il Cristo ritrovato», opera attribuita (ma gli esperti hanno dubbi) agli anni giovanili del grande scultore, è da ieri esposto (fino al 12 luglio) nel Museo Diocesano, tra gli splendori barocchi di Donnaregina nuova: un trionfo di arte sacra in cui sta meravigliosamente bene questo capolavoro piccolo di dimensione ma immenso come cifra artistica, come hanno sottolineato storici dell'arte (Pierluigi Leone de Castris, il soprintendente al Polo museale fiorentino, Cristina Acidini) e autorità religiose (il cardinale Sepe) e istituzionali e politiche (il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, l'assessore regionale Claudio Velardi). «Non ci fermeremo qui, a Michelangelo» ha affermato Sepe, ribadendo l'importanza della cultura nella crescita civile, in generale, ed anche in particolare per quel che riguarda il territorio napoletano e campano che dallo sviluppo culturale possono trarre solo benefici. «La cultura è il respiro dell'anima, bisogna andare avanti su questa strada, proponendo altre mostre, gemellaggi, scambi con Firenze ad esempio, o con i Musei Vaticani. Napoli può dare molto» ha affermato il dinamico presule, chiamando in causa sia il sottosegretario («il Ministero ci deve aiutare») che l'assessore. Michelangelo dunque, nuovo momento di attenzione per la cultura e il turismo a Napoli: nel corso della presentazione - coordinata da padre Adolfo Russo, direttore del Museo Diocesano - de Castris ha messo in evidenza l'osmosi che si è determinata a Napoli tra il museo e il territorio, e il valore della cultura come risorsa per napoletani e turisti in un luogo, come Donnaregina nuova, che meglio rappresenta la sintesi barocca di Napoli, non solo contenitore di dipinti ma anche di momenti alti della storia artistica napoletana. La vasta navata era gremita, tra i presenti il prefetto Alessandro Pansa, il procuratore generale Vincenzo Galgano, autorità militari, gli assessori Ennio Cascetta, Angela Cortese, Diego Guida e Gioia Rispoli, Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte Costituzionale, artisti (Gianni Pisani), deputati (Eugenio Mazzarella), imprenditori (Gianni Punzo, Paola Grimaldi) il commissario del San Carlo, Salvatore Nastasi, per un omaggio al genio di Michelangelo. «Il Cristo ritrovato» farà tappa, dopo Napoli, in altre città italiane prima di arrivare a quella che sarà la sua sede stabile, il Museo del Bargello, a Firenze, come ha ricordato Cristina Acidini sottolineando il fatto che la scultura è stata analizzata non solo da esperti d'arte ma anche da anatomopatologi, che hanno messo in evidenza il rigore scientifico con il quale Michelangelo creò questo Crocifisso, e la sua straordinaria conoscenza dall'anatomia del corpo umano. L'opera in legno di tiglio policromo nel corso degli anni, dei secoli, ha perso il panno che copriva fianchi ed è stato ritrovato, ed acquisito dal ministero dei Beni culturali, così come viene presentato a Napoli nella sua pura e nuda fisicità che testimonia come il giovane Michelangelo (potrebbe averlo scolpito tra i 17 e i 20 anni) avesse conoscenze mediche del corpo umano, dell'anatomia, e che si esercitasse anche su un tavolo settorio: come ha ricordato la soprintendente fiorentina, è noto che Michelangelo ebbe a disposizione per i suoi studi i cadaveri dell'ospedale del complesso agostiniano di Santo Spirito. Il Cristo del Buonarroti - ha sottolineato la Acidini - è perfettamente inscrivibile in un cerchio e in quadrato, come il celebre «uomo vitruviano». Un senso di perfezione formale e stilistica, un momento di partecipazione intensa nel solco di una città che attraverso la cultura, l'arte, la storia tende a recuperare le posizioni perdute.

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PROVE TECNICHE DI DISGELO IN TARDA MATTINATA, NEL CORSO DELLA RITUALE RIUNIONE TRA IL PR... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (City)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Prove tecniche di «disgelo» in tarda mattinata, nel corso della rituale riunione tra il procuratore Giovandomenico Lepore e i suoi aggiunti. All'ottavo piano, si è discusso del caso sollevato dalla decisione del capo del pool urbanistica Aldo De Chiara di integrare una precedente audizione al Csm in merito alla gestione dell'inchiesta ecoballe. De Chiara - è ormai cosa nota - ha indirizzato una lettera alla prima commissione, per chiarire che Lepore operò lo stralcio di Bertolaso e Pansa, anche per non ostacolare l'azione del governo in Campania. Una nota che ha riaperto il caso Napoli, con la prima commissione di Palazzo dei Marescialli che questa mattina torna a riunirsi per le vicende partenopee. Probabile, dunque, che i commissari decidano di approfondire alcuni aspetti di uno stralcio che ha scavato un solco di incomprensione tra Lepore da un lato e Sirleo e Noviello dall'altro. Probabile che la prima commissione voglia ascoltare di nuovo, a distanza di quindici giorni, l'aggiunto De Chiara ma anche i due pm Noviello e Sirleo. Una decisione che potrebbe essere assunta la prossima settimana, dopo aver acquisito nuovi elementi sulla gestione delle indagini sulle ecoballe, anche alla luce delle recenti pubblicazioni di verbali delle audizioni rese da tutti i protagonisti della vicenda. Pubblicazioni che scuotono, che creano necessità di chiarimenti a più livelli. Tanto che da ieri, in Procura, si è tornato a parlare di assemblea, si è tornato a discutere di un incontro tra pm per mettere a fuoco gli ultimi step del caso Napoli. «Assemblea» è una parola ricorrente sulle mailing list dei pm, che ribadiscono l'autonomia degli inquirenti rispetto al «putiferio» politico e mediatico paventato per l'inchiesta stralcio sulle ecoballe. Perché dunque De Chiara racconta un particolare tanto delicato solo a distanza di mesi? Domanda entrata ieri nella riunione degli aggiunti e del capo, dove lo stesso De Chiara ha ritenuto opportuno fornire dei chiarimenti, ricordando di aver solo contestualizzato la scelta di Lepore alla luce dell'emergenza rifiuti in Campania. C'è esigenza di chiarimento, negli uffici del distretto, anche alla luce delle pubblicazioni del contenuto delle audizioni rese in consiglio giudiziario da Noviello e Sirleo. La storia del dissidio sulla gestione dell'inchiesta ecoballe - a leggere gli atti - risale allo scorso gennaio, molto prima del 24 luglio quando Lepore decide di stralciare la posizione degli ex commissari. Lo dicono Noviello e Sirleo, a proposito delle scelte da adottare nei confronti dell'ex commissario Pansa: sia l'iscrizione, che l'emissione dell'avviso di conclusione indagini a carico del prefetto non vengono condivisi da Lepore, che mostra di rizelarsi di fronte alla notifica dell'atto di chiusa inchiesta a carico del prefetto a giugno del 2008. Questo dissidio ha però un precedente: era stato manifestato a gennaio del 2008, in relazione alla richiesta di misura cautelare firmata dai due pm, «vistata» dall'aggiunto De Chiara e respinta al mittente, in modo categorico da Lepore, che decide di non «vistare» a sua volta la richiesta dei pm e del suo vice. Spiega Sirleo in Consiglio giudiziario: «Il procuratore non ravvisando esigenze, ci disponeva che non inoltrassimo la richiesta di misura cautelare anche nei confronti di Pansa che modificassimo la stessa eliminando la sua persona». Dal canto suo, Lepore ha invece sempre ribadito che le sue scelte sono state determinate da esigenze tecniche, dall'opportunità di concedere a tutti gli indagati gli stessi diritti alla difesa. l.d.g.

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ELEGANTE, RAFFINATO, CON UN CHE DI ANGLOSASSONE CHE LO RENDEVA UNA PRESENZA ANOMALA NEL PANORAMA DEL... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Elegante, raffinato, con un che di anglosassone che lo rendeva una presenza anomala nel panorama del giornalismo napoletano alquanto caciarone degli anni Cinquanta e Sessanta, Saverio Barbati è uscito di scena con discrezione, come in punta di piedi, dopo una malattia che lo aveva prostrato, circondato dall'amore della moglie Rosanna e dei figli Gianni e Nichi. Era nato il 26 giugno del 1927 a Camposano. Ha attraversato la professione giornalistica in lungo e in largo, seguendo un istinto passionale che fin da ragazzo gli aveva fatto preferire quella strada alla carriera di notaio progettata per lui da suo padre. Ad allineare le tappe della sua lunga carriera ci sarebbe di che riempire, e con soddisfazione, più di un paio di vite. Barbati è stato redattore del Gazzettino del Mezzogiorno, del Quotidiano, caporedattore della Rai a Roma, inviato in Iran, Giappone, America, Belgio, vicedirettore del centro di produzione Rai di Napoli alla sua fondazione. Negli anni Sessanta è diventato prima segretario nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, poi presidente: e nonostante trent'anni buoni all'Ordine, negli ultimi tempi ne deplorava la degenerazione e il carattere prevalente di «esamificio» assunto dalle prove d'accesso. Ancora, Barbati è stato capo ufficio stampa di Luigi Gedda, della Corte costituzionale, della Rai, e ancora presidente dell'Azione cattolica, del sindacato Giornalisti Rai, segretario generale del Premio Napoli, moderatore delle tribune politiche dopo Jader Jacobelli, coordinatore delle redazioni regionali Rai e altro ancora. Tutto cominciò nei tempi grami ed «eroici» del dopoguerra, con una strana gavetta che lui amava raccontare: pur di respirare l'atmosfera dei giornali, si prestò ad andare a ritirare i «fuorisacco» alla stazione per Il Mattino d'Italia, sostituendo un fattorino dormiglione e inefficiente. La sua buona volontà gli schiuse le pagine del giornale, dove però i primi articoli apparivano sistematicamente con la firma di una graziosa signorina legata al direttore, ma dalle ambizioni giornalistiche non sorrette da alcun talento. Poi finalmente il primo pezzo a sua firma (retribuzione, quattro centesimi), poi, nel 1956, lo scoop: un'intervista per il Gazzettino del Mezzogiorno (edizione del Giornale Radio) a Clemente Maglietta sull'invasione sovietica di Budapest. Maglietta sparò a zero contro l'Urss, l'Unità smentì, il caporedattore tentò d'infilzare Barbati. Ma il giornalista esibì le prove giuste e il Gr potè evitare di dar corso alla smentita. I funerali di Saverio Barbati si svolgeranno domani a Roma nella parrocchia di San Gabriele (via Cortina d'Ampezzo 144) alle 10,30. Ma per l'ultimo riposo il suo viaggio si coincluderà a Camposano, dove sarà sepolto nella tomba di famiglia. t. m.

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La Regione Lazio è stata sconfitta dal Codacons: dovrà restituire 25 milioni di contributi erogati senza criterio ad associazioni (sezione: Giustizia)

( da "Sestopotere.com" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

La Regione Lazio è stata sconfitta dal Codacons: dovrà restituire 25 milioni di contributi erogati senza criterio ad associazioni (12/5/2009 14:31) | (Sesto Potere) - Roma - 12 maggio 2009 - La Regione Lazio è stata sconfitta dal Codacons, e ora dovrà restituire i 25 milioni di euro di contributi erogati senza alcun criterio ad una serie di associazioni. Come si ricorderà il Codacons aveva presentato ricorso al Tar del Lazio in merito ai fondi erogati dall'amministrazione regionale Marrazzo in favore di un lunghissimo elenco di associazioni. Si contestava l'erogazione da parte della Regione Lazio di una serie di contributi, pari a circa 25 milioni di euro - relativi all'anno 2007 e per lo svolgimento di iniziative di carattere sociale, culturale e sportive - a decine di associazioni del Lazio, individuate, sospettava il Codacons, al di fuori del rispetto della legge 241/0 sulla trasparenza ed in assenza di appositi criteri, come deve sempre avvenire quando l'amministrazione pubblica eroga sovvenzioni sia a soggetti pubblici che privati. Tra queste associazioni comparivano: Associazione culturale CAGA; Associazione "Sagra della bruschetta con il pane di Lariano"; Associazione culturale "La Ciociaria c'è"; Associazione culturale "Affabulazione"; Associazione culturale "Il Paperotto"; Associazione "Stazzo pazzo'; Associazione Dance Forever di Lorella Porzio Bodolo di Frosinone; Associazione di Licenza Poetica; Associazione "Bonum diffusium sui", ecc. Il Tar, dopo aver ricevuto la documentazione richiesta, bacchettò duramente l'amministrazione regionale, chiedendo alla Corte Costituzionale un giudizio in merito alla legittimità della legge regionale n.28 del 2006, che stanziava i fondi sopracitati. Ora una nuova batosta arriva dalla Corte Costituzionale che, pronunciandosi su richiesta del Tar e accogliendo le tesi del Codacons, ha emesso una sentenza in cui si afferma testualmente: "la norma-provvedimento impugnata deve ritenersi in contrasto con l'art. 3 Cost., non avendo rispettato il principio di eguaglianza nel suo significato di parità di trattamento. Difatti, nè dal testo della norma - che contiene, con il rinvio alla tabella, un mero elenco dettagliato di destinatari, di progetti finanziati e di importi ripartiti - nè dai lavori preparatori della legge emerge la ratio giustificatrice del caso concreto, non risultando che il Consiglio regionale abbia osservato criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno. In tal modo la norma denunciata si risolve in un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi, e a scapito, quindi, dell'interesse generale." Per questi motivi, la Corte Costituzionale (Presidente Francesco AMIRANTE, Redattore Paolo MADDALENA) "dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 17 e della tabella B della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2006, n. 28 (Bilancio di previsione della Regione Lazio per l'esercizio finanziario 2007)'. In conseguenza di questa decisione - spiega il Presidente Codacons, Carlo Rienzi - i 25 milioni di euro erogati dalla Regione Lazio dovranno essere restituiti e nuovamente distribuiti, stavolta rispettando però la trasparenza imposta dalla legge. La Corte dei Conti sarà inoltre chiamata a condannare i singoli componenti del Consiglio Regionale che deliberarono tale elargizione a pioggia di fondi pubblici, a risarcire non solo l'Erario, ma anche il Codacons.

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L'Union Campo San Martino vince il torneo"Mella": Sampdoria ko (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il (Padova)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

L'Union Campo San Martino vince il torneo"Mella": Sampdoria ko Martedì 12 Maggio 2009, A sorpresa è l'Union Campo San Martino ad aggiudicarsi la 4. edizione del torneo nazionale categoria esordienti "Trofeo Mella", superando in finale la Sampdoria per 2-0. Le gare, che si sono disputate domenica negli impianti sportivi di Busiago e Campo San Martino, hanno visto protagonista la squadra allenata da Massimo Russo, che ha concluso il torneo imbattuta e con la migliore difesa (nessun gol subito). Il Milan, superando per 3-1 il Cittadella nella finale per il terzo posto, è salito sul gradino più basso del podio. Il premio al migliore marcatore è andato al baby biancoscudato Davide Marcandella con quattro gol all'attivo, riconoscimento di migliore portiere a Francesco Papatola della Sampdoria. Da registrare l'ottima affluenza di pubblico. Ecco i risultati dei gironi eliminatori. Girone A: Campo San Martino-Cittadella 0-0; Udinese-Treviso 0-1; Treviso-Campo San Martino 0-2; Cittadella-Udinese 1-0; Campo San Martino-Udinese 1-0, Treviso-Cittadella 0-0. Classifica girone A: Csm 7, Cittadella 5, Treviso 4, Udinese 0. Girone B: Bassano-Sampdoria 0-1; Padova-Bassano 2-2; Milan-Bassano 1-0; Padova-Milan 1-1; Milan-Sampdoria 1-1; Padova-Sampdoria 0-1. Classifica girone B: Sampdoria 7, Milan 5, Padova 2, Bassano 1. Risultati delle quattro finali. 1. posto: Sampdoria-Csm 0-2; 3. posto: Milan-Cittadella 3-1: 5. posto: Treviso-Padova 0-3; 7. posto: Udinese-Bassano 1-2. m.salv.

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Sabbadin: Non c'è pace senza giustizia Proteggono ancora uno spietato assassino (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Sabbadin: «Non c'è pace senza giustizia Proteggono ancora uno spietato assassino» Martedì 12 Maggio 2009, Santa Maria di Sala Non ha più lacrime, non ha più rabbia, non ha più parole. Adriano Sabbadin, il figlio di Lino, il macellaio di Santa Maria di Sala (Venezia), ucciso da Cesare Battisti il 16 febbraio 1979, è incredulo e rassegnato. «Piuttosto di tornare in Italia, Battisti vorrebbe morire dove si trova? E allora che muoia dove più desidera. Per me Battisti rimane solo un assassino. Per tutti i suoi reati, tra cui omicidi e rapine, ha fatto un solo anno di carcere, mentre la mia vita è stata completamente stravolta. Quello dei famigliari è un carcere a vita, nei ricordi, soprattutto a causa di una giustizia che non c'è». Adriano, con la mamma Amalia e la sorella Roberta, che all'epoca aveva sei anni, è stato ricevuto con altri famigliari delle vittime del terrorismo, in Quirinale per la commemorazione del 9 maggio, istituita nel 2008. «Anche il presidente Napolitano ha detto che non ci sono parole di fronte a questo fatto incomprensibile per due Paesi democratici e amici». Sabbadin si è ritrovato a 17 anni con responsabilità enormi e un vuoto che, con gli anni, anzichè diminuire, è cresciuto. «Il fatto che sia in prigione non mi restituisce mio padre. Ma non c'è mai pace senza giustizia e la mia famiglia non ha avuto giustizia. Tutto questo mi sembra folle e offensivo, per qualsiasi democrazia. Continuo a chiedermi chi sta dietro a Battisti, chi continua a proteggere un efferato assassino e perchè». La dichiarazione di Battisti è il secondo schiaffo in pochi giorni. La scorsa settimana il procuratore generale brasiliano Antonio Fernando de Souza ha dato ragione al ministro della Giustizia Tarso Genro sull'asilo politico concesso al terrorista. Ha chiesto l'estinzione del processo a suo carico, in Brasile. Anche se il parere del procuratore è consultivo e l'ultima parola spetta al Supremo Tribunale Federal (Corte Costituzionale) l'indirizzo del procuratore è chiaro: l'atto di concessione dell'asilo politico è politico ed è espressione della sovranità dello Stato. Quando gli uccisero, a bruciapelo, il padre, Adriano era in negozio. Non dimenticherà mai, non potrà mai dimenticare. «Sono arrivati alle 16.30. Papà, aiutato da mia madre, serviva alcuni clienti. Io ero al telefono nel retrobottega. Ho sentito dei colpi di pistola rimbombarmi nelle orecchie. Sono scappato di sopra dove abitavamo. Dopo pochi, lunghissimi, istanti li ho visti allontanarsi di corsa in macchina. Nel negozio ho visto per prima mia madre col grembiule bianco tutto insanguinato. Mio padre, invece, era a terra in una pozza di sangue. Dai processi e dalle perizie è emerso che Battisti ha sparato i colpi di grazia, senza pietà, quando papà era già stato colpito ed era a terra. Ditemi voi se questo è un perseguitato politico o un assassino spietato e protetto». Nicoletta Masetto

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Treviso Finale con il botto per i campionati dilettanti per quanto riguarda la Marca Trevigiana ... (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Martedì 12 Maggio 2009, Treviso Finale con il botto per i campionati dilettanti per quanto riguarda la Marca Trevigiana con l'inattesa retrocessione dalla Promozione del Casier Dosson, quindi in Eccellenza lo spareggio per non retrocedere fra Liventina Gorghense e Vedelago, quello per evitare i play out da parte dell'Union CSV, quello per accedere ai play off fra Cornuda Crocetta e Cappella Maggiore in Promozione, mentre in Prima coda salvezza per l'Orsago. In attesa delle gare dei play off e play out di Eccellenza, Promozione, Prima e Seconda (in programma domenica 24 maggio), gli spareggi si disputeranno domenica prossima con le sei trevigiane in campo. ECCELLENZA All'ultimo minuto del campionato Union CSV e Ponzano si erano messe ai ripari ma nella fase di recupero hanno entrambe perso: la prima a Cordignano (che ha evitato la retrocessione), la seconda a Moriago. Si sono messe nei guai anche per "colpa" del Rossano che ha battuto l'Edo Mestre e del Dolo Riviera Brenta che a Ormelle ha superato il Lia Piave, mentre la Liventina sconfitta dal Giorgione (che si è salvato) è stata raggiunta dal Vedelago. Spareggi: Liventina Gorghense e Vedelago si affrontano quindi per non retrocedere, chi perde scende in Promozione, chi vince accede ai play out come ultima ed affronterà la perdente dello spareggio fra Union CSV-Dolo Riviera Brenta che appunto decreterà chi si salverà e chi disputerà il play out che vedrà opposte Cordignano e Ponzano. PROMOZIONE All'ascesa dell'Opitergina si contrappone la retrocessione del Casier Dosson, sconfitto in casa dalla Libertas Ceggia eterno fanalino di coda che ha avuto la forza di vincere proprio a Casier e compiere il sorpasso. Spareggi: saranno Cornuda Crocetta e Cappella Maggiore ad affrontarsi per occupare l'ultimo posto (quarta posizione) dei play off con avversario il Vittorio Veneto S.M. Colle. Play off: il 24 oltre a Vittorio Veneto-vincente spareggio, il Porto Mansuè se la vedrà con la Luparense. Play out: Ceggia-Zero Branzo e la Marenese-Fontanelle gli abbinamenti. PRIMA CATEGORIA Nessuna promossa diretta, vanno ai play off Pro Mogliano (G), Codognè, Nervesa e Careni Pievigina (H), retrocesso il Ponte di Piave, ai play out Concordia Fonte (girone F), Cessalto e Roncade (G), e la Fulgor (H), mentre con lo spareggio cercherà di evitarli l'Orsago. Spareggio: l'Orsago, contro il Sedico deve conquistare la zona salvezza ed evitare quindi play out. Play off: oltre alla Pro Mogliano derby Careni Pievigina-Codognè e Nervesa con l'Alpago. Play out: Il Concordia Fonte sarà opposto al Campocroce (F), Cessalto-Noventa e Pro Roncade-Mazzolada nel G, Plavis-Fulgor Trevignano e Ztll perdente spareggio Orsago/Sedico nell'H. SECONDA Promosse Godigese, Cisonese e S. Lucia Mille e retrocesse Cipriano Catron e S. Michele Cerfim, nessuna trevigiana spareggerà. Play off: Giovanile Ezzelina-S. Anna (girone F), Gorghense-La Stimma (O), Salvarosa-Casale, Olmi Callalta-Marcon (P), Montegrappa-Virtsu Csm Farra, Caerano-Bessica (Q), Vazzolese-vincente spareggio Cadore/Ponte Alpi, Gaiarine-Limana. Play out: nel P li disputano S. Elena, Campigo, Treville e Paese, nel Q Altivolese-Castion, Sernaglia-Lentiai, nell'R Francenigo-Piave. TERZA Play off: domenica Cima Piave-Campolongo, Ardita Pero-S. Giustina Itlas (gir. A), CSM Resana-San Gaetano, Fontane-Rovere (gir. B), quindi Evolution Team-Pontecrepaldo (data da definire). Finale: Follinese-Valdosport (il 17) a Volpago. Michele Miriade

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Il primo referendum abrogativo nel nostro paese è del 1974, 12 maggio. Da allora gli italiani h... (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Martedì 12 Maggio 2009, Il primo referendum abrogativo nel nostro paese è del 1974, 12 maggio. Da allora gli italiani hanno avuto la possibilità di rispondere ad una sessantina di quesiti, oltre ai quattro referendum nazionali (1946 "monarchia o repubblica", 1989 "costituente europea", 2001 e 2006 "modifiche costituzionali"). 1974 - Resta la legge sul divorzio introdotta nel 1970. 1978 - Stop ad alcune norme della legge Reale; sì al finanziamento pubblico dei partiti. 1981 - Voto su ordine pubblico, ergastolo, porto d'armi interruzione gravidanza. 1985 - Resta il taglio di alcuni punti della scala mobile. 1987 - Responsabilità civile per i giudici, commissione inquirente, no al nucleare . 1990 (no quorum) - Caccia e uso pesticidi. 1991 - Preferenza unica. 1993 - Sì ai controlli ambientali delle Ulss, no pene per droga ad uso personale, abolito finanziamento pubblico dei partiti, norme per nomine casse di risparmio, abrogati ministeri Partecipazioni Statali, Agricoltura e Turismo, abrogata legge elettorale per maggioritario al Senato. 1995 - Rappresentanze sindacali, rappresentatività contratti pubblico impiego, eliminato soggiorno cautelare per reati di mafia, privatizzazione Rai, autorizzazione amministrativa al commercio, abrogazione contributi sindacali automatici, legge elettorale piccoli comuni, abrogate norme di concentrazione radiotelevisiva, break pubblicitari e raccolta pubblicitaria tv private. 1997 (no quorum) - Obiezione di coscienza, caccia, carriere magistrati, ordine dei giornalisti, incarichi extragiudiziari ai magistrati, ministero politiche agricole. 1999 (no quorum) - Quota proporzionale alla Camera. 2000 (no quorum) - Finanziamento partiti, quota proporzionale, elezione CSM, separazione carriere magistrati, incarichi extragiudiziali, licenziamento Art. 18, trattenute sindacali. 2003 (no quorum) - Reintegrazione lavoratori, servitù coattiva di elettrodotto. 2005 - (no quorum) - Tre quesiti sulla procreazione medicalmente assistita. Nel 2001 sì è tenuto il referendum sulla modifica del Titolo V della Costituzione: si recò alle urne il 34,1% dei votanti. Favorevoli il 64,2. Il secondo referendum costituzionale si è tenuto nel giugno del 2006 sulla modifica della parte II della Costituzione. Si doveva decidere se bocciare o approvare la riforma voluta dal centro destra. Favorevoli il 38,3, contrari il 61,7% col 53,6% dei votanti.

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DISCRIMINATI PERCHÉ CLANDESTINI (sezione: Giustizia)

( da "Lavoce.info" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

>DISCRIMINATI PERCHÉ CLANDESTINI di Gian Luigi Gatta 12.05.2009 La lotta all'immigrazione clandestina dichiarata con il pacchetto sicurezza ha portato all'introduzione nel codice penale di un'aggravante per i reati commessi dai "clandestini". Lo stesso reato, quale che sia, è considerato dalla legge più grave ed è punito più severamente se a commetterlo è uno straniero irregolare. Si tratta di un'irragionevole discriminazione fondata su una mera condizione personale, in spregio del principio costituzionale di uguaglianza. Il nuovo articolo 61 n. 11 bis del codice penale, inserito dal Dl 23 maggio 2008 n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, configura come circostanza aggravante comune, riferibile cioè a un numero indeterminato di reati e comportante un aumento della pena fino a un terzo, “l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale”. In virtù di questa disposizione sono più gravi, rispetto ai reati commessi dai cittadini italiani o dagli stranieri legalmente presenti in Italia, quelli commessi dagli stranieri illegalmente presenti in Italia. È a costoro, infatti, che si riferisce l’aggravante: i cittadini italiani, ai quali l’articolo 16 della Costituzione garantisce la libertà di soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, non possono infatti trovarsi illegalmente nel proprio Paese. L’AGGRAVANTE DELLA “CLANDESTINITÀ” L’aggravante è applicabile nei confronti degli stranieri tanto extracomunitari quanto comunitari, compresi pertanto i “famigerati” rumeni, che tale status hanno acquisito a decorrere dal 1° gennaio 2007 con l’adesione della Romania all’Unione Europea e che, secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, hanno rappresentato tra il 2004 e i 2006 la prima nazionalità tra gli stranieri per numero di denunciati e arrestati nel nostro Paese per gravi reati quali l’omicidio doloso, la violenza sessuale, il furto e l’estorsione. Anche i cittadini di altri Stati dell’Unione, infatti, possono trovarsi illegalmente in Italia: ad esempio perché, dopo essere stati condannati per un reato commesso nel nostro Paese, non osservano il conseguente provvedimento di “allontanamento” emesso dal giudice, a titolo di misura di sicurezza, ai sensi dell’articolo 235 c.p. (1) Per come è configurata, l’aggravante attribuisce rilievo, unicamente, alla condizione personale, propria del reo, di straniero illegalmente presente in Italia al momento della commissione del reato. Prescinde del tutto, invece, dall’esistenza di qualsivoglia nesso tra la commissione del reato, quale che sia, e l’illegale presenza dell’autore sul territorio nazionale: la legge non ne limita infatti la configurabilità ai soli reati la cui commissione sia stata comunque agevolata dall’illegale presenza del reo sul territorio nazionale, o a quelli che siano stati commessi allo scopo di consentire il suo ingresso illegale in Italia, o, ancora, di protrarvi illegalmente la permanenza illecita. L’aggravante è pertanto configurabile, ad esempio, tanto in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale commesso dallo straniero per impedire la propria identificazione e, di conseguenza, l’accertamento del proprio status di “straniero irregolare”, quanto in relazione al reato di ingiuria commesso da quello stesso soggetto a danno di chicchessia in occasione di un banale diverbio legato alla circolazione stradale. Fin dai lavori parlamentari la circostanza ha preso il nome di “aggravante della clandestinità”: è stata infatti introdotta con il dichiarato intento di fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, erigendo un simbolico muro contro gli stranieri che entrano nel nostro Paese violandone le frontiere. L’ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE Il futuro dirà se l’introduzione dell’aggravante avrà l’effetto di disincentivare l’immigrazione clandestina nel nostro Paese. Si impone tuttavia già oggi una valutazione sulla compatibilità del mezzo scelto per raggiungere quel fine, di per sé lecito. A noi pare che l’aggravante recepisca e traduca in legge il pregiudizio secondo cui sono socialmente più gravi i reati commessi dai “clandestini”. La scelta politica di far proprio quel pregiudizio paga senz’altro sul piano elettorale, come dimostra la recente storia del nostro Paese. Il prezzo, però, è quello della rinuncia al rispetto di un fondamentale principio, quello di uguaglianza,sancito dall’articolo 3 della Costituzione, su cui si regge, non da ieri, la nostra civiltà. La maggior pena che la legge impone al giudice di infliggere agli stranieri irregolari autori di reato si risolve, infatti, in un’irragionevole discriminazione fra persone, fondata su un mero status personale. È quanto sostenuto dai giudici di Latina, Livorno e Ferrara, che hanno sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 61 n. 11 bis c.p. per contrasto con l’articolo 3 della Costituzione (la pronuncia della Corte costituzionale è attesa per l’8 luglio 2009). La questione è a nostro parere fondata poiché l’aggravante “della clandestinità”, a differenza di altre previste nel nostro ordinamento, non si giustifica per alcuna ragione. Non si giustifica per una maggiore gravità (disvalore) del fatto commesso: prescinde da un nesso tra il fatto e l’illegale presenza dell’autore sul territorio nazionale, sicché l’offesa non è più grave se a commettere il reato è uno straniero illegalmente presente in Italia, piuttosto che un italiano o uno straniero “regolare”. L’offesa alla libertà sessuale, ad esempio, non è maggiore se autore dello stupro è un tunisino privo del permesso di soggiorno, invece che un italiano o un tunisino munito di permesso di soggiorno. Né si giustifica per una maggiore colpevolezza (rimproverabilità) per il fatto commesso: l’aggravante prescinde infatti dai motivi a delinquere e dalle finalità perseguite dall’agente, potendo essere riferita a reati che nulla hanno a che vedere con la condizione di clandestinità. Nemmeno si giustifica, poi, per una maggiore pericolositàdel reo: nel diritto penale, dove le presunzioni di pericolosità sono bandite, lo status di persona illegalmente presente in Italia non può essere assunto in via presuntiva a espressione di una maggiore pericolosità del reo, cioè propensione a commettere in futuro nuovi reati. È un principio già affermato dalla Corte costituzionale in due occasioni: quando ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 86, comma 1 Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, nella parte in cui non subordinava all’accertamento in concreto della pericolosità sociale l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero condannato per reati in materia di stupefacenti; quando ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 47, 48 e 50 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario), ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario entrato illegalmente in Italia o privo del permesso di soggiorno sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Sono pronunce che, ci pare, pendono come una spada di Damocle sull’aggravante “della clandestinità” (2). (1) L’articolo 235 del codice penale, come novellato dal Dl n. 92/2008, consente appunto al giudice penale di allontanare dal territorio dello Stato i cittadini comunitari condannati alla reclusione per un tempo superiore a due anni. (2)Per un esame più approfondito dei profili di illegittimità costituzionale dell’aggravante rinviamo un nostro ampio studio, del quale abbiamo qui sintetizzato le conclusioni: Gatta, G.L. Aggravante della ‘clandestinità’ (art. 61 n. 11 bis c.p.): uguaglianza calpestata.

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Rischio sismico: riunione alla Regione sul riordino della normativa (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Calabria, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Rischio sismico: riunione alla Regione sul riordino della normativa CATANZARO. Il riordino amministrativo della normativa sismica in Calabria e del relativo documento di attuazione è stato il tema di un incontro, che si è tenuto nella sede del dipartimento Lavori Pubblici, al quale hanno partecipato l’assessore Luigi Incarnato, il dirigente generale Roberto Sabatelli, i dirigenti di settore Luigi Zinno e Salvatore Siviglia, il presidente e il dirigente dell’Ance Calabria Francesco Cava e Felice Foresta, il direttore amministrativo di Eucentre Fabio Germagnoli. “Il confronto di oggi - ha affermato Incarnato - segna un altro passo avanti nel processo che la Regione Calabria ha avviato sin dal 2007, teso a favorire la riduzione del rischio sismico, sia per le nuove costruzioni, che per quelle già realizzate. “L’intera fase di riordino si concluderà entro la fine del 2009. Una seria e convincente politica di riduzione del rischio sismico - ha aggiunto l’assessore - sarà possibile solo se accompagnata dalla disponibilità di ingenti e adeguate risorse nell’ambito del Piano operativo regionale, mirate alla messa in sicurezza prioritariamente degli edifici ad uso strategico e, comunque, delle strutture con notevole concentrazione di persone”. Nel corso dell’incontro è stato fatto il punto della legislazione sismica nazionale e regionale, in rapporto alla sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile 2006. Come si ricorderà la sentenza ha radicalmente modificato i principi della Legge 741/81 (che prevede le modalità di deposito dei progetti e successivo controllo a campione), sancendo la necessità del regime autorizzativo a salvaguardia della pubblica e privata incolumità e dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione civile, eliminando il sistema del controllo a campione introdotto dalle varie leggi regionali e dalla stessa legislazione della Calabria. Gli effetti della sentenza costringono tutte le amministrazioni regionali a ridisegnare il sistema dei controlli. L’assessore Incarnato, oltre a ribadire la pericolosità sismica del territorio calabrese, ha ripercorso le tappe del lavoro fin qui svolto - a partire dalla legge regionale 7/1998 e dalle successive delibere di Giunta del 2007 e del 2008 - e, in particolare, si è soffermato sul protocollo di intesa con Eucentre (Fondazione costituita dal dipartimento della Protezione Civile della presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dall’Università degli Studi di Pavia e dall’Istituto universitario di Studi Superiori di Pavia), con il compito di promuovere e sostenere la ricerca nel campo dell’ingegneria sismica, d’intesa con gli Istituti universitari operanti in Calabria. L’assessore Incarnato ha precisato, altresì, che l’attività del dipartimento riguarda il riordino della citata legge regionale 7/1998, mediante un regolamento regionale di attuazione. Alla fine dell’incontro si è stabilito che l’assessorato, nei prossimi giorni, incontrerà tutti gli altri soggetti operanti nel settore (Anci, Ance, Unioncamere e altre categorie), mentre gli Ordini professionali, sulla scorta dei documenti elaborati dal dipartimento, faranno pervenire entro un mese le proprie osservazioni, utili a definire la materia. (12-05-09)

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Riformatori: Sì incompatibilità assessori-consiglieri regionali (sezione: Giustizia)

( da "Sardegna oggi" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

martedì, 12 maggio 2009 Riformatori: Sì incompatibilità assessori-consiglieri regionali Pur condividendo la sentenza della Corte Costituzionale per l'abolizione della legge Statutaria, I Riformatori ritengono che non si debba tornare ai consiglieri-assessori. E' il senso della proposta di legge sulla incompatibilità delle cariche presentata dai consiglieri regionali Pierpaolo Vargiu, Michele Cossa, Franco Meloni, Attilio Dedoni, Pietrino Fois e Francesco Mula a pochi giorni dalla bocciatura della Statutaria da parte della Consulta. -->CAGLIARI – Il testo dell'articolo 2 è preciso: "I Consiglieri regionali nominati assessori dal Presidente della Giunta regionale devono presentare nella prima seduta utile le proprie dimissioni dal Consiglio che ne prende atto senza alcuna votazione". La proposta è stata presentata nella sede regionale del partito. "Una proposta molto attuale - ha detto il leader regionale Massimo Fantola - siamo d'accordo sulla bocciatura della Statutaria ma il nostro spirito riformatore ci impone di salvaguardare una nostra vecchia legge che per la prima volta prevedeva, era il 1992, nella storia dell'autonomia anche l'incompatibilità fra l'ufficio di assessore e quello di consigliere. L'obiettivo di questa proposta è quello di rispettare uno dei capisaldi logici-filosofici del sistema democratico occidentale, e in particolare quello presidenziale. Ma anche evitare il ripetersi di inconvenienti che portino alla instabilità dei governi. Una incompatibilità che ha origini storico-teoriche molto lontane". "E' essenziale - ha aggiunto il consigliere regionale Pierpaolo Vargiu - rispettare la storica separazione dei poteri fra legislativo ed esecutivo secondo i principi dei moderni stati costituzionali". Un principio ricordato anche nella relazione dei proponenti: "Ci deve essere una distinzione fra chi amministra e chi è chiamato a controllare l'operato dell'amministratore ed è abbastanza evidente che la commistione dei ruoli ed in particolare il cumulo di entrambe le funzioni comporterebbe un evidente conflitto di interessi". -->

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Una normativa da riordinare (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Calabria, Il" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Una normativa da riordinare Incontro al Dipartimento regionale Lavori Pubblici sul rischio sismico. Incarnato: “Serve l’apporto di tutti” CATANZARO. Il riordino amministrativo della normativa sismica in Calabria e del relativo documento di attuazione è stato il tema di un incontro, che si è tenuto nella sede del dipartimento Lavori Pubblici, al quale hanno partecipato l’assessore Luigi Incarnato, il dirigente generale Roberto Sabatelli, i dirigenti di settore Luigi Zinno e Salvatore Siviglia, il presidente e il dirigente dell’Ance Calabria Francesco Cava e Felice Foresta, il direttore amministrativo di Eucentre Fabio Germagnoli. “Il confronto di oggi - ha affermato Incarnato - segna un altro passo avanti nel processo che la Regione Calabria ha avviato sin dal 2007, teso a favorire la riduzione del rischio sismico, sia per le nuove costruzioni, che per quelle già realizzate. “L’intera fase di riordino si concluderà entro la fine del 2009. Una seria e convincente politica di riduzione del rischio sismico - ha aggiunto l’assessore - sarà possibile solo se accompagnata dalla disponibilità di ingenti e adeguate risorse nell’ambito del Piano operativo regionale, mirate alla messa in sicurezza prioritariamente degli edifici ad uso strategico e, comunque, delle strutture con notevole concentrazione di persone”. Nel corso dell’incontro è stato fatto il punto della legislazione sismica nazionale e regionale, in rapporto alla sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile 2006. Come si ricorderà la sentenza ha radicalmente modificato i principi della Legge 741/81 (che prevede le modalità di deposito dei progetti e successivo controllo a campione), sancendo la necessità del regime autorizzativo a salvaguardia della pubblica e privata incolumità e dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione civile, eliminando il sistema del controllo a campione introdotto dalle varie leggi regionali e dalla stessa legislazione della Calabria. Gli effetti della sentenza costringono tutte le amministrazioni regionali a ridisegnare il sistema dei controlli. L’assessore Incarnato, oltre a ribadire la pericolosità sismica del territorio calabrese, ha ripercorso le tappe del lavoro fin qui svolto - a partire dalla legge regionale 7/1998 e dalle successive delibere di Giunta del 2007 e del 2008 - e, in particolare, si è soffermato sul protocollo di intesa con Eucentre (Fondazione costituita dal dipartimento della Protezione Civile della presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dall’Università degli Studi di Pavia e dall’Istituto universitario di Studi Superiori di Pavia), con il compito di promuovere e sostenere la ricerca nel campo dell’ingegneria sismica, d’intesa con gli Istituti universitari operanti in Calabria. L’assessore Incarnato ha precisato, altresì, che l’attività del dipartimento riguarda il riordino della citata legge regionale 7/1998, mediante un regolamento regionale di attuazione. Alla fine dell’incontro si è stabilito che l’assessorato, nei prossimi giorni, incontrerà tutti gli altri soggetti operanti nel settore (Anci, Ance, Unioncamere e altre categorie), mentre gli Ordini professionali, sulla scorta dei documenti elaborati dal dipartimento, faranno pervenire entro un mese le proprie osservazioni, utili a definire la materia. (12-05-09)

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Este sau nu Micki spaga un patriot? (sezione: Giustizia)

( da "Romania Libera" del 12-05-2009)

Argomenti: Giustizia

> Cititi online anunturile din ziarul “Romania libera”: Este sau nu Micki spaga un patriot? Cristian Ghinea Miercuri, 13 Mai 2009 Prin 2004 am enervat cumplit guvernul de atunci pentru ca am ridicat inclusiv la Bruxelles problema banilor de publicitate prin care ministerele cumparau presa (cam cum a inceput sa practice doamna Udrea mai nou). Era tocmai pe cand Romania trebuia sa incheie negocierile de aderare si subiectul pica prost, o asa interventie grobiana pe piata presei s-a lasat cu o mustruluire in Raportul de tara. A pune Guvernul pe jar tocmai intr-un asemenea moment de inalta importanta s-a lasat cu ceva reprosuri cum ca nu am fi patrioti. Nu stiu de ce in Romania "patriotismul" are prostul obicei de a se confunda cu punerea batistei pe tambal. Monica Macovei a fost intrebata intr-un interviu despre legarea fondurilor europene de chestiunea justitiei si a declarat: "Nici eu nu v-as da bani dvs. daca nu as fi sigura ca-i folositi corect. (...) Daca politicienii, judecatorii, CSM-ul nu rezolva problemele, atunci cred ca trebuie sa folosim presiunea externa, asa cum am folosit-o pentru orice schimbare reala din 1990 pana acum. Vreau sa avem garantia ca banii nu se duc in buzunarul lui Ionescu, ci spre binele comunitatilor si dezvoltarea tarii". Mircea Geoana a acuzat aceste declaratii ca reprezinta "o atitudine antinationala" si a facut un apel la conducerea PDL "pentru a analiza daca aceste declaratii sunt conforme cu statutul unui europarlamentar roman. Monica Macovei a facut un gest ostil la adresa intereselor romanesti". Interesant este ca atat PSD, cat si PDL isi propun in mod oficial in programele politice pentru europarlamentare ridicarea monitorizarii pe justitie. Mircea Geoana si Traian Basescu se cearta in declaratii de presa si isi arunca pisica unul altuia, semn ca macar sunt bine informati si au auzit si ei ca raportul Comisiei Europene va fi foarte critic. Remarc incapatanarea cu care Monica Macovei isi sustine liber opinia chiar si atunci cand contravine cu linia oficiala a partidului din care acum face parte. Ea sparge un consens destul de ilogic intre PDL, PSD si PNL, despre care vorbeam acum doua saptamani aici. Practic, toate cele trei partide sustin incheierea monitorizarii, chiar daca din motive diferite. Argumentul ca Romania pierde din prestigiul sau in UE este unul temeinic si pot accepta ingrijorarea politicienilor din acest punct de vedere. Insa din perspectiva mai larga a intereselor societatii romanesti nu mi-e la fel de clar de ce trebuie sa ne angajam cu totii in mod heirupist sa presam Comisia pentru a inceta monitorizarea. Am facut ce am promis inainte de 2007? Nu, evident. Mai avem dosare politice blocate in Parlament? Da. Avem tratament preferential pentru dosarele de coruptie, mai ales unde sunt implicati demnitari? Da, evident. A inlaturat CSM conflictele de interese ale membrilor sai? Nu. Atunci, de ce sa ne bucuram ca se incheie monitorizarea? Este asta lipsa de patriotism? Ma indoiesc. Lipsa de patriotism este, de pilda, sa tii dosarele in Parlament, sa dai sentinte cu suspendare pentru coruptie, sa incasezi doua salarii ca sef de instanta si membru CSM. Este un exemplu bun atunci cand lipsa de patriotism se confunda cu nesimtirea. PDL este intr-o situatie bizara pentru ca, desi a sustinut indeplinirea criteriilor angajate inainte de aderare, acum doreste incetarea monitorizarii, desi nu indeplinim acele criterii. Monica Macovei este in situatia bizara de a avea dreptate impotriva curentului general. Iar PSD este in pozitia confortabila in care a sabotat coerent lupta cu coruptia si acum se pune in fruntea curentului care cere incetarea monitorizarii. Se petrece un transfer simbolic de legitimitate: nu coruptia este problema, ci monitorizarea. Iar usurinta cu care Mircea Geoana vorbeste despre atitudini antinationale arata ca PSD vrea sa capitalizeze orgoliul national ca arma electorala. Avem bube in cap in Europa? Macovei este de vina, dar si aia care ne critica, nu noi care votam prostii in Parlament. Mai mult, liderul PSD imparte si biletele de voie pentru intrarea in Parlamentul European. In aceasta logica, putem sa facem mizerii la noi acasa, dar cand iesim in lume ne imbracam frumos, ascundem gunoiul sub pres si zambim frumos la poza. Tot in aceasta logica, eu ar trebui sa ma intalnesc cu expertii de la Comisia Europeana si sa le zic: bai, fratilor, oricate prostii am fi facut meritam sa scapam de rusine, macar suntem buni patrioti! Nastase a importat legal bideul din China, Micki spaga ramane cu ce a furat, daca nu ne-ati convins atatia ani sa-i condamnam, asta e viata! C’est la vie adica, noi suntem patrioti! Ne putem intreba in mod legitim daca monitorizarea mai este sau nu eficienta si daca legarea de fondurile europene reprezinta o amenintare credibila pentru decidentii romani. Este interesant sa scriem studii si sa discutam aceste chestiuni pe la conferinte. Dar daca se pune chestiunea in termeni de patriotism, atunci imi pare rau, eu refuz sa fiu genul acesta de patriot. Sunt Micki spaga si Adrian Nastase destul de patrioti si pentru mine. Din aceeasi categorie: Paradisuri diaboliceCorul premierilor canta pe trei vociPret si dispret Voteaza

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Dopo tre infrazioni la legge punisce col divieto di navigare da due mesi a un anno (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Dopo tre infrazioni la legge punisce col divieto di navigare da due mesi a un anno DAL CORRISPONDENTE A PARIGI Appuntamento all'autunno, quando la nuova «Alta autorità per la diffusione e la protezione dei diritti su Internet» (Hadopi) spedirà le prime mail di avvertimento ai pirati, premessa per le prime sospensioni del servizio ai reprobi recidivi, che debutteranno nel 2010. Al secondo tentativo il governo ce l'ha fatta; il senato ha approvato la contestatissima legge sulla protezione dei diritti nella Rete: 296 voti contro 233, maggioranza risicata, dove mancano fragorosamente 44 voti del partito di maggioranza e dei suoi alleati del Nuovo centro. Segno che il progetto del ministro della Cultura Christine Albanel ha davvero messo in burrrasca la società civile: «Mi spiace non aver registrato una maggioranza più larga» ha commentato acida. Resta, e tutt'altro che coreografico, il ricorso alla Corte costituzionale già annunciato dalla Gauche che parla di «legge eccezionale e di intimidazione». Si fa efficacemente appello al parlamento europeo: un appena votato «emendamento 138» impone infatti in questo campo prima di ogni sanzione una pronuncia del giudice. Insomma Hadopi nasce già con dubbi di illegalità. Ma al governo interessava anche e soprattutto imbarazzare i socialisti, alle prese con la furia del mondo dello spettacolo dal cineasta Luc Besson all'attore Michel Piccoli, tutti a favore della legge. Ora la Francia dispone di un arsenale per arginare la pratica di scaricare illegalmente musica e film che non ha eguali in nessun altro Paese: un prima avvertimento sarà inviato al pirata colto sul fatto; in caso di recidiva entro sei mesi secondo avviso questa volta per raccomandata; al terzo «furto» in un anno il servizo internet sarà sospeso da due mesi a un anno con l'impossibilità di sottoscrivere un altro contratto. L'abbonato continuerà però a pagare il canone, la classica doppia pena un tempo abborrita da Sarkozy. E' esclusa la creazione di un casellario dei pirati; i fornitori di internet daranno alla Alta autorità incaricata delle sanzioni solo nome e coordinate elettroniche e postali del punito. A questo risoluto armamentario repressivo potrebbe dare uno sgambetto la tecnologia: esistono già software come «Freezer» inventato da un geniale studente francese di 18 anni che permettono di sfuggire ai controlli. \

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Brescia, la prima delle Procure disagiate (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Brescia" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Edizione: 13/05/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:la città Brescia, la prima delle Procure «disagiate» Organico carente in Procura: Brescia è la prima delle sedi «disagiate» individuate a livello nazionale dal Guardasigilli Alfano. Cinque secondo il ministero i pm che mancano all'appello, ma nove sono i posti di fatto vacanti da mesi, cosa che comporta un superlavoro per i pochi colleghi rimasti negli uffici giudiziari. Un problema che era stato evidenziato da tempo dal procuratore capo Nicola Pace e dal procuratore aggiunto Fabio Salamone. Il ministro della Giustizia ha dichiarato «disagiate» ben 41 Procure in tutta Italia, proprio per le gravi scoperture d'organico e la nostra è la prima della «lista nera», seguita dalle procure di Caltanissetta, Gela, Palmi, e Trapani dove sarebbero quattro i posti da sostituto procuratore vacanti. Una dichiarazione non da poco, dal momento che i magistrati che andranno a coprire quei posti godranno di incentivi economici. Buona parte delle Procure dichiarate disagiate si trovano nel Sud: 13 solo in Sicilia per 31 posti da pm vuoti, 7 in Calabria (13 le vacanze) 3 in Sardegna e due in Basilicata. Ma anche il Nord non è da meno: 11 le Procure individuate, tra le quali quella di Brescia e quella di Trieste, ma pure di Milano, Alba, Aosta, Biella, Casale Monferrato, Crema, Lecco, e Vercelli. Alfano le ha scelte tra 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado indicati dalla Terza Commissione del Csm «attraverso una valutazione - sottolinea il ministro in una lettera al vice presidente del Csm Nicola Mancino - che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze nonchè della specificità territoriale e criminale di alcune sedi del Sud». Complessivamente i posti da coprire per il Guardasigilli sono 76 e già oggi o domani - ma tutto potrebbe saltare a causa di uno sciopero del personale di Palazzo dei Marescialli - il plenum dovrebbe metterli a concorso. Entro il 25 maggio (prorogabili sino al 29 se le domande saranno inoltrare per via gerarchica) i magistrati interessati potranno dare la loro disponibilità al massimo per 5 sedi, senza possibilità di revoca.

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AUTORITARISMO SUGLI IMMIGRATI (sezione: Giustizia)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

AUTORITARISMO SUGLI IMMIGRATI SEGUE DALLA PRIMA Si pensi a due tematiche che anche con un governo di destra liberale, di stampo europeo, non necessariamente dovrebbero richiedere interventi brutalmente repressivi, quello dei diritti civili e quello dell'immigrazione. Sul primo fronte non si sa parlare e intervenire se non in termini di divieti. Sono note le tattiche con le quali si è negato alle coppie di fatto - ormai una moltitudine nel nostro Paese - un qualsiasi riconoscimento pubblico tramite i Pacs. Poi, per i temi della bioetica, i rifiuti si susseguono: dalla sperimentazione di nuove terapie alla procreazione medicalmente assistita (è toccato alla Corte Costituzionale eliminare le norme più restrittive della legge che regola la materia), dalla sperimentazione su embrioni umani al testamento biologico. Quanto ai migranti, non c'è provvedimento che non segni una limitazione della loro condizione. Non ci sono più solo le uscite alla Borghezio o alla Gentilini. Si susseguono le norme restrittive sui ricongiungimenti familiari, sui matrimoni misti, sulla concreta possibilità di accedere alle cure sanitarie, sull'istruzione; e gli inasprimenti penali. Come se tutto ciò non bastasse, oggi ci sono i «respingimenti in mare», operazioni che, a tacer d'altro, non consentono neppure di verificare se fra i poveri cristi rigettati in Libia vi siano persone che avrebbero diritto all'asilo politico. Non c'è protesta che conti. Si muovono organizzazioni umanitarie di ogni tipo, i giuristi, organismi europei, il Vaticano, addirittura l'Onu. Niente da fare: tanta gente che vota vuole che si operi così. E per chiarire di quale tipo di destra sia fatta questo governo, c'è anche l'autorevole deputato della maggioranza che osa proporre che alcuni vagoni della metropolitana di Milano siano riservati ai milanesi. Anche su questa idea, del resto, tanta gente della Padania (e forse non solo) potrebbe essere d'accordo. Giovanni Palombarini

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Giudice di serie B (sezione: Giustizia)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Giudice di serie B Giudice di serie B Un turno a Pianu Dopo il posticipo Treviso-Vicenza, il giudice ha squalificato per una giornata Pianu, difensore del Treviso. Salterà la trasferta di Avellino. Treviso Primavera Sabato con la Reggina Si giocherà alle 14 al «Tenni» sabato 16 maggio l'andata degli ottavi di finale del campionato Primavera fra Treviso e Reggina. Zigoni e Vicente saranno dirottati per l'occasione dalla prima squadra alla formazione di Bosi. Serie D, le squalifiche Monte, stop per due Sono stati squalificati per una giornata dal giudice di serie D due giocatori del Montebelluna: Scappin e Schiavon. Nessuna squalifica per l'Union Quinto. Spareggi Eccellenza Liapiave-Monfalcone E' il Monfalcone l'avversario del primo turno degli spareggi-promozione di Eccellanza per il Liapiave: andata il 24 maggio a San Polo, ritorno in Friuli il 31. Intanto venerdì grande festa della società con 200 invitati al «Vecio Morer» di Cimadolmo. Amichevole di lusso L'Istrana dal Chievo Domani alle 15 il Chievo ha invitato per un'amichevole sul campo di Veronello il Gasparini Istrana, fresco di salvezza in Promozione, in cui milita l'ex gialloblù Andrea Giordano. Spareggi di Terza Domenica in campo La Figc provinciale ha deciso il primo turno di playoff (sola andata) per la Terza categoria: domenica 17 maggio Cimapiave-Campolongo, Ardita Pero-Santa Giustina, Csm Resana-San Gaetano, Fontane-Rovere. Inoltre si giocherà Follinese-Valdosport per il titolo provinciale (neutro di Volpago). Scuole calcio Basalghelle col Bologna Il Basalghelle è entrato nel progetto «05-13 kids» del Bologna, che annovera 26 società dilettantistiche in tutta Italia.

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Mantovano: Non è vero, la Bossi-Fini garantisce (sezione: Giustizia)

( da "Arena, L'" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 13 Maggio 2009 NAZIONALE Pagina 2 I FAVOREVOLI Mantovano: «Non è vero, la Bossi-Fini garantisce» ROMA Nel pacchetto sicurezza non si nasconde il rischio che una madre immigrata possa non registrare all'anagrafe il proprio figlio perché clandestina. «Ma la Bossi-Fini» spiega il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, «prevede all'art. 19 comma 2, che la donna irregolare che dà alla luce un bambino, ha titolo per ottenere un permesso di soggiorno di sei mesi e quindi diventa regolare. La Corte Costituzionale, poi, ha dato la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno anche al padre». Quindi, sottolinea Mantovano, entrambi i genitori hanno titolo a fare tutto, anche la denuncia all'anagrafe del bambino. Secondo Mantovano, dunque, il reato di clandestinità e la non possibilità di richiedere licenze o atti di stato civile per gli irregolari non creano il rischio che si rinunci a denunciare i neonati. Tutto nasce dal comma f dell'art. 45, approvato dal Senato, chiamato a sostituire due righe dell'art. 2 del decreto legislativo 286 del 1998 sull'immigrazione. Dunque è previsto l'obbligo di presentare il permesso di soggiorno «ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti», per la richiesta degli «atti di stato civile o per l'accesso a pubblici servizi». Secondo il ddl sicurezza, non serve il permesso di soggiorno per motivi sportivi e ricreativi e, questa la novità, per «l'accesso alle prestazioni sanitarie».  

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Immigrati irregolari, scontro sui (sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Primo Piano Pagina 104 Immigrati irregolari, scontro sui «figli invisibili» --> ROMA Nel giorno del voto di fiducia alla Camera sul ddl sicurezza non si placano le polemiche sulle norme riguardanti lo stato civile degli immigrati irregolari. Punto controverso è, in particolare, l'interpretazione delle misure relative all'iscrizione dei neonati all'anagrafe. Secondo associazioni e opposizione i figli degli irregolari rischiano di diventare «invisibili» in quanto non saranno iscritti all'anagrafe dai genitori per evitare che mamme e papà senza permesso di soggiorno siano denunciati ed espulsi. Con la possibilità, segnalata dal Pd, di arrivare alla messa in adozione. Replica il governo tramite il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano: nel pacchetto sicurezza non si nasconde il rischio che una madre immigrata possa non registrare all'anagrafe il proprio figlio perchè clandestina. LE CRITICHE DEI GIURISTI Per ogni pratica anagrafica, dalla nascita al matrimonio, servirà quindi la presentazione del permesso di soggiorno a meno di incorrere nella denuncia di immigrazione clandestina. Secondo l'Associazione di studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) il ddl sicurezza rischia di dare vita a vere e proprie «società parallele» di immigrati irregolari, anzi «invisibili». La questione riguarda in particolare la donna clandestina che partorisce in Italia, ma non è in possesso del permesso di soggiorno: se iscriverà il figlio all'anagrafe potrà essere denunciata per immigrazione clandestina. LA REPLICA DEL GOVERNO «La Bossi-Fini prevede all' articolo 19, che la donna irregolare che dà alla luce un bambino ha titolo per ottenere un permesso di soggiorno di sei mesi. Quindi da irregolare diventa, a tutti gli effetti, regolare. La Corte Costituzionale ha dato la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno anche al padre, se irregolare». Ciò significa che entrambi i genitori hanno titolo a fare tutto, compresa la denuncia all'anagrafe del bambino. Amnesty International, Consiglio italiano per i rifugiati, Medici Senza Frontiere, Save the Children e Società italiana di medicina delle migrazioni e la stessa Asgi hanno espresso «profonda preoccupazione per le barriere all'esercizio di alcuni diritti fondamentali da parte dei migranti, che sorgerebbero con l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale.

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autoritarismo sugli immigrati (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Venezia, La" del 13-05-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino di Padova, Il)

Argomenti: Giustizia

Pagina 10 - Regione AUTORITARISMO SUGLI IMMIGRATI SEGUE DALLA PRIMA Si pensi a due tematiche che anche con un governo di destra liberale, di stampo europeo, non necessariamente dovrebbero richiedere interventi brutalmente repressivi, quello dei diritti civili e quello dell'immigrazione. Sul primo fronte non si sa parlare e intervenire se non in termini di divieti. Sono note le tattiche con le quali si è negato alle coppie di fatto - ormai una moltitudine nel nostro Paese - un qualsiasi riconoscimento pubblico tramite i Pacs. Poi, per i temi della bioetica, i rifiuti si susseguono: dalla sperimentazione di nuove terapie alla procreazione medicalmente assistita (è toccato alla Corte Costituzionale eliminare le norme più restrittive della legge che regola la materia), dalla sperimentazione su embrioni umani al testamento biologico. Quanto ai migranti, non c'è provvedimento che non segni una limitazione della loro condizione. Non ci sono più solo le uscite alla Borghezio o alla Gentilini. Si susseguono le norme restrittive sui ricongiungimenti familiari, sui matrimoni misti, sulla concreta possibilità di accedere alle cure sanitarie, sull'istruzione; e gli inasprimenti penali. Come se tutto ciò non bastasse, oggi ci sono i «respingimenti in mare», operazioni che, a tacer d'altro, non consentono neppure di verificare se fra i poveri cristi rigettati in Libia vi siano persone che avrebbero diritto all'asilo politico. Non c'è protesta che conti. Si muovono organizzazioni umanitarie di ogni tipo, i giuristi, organismi europei, il Vaticano, addirittura l'Onu. Niente da fare: tanta gente che vota vuole che si operi così. E per chiarire di quale tipo di destra sia fatta questo governo, c'è anche l'autorevole deputato della maggioranza che osa proporre che alcuni vagoni della metropolitana di Milano siano riservati ai milanesi. Anche su questa idea, del resto, tanta gente della Padania (e forse non solo) potrebbe essere d'accordo. Giovanni Palombarini

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sedi disagiate 4 procure dell'isola (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

L'elenco del ministro Sedi disagiate 4 Procure dell'isola CAGLIARI. Sono 41 le procure, fra cui quelle di Nuoro, Oristano, Tempio e Lanusei - per un totale di 76 posti vacanti da coprire - individuate come sedi disagiate dal Guardasigilli Angelino Alfano nell'ambito dell'elenco complessivo di 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado trasmesso al dicastero dal Csm. A Nuoro mancano due magistrati, a Oristano, Tempio e Lanusei uno. Palazzo dei marescialli dovrà ora approvare in plenum il bando di pubblicazione di questi posti, cosa che dovrebbe accadere già questa settimana. I magistrati interessati dovranno dare la propria disponibilità per 5 sedi entro il 25 maggio. L'elenco delle sedi disagiate è stato stilato dal ministro e inviato al Csm tenendo conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di posti vacanti, delle pendenze nell'ufficio e della specificità territoriale e criminale che riguardano uffici del Sud.

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Procura, sede disagiata (sezione: Giustizia)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 13 Maggio 2009 CRONACA Pagina 15 GIUSTIZIA. Anche l'ufficio bresciano tra i quarantuno dicharati con organico insufficiente dal ministro Alfano Procura, sede disagiata È la città messa peggio: concorso per cinque posti incentivi per i magistrati che accetteranno C'è anche la procura di Brescia tra le 41 dichiarate sedi disagiate, per gravi scoperture di organico, dal ministro della Giustizia Angelino Alfano. E Brescia è quella messa peggio: in organico la procura dovrebbe avere 24 magistrati, 22 sostituti e 2 procuratori aggiunti. In realtà negli uffici della procura bresciana, divisa in due sedi e pronta a trasferirsi nel nuovo palazzo di via Gambara, sono effettivamente in servizio un procuratore aggiunto e 10 sostituti procuratori, oltre al procuratore capo. Per la procura della nostra città il ministro ha deciso che venga pubblicata in concorso la disponibilità di cinque posti. I magistrati che sceglieranno le sedi disagiate riceveranno un incentivo economico. Pare che l'incentivo si aggiri su duemila euro al mese. Obiettivo del ministro è di coprire 76 posti da pm. La maggior parte delle sedi disagiate sono dislocate al Sud: 13 in Sicilia per complessivi 31 posti da pm vuoti, 7 in Calabria (13 le vacanze) 3 in Sardegna e due in Basilicata. Ben 11 sedi disagiate sono a Nord e tra queste c'è anche Brescia, con 5 posti da riempire (e una vacanza di undici posti). In grave situazione al Nord anche Trieste, sei uffici del distretto di Torino (Acqui Terme, Alba, Aosta, Biella, Casale Monferrato, Vercelli) e due del distretto di Milano (Lecco e Voghera). Le sedi sono state scelte dal ministro tra 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado indicati dalla Terza commissione del Csm. In tutto i posti da coprire sono, come detto, 76 e già oggi o domani - ma tutto potrebbe saltare a causa di uno sciopero del personale di Palazzo dei Marescialli - il plenum dovrebbe metterli a concorso. Entro il 25 maggio (la data è prorogabile fino al 29 se le richieste saranno inoltrate per via gerarchica) i magistrati interessati potranno dare la loro disponibilità al massimo per cinque sedi. La disponibilità non potrà essere revocata. Dall'elenco del ministro emerge dunque, chiaramente, che è la procura di Brescia quella a essere nella peggior situazione di emergenza seguita a ruota da quelle di Caltanissetta, Gela, Palmi e Trapani, ognuna con quattro posti scoperti. Tre, invece, i posti senza titolare a Catanzaro, Enna, Locri, Termini Imerese e Vibo Valentia. Due i posti da inserire in concorso per Crotone, Gorizia, Lamezia Terme, Nuoro, Paola, Patti, Ragusa, Sciacca e Voghera. Un solo posto da coprire per le altre sedi.  

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Ingenuamente pensavo che i processi di liberalizzazione riguardassero l'interesse generale dell... (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

MASSIMO SOLANI Ingenuamente pensavo che i processi di liberalizzazione riguardassero l'interesse generale della cittadinanza e non le ideologie o i condizionamenti di partito. Forse mi sbagliavo». Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori, è un fiume in piena mentre scorre i suoi appunti sulla marcia a tappe forzate che la maggioranza sta portando avanti per abbattere le liberalizzazioni del governo Prodi. «Questo - dice - è un governo a cui stanno più a cuore gli interessi dei poteri forti e delle lobby che non quelli di milioni di cittadini». Che non avranno più nemmeno lo strumento della class action per chiedere tutela. «Così si nega ai consumatori uno strumento fondamentale di difesa dei propri diritti che assicura trasparenza all'intero mercato. Non dimentichiamo che la class action è nata negli Stati Uniti ossia nel paese capitalistico per eccellenza, non in Unione Sovietica. Ed è stata pensata per avere un mercato meno asimmetrico, più trasparente e regolato in favore della parte più debole. Se, come la maggioranza sembra intenzionata a fare, si dovesse annullare la retroattività della class action sarebbe un fatto gravissimo, un vulnus all'idea stessa di un mercato più vicino ai consumatori. Ma qualora dovesse passare una norma così solleveremo il problema di fronte alla Corte Costituzionale». Il menu della controriforma in atto sul tema liberalizzazioni è lungo. Parliamo di sanità? «Questo è un governo che si definisce liberale e attento al mercato, ma ho l'impressione che l'attenzione invece sia tutta concentrata ai diritti dei poteri forti. Non si spiegano altrimenti tutti i tentativi di annullare quello che è stato fatto per rendere più simmetrici i poteri del mercato. E le novità nel settore sanitario lo dimostrano ampiamente: con la possibilità di vendita dei farmaci da banco al di fuori delle farmacie si è creato un aumento della qualità del servizio, una diminuzione dei prezzi stimata fra il 18 e il 25% e migliaia di nuovi posti di lavoro. E il centrodestra che fa? Azzera le possibilità di esistenza delle parafarmacie decretandone la morte da qui a dieci anni. Un colpo di spugna francamente incomprensibile, a meno che non lo si voglia vedere come un favore alle vecchie corporazioni». Scorriamo ancora la lista? Parliamo delle novità in tema di assicurazioni? «Questo è un settore fondamentale per la vita dei cittadini in cui le norme volute da Bersani introdussero novità importantissime: dall'indennizzo diretto al plurimandatario, fino alla modifica dei contratti pluriennali. In questo settore il cittadino è debolissimo di fronte ai grandi potentati eppure il governo sta facendo di tutti per azzerare le nuove norme. E non va meglio nel settore dei carburanti: i costi di benzina e gasolio sono saliti alle stelle sulla scia del rialzo del petrolio, eppure non è mai stata utilizzata la possibilità, introdotta da Bersani, di congelare le accise». Eppure si puntava addirittura alla liberalizzazione dei punti vendita. Sparirà anche quella? «Era la via maestra per ingenerare un meccanismo virtuoso di riduzione dei prezzi introducendo la possibilità di vendita dei carburanti nella grande distribuzione. E invece la maggioranza vuole introdurre norme che obblighino gli impianti a fornire anche gas e metano, ben sapendo che supermercati e grandi magazzini non avranno gli spazi sufficienti. Questo significa dare colpi mortali al processo di liberalizzazione del settore ignorando che proseguendo su questa via si potrebbero risparmiare ben 6 o 7 centesimo al litro». Ultima tappa: le tariffe minime per le libere professioni. «Qui siamo ancora al livello di iniziative e movimenti sotterranei, ma ci sono già disegni di legge in campo. Mentre clamorosa è la proposta di legge che mira a modificare il meccanismo di elezione dei concessionari per l'energia. Oggi servono i due terzi, domani basterà la maggioranza semplice. Il che vuol dire ricondurre l'Autorità sotto la sfera di influenza del governo, un progetto che mina alla radice la possibilità di autonomia di figure alle quali, per loro stessa natura, si chiede di essere al di sopra delle parti».

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Ezio Pelino La Chiesa e i suicidi Chi non ricorda la cassa di Welby sul piazzale, fuori della ... (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Ezio Pelino La Chiesa e i suicidi Chi non ricorda la cassa di Welby sul piazzale, fuori della chiesa chiusa, sbarrata? Lì è rimasta a lungo, sola, nel vento freddo. Inutilmente la moglie, credente, ha bussato alla porta della parrocchia. Non era degno di un funerale religioso perché aveva detto basta ad una non-vita, ad una interminabile dolorosa agonia. Un suicida in peccato mortale. Ora, nella mia città, un finanziere uccide la moglie, la suocera e si uccide. Per lui, pluriassassino e suicida, quella porta si è aperta e si sono tenuti regolarmente i funerali religiosi. Con tutta l'umana pietà per questa tragedia familiare, non si può non chiedersi il perché di questa differenza di trattamento. La Chiesa presume di parlare e decidere nel nome di Dio, ma la divinità non è capricciosa, ce l'hanno insegnato tutti i filosofi. E non condanna una persona, un capro espiatorio, perché vuole condannare un principio, quello dell'autodeterminazione di fronte all'accanimento terapeutico. Riteniamo, religiosamente, che ha la stessa infinita misericordia per tutti gli uomini che soffrono o che sbagliano. Aurelio del Vecchio Toghe governative? Auspico che in tempi rapidi il Csm chiarisca quanto appreso da "la Repubblica" del 9 maggio, sul perché, a fronte dell'inchiesta sui rifiuti, il Procuratore Capo di Napoli, Giandomenico Lepore, abbia operato la scelta di separare alcune posizioni, tra le quali quella del Prefetto Pansa e del Sottosegretario Bertolaso. Lo stralcio sarebbe stato dettato dall'esigenza di non turbare il governo, teso a risolvere la grave emergenza, che attanagliava la Campania. Ciò si apprende da una lettera inviata al Csm dal Procuratore aggiunto De Chiara. Non vorrei che l'intento di non turbare il governo in carica, corrispondesse per intero ad un deprecabile "non disturbare il manovratore". La qual cosa, se confermata in tali termini, ha per me un senso eversivo, con un potere giudiziario remissivo e dipendente dal potere politico. Altro che "toghe rosse" sempre evocate da Berlusconi, per inficiare e denigrare tutte le inchieste, che lo hanno riguardato, fino a costringere egli il Parlamento a leggi "ad personam". Stefano Sguinzi Un lungo percorso di vita Dopo un lungo percorso di vita, sono prossimo ai 72 anni, mi sento profanato, tradito da quanto sta accadendo sotto i nostri occhi. Come milanese mi vergogno che ci sia qualcuno che voglia ricostruire l'apartheid in quella che è stata la capitale morale dell'Italia e che qualcun altro voglia ricostituire le ronde notturne nel tentativo di mettere un argine al diffondersi della violenza quando, in un non dimenticato passato, sono state responsabili di aggressioni inaudite. Come cattolico mi sento moralmente offeso che ci siano uomini che menano vanto di riportare ai porti di origine gli immigrati catturati in mare senza neppure verificare chi sono e chiedersi che cosa li attenda una volta ritornati al luogo di origine. Come cittadino italiano mi fa schifo sentire il nostro Premier affermare che noi non siamo un Paese multietnico quando è universalmente noto che potremo salvarci economicamente accettando la capacità di lavoro degli altri. Germana Cesarano Non dimentichiamo la Shoah! Ho avuto modo di conoscere una signora romana moglie di un sopravvissuto ai campi di sterminio. Anche suo padre è morto nei campi. Lei fortunatamente è scampata alla deportazione ma, ancora oggi, quando deve parlare di quel periodo, ricorda con le lacrime di essere stata cacciata perché ebrea dalla scuola italiana e di non aver potuto frequentare le elementari. Alla fine della guerra non ha potuto più farlo. Questa espulsione le ha lasciato una ferita ancora oggi aperta. Forse la sua testimonianza andrebbe fatta ascoltare a chi vuole impedire ai bambini, perché clandestini, di non avere uguali diritti. Eralda Caserio Ovadia in bacheca Bravo a Moni Ovadia, essere umano grandissimo, intellettuale che sa parlare perché è vivo, invece di essere imbalsamato come tantissimi politici e, purtroppo, tanti intellettuali. Ho ingrandito il suo articolo del 9 maggio e lo metterò ben in vista in bacheca presso il mio Municipio.

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LEGGE 40: SE LA DESTRA CI RIPROVA (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

LEGGE 40: SE LA DESTRA CI RIPROVA DOPO LA SENTENZA DELLA CONSULTA Un mese fa, quando la Corte Costituzionale bocciò parzialmente la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, eliminando alcune delle sue parti più controverse, la maggioranza di centro-destra, si affannò a spiegare che la sentenza non ne intaccava comunque l'impianto. Ora disponiamo delle motivazioni della sentenza, ed emerge chiaramente la pretestuosità di quelle affermazioni: si tratta di una bocciatura senza appello della legge. Non poteva che essere così. La Corte Costituzionale ha detto "no" ad una legge irragionevole e iniqua, che in ossequio a finalità ideologiche non ha alcun rispetto per la salute della donna e la libertà della scienza: diritti che, giova ricordarlo, sono espressamente tutelati e garantiti dalla Costituzione. Viene sancito che non spetta al legislatore individuare di volta in volta il numero di embrioni idoneo «per assicurare un serio tentativo di procreazione assistita, riducendo al minimo ipotizzabile il rischio per la salute della donna e del feto». E viene dettoi che il limite dei tre embrioni per volta da impiantare contemporaneamente in utero, viola l'articolo 3 della Costituzione, «sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza». Esattamente quello che come associazione Luca Coscioni avevamo sostenuto fin dal primo momento. Si tratta di una sentenza importante: consente una maggiore tutela della salute della donna; e restituisce quella necessaria flessibilità di scelta sulla quantità di ovuli da impiantare che spetta alla professionalità del medico valutare, caso per caso. Una sentenza che potrà contribuire a ridurre l'avvilente fenomeno del turismo procreativo. La Società italiana di studi di medicina della riproduzione ricorda che sono circa 10mila ogni anno le coppie costrette a rivolgersi a centri esteri di procreazione assistita. Ora occorrerà vigilare. La sottosegretaria al Welfare Eugenia Roccella, all'indomani della sentenza, ha promesso nuove linee guida per i centri specializzati che giustamente lamentano la mancanza di indicazioni concrete. Da questa maggioranza ci si può benissimo aspettare il tentativo di inserire disposizioni che ripristino il divieto di analisi pre-impianto e cerchino di annullare la sentenza della Corte Costituzionale. Per questo propongo un tavolo condiviso fra società scientifiche, istituzioni e associazioni di pazienti, con naturalmente - se vorrà partecipare - il vice-ministro alla Sanità Ferruccio Fazio; un tavolo che consenta di identificare un percorso nuovo, nell'interesse della salute delle donne. Deputata Radicale

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L'ultima crociata di Ghedini contro le nuove Wanna Marchi (sezione: Giustizia)

( da "Tempo, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

stampa Il Pdl all'attacco. Jole Santelli presenta una proposta di legge: pene più dure L'ultima crociata di Ghedini contro le nuove Wanna Marchi Il Pdl contro i truffatori della tv . Un libro, un convegno e una proposta di legge saranno il tridente della nuova campagna del principale partito della maggioranza che parte stamattina. L'appuntamento è alla sala del Refettorio, Palazzo san Macuto, dove verrà presentato il libro «La strega della Tv: Wanna Marchi. Ascesa e caduta di un mito» scritto da Stefano Zurlo ed edito da Albatross Entertainment e Bietti media. A guidare la crociata Niccolò Ghedini, deputato anche se più noto per essere l'avvocato di Berlusconi, assieme a Jole Santelli, anche lei deputata consentina e avvocato penale (è stata anche sottosegretario alla Giustizia). Ci saranno anche il senatore del Pdl Piero Longo, anche lui avvocato e docente di diritto e procedura penale, il consigliere del Csm Fabio Roia, l'avvocato Marco Marzari, legale delle vittime, l'avvocato Carlo Rienzi, presidente Codacons, Alessandro Jacchia, presidente e amministratore delegato Albatross e Jimmy Ghione, inviato di Striscia la notizia. Fin qui le notizie essenziali. Dietro l'iniziativa c'è altro. Spiega Jole Santelli che presenterà alla Camera una proposta di legge per inasprire le pene contro i truffatori della tv: «È un reato davvero odioso perché approfitta della grande credibilità che ha la televisione italiana unita al fatto che punta sulla magia e l'occulto. Ebbene, il nostro codice non prevede questa particolare fattispecie che è più grave delle "normali" truffe». E dunque si andrà incontro a un inasprimento di pene? «Diciamo a una rimodulazione - spiega la Santelli -. Non si tratta semplicemente di inasprire ma di un provvedimento più organico». Come è nata questa iniziativa? «Innanzitutto leggendo i giornali e vedendo la tv. Poi abbiamo incontrato i legali delle vittime e indubbiamente ci troviamo di fronte a storie impressionanti. Non si rimane insensbili». Nessun imbarazzo che la politica corra dietro a un tg satirico? La deputata Pdl non si scompone per nulla: «In verità è un tg satirico che sa fare anche un ottimo giornalismo d'inchiesta. L'importante è la politica non resti ferma, sappia guardarsi attorno e decidere, difendere i più deboli».

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"de chiara è al fianco dei pm" - dario del porto (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina IV - Napoli Il merito "De Chiara è al fianco dei pm" Caso Lepore, il sostituto Amato rompe il silenzio. Verso l´assemblea Va riconosciuto al procuratore aggiunto di aver detto ciò che sapeva mostrando di stare vicino ai due magistrati in un passaggio tanto delicato: il dato significativo è questo DARIO DEL PORTO L´ipotesi circola ormai da un paio di giorni ma una decisione verrà presa solo domani: i sostituti della Procura di Napoli si riuniranno in via informale per valutare la possibilità di chiedere un´assemblea sul nuovo caso aperto intorno allo stralcio delle posizioni dei prefetti Guido Bertolaso e Alessandro Pansa dall´inchiesta rifiuti. Sarebbe la seconda in pochi giorni, dopo quella sfociata nel documento, firmato anche dal procuratore capo Giandomenico Lepore, che aveva determinato l´apertura della pratica "a tutela" dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo a seguito delle dichiarazioni del premier Berlusconi sui manager «eroi» di Impregilo. Adesso fra gli atti di quella pratica, che è stata discussa proprio ieri in prima commissione, c´è anche la nota inviata dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara per integrare il contenuto della sua audizione. Nella lettera, il coordinatore del pool Ecologia riferiva che Lepore aveva motivato la volontà di procedere allo stralcio, non condiviso dai pm Noviello e Sirleo, «con la preoccupazione per un eventuale deterioramento del rapporto istituzionale governo-magistratura partenopea». E dal fronte dei pm rompe il silenzio Sergio Amato, che commenta: «Va riconosciuto a De Chiara il merito di aver detto ciò che sapeva, mostrando di stare al fianco dei sostituti in un passaggio tanto delicato. Il dato significativo è questo, al di là delle considerazioni sui modi e sui tempi dell´iniziativa». Il procuratore, da parte sua, ha più volte ribadito di aver voluto innanzitutto garantire, con lo stralcio, la possibilità di esercitare a pieno il diritto di difesa agli indagati che non erano stati raggiunti (a differenza dei 25 per i quali fu chiesto e successivamente ottenuto il rinvio a giudizio) da misura cautelare. Ma ha anche aggiunto, il capo dei pm, di aver «soppesato limiti e conseguenze» che un´iniziativa ritenuta «in quel momento incompleta» avrebbe determinato sull´emergenza rifiuti che infuriava in quei giorni di luglio 2008. La prima commissione del Csm ha rinviato ogni decisione alla lettura completa degli atti, comprese le audizioni di Lepore e dei pm Noviello e Sirleo tenute davanti al consiglio giudiziario.

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Ford 2009 Gain Eases Investors' Bankruptcy Concerns Even as Losses Persist (sezione: Giustizia)

( da "Bloomberg" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

By Keith Naughton May 13 (Bloomberg) -- Ford Motor Co., whose founding family still wields power through a special class of stock, avoided a U.S. bailout and eased concerns that it would collapse. Investors are still waiting for losses to end. Forgoing aid helped Ford double its stock price this year, which probably heralds shareholders' fifth straight rejection of a bid to strip Henry Ford's heirs of their voting control at the company's annual meeting tomorrow in Wilmington, Delaware. Such an outcome would keep Ford on Chief Executive Officer Alan Mulally's plan for a break-even year in 2011 after deficits totaling $31.4 billion since the end of 2005. While losses would persist, Ford isn't sliding toward a bankruptcy like General Motors Corp. that would erase most of its equity. "All the shareholders' interests are aligned, which you didn't have for the last 40 years," said Bernie McGinn, CEO of McGinn Investment Management in Alexandria, Virginia, which holds more than 300,000 Ford shares. Ford, the only U.S. automaker to eschew a federal rescue, raised $1.43 billion yesterday by issuing 300 million shares of common stock. Mulally plans to use the proceeds to buttress the balance sheet and finance a union-run medical fund. The prospect of share-price dilution helped drag the stock to an 18 percent decline yesterday, the most since November. Ford fell $1.07 to $5.01 in New York Stock Exchange composite trading. The stock sale is an 11 percent increase in the 2.8 billion shares outstanding as of May 1, based on Bloomberg data. Safer' Company "Alan Mulally is taking advantage of the recent run-up in the stock price to make the company safer," McGinn said. "He's put some cash in the bank, gained some flexibility and kept the company out of government hands, where you have no say." Mulally, 63, will preside over his third annual meeting since joining Ford in 2006. While he hasn't delivered profits or paid a dividend, his borrowing of $23 billion almost three years ago cushioned Dearborn, Michigan-based Ford against losses including a record $14.7 billion last year while adding new models and cutting jobs. The voting-rights proposal echoes past battles more than anger over current performance. In 2006, shareholders arrived in Wilmington with the stock down 9.6 percent for the year while GM had surged 40 percent, stoking discontent. Now, GM likely will join Chrysler LLC in bankruptcy by June 1. Governance Proposal Dissident shareholders failed in their previous bids to amend the Class B stock structure that gives the Ford family 40 percent of the voting control over the 105-year-old automaker. The governance change polled 27.4 percent of the shares cast in 2007, its best showing. Directors including Executive Chairman Bill Ford and Edsel Ford II recommend rejection again this year. Yesterday's stock swoon may have been investors responding to a stock price that almost tripled since March 4, when Ford announced a plan that pared debt by $9.9 billion, said Kevin Tynan, an Argus Research analyst in New York. "Ford is trading on headline news right now," said Tynan, who advises selling the stock. "If you just made 200 percent, there's not a whole lot of reason to hang around." On May 6, Ford announced plans to spend $550 million to retool a Wayne, Michigan, sport-utility vehicle factory to make small cars, including an electric version of the Focus model. Low-interest U.S. loans to help build fuel-efficient vehicles may cover as much as $440 million of the cost. Ford has gained U.S. retail market share in six of the last seven months, even as its domestic sales have fallen 40 percent this year in the worst auto market in 27 years. Labor, Debt While GM and Chrysler struggled to reach accords with creditors and the United Auto Workers, Ford won UAW concessions to cut yearly labor costs by $500 million and engineered the debt-reduction deal. "It seems like Mulally is really feeling it, he's made some good calls," Shelly Lombard, a debt analyst for Gimme Credit of Montclair, New Jersey, said in an interview. "He's showing the market how Ford can be opportunistic." Supplier shutdowns remain a risk because Ford shares 70 percent of its partsmakers with GM and 64 percent with Chrysler, according to consulting firm CSM Worldwide in Northville, Michigan. GM is closing 14 plants for as much as nine weeks and Chrysler idled most factories until it emerges from Chapter 11. "There are still a lot of storm clouds on the horizon because of the supplier situation," said Tynan, the Argus analyst. "If Ford can get through that, they'll end up being the best domestic automaker. But that is no small if." Ford also may end up at a disadvantage should GM and Chrysler leave bankruptcy with lower costs and revitalized lineups from their $19.4 billion in U.S. cash infusions, Tynan said. Bill Ford, great-grandson of Henry Ford, told reporters at the Wayne factory announcement that it's premature to proclaim a turnaround after losses since the second half of 2005, the automaker's last profitable year. "For us to declare success right now would be wrong," said Ford, who ceded the CEO job when he hired Mulally. "We feel good about where we are, but we've got a long way to go." To contact the reporter on this story: Keith Naughton in Southfield, Michigan, at Knaughton3@bloomberg.net; Last Updated: May 13, 2009 00:01 EDT

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Estradato Demianjuk il "boia di Sobibor" (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

DAGLI USA A MONACO Estradato Demianjuk il "boia di Sobibor" BERLINO Potrebbe essere l'ottantanovenne sulla sedia a rotelle atterrato ieri mattina a Monaco di Baviera l'imputato dell'ultimo grande processo per crimini nazisti in Germania. Ex soldato dell'Armata rossa catturato dai nazisti nel 1942, l'ucraino Ivan Demianjuk si trasferì nel 1952 negli Usa, cambiando il suo nome in John e mentendo sul suo passato. Ma un documento di 21 pagine oggi lo accusa di aver aiutato i nazisti a uccidere 29.000 ebrei nel campo di sterminio di Sobibor, tra il marzo e il settembre del 1943. Vista la sua età gli inquirenti tedeschi non vogliono perdere altro tempo. Prima di tutto occorre infatti stabilire se sia in grado di seguire un processo, visto che la lista dei suoi acciacchi è lunga. È proprio a quella lista che la sua famiglia si è aggrappata per bloccare l'estradizione da Cleveland, la città in cui Demianjuk viveva finora. Invano. E così, dopo l'arrivo in aeroporto, l'uomo è stato trasferito in ambulanza nel carcere di Stadelheim. Nel pomeriggio di ieri gli è stato letto il mandato d'arresto. Demianjuk, dal canto suo, nega tutto e i suoi avvocati non escludono di ricorrere davanti la Corte costituzionale tedesca. \

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i penalisti preparano lo sciopero chiediamo il potenziamento - giampiero cocco (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 13 - Gallura I penalisti preparano lo sciopero «Chiediamo il potenziamento» Il nuovo organico prevede 18 magistrati e il presidente di sezione GIAMPIERO COCCO TEMPIO. Il potenziamento degli organici e l'introduzione di una figura apicale, nelle file della magistratura gallurese, qual'è quella del presidente di sezione, già prevista nel piano di rafforzamento approvato dal Csm e dal ministero della Giustizia. «Il G8 si è rivelato una falsa promessa, ma a noi serve una giustizia che funzioni per 365 giorni l'anno, non soltanto in occasione dei vertici internazionali» dice il presidete della camera penale Domanico Putzolu. Nei prossimi giorni si terrà un'assemblea degli avvocati penalisti per discutere sulla gravissima sistuazione che si è venuta a creare in tribunale con la partenza di diversi magistrati e il conseguente blocco dell'attività penale, che non solo procede a rilento, ma in alcuni casi è paralizzata. «Uno dei motivi riguarda il mancato rinnovo dei contratti di collaborazione con le società di stenotipia - spiega Domenico Putzolu - ed è quindi impossibile, per questioni procedurali, effettuare interrogatori o celebrare processi in assenza della prevista registrazione di quanto accade e viene detto durante il dibattimento. A questo vanno aggiunte le croniche carenze nelle file della magistratura, e si deve all'attivismo del nuovo presidente del tribunale, Gemma Cucca, il rinnovato interesse da parte della corte d'appello di Cagliari ai problemi che attanagliano la giustizia in Gallura. Certo, le parole non bastano, servono i fatti. Nella prossima assemblea discuteremo le forme e i modi per far sentire la nostra voce, sempre in perfetta sintonia con i vertici del tribunale, sui quali riponiano grande fiducia». L'occasione (mancata) del G8 ha impedito l'arrivo in Gallura di sette magistrati in applicazione semestrale, che avrebbero dovuto occuparsi degi potenziali problemi giudiziari (leggi disordini e arresti) che avrebbero potuto verificarsi nelle giornate del vertice tra i Grandi. La decisione di trasferire il vertice in Abruzzo ha bloccato questi trasferimenti, peraltro non ancora operativi. Da quì le richieste di una maggior attenzione, da parte del ministero della Giustizia, all'attività giudiziaria gallurese, penalizzata dall'assenza di personale amministrativo e di magistrati. Un problema, quello della paralisi degli uffici giudiziari, evidenziato dall'associazione nazionale magistrati della Sasrdegna nei giorni scorsi.

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e il tribunale rimarrà (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 4 - Gorizia «E il Tribunale rimarrà» È il risultato di un summit che si è svolto a Roma Le reazioni IL RISULTATO L'incontro è stato organizzato dal senatore Collino: soddisfatto il presidente della Camera penale Della questione del riconoscimento quale sede disagiata, e più in generale dei problemi della giustizia a Gorizia, si è parlato, ieri, in un vertice svoltosi a Roma. Un summit nella sede della Commissione Giustizia del Senato dal quale è emerso che la paventata ipotesi chiusura degli uffici giudiziari di via Sauro risulta attualmente esclusa. Si è trattato di un incontro organizzato dal senatore Giovanni Collino, il quale, non più tardi di sabato, era stato in visita a Gorizia rendendosi così conto della «forte necessità di risposte da parte degli operatori della giustizia isontina». Collino era stato poi contattato dal presidente della Camera penale di Gorizia Riccardo Cattarini «e in seguito a quel contatto - spiega lo stesso senatore - ho scelto di farmi promotore di questo vertice romano». L'incontro di ieri si è svolto, come detto, nella sede della Commissione giustizia di Montecitorio alla presenza dello stesso Collino e di Cattarini e del presidente della Commissione giustizia, senatore Filippo Berselli. Sono stati affrontati, secondo quanto riferito da Collino, tutti i temi principali della giustizia penale isontina, in primis la questione inerente al futuro del Tribunale goriziano: «Attualmente - ha riferito il senatore - sembra certo che la permanenza e la continuità degli uffici giudiziari del capoluogo isontino saranno assicurate». Ma si è parlato anche delle misure indispensabili per un effettivo miglioramento delle condizioni della giustizia in provincia di Gorizia e in particolare del riconoscimento per il capoluogo isontino dello status di sede giudiziaria "disagiata" in base al quale, come riferiamo a lato, vengono riconosciuti significativi incrementi di retribuzione e di carriera per i magistrati che chiedono di esservi trasferiti. Un riconoscimento giudicato doveroso anche in rapporto alla specificità del territorio, legata alla presenza del confine e al problema delle centinaia di fascicoli per i decessi correlati con l'amianto. Al termine dell'incontro Cattarini si è dichiarato soddisfatto: «In passato ho lamentato più volte, anche attraverso i media, il silenzio della politica sui problemi della giustizia isontina, ma questa sembra essere davvero un'inversione di tendenza». Il presidente della Camera penale goriziana verrà ricevuto ancora in Senato all'inizio di giugno. (p.t.)

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Riforma federalista con i piedi d'argilla (sezione: Giustizia)

( da "Secolo XIX, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Riforma federalista con i piedi d'argilla Lorenzo Cuocolo I dirigenti della Presidenza del Consiglio, distaccati alla Semplificazione, raccontano di un ministro Calderoli vulcanico e scatenato, che - pur essendo un chirurgo maxillo-facciale - sforna ogni giorno un'idea nuova per semplificare, rimodernare e snellire, costringendo i suoi collaboratori a ritmi di lavoro ben poco romani. L'ultimo parto del ministro leghista è la "bozzaccia" di cui ha riferito ieri Il Secolo XIX, un disegno di legge delega sulla riforma del sistema delle autonomie, in parallelo alla legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Se i due progetti andranno in porto ci ritroveremo con meno enti, più snelli, capaci di imporre tributi e di spendere liberamente i propri soldi. Come all'epoca del governo Prodi-bis, il tentativo è quello di superare il Testo unico degli enti locali del 2000, anche con la redazione di una Carta delle autonomie locali. I contenuti della bozza sono variegati: si va dall'abolizione di alcune Province (le più piccole), a quella degli Enti parco e delle Autorità territoriali d'ambito (Ato), dal cospicuo dimagrimento delle assemblee elettive, alla soppressione delle circoscrizioni e dei gettoni per i sindaci dei micro-Comuni. Fra le molte ipotesi, alcune sono senz'altro interessanti. In particolar modo è apprezzabile la scelta di ridurre il numero dei consiglieri comunali e provinciali: Genova, ad esempio, perderebbe dieci consiglieri comunali, scendendo a quaranta. L'aspetto positivo non è tanto il risparmio delle risorse pubbliche, argomento spesso più demagogico che concreto, quanto il segnale di voler toccare assemblee che dovrebbero essere rappresentative, ma che sono spesso svuotate di poteri incisivi e di capacità decisionali efficienti e rapide, e riempite di svogliati e sonnacchiosi politici di mestiere. Vi sono anche aspetti criticabili da subito: l'idea di un sistema delle autonomie ad assetto variabile, con la soppressione solo di alcune Province, mal si concilia con l'esigenza di un modello armonioso, articolato allo stesso modo su tutto il territorio nazionale. Si dovrà capire meglio se i territori delle Province soppresse saranno inglobati da quelle limitrofe, o se rimarranno "orfani", dovendosi comunque guardare con sospetto alla cultura della "specialità" a tutti i costi e per tutti. È ancora troppo presto per capire se il progetto di riforma è degno di apprezzamento o se tende a diventare l'ennesima arlecchinata istituzionale. Si possono, però, fare alcune riflessioni di fondo. Ancora una volta, l'approccio è bottom-up (dal basso verso l'alto) e questo non convince: si fanno le riforme istituzionali a colpi di leggi, ma a Costituzione invariata. Questo accadde nel '97, per le vituperate riforme Bassanini. Ciò fu la conseguenza non voluta del fallimento della Bicamerale D'Alema e del "patto della crostata", e non può essere un modello da seguire. Modifiche di così ampio respiro dovrebbero poggiare su un nuovo testo della Costituzione, che tenesse conto delle nuove esigenze delle autonomie. È singolare che il governo più forte della storia della Repubblica non affronti il toro per le corna, disegnando un nuovo Senato delle autonomie, superando il bicameralismo perfetto e attribuendo dignità e garanzie costituzionali agli organi di raccordo tra i diversi livelli di governo, come la Conferenza Stato-Regioni. È altresì singolare che la sbandierata voglia di federalismo non si traduca in una riforma costituzionale che consenta anche ai Comuni e alle Province (finché esistono) di adire la Corte costituzionale in via diretta, dovendo ancora subire le prevaricazioni dello Stato e delle Regioni. Sarebbe più efficace l'approccio inverso: disegnare prima nella Costituzione i tratti essenziali del sistema che si vuole, e solo dopo scendere nel dettaglio con leggi e leggine. Il secondo profilo di critica è che la bozza del ministro Roberto Calderoli, pur ispirata da condivisibili esigenze di semplificazione, non sembra toccare il cuore del problema. L'attuale sistema delle autonomie, infatti, mostra con tangibile evidenza la crisi delle dinamiche tradizionali della democrazia. Nei Comuni italiani, oggi, le decisioni più importanti non passano certo dal Consiglio comunale, ma - il più delle volte - da soggetti con veste privata e con capitali pubblici o misti. Basta chiamare il call-center di un qualsiasi servizio pubblico, dall'acqua, al gas, agli autobus, per rendersi conto di quanto sia sfilacciata la catena di controllo democratico che dovrebbe avere nel momento del voto la sua sintesi più alta. Affaccendarsi in riforme delle riforme, e così all'infinito, rischia di diventare un mero rimedio sintomatico che non arresta la degenerazione del sistema. La sussidiarietà, vessillo di ogni riforma da dieci anni a questa parte, serve a rinforzare il controllo dei cittadini sull'operato pubblico. Ma se il pubblico si maschera da privato, trasformando le assemblee rappresentative in un vuoto simulacro? Non sarebbe meglio che la semplificazione si accompagnasse al rafforzamento del controllo democratico sui servizi ai cittadini, magari applicando le teorie partecipative di cui bene ha scritto Mauro Barberis nel suo "Etica per giuristi"? Anche di fronte a queste domande la bozza del ministro Calderoli resta muta. Lorenzo Cuocolo è professore di diritto costituzionale italiano ed europeo all'Università Bocconi. 13/05/2009

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"maroni organizzò le ronde padane" esplode la polemica - alberto custoero (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 4 - Interni Il caso "Maroni organizzò le ronde padane" Esplode la polemica ALBERTO CUSTOERO ALBERTO CUSTODERO ROMA - Sindacati di polizia e opposizione chiedono a gran voce spiegazioni al ministro dell´Interno Roberto Maroni dopo la rivelazione, apparsa ieri su Repubblica.it, che nel ´97, ai tempi della secessione leghista, era il "reclutatore" delle ronde padane, camicie verdi e guardia nazionale padana. Sul tentativo di separare la Padania dal resto d´Italia il pm di Verona Guido Papalia fece un´indagine che vede ancora indagati, oltre a Maroni, Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Nei giorni in cui la Lega, col voto di fiducia sul ddl sicurezza, si appresta a legittimare tutte le ronde d´Italia (comprese le camicie verdi, oggi onlus), Maroni è chiamato a rispondere dai poliziotti e dal centrosinistra sul suo ruolo di "reclutatore". «Regolarizzare le ronde - dice Massimo Donadi, Idv - significa legalizzare la Gnp e quindi cancellare con un colpo di spugna quell´inchiesta. Maroni ha imposto al parlamento una sorta di lodo Alfano per sé e per i vertici della Lega». «Non vorrei - commenta Laura Garavini del Pd - che ci? riveli il sogno nascosto, ma ancora attuale, della Lega: legittimare, con la regolarizzazione delle ronde, anche organizzazioni come quelle guidate da Maroni ai tempi della secessione». Per Paolo Ferrero, segretario del Pdci, «allora le ronde servivano per la secessione, oggi per la sicurezza. Vien da pensare che un progetto eversivo stia per ottenere l´imprimatur, e anche i fondi, dello stesso Stato da cui ci si vorrebbe separare». Ecco la replica leghista per voce del deputato Matteo Brigandì: «Le ronde sono molto diverse dalle guardie padane. Il processo a Verona è fermo perché la Corte Costituzionale ha sempre dato ragione all´impostazione difensiva leghista».

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Riformatori: Sì incompatibilità assessori - consiglieri regionali (sezione: Giustizia)

( da "Sardegna oggi" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

martedì, 12 maggio 2009 Riformatori: Sì incompatibilità assessori - consiglieri regionali Pur condividendo la sentenza della Corte Costituzionale per l'abolizione della legge Statutaria, I Riformatori ritengono che non si debba tornare ai consiglieri-assessori. E' il senso della proposta di legge sulla incompatibilità delle cariche presentata dai consiglieri regionali Pierpaolo Vargiu, Michele Cossa, Franco Meloni, Attilio Dedoni, Pietrino Fois e Francesco Mula a pochi giorni dalla bocciatura della Statutaria da parte della Consulta. -->CAGLIARI – Il testo dell'articolo 2 è preciso: "I Consiglieri regionali nominati assessori dal Presidente della Giunta regionale devono presentare nella prima seduta utile le proprie dimissioni dal Consiglio che ne prende atto senza alcuna votazione". La proposta è stata presentata nella sede regionale del partito. "Una proposta molto attuale - ha detto il leader regionale Massimo Fantola - siamo d'accordo sulla bocciatura della Statutaria ma il nostro spirito riformatore ci impone di salvaguardare una nostra vecchia legge che per la prima volta prevedeva, era il 1992, nella storia dell'autonomia anche l'incompatibilità fra l'ufficio di assessore e quello di consigliere. L'obiettivo di questa proposta è quello di rispettare uno dei capisaldi logici-filosofici del sistema democratico occidentale, e in particolare quello presidenziale. Ma anche evitare il ripetersi di inconvenienti che portino alla instabilità dei governi. Una incompatibilità che ha origini storico-teoriche molto lontane". "E' essenziale - ha aggiunto il consigliere regionale Pierpaolo Vargiu - rispettare la storica separazione dei poteri fra legislativo ed esecutivo secondo i principi dei moderni stati costituzionali". Un principio ricordato anche nella relazione dei proponenti: "Ci deve essere una distinzione fra chi amministra e chi è chiamato a controllare l'operato dell'amministratore ed è abbastanza evidente che la commistione dei ruoli ed in particolare il cumulo di entrambe le funzioni comporterebbe un evidente conflitto di interessi". -->

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Procure disagiate, Alfano taglia il numero dei pm da premiare (sezione: Giustizia)

( da "Italia Oggi" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 13/05/2009 - pag: 4 autore: il guardasigilli sfoltisce l'elenco del csm Procure disagiate, Alfano taglia il numero dei pm da premiare Solo 76 magistrati potranno godere del bonus da 2500 per 4 anni per trasferirsi in un'altra sede Il tribunale di Venezia non sarà una sede disagiata. Mentre lo diventeranno Brescia, Lecco e Voghera. Alla pari dei tribunali di Gela, Palmi, Catanzaro o Vibo Valentia, le cui procure potranno essere rimpolpate attingendo a quei pm che si dichiareranno disposti a trasferirsi, godendo così del bonus stipendiale da 2500 euro al mese per 4 anni previsto dal governo. Il ministro della giustizia Angelino Alfano, ieri, ha firmato il provvedimento con il quale ha sensibilmente ridimensionato il numero delle sedi di tribunali che potranno «godere» dello status di sede disagiata ai fini dei trasferimenti e dell'attribuzione del bonus, così come previsto dal legge 143/2008. Alfano ha usato l'accetta e, rispetto all'elenco di posti vacanti che il Consiglio superiore della magistratura gli ha trasmesso qualche settimana fa (si veda ItaliaOggi del 15 aprile) nel quale venivano indicati 55 tribunali di tutta Italia come sedi disagiate e la scopertura di ben 174 pubblici ministeri, il Guardasigilli ha deciso di ridimensionare le aspettative: solo 41 sedi godranno del titolo di sedi disagiate e soli 76 sostituti procuratori potranno avvalersi della norma premiale che ne favorisce il trasferimento da una sede all'altra.Nella redistribuzione dei posti da coprire e delle sedi cui i giudici potranno chiedere di essere trasferiti, il ministero della giustizia sembra aver voluto applicare un criterio abbastanza uniforme: non sono stati ritenuti tribunali «disagiati» in automatico solo quelli che si trovano nel Mezzogiorno, ma lo sono stati anche alcuni del Nord Italia. Sono così state rafforzate alcune delle procure più attive nella lotta alla criminalità organizzata, come quelle dei distretti di Palermo (che ha ricevuto 11 posti per Agrigento, Marsala, Sciacca, Termini Imerese e Trapani), o quelle di Caltanissetta (13 posti) o di Catanzaro (11 posti), ma anche alcune delle procure del «funzionante» Nord in sott'organico. Al distretto di Brescia, cioè alle procure «disagiate» di Brescia e Crema, per esempio, sono stati assegnati 6 posti, così come al distretto di Milano (procure di Voghera e Lecco) ne sono stati riconosciuti 3. Disagiate sono anche le sedi del distretto di Torino (procure di Acqui Terme, Alba, Aosta, Biella, Casale Monferrato e Vercelli) che hanno ottenuto 6 posti, e quelle del distretto di Trieste che hanno ottenuto la pubblicazione di 3 posti (2 per Trieste e uno per Gorizia). I magistrati che sono interessati a trasferirsi verso una delle sedi disagiate individuate da Alfano hanno ora tempo fino al 25 maggio per inviare al Csm la propria domanda.

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Combattere la sterilità maschile e femminile Esperti di tutto il mondo a lezione (sezione: Giustizia)

( da "Resto del Carlino, Il (Fermo)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

P.S. GIORGIO pag. 7 Combattere la sterilità maschile e femminile Esperti di tutto il mondo a lezione IMPORTANTI NOVITA' E' STATA un grande successo la due giorni dedicata al 2°corso di base in fisiopatologia umana e patologia della riproduzione, maschile e femminile che si è svolta al David Palace. L'evento è stato organizzato dalla dott.Lucia Tossichetti della "Fertility Center" di Ascoli, centro di 1°livello in patologia della riproduzione, maschile e femminile, in collaborazione con la facoltà di biotecnologie della riproduzione dell'Università di Teramo. Numerose le relazioni, articolate in 4 sessioni, svolte dai relatori di fama nazionale ed internazionale, che hanno sviscerato il concetto base della sterilità maschile e femminile, dell'approccio della coppia al disagio di essere diversi, e di come potersi curare senza dover ricorrere ad un esilio terapeutico in altri stati. «Il messaggio di uniformare, dal medico di base al laboratorio d'analisi al ginecologo e andrologo, quelle che sono le linee guida per noi specialisti spiega la dott.Tossichetti - è sicuramente passato, vista la presenza di tutte queste categorie. Il prossimo impegno, ci vedrà coinvolti oggi a Palazzo Marini di Roma, al convegno nazionale della Sifes: La legge 40/2004 dopo la sentenza della corte costituzionale, il futuro della pma in Italia». f.c.

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Difficile il pignoramento al fisco (sezione: Giustizia)

( da "Italia Oggi" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

ItaliaOggi sezione: Imposte e Tasse data: 13/05/2009 - pag: 28 autore: di Valerio Stroppa CASSAZIONE/ Una sentenza mette in salvo le somme destinate a compiti istituzionali Difficile il pignoramento al fisco Blindati versamenti tributari e banche delegate ai pagamenti Stop alla pignorabilità delle somme in possesso dell'amministrazione finanziaria, se queste sono derivanti da versamenti tributari dei contribuenti e anche se il denaro è depositato presso le banche delegate a ricevere e riversare alla tesoreria i pagamenti. Tali entrate, infatti, sono realizzate nell'esercizio del potere di imposizione fiscale e destinate per principio a provvedere l'ente pubblico dei mezzi necessari per adempiere ai propri compiti istituzionali.È questo l'importante principio affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 10284, depositata il 5 maggio 2009, che ha ribaltato le decisioni assunte dai magistrati del tribunale e della corte d'appello, rinviando il procedimento al collegio di secondo grado per il riesame di merito.La vicenda. Il ministero delle finanze era stato condannato dal tribunale di Roma a rimborsare ad alcune imprese la cosiddetta tassa sulle società per un importo superiore ai due miliardi di lire. Per soddisfare coattivamente il proprio credito, le imprese avevano pignorato i crediti che una banca emiliana doveva riversare all'ufficio provinciale Iva, su delega dei contribuenti al versamento di tale imposta. Il ministero, a cui nell'aprile 2001 fu notificato il pignoramento, si opponeva deducendo l'impignorabilità delle somme, in quanto derivanti dall'esercizio del potere impositivo, ma il tribunale di Modena rigettava il ricorso (sentenza del 28 maggio 2002). Stessa sorte in secondo grado: con sentenza n. 109/2004 del 16 gennaio 2004, la Corte d'appello di Bologna respingeva l'appello, affermando che la natura pubblicistica delle somme riscosse dalle banche per conto dello stato non le rende impignorabili da parte dei creditori della p.a., non avendo ancora ricevuto destinazione concreta a un pubblico servizio. Il dicastero ha quindi presentato ricorso per cassazione.La decisione. Dopo aver premesso che dal 1° gennaio 2001 l'Agenzia delle entrate è subentrata in tutti i rapporti sostanziali tributari del ministero dell'economia (e quindi, nel caso in questione, anche nell'obbligo di rimborsare la tassa sulle società), la terza sezione civile della Cassazione precisa che il pignoramento effettuato non è diretto, ma si è svolto presso le banche delegate a ricevere i versamenti periodici dell'Iva, la quale li deve riversare alla tesoreria entro cinque giorni per conto del contribuente. Pertanto, secondo il Palazzaccio, ammettere la pignorabilità di tali somme «è come ammetterla per i crediti tributari presso i contribuenti». Invece, si legge nelle motivazioni della decisione, questi crediti sono impignorabili e insuscettibili di compensazione, poiché hanno per oggetto entrate dell'amministrazione finanziarie frutto del potere di imposizione tributaria. Tali risorse sono destinate, infatti, a dotare la p.a. dei mezzi necessari a svolgere i propri compiti istituzionali. Inoltre, argomenta la sentenza, il legislatore ha disciplinato con normativa primaria e secondaria ogni fase del versamento diretto dell'Iva per mezzo delle aziende di credito (sistema alternativo rispetto a quello affidato al concessionario della riscossione), attraverso le leggi n. 751/1996 e n. 657/1986, i dm 22 aprile 1989, 22 novembre 1991, 25 settembre 1995 e 16 ottobre 1996. Un quadro normativo che tutela il potere pubblico impositivo e quindi la “pronta e sicura esazione delle entrate tributarie”, le quali, come stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 209/1988, appartengono in definitiva all'intera collettività nazionale. Motivo per cui la Cassazione ribadisce l'impignorabilità dei crediti che lo Stato vanta verso le banche delegate dai contribuenti al versamento delle imposte, poiché persiste l'indisponibilità del credito presente fin dall'origine e derivante dalla natura di tributo delle somme.Sulla base di tali principi, quindi, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso ministeriale, affermando che la generale assoggettabilità ad esecuzione di tutti i beni del debitore, per quanto riguarda la p.a., è limitata dalla natura dei beni appartenenti agli enti pubblici: sono espropriabili unicamente i beni disponibili e non quelli, di origine pubblicistica, destinati ex lege a finalità pubbliche.

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Individuate 41 procure come sedi disagiate (sezione: Giustizia)

( da "Italia Oggi" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

ItaliaOggi sezione: Giustizia e Società data: 13/05/2009 - pag: 27 autore: Individuate 41 procure come sedi disagiate Sono 41 le procure, per un totale di 76 posti vacanti da coprire, individuate come sedi disagiate dal Guardasigilli Angelino Alfano nell'ambito dell'elenco complessivo di 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado trasmesso al dicastero dal Csm. Tra queste, spicca il caso di Brescia, dove mancano cinque pm, seguita da molti uffici del Sud: a Caltanissetta, Gela, Palmi e Trapani, si registrano quattro posti da sostituto procuratore vacanti, mentre sono da nominare tre pm a Catanzaro, Enna, Termini Imerese, Vibo Valentia e Locri. Due posti, poi, sono da coprire a Voghera, Gorizia, Crotone, Lamezia Terme, Sciacca, Ragusa, Patti, Nuoro e Paola. Chiudono la lista Acqui Terme, Agrigento, Alba, Aosta, Barcellona Pozzo di Gotto, Biella, Casale Monferrato, Crema, Lagonegro, Lanciano, Lanusei, Lecco, Marsala, Melfi, Nicosia, Oristano, Potenza, Tempio Pausania, Vercelli e le procure per i minorenni di Trieste, Reggio Calabria e Caltanissetta, con un posto vacante. Palazzo dei marescialli, quindi, dovrà ora approvare in plenum il bando di pubblicazione di questi posti, cosa che dovrebbe accadere gia' questa settimana. I magistrati interessati dovranno dare la propria disponibilità per cinque sedi entro il 25 maggio.

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Un solo Tribunale subissato di cause (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Nord-Est sezione: EST data: 2009-05-13 - pag: 13 autore: Parla la presidente del foro del Veneto «Un solo Tribunale subissato di cause» VENEZIA Può essere considerato ilTribunale dei minorenni più dissestato d'Italia, secondo la presidente, Adalgisa Fraccon. Il rapporto giudici togati-popolazione nell'unico Tribunale per minori del Veneto, quello di Venezia (in Sicilia ce ne sono quattro, in Puglia tre, in Sardegna, Campania, e Calabria due e altrettanti in Trentino-Alto Adige, uno a Trento e uno a Bolzano) è di uno ogni 685mila, pari a 7 giudici per 4,8 milioni di abitanti. La media nazionale è invece di un magistrato ogni 285mila abitanti (a Taranto addirittura un togato ogni 77mila abitanti). è poi disponibile un operatore amministrativo ogni 139mila abitanti, essendo la pianta organica costituita da poco più di una trentina di cancellieri e impiegati amministrativi (media nazionale è di un dipendente ogni 58mila abitanti). «Se rispettassimo i valori medi dovremo avere 17 magistrati, 60 giudici onorari, 72 dipendenti amministrativi – sottolineano dal Tribunale dei minorenni – Invece sono rispettivamente 7, 26 e 24, cioè meno della metà». Per questo la presidente ha scritto nei giorni scorsi al Csm per chiedere almeno l'aumento dei giudici onorari di una decina di unità. Anche se la richiesta venisse accolta, il problema non si risolverebbe, ma la situazione sarebbe appena un po' meno pesante. I giudici onorari, infatti, non sempre sono in tribunale: sono dipendenti pubblici, ad esempio psico-logi o assistenti sociali, hannouna disponibilità di tempo limitata e per lavorare in tribunale devono prendersi le ferie. Almeno la metà dei 26 in carico a Venezia versa in queste condizioni e gode di una indennità lorda di 98 euro per cinque ore lavorative. Un alleggerimento della mole di lavoro potrebbe venire dall'approvazione dei Ddl in discussione al Senato, che sposterebbero la competenza dei procedimenti sull'affidamento dei minori di famiglie di fatto ai Tribunali ordinari (come accade per i minori di famiglie coniugate), contribuendo così ad assicurare a tutti gli under 18 un unico giudice. 98 euro Compenso. è la somma lorda percepita per cinque ore di lavoro dai giudici onorari Adalgisa Fraccon PRESIDENTE TRIBUNALE MINORI Situazione critica. Quello Veneto,l'unico in regione, è il Tribunale dei minori più dissestato d'Italia,con7 magistrati (dovrebbero essere di media 17)

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MASSA IL PROFESSOR Brunello Pucci è stato ricevuto dal Pres... (sezione: Giustizia)

( da "Nazione, La (Massa - Carrara)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

CRONACA MASSA pag. 2 MASSA IL PROFESSOR Brunello Pucci è stato ricevuto dal Pres... MASSA IL PROFESSOR Brunello Pucci è stato ricevuto dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, accompagnato da Cosimo Ferri giudice presso il Csm. Nell'occasione, Pucci si è improvvisato ambasciatore turistico ed ha parlato della nostra terra ad un uomo colto e attento, prima di regalargli un pennato. «IL PENNATO ha origini antichissime spiega Pucci motivando il dono ed è presente nelle Apuane in infinite scritte rupestri nella piana dei pennati e nei siti dell'aquillara, probabilmente legati al culto del dio Silvano, ed è perfino raffigurato in una statua stele di 3000 anni aC, conservata al museo di Pontremoli. Inoltre è l'arma con cui i Liguri Apuani riuscirono a respingere i romani in diverse scaramucce, prima di essere conquistati e deportati nel Sannio. Quindi il pennato rappresenta tutte quelle caratteristiche di originalità che la nostra terra possiede già nell'età della pietra, caratteristiche che ci avvicinano a Sassari, perché anche se in misura minore le statue steli, i menhir sono presenti in Sardegna, ed infine la Sardegna è terra dei Malaspina con diversi castelli e torri, che di fatto ci gemellano in quanto territori, già compresi nell'antica Marca della Liguria Orientale». BRUNELLO Pucci ha chiesto a Cossiga un aiuto per esaltare il fatto, «quasi sempre sconosciuto nei libri di testo, che nel Neolitico mentre in tutta Europa si edificavano menhir e dolmen, da noi (Lunigiana e Sassari) i menhir sono antropomorfi, cioè raffigurano delle persone e sono lavorati con maestria scultorea, incredibilmente realistica, mentre negli altri paesi ci si limita ad innalzare dei massi grezzi e privi di lavorazioni. Questo ci deve essere riconosciuto. Cossiga mi ha pure abbracciato conclude Pucci e mi ha assicurato che mi aiuterà».

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La Francia vara la stretta sul web (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-13 - pag: 8 autore: Pirateria online. I deputati approvano la linea dura voluta da Sarkozy - Oggi il sì definitivo del Senato La Francia vara la stretta sul web Connessione bloccata (ma pagata) per chi scarica file illegalmente Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente Una nuova autorità amministrativa contro l'onda d'urto del popolo della Rete. Un meccanismo di sanzioni da applicare secondo una "risposta graduale" contro un esercito di pirati del web che invece ha già una risposta immediata - l'elusione - alla normativa approvata ieri dall'Assemblea Nazionale. La legge ai tempi di internete contro chi scarica illegalmente i contenuti artistici, musica e film. Difficile da progettare, ancora più difficile da applicare e avversata in molti casi anche da chi, teoricamente, avrebbe dovuto difenderla. La Francia ha compiuto ieri il primo passo importante per regolamentare la giungla del download che si fa beffa del diritto d'autore. è una zona d'ombra densamente popolata, circa la metà dei 30 milioni di internauti, secondo le statistiche. Oggi toccherà al Senato che, salvo sorprese, dovrebbe dare il via libero definitivo a un progetto di legge contestatissimo e sul quale la stessa maggioranza di centrodestra si è mostrata poco convinta. Alla Camera i voti a favore sono stati 299, quelli contrari 233 e ciò significa che 44 deputati dell'Ump e del Nuovo Centro non si sono espressi a favore. Non sarà contento Nicolas Sarkozy, che dell'approvazione di questa legge aveva fatto una questione di principio dopo la clamorosa bocciatura del 9 aprile con la quale era stato azzerato il primo dibattito parlamentare. La legge sulla Creazione e internet è considerata una delle più restrittive d'Europa in materia, secondo molti invasiva e limitante delle libertà individuali. L'authority responsabile della sua applicazione ( Hadopi, secondo l'acronimo francese) avrà a disposizione l'arma del doppio avvertimento e dovrà rintracciare,con la collaborazionedei fornitori d'accesso a internet, gli autori del download illegale, o meglio i protocolli di rete nei quali viene registrata la violazione. Ci sarà una prima mail di avvertimento nella quale si ricordano i termini di legge, seguita, in caso di nuova violazione, da una lettera raccomandata che rappresenta l'ultimo monito prima della sospensione del collegamento a internet. Ciliegina sulla torta, un emendamento inserito nell'ultima fase della discussione prevede che l'abbonamento continui a essere pagato anche durante l'interruzione del servizio. Non è però detto che l'eventuale approvazione al Senato ponga la parola fine alle vicissitudini del provvedimento. I socialisti hanno già detto che faranno ricorso alla Corte costituzionale, mentre resta sempre aperto il fronte con il Parlamento europeo, che la settimana scorsa ha approvato a larga maggioranza un emendamento al pacchetto telecom in cui si oppone all'oscuramento di internet da parte di un'autorità amministrativa.Parigi conta di regolare la faccenda in sede di Consiglio europeo (una riunione dei ministri delle tlc è prevista il 12 giugno) ed è convinta di poter raccogliere alleati per la sua causa. Il dibattito in materia è stato feroce anche al di fuori delle aule parlamentari. Esponenti autorevoli del mondo artistico hanno accusato il Partito socialista, contrario alla legge, di "divorzio" dal mondo della cultura. Juliette Greco, Pierre Arditi, Maxine Le Forestier hanno perfino scritto al segretario del Ps, Martine Aubry, e la destra ha ovviamente gioito di questa pretesa spaccatura su una legge che dopotutto difende la creazione, il diritto d'autore e un'industria in crisi. Gli animi erano talmente surriscaldati che c'è perfino scappata la vittima collaterale con piccolo giallo annesso: il licenziamento di un giovane dirigente di TF1, JérÔme Bourreau Guggenheim, responsabile dell'innovazione web del gruppo televisivo, colpevole di aver scritto una mail, finita sulle scrivanie del ministero della Cultura e misteriosamente smistata al suo datore di lavoro, nella quale criticava il progetto di legge. Comunque vada, la Hadopi sarà operativa in autunno e le prime sanzioni arriveranno eventualmente nel 2010. Il popolo della rete è già organizzato e si sprecano i siti che dovrebbero aiutare ad aggirare un provvedimento ancora in fase di approvazione. Un esempio tra i tanti, quello di peer2me, fondato da due giovani di Nizza, che dà agli internauti una chiave d'accesso per creare un network privato di download, ovviamente illegale. attilio.geroni@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA GUARDIE E LADRI Il compito di vigilare su internet sarà affidato a un'apposita Authority Ma i navigatori sono già pronti ad aggirare le regole A favore. Il regista Luc Besson (secondo da sinistra) assiste al voto della Camera con la moglie Silla REUTERS

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Sicurezza, via libera di Fini al Ddl (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-05-13 - pag: 15 autore: Criminalità. La Camera giudica ammissibili i tre maxiemendamenti: il Governo mette la fiducia, oggi il voto Sicurezza, via libera di Fini al Ddl Il Pd: così avalla il razzismo- Scontro sui figli «adottabili» dei clandestini ROMA Triplo voto di fiducia oggi alla Camera sul disegno di legge sicurezza. Ieri il presidente Gianfranco Fini ha dichiarato ammissibili i tre maxi-emendamenti del governo. «La presidenza della Camera - dice Fini non rileva profili di inammissibilità per contrasto con la Costituzione anche perché - aggiunge essendo problematica o comunque opinabile l'adesione alla Costituzione delle norme in esame, lungi dalla presidenza ledere le prerogative sovrane dell'Assemblea». Ma l'opposizione non ci sta e attacca. «Queste tre fiducie – dice il presidente dei deputati del Pd Antonello Soro –disattendono lesollecitazioni del capo dello Stato e del presidente della Camera e violano la logica su cui in quest'Aula si basa il voto segreto». A differenza di altre volte in cui il Pd aveva apprezzato Fini, stavolta il centro-sinistra protesta per non aver ottenuto lo stralcio delle norme più contestate del provvedimento, quelle sul reato di ingresso clandestino nel nostro Paese e le ronde. «Privando il Parlamento della possibilità di votare separatamente e con voto segreto quelle parti del provvedimento che incidono sulle libertà e sui diritti fondamentali – attacca Donatella Ferranti – Fini ha di fatto avallato norme razziste e xenofobe e contribuito a mettere in sicurezza la maggioranza». La carta del voto segreto per l'opposizione sareb-be stata strategica: nella maggioranza non mancano le divisioni e l'auspicio era di ripeterela clamorosa bocciatura realizzata a Montecitorio un mese fa proprio su ronde e allungamento a sei mesi della permanenza degli immigrati nei Cie (centri di identificazioni ed espulsione) Sul centro-destra piovono anche le critiche dell'Udc: tre fiducie «trasformano la Camera in un supermarket "paghi unoe prendi tre"». Mentre l'Idv, dopo la richiesta di fiducia fatta in Aula dal ministro Elio Vito, afferma che il governo «impedisce il dibattito e le votazioni libere su tante parti del provvedimento che violano la Costituzione e altamente lesive della dignità della persona e della maestà dello Stato». Sul testo del disegno di legge si consuma poi l'ennesimo giallo. Il Partito democratico parla di «bambini invisibili» nati da immigrati senza permesso di soggiorno: «invisibili» perché i genitori non li denunceranno all'anagrafe per non incorrere nella denuncia di reato di clandestinità che gli impiegati pubblici ufficiali dovrebbero sporgere. «Se una donna clandestina partorisce in Italia, ma non è in possesso del passaporto, a causa del Ddl sicurezza non potrà riconoscere il proprio figlio, oltre a non poterlo iscrivere all'anagrafe» dice Donatella Ferranti. «Se poi viene espulsa – aggiunge – suo figlio verrà messo in adozione. Non si tratta solo di una norma sbagliata, siamo davanti ad una disposizione disumana ». Secondo il sottosegretario Alfredo Mantovano, invece, «la Bossi-Fini prevede all'articolo 19 comma 2, che la donna irregolare che dà alla luce un bambino ha titolo per ottenere un permesso di soggiorno di sei mesi. Quindi da irregolare diventa, a tutti gli effetti, regolare». E «la Corte costituzionale, poi – ricorda Mantovano – ha dato la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno anche al padre, se irregolare». Aggiunge il ministro Maroni: «Smentisco che nel disegno di legge sulla sicurezza c'è una norma per cui i figli nati da clandestini potrebbero essere immediatamente adottabili. Si tratta di una notizia destituita di fondamento». M. Lud. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Completato l'elenco delle 41 Procure con vuoti d'organico (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI GIUSTIZIA data: 2009-05-13 - pag: 39 autore: Sedi giudiziarie. Alfano avvia il concorso Completato l'elenco delle 41 Procure con vuoti d'organico ROMA Da 54 ne sono rimaste 41. E per ora solo queste sono considerate con gravi scoperture di organico. Nell'elenco degli uffici giudiziari, si tratta esclusivamente di procure, trasmesso dal Csm al ministero della Giustizia, il Guardasigilli, Angelino Alfano, ha identificato le sedi più bisognose. Con l'effetto che i magistrati che andranno a lavorarci godranno di incentivi sia economici sia di carriera. Quasi tutte le Procure sono collocate nel Meridione: 13 solo in Sicilia per complessivi 31 posti da pm vuoti, 7 in Calabria (13 le vacanze) 3 in Sardegna e due in Basilicata. Ma ben 11 sono a Nord e tra queste ci sono anche Brescia (che, tra tutte, è nella situazione peggiore avendo ben cinque posti da sostituto scoperti) e Trieste. Alfano le ha scelte tra 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado indicati dalla Terza commissione del Csm «attraverso una valutazione – sottolinea il ministro in una lettera al vicepresidente del Csm, Nicola Mancino – che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze nonché della specificità territoriale e criminale di alcune sedi del Sud». In tutto i posti da coprire sono 76 e già oggi – ma tutto potrebbe saltare a causa di uno sciopero del personale di Palazzo dei Marescialli – il plenum dovrebbe metterli a concorso. Entro il 25 maggio (prorogabile sino al 29 se le domande saranno inoltrare per via gerarchica) i magistrati interessati potranno dare la loro disponibilità al massimo per cinque sedi, disponibilità che non potrà essere revocata. Dall'elencodi Alfano emerge che è la Procura di Brescia ad avere la situazione di maggiore emergenza, seguita a ruota da quelle di Caltanissetta, Gela, Palmi e Trapani, ognuna con quattro posti scoperti. Tre, invece, i posti senza titolare a Catanzaro, Enna, Locri, Termini Imerese e Vibo Valentia. Due quelli che mancano a Crotone, Gorizia, Lamezia Terme, Nuoro, Paola, Patti, Ragusa, Sciacca e Voghera. Mentre ciascuna delle restanti sedi ha un solo posto scoperto. Tra le Procure del Nord finite nell'elenco delle sedi disagiate, ci sono ben sei uffici requirenti del distretto di Torino, Acqui Terme, Alba, Aosta, Biella, Casale Monferrato, Vercelli e due di quello di Milano, Lecco e Voghera. A provocare l'emergenza è stata la norma del nuovo ordinamento giudiziario che impedisce agli uditori giudiziari di essere destinati alla funzione di giudice unico oppure di pubblico ministero. Negli anni passati erano stati soprattutto gli uditori a coprire i vuoti in organico delle piccole Procure del Mezzogiorno. Finita la stagione dei "giudici ragazzini", è rimasta l'emergenza. Con il ministero costretto a correre ai ripari, disponendo un pacchetto di incentivi la cui efficacia andrà verificata nelle propssime settimane. © RIPRODUZIONE RISERVATA I MAGISTRATI MANCANTI Le aree disagiate collocate in gran parte nel Meridione, ma è Brescia a essere in testa seguita da Gela, Palmi, Trapani e Caltanissetta

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Alla difesa copia dei nastri senza abusi (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 13-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI GIUSTIZIA data: 2009-05-13 - pag: 39 autore: Intercettazioni Alla difesa copia dei nastri senza abusi L'ordinanza di custodia in carcere è nulla se il Pm non consegna all'avvocato difensore i nastri delle intercettazioni sulle quali si fondano le accuse. Non basta la trascrizione integrale delle registrazioni. E la regola vale anche se le intercettazioni non sono state ancora depositate dagli inquirenti. Con una sentenza che richiamauna pronuncia del 2008 della Corte costituzionale, la Corte di cassazione ammonisce i pm a "giocare a carte scoperte" quando si tratta di arresti frutto di intercettazioni telefoniche o ambientali. Se la difesa, dopo aver ricevuto copia del provvedimento che ha portato in cella l'indagato, fa richiesta delle registrazioni su nastro o su Cd che sono servite all'accusa per le contestazioni, il Pm non può ricorrere a un surrogato come le trascrizioni su carta. Nemmeno se quelle intercettazioni non sono state ancora depositate dal Gip che ha emesso l'ordinanza e che è invece accontentato, appunto, delle trascrizioni. I giudici della sesta sezione penale della Corte, con la sentenza 19150, hanno perciò annullato con rinvio la decisione del tribunale del riesame di Brescia che, a gennaio scorso, aveva invece confermato l'ordinanza di custodia in carcere nei confronti di due extracomunitari arrestati dalla procura di Bergamo per spaccio di stupefacenti. Dopo l'arresto il difensore aveva presentato ricorso al riesame chiedendo alla Procura la copia delle intercettazioni, raccolte su un Cd, sulle quali si basavano le accuse. Alla man-cata risposta dell'ufficio inquirente, l'avvocato aveva replicato con una richiesta respinta dal riesame di inutilizzabilità delle intercettazioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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LAVORI PUBBLICI, RIUNIONE TECNICA SULLA NORMATIVA SISMICA IN CALABRIA (sezione: Giustizia)

( da "marketpress.info" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 13 Maggio 2009 LAVORI PUBBLICI, RIUNIONE TECNICA SULLA NORMATIVA SISMICA IN CALABRIA Reggio Calabria, 13 maggio 2009 - Il riordino amministrativo della normativa sismica in Calabria e del relativo documento di attuazione è stato il tema di un incontro, che si è tenuto oggi nella sede del dipartimento Lavori Pubblici, al quale hanno partecipato l’assessore Luigi Incarnato, il dirigente generale Roberto Sabatelli, i dirigenti di settore Luigi Zinno e Salvatore Siviglia, il presidente e il dirigente dell’Ance Calabria Francesco Cava e Felice Foresta, il direttore amministrativo di Eucentre Fabio Germagnoli. “Il confronto di oggi - ha affermato Incarnato - segna un altro passo avanti nel processo che la Regione Calabria ha avviato sin dal 2007, teso a favorire la riduzione del rischio sismico, sia per le nuove costruzioni, che per quelle già realizzate. “L’intera fase di riordino si concluderà entro la fine del 2009. Una seria e convincente politica di riduzione del rischio sismico - ha aggiunto l’assessore - sarà possibile solo se accompagnata dalla disponibilità di ingenti e adeguate risorse nell’ambito del Piano operativo regionale, mirate alla messa in sicurezza prioritariamente degli edifici ad uso strategico e, comunque, delle strutture con notevole concentrazione di persone”. Nel corso dell’incontro è stato fatto il punto della legislazione sismica nazionale e regionale, in rapporto alla sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile 2006. Come si ricorderà la sentenza ha radicalmente modificato i principi della Legge 741/81 (che prevede le modalità di deposito dei progetti e successivo controllo a campione), sancendo la necessità del regime autorizzativo a salvaguardia della pubblica e privata incolumità e dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione civile, eliminando il sistema del controllo a campione introdotto dalle varie leggi regionali e dalla stessa legislazione della Calabria. Gli effetti della sentenza costringono tutte le amministrazioni regionali a ridisegnare il sistema dei controlli. L’assessore Incarnato, oltre a ribadire la pericolosità sismica del territorio calabrese, ha ripercorso le tappe del lavoro fin qui svolto - a partire dalla legge regionale 7/1998 e dalle successive delibere di Giunta del 2007 e del 2008 - e, in particolare, si è soffermato sul protocollo di intesa con Eucentre (Fondazione costituita dal dipartimento della Protezione Civile della presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dall’Università degli Studi di Pavia e dall’Istituto universitario di Studi Superiori di Pavia), con il compito di promuovere e sostenere la ricerca nel campo dell’ingegneria sismica, d’intesa con gli Istituti universitari operanti in Calabria. L’assessore Incarnato ha precisato, altresì, che l’attività del dipartimento riguarda il riordino della citata legge regionale 7/1998, mediante un regolamento regionale di attuazione. Alla fine dell’incontro si è stabilito che l’assessorato, nei prossimi giorni, incontrerà tutti gli altri soggetti operanti nel settore (Anci, Ance, Unioncamere e altre categorie), mentre gli Ordini professionali, sulla scorta dei documenti elaborati dal dipartimento, faranno pervenire entro un mese le proprie osservazioni, utili a definire la materia. . <<BACK

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Zanon: (sezione: Giustizia)

( da "Corriere Alto Adige" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere dell'Alto Adige sezione: BOLZANOEPROV data: 13/05/2009 - pag: 7 Nomine Il presidente del tribunale: i candidati esterni non possono diventare procuratore capo a Bolzano Zanon: «La circolare Csm è illegittima» BOLZANO Il presidente del tribunale di Bolzano, Heinrich Zanon, torna sui due magistrati «esterni» che fanno parte degli aspiranti procuratore capo dell'Alto Adige. «Esiste una circolare del Csm spiega Zanon che consente anche a chi vive fuori dell'Alto Adige di partecipare ai concorsi locali, purché l'aspirante sia entrato in magistratura prima del 1972 e abbia in mano il patentino A del bilinguismo. Credo che nel caso del candidato toscano e siciliano la cosa si risolverà da sola, dato che è improbabile che i due siano in magistratura già da oltre 37 anni. Ma se così non fosse allora posso solo ribadire che la circolare del Csm è illegittima». Il presidente del tribunale, infatti, spiega che la norma del Consiglio superiore della magistratura è in conflitto con la norma di attuazione dell'autonomia altoatesina: «Se il Csm decidesse di assegnare il posto di procuratore capo di Bolzano a uno dei due magistrati esterni prosegue Zanon allora tutti gli altri sette candidati potrebbero impugnare la scelta davanti al Tar e poi infine davanti alla Corte costituzionale». Questo però non significa che il presidente del tribunale non auspichi l'arrivo di magistrati esterni, per aumentare lo scambio professionale: «Un po' di ossigeno non ci farebbe male ammette Zanon Il problema è che va cambiata la norma di attuazione, per permettere ai magistrati altoatesini di andare via per qualche anno, cambiandosi il posto con un giudice o un pm esterno. Solo che ad oggi questo non è possibile e quindi siamo costretti a rimanere in Alto Adige per venti trenta anni. Speriamo che la Commissione dei Sei presto ricominci a lavorare. Io nella mia vita professionale ho un unico rammarico: quaranta anni fa mi fu proposto di fare il tirocinio a Venezia e non ci andai. Avrei rischiato di perdere il posto in provincia di Bolzano. Invece per i miei colleghi giovani mi auguro che questa possibilità ci sia. Potremmo guadagnarci tutti». Secondo il presidente entro il 2011 il sistema giudiziario altoatesino potrebbe collassare. «Mancano otto magistrati su 39 posti. Cinque giureranno tra un mese, ma non saranno autonomi per 18 mesi. Speriamo che la situazioni migliori».

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ROMA Lo schema costituito dal combinato disposto decreti-maxiemendamenti-fiducia è il sistema ... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 13 Maggio 2009 Chiudi ROMA Lo schema costituito dal combinato disposto decreti-maxiemendamenti-fiducia è il sistema con il quale Pdl e Lega stanno di fatto modificando gli equilibri istituzionali, senza la necessità di cambiare la Costituzione. Dario Franceschini torna a lanciare l'allarme sul rischio di una involuzione autoritaria attraverso un'alterazione del rapporto tra governo e parlamento. L'occasione l'ha fornita la presentazione del libro che raccoglie alcuni interventi di Leopoldo Elia, presidente della Corte Costituzionale, ministro e parlamentare del centrosinistra nel trigesimo della sua scomparsa, presenti il costituzionalista Gustavo Zagrebelski, Pierluigi Castagnetti del Pd coordinati da Ezio Mauro direttore di Repubblica. Il "tridente" decreti-maxiemendamenti-fiducia «cambia totalmente la natura delle democrazia» e del rapporto governo-parlamento, sostiene il segretario del Pd. Oggi c'è una sorta di modernizzazione di questo concetto basato sul rapporto «capo-tv-popolo»: il capo decide, la tv propaganda il messaggio e il popolo approva. «Siccome sono stato eletto dal popolo - ha commentato il segretario del Pd riferendosi al "credo" propugnato da Berlusconi - e ho un grande consenso, nulla può stare sopra di me, nemmeno la legge». C'è un antidoto che può essere somministrato alla democrazia sempre più a rischio populismo? «È necessario tenere accesi i riflettori e allertare l'attenzione dei cittadini - ha concluso Franceschini - altrimenti potremmo ben presto trovarci in un altro sistema a Costituzione invariata». Una nota positiva per l'opposizione l'ha fornita in chiusura Zagrebelsky quando ha detto che in democrazia «nulla è più volatile del consenso»: «Se fossi un uomo politico non sarei tanto rassicurato dal grande consenso che mi circonda, il 75% e così via». Giornata piena, quella di Franceschini. In mattinata ha presentato con alcuni candidati il piano del Pd per le amministrative, dove al Nazareno non si nasconde una certa appresnione per i risultati specie al Nord, «ma io sono fiducioso, i nostri sindaci e presidenti hanno governato bene e gli elettori lo riconosceranno nell'urna», ha rassicurato il segretario. Franceschini è tornato sul tema referendum per dire che il "sì" non si cambia, che se dovesse vincere il no se ne assumerà «tutte le responsabilità» prendendosi la rampogna di Pier Ferdinando Casini: «Mi aspetto solo che vada a via del Plebiscito con un cartello "Silvio santo subito", visto che continua a sostenere un quesito che metterebbe il premier sul trono». Nel Pd intanto fioccano le candidature a leader: dopo il «terzo uomo» ventilato da Goffredo Bettini, è stata Anna Finocchiaro a dire di «non escludere» una sua eventuale scesa in campo al congresso di ottobre. R.P.

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Boom di bimbi abbandonati Tribunale: siamo nel caos (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Veneto" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Veneto sezione: VENEZIA data: 13/05/2009 - pag: 7 Boom di bimbi abbandonati Tribunale: siamo nel caos Sos del presidente dei Minorenni al Csm: ci servono almeno 10 giudici. Personale dimezzato, casi raddoppiati VENEZIA Leonardo non gioca più a calcio, Luca non va più in piscina, Silvia ha lasciato il corso di inglese e di vacanze nemmeno a parlarne. Le loro madri quest'anno non hanno più un soldo perché i loro padri dopo la separazione non sono ancora stati obbligati da nessun giudice a versare un euro. E' la vita dei figli delle «coppie di fatto » in crisi. Quelli che, anche se sono uguali ai figli delle coppie sposate di fronte alla legge, non essendo al centro di un divorzio si devono rivolgere al tribunale dei minori che però non ha abbastanza personale per rispondere. «Siamo nel caos spiega il presidente del tribunale dei minori Adalgisa Fraccon Ho scritto al Csm perché ci conceda il budget per assumere almeno dieci giudici onorari. Costano 98 euro per cinque ore di lavoro. Ma se non arrivano è un disastro perché ormai riusciamo a stare dietro solo ai provvedimenti d'urgenza su segnalazione dei pediatri, dei maestri, dei vigili, dei parroci e dei carabinieri quando è a rischio l'incolumità dei minori, ma è sempre più difficile seguire il resto». I 7 magistrati, i 26 giudici onorari e i 24 impiegati amministrativi che sono responsabili dei minori per tutta la regione veneto (a fronte di un organico teorico di rispettivamente 17 magistrati, 60 onorari e 72 impiegati) sono infatti sempre più occupati a seguire i casi di abbandono cresciuti del 120% in un anno (da 102 del 2007 sono diventati 226 nel 2008) a causa della crisi economica e delle sempre più difficili situazioni sociali. Casi in cui la decisione di affidamento del minore ai servizi sociali non può essere rimandata perché si tratta di genitori con problemi mentali, violenti, tossicodipendenti o semplicemente disperati. «La pianta organica del tribunale dei minori spiega il consigliere dell'ordine degli avvocati Isabella Nordio è stata pensato negli anni Sessanta quando le coppie di fatto erano rarissime e il Veneto era una regione agricola». «Oggi è cambiato tutto e il tribunale dei minori rischia il collasso rincara la dose la vicepresidente della della camera civile Elisabetta Mantovani gli avvocati e i giudici sono in pratica costretti a fare volontariato». Tra affidamenti, adozioni e richieste di alimenti per i figli il tribunale dei minori oggi è arrivato ad avere più di cinquemila pendenze a cui si aggiungono altri duemila casi per reati commessi da minori. «Va detto inoltre che a causa della fretta con cui si prendono le decisioni aumenta la percentuale di errori giudiziari continua la presidente del tribunale ma i parenti non possono fare nessun ricorso perché si può andare in secondo grado solo a procedimento concluso e noi facciamo fatica a chiudere i processi». Per i ricorsi delle coppie di fatto ritenuti non urgenti, quelli dei genitori di Leonardo, Luca o Silvia, dunque, i tempi si allungano a dismisura anche perché i conviventi non sposati che si rivolgono al tribunale sono passati dai 366 del 2007 ai 488 del 2008 con un aumento secco del 33% e non accennano a diminuire. «E sono aumentati di un terzo anche i casi di decadenza della podestà aggiunge Fraccon i casi in cui non c'è un vero e proprio abbandono da parte dei parenti ma un genitore trascura o picchia i figli». Il lavoro del tribunale dei minori ha raggiunto una mole tale che l'anno scorso sono state sospese le adozioni per tutta l'estate per permettere lo smaltimento di parte delle pratiche arretrate. Ai casi riguardanti le famiglie si aggiungono infatti i reati compiuti dai minorenni italiani e stranieri che sono in leggero aumento rispetto agli anni scorsi. «La giustizia minorile è un nodo strategico conclude Fraccon Non intervenire su un minore in stato di disagio oggi, significa dover intervenire su un delinquente incallito domani. Lo confermano le statistiche. Abbiamo bisogno di personale per fare il nostro lavoro o la sicurezza di domani è a rischio». Alessio Antonini

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(sezione: Giustizia)

( da "Nazione, La (La Spezia)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

AGENDA MASSA / CARRARA pag. 21 «Occorre una giusta informazione sulla conservazione delle staminali» LA RUBRICA DELL'ASSOCIAZIONE GIOVANI AVVOCATI CARRARA IL MINISTERO del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ha emanato il 26 febbraio 2009 l'ordinanza recante «disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale», entrata in vigore il primo marzo scorso. Ciò è strettamente collegato con la Legge 40 del 2004 relativa alla fecondazione medicalmente assistita, argomento quest'ultimo di grande impegno e complessità riconosciuta a più livelli, in rapporto al quale ha avuto modo di esprimersi la Corte Costituzionale con sentenza 151 del 2009. Per tal motivo, qui si tratta dell'aspetto relativo alla crioconservazione delle cellule staminali derivanti da cordone ombelicale, nei limiti della sua praticabilità. QUALI i limiti imposti dalla normativa vigente? Ma soprattutto quali le possibilità riconosciute? E' il parto la sola opportunità attraverso la quale è possibile prelevare cellule staminali derivanti da cordone ombelicale in modo non invasivo. E' consentito conservarle a scopo preventivo; questo significa che, in ipotesi di gravi malattie, per le quali è richiesto un trapianto, si può evitare di ricercare un donatore compatibile, senza ulteriore aggravio in termini di tempo. Fra progressi della scienza e dubbi etici, la Legge italiana impone ancora molte restrizioni. Pacifico, tuttavia, è che il futuro della ricerca passa da queste cellule. Attualmente ci sono 3 possibilità di conservazione delle staminali: 1) attraverso la donazione del cordone ombelicale al momento del parto, accedendo ad una delle strutture pubbliche italiane a ciò abilitate (cd conservazione eterologa ad uso allogenico ossia in favore di persona diversa e per finalità solidaristiche); 2) rivolgendosi a Biobanche private estere certificate «gmp» (good manufacturing practice), previo nulla osta del Ministero, al fine di far conservare le cellule a scopo preventivo, per eventuali bisogni della donatrice, di suo figlio o di un parente (conservazione autologa estera); 3) da ultimo, attraverso una procedura di conservazione autologa cosiddetta «dedicata», riservata a coloro che sono portatori di malattie per le quali è riconosciuta una valida terapia a base di staminali derivanti dal sangue del cordone ombelicale. Quest'ultimo è l'unico caso di conservazione autologa, con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ammessa in Italia, valendo, diversamente, la regola generale per cui «è vietata la conservazione delle cellule staminali ad uso personale». LA LEGGE 219 del 2005, equiparando le cellule staminali al sangue, sancisce all'articolo 4 un generale principio secondo cui «il sangue umano non è fonte di profitto»; di conseguenza è vietato lo scopo di lucro e l'attività imprenditoriale finalizzata alla crionservazione delle cellule staminali In sintesi, ciò che vogliamo oggi affermare è un concetto molto semplice, ma prezioso. Conservare o donare cellule staminali derivanti da cordone ombelicale, rappresenta un gesto di assoluto rispetto e umanità, e va per questo sollecitato. E' per tale ragione, pertanto, che si vuole diffondere un'adeguata informazione, nel rispetto dei diritti e dei doveri costituzionalmente garantiti. (a cura dell'«Aiga», Associazione italiana giovani avvocati, sezione «Federico Bernacca»)

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Tagli di classi dovuti alla legge (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Ferrara, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il dirigente Usp: ridimensionamenti dei plessi decisi dagli enti locali «Tagli di classi dovuti alla legge» Vincenzo Viglione: gli organici dei docenti gestiti dal ministero «L'ufficio scolastico provinciale ha funzioni esclusivamente amministrative. Ciò significa che deve far quadrare i conti sulla base delle risorse fornite dall'amministrazione statale ed applicare le disposizioni di legge così come sono». A ribadirlo è il vertice dell'amministrazione scolastica provinciale Vincenzo Viglione, per eliminare gli equivoci che in questi mesi hanno permeato il mondo della scuola, soprattutto riguardo al dimensionamento della rete scolastica e alla soppressione delle classi. «Ridimensionare la rete scolastica - spiega il dirigente - è un atto che compete esclusivamente agli enti locali, Provincia e Comuni ed è legato al compito di distribuire l'offerta formativa sul territorio». Sino a quando le Regioni non si doteranno di una legge e di un apparato amministrativo idoneo, la Corte Costituzionale ha stabilito che pur in presenza della competenza regionale, il Ministero continui a gestire gli organici delle istituzioni scolastiche con le risorse assegnategli dalle leggi finanziarie. L'ufficio scolastico provinciale su delega di quello regionale deve determinare gli organici, rispettando le risorse che gli vengono assegnate e le regole sulla formazione delle classi. Il messaggio è chiaro: l'amministrazione scolastica può anche motivatamente derogare dal rispetto dei parametri previsti solo a condizione di rispettare il budget assegnatole. «Non abbiamo - prosegue il dirigente - alcun potere gestionale relativamente all'edilizia scolastica, all'individuazione dei plessi scolastici, al trasporto scolastico, ai tipi di indirizzo funzionanti». La scissione tra chi opera in questi settori appare illogica visto che la decisione sui plessi che devono funzionare spetta agli enti locali, di intesa con le autonomie scolastiche, mentre l'autorizzazione al funzionamento delle classi spetta all'autorità statale. Secondo la legge ad esempio le classi di scuola primaria con meno di 15 alunni non possono rimanere aperte. «L'unica nostra possibilità - prosegue Viglione - di derogare al limite è trovare risorse nel budget. Ciò non sempre è verificabile dall'inizio delle operazioni di determinazione degli organici che peraltro fisiologicamente si duplicano nel tempo anche perchè non mancano casi in cui, in corsa le risorse inizialmente assegnate subiscono variazioni dall'alto e non sempre di segno positivo». Ecco perché le classi prime delle primarie di Stellata e di Pilastri di Bondeno non hanno avuto l'autorizzazione a partire, come Volania, Ponticelli, San Giovanni di Ostellato e Buonacompra dove l'amministrazione locale ha deciso di chiudere il plesso. Silvia Siano

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(sezione: Giustizia)

( da "Corriere della Sera" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 13/05/2009 - pag: 5 Il giurista Mirabelli «Niente limiti L'identità è diritto del nato» ROMA «Il diritto del nato di vedere individuata la sua identità non deve essere limitato». >Per Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, la politica può combattere la clandestinità, anche duramente, ma con interventi appropriati. Quale intervento è stato inappropriato? «Condizionare l'atto di nascita ad un elemento esterno al bambino quale la clandestinità dei genitori». Ma la Bossi-Fini garantisce il permesso di soggiorno a padre e madre che possono quindi riconoscerlo. «L'attribuzione di identità teoricamente può essere fatta, in caso di necessità, anche da terze persone. In questo caso, se sono clandestini, no. Può sembrare una situazione marginale». Invece? «Invece non possono esserci limitazioni neppure minime ai diritti fondamentali come la vita, l'identità, la salute, l'istruzione, il rapporto con i genitori. È scritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del '48». Il reato di clandestinità? «È una scelta politica che qualcuno può criticare ma è legittima. Porre limitazioni all'atto di stato civile no. Non facciamo terra bruciata dei diritti». V. Pic.

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Procura, domani vertice dei pm per De Chiara (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno sezione: NAPOLI data: 13/05/2009 - pag: 5 Caso rifiuti Procura, domani vertice dei pm per De Chiara NAPOLI Un vertice tra tutti i pm della procura di Napoli per valutare l'opportunità di convocare un'assemblea che esprima «solidarietà» ad Aldo De Chiara, procuratore aggiunto che «è stato vicino» ai sostituti titolari dell'inchiesta sulla gestione dell'emergenza rifiuti. È questa la decisione presa per ora dai sostituti procuratori, che domani s'incontreranno per decidere se intervenire sullo strappo, l'ennesimo, nato dalla lettera inviata dal vice del procuratore al Csm dopo la sua audizione, missiva nella quale De Chiara ha rivelato che tra le ragioni addotte da Giovandomenico Lepore per stralciare dall'inchiesta rifiuti la posizione del capo della Protezione civile e del prefetto di Napoli vi erano anche preoccupazioni per i rapporti con il governo impegnato nell'affrontare l'emergenza rifiuti. Dopo il faccia a faccia dell'altro giorno tra i due magistrati, ieri i pm si dovevano riunire per valutare cosa fare: appuntamento saltato per questioni organizzative, e rinviato a domani. La mail con la quale si chiedeva l'incontro, prevede che si esprima «apprezzamento» - al di là delle modalità temporali con cui la lettera è stata inviata al Csm - per il ruolo svolto dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara, che ha «difeso» i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. G. A.

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(sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno sezione: NAPOLI data: 13/05/2009 - pag: 5 Il caso La Corte Costituzionale ha dato il via libera agli abbattimenti sull'isola «Abusi a Ischia, demolite in autunno» Federalberghi: rischio di tensioni sotto gli occhi dei turisti ISCHIA Non albergava certo l'ottimismo sull'isola verde, e dunque l'inapplicabilità del terzo condono edilizio (che rappresentava l'unica arma per fermare le centinaia di ordinanze di demolizione disposte a Ischia dall'autorità giudiziaria) non ha sorpreso più di tanto. Ma ciò nonostante non mancano i commenti, ancora una volta di parziale dissenso che arrivano anche dal mondo imprenditoriale. Che teme le ripercussioni negative in piena stagione turistica per l'arrivo delle ruspe ma chiede anche certezze ed uniformità legislativa. Il presidente di Federalberghi Ischia, Ermando Mennella, esordisce spiegando che «siamo per il rispetto incondizionato della legge, ma non posso omettere di sottolineare esigenze particolari dettate da un periodo di crisi economica. Sarebbe opportuno che ogni iniziativa, concertandola con le autorità competenti, fosse rinviata al periodo autunnale: è ovvio che di fronte a degli abbattimenti potrebbero sorgere elementi turbativi posti in essere dagli occupanti delle abitazioni, magari con gesti e forme di protesta clamorosi che di certo non regalerebbero un bel biglietto da visita ai turisti in vacanza ad Ischia». Fin qui le esigenze legate alla garanzia della tranquillità dei vacanzieri, ma con il presidente di Federalberghi il discorso poi si estende: «Continuo a essere per la differenziazione tra l'abuso speculativo e quello di necessità: non possiamo guardare la questione sotto un punto di vista esclusivamente tecnico, ma come operatori del comparto turistico siamo anche sensibili e vicini nei confronti di coloro che potrebbero perdere un immobile che rappresenta l'unico tetto sulla testa». E quando gli chiediamo di un fenomeno come la cementificazione selvaggia che rischia di deturpare in maniera assolutamente irreversibile il territorio, la risposta chiama in causa le responsabilità politiche: «Ripeterò fino alla noia aggiunge Mennella che la situazione legata all'abusivismo edilizio è dovuta a leggi che hanno consentito il proliferare indiscriminato di immobili non in regola. Perché chi è competente non ha mai regolato il suo territorio facendo in modo che si addivenisse ad uno sviluppo corretto. Insomma, l'impossibilità a costruire ovunque ha finito con legalizzare l'abuso». Ed allora come porre rimedio ad una situazione di evidente impasse? Il presidente degli albergatori risponde lanciando un'altra provocazione: «Il problema principale, torno a ripeterlo, è di equiparare i cittadini dell'isola d'Ischia a quelli del resto d'Italia. Non è possibile che ciò che vale nell'intero Stivale venga sconfessato ad Ischia: se ciò doveva accadere andava detto nel momento in cui fu varato il terzo condono, non certo a posteriori. Anche questa, se vogliamo, è speculazione. Tra l'altro siamo davanti a situazioni ormai paradossali: c'è un immobilismo assoluto che non ci aiuta, i vincoli paesaggistici ci impediscono finanche di migliorare ed abbellire strutture ed immobili e finanche di essere al passo con le nuove tecnologie. Di questo passo si rischia l'abuso anche se si sostituisce una pianta con un'altra. Ripeto, rispettiamo le leggi ma forse occorrerebbe rivedere qualcosa». Gaetano Ferrandino La sentenza Via alle demolizioni delle case abusive a Ischia

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Lotta Bertoldi - Girardi per un posto in giunta (sezione: Giustizia)

( da "Trentino" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Lotta Bertoldi - Girardi per un posto in giunta Sono del Pd: la prima è la novità, il secondo l'anima margheritina PERGINE. Nuovi passi avanti o quanto meno qualche chiarimento sulla futura giunta. Sembra certa la spartizione: 2 Pd, 2 Patt, 1 Upt e 1 Usap. Per il Pd, è fuori gioco Marco Casagrande (alla casa di riposo, quando scadrà il cda), mentre è certa Marina Taffara (quanto meno con la carica di vicesindaco). Per la seconda poltrona ci sono in ballo Paola Bertoldi (125) e Giorgio Girardi (120). La prima ha dalla sua il Gruppo Giovani. Sarebbe il tanto sbandierato segnale di rinnovamento (voluto da tutti, anche dalla sinistra), ma c'è il rischio di perderla (per la maggioranza) se non accontentata. Anche se davanti di 5 voti, dovrà vedersela con Giorgio Girardi (anima margheritina rispetto alla diessina Taffara) che ha delle mire anche passando sopra la giovane Bertoldi e i suoi 125 voti freschi. C'è una leadership ex Ds nel Pd a Pergine (che però ha lasciato sul campo Matteo Savastano) e qualunque sia la scelta tra Bertoldi e Girardi, avrà delle conseguenze. A quanto pare, il Pd non ha chiesto la cultura e sembra farsi strada l'assegnazione dei lavori pubblici con Aldo Zanella appunto alla cultura. Comunque, Bertoldi o Girardi, la decisione è in queste ore. Ieri, il sindaco Silvano Corradi ha intanto accantonata la voce secondo la quale occorrerebbe azzerare le cariche negli enti (casa di riposo, Stet e Amnu). La sentenza cui si fa riferimento non è della Corte Costituzionale, ma del Tar di Trento che però è per un caso specifico. Ha poi sottolineato come i presidenti di Stet e Amnu siano eletti dai rispettivi cda e non dal sindaco. «C'è il rischio che cambiandolo senza fondati motivi, si possa chiedere i danni per l'interruzione dell'incarico. Per la casa di riposo è tutto un altro discorso: le nomine sono della Provincia su semplice indicazione dei nomi da parte del sindaco». Anche in questo caso, capitolo chiuso, a parte la Stet. Il sindaco nominerà Marco Osler nel cda al posto che era suo e poi il cda lo eleggerà presidente. (r.g.)

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Procuratore capo, giochi tutti altoatesini (sezione: Giustizia)

( da "Alto Adige" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

di Davide Pasquali Procuratore capo, giochi tutti altoatesini Il presidente del tribunale chiarisce: «Illegittime le candidature esterne» Zanon: «Una circolare del Csm permette di iscriversi al concorso ma il Pacchetto dice il contrario» BOLZANO. Nuovo procuratore capo presso il tribunale. Con tutta probabilità non sarà una sfida a 9, bensì a 7. La coppia di candidati non altoatesini - un toscano e un siciliano - pare abbia poche chanche. Una circolare del Csm permette loro di iscriversi al concorso, ma non tiene conto dello Statuto di autonomia, che impone residenza in Alto Adige - con 10 anni di servizio in loco - e patentino di bilinguismo A. Lo spiega il presidente del Tribunale Zanon. Il quale lancia un proposta: «Servirebbe una nuova norma di attuazione per permettere il distacco temporaneo di magistrati da altre sedi a qui e viceversa». Cuno Tarfusser ha lasciato due mesi fa, una volta eletto al tribunale penale internazionale dell'Aja in qualità di giudice. A seguito del suo "abbandono", il consiglio superiore della magistratura ha pubblicato un bando per la sostituzione al posto di procuratore capo presso il tribunale, cui hanno aderito nove magistrati, sette altoatesini e due esterni (un giudice siciliano e un sostituto procuratore toscano). Ma sono in molti a mettere in dubbio la loro candidatura, fra i quali l'onorevole Svp Karl Zeller e il giudice Edoardo Mori. Le norme di attuazione dello Statuto, infatti, parlano chiaro: può partecipare al concorso solo chi è entrato in magistratura grazie al concorso locale, differente dal nazionale. E poi, i candidati devono essere in possesso del patentino di bilinguismo. I due, però, si sono iscritti lo stesso. Ne spiega il perché il presidente del tribunale, Heinrich Zanon: «Una circolare emessa anni fa dal Csm ammette esterni ai concorsi altoatesini, ma soltanto nel caso in cui il candidato sia entrato in magistratura prima del 1972». «Personalmente - spiega oltre - ritengo si tratti di una circolare illegittima, anche se il Csm, probabilmente, ora la riterrà applicabile. Però, se un candidato esterno dovesse vincere il concorso, i magistrati altoatesini si riterrebbero danneggiati e qualcuno potrebbe presentare ricorso al Tar». E in questo caso non ci sarebbe storia: «Nel senso che le norme di attuazione dello Statuto sono di rango costituzionale, dunque superiori a una circolare del Csm». E lo Statuto parla chiarissimo: tutti i posti di magistrato che si liberano in Alto Adige devono essere assegnati a livello locale, sulla base degli esiti di un concorso speciale, ben differente da quello nazionale. «Dunque, per i candidati toscano e siciliano non ci sarebbero i presupposti», chiosa Zanon. «Non so chi siano - prosegue - o se lavorino bene. Se si trattasse di nomi eccellenti potrebbe anche sorgere qualche problema, ma ritengo più plausibile un'altra ipotesi: facile si tratti di due magistrati semplicemente desiderosi di venire a lavorare in Alto Adige per l'elevata qualità della vita, o perché il tribunale di Bolzano è ai primi posti nelle graduatorie nazionali per il livello dei servizi erogati ai cittadini». Tradotto, facile si siano iscritti non conoscendo nei particolari i requisiti necessari. «E comunque sia, dovrebbero essere in là con gli anni, perché la circolare parla chiaro: vale solo per chi è entrato in magistratura prima del 1972, ossia 37 anni fa». Ma la questione, al di là del particolare, per Zanon ha degli sbocchi interessanti. Gli dà l'occasione di lanciare una proposta. «A mio avviso servirebbe una nuova norma di attuazione, per permettere il distacco temporaneo dei nostri magistrati ad altre sedi, ma anche di esterni alla nostra». Perché, oggi come oggi, se un magistrato altoatesino chiede il distacco altrove, rischia di essere penalizzato nei concorsi successivi, a causa della minore anzianità di servizio in Alto Adige, motivo per cui tutti rimangono. è stato così anche per Zanon. «Quasi 40 anni fa avevo possibilità di stare un anno o due a Venezia, ma rinunciai. Forse il più grande rammarico della mia carriera». Perché andare ad esercitare altrove serve, eccome. «Ogni sede adotta le proprie buone pratiche. A Milano sono esperti di un settore, a Padova di un altro. Essere distaccati per due o tre anni porta vantaggi professionali, personali ma anche per l'istituzione». Insomma, l'uovo di Colombo per migliorare il tribunale altoatesino, spesso accusato di «provincialismo». Ma i vantaggi sarebbero anche altri, più concreti e immidiati: «L'organico attuale è di 39 magistrati, ma ne mancano 8, ed entro il 2010 ne perderemo altri 5. Il 12 giugno giureranno altri 5 giovani, per il tirocinio, ma prima di 18 mesi non saranno autonomi. Se fosse possibile distaccare qui per qualche mese o anno dei magistrati da altre sedi, sarebbe un bell'aiuto». Dovrebbero sapere il tedesco, ma per il resto la procedura sarebbe molto più snella e rapida.

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tribunali dei minori, a venezia il più disastrato (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Venezia, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 15 - Cronaca Tribunali dei minori, a Venezia il più disastrato Lo sostiene il presidente Fraccon analizzando i dati degli organici GIUSTIZIA Il «primato» in Italia Il Tribunale per i minorenni di Venezia è il più dissestato d'Italia. A sostenerlo è il suo presidente, il giudice Adalgisa Fraccon (in primo piano nella foto), e lo fa con i dati alla mano. E ad appoggiare le sue richieste al ministero della Giustizia e al Consiglio superiore della magistratura per cercare di risolvere almeno alcuni problemi ci sono anche gli avvocati della Camera civile e del Consiglio dell'ordine lagunari. La denuncia del magistrato veneziano è documentata: «Il rapporto popolazione-giudici togati - spiega Adalgisa Fraccon - è di uno a 685 mila, cioè sette giudici per 4,8 milioni di abitanti nel Veneto. Contro una media nazionale di 1 a 285 mila. Esiste poi un operatore amministrativo ogni 139 mila abitanti, essendo la pianta organica costituita da poco più di una trentina tra cancellieri ed impiegati amministrativi». «Se rispettassimo i valori medi - prosegue il magistrato - dovremmo avere 17 magistrati, 60 giudici onorari e 72 dipendenti amministrativi, invece sono rispettivamente 7 (ben 10 in meno), 26 e 30, cioè meno della metà». Per cercare di ovviare a questa drammatica situazione la presidente del Tribunale ha preso carta e penna e ha scritto al Csm, chiedendo almeno di poter aumentare i giudici onorari di dieci unità. «Se venisse esaudita la richiesta non risolverà il problema - chiarisce - ma ci darebbe un pò di respiro». «La colpa di tutto questo di chi è?» si chiede il consigliere dell'Ordine degli avvocati Isabella Nordio, che un'idea ce l'ha: «Una distribuzione delle piante organiche che risale agli anni 60, quando il Veneto era un'altra realtà, prevalentemente agricola. Quaranta anni dopo la situazione e radicalmente cambiata, è come se parlassimo proprio di un altro paese». «A peggiorare la situazione - aggiunge la vice presidente della Camera civile veneziana Elisabetta Mantovani - è arrivata la legge che prevede la nomina di un difensore d'ufficio anche oer il minore nei procedimenti sulla adottabilità, che è entrata in vigore dopo sette anni di rinvii senza alcuna previsione di fondi e senza un disciplina transitoria. E' un vero caos: abbiamo le regole, ma manca la formazione e ogni giorno si naviga a vista». E a pagare tutto questo sono soprattutto gli utenti dedel Tribunale per i minorenni, che sono bambini, ragazzi e i loro genitori. Ecco alcuni dati: l'anno scorso le procedure di adottabilità sono aumentate addirittura del 120 per cento; nei primi tre mesi di quest'anno le procedure di decadenza della potestà parentale sono cresciute del 30 per cento; anche la criminalità monorile è cresciuta. «In Veneto risiedono 404 mila stranieri - conclude la presidente Fraccon - e i minori sono il 24,4 per cento» (Giorgio Cecchetti)

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fatti i sorteggi, parte la campagna elettorale - mitia chiarin (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Venezia, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Bergamo (Udc) è al sesto posto. Un sondaggio nazionale del Pd: «A Venezia vinciamo» Fatti i sorteggi, parte la campagna elettorale Prima la Zaccariotto, Zoggia quarto. Ventisei le liste, dieci candidati in corsa per la presidenza MITIA CHIARIN Un «lenzuolone» giallo per la scheda di voto delle prossime elezioni provinciali. Il 6 e 7 giugno, i veneziani saranno chiamati a scegliere tra 26 partiti e dieci candidati alla presidenza della Provincia di Venezia. Sorteggi. Ieri in Corte d'appello è stato effettuato il sorteggio. Si è cominciato dai candidati presidenti. Prima è risultata Francesca Zaccariotto mentre Davide Zoggia si ritrova in quarta posizione sulla scheda di voto. Ugo Bergamo, ago della bilancia con l'Udc, è sesto. Poi il sorteggio ha interessato l'ordine delle liste, ben 26. Prima risulta la Liga Veneta Repubblica, al 26esimo si ritrovano i Verdi. Successivamente è stata stilata la composizione definitiva dei candidati e dei partiti di appoggio che vedete riproposti in questa simulazione della scheda di voto. Il centrodestra. Francesca Zaccariotto, sindaco di San Donà, candidata alla presidenza per il centrodestra è sostenuta da sei liste. Dopo il sorteggio di ieri, ecco come li troveremo sulla scheda di voto: Pensionati; Francesca Zaccariotto per la nostra Provincia (una Civica); il Popolo della Libertà; Lega Nord-Liga Veneta Bossi; una altra civica, la Territorio e Società per la Provincia; infine gli Amici Popolari Movimento Popolare Veneto. La Destra. Seguono i candidati di destra. Piero Puschiavo, veronese di 44 anni per Fiamma Tricolore e Lega Lombardo Veneta. E Andrea Camilli, veneziano, di 40 anni per la Destra di Storace. Il centrosinistra. Davide Zoggia, 45 anni, presidente uscente si ricandida con l'appoggio di tutti i partiti del vecchio Ulivo più il sostegno di due liste civiche. Otto le liste per lui. Eccole: Di Pietro Italia dei Valori; Libertà civica consumatori (civica che fa riferimento all'associazione Codacons);, Rifondazione Comunisti italiani; Sinistra per Venezia; Partito Socialista; Partito Democratico; Provincia di Venezia Zoggia Presidente e Verdi. Il no alla Provincia. Il quinto candidato è Lorenzo Furlan, 49 anni di Treviso della lista «Amo l'Italia- non voto la Provincia» che si batte per l'abolizione dell'amministrazione. I centristi. Nel futuro c'è la rinascita della vecchia Dc, nel presente l'Udc ha deciso di essere il terzo contendente di questa competizione elettorale. Dal Csm il senatore Ugo Bergamo torna a Venezia come candidato presidente con l'appoggio di Liga Veneta Repubblica, Partito Liberale Italiano e Udc. Sartori e Salvagno. Sebastiano Sartori, 40 anni, è il candidato per Forza Nuova. Punta sull'autonomismo l'ex socialista Vittorio Salvagno, un passato di assessore a Venezia. E' il candidato dei Democratici Autonomisti Socialisti e del Progetto Nord Est, formazione fondata dall'imprenditore Panto. Boato e Tessari. E' invece collocata a centrosinistra ma non appoggia Zoggia la lista «Impegno civico per il bene comune», che candida l'ambientalista mestrino Michele Boato. Infine il Partito National Veneto punta su Sabrina Tessari in Favaro, la seconda donna di questa competizione. Ultim'ora. In serata sul voto in Provincia arriva il sondaggio vincente per il Pd del leader Dario Franceschini. «La capacità di scelta degli italiani è assolutamente diversa da quella raccontata dai sondaggisti». E Paolo Fontanelli (Enti locali Pd) conferma: «Tranne Venezia, Padova e Lecco - osserva - al Nord rischiamo dappertutto anche perché alle scorse Politiche in molti posti Pdl e Lega hanno superato il 50%».

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la procura goriziana sede "disagiata" (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 4 - Gorizia La Procura goriziana sede "disagiata" I magistrati che chiederanno di lavorarvi otterranno stipendi più "sostanziosi" La decisione è stata assunta dal ministro Alfano dopo i ripetuti appelli per rinforzare l'organico All'origine del provvedimento figura anche l'alto numero di processi ancora pendenti Arrivano segnali incoraggianti da Roma per quanto riguarda il futuro e le prospettive di sopravvivenza del Tribunale di Gorizia, messi in discussione dai progetti di legge che, nei mesi scorsi, ventilavano la possibilità concreta di chiudere e accorpare gli uffici giudiziari dalle dimensioni più ridotte. Ieri è stata di fatto ufficializzata l'inclusione della Procura della repubblica Gorizia nel novero delle cosiddette sedi giudiziarie "disagiate". Si tratta, cioè, degli uffici giudiziari per i quali, in base a una legge dello scorso novembre, vengono riconosciuti significativi incrementi di retribuzione e di carriera per i magistrati che chiedono di esservi trasferiti. Insomma, incentivi concreti per "rimpolpare" l'organico, attualmente deficitario sotto il profilo numerico, della Procura goriziana. Complessivamente sono quarantuno le Procure dichiarate, per le loro gravi scoperture di organico, sedi disagiate dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, con l'effetto che i magistrati che andranno a lavorarci potranno godere di tangibili incentivi economici. Quasi tutte sono dislocate nell'Italia del Sud: tredici soltanto in Sicilia per complessivi 31 posti da pm vuoti, sette in Calabria, tre in Sardegna e due in Basilicata. Ma ben undici sono al Nord e fra esse ci sono anche Brescia e, per restare vicino a noi, Trieste. Il ministro Alfano le ha scelte fra 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado indicati dalla terza commissione del Consiglio superiore della magistratura «attraverso una valutazione - sottolinea il ministro in una lettera al vice presidente del Csm, Nicola Mancino - che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze nonché della specificità territoriale e criminale». In tutto i posti da coprire sono 76, ma già oggi o domani il plenum dovrebbe metterli a concorso. Entro il 25 maggio (prorogabile al 29 se le domande saranno inoltrate per via gerarchica) i magistrati interessati potranno dare la loro disponibilità al massimo per cinque sedi, disponibilità che non potrà essere revocata. Dall'elenco del ministro Alfano emerge che è la Procura di Brescia ad avere la situazione di maggior emergenza, seguìta da quelle di Caltanissetta, Gela, Palmi e Trapani, ognuna con quattro posti scoperti. Tre, invece, i posti senza titolare a Catanzaro, Enna, Locri, Termini Imerese e Vibo Valentia. Poi arriva Gorizia, che ha due posti scoperti nell'organico della propria Procura, situazione che si registra anche nei palazzi di giustizia di Lamezia Terme, Nuoro, Paola, Patti, Ragusa, Sciacca e Voghera, mentre ciascuna delle restanti sedi ha un solo posto scoperto, compresa la Procura di Trieste. Piero Tallandini

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Misure cautelari, assenso scritto, Procuratore della Repubblica, necessità (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 13-05-2009)

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Misure cautelari, assenso scritto, Procuratore della Repubblica, necessità Cassazione penale , SS.UU., sentenza 24.02.2009 n° 8388 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Misure cautelari – assenso scritto – Procuratore della Repubblica – necessità – insussistenza [d.lgs. 106/2006] L'assenso scritto del procuratore della Repubblica, previsto dall’art. 3 comma 2 del d.lgs. 20 febbraio 2006 n. 106, non si configura come condizione di ammissibilità della richiesta di misure cautelari personali presentata dal magistrato dell'ufficio del pubblico ministero assegnatario del procedimento, né di validità della conseguente ordinanza cautelare del giudice. (Fonte: Altalex Massimario 18/2009) SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE PENALI Sentenza 22 gennaio - 24 febbraio 2009, n. 8388 (Presidente Gemelli - Relatore Canzio) Ritenuto in fatto 1. - Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Genova, sulla richiesta in data 13/12/2007 dei pubblici ministeri assegnatari del procedimento, disponeva con ordinanza del 4/2/2008 l'applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di N. G., indagato per plurime ipotesi delittuose (artt. 110, 353, comma 2, 317 e 640, comma 2 n. 1 c.p.). Come risulta dagli atti del fascicolo processuale, l'originaria richiesta reca in calce l'annotazione del procuratore della Repubblica del 17 dicembre, con la quale si esprime “dissenso” in ordine alla misura degli arresti domiciliari poiché “all'indagato, ultrasettantenne ed incensurato, sono addebitati reati commessi, senza fine di lucro personale, nella sua veste di presidente dell'autorità portuale, carica pubblica in scadenza tra circa quaranta giorni (è già stata espressa la terna entro cui scegliere il successore); nella più severa delle ipotesi, appare maggiormente adeguata ed ugualmente efficace, per far fronte alle prospettate esigenze cautelari, la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio di cui all'art. 289 c.p.p.”. Segue in calce l'ordine di inoltro “all'ufficio GIP” sottoscritto dallo stesso procuratore il successivo 18 dicembre. La richiesta cautelare, con le annotazioni in calce del procuratore della Repubblica, venne quindi depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari il 20 dicembre, con una nota dei magistrati dell'ufficio del pubblico ministero assegnatari del procedimento, dal seguente tenore: “Si trasmette l'allegata richiesta di misure cautelari (reali e personale), ritenendo di mantenere le determinazioni espresse anche laddove non concertate con il procuratore che, pur non prestando il proprio assenso alla misura cautelare personale, peraltro sotto l'esclusivo profilo dell'adeguatezza del tipo di misura richiesta, ha comunque disposto per la trasmissione dell'atto a codesto g.i.p. per la libera valutazione dell'organo giurisdizionale”. Il tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 25/2/2008 in sede di riesame, confermava il provvedimento applicativo della misura coercitiva, nelle more revocata il 15/2/2008 per sopravvenuta cessazione delle esigenze cautelari, rilevando che il ricorrente aveva interesse all'impugnazione nonostante la revoca della misura, con riguardo all'eventuale esercizio del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, ma che, nel caso concreto, sussistevano gli estremi della gravità indiziaria. Il tribunale non ravvisava, invece, la nullità, ex artt. 178 comma 1 lett. b) e 179 c.p.p., dedotta dal ricorrente sotto il profilo del difetto di una valida domanda cautelare, che potesse assumere rilievo ai fini dell'eventuale richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, per asserita violazione dell'art. 3, comma 2 d.lgs. n. 106 del 2006, in ragione della mancanza di assenso scritto del procuratore della Repubblica alla richiesta dei magistrati assegnatari del procedimento, in quanto: - la richiesta della misura coercitiva era sottoscritta anche dal procuratore aggiunto, titolare, per assetto organizzativo interno all'ufficio, delle stesse prerogative riconosciute al procuratore della Repubblica; - il dissenso di questi concerneva solo la scelta della misura cautelare personale più adeguata, ma non coinvolgeva il merito della contestazioni; - il procuratore della Repubblica aveva disposto l'inoltro della richiesta al g.i.p. senza averne preteso dai magistrati assegnatari la modifica e senza avere altresì inteso revocare l'assegnazione, limitandosi a rimettere alla valutazione del giudice gli argomenti da lui prospettati. 2. - Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori del N., i quali, anche con successive memorie illustrative, hanno ribadito la tesi della nullità assoluta, ex artt. 178 comma 1 lett. b), 179 e 291 c.p.p., del provvedimento applicativo della misura coercitiva, sotto il profilo della carenza di una valida ed efficace domanda cautelare per la violazione dell'art. 3, comma 2 d.lgs. n. 106 del 2006, in ragione della mancanza di assenso scritto del procuratore della Repubblica alla richiesta dei magistrati assegnatari del procedimento, la cui nota di trasmissione del 20/12/2007 sarebbe stata inefficace a fronte dell'inoltro al giudice da parte del procuratore della Repubblica di una richiesta emendata con la sostituzione della misura interdittiva a quella degli arresti domiciliari. Ad avviso del ricorrente, l'assenso scritto, atto necessariamente preventivo e dal contenuto autorizzatorio, costituisce esclusiva “prerogativa” del procuratore della Repubblica (non delegata nella specie al procuratore aggiunto, mero co-assegnatario del procedimento) e si configura come condizione di validità della richiesta cautelare formulata nella fase delle indagini preliminari, non potendosi ritenere che la speciale norma dell'art. 3 d.lgs. n. 106 del 2006 riguardi esclusivamente l'organizzazione interna dell'ufficio di procura ed abbia valenza meramente ordinamentale e disciplinare, senza alcun riflesso nella sfera giuridica del soggetto che sia privato della libertà personale. Di talché, in assenza di una valida richiesta del pubblico ministero o anche in caso di applicazione di una misura più grave di quella validamente richiesta, sostiene il ricorrente che, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 314, comma 2 c.p.p., sussiste l'interesse all'impugnazione, sulla base della illegittimità dell'ordinanza applicativa di una misura coercitiva per violazione del principio della domanda, pur quando la misura sia stata revocata, eccependo in subordine la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della suindicata norma in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 77 Cost.. 3. - La sesta Sezione, con ordinanza del 3-23/10/2008, sul rilievo che il ricorrente, nonostante il giudice del riesame avesse ritenuto la sussistenza del presupposto della gravità indiziaria, aveva impugnato la relativa ordinanza nella parte in cui è stata esclusa la nullità assoluta del provvedimento coercitivo, dedotta sotto il profilo della mancanza di una valida domanda cautelare in difetto dell'assenso del procuratore della Repubblica, ha affermato che l'interesse all'impugnazione, pur quando nelle more sia intervenuta la revoca della misura e la rimessione in libertà, dovrebbe essere negato, dato che il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione si configura, nella previsione dell'art. 314, comma 2 c.p.p. e nell'interpretazione della giurisprudenza di legittimità, solo se mancano le condizioni di applicabilità stabilite dagli artt. 273 e 280 c.p.p.. La Sezione rimettente ha osservato, tuttavia, che l'uniforme orientamento della giurisprudenza di legittimità circa la tassatività dei parametri normativi per la configurazione del presupposto per la riparazione dell'ingiusta detenzione non è in linea con i principi espressi dalla Corte costituzionale, la quale, con plurime decisioni, ha esteso l'ambito dell'equa riparazione a situazioni non previste dalla disciplina codicistica, anche traendo argomenti dai contenuti di norme di fonte sopranazionale. E, concludendo nel senso che il riconoscimento della persistenza dell'interesse a impugnare, nonostante la sopravvenuta revoca della misura coercitiva, rispetto a tutte le condizioni che attengono alla “ontologica legalità e validità” del provvedimento impositivo, potrebbe dare luogo ad un contrasto giurisprudenziale, ha rimesso la decisione della questione di diritto alle Sezioni Unite, cui il ricorso è stato assegnato per l'odierna udienza in camera di consiglio. Considerato in diritto 1. - Le Sezioni Unite sono chiamate anzitutto a rispondere al quesito “se permanga l'interesse dell'imputato all'impugnazione dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare personale, ai fini del giudizio di riparazione per ingiusta detenzione, pur quando le censure contro il provvedimento, che nelle more sia stato revocato, non attengano alla mancanza dei presupposti di applicabilità di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p. - in particolare dei gravi indizi di colpevolezza -, bensì all'asserita mancanza di una valida domanda cautelare (per il difetto di assenso o per l'espresso dissenso del procuratore della Repubblica sulla relativa richiesta del magistrato dell'ufficio del pubblico ministero assegnatario del procedimento)”. 1.1. - Occorre premettere che lo schema codicistico del procedimento di applicazione delle misure cautelari personali, come delineato dagli artt. 291 e 292 c.p.p. all'interno di un modello processuale che, anche alla luce del riformulato art. 111 comma 2 Cost., mira ad esaltare la netta separazione dei ruoli tra parti richiedenti e organo deliberante ed a preservare la terzietà del giudice, postula, come “indefettibile antecedente”, uno specifico atto propulsivo rappresentato dalla “domanda” che il pubblicò ministero rivolge al giudice, alla stregua di un atto di esercizio dell'“azione cautelare” (C. cost., n. 4 del 1992). Nella logica accusatoria del nuovo processo penale, la direttiva n. 59 della legge-delega n. 81 del 1987, già sul piano semantico, correla intimamente il potere-dovere del pubblico ministero di richiedere, presentando al giudice gli elementi su cui si fonda la sua richiesta”, con il potere-dovere “del giudice di disporre con provvedimento motivato le misure di coercizione personale”, in termini di interdipendenza necessaria tra richiesta e decisione. Avverte, in proposito, la Relazione al Progetto preliminare del nuovo codice di rito, privilegiando l'aspetto funzionale del rapporto tra domanda cautelare e decisione giurisdizionale, che, se dev'essere esclusa “una legittimazione ai provvedimenti cautelari in capo al pubblico ministero (salvo il potere di fermo), così è da escludersi l'adozione di misure cautelari che prescinda dall'iniziativa del pubblico ministero il quale è, sotto questo profilo, soggetto necessariamente richiedente senza legittimazione a disporre, mentre, per converso, il giudice è soggetto decidente, ma non ex officio”. Sicché, alla domanda della parte pubblica corrisponde la genesi di un fenomeno devolutivo, che assegna al giudice un potere decisorio che, pur integro in tutti i suoi connotati e secondo gli ordinari parametri delibativi, resta circoscritto all'interno dei confini tracciati dal devolutum. Nel senso che va coerentemente esclusa la possibilità non solo che il giudice applichi ex officio una misura cautelare in mancanza di domanda del pubblico ministero (extra petita), ma anche che egli adotti una misura, non già meno severa, bensì, in peius, più grave di quella richiesta (ultra petita). E, ove si verifichi l'inosservanza della preclusione nascente dal principio della domanda cautelare, si configura, sul piano interpretativo (Cass., sez. fer., 6/9/1990 n. 2668, Palma, rv. 185652; sez. III, 8/10/1998 n. 2554, P.M. in proc. Corigliano, rv. 212169; sez. VI, 26/6/2003 n. 35106, De Masi, rv. 226515; sez. VI, 10/7/2008 n. 33858, P.M. in proc. Maazouzi, rv. 240799), la nullità - di ordine generale ed assoluta, insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento - dell'ordinanza del giudice, riferita, ai sensi degli artt. 178 lett. b) e 179 comma 1 c.p.p., all'iniziativa indefettibile e riservata in via esclusiva al pubblico ministero nell'esercizio dell'azione cautelare. 1.2. - Ciò posto, è ben vero che le Sezioni Unite (Sez. Un., 12/10/1993 n. 20, Durante, rv. 195353-355, seguite da Sez. un., 13/7/1998 n. 21, Gallieri, rv. 211194 e Sez. Un., 28/3/2006 n. 26795, Prisco, rv. 234268, nonché dal conforme e costante indirizzo giurisprudenziale delle sezioni semplici), pur osservando, circa la persistenza dell'interesse ad impugnare l'ordinanza coercitiva nel caso di revoca medio tempore della misura e di liberazione dell'imputato, che la sopravvenuta revoca non può incidere sull'attualità dell'interesse a coltivare l'impugnazione ai fini della precostituzione di un titolo da far valere successivamente in sede di riparazione per ingiusta detenzione, hanno tuttavia qualificato come “tassativa” la formulazione dell'art. 314 comma 2 c.p.p., con riguardo alle cause di illegittimità della misura elencate negli artt. 273 e 280 c.p.p.. Donde l'inidoneità delle violazioni attinenti sia all'art. 274 per insussistenza delle esigenze cautelari, sia all'art. 275 per inadeguatezza o per difetto di proporzionalità della misura, ad atteggiarsi a fondamento giustificativo del diritto all'equa riparazione. La qualificazione in termini di “tassatività” della norma, secondo un'interpretazione fedele al dato letterale, ha messo in evidenza il carattere “speciale” dello strumento riparatorio dell'ingiusta detenzione, diretto alla tutela delle ragioni di quanti siano stati condannati in relazione agli stessi fatti posti a fondamento del titolo cautelare illegittimo. Va peraltro segnalato che un pur minoritario orientamento giurisprudenziale ha inteso accreditare un'interpretazione capace di superare i limiti letterali della disposizione dell'art. 314 comma 2 c.p.p., valorizzando le fonti normative sopranazionali e l'elaborazione della Corte costituzionale - di cui si dirà appresso - per giustificare talune soluzioni applicative, dirette alla verifica ex post dell'illegittimità della situazione detentiva (v. Cass., sez. I, 10/10/2000 n. 3346/01, Macrì, rv. 218175-176, nell'ipotesi di carcerazione protratta oltre il termine di durata previsto dalla legge, e Corte eur. d. uomo, 9/6/2005, Picaro C. Italia, con riferimento alla violazione, in tal caso, dell'art. 5, par. 5 Cedu; sez. VI, 27/5/2005 n. 26873, Frediani, rv. 231918, nel caso di proroga tardiva della misura cautelare; sez. IV, 6/11/2006 n. 42022, Carta, rv. 235676-677, nel caso di mancanza della richiesta del Ministro della Giustizia; sez. III, 7/5/2008 n. 25201, Teodosiu, rv. 240388, nel caso di difetto del presupposto dell'urgenza per il giudice dichiaratosi territorialmente incompetente). 1.3. - D'altra parte, non può non rilevarsi che, a fronte di un diritto vivente pressoché uniformemente ancorato alla persistenza dell'interesse purché fatto valere nel perimetro tassativo delle condizioni di applicabilità stabilite dagli artt. 273 e 280 c.p.p., la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sui limiti normativi dell'equa riparazione per ingiusta detenzione, ne ha ripetutamente esteso lo spettro operativo a situazioni non previste dalla norma codicistica, sulla base di un comune percorso argomentativo, avvalorato soprattutto dal richiamo della direttiva n. 100 e del primo comma dell'art. 2 della legge-delega n. 81 del 1987, che prescrive la necessità di adeguamento del codice alle norme delle Convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale: con particolare riguardo alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, che prevedono rispettivamente, nell'art. 5 par. 5 e nell'art. 9 par. 5, il diritto ad un indennizzo in caso di detenzione illegale, senza alcuna limitazione o distinzioni di sorta circa il titolo dell'ingiustizia. Vanno menzionate in proposito: - sia le sentenze tout court dichiarative dell'illegittimità costituzionale dell'art. 314 c.p.p. (n. 310 del 1996, per la detenzione conseguente ad un ordine di esecuzione poi dichiarato illegittimo; n. 109 del 1999, per l'ingiusta detenzione subita in conseguenza di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto, quando, con decisione irrevocabile, siano ritenute insussistenti le condizioni per la convalida della custodia precautelare, per assenza dei presupposti o per inosservanza dei termini; n. 219 del 2008, per la custodia cautelare subita in misura superiore alla quantità della pena inflitta con la sentenza di primo grado, che sia stata riformata dalla sentenza di appello dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione, decisione, questa, poi seguita dalla conforme sentenza delle Sezioni Unite, 30/10/2008 n. 4187/09, Pellegrino); - sia quelle sentenze interpretative di rigetto, che hanno riconosciuto all'art. 314 c.p.p. un ambito applicativo più esteso rispetto al mero dato letterale (n. 284 del 2003, sull'ingiusta detenzione subita in esecuzione di un ordine di carcerazione inizialmente legittimo ma che, per un fatto sopravvenuto alla sua emissione correlato all'accertamento ex post che la pena risultava già espiata all'estero, era da revocare siccome in violazione del divieto di bis in idem; n. 230 del 2004, sul riconoscimento del diritto all'equa riparazione anche in favore di colui che abbia subito un periodo di custodia cautelare per un fatto dal quale sia poi stato prosciolto per la preclusione del giudicato ex art. 649 c.p.p.; n. 231 del 2004, sull'analogo riconoscimento dell'indennizzo in favore di un soggetto che, a seguito di richiesta di estradizione passiva di uno Stato estero, abbia subito un periodo di custodia cautelare provvisoria in Italia e sia poi stato messo in libertà, essendo stata accertata ex post la carenza di giurisdizione dello Stato estero; n. 413 del 2004, che ammette la riparazione per ingiusta detenzione anche in caso di archiviazione per morte del reo, qualora successivamente sia stata pronunciata nei confronti dei coimputati, sulla base del medesimo materiale probatorio, sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste). 1.4. - Orbene, dall'analisi logico-sistematica e da una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento e delle fonti internazionali pattizie, pure recepite dal nostro ordinamento, sembra lecito concludere che, se l'equa riparazione per ingiusta detenzione è stata ammessa in taluni casi di non corretto esercizio della giurisdizione cautelare, a maggior ragione il fondamento solidaristico del diritto ad un equo indennizzo per la custodia cautelare ingiustamente subita dev'essere riconosciuto laddove venga messa radicalmente in discussione - addirittura - la “ontologica legalità e validità” del titolo coercitivo, a causa della violazione da parte del giudice del fondamentale principio della domanda, con riguardo al difetto, da accertare ex post, della iniziativa del pubblico ministero. Iniziativa nell'esercizio dell'azione cautelare che, siccome istituzionalmente riservata in via esclusiva all'organo dell'accusa, costituisce l'“indefettibile antecedente” e il prius logico del provvedimento restrittivo della libertà personale, ponendosi, quindi, “a monte” del perimetro delle condizioni di applicabilità della misura di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p., la cui accertata insussistenza (soltanto) è tuttavia configurata, nella formulazione letterale del secondo comma dell'art. 314, come presupposto dell'azione di riparazione per l'ingiusta detenzione. Né può considerarsi di ostacolo alla praticabilità della cennata operazione ermeneutica di adeguamento della normativa, che consenta di ricostruirne la portata in sintonia con i valori costituzionali e con i progressivi ed incisivi interventi del Giudice delle leggi, l'esistenza di una disciplina per il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e per la responsabilità civile dei magistrati, posto che, secondo l'espressa previsione dell'art. 14 della legge n. 117 del 1988, le disposizioni di tale legge non pregiudicano il diritto alla riparazione a favore delle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione (v., in tal senso, C. cost., sent. n. 310 del 1996). In ordine al quesito interpretativo riportato in premessa può pertanto enunciarsi il principio di diritto per cui “persiste l'interesse all'impugnazione dell'ordinanza applicativa di una misura coercitiva, ai fini del giudizio di riparazione per l'ingiusta detenzione, pur quando le censure contro il provvedimento, che nelle more sia stato revocato con la conseguente rimessione in libertà dell'interessato, non attengano alla mancanza delle condizioni di applicabilità previste dagli arti. 273 e 280 c.p.p., bensì alla prospettata carenza di domanda cautelare”. 2. - Ciò posto, resta peraltro ancora da dimostrare la fondatezza della dedotta nullità dell'ordinanza coercitiva, per la pretesa mancanza di domanda cautelare nel caso, denunziato dal ricorrente, di difetto di assenso o, come nella specie, di espresso dissenso del procuratore della Repubblica sulla richiesta di misura coercitiva avanzata dai magistrati dell'ufficio del pubblico ministero assegnatari del procedimento. Le Sezioni Unite sono chiamate a rispondere, infatti, all'ulteriore quesito “se l'assenso scritto del procuratore della Repubblica, previsto dall'art. 3 comma 2 dlgs. 20 febbraio 2006 n. 106, si configuri come condizione di ammissibilità della richiesta di misure cautelari personali presentata dal magistrato dell'ufficio del pubblico ministero assegnatario del procedimento, e quindi di validità della conseguente ordinanza cautelare del giudice”: quesito in ordine al quale non è dato rinvenire alcun precedente nella giurisprudenza di legittimità in considerazione della novità dell'assetto ordinamentale in materia. 2.1. - La “riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero” ha costituito uno dei più significativi obiettivi della legge delega 25/7/2005 n. 150 per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al r.d. n. 12 del 1941, i cui principi e criteri direttivi, dettati in particolare dagli artt. 1, comma 1 lett. d), e 2 comma 4, hanno trovato attuazione nel d.lgs. 20/2/2006 n. 106, successivamente modificato dalla legge 24/10/2006 n. 269. Il vigente quadro normativo, pur non riproducendo il tradizionale modello gerarchico disegnato dall'originario art. 70 ord. giud. alla stregua della natura impersonale delle attività e della funzione dell'organo (“... i procuratori della Repubblica esercitano le loro funzioni personalmente o per mezzo dei dipendenti magistrati addetti ai rispettivi uffici”: disposizione, questa, scrutinata positivamente dalla Corte costituzionale con sentenza n. 52 del 1976), si caratterizza tuttavia, da un lato, per l'accentuazione del ruolo di “capo” del procuratore della Repubblica, sia sul versante organizzativo sia su quello della gestione dei procedimenti e dei rapporti con i sostituti, e, dall'altro, per la corrispondente, parziale, compressione dell'autonomia dei singoli magistrati dell'ufficio. Al fine di meglio assicurare le esigenze di efficienza, coordinamento, uniformità e ragionevole durata dell'azione investigativa, al procuratore della Repubblica, definito “preposto all'ufficio del pubblico ministero” e “titolare esclusivo” dell'azione penale, è affidato, tra l'altro, il potere-dovere: - di determinare i criteri generali di organizzazione dell'ufficio e di assegnazione dei procedimenti; - di stabilire, di volta in volta, gli specifici criteri ai quali il magistrato assegnatario deve attenersi nell'esercizio delle attività conseguenti all'atto di assegnazione del procedimento; - di revoca dell'assegnazione in caso di inosservanza dei principi e dei criteri definiti in via generale o con l'assegnazione, e in caso di "contrasto" circa le modalità di esercizio delle relative attività. In particolare, il procuratore della Repubblica è titolare di speciali “prerogative” in materia di misure cautelari, prescrivendo l'art. 3, commi 1 e 2 d.lgs. n. 106/06 che “l'assenso scritto del procuratore della Repubblica ...è necessario”, oltre che per il fermo di indiziato di delitto, “anche per la richiesta di misure cautelari personali” formulata da un magistrato dell'ufficio. Si avverte peraltro autorevolmente in dottrina (cons. anche la Risoluzione 12/7/2007 del Consiglio Superiore della Magistratura) che, soprattutto all'esito delle sostanziali modifiche apportate all'impianto del d.lgs. n. 106/06 ad opera della l. n. 269/06 (in punto di eliminazione delle parole “sotto la propria responsabilità” in relazione all'esercizio dell'azione penale da parte del procuratore della Repubblica, di sostituzione del termine “delega” con quello di “assegnazione” in tema di distribuzione degli affari, di procedimentalizzazione della fattispecie di revoca dell'assegnazione), vanno comunque osservate, nell'esercizio della potestà di direzione e di organizzazione, le basilari regole di funzionamento dell'ufficio, ispirate ai principi di legalità, imparzialità, buon andamento e trasparenza dell'amministrazione. E si aggiunge che, alla luce dei valori costituzionali espressi dagli artt. 101, 102, 105, 107 e 112 Cost., riferibili nel sistema di giustizia penale anche alla figura del magistrato del pubblico ministero, in virtù del “rapporto di compenetrazione organica a fine di giustizia” dell'attività di esercizio dell'azione penale con l'attività decisoria e della soggezione, al pari del giudice, soltanto alla legge (C. cost., n. 96 del 1975 e n. 88 del 1991), va altresì preservata per il singolo sostituto la sfera di autonomia professionale, di dignità e di responsabilità decisionale per le funzioni esercitate in conseguenza dell'assegnazione del procedimento. Così come non si dubita che restano in vigore rispetto alle attività di udienza, anche non dibattimentale, le prescrizioni degli artt. 70, comma 4 ord. giud. e 53 c.p.p. (attuativo della specifica direttiva n. 68 della legge delega del 1987) circa la “piena autonomia” e la ordinaria insostituibilità del magistrato del pubblico ministero che esercita le relative funzioni di accusa: regola, questa della piena autonomia del magistrato in udienza, che è certamente destinata a riflettere i suoi effetti anche sul potere di iniziativa cautelare dallo stesso eventualmente attivato in tali fasi. 2.2. - Si è già detto del “necessario” e indeclinabile “assenso scritto” del procuratore della Repubblica per tutti gli atti che incidono sulla libertà personale, che, stabilizzando normativamente la prassi già invalsa del “visto” del capo dell'ufficio, limita l'autonomia decisionale del sostituto assegnatario del procedimento, ma trova razionale giustificazione nella finalità del corretto perseguimento di linee uniformi di indirizzo e di condotta dell'ufficio di procura, rispetto a quella che ben può dirsi intrinsecamente la più rilevante delle attività affidate all'organo dell'investigazione e dell'accusa. L'assenso, che deve assumere la forma scritta, si colloca chiaramente in una fase che è immediatamente successiva alla formulazione della richiesta della misura cautelare da parte del magistrato assegnatario del procedimento, e però antecedente l'inoltro della medesima richiesta al giudice per le indagini preliminari. Di talché, sembra evidente che, una volta esaurito inutilmente il pur doveroso metodo del confronto onde evitare il radicarsi di una situazione di conflitto e addivenire alla “concertazione” preventiva in merito alla richiesta, l'eventuale persistenza del “dissenso” del capo dell'ufficio sul provvedimento da adottare in materia di libertà personale segnali un'ipotesi di “contrasto” circa le concrete modalità di esercizio delle attività relative alla trattazione del procedimento assegnato al sostituto. Vengono quindi a determinarsi le condizioni previste dal secondo comma dell'art. 2 d.lgs. n. 106/06, sosto dalla l. n. 269/06, perché il sostituto, il quale non intenda recedere dall'originaria richiesta, chieda di essere esonerato dalla trattazione del procedimento a tutela della sua autonomia professionale, ovvero il procuratore della Repubblica possa, con atto motivato, “revocare l'assegnazione”, cui il magistrato può replicare presentando “osservazioni scritte”: procedura, questa, rispetto alla cui legittimità non è escluso il potenziale intervento dei titolari dell'azione disciplinare e dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura, chiamato a verificare, non solo a fini disciplinari, la congruità delle determinazioni sia del capo dell'ufficio sia del sostituto. Quel che sembra incontrovertibile è che, non potendo non prevalere in materia la riserva di prerogativa del procuratore della Repubblica, non è consentito procedere all'inoltro della richiesta di una misura cautelare personale in difetto di assenso del capo dell'ufficio, presupponendo necessariamente l'atto di inoltro che il tenore della richiesta venga previamente concertato fra il magistrato assegnatario del procedimento che l'ha formulata e il procuratore della Repubblica che l'ha assentita. S'intende dire che, laddove si prospetti, per contro, un conflitto in merito alla più incisiva delle modalità di esercizio dell'attività relativa alla trattazione di un procedimento assegnato al sostituto, la rigida disciplina procedimentale in tema di “contrasto” e di “revoca” dell'assegnazione pretende che la vicenda venga doverosamente incanalata lungo i binari segnati dall'art. 2, comma 2 d.lgs. n. 106/06, sost. dalla L. n. 269/06, precludendosi decisamente sia al sostituto l'inoltro di una richiesta formulata in difetto di assenso o con l'espresso dissenso del procuratore della Repubblica, sia a quest'ultimo l'inoltro della medesima richiesta, seppure corredata dall'atto del suo parziale o totale dissenso. Orbene, osserva il Collegio che non può seriamente dubitarsi della irritualità del percorso adottato, nel caso in esame, da tutti i protagonisti della vicenda - il procuratore della Repubblica e i magistrati assegnatari del procedimento -, i quali hanno proceduto all'inoltro al giudice di una richiesta di misura coercitiva nei confronti dell'indagato, corredata dall'espresso dissenso scritto del procuratore della Repubblica, il quale optava per l'applicazione di una meno grave misura di tipo interdittivo, così erroneamente ritenendosi l'atto di dissenso, per un verso, come un'autonoma e diretta richiesta del capo dell'ufficio da inoltrare al giudice e, per il verso opposto, come un mero parere da sottoporre alla “libera valutazione dell'organo giurisdizionale”. 2.3. - E però non sembra cogliere nel segno la tesi difensiva, pur perspicuamente argomentata nei motivi di ricorso, della nullità assoluta dell'ordinanza applicativa della misura coercitiva, sotto il profilo della mancanza di una valida ed efficace domanda cautelare, in ragione del dissenso espresso dal procuratore della Repubblica sulla richiesta dei magistrati assegnatari del procedimento. Ritiene, infatti, il Collegio che la norma dell'art. 3 d.lgs. n. 106/06 riguardi esclusivamente l'organizzazione “interna” dell'ufficio di Procura ed abbia valenza meramente ordinamentale e disciplinare, senza che le eventuali condotte elusive della prerogativa riservata al procuratore della Repubblica da parte del sostituto, da un lato, o le eventuali determinazioni strumentali del primo, lesive dei pur legittimi spazi di autonomia spettanti al secondo, dall'altro, possano rivestire alcun rilievo “esterno” sul terreno del regime propriamente processuale della misura cautelare. A prescindere dal mero riflesso indiretto che l'osservanza della regola ordinamentale è potenzialmente idonea a determinare nella sfera giuridica del soggetto che sia privato della libertà personale, ostano, ad un'asimmetrica proiezione delle conseguenze derivanti dal difetto di assenso del procuratore della Repubblica sul terreno processuale, insormontabili ragioni di ordine logico-sistematico. Dalla citata fonte normativa di tipo ordinamentale non s'evince affatto che l'assenso del procuratore della Repubblica concorra al perfezionamento strutturale dell'atto di esercizio dell'azione cautelare e alla compiuta integrazione del procedimento applicativo della misura cautelare personale ex artt. 291 e 292 c.p.p., in termini di inammissibilità della richiesta se priva dell'assenso (a favore dell'appellabilità ex art. 310 c.p.p. di una siffatta declaratoria d'inammissibilità della richiesta cautelare, v. la recente Cass., sez. VI, 20/11/2008 n. 48441, P.M. in proc. Pirvan), ovvero di nullità dell'ordinanza del giudice se adottata nonostante la mancanza dell'assenso medesimo. Sicché, a fronte del silenzio legislativo sul punto e del concreto esercizio dell'azione cautelare, che sia comunque riconducibile all'impersonale struttura dell'ufficio del pubblico ministero tramite la figura del magistrato assegnatario dell'affare che abbia inoltrato la richiesta (pur priva di assenso o corredata da un espresso dissenso del procuratore della Repubblica), il principio di tipicità e di tassatività delle ipotesi di inammissibilità o di nullità degli atti processuali di cui all'art. 177 c.p.p. preclude al giudice la rilevabilità, d'ufficio o su istanza di parte, di quella che, estranea al piano processuale, si rivela come una irregolarità di sicuro e pregnante rilievo, ma sul distinto terreno ordinamentale e disciplinare. D'altra parte, tenuto conto che la prescrizione della “piena autonomia” del magistrato del pubblico ministero in udienza è destinata - come si è detto - a riflettere i suoi effetti anche sul potere di iniziativa cautelare dallo stesso eventualmente esercitato nelle fasi stricto sensu processuali, sarebbe davvero illogico ricostruire la fattispecie di invalidità dell'ordinanza cautelare in termini e funzioni differenziate, a seconda delle diverse fasi del procedimento o del processo in cui l'azione cautelare venga concretamente esercitata dal pubblico ministero. A favore della prospettata soluzione ermeneutica converge altresì la ricognizione sistematica delle norme che dettano le regole dirette a disciplinare i momenti di interferenza tra le leggi di ordinamento giudiziario e la legge processuale, da cui si desume che il rinvio alle norme di ordinamento giudiziario è operato dal codice di rito con esclusivo riguardo alla figura del giudice ed alla funzione giurisdizionale (v. l'art. 1, sulla giurisdizione penale; l'art. 33, sulla capacità del giudice; gli artt. 178 lett. a e 179 comma 1, sulla nullità di ordine generale e assoluta per l'inosservanza delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi; l'art. 36, comma 1 lett. g, in tema di astensione e ricusazione del giudice che si trovi in una situazione di incompatibilità; l'art. 43, sulla sostituzione del giudice astenuto o ricusato con altro magistrato dello stesso ufficio; l'art. 610 comma 1-bis, sull'assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni della Corte di cassazione; l'art. 163-bis disp. att., circa gli effetti dell'inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative alla ripartizione tra sede principale e sezioni distaccate, o tra diverse sezioni distaccate, dei procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione monocratica; l'art. 169-bis disp. att., circa la predeterminazione tabellare della sezione della corte di cassazione per l'esame dell'inammissibilità dei ricorsi). E viceversa, ancora con riferimento agli uffici giudicanti, l'art. 7-bis, comma 1 ultimo periodo, del r.d. n. 12 del 1941, aggiunto dall'art. 4, comma 19 lett. b, l. n. 111 del 2007, avverte che in nessun caso la violazione dei criteri (tabellari) per l'assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, determina la nullità dei provvedimenti adottati. Per contro, in nessun'altra disposizione di ordinamento giudiziario o del codice di rito si fa menzione di un eventuale rilievo processuale delle eventuali violazioni di norme dirette a disciplinare l'organizzazione interna dell'ufficio del pubblico ministero, neppure in tema di previsione di nullità degli atti del procedimento per quel che attiene, ai sensi dell'art. 178 lett. b c.p.p., all'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e alla sua partecipazione al procedimento. Occorre inoltre sottolineare che, riflettendo sul tema delle interferenze tra legge ordinamentale e legge processuale, con particolare riguardo alle regole di organizzazione degli uffici del pubblico ministero, la giurisprudenza di legittimità, sia pure in casi e per fini diversi da quelli in esame, ha in più occasioni affermato il principio di impermeabilità processuale rispetto alle eventuali violazioni di tali regole. Hanno affermato le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 30/10/2003 n. 45276, P.G. in proc. Andreotti, rv. 226089), con riferimento all'attribuzione del potere di impugnazione delle sentenze d'appello, che “non assumono ... alcun rilievo esterno i criteri tabellari stabiliti per l'organizzazione dei servizi e la distribuzione delle incombenze negli uffici di procura, non inerendo comunque, all'evidenza, le garanzie costituzionali di legale precostituzione e di terzietà del giudice, cui pure s'ispira il sistema tabellare, al ruolo e alla struttura organizzativa degli uffici requirenti”, sicché “l'eventuale inosservanza dei criteri di organizzazione dell'ufficio della procura ... non costituisce fonte di sanzioni processuali e non incide affatto sulla legittimazione del singolo magistrato della medesima procura a ricorrere per cassazione”, sempre che quel magistrato sia provvisto dei requisiti essenziali per ricoprire l'incarico e appartenga all'ufficio, inteso nella sua organica unitarietà, delle cui funzioni faccia esercizio. E la giurisprudenza delle Sezioni semplici ha chiarito, a sua volta, che non è dato apprezzare la nullità ex art. 178 lett. b c.p.p., sotto il profilo della capacità o legittimazione del pubblico ministero, con riguardo alle attività compiute da magistrati onorari o ufficiali di polizia giudiziaria, delegati per l'udienza pretorile prima e per l'udienza dinanzi al tribunale in composizione monocratica poi, in violazione dei limiti operativi fissati dall'art. 72 ord. giud. (Cass., sez. VI, 3/7/1996 n. 8815, Bartolomei, rv. 205909; sez. VI, 10/1/2001 n. 20110, P.M. in proc. Sagone, rv. 219153), o alla mancanza in atti del provvedimento di assegnazione del procedimento al sostituto richiedente l'archiviazione (sez. VI, 19/11/2002 n. 18178, Stara, rv. 225212), una volta che il soggetto che svolga tali funzioni sia comunque investito delle relative attribuzioni. Neppure può considerarsi priva di significato, infine, la circostanza che il Governo s'appresti a realizzare un'opposta soluzione normativa della questione controversa, in termini di cogente interazione fra la disposizione di ordinamento giudiziario che disciplina le prerogative del procuratore della Repubblica in materia cautelare e le regole propriamente processuali della richiesta e dell'ordinanza cautelare. Nel recente schema di disegno di legge governativo di riforma del procedimento penale, adottato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 6/2/2009, risulta infatti formulata un'apposita disposizione - l'art. 3, comma 1 lett. c) - che, mediante l'inserimento nell'art. 291 c.p.p. del nuovo comma 1-ter, configura esplicitamente l'assenso scritto del procuratore della Repubblica come condizione di ammissibilità della richiesta cautelare del pubblico ministero (“a pena di inammissibilità”), nei casi in cui l'assenso è previsto ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 106 del 2006. E con la norma transitoria di cui al successivo art. 33, comma 5, si precisa, inoltre, che “le disposizioni di cui all'articolo 291, comma 1-ter, del codice di procedura penale, così come introdotto dall'articolo 3, comma 1 lett. c), non si applicano alle richieste di misura cautelare presentate in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge”. L'innovativa scelta legislativa, rispetto al vigente quadro normativo e giurisprudenziale, sembra pertanto rafforzare - argomentandosi a contrario - la tesi dell'ordinaria impermeabilità del processo penale alle regole di ordinamento giudiziario inerenti all'organizzazione interna degli uffici del pubblico ministero. 2.4. - Le precedenti riflessioni convergono dunque univocamente nel senso che “l'assenso scritto del procuratore della Repubblica, previsto dall’art. 3 comma 2 del d.lgs. 20 febbraio 2006 n. 106, non si configura come condizione di ammissibilità della richiesta di misure cautelari personali presentata dal magistrato dell'ufficio del pubblico ministero assegnatario del procedimento, né di validità della conseguente ordinanza cautelare del giudice”. Attesa pertanto, alla stregua del suindicato principio di diritto, l'infondatezza delle censure mosse dalla difesa del ricorrente avverso l'ordinanza impugnata, il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

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Rimessione alla Plenaria della questione pregiudiziale amministrativa (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Rimessione alla Plenaria della questione pregiudiziale amministrativa Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 21.04.2009 n° 2436 (Francesco Logiudice) Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Ci risiamo. Non appena sembrano placarsi le acque tra i due plessi giurisdizionali, i giudici di Palazzo Spada (sez. IV, n. 1917, del 31 marzo 2009) dapprima riaffermano la necessità del previo esperimento dell’azione caducatoria/demolitoria rispetto a quella risarcitoria; successivamente, con la pronuncia in rassegna, non pienamente convinti dell’opzione ma, soprattutto, per evitare ulteriori attriti con il giudice della Nomofilachia, rimettono la questione relativa all’esistenza o meno della pregiudiziale stessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, evidenziando una serie di parametri costituzionali rispetto ai quali l’orientamento delle Sezioni Unite sarebbe in contrasto. C’è chi suggerisce la necessità ed il bisogno indifferibile di “un Concordato che in qualche modo rievochi quello sul criterio di riparto siglato tra D’Amelio e Santi Romano, nella fascinose sale (così si narra) del caffè Greco1.” Con la decisione de qua, la sez. VI ha nuovamente rimesso alla Plenaria l’esigenza di ribadire tutti gli elementi che condurrebbero ad una riaffermazione della pregiudiziale, ritenendo anche di cogliere in contraddizione la Cassazione con riferimento al diverso orientamento dalle stessa manifestato in materia tributaria . Sicchè, consapevole che una decisione di riaffermazione della pregiudiziale si esporrebbe alla preannunciata cassazione del giudice della giurisdizione, la sez. VI ha chiesto alla Plenaria di tornare ad aderire alla richiamata prospettazione, ovvero, in subordine, di sollevare questione di costituzionalità a carico delle norme che avrebbero introdotto l’autonoma tutela risarcitoria affermata dalle Sezioni Unite. Caso di specie ed excursus delle evoluzioni giurisprudenziali in materia Nella fattispecie che dà luogo alla rimessione, il Collegio ravvisa la contraddittorietà nella quale è incorsa la sentenza del giudice di prime cure che, dopo aver riconosciuto l’indipendenza della domanda risarcitoria dal previo annullamento del provvedimento amministrativo dal quale, asseritamente, sono derivati i danni lamentati, ha poi escluso comunque e sempre che, in presenza di un atto non impugnato, possa darsi l’ingiustizia del danno. E’ evidente, infatti, che siffatta valorizzazione dell’efficacia del provvedimento conduce a riconoscere l’esistenza della cosiddetta pregiudiziale amministrativa, istituto che, come è noto, esclude la proponibilità o fondatezza della pretesa risarcitoria tutte le volte in cui il provvedimento causativo del danno non sia stato rimosso nelle forme previste dall’ordinamento. La sez.VI., pertanto, ripercorre l’ excursus concernente la risarcibilità degli interessi legittimi e delle relative condizioni, problema che, a partire dalla sentenza della cassazione a Sezioni Unite n. 500 del 1999, è stato oggetto di elaborazione da parte della giurisprudenza, della quale si riportano i passi più salienti: ….deve essere ricordato che a favore della tesi dell’autonomia delle due azioni si è pronunciata la Cassazione a Sezioni unite che, con ordinanze nn. 13659 e 13660 del 13 giugno 2006 rese in sede di regolamento di giurisdizione, ha affermato che la domanda di risarcimento può essere proposta al giudice amministrativo anche in difetto del previo annullamento dell’atto lesivo, e che ove il giudice respingesse o dichiarasse inammissibile la domanda a causa del mancato previo annullamento dell’atto incorrerebbe in un diniego della propria giurisdizione, sindacabile da parte della Corte di cassazione. Siffatta conclusione è stata ribadita, da ultimo, con la sentenza delle Sezioni unite n. 30254 del 23 dicembre 2008, resa su ricorso proposto avverso la sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, n. 12 del 2007, e che ha pronunciato il seguente principio di diritto: "Proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento". Con la citata sentenza dell’Adunanza plenaria 22 ottobre 2007, n. 12 questo Consiglio di Stato ha invece confermato i principi già espressi dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2003, e ribaditi da Ad. Plen. nn. 9 e 10 del 2007, nel senso del permanere della pregiudizialità, sulla base dei seguenti punti, attinenti: - il primo, alla stessa struttura del processo amministrativo e alla tutela in esso erogabile, dove, in armonia con gli artt. 103 e 113, co. 3, Cost., sia nella giurisdizione di legittimità, che in quella esclusiva, viene in considerazione in via primaria la tutela demolitoria e solo in via consequenziale ed eventuale quella risarcitoria, come inequivocabilmente stabilito dall’art. 35, co.1, 4 e 5, d.lgs. n. 80 del 1998; - il secondo, alla cosiddetta presunzione di legittimità dell’atto amministrativo e della connessa efficacia ed esecutorietà, che si consolida in caso di omessa impugnazione o di annullamento d’ufficio (v. legge 11 febbraio 2005, n. 15); - il terzo, all’articolazione della tutela sopra ricordata che, in entrambi i casi, concerne la stessa illegittimità del provvedimento, con la conseguenza che il danno ingiusto non può essere configurato a fronte di una illegittimità del provvedimento che, per l’assolutezza della cennata presunzione è, de jure, irreclamabile; - il quarto, all’assenza della condizione essenziale dell’ingiustizia del danno, impedita dalla persistenza di un provvedimento inoppugnabile (o inutilmente impugnato); - il quinto, alla concreta equivalenza del giudicato che rilevando l’inesistenza dell’appena ricordata condizione, dichiari l’improponibilità della domanda con il giudicato che, pronunciandosi nel merito, dichiari infondata -e questa volta con pronuncia inequivocabilmente sottratta a verifica ex art. 362 cod.proc.civ.- la domanda per difetto della denunziata illegittimità; - il sesto, ai limiti del potere regolatore della Corte di cassazione (Sez. un., 19 gennaio 2007, n. 1139; 4 gennaio 2007, n. 13) che, secondo il correlato avvertimento della Corte Costituzionale (sent. 12 marzo 2007, n. 77), "con la sua pronuncia può soltanto, a norma dell’art. 111, comma ottavo, Cost., vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma certamente non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione". Ad analogo principio, prosegue la Corte, "si ispira l’art. 386 cod.proc.civ. applicabile anche ai ricorsi proposti a norma dell’art. 362, co.1, cod.proc.civ., disponendo che la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda"; - il settimo, alla correlata verifica degli eventuali limiti dell’indirizzo della Corte di cassazione secondo cui l’inoppugnabilità dell’atto amministrativo, siccome relativa agli interessi legittimi, non impedirebbe in nessun caso al giudice ordinario di disapplicarlo. La rimessione alla Plenaria La sez. VI, prudentemente, ritiene che una pronuncia che seguisse la tesi della pregiudizialità amministrativa – tuttavia ritenuta l’unica percorribile dal Collegio – incorrerebbe nel contrario giudizio delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, le quali hanno già evidenziato che una pronuncia di inammissibilità dell’azione risarcitoria per mancata previa impugnazione dell’atto amministrativo verrà considerata un diniego di giurisdizione. Inoltre, tenuto conto che l’alternativa che rimane al G.A. in materia è quella di accettare una soluzione che non condivide (e che ritiene sospetta di incostituzionalità), ovvero di pronunciare una sentenza "suicida", il Collegio ritiene necessario investire della questione l’Adunanza Plenaria affinchè si pronunci sul problema della pregiudizialità amministrativa, previo esame della compatibilità della soluzione data dalla Corte di cassazione, e, quindi, nella lettura da questa data dell’art. 7 legge n. 1034 del 1971 come novellato dalla legge n. 205 del 2000, sia con il principio di ragionevolezza anche sistematica, sia con i principi costituzionali, sia, infine, con le seguenti norme costituzionali: 1) art. 81 ult. comma., Cost. poiché un’azione risarcitoria svincolata dal termine di decadenza dell’azione impugnatoria determina, insieme alla riapertura di un consistente contenzioso da tempo definito, un aggravio ed una imprevedibilità di costi, impedendo una corretta programmazione della spesa pubblica; 2) art. 97 Cost., che pone quale principio guida la legalità dell’amministrazione e nell’amministrazione, alla quale è servente il sistema di tutela degli interessi legittimi, e che non pare sopportare vulnus secondo scelte rimesse all’interessato, comunque posto in grado di accedere alla piena ed effettiva tutela della propria situazione giuridica; 3) art. 113, co.3, Cost., che connota il G.A. quale giudice generale della legittimità del provvedimento amministrativo con potere di annullamento dello stesso; 4) artt. 103 e 113 Cost., dai quali si evince che la tutela degli interessi legittimi del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione è in via primaria una tutela impugnatoria, che passa per l’annullamento dell’atto amministrativo, secondo gli insegnamenti della sentenza della Consulta n. 204 del 2004, ribaditi con la sentenza n. 351 del 24 ottobre 2008 la quale, in piena coerenza con la Direttiva CE n. 66 del 2007, – cd. Direttiva appalti –, afferma che "sul piano degli strumenti di tutela, forme di riparazione economica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno...non possono rappresentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi da atti illegittimi" Conclusioni La questione pregiudiziale, tornata “nel pieno della sua virulenza”, attualmente, così come affermato dalla sez.VI, sembrerebbe trovare sostegno nell’attuale evoluzione legislativa. In particolare, l’art. 20 , commi 8 e 8 bis del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, nel testo modificato con la legge di conversione n. 2 del 28 gennaio 2009 2, fornisce un ulteriore spunto esegetico a sostegno della tesi della pregiudizialità dell’annullamento rispetto al risarcimento del danno. Infatti, in tale giudizio immediato, in cui non può in nessun caso disporsi la caducazione del contratto e si può accordare solo il risarcimento del danno per equivalente, nonostante l’esito del giudizio non sia l’annullamento del provvedimento, ma la condanna al risarcimento del danno, il legislatore impone comunque la previa tempestiva impugnazione del provvedimento. Recita, infatti, l’articolo in esame che "in caso di annullamento degli atti della procedura, il giudice può esclusivamente disporre il risarcimento degli eventuali danni, ove comprovati, solo per equivalente". Secondo la decisione della sesta sezione n. 2436/2009, è significativo non solo che il risarcimento del danno venga ancorato al previo annullamento dell’atto e dunque alla sua previa tempestiva impugnazione, ma anche che l’inciso "in caso di annullamento degli atti della procedura" sia stato inserito dalla legge di conversione del decreto legge, dopo che era nota la pronuncia delle Sezioni unite n. 30254/2008, segno inequivoco che il legislatore ha inteso ribadire la necessaria pregiudizialità negata dalle Sezioni unite. Inoltre, un ulteriore dato esegetico si dedurrebbe dalla Direttiva 66/2007/CE, che, nell’uniformare la tutela processuale in materia di pubblici appalti nei singoli Stati membri, tiene conto dei differenti sistemi processuali, e segnatamente di quello italiano, riconoscendo necessari, per esigenze di certezza dell’agire amministrativo, brevi termini di impugnazione, e ammettendo sistemi in cui il risarcimento possa essere accordato solo previo annullamento del provvedimento illegittimo. In conclusione, a parere dello scrivente, sarebbe auspicabile non solo un deciso e netto intervento de jure condendo – che positivizzasse una disciplina specifica inerente la tutela autonoma di risarcimento da interesse legittimo – ma, soprattutto, un’unica e convergente soluzione giurisprudenziale! (Altalex, 13 maggio 2009. Nota di Francesco Logiudice) _______________ 1 G. PELLEGRINO, Pregiudiziale e contratto: un nuovo concordato tra SS.UU. e CdS, in www.giustamm.it, n. 5, 2009. 2 M.A. SANDULLI, Il legislatore dà nuovi spunti al dibattito sulla “pregiudiziale”? (riflessioni a margine della legge n. 2 del 2009, di conversione del d.l. n. 185 del 2008), in www.giustamm.it, n. 2, 2009. Amministrativo | Pregiudiziale amministrativa Consiglio di Stato Sezione VI Decisione 21 aprile 2009, n. 2436 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 9332/2007 proposto da FALLIMENTO REM S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Romano con domicilio eletto in Roma via Michele Mercati n. 51, presso l’avv. Ennio Luponio; contro ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Carmine Perrotta e Mario Libertini con domicilio eletto in Roma Corso Vittorio Emanuele II, n. 173, presso lo studio del secondo; ENEL S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita; ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., quale procuratore mandatario di ENEL S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita; per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sede di Napoli, Sez. I, n. 5922/2007 del 5/6/2007. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2009, relatore il Consigliere Roberta Vigotti, udito l’avv. Romano; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTO Il fallimento della società r.l. Rem, appaltatrice da lungo tempo dei lavori di realizzazione e manutenzione di opere ed impianti elettrici per conto dell’Enel, espone che durante l’esecuzione dei lavori di potenziamento di linea elettrica di cui al contratto di appalto del 21 settembre 1998 si è verificato un incidente mortale a danno di un proprio dipendente, a seguito del quale l’Enel, alla quale il sinistro era addebitabile, le ha comminato con determinazione della direzione distribuzione Campania in data 30 settembre 1999 la sospensione degli inviti a gare d’appalto nell’intero ambito territoriale di competenza per un periodo di nove mesi a far data dal 1° ottobre 1999. Con atto di citazione notificato il 6 maggio 2002 la società Rem ha convenuto l’Enel davanti al Tribunale civile di Napoli per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’esclusione dalle gare d’appalto, essendo nelle more del giudizio fallita proprio a causa di tale esclusione (il giudizio è stato proseguito dalla curatela fallimentare), ma con sentenza n. 6221 del 25 maggio 2004 il Tribunale ha dichiarato la propria carenza di giurisdizione, per appartenere la controversia alla cognizione del giudice amministrativo. Tale sentenza è stata appellata dal fallimento, che ha proposto anche ricorso al Tar Campania rilevando l’illegittimità della determinazione dell’Enel e chiedendo il risarcimento dei danni che ne sono derivati. Con la sentenza impugnata il Tar ha dichiarato irricevibile la domanda di annullamento del provvedimento, in quanto proposta dopo oltre due anni dall’emanazione dell’atto, anche a considerare come termine iniziale di decorrenza la data dell’atto di citazione davanti al Tribunale; ha negato l’errore scusabile perchè la presentazione del ricorso al Tar è avvenuta a distanza di più di un anno dalla sentenza declinatoria della giurisdizione civile, ed ha respinto la richiesta di risarcimento dei danni. Pur riconoscendo che la pretesa risarcitoria può essere avanzata indipendentemente dal previo annullamento dell’atto illegittimo, il Tar ha infatti ritenuto che la mancata impugnazione di quest’ultimo si risolva in una sostanziale acquiescenza da parte del danneggiato, rilevante ai sensi dell’art. 1227 cod. civ. al fine di escludere l’obbligo risarcitorio a carico dell’Enel, la quale, inoltre, era tenuta a eseguire la propria determinazione in quanto un provvedimento non rimosso nelle forme previste dall’ordinamento rimane efficace e vincolante per la stessa amministrazione che lo ha emanato. Di tale sentenza il fallimento chiede la riforma, sostenendo che, vertendo la controversia in materia appartenete alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non rileva la considerazione del termine decadenziale per proporre il ricorso; che le incertezze giurisprudenziali in tema di riparto della giurisdizione giustificano l’applicazione dell’istituto dell’errore scusabile, negato dal Tar, anche perché la sentenza del giudice civile declinatoria della giurisdizione non è passata in giudicato; che la non necessità, riconosciuta dal Tar, del previo annullamento dell’atto illegittimo al fine del riconoscimento dei danni che ne sono derivati si pone in contrasto con la preclusione derivante dalla esecutività e dalla presunzione di legittimità del provvedimento stesso, elementi ritenuti in sentenza ostativi al riconoscimento della pretesa risarcitoria. In fatto, rappresenta l’appellante che con sentenza del Tribunale di Salerno n. 223 del 2005 è stata acclarata la colpa dell’Enel in ordine al sinistro mortale, con la conseguenza che illegittimamente lo stesso ente ha addebitato alla Rem la responsabilità dell’infortunio e che il danno dalla stessa società patito a causa delle determinazioni che ne sono seguite si configura come ingiusto. In presenza, quindi, della colpevolezza dell’amministrazione, dell’ingiustizia del danno e del nesso causale tra detti elementi (comprovato da apposita perizia depositata in atti), l’eventuale acquiescenza addebitabile alla danneggiata può comportare, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ. una diminuzione del risarcimento, ma non può escluderlo, come invece ha ritenuto il Tar. Il fallimento appellante conclude per la riforma della sentenza appellata e per il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, commisurati al depauperamento del patrimonio conseguente alle perdite della gestione aziendale e alla perdita dell’avviamento in conseguenza della mancata acquisizione dei lavori a causa della sospensione comminata. Si è costituta l’Enel, la quale, dopo aver rappresentato in fatto che la sentenza del Tribunale di Salerno citata dalla controparte ha accertato gravi infrazioni alle norme di sicurezza anche da parte dei dipendenti della società Rem, tali da assumere ruolo di concausa nella dinamica dell’incidente mortale, e contestate in diritto tutte le pretese avversarie, ha chiesto il rigetto dell’appello. All’odierna pubblica udienza il ricorso è passato in decisione. DIRITTO Il fallimento della s.r.l. Rem chiede la riforma della sentenza con la quale il Tar della Campania, dichiarato irricevibile il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento dell’Enel in data 30 settembre 1999 di sospensione temporanea dalla partecipazione alle gare, ha respinto la domanda di risarcimento dei danni asseritamente patiti a causa del provvedimento stesso. I) La giurisdizione amministrativa sulla domanda risarcitoria, affermata dal Tar, non è stata contestata dall’appellante. Il Collegio ritiene, comunque, sussistente la propria giurisdizione ai sensi dell’art. 7, comma terzo, l. n. 1034/71 e successive modifiche, dal momento che il provvedimento che il ricorrente individua quale fonte del danno è espressione del potere amministrativo riconducibile all’art. 75, co.1, lett. e) e f) dpr n. 554 del 1999, che prevede l’esclusione per i soggetti responsabili di gravi infrazioni alle norme di sicurezza o di grave negligenza, non quale sanzione per il comportamento dell’appaltatore, ma a conseguenza del venir meno dell’elemento fiduciario che deve connotare, sin dal momento genetico, il rapporto contrattuale nei pubblici appalti. II) Il ricorrente ha impugnato, in primo grado, il provvedimento di sospensione dalle gare prima specificato, ritenendo che i danni economici patiti (e che hanno condotto al fallimento) siano ad esso imputabili. Il Tar ha dichiarato irricevibile il ricorso per tale parte, in quanto proposto ben oltre il termine di decadenza, anche a volerne considerare la decorrenza a partire dal momento in cui è stata proposta l’azione innanzi al giudice civile, secondo quanto dispone l’art. 30 legge n. 1034 del 1971 come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2007. L’atto di citazione è stato infatti notificato in data 6 maggio 2002, a distanza di oltre due anni dalla comunicazione del provvedimento impugnato, mentre il ricorso al Tar è stato proposto a distanza di circa otto anni da tale comunicazione. Per tale parte la sentenza merita conferma, dovendo trovare applicazione anche nella materia di cui trattasi il termine decadenziale, rispetto al quale il Tar ha esattamente escluso la rimessione in termini, avendo già concesso la scusabilità dell’errore al fine del computo del decorso del tempo, mediante la conservazione degli effetti della domanda proposta davanti al giudice civile, come sopra si è detto. III) La sentenza impugnata, dopo aver dichiarato irricevibile la domanda impugnatoria, ha respinto la pretesa risarcitoria ritenendo che, pur dovendosi escludere la dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dell’atto illegittimo, l’efficacia e vincolatività anche per la pubblica amministrazione del provvedimento non rimosso (in quanto non impugnato o, come nel caso, non tempestivamente impugnato) escluda l’ingiustizia del danno, e che il contributo causale del destinatario, che non ha reagito tempestivamente in giudizio, produca, in forza dell’art. 1227 cod. civ., l’esenzione dell’obbligazione risarcitoria in capo all’ente che ha confidato sul consolidamento della propria determinazione, ormai divenuta inoppugnabile. Osserva innanzitutto il Collegio la contraddittorietà nella quale è incorsa la sentenza laddove, dopo aver riconosciuto l’indipendenza della domanda risarcitoria dal previo annullamento del provvedimento amministrativo dal quale, asseritamente, sono derivati i danni lamentati ha, poi, escluso comunque e sempre che in presenza di un atto non impugnato possa darsi l’ingiustizia del danno. E’ evidente, infatti, che siffatta valorizzazione dell’efficacia del provvedimento conduce a riconoscere l’esistenza della cosiddetta pregiudiziale amministrativa, istituto che, come è noto, esclude la proponibilità o fondatezza della pretesa risarcitoria tutte le volte in cui il provvedimento causativo del danno non sia stato rimosso nelle forme previste dall’ordinamento. IV) Nuovamente, quindi, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla risarcibilità degli interessi legittimi e delle relative condizioni, problema che, a partire dalla sentenza della cassazione a Sezioni unite n. 500 del 1999, è stato oggetto di elaborazione da parte della giurisprudenza, anche della Corte Costituzionale. Una volta svincolata la responsabilità aquiliana dal necessario riferimento alla lesione di un diritto soggettivo, e riconosciuto (dapprima dall’art. 35 commi 3 e 4 d.lgs. n. 80 del 1998, per le materie riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, poi, dall’art. 7 legge n. 1034 del 1971 come novellato dalla legge n. 205 del 2000 per tutto l’ambito della sua giurisdizione) che il diritto al risarcimento possa derivare anche dalla lesione di un interesse legittimo e che, in tal caso, la tutela risarcitoria vada richiesta al giudice amministrativo, in quanto “strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio” (così Corte Cost., n. 204 del 2004), la questione si è incentrata sulla necessità o meno del previo annullamento dell’atto illegittimo, al fine di conseguire la tutela risarcitoria, vale a dire sulla cosiddetta pregiudizialità dell’annullamento rispetto al risarcimento. Senza ripercorrere i termini dell’annosa elaborazione, deve essere ricordato che a favore della tesi dell’autonomia delle due azioni si è pronunciata la Cassazione a Sezioni unite che, con ordinanze nn. 13659 e 13660 del 13 giugno 2006 rese in sede di regolamento di giurisdizione, ha affermato che la domanda di risarcimento può essere proposta al giudice amministrativo anche in difetto del previo annullamento dell’atto lesivo, e che ove il giudice respingesse o dichiarasse inammissibile la domanda a causa del mancato previo annullamento dell’atto incorrerebbe in un diniego della propria giurisdizione, sindacabile da parte della Corte di cassazione. Siffatta conclusione è stata ribadita, da ultimo, con la sentenza delle Sezioni unite n. 30254 del 23 dicembre 2008, resa su ricorso proposto avverso la sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, n. 12 del 2007, e che ha pronunciato il seguente principio di diritto: “Proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento”. Con la citata sentenza dell’Adunanza plenaria 22 ottobre 2007, n. 12 questo Consiglio di Stato ha invece confermato i principi già espressi dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2003, e ribaditi da Ad. Plen. nn. 9 e 10 del 2007, nel senso del permanere della pregiudizialità, sulla base dei seguenti punti, attinenti: - il primo, alla stessa struttura del processo amministrativo e alla tutela in esso erogabile, dove, in armonia con gli artt. 103 e 113, co. 3, Cost., sia nella giurisdizione di legittimità, che in quella esclusiva, viene in considerazione in via primaria la tutela demolitoria e solo in via consequenziale ed eventuale quella risarcitoria, come inequivocabilmente stabilito dall’art. 35, co.1, 4 e 5, d.lgs. n. 80 del 1998; - il secondo, alla cosiddetta presunzione di legittimità dell’atto amministrativo e della connessa efficacia ed esecutorietà, che si consolida in caso di omessa impugnazione o di annullamento d’ufficio (v. legge 11 febbraio 2005, n. 15); - il terzo, all’articolazione della tutela sopra ricordata che, in entrambi i casi, concerne la stessa illegittimità del provvedimento, con la conseguenza che il danno ingiusto non può essere configurato a fronte di una illegittimità del provvedimento che, per l’assolutezza della cennata presunzione è, de jure, irreclamabile; - il quarto, all’assenza della condizione essenziale dell’ingiustizia del danno, impedita dalla persistenza di un provvedimento inoppugnabile (o inutilmente impugnato); - il quinto, alla concreta equivalenza del giudicato che rilevando l’inesistenza dell’appena ricordata condizione, dichiari l’improponibilità della domanda con il giudicato che, pronunciandosi nel merito, dichiari infondata -e questa volta con pronuncia inequivocabilmente sottratta a verifica ex art. 362 cod.proc.civ.- la domanda per difetto della denunziata illegittimità; - il sesto, ai limiti del potere regolatore della Corte di cassazione (Sez. un., 19 gennaio 2007, n. 1139; 4 gennaio 2007, n. 13) che, secondo il correlato avvertimento della Corte Costituzionale (sent. 12 marzo 2007, n. 77), “con la sua pronuncia può soltanto, a norma dell’art. 111, comma ottavo, Cost., vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma certamente non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione”. Ad analogo principio, prosegue la Corte, “si ispira l’art. 386 cod.proc.civ. applicabile anche ai ricorsi proposti a norma dell’art. 362, co.1, cod.proc.civ., disponendo che la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda”; - il settimo, alla correlata verifica degli eventuali limiti dell’indirizzo della Corte di cassazione secondo cui l’inoppugnabilità dell’atto amministrativo, siccome relativa agli interessi legittimi, non impedirebbe in nessun caso al giudice ordinario di disapplicarlo. V) Alcune pronunce del giudice amministrativo intervenute dopo la sentenza della Adunanza plenaria appena ricordata se ne sono discostate: il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia ha sposato la tesi delle Sezioni unite, già precedentemente condivisa ( sent. 16 settembre 2008, n. 762); alcuni Tar, come il Tar Campania con la sentenza oggetto del presente appello, hanno risolto la questione sul piano della colpa del danneggiato che non ha tempestivamente proposto la domanda di annullamento e, quindi, hanno respinto in tutto o in parte la domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 1227, co.2., cod.civ. Questa Sezione ha invece aderito alla tesi della plenaria, apportando, con recenti pronunce, ulteriori puntualizzazioni in relazione al contrario orientamento della Corte di cassazione. E’ stato così riaffermato (sent. 3 febbraio 2009, n. 578, pubblicata dopo, ma deliberata prima della pubblicazione di Sez. unite n. 30254 del 23 dicembre 2008) che l’irricevibilità dell’azione di annullamento conduce alla reiezione della domanda di risarcimento del danno, avendo la giurisprudenza di questo Consiglio già rilevato che l’applicazione del principio della pregiudiziale non comporta una preclusione di ordine processuale all’esame nel merito della domanda risarcitoria, ma determina un esito negativo nel merito dell’azione di risarcimento (Cons. Stato, VI, 19 giugno 2008 n. 3059). Ne consegue che la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato o tardivamente impugnato è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto la mancata impugnazione dell’atto fonte del danno impedisce che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato. “Il principio della pregiudiziale non si fonda, quindi, sull’impossibilità per il giudice amministrativo di esercitare il potere di disapplicazione, ma sull’impossibilità per qualunque giudice di accertare in via incidentale e senza efficacia di giudicato l’illegittimità dell’atto, quale elemento costitutivo della fattispecie della responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ.; in sostanza, ove l’accertamento in via principale sia precluso nel giudizio risarcitorio in quanto l’interessato non sperimenta, o non può sperimentare (a seguito di giudicato, decadenza, ecc.), i rimedi specifici previsti dalla legge per contestare la conformità a legge della situazione medesima, la domanda risarcitoria deve essere respinta nel merito perché il fatto produttivo del danno non è suscettibile di essere qualificato illecito (cfr., Cass. civ., II, 27 marzo 2003 n. 4538).” Quali ulteriori elementi a favore della pregiudizialità, la sentenza in esame elenca la correlazione con il principio della certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, al cui presidio è posto il breve termine decadenziale di impugnazione dei provvedimenti amministrativi, anche atteso che del complessivo assetto degli interessi regolato da un atto non impugnato fa parte anche la componente economica, su cui influisce il risarcimento del danno; l’obbligo di conformazione al giudicato che incombe all’amministrazione e che, in presenza di una decisione del giudice di accertamento dell’illegittimità di un provvedimento ai soli fini dell’esame di una domanda risarcitoria, dovrebbe implicare l’annullamento dell’atto ritenuto illegittimo, con conseguente elusione del termine decadenziale; le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, alle quali il termine breve di impugnazione è funzionale, e che non pare compatibile con il comportamento del privato, rimasto inerte nei confronti di un provvedimento amministrativo a lui sfavorevole, e che agisca in via giurisdizionale nel più ampio termine prescrizionale di cinque anni, chiedendo il risarcimento del danno. Del resto, l’ordinamento conosce altre situazioni in cui, confrontandosi l’interesse (o il diritto) del singolo con le esigenze poste a presidio di interessi più ampi, la tutela del primo sconta la rimozione della determinazione che ha costituito la fonte del danno: così, non è consentito domandare il risarcimento del danno per essere stati assoggettati illegittimamente a sanzione amministrativa mediante ordinanza-ingiunzione non impugnata ai sensi della l. 689/81; il lavoratore licenziato non può scegliere di optare per il risarcimento del danno, senza impugnare il recesso secondo le prescrizioni della l. 604/66; non può essere chiesto il risarcimento del danno in assenza di impugnativa di delibere condominiali o societarie, che hanno costituito la fonte del danno (per le seconde v. l’art. 2377, comma 6, cod.civ.); non può essere chiesto il ristoro di diritti patrimoniali lesi da un accertamento tributario illegittimo non impugnato tempestivamente. In applicazione di tale ultimo principio, le stesse Sezioni unite, con sentenza n. 2870 del 6 febbraio 2009 (successiva, quindi, alla pronuncia che ha enunciato il principio di diritto della non necessità della pregiudiziale), hanno negato che in difetto di tempestiva impugnazione di un atto di accertamento di una imposta si possa dare “ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo”. Tra i casi nei quali non è ammessa più controversia dopo lo spirare del termine di decadenza per l’instaurazione del giudizio, possono inoltre essere evidenziati quelli di cui agli artt. 1107 e 1109, in tema di impugnazione di deliberazioni dei comproprietari di ogni comunione di beni; all’art. 1137, per le deliberazioni condominiali; all’art. 135 d.lgs. 30/2005 (prima, artt. 35 e 71 r.d. 1127/1939) per l’impugnazione dei “provvedimenti che respingono totalmente o parzialmente una domanda” in tema di brevetti o marchi; all’art. 2379 ter, comma 3, cod. civ. che, in tema di impugnazioni di deliberazioni di assemblee societarie, fa salvo il risarcimento dei danni di soci e di terzi, quando non vi sia stata proposizione nel termine di novanta giorni o di centottanta giorni, unicamente per un limitato numero di casi (aumento o riduzione di capitale, emissione di obbligazioni). Sicché, in via sistematica, vale il principio della preclusione di qualsiasi questione connessa, anche di quella risarcitoria. Tutti i casi elencati sono espressivi di un principio generale: quello che, quando è stabilito un termine di decadenza per instaurare in quelle situazioni una contestazione in sede giurisdizionale, lo spirare del termine non consente di far valere né quel diritto, né le “conseguenze” che seguirebbero se fosse fondata la pretesa. Costituiscono applicazione di questo principio: -Cass. SU, n. 2870 del 6 febbraio 2009 (già citata, sugli atti impositivi); -Cass. SU, n. 4806 del 7 marzo 2005, sulla deliberazione condominiale ormai “valida ed efficace”, dopo trascorso il termine di trenta giorni per l’impugnazione, impeditiva, quindi, di qualsiasi discussione sui suoi effetti (conf. 27292 del 2005 e 4014 del 2007); -Cass. (sez. lavoro) n. 11035 del 14 maggio 2007, n. 5545 del 9 marzo 2007 e n. 18216 del 21 agosto 2006, che de plano confermano che la mancata impugnazione del licenziamento nel termine di legge comporta la preclusione del diritto di far accertare giudizialmente l’illegittimità del recesso e la tutela risarcitoria comune, non solo quella prevista da leggi speciali (cioè ex art. 8 l. 604 del 1966 e art. 18 l. 300 del 1970). In nessuno dei casi elencati si è mai dubitato che l’applicazione del principio in esame comporti restrizione della tutela giurisdizionale: un tale rilievo appare insostenibile tanto più nel caso della pregiudiziale amministrativa, dal momento che la stessa Corte Costituzionale ha chiarito (sentenze n. 204/2004 e n. 191/2006) come il risarcimento del danno sia uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. Nelle citate sentenze del giudice costituzionale, non vi è traccia di alcun sospetto di illegittimità costituzionale di siffatto disegno ed, anzi, sembra agevole inferirne il contrario (v. Cons. Stato, Ad. plen., n. 12/2007). Peraltro, in quei casi richiamati in precedenza in cui la contestazione dell’esercizio di poteri privatistici è assoggettata a termini decadenziali, il giudice ordinario mai si è posto il problema della costituzionalità della preclusione anche dell’azione risarcitoria in ipotesi di assenza di contestazioni nei termini di decadenza; nè un tale problema è venuto in evidenza con riguardo a posizioni di interesse legittimo (a volte di maggior consistenza di quelle di pieno diritto: si pensi alla partecipazione a gare di notevole importo, o a interessi collegati al commercio) che in base a norme tipiche del processo amministrativo non possano trovare ingresso nel processo a causa di preclusioni di rito. Con ordinanza n. 546 del 2 febbraio 2009, questa Sezione ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione, parzialmente rilevante anche nel caso di specie (nel quale comunque viene in rilevo il problema dell’autonomia tra diverse azioni, l’una incidente in una situazione di diritto soggettivo perfetto e l’altra relativa alla procedimentalizzazione della tutela), della proponibilità di una azione risarcitoria in assenza dell’attivazione del procedimento amministrativo per la concessione dell’equo indennizzo; ciò sia sotto il profilo dell’autonomia delle due azioni, sia sotto quello della verifica se la via amministrativa dell’equo indennizzo costituisca una condizione necessaria per proporre la domanda risarcitoria: il problema, cioè, del rapporto fra le due azioni. VI) Nella descritta situazione di conflitto tra le due tesi, il Collegio ritiene di dover, innanzitutto, rilevare ancora una volta che la posizione assunta dalle Sezioni unite, come ribadita dalla sentenza da ultimo intervenuta, conformi il diritto vivente in senso vincolante per il giudice amministrativo mediante una operazione ermeneutica che non appare rispettosa dell’art. 111 Costituzione e delle esigenze del sistema ordinamentale che adesso si ricollega. La sentenza n. 30254/2008 accoglie, infatti, -muovendo da posizioni non del tutto coincidenti con quelle assunte dall’ordinanza 9 ottobre 2008 n. 24883- una nozione lata di “motivi inerenti alla giurisdizione”, comprendendovi anche le questioni inerenti le forme di tutela e, per di più, i presupposti per il loro esercizio, e quindi i poteri di un dato giudice e il tipo di azioni proponibili e considerandoli sindacabili in Cassazione, laddove una piana lettura e la costante interpretazione dell’art. 111 Cost. (oltre che delle norme processuali derivate) rendono evidente che solo il confine tra diversi ordini giurisdizionali possa essere considerato nella suddetta definizione. Nel merito, il Collegio non può che ribadire ancora una volta la pregiudizialità dell’azione demolitoria rispetto alla domanda risarcitoria, tutte le volte in cui il provvedimento fonte del danno non sia stato altrimenti rimosso in sede non giurisdizionale (ovvero allorchè l’annullamento, tempestivamente richiesto, non possa essere conseguito per ragioni sopravvenute, non imputabili al ricorrente). Alle ragioni già compiutamente esposte dalle numerose pronunce anche dell’Adunanza plenaria, sopra ricordate, può aggiungersi la considerazione che, lasciandosi al privato la scelta tra azione di annullamento e azione per il risarcimento del danno, l’illegittimità del provvedimento amministrativo, che ha valenza conformativa dell’ordinamento, verrebbe accettata e per così dire consolidata (oltre che monetizzata), con irreparabile vulnus del principio di legalità espresso dall’art. 97 della Costituzione e della ragione stessa di tutela dell’interesse legittimo, che riposa sul coincidente perseguimento di quello pubblico mediante l’eliminazione delle patologie nei singoli casi concreti. Tale conseguenza appare tanto più perniciosa data l’attuale evoluzione legislativa (si veda l’art. 20.8 e 8 bis d.l. 29 novembre 2008, n. 185, nel testo modificato con la legge di conversione, n. 2 del 28 gennaio 2009), in cui l’esigenza di accelerazione delle procedure amministrative appare premiare –non senza suscitare ampie e gravi riserve- il risarcimento a scapito della rimozione dell’illegittimità, in un sistema in cui l’osservanza del generale termine di decadenza per proporre l’azione demolitoria non può certamente tradursi in compressione del diritto di difesa (altrimenti dovendosi così intendere per tutto il sistema delle preclusioni processuali, non solo nel processo amministrativo, ma anche nel processo civile e penale). Peraltro, proprio il citato art. 20, commi 8 e 8-bis, d.l. n. 185/2008, fornisce un ulteriore spunto esegetico a sostegno della tesi della pregiudizialità dell’annullamento rispetto al risarcimento del danno. Infatti, in tale giudizio immediato, in cui non può in nessun caso disporsi la caducazione del contratto e si può accordare solo il risarcimento del danno per equivalente, nonostante l’esito del giudizio non sia l’annullamento del provvedimento, ma la condanna al risarcimento del danno, il legislatore impone comunque la previa tempestiva impugnazione del provvedimento. Si legge infatti nell’articolo in esame che <>. E’ significativo non solo che il risarcimento del danno venga ancorato al previo annullamento dell’atto e dunque alla sua previa tempestiva impugnazione, ma anche che l’inciso <> sia stato inserito dalla legge di conversione del d.l., dopo che era nota la pronuncia delle Sezioni unite n. 30254/2008, segno in equivoco che il legislatore ha inteso ribadire la necessaria pregiudizialità negata dalle Sezioni unite. La disposizione in commento, poi, ha una portata sistematica che va al di là del singolo giudizio immediato, per evidenti esigenze di parità di trattamento e a fronte del dato normativo complessivo, in cui il legislatore ha introdotto l’azione risarcitoria dopo quella impugnatoria, la ha ancorata a quella impugnatoria, e non ha mai espressamente affermato l’autonomia dell’azione risarcitoria. Ulteriore dato esegetico si trae dalla direttiva 66/2007/CE, che, nell’uniformare la tutela processuale in materia di pubblici appalti nei singoli Stati membri, tiene conto dei differenti sistemi processuali, e segnatamente di quello italiano, riconoscendo necessari, per esigenze di certezza dell’agire amministrativo, brevi termini di impugnazione, e ammettendo sistemi in cui il risarcimento possa essere accordato solo previo annullamento del provvedimento illegittimo. In particolare: secondo il 25° considerando: <>; secondo l’art. 2, par. 6, direttiva 89/665 come novellato dalla direttiva 66/2007, <>; secondo l’art. 2-quater, direttiva 89/665, come novellato dalla direttiva 66/2007, il diritto comunitario considera congrui e satisfattivi dell’effettività della tutela giurisdizionale termini di ricorso di almeno 10/15 giorni, come si vede ampiamente al di sotto del termine italiano di sessanta giorni. Tali dati esegetici confermano che un sistema processuale ancorato alla previa impugnazione del provvedimento amministrativo, al fine di conseguire il risarcimento del danno, risponde al principio di effettività della tutela giurisdizionale, e rientra nella scelta discrezionale del legislatore. Non è dunque condivisibile l’assunto secondo cui il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale postulerebbe ancora che sia rimessa ai singoli la scelta tra azione impugnatoria e azione risarcitoria autonoma, prescindendo dagli oneri conseguenti, ex art. 113 co. 3 Cost., alla mediazione della legge ordinaria. Del resto, anche dopo la pronuncia delle Sezioni unite n. 30254/2008, la stessa Corte di cassazione ha sposato la tesi della pregiudizialità, riaffermando ad esempio, in tema di procedimento tributario, che, ove non sia stato tempestivamente impugnato l’atto impositivo, “non è sicuramente esperibile una autonoma tutela giurisdizionale....perchè, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo” (Sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2870, già citata). Il processo tributario e quello amministrativo sono tuttora conformati come processi prevalentemente impugnatori di atti amministrativi e il risarcimento postula coerentemente la previa tempestiva impugnazione degli atti. Appare, quindi, incongruo addivenire in via esegetica ad una difforme soluzione a fronte di una univoca scelta del legislatore che in entrambi i casi mostra di privilegiare interessi pubblici rispetto ai quali la mera subordinazione dell’ azione risarcitoria a quella di annullamento né ha l’effetto di negare sostanzialmente la prima tutela né viola interessi che, per il loro atteggiarsi come meramente procedurali, possano considerarsi, in ogni caso, prevalenti. A medesime conclusioni è giunta la giurisprudenza comunitaria, che, in relazione al contenzioso risarcitorio per danni asseritamente derivanti da provvedimenti amministrativi comunitari, ha più volte ribadito la tesi che non si può, con una domanda di risarcimento dei danni, eludere l’irricevibilità di una domanda diretta contro l’illegittimità dell’atto causativo, sicché l’irricevibilità di una domanda di annullamento comporta quella della domanda di risarcimento ad essa collegata (Trib. di primo grado CE, sez. II, 12 settembre 2007 C-250/04; C. giust. CE, 4 febbraio 1989 C-346/87). Del resto, anche l’art. 13 legge n. 142 del 1992, dettato prima del riconoscimento generalizzato della risarcibilità degli interessi legittimi, per i pubblici appalti comunitari consentiva la tutela risarcitoria solo dopo l’annullamento dell’atto illegittimo. Elemento centrale della impostazione normativa sulla cognizione del giudice amministrativo in tema di risarcimento del danno è che questo si configura, nel testo della legge che lo prevede, come un diritto patrimoniale consequenziale, vale a dire dipendente da un assunto principale che deve essere dimostrato. Quindi non può darsi che una conseguenza possa conoscersi dal giudice amministrativo, quando non sia stata chiesta ed ottenuta in via principale la dichiarazione di illegittimità dalla quale essa deve derivare. La tesi della diretta azionabilità del risarcimento dei danni in tema di interessi legittimi non trova supporto perciò neanche nella formula logica della legge. Neppure può essere trascurato che, ove dovesse darsi ingresso principale al risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo, non potrebbe negarsi in via di principio la reintegrazione in forma specifica, esplicitamente prevista dalla legge e che condurrebbe a forme di ristoro del tutto identiche a quelle demolitorie dell’annullamento, pur non ottenuto attraverso le forme prescritte dall’ordinamento. Tale conclusione appare insanabilmente in contrasto (non solo con tali norme, ma anche) con il principio della intangibilità, ad opera del giudice, e dopo lo spirare del termine per impugnare, dell’atto che si assume illegittimo. Ancora, deve essere osservato come la diretta risarcibilità della posizione individuale escluderebbe la presenza in giudizio di soggetti portatori di posizioni contrapposte, la cui presenza è invece indispensabile alla procedibilità dell’azione impugnatoria: vale a questo proposito la notazione che, nel processo amministrativo, come in quelli delineati dalle norme sopra riassunte, nei quali la tutela deve tener conto di una più ampia area di risonanza, l’interesse al risarcimento del danno, comunque in nessun modo negato dalla pregiudizialità, non può essere ritenuto prevalente rispetto all’assetto degli altri interessi opposti, ormai consolidati, ai quali non sia stata data la possibilità di difesa in giudizio. È appena il caso di considerare, infine, come il principio di pregiudizialità, che è sembrato e sembra sia stato espressamente confermato nell’esercizio di un potere legislativo solennemente riconosciuto dall’art. 113 comma 3 Cost., ben si coordina con i principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e del correlato dovere di “responsabile collaborazione” delle parti, sui quali la stessa Corte di Cassazione si è di recente soffermata con singolare fermezza rilevandone la evidente derivazione costituzionale (Sez. Un. 9 ottobre 2008, n. 24883, ord.). VII) L’eventuale pronuncia che seguisse la tesi della pregiudizialità, che il Collegio, per le ragioni più volte esposte, ritiene l’unica percorribile, incorrerebbe tuttavia nel contrario giudizio della Corte di cassazione, che ha già avvertito che una pronuncia di inammissibilità dell’azione risarcitoria per mancata previa impugnazione dell’atto amministrativo verrà considerata un diniego di giurisdizione. In realtà, quella in discorso è questione che -pur dando atto delle diffuse motivazioni della citata sentenza Sez. un. n. 30254/08- in nessun modo configura diniego di giurisdizione e questa, anzi, presuppone. Essa riguarda le condizioni e la ritualità dell’azione ovvero la fondatezza della domanda (a seconda che il previo annullamento dell’atto illegittimo venga compreso tra le condizioni di ammissibilità della domanda risarcitoria ovvero tra gli elementi integrativi del diritto), ed è quindi sottratta all’esame della Corte ai sensi dell’art. 111 della Costituzione e dell’art. 386 cod.proc.civ. (v. Corte Cost. 12 marzo 2007 n. 77). Sembra quindi che l’alternativa che rimane al giudice amministrativo sia quella di accettare una soluzione che non condivide (e che ritiene sospetta di incostituzionalità), ovvero di pronunciare una sentenza “suicida”; al fine di sfuggire a tale alternativa, che non è accettabile, il Collegio ritiene necessario investire della questione l’Adunanza plenaria perchè si pronunci nuovamente sul problema della pregiudizialità amministrativa, previo esame della compatibilità della soluzione data dalla Corte di cassazione, e, quindi, nella lettura da questa datane, dell’art. 7 legge n. 1034 del 1971 come novellato dalla legge n. 205 del 2000, e con il principio di ragionevolezza anche sistematica, e con i principi costituzionali sopra considerati, e con le seguenti norme costituzionali, e di trarre le necessarie conseguenze, ove ne sospetti l’incompatibilità: - art. 81 ult. co., poichè un’azione risarcitoria svincolata dal termine di decadenza dell’azione impugnatoria determina, insieme alla riapertura di un consistente contenzioso da tempo definito, un aggravio ed una imprevedibilità di costi, impedendo una corretta programmazione della spesa pubblica; art. 97, che pone quale principio guida la legalità dell’amministrazione e nell’amministrazione, alla quale è servente il sistema di tutela degli interessi legittimi, e che non pare sopportare vulnus secondo scelte rimesse all’interessato, comunque posto in grado di accedere alla piena ed effettiva tutela della propria situazione giuridica; art. 113, co.3, che connota il giudice amministrativo quale giudice generale della legittimità del provvedimento amministrativo con potere di annullamento dello stesso; art. 103 e 113, dai quali si evince che la tutela degli interessi legittimi del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione è in via primaria una tutela impugnatoria, che passa per l’annullamento dell’atto amministrativo, secondo gli insegnamenti della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, ribaditi con la sentenza n. 351 del 24 ottobre 2008 la quale, in piena coerenza con la Direttiva CE n. 66 del 2007, afferma che “sul piano degli strumenti di tutela, forme di riparazione economica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno...non possono rappresentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi da atti illegittimi”. A verifica di costituzionalità dovrà essere sottoposto l’art. 7 citato, anche nel caso si voglia definire, accedendo –epperò in violazione dei limiti del sindacato posto dall’art. 111 Cost. (v. Corte Cost. sent. n. 77/2007 cit. e Sez. un. 4 gennaio 2007 n. 13)- alla ricostruzione delle Sezioni unite, la questione della pregiudizialità amministrativa come questione di giurisdizione, quindi vincolante per il giudice amministrativo. VIII) Alla luce delle suesposte considerazioni, il Collegio ritiene di rimettere la decisione della controversia all’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 45 comma 2 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, come sostituito dall’art. 5 legge 21 dicembre 1950, n. 1018. P.Q.M. il Consiglio di Stato, sezione VI, confermata la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara irricevibile l’azione impugnatoria, rimette la decisione della controversia risarcitoria all’Adunanza plenaria. Spese al definitivo. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: Giovanni Ruoppolo Presidente Paolo Buonvino Consigliere Roberto Garofoli Consigliere Roberto Giovagnoli Consigliere Roberta Vigotti Consigliere est. Presidente GIOVANNI RUOPPOLO Consigliere Segretario ROBERTA VIGOTTI GIOVANNI CECI DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 21/04/2009. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

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Gender-Mainstream. Tutto il resto è omofobia (sezione: Giustizia)

( da "Tempi" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Gender-Mainstream. Tutto il resto è omofobia In Germania per la prima volta intellettuali, politici e liberi cittadini si mobilitano contro «le aspirazioni totalitarie» della lobby che vuole censurare chi non pensa omosessuale di Vito Punzi approfondimenti La vittoria laicista preoccupa anche i liberal I tentativi di limitare la libertà d'opinione nella Germania che nel 2009 festeggia in un sol colpo sessant'anni di Repubblica federale e vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino si fanno sempre più frequenti. Non è un caso che molti commentatori, anziché tornare a macinare l'ormai trita e ritrita denuncia della presunta riunificazione "violenta" imposta dalla Germania capitalista dal 1990 in poi, oggi preferiscano dettagliare i pesanti retaggi sopravvissuti al socialismo reale della Germania orientale. Il celebre giornalista Hugo Müller-Vogg si è spinto fino a immaginare una futura e neanche troppo inverosimile "Repubblica popolare tedesca" (vedi Tempi del 23 aprile). Un episodio che ha mostrato fino a che punto possa essere illiberale e antidemocratica la tendenza a considerare censurabile tutto ciò che si discosta dal mainstream si è verificato l'anno scorso, quando Monika Hoffmann e Konstantin Mascher, dell'Istituto tedesco per la gioventù e la società di Reichelsheim, dovettero rinunciare alla libera manifestazione del proprio pensiero e alla comunicazione dei risultati delle proprie ricerche scientifiche ed esperienze terapeutiche. I due erano stati invitati a tenere un seminario dal titolo "Comprendere l'omosessualità. Una chance per il cambiamento" nell'ambito della quinta edizione del "Christival", il congresso organizzato a Brema da un'associazione di giovani cristiani protestanti proprio nei primi giorni di maggio del 2008. Già in quell'occasione la lobby omosessuale (che con grande facilità si autodefinisce, a seconda della circostanze, anche "femminista" e "antifascista") ebbe modo di dimostrare tutta la propria capacità d'influenza sulla società tedesca, ottenendo che i due relatori fossero silenziati. Portavoce della "rivolta" fu allora il deputato al Bundestag per i Grünen Volker Beck, il quale chiese in particolare al ministro per la Famiglia Ursula von der Leyen il ritiro del patrocinio concesso al "Christival", perché a suo dire nel contesto del congresso si sarebbero tenuti «pericolosi corsi di psicologia» così Beck e sarebbero state avanzate «proposte ostili nei confronti di minoranze», ostili in quanto escogitate con l'intento di proporre «la guarigione dall'omosessualità». L'esito di questa campagna fu, appunto, che Hoffmann e Mascher dovettero rinunciare al loro seminario e il resto del programma di "Christival" poté essere svolto solo grazie alla presenza della polizia. La stessa situazione si sta ripetendo in questi giorni in occasione del sesto Congresso internazionale per la psicoterapia e l'assistenza spirituale, organizzato dal 20 al 24 maggio prossimi all'università di Marburg dalla Akademie für Psychotherapie und Seelsorge, un'istituzione che promuove «l'incontro tra la psicoterapia e la cura cristiana delle persone nella ricerca scientifica e nell'esperienza». L'offensiva del mondo gay organizzato non si è fatta attendere neppure questa volta e si è scatenata di nuovo contro il diritto di parola di coloro che la lobby omosessuale ritiene rei di voler giustificare scientificamente o clinicamente l'"inversione dei poli", la possibilità cioè che gli omosessuali che vivono nel disagio e nella sofferenza per la propria condizione possano essere aiutati, in un percorso terapeutico, a diventare etero. Rappresentanti dei Verdi dell'Assia e lo Lsvd (l'Unione dei gay e delle lesbiche tedeschi) si sono dunque scagliati in particolare contro due dei numerosi relatori del convegno di Marburg, Markus Hoffmann, dell'Associazione "Wüstenstrom e. V.", e Christl Vonholdt, del Deutschen Institut für Jugend und Gesellschaft (lo stesso di Kostantin Mascher, censurato a Brema nel 2008). Le istituzioni d'appartenenza dei due psicoterapeuti, secondo la Lsvd, sarebbero colpevoli di opporsi alla tesi che vuole «la persona omosessuale come genere», un genere da accostare a quello maschile e a quello femminile. In particolare lo Lsvd ha scritto una lettera aperta datata 24 marzo 2009 indirizzata al sindaco di Marburg, al rettore dell'università e al direttore del dipartimento di Psicologia chiedendo espressamente di rinunciare ad ospitare il congresso, poiché «lesivo del buon nome della città e della sua università». «Lasciateci l'autodeterminazione» Visto il precedente di Brema, sarebbe stato fin troppo scontato immaginare anche per questa battaglia un finale con censura. Ma così non è stato. Almeno finora. E questo grazie soprattutto all'iniziativa partita da alcune personalità del mondo culturale, politico e sociale tedesco. Si tratta per lo più di cattolici e protestanti, ma non solo, che hanno dato vita all'iniziativa "Per la libertà e l'autodeterminazione Contro le aspirazioni totalitarie delle associazioni omosessuali", diffusa e proposta alla pubblica sottoscrizione attraverso il forum d'informazione cristiana Medrum (www.medrum.de). Tra i primi firmatari il filosofo Robert Spaemann, il costituzionalista Martin Kriele, il teologo e direttore dell'Istituto internazionale per la libertà religiosa Thomas Schirrmacher, la filosofa della religione Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, il deputato della Csu Norbert Geis, il teologo evangelico Theo Sorg, la pubblicista Gabriele Kuby. A questi, ad oggi, si sono aggiunti oltre mille firmatari. Con il "manifesto" che riassume i contenuti dell'iniziativa i sottoscrittori dichiarano esplicitamente di non avere «nulla contro la dignità delle persone con orientamento omosessuale e contro la loro libertà di praticare vita omosessuale» ma di trovare piuttosto contraddittorio il fatto che il movimento a favore del "gender-mainstreaming", appositamente nato per difendere la libertà di scelta dell'orientamento sessuale, si batta contro la possibilità di un cambiamento, attraverso metodi terapeutici, dall'omosessualità all'eterosessualità. Il "manifesto" protesta esplicitamente contro lo Lsvd e tutti coloro che se ne rendono cassa di risonanza (giornalisti, politici e scienziati) per il discredito gettato su ricercatori e terapeuti con diversa posizione culturale, per le accuse gratuite di «omofobia» rovesciate su di loro e per il «clima di paura e di odio» creato attorno al prossimo congresso di Marburg. Il sostegno all'iniziativa promossa da Medrum sta dando importanti risultati. Il giudice della Corte costituzionale Ernst-Wolfgang Böckenförde ha definito «inammissibile» il tentativo di «impedire la libertà d'opinione e di confronto scientifico» e anche il sindaco di Marburg, Egon Vaupel, ha preso le difese dell'università spiegando di non vedere «alcun motivo per vietare lo svolgimento del congresso». Questa volta la censura sembra dunque scongiurata, ma difficilmente la battaglia per la libertà di espressione promossa da Spaemann & co. può considerarsi conclusa.

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Procure, 41 le sedi disagiate (sezione: Giustizia)

( da "Denaro, Il" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Professioni giustizia Procure, 41 le sedi disagiate Il Guardasigilli definisce l'elenco: presto il Csm metterà a concorso i posti Sono 41 le procure - per un totale di 76 posti vacanti da coprire - individuate come sedi disagiate dal Guardasigilli Angelino Alfano nell'ambito dell'elenco complessivo di 54 uffici giudiziari requirenti di primo grado trasmesso al dicastero dal Csm. Tra le procure individuate dal Guardasigilli, spicca il caso di Brescia, dove mancano 5 pm, seguita da molti uffici del Sud: a Caltanissetta, Gela, Palmi e Trapani, si registrano 4 posti da sostituto procuratore vacanti, mentre sono da nominare 3 pm a Catanzaro, Enna, Termini Imerese, Vibo Valentia e Locri. Due posti, poi, sono da coprire alle Procure di Voghera, Gorizia, Crotone, Lamezia Terme, Sciacca, Ragusa, Patti, Nuoro e Paola. Chiudono la lista le procure di Acqui Terme, Agrigento, Alba, Aosta, Barcellona Pozzo di Gotto, Biella, Casale Monferrato, Crema, Lagonegro, Lanciano, Lanusei, Lecco, Marsala, Melfi, Nicosia, Oristano, Potenza, Tempio Pausania, Vercelli e le procure per i minorenni di Trieste, Reggio Calabria e Caltanissetta, con un posto vacante. Palazzo dei marescialli, quindi, dovra' ora approvare in plenum il bando di pubblicazione di questi posti, adempimento che dovrebbe essere svolto gia' questa settimana. I magistrati interessati dovranno dare la propria disponibilita' per 5 sedi entro il 25 maggio. L'elenco delle sedi disagiate e' stato stilato dal ministro e inviato al Csm tenendo conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di posti vacanti e delle pendenze nell'ufficio nonché della specificita' del territorio e delle attivita' delinquenziali che riguardano alcuni uffici del Meridione. Il plenum del Csm dovrebbe mettere a concorso i posti da coprire gia' oggi o domani, ma ci potrebbe essere uno slittamento per uno sciopero in programma del personale di palazzo dei Marescialli. I magistrati interessati potranno presentare domanda entro il 25 maggio prorogabili fino al 29 se le domande saranno inoltrate per via gerarchica; si potranno indicare massimo 5 sedi e la disponibilita' non potra' poi essere revocata. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, nella lettera inviata al vicepresidente del Csm Nicola Mancino sottolinea come la scelta delle sedi disagiate sia avvenuta attraverso una "valutazione che ha tenuto conto del tasso medio di scopertura a livello nazionale, della percentuale di scopertura dell'organico dell'ufficio, delle pendenze e della specificita' territoriale e criminale di alcune sedi del Sud". del 13-05-2009 num.

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(sezione: Giustizia)

( da "Adige, L'>" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

«Siamo favorevoli alla riduzione del numero dei consiglieri comunali e degli assessori nella misura indicata dall'assessore Cogo, che ci sembra adeguata, e ricordo che questa idea del taglio dei consiglieri era partita proprio dalla Svp» «Siamo favorevoli alla riduzione del numero dei consiglieri comunali e degli assessori nella misura indicata dall'assessore Cogo, che ci sembra adeguata, e ricordo che questa idea del taglio dei consiglieri era partita proprio dalla Svp». Luis Durnwalder , presidente della Regione e della Provincia di Bolzano, esprime un giudizio sostanzialmente favorevole alla bozza di disegno di legge di riforma dell'ordinamento dei comuni che ieri l'assessore Margherita Cogo (Pd) ha presentato in giunta regionale. La proposta, anticipata lunedì scorso dall' Adige , prevede un taglio consistente visto che, solo per i Comuni trentini, è di 1.104 consiglieri in meno rispetto agli attuali 3.550, e di oltre 300 assessori, soprattutto dei paesi più piccoli. «Ritengo - commenta Durnwalder - che anche in un consiglio con 9 o dieci consiglieri comunali invece di 15 ci sia adeguata rappresentanza». La Svp non è invece favorevole all'istituzione di nuove figure di controllo sugli atti della giunta comunale come quella che Cogo ha chiamato la «giunta di controllo degli atti», ovvero un organo formato da tre consiglieri comunali presieduto da un consigliere di minoranza. Il Landeshauptmann ha chiesto di stralciare tutta questa parte, mentre l'assessore vorrebbe farla rientrare come facoltativa lasciata alla scelta degli statuti dei Comuni. In giunta il vicepresidente e governatore trentino Lorenzo Dellai ha invece espresso perplessità sulla proposta che riguarda i segretari comunali. Cogo ha fatto propria la modifica sollecitata dal Consorzio dei Comuni dell'Alto Adige e dalla Svp che prevede che i segretari comunali continuino ad essere assunti a tempo indeterminato e per concorso ma che si possa riconoscere in determinati casi una «incompatibilità ambientale» che deve essere però riscontrata da un collegio arbitrale. La proposta sostenuta dalla Margherita nella scorsa legislatura e che divenne legge, poi però cassata dalla Corte costituzionale, prevedeva l'assunzione per chiamata da parte del sindaco e a tempo determinato. Ma ora l'Upt non si sbilancia. L'assessore Cogo si è presentata in giunta con l'intenzione di tenere le due riforme separate, ma l'orientamento emerso nell'esecutivo è stato invece quello di sfoltire il testo di riforma dell'ordinamento comunale e aggiungerci le norme sui segretari comunali riducendo dunque il tutto a un unico testo. Cogo anche ieri ha ribadito che il testo è tutt'altro che blindato e che ora comincerà il confronto con le forze politiche e con il Consorzio dei Comuni e i segretari comunali prima di arrivare, entro luglio, all'adozione in giunta e poi approdare dopo l'estate in consiglio provinciale. «Tendenzialmente - commenta Giorgio Lunelli , capogruppo dell'Upt in consiglio regionale e provinciale, - siamo favorevoli alla riduzione dei consiglieri comunali e degli assessori non per motivi di riduzione dei costi della politica ma perché pensiamo che si possa così migliorare il funzionamento e l'organizzazione dei consigli comunali. Importante è però riuscire ad arrivare a un ribilanciamento di ruoli rispetto alla giunta». Renzo Anderle , consigliere regionale dell'Upt ed ex presidente del Consorzio dei Comuni, aggiunge: «Nel gruppo non c'è ancora una posizione concordata, ma per quanto mi riguarda sono d'accordo con l'assessore Cogo sulla riduzione dei consiglieri e degli assessori nell'ottica della funzionalità e di un migliore coinvolgimento». Anderle è invece critico sulla parte relativa ai segretari comunali. L.P. 13/05/2009

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(sezione: Giustizia)

( da "Avvenire" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

CRONACA 13-05-2009 ETICA E POLITICA Dopo la sentenza della Consulta, riparte la mobilitazione in difesa dei valori «Legge 40, linee guida da rinnovare» Scienza & Vita e Mpv rilanciano: sì alla capacità giuridica dell'embrione DA ROMA GIANNI SANTAMARIA N uove linee guida sulla fecondazione assistita e una proposta di legge che preveda la capacità giuridica fin dal concepimento. Sono due i modi per riequilibrare le situazione dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato la non conformità alla Carta di alcune parti della legge 40. Le richieste al governo e al parlamento sono venute ieri da Scienza & Vita e del Movimento per la vita, che in una conferenza stampa congiunta presso il Senato non si sono limitate a esprimere perplessità sul dispositivo e ancor di più sulle motivazioni della Consulta. Hanno delineato scenari per uscire dall'impasse creata. La legge non è stata stravolta, ma ferita, è l'assunto di partenza. Dal quale si sono snodati i ragionamenti di Carlo Casini, presidente dell'Mpv, e Maria Luisa Di Pietro, copresidente (insieme al genetista Bruno Dallapiccola) di Scienza & Vita. La sentenza è «inaccettabile, perché irrazionale e contro la salute della donna», ha esordito il primo. Per Casini, che si è riferito ai dati dell'ultima relazione al Parlamento del ministero della Sanità, «la legge ha funzionato», tutelando sia i diritti della donna sia quelli del concepito. Mentre l'eliminazione del limite dei tre embrioni e la surrettizia reintroduzione del congelamento di quelli in più lederebbero sia l'uno che l'altro. In particolare dall'ultima relazione risulta che si sono drasticamente ridotte le sindromi da iperstimolazione. Molto probabilmente, ha detto, per una migliore qualità assunta dalle pratiche mediche. Dai dati della letteratura scientifica ha evidenziato la Di Pietro risulta che più stimolazioni, ma soft, sono meno dannose di una sola più massiccia, destinata a produrre più ovociti. «Per la tutela della salute della donne e dell'embrione non c'è interesse alcuno. Mentre l'interesse è massimo per produrre più embrioni a discapito della salute femminile», ha affermato la bioeticista della Cattolica. Che ha poi ricordato come gli embrioni congelati siano esposti a un'alta mortalità (50%). Sulla questione delle gravidanze trigemine, la Di Pietro ha evidenziato come siano frutto della pratica medica, più che della legge, che non impone di trasferire tutti gli embrioni. L'intervento dei giudici sembra andare a favore dei medici, perché dà loro la facoltà di agire caso per caso. Ma in realtà la studiosa ha evidenziato una «schizofrenia », visto che «all'inizio della vita tutto è nelle mai del medico, mentre alla fine della vita questi deve obbedire alle volontà del paziente». Di qui le due proposte. La prima è che nuove linee guida precisino che cosa si intende con le parole non cancellate della legge. E cioè, che il numero di embrioni debba essere quello «strettamente necessario». E indichino «criteri certi e prudenziali » sulla somministrazione dei farmaci che inducono l'ovulazione. Va, infine, ripreso un tradizionale cavallo di battaglia del movimento pro-life, che nel 1995 ebbe l'appoggio anche di un laico del calibro di Giuliano Amato: la modifica dell'articolo 1 del Codice civile. All'appello ha subito aderito Laura Bianconi ( Pdl). «Ripartiremo dal vecchio testo del Mpv precisa per modificarlo alla luce della sentenza. Raccoglieremo firme in modo trasversale, e chiederemo al presidente della commissione Sanità del Senato di porre la proposta all'ordine del giorno. Lo stesso sarà fatto per la Camera».

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Il Tribunale per i minori più dissestato d'Italia (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il (Venezia)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Tribunale per i minori più dissestato d'Italia La presidente Fraccon in una lettera al Csm ha denunciato la situazione «Ultimi a livello nazionale per numero di giudici e amministrativi» Mercoledì 13 Maggio 2009,

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Un primato di cui non andare orgogliosi, quello di tribunale più dissestato d'Italia. Capi... (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il (Venezia)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 13 Maggio 2009, Un primato di cui non andare orgogliosi, quello di tribunale più dissestato d'Italia. Capita al Tribunale per i minorenni di Venezia. E non per colpa di chi ci lavora, ma per la carenza di personale. Una situazione ormai al limite più volte denunciata dal presidente Adalgisa Fraccon. A complicare le cose l'introduzione di un difensore d'ufficio per il minore nei procedimenti sull'adottabilità. La nuova figura è prevista dalla legge 149 del 28 marzo del 2001. Una legge rinviata sette volte e poi entrata in vigore senza previsione nè di fondi, nè di disciplina transitoria. Il tutto con una dotazione organica ferma agli anni Sessanta, anche se il Veneto in quarant'anni è completamente cambiato. L'esplosione delle famiglie di fatto, l'aumento della criminalità minorile specie straniera e l'incremento del centoventi per cento delle procedure di adottabilità hanno quadruplicato il lavoro e mandato in tilt il sistema. Al punto che lo scorso autunno si erano bloccate tutte le pratiche per le adozioni nazionali e internazionali. Il perché è presto spiegato: Venezia è al vertice della classifica nel rapporto giudici e popolazione e nel rapporto personale in servizio e popolazione. Un vertice in negativo, ovvio. Il rapporto popolazione - giudici togati è di uno a 685mila, cioè sette giudici per 4,8 milioni di abitanti. Contro una media nazionale di 1 giudice ogni 285mila abitanti. Esiste poi, sempre a Venezia, un operatore amministrativo ogni 139mila abitanti. La pianta organica si riduce infatti ad una trentina di dipendenti tra cancellieri e impiegati amministrativi. Nella graduatoria dei tribunali per minori più dissestati se Venezia è prima seguono a ruota Bologna, Roma, Torino e Firenze. Se la passano meglio, invece, le città del Sud con Taranto che ha addirittura un giudice togato ogni 77mila abitanti. La denuncia di una situazione ormai insostenibile arriva proprio dalla presidente del Tribunale dei minori di Venezia. Dai suoi uffici di via Bissa a Mestre, in occasione del corso sulla figura dell'avvocato per il minore organizzato da camera civile veneziana in collaborazione con l'ordine distrettuale degli avvocati, la presidente Adalgisa Fraccon attacca: «Ho scritto al Csm per chiedere un incremento dei giudici onorari, almeno una decina in più. Se rispettassimo i valori medi nazionali dovremmo avere 17 magistrati, 60 giudici onorari e 72 dipendenti amministrativi. Invece sono rispettivamente 7, 26 e 30, cioè meno della metà». Qualche giudice onorario in più non risolve certo il problema, ma è pur sempre una boccata d'ossigeno. I giudici onorari non sono sempre in tribunale. Almeno la metà dei 26 in dotazione a Venezia sono dipendenti pubblici, psicologi e assistenti sociali e per recarsi in tribunale spesso sono costretti a prendere un giorno di ferie. Tra l'altro non vengono pagati, a loro spetta solo un'indennità di 98 euro lorde per cinque ore di lavoro. «La distribuzione delle piante organiche risale agli anni Sessanta quando il Veneto era una realtà agricola - spiega Isabella Nordio, consigliere dell'ordine degli avvocati di Venezia - a quarant'anni di distanza la situazione è radicalmente cambiata, è come se parlassimo di un altro paese». Non ultima, l'entrata in vigore del difensore d'ufficio per il minore, senza fondi e senza disciplina transitoria. «È un caos - dice Elisabetta Mantovani, vice-presidente della camera civile veneziana - abbiamo le regole, ma manca la formazione. Per questo abbiamo organizzato un corso che metta assieme tutti gli operatori del settore tra avvocati, magistrati e psicologi cercando di porre rimedio alle lacune legislative. Un team di uomini e donne di buona volontà che praticamente fa volontariato».

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Sede disagiata , si salva il Tribunale a Gorizia (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 13-05-2009)
Pubblicato anche in: (Gazzettino, Il (Udine))

Argomenti: Giustizia

«Sede disagiata», si salva il Tribunale a Gorizia Mercoledì 13 Maggio 2009, Gorizia (al) Il Tribunale di Gorizia salvo, di contro ad alcuni progetti di legge che ne prevedono la chiusura, e "prossimo" il suo riconoscimento quale «sede disagiata». Sono le due notizie emerse dall'incontro che ieri ha avuto il presidente della Camera penale isontina Riccardo Cattarini con il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, su iniziativa del senatore friulano e candidato alle europee per il Pdl Giovanni Collino. Ora, si è detto al termine dell'incontro «sembra certo che resti assicurata la permanenza e la continuità dell'Ufficio» goriziano. Inoltre, sulla scorta di una legge dello scorso novembre in cui si prevede che alcune sedi giudiziarie siano considerate "disagiate" e che, ai magistrati che chiedono di esservi trasferiti vengano riconosciuti significativi incrementi di retribuzione e di carriera, il sottosegretario Giacomo Calliendo ha informato che per il riconoscimento del disagio di Gorizia «il ministero sta lavorando e la soluzione sembra prossima». Soddisfatto Cattarini, che più volte ha denunciato il silenzio della politica sui problemi della giustizia isontina, «ma questa volta - ha detto - sembra esserci davvero un'inversione di tendenza».

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La legge 40 dopo la sentenza della Corte Costituzionale (sezione: Giustizia)

( da "SaluteEuropa.it" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

13/05/2009 La legge 40 dopo la sentenza della Corte Costituzionale "Un nuovo patto di genitorialità tra la coppia e il medico che esegue il trattamento di cura dell'infertilità ha affermato il Dottor Antonino Guglielmino, medico ginecologo e presidente della Fondazione Hera di Catania aprendo il convegno nazionale della Sifes questa mattina a Palazzo Marini a Roma - E' questo quello che si deve costruire partendo proprio dalle indicazioni contenute nella sentenza con la quale la Consulta ha dichiarato parzialmente incostituzionale la Legge 40. Un patto basato su una assunzione di responsabilità del medico e sulla sua autonomia nell'applicazione delle evidenze scientifiche e delle buone pratiche mediche. La scienza e la medicina dunque riacquistano la loro autonomia rispetto alla politica e a posizioni ideologiche. La sentenza della Corte in buona sostanza cambia il panorama della riproduzione assistita in Italia, ponendo in essere una condizione che migliorerà la qualità della vita dei pazienti". "La sentenza della Corte produce una nuova norma ha spiegato la Professoressa Marilisa D'Amico, ordinario di diritto costituzionale alla Statale di Milano e membro del collegio di difesa dei pazienti davanti alla Consulta una norma immediatamente applicabile che consentirà di produrre il numero di embrioni necessario alla paziente e di crioconservare quelli eventualmente non impiantati. Nella decisione della Corte un oggetto nascosto è la definitiva legittimità delle pratiche necessarie alla diagnosi genetica di preimpianto che era alla base dei ricorsi. Le nuove norme stabilite dalla Corte non possono essere toccate da regolamenti o linee guida, né tanto meno da nuove norme legislative che entrino in contrasto con i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale". "Alla luce della sentenza - ha affermato l'avvocato Maria Paola Costantini, esperta di diritto sanitario e membro del collegio di difesa nazionale appare evidente come vi siano forti limiti alla discrezionalità del legislatore riguardo alle pratiche mediche. L'unico soggetto legittimato a dare indirizzi sulle pratiche mediche può essere una società scientifica o meglio un organismo indipendente dalla politica con un alto livello di accreditamento scientifico che indichi ai centri le evidenze scientifiche e che validi le buone pratiche mediche. La sentenza conferma che ci si muove nell'ambito del diritto sanitario, con il principio della tutela del diritto alla salute e il principio di autodeterminazione del paziente".

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Predoiu dezminte ca ar fi blocat fondurile CSM (sezione: Giustizia)

( da "Romania Libera" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

> Cititi online anunturile din ziarul “Romania libera”: Predoiu dezminte ca ar fi blocat fondurile CSM Rl online Miercuri, 13 Mai 2009 Catalin Predoiu, ministrul Justitiei, a declarat miercuri ca nu a blocat fondurile destinate Consiliului Suprem al Magistraturii si ca aceste acuzatii nefondate au fost lansate de conducerea CSM intr-o incercare de a-si redobandi credibilitatea. "Nu am blocat fondurile pentru CSM. Aceste acuzatii sunt neintemeiate si cred ca CSM vrea sa isi redobandeasca credibilitatea partial pierduta", a declarat ministrul Justitiei, citat de ziare.com. In ciuda acuzatiilor aduse de magistrati, Predoiu a precizat ca va continua politica de cooperare, dar in acelasi timp nu va ezita sa le arate care sunt problemele. "Daca va exista cooperare constitutionala vom putea rezolva probleme magistraturii. Pana acum m-am preocupat de cresterea finantarilor in sistemul judiciar si cred ca in scurt timp se vor vedea rezultatele", a mai precizat ministrul Justitiei. Din aceeasi categorie: Sandu Geamanu ramane liber, iar ceilalti doi presupusi hoti de masini in arestOlimpic iesean admis la OxfordVan Gogh nu si-a taiat singur urechea, sustin doi istorici germani Voteaza

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Salta il dibattito sul servizio idricoConsiglio comunale. (sezione: Giustizia)

( da "Sicilia, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Salta il dibattito sul servizio idricoConsiglio comunale. Non consegnati ai consiglieri gli atti della convenzione tra il Comune e la Sai Ato 8 Un consiglio comunale monotematico con all'ordine del giorno la discussione sulle problematiche riguardanti Ato Idrico e fognario, ha avuto luogo lunedì sera a palazzo San Biagio. Il civico consesso si dichiara intenzionato a tutelare gli intessi dell'utenza, in particolar modo per quanto concerne il pagamento del canone di depurazione che gli augustani continuano a versare, nonostante la sentenza della Corte costituzionale numero 335/2008 da cui si evince chiaramente che la tariffa non deve essere più pagata dagli utenti che risiedono in una città priva di depuratore. Il consigliere Carmelo Romano ha chiesto al presidente Salvatore Amato di far si che la questione venga attenzionata dal difensore civico. Di fronte all'elevato numero di disagi che scaturiscono dalla nuova gestione del servizio idrico che, ricordiamo, da circa un anno nel territorio megarese viene curato dalla Sai Ato 8 (ex Sogeas), l'assemblea ha preteso di visionare dettagliatamente la convenzione stipulata dall'attuale ente gestore prima che lo stesso si insediasse, ma non essendone materialmente in possesso, in quanto la documentazione è giunta in aula con netto ritardo, si è stabilito di aggiornare la seduta. Stigmatizzato dal consigliere Mariella Miceli il comportamento del presidente del civico consesso: «per aver convocato la seduta senza aver prima ottenuto la documentazione necessaria per poter approfondire l'argomento». I consiglieri torneranno a riunirsi tra circa due settimane, un tempo minimo necessario per conoscere i termini contrattuali relativi al servizio curato dalla Sai Ato 8, per proporre eventuali modifiche. Il presidente Amato si è impegnato a far pervenire la convenzione a tutti i consiglieri. Tra le diverse problematiche da tempo denunciate dall'utenza, oltre a quella riguardante il fatto che per il Comune di Augusta non sarebbe stata recepita la sentenza della Corte Costituzionale del 10 ottobre scorso, che mette fine al pagamento del canone di depurazione laddove il servizio non viene reso, come è appunto il caso della nostra città; all'incremento dei costi e ai disservizi relativi al recapito delle bollette va affrontata la questione inerente l'erogazione dell'acqua potabile tramite autobotte, un servizio che viene attualmente fornito da una ditta privata nelle more di stabilire se debba essere il Comune o la Sai ad occuparsene. Il vice sindaco, Calogero Geraci assicura che il costo al metro cubo da sborsare, al momento non subirà alcun incremento, riferendosi alla tariffa applicata quando ancora l'acqua mediante autobotte veniva erogata dal Comune. Agnese Siliato

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Rispunta la tabella H, ora bisogna cercare i fondi per finanziarla (sezione: Giustizia)

( da "Sicilia, La" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

l'ars autorizza il governatore a promulgare la manovra senza la parte impugnata dal commissario Rispunta la tabella H, ora bisogna cercare i fondi per finanziarla Palermo. L'Ars ha autorizzato il presidente della Regione Lombardo a promulgare la manovra finanziaria 2009 senza la parte impugnata dal Commissario dello Stato. Rispetto alle osservazioni negative a caldo, sollevate dal presidente dell'Ars Cascio, ieri a Sala d'Ercole non sono emerse polemiche a sproposito dei confronti del prefetto Di Pace e delle sue funzioni istituzionali. É accantonata pure l'ipotesi di riproporre con apposito ddl la parte relativa alla famigerata tabella H mascherata. Con l'obbiettivo di farla impugnare ancora e quindi portare ogni decisione davanti la Consulta. Ma il ricorso alla Corte Costituzionale potrà proporlo solo il governatore Lombardo che, al contrario del presidente dell'Ars Cascio, ha accolto senza polemiche le censure del Commissario dello Stato. Certo non è braccio di ferro tra i due Palazzi, ma è sintomatico il fatto che il capogruppo del Pd Cracolici abbia avvertito l'opportunità di un maggiore raccordo tra il governo e il Parlamento. Ed è sorto un altro problema di non poco conto, sollevato da Marco Falcone (Pdl). Con l'impugnativa della norma che abolisce la tabella H, come da noi già avvertito, questa torna a vivere. Ma ha un costo che non risulta più in bilancio. Ecco il paradosso: dopo averla abolita, l'Ars sarà costretta a rifinanziarla cercando i fondi nelle maglie del bilancio. Intanto, si è chiusa la discussione generale sul ddl per gli aiuti alle imprese. Per la presentazione degli emendamenti è stato fissato il termine di venerdì a mezzogiorno. Anche in questo caso sono sorte contestazioni. I presidenti delle commissioni Ambiente e Attività Produttive, rispettivamente Mancuso e Caputo (entrambi del Pdl) hanno definito grave che questo ddl sia arrivato in Aula senza essere stato esaminato dalle commissioni di merito. Il vicepresidente della commissione Attività Produttive Apprendi (Pd), da parte sua, ha proposto di affiancare al ddl sugli aiuti alle imprese, un provvedimento ad hoc per garantire il finanziamento alla fiction Agrodolce». Infine, una notizia buona: continua il trend in discesa delle assenze dal servizio dei dipendenti regionali. A quasi un anno dall'avvio dei rilevamenti effettuati dall'unità di analisi delle performance dell'azione amministrativa nella Regione, il dato mostra una diminuzione delle assenze per malattia che, su base annua, si attesta al 23%. Raffrontando il dato di aprile 2009 a quello di aprile 2008 le giornate di assenza per malattia risultano essere 3.637 in meno. G.C.

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"In Puglia ci sarà bisogno dell'esercito"">Nucleare, Vendola: vado alla Consulta "In Puglia ci sarà bisogno dell'esercito" (sezione: Giustizia)

( da "Affari Italiani (Online)" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Economia Nucleare/ Vendola ad Affari: in Puglia dovranno mandare l'esercito Mercoledí 13.05.2009 15:43 Un no secco. E anche un po' ironico, com'è nello stile del Governatore della Puglia, Nichi Vendola, che ad Affaritaliani.it assicura che si opporrà con ogni mezzo alla costruzione delle centrali nucleari nella sua Regione. Ricorrendo, come prima cosa, alla Corte Costituzionale. "Perché è un abbaglio dal punto di vista economico, una distrazione di risorse dal lato energetico e una tragedia per l'ambiente". La soluzione? "Investire nelle rinnovabili e sull'efficienza energetica". L'INTERVISTA E' arrivato il primo via libera del Senato al ritorno del nucleare in Italia. Quattro centrali dovrebbero essere costruite entro i prossimi 6-8 anni. E tra i siti di cui si parla c'è anche Ostuni, in Puglia. Ma per le Regioni è previsto solo un parere consultivo. Che cosa ne pensa? "Le questioni sono due: una di metodo e una di merito. Quanto al metodo, tutta la strabiliante retorica sulla rivoluzione federalista convive qui con una evidente restaurazione centralistica. Le Regioni prima avevano il potere di dare l'intesa al governo e ora vengono ora ridotte al rango di buca delle lettere. Vengono, cioè, soltanto ascoltate, dando per inteso che il loro parere non abbia un peso effettivo. Credo che il modello di sviluppo che pensa questo governo abbia bisogno di un grado crescente di militarizzazione per poter saltare il confronto con le comunità locali". E per quanto riguarda il merito? Cosa pensa del nucleare nella sua Regione? "Vorrei avere un po' i dettagli per sapere se stanno pensando alla Costa Merlata o all'ampliamento di qualche trullo, oppure al nucleare di masseria o, ancora, al barocco atomico... Credo che dovranno ingegnarsi molto a immaginare le forme di occupazione militare del territorio, perché la ribellione della Puglia sarà rabbiosa e radicale". Un no senza se e senza ma, insomma. "La nostra Regione offre al sistema Paese tanta energia. E paghiamo già un prezzo molto alto per questa nostra generosità. I polmoni del Salento sono già gonfi di polveri sottili e di ogni sorta di veleno, a causa per esempio della centrale Enel di Cerano a Brindisi. Noi siamo diventati i leader italiani della produzione di energia eolica e di energia solare e per quanto ci riguarda il tema non è certo l'entrata repentina nel nucleare, ma è la progressiva uscita dal carbone". Quindi consiglierebbe al governo di investire sulle rinnovabili piuttosto che sull'atomo. "Certo. E vorrei sapere perché il governo mi ha tolto i finanziamenti al solare termodinamico sotto la direzione di Carlo Rubbia, perché mi ha tolto i finanziamenti all'idrogeno verde e perché ha questo atteggiamento di ostilità nei confronti di quelle fonti di energia che sicuramente rappresentano il futuro". Però da sole le rinnovabili non basterebbero a soddisfare il fabbisogno energetico del nostro Paese. "Dobbiamo immaginare un ciclo complesso dell'energia che è fatto di efficienza energetica (e su questo argomento non mi pare che ci sia una consapevolezza da parte del governo della necessità di investire). Dobbiamo immaginare una riconversione urbanistica ed edilizia che sappia inglobare i valori dell'efficienza energetica. Dobbiamo investire molto di più su tutte le fonti di energia alternativa. Credo che il nucleare rappresenti dal punto di vista economico un abbaglio clamoroso, collocato in un tempo indefinito, dal punto di vista energetico una distrazione di risorse e dal punto di vista ambientale una tragedia per un Paese che ha già così grande scarsità di territorio e che ha i problemi di dissesto idrogeologico e di sismicità che sono noti". Che cosa farà adesso? "Naturalmente ricorrerò alla Corte Costituzionale contro questa normativa del governo. E apriremo le danze..." tags: nichi vendola nucleare centrali nucleari energie rinnovabili

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(AGR) DIP. AMBIENTE: LE MANI DEL GOVERNO SUL PETROLIO LUCANO (sezione: Giustizia)

( da "Basilicanet.it" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

DIP. AMBIENTE: LE MANI DEL GOVERNO SUL PETROLIO LUCANO 13/05/2009 17.18.42 [Scorie nucleari a Scanzano] (AGR) - In relazione al disegno di legge approvato in Senato che modifica le norme per l’estrazione degli idrocarburi, il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata fa presente quanto segue: Gli abitanti della Basilicata trattati allo stesso modo di paesi come la Nigeria, l’Angola o la Guinea Equatoriale: da oggi, per estrarre il petrolio dal sottosuolo nella nostra regione è¨ sufficiente un accordo fra il Governo e le multinazionali, alle quali basterà  andare a Roma e contrattare con il ministro Scajola. Alla Basilicata nessuno dovrà  chiedere nulla o dare in cambio qualcosa: sono saltate le garanzie per la salvaguardia del territorio e quindi ogni possibilità  per la Regione di negoziare benefici per il suo territorio e i suoi cittadini. Questo meccanismo perverso è¨ il risultato di un’operazione in cui sono complici e conniventi il Governo di destra e le grandi multinazionali del petrolio: sono gli effetti del disegno di legge approvato oggi al Senato chiamato “Sviluppo e internazionalizzazione delle impreseâ€, sulla base del quale i permessi di ricerca e le concessioni per l'estrazione di idrocarburi possono essere rilasciati senza l'Intesa Stato-Regione, bensì¬ con un procedimento unico in capo all'Amministrazione dello Stato. Si torna indietro di dieci anni privando la Regione del suo potere di autodeterminazione e riducendola, appunto, a colonia. Come se non bastasse, la legge cambia anche le norme sulla Valutazione di impatto ambientale, che sarebbe richiesta soltanto per le attività  di perforazione dei pozzi e sarebbe affidata ora all'Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia), un organismo statale periferico del Ministero per lo Sviluppo economico, neanche di quello dell’Ambiente. Speravamo che almeno in questa occasione il ministro Prestigiacomo difendesse le prerogative del suo dicastero senza farsi fagocitare, come accade anche per il nucleare, dal collega dell’Economia. In pratica, è¨ stata messa a punto una joint venture in cui Governo e compagnie gestiscono un’iniziativa comune per poi dividerne gli utili. E non fa niente se per agevolare le imprese si impoverisce una regione. Sono anche questi, in fin dei conti, gli effetti del federalismo, per cui ciò² che appartiene alla Lombardia (il gettito fiscale delle imprese, ad esempio) resta nelle casse di quella Regione, mentre ciò² di cui dispone la Basilicata, gas, petrolio e risorse naturali, viene espropriato. Un colpo durissimo per la Basilicata che è¨ di gran lunga la prima regione per produzione di petrolio in Italia, che contribuisce a circa il 90 per cento della produzione nazionale su terraferma e ad oltre il 76% dell’intera produzione italiana I rischi di questa decisione sono stati evidenziati da tempo, ricevendo anche il sostegno della Commissione Ambiente e Protezione civile delle Regioni che, il 29 ottobre scorso ha assunto una posizione chiara e univoca contro questo disegno di legge. . Questo “federalismo all’incontrario†obbliga la Basilicata e i lucani a opporsi con ogni mezzo ad unna legge che li espropria delle loro risorse e del loro futuro. Nulla rimarrà  intentato, dal ricorso alla Corte Costituzionale ad un’autonoma legge regionale sia sulla Valutazione di impatto ambientale che sulle procedure autorizzatorie in materia di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi. Insomma, riappropriandosi del governo del territorio e del controllo delle attività  che su esso si svolgono, estrazioni incluse. L’auspicio è¨ che vi sia un più¹ ampio schieramento di forze e che anche gli esponenti del centrodestra lucano – che fino ad ora hanno finto di ignorare le gravi conseguenze della legge - possano riscoprire le ragioni del federalismo, schierandosi finalmente in difesa della Basilicata e dei cittadini lucani nella battaglia che vedrà  la Regione impugnare questo provvedimento ingiusto e approvare in Consiglio norme che servano a tutelare le nostre risorse. bas 02

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Saraceni ( Ugl ): giustizia a double face. Soldi e carriera per i magistrati delle sedi disagiate (sezione: Giustizia)

( da "Sestopotere.com" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

Saraceni ( Ugl ): giustizia a double face. Soldi e carriera per i magistrati delle sedi disagiate (13/5/2009 15:19) | (Sesto Potere) - Roma - 13 maggio 2009 - Giustizia, mentre per le procure disagiate il Csm, con urgenza, ha messo a concorso i 76 posti scoperti con benefici economici e di carriera per i magistrati che accetteranno, per il personale giudiziario che da anni attende di essere riqualificato al pari di tutti gli altri ministeri, non se ne parla neanche. La Ugl Ministeri attraverso il proprio Segretario Nazionale, Paola Saraceni torna alla carica su una questione che – spiega la sindacalista - non sembra interessare nessuno “eppure – aggiunge la Saraceni – i mali della giustizia si ripercuotono sul sovraffollamento delle carceri, sull'economia del Paese visto che l'Italia paga all'Europa fior di milioni in multe per i ritardi dei processi; sulla credibilità delle istituzioni che non riescono a far funzionare uno dei perni centrali della democrazia. In molti tribunali e procure – continua la Saraceni – non vi sono neanche le più banali attrezzature che fanno funzionare un qualsiasi ufficio; mentre il personale, in cronica carenza di organico, ha carichi di lavoro e responsabilità moltiplicate per tre”.

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Genro attacca l'Italia su Battisti: orgoglioso di ciò che ho fatto (sezione: Giustizia)

( da "Panorama.it" del 13-05-2009)

Argomenti: Giustizia

- Mondo - http://blog.panorama.it/mondo - Genro attacca l'Italia su Battisti: orgoglioso di ciò che ho fatto Posted By paolo.manzo On 13/5/2009 @ 10:39 In Headlines, NotiziaHome | 1 Comment [1] "D'accordo con il ministro, il giornalista italiano radicato in Brasile Achille Lollo parteciperà a un'altra riunione della Commissione per i Diritti Umani della Camera brasiliana in data da definirsi". Con queste parole il ministro della Giustizia verde-oro Tarso Genro ha annunciato ieri in Parlamento che non ci sarebbe stato l'ex militante di Potere operaio condannato nel nostro paese con sentenza passata in giudicato per il rogo di Primavalle dove morirono i due fratellini Mattei. Anche senza Lollo, tuttavia, le parole pronunciate ieri da Genro per riaffermare la correttezza della sua decisione nel concedere lo status di rifugiato politico a Battisti sono [2] destinate a far discutere. Il ministro ha detto infatti che, innanzitutto, [3] il governo italiano vuole trasformare l'ex terrorista dei Pac in un "capro espiatorio del periodo degli anni di piombo". Le stesse parole usate dal nuovo avvocato di Battisti, Luis Roberto Barroso, in un'intervista concessa al quotidiano La Stampa qualche giorno fa. Una sincronia perfetta. Stessa strategia, poi, anche sulla tipologia di reati commessi dall'ex terrorista scrittore. "Nel mio ministero", ha detto Genro, "[4] abbiamo riconosciuto che Battisti è stato un criminale politico e, quindi, si inserisce perfettamente nel diritto di rifugio. Molti di noi sono stati criminali politici [ ] e la maggior parte di noi è orgogliosa di ciò che ha fatto in quel periodo". Quindi né terrorista né criminale comune, proprio come aveva sostenuto Barroso. Genro ha poi puntato direttamente sulla sovranità nazionale. "[5] Veniamo trattati dall'Italia come un paese di seconda categoria che non ha il diritto di applicare le sue leggi sovranamente. Come se le leggi approvate in questo Parlamento fossero irresponsabili", ha aggiunto. Infine la stoccata finale, entrando nel merito di un processo la cui richiesta di estradizione è passata al vaglio di 8 sentenze (tre in Italia, tre in Francia, una alla Corte europea e una al Conare, il Comitato brasiliano per i rifugiati) "non ci sono prove dei fatti imputati a Battisti, il quale tra l'altro era pure contrario ai delitti di cui è accusato". Una pressione forte sul Supremo Tribunale Federale, la Corte Costituzionale brasiliana, esplicitata chiaramente da Genro, [6] "mi turberebbe davvero molto se il Supremo dovesse cambiare la sua giurisprudenza per soddisfare le domande di un paese che non rispetta le decisioni del Brasile". "Genro ha un obiettivo chiaro: tentare in ogni modo di far passare per una decisione di diritto una cretinaggine senza nessuna valenza giuridica", spiega a Panorama.it il presidente dell'Istituto Giovanni Falcone [7] Walter Maierovitch, magistrato che collaborò con lo scomparso giudice italiano nella cattura di Tommaso Buscetta. "La nuova strategia" continua Maierovitch, "è quella di puntare tutto su una malintesa sovranità del Brasile, per raccogliere consensi tra la popolazione. In realtà, se Cesare non sarà estradato", conclude Maierovitch, "ad essere lesa sarebbe la sovranità del vostro paese in virtù del trattato bilaterale tra Italia e Brasile. Oltre a ledere la nostra Costituzione, che vieta espressamente che l'esecutivo possa decidere su questioni di diritto sostituendosi al Supremo tribunale Federale, così come proibisce che si possa concedere il rifugio per crimini particolarmente efferati o per terrorismo". Chiudiamo con una curiosità. Sempre ieri [8] la giornalista Monica Bergamo, compagna del senatore Eduardo Suplicy, tra i massimi difensori politici di Battisti, annunciava nella sua rubrica sul quotidiano Folha di Sao Paulo che il ministero degli Esteri brasiliano avrebbe fissato per il 29 luglio la visita del premier italiano Silvio Berlusconi al presidente brasiliano Lula. Il condizionale è d'obbligo - nessuno dalla Farnesina ha confermato né smentito - comunque non c'è che dire: viste le parole di Genro un timing perfetto quello di Monica, figlia di Dalmo Dallari, il giurista più ascoltato dal ministro brasiliano nonché vicino di casa, nel quartiere di Montparnasse a Parigi, della romanziera di successo transalpina Fred Vargas che da anni si batte con coraggio per la libertà di Battisti.

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