Abstract: ricorrendo anche alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo». Allo studio «forme di disobbedienza civile». Lorenzo Del Boca, presidente dell'Ordine nazionale, si è detto convinto che la nuova legge renda «l'informazione più debole», mentre Roberto Natale, presidente della Fnsi denuncia che «con il maxiemendamento siamo passati al Medioevo:>
Francia, il diritto a
Internet non si tocca ( da "Corriere
della Sera" del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: il diritto a Internet non si tocca
La Corte costituzionale boccia la legge antipirateria voluta da Sarkozy Quando
si dà la caccia ai pirati (virtuali), le rotte rischiano di essere costellate
di naufragi (molto concreti). Ne sa qualcosa, da ieri, Nicolas Sarkozy: la sua
legge anti corsari del Web ha subìto una seconda, pesante battuta d'arresto.
Giornalisti e editori sul
piede di guerra pronti a scioperare
( da "Manifesto, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: nonché ricorrendo alla Corte
costituzionale e a quella europea dei diritti dell'uomo». Non solo, si stanno
studiando anche «forme di disobbedienza civile per trovare il modo di far
giungere ai cittadini le notizie di interesse pubblico». E per farlo, sono
pronti anche a pagare le conseguenze della nuova infausta legge.
ROMA - Questo disegno di
legge sulle intercettazioni è come una medicina destinat...
( da "Messaggero, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: il presidente emerito della Corte
costituzionale Cesare Mirabelli dà sulla riforma che ha ottenuto ieri il voto
di fiducia e oggi dovrebbe concludere il suo iter alla Camera. Presidente
Mirabelli perché usa la metafora sanitaria? «Voglio evidenziare che se non ci
fosse una malattia non ci sarebbe bisogno della cura da cavallo che il Governo
e il Parlamento stanno mettendo a punto»
CON LA RIFORMA GELMINI 900
SCUOLE IN CALABRIA RISCHIANO LA CHIUSURA
( da "marketpress.info"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale proposti da
alcune Regioni che hanno eccepito competenze regionali in materia di istruzione
ed il cui esame è cominciato ieri. E sempre ieri il Tar del Lazio si è
pronunciato su istanza di alcune associazioni di genitori rilevando che la
circolare attuativa sui Regolamenti Gelmini è stata emanata sulla base di atti
legislativi non ancora formalmente approvati.
PROTESI PER I BIMBI E I
GIOVANI DELLA STRISCIA DI GAZA IL NUOVO IMPEGNO DELLA TOSCANA COME CAPOFILA
DELLE REGIONI SULLA COOPERAZIONE ( da "marketpress.info"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: e che dovrebbe portare ad u n
quadro normativo più chiaro, evitando in futuro, nuovi interventi della Corte
dei Conti (come nel caso del sindaco di Lastra a Signa) nei confronti di
amministratori impegnati in attività di cooperazione internazionale e nuove
pronunce di annullamento della Corte Costituzionale verso leggi regionali (Val
d´Aosta e Calabria).
QUESTO disegno di legge
sulle intercettazioni è come una medicina destinata a curare ...
( da "Messaggero, Il (Frosinone)"
del 11-06-2009) + 11 altre fonti
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Usa la metafora sanitaria il
presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli per evidenziare
che se non ci fossero stati eccessi non ci sarebbe stato bisogno di una cura. Che
come tutti i farmaci «comporta anche effetti collaterali la cui efficacia
occorrerà verificare nel tempo».
L'Arma parte civile contro
due militari ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)" del
11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: è vero che una sentenza della Corte
Costituzionale impone di consegnare alla difesa copia dei dvd ma gli avvocati
di Solvi e Cecere hanno presentato la richiesta prima di quella decisione e
dopo non l'hanno più ripetuta. MARIA FRANCESCA CHIAPPE
Referendum Berlusconi:
"Andrò a votare e sarà sì"
( da "AmericaOggi Online"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Guzzetta e i suoi hanno da subito
denunciato anche le condizioni di disparità informativa sulla consultazione
dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza sulla campagna
elettorale, con tanto di ricorso alla Consulta. Ricorso, però, rigettato ieri
dalla Corte Costituzionale.
La campagna elettorale sul
referendum. Perché è giusto votare
( da "AmericaOggi Online"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ma i limiti della Corte
Costituzionale non lo permettono. Ma ne demoliamo punti fondamentali.
Cancelliamo le candidature multiple, cioè il fenomeno deteriore per cui un
candidato si può candidare anche in tutti i collegi (è accaduto anche domenica
scorsa) prendendo in giro i cittadini che lo hanno eletto e che lo vedono
scegliere per un collegio diverso.
Liberté, égalité, Internet
Sarkò sconfitto dai pirati ( da "Stampaweb,
La" del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Ieri la Corte costituzionale
francese ha respinto la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli
utenti di Internet che scaricano gratis brani coperti da diritti d?autore -
cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la Diffusion
des ?
Philippe Aigrain:
"Internet libero, un boomerang per i censori. La Costituzione ci
protegge" ( da "Stampaweb,
La" del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Ma la Corte costituzionale ha
bocciato solo una parte della legge, un?altra parte resta in vigore: va bene lo
stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire dalla
disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice.
Rebus referendum, lotta
per gli spazi in tv ( da "Giornale
di Vicenza.it, Il" del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: E ieri la Corte Costituzionale ha
rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali
presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione
Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della
delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico
radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno.
Un referendum per la
democrazia ( da "Nuova
Ferrara, La" del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: della legge elettorale, in quanto
essa, in virtù di un deliberato della corte costituzionale, non è abrogabile in
toto. «Bisogna salvare l'istituto referendario - le parole di Pasquino - in
quanto rappresenta un importante strumento di potere politico dato ai
cittadini; da qui l'invito ai cittadini di andare a votare».
Rebus referendum, lotta
per gli spazi in tv ( da "Arena.it,
L'" del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: E ieri la Corte Costituzionale ha
rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali
presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione
Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della
delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico
radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno.
ROMA. SOLO VENTIQUATTR'ORE
PRIMA AVEVA INVITATO IL CSM A NON LASCIARSI CONDIZIONARE DA LOGICHE ...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: stato il vicepresidente del Csm
Nicola Mancino a darne lettura all'apertura del plenum. Il capo dello Stato,
che del Csm è presidente, dà il via libera all'ordine del giorno che prevede si
discuta del pacchetto sicurezza, ma aggiunge un forte richiamo ai consiglieri.
Il Quirinale segnala l'opportunità di «una più tempestiva formulazione dei
pareri sui disegni di legge del Parlamento»
CORRADO CASTIGLIONE NO AL
SOSTEGNO DIRETTO AL REFERENDUM ELETTORALE, MA COMUNQUE VOTERò...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale, che ha
rigettato il ricorso presentato dal Comitato promotore dei referendum
elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mariotto Segni contro la
Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai. In sostanza il comitato
lamentava di essere stato oscurato e chiedeva che nelle trasmissioni Rai di
approfondimento potesse avere gli stessi spazi riservati ai partiti
PROCESSO ECOBALLE, DOPO IL
VERTICE CSM LEPORE AUTORIZZA L'ASSEMBLEA DEI PM
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 11-06-2009) + 6 altre fonti
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Processo ecoballe, dopo il vertice
Csm Lepore autorizza l'assemblea dei pm
Le Conseil supérieur de la
magistrature attend sa réforme dans un climat tendu avec le pouvoir
( da "Monde, Le"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: le CSM a rendu peu d'avis.
"CHAPE DE PLOMB" Le CSM chargé de veiller à l'indépendance de la justice
était présidé par le chef de l'Etat. La réforme constitutionnelle de juillet
2008 coupe ce cordon ombilical sans lever les ambiguïtés. Le CSM aura désormais
à sa tête le président de la Cour de cassation.
Intercettazioni: Sì Al
Ddl. Banchi in aula pieni, ora piazze piene per contrastarlo
( da "Articolo21.com"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Il comitato assumerà le conseguenti
iniziative in ogni sede italiana ed europea, a partire dalla Corte
Costituzionale e garantirà forme di assistenza agli atti di disobbedienza
civile che dovessero rendersi necessari da parte di cronisti, redazioni e
comunicatori in rete.
La scure si abbatte anche
sulla rete ( da "Articolo21.com"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: insieme con Libera Informazione ,
un comitato composto da avvocati, da giuristi e da costituzionalisti con il
compito non solo di disattivare le norme ma anche di creare le immediate
condizioni affinche` la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea
possano esprimere l?inevitabile giudizio di bocciatura.
I sistemi di
videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico
( da "AltaLex"
del 11-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte del 2006[18]. In tale arresto
la Corte ha infatti affermato il principio secondo cui la tutela costituzionale
del domicilio è fondata sul rapporto esistente tra un soggetto ed il luogo in
cui questi svolge la sua vita privata, ma la massima tutela (inviolabilità del
domicilio) può essere garantita solo quando il predetto rapporto sia tale da
escludere interferenze esterne nel
Ma in Italia i giudici
sono veramente soggetti alla legge?
( da "Corriere delle Alpi"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: come ha indicato opportunamente la
Corte Costituzionale (sent. n. 40/1964 e sent. n. 234/1976 Corte Cost.), si
esprime nell'esigenza che "il giudice riceva, se non dalla legge, l'indicazione
delle regole da applicare nel giudizio e che nessuna altra autorità possa,
quindi, dare al giudice ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in
concreto".
Pcl, ricorso congelato dal
Tar Le elezioni non si rifaranno ( da "Stampa,
La" del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: fermo restando che rimane pendente
il giudizio della Corte Costituzionale sull'esclusione inizale del Popolo della
Libertà che invece ha partecipato alle elezioni grazie alla sospensiva concessa
dal Tar. Delusione nelle file del Pcl. Il portavoce Simone Anselmo ha detto: «I
giudici hanno usato due pesi e due misure con noi e con il Pdl.
LA RIVOLTA DEI PUFFI
( da "Tribuna di Treviso, La"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: della Corte costituzionale di molti
anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti».
Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la
sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il
paese aspettava una riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche
argomento giuridico formale cui appigliarsi;
gratis sul web dal 3
luglio così si accede al servizio - roberta de rossi
( da "Nuova Venezia, La"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Per questo, dedico questa festa
alla Corte costituzionale francese, che appellandosi ai diritti universali
dell'uomo ha respinto un progetto per limitare l'accesso al Web». Cosa.
Collegamento in rete per tutti i residenti, gli studenti e lavoratori pendolari
e (in cambio di un ticket) i turisti.
Passa il ddl: e
l'opposizione si spacca ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)" del
12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: BUFERA CSM Intanto è bufera al Csm.
Tre consiglieri hanno presentato al Comitato di presidenza, perchè le comunichi
al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla Commissione per gli incarichi
direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in polemica con le
dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che,
la rivolta dei puffi
( da "Mattino di Padova, Il"
del 12-06-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Giustizia
Abstract: della Corte costituzionale di molti
anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti».
Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la
sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il
paese aspettava una riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche
argomento giuridico formale cui appigliarsi;
Gli ispettori
ministeriali? (
da "Giorno, Il (Legnano)"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Una querelle che ha raggiunto un
ulteriore livello con il ricorso della Regione alla Corte costituzionale perché
venga valutata la legittimità di queste ispezioni. Comunque, la Guardia di
Finanza legnanese, in serata, confermava che i Servizi ispettivi di finanza
pubblica del Ministero stanno monitorando l'iter di realizzazione del
nosocomio.
il fronte
editori-giornalisti "privacy sì, silenzio no"
( da "Repubblica, La"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: cittadini sono consapevoli che ad
essere violato è un loro diritto: quello di sapere per capire, di conoscere per
giudicare, di informarsi per poter operare scelte consapevoli». E si arrivano a
prospettare proteste clamorose: in attesa che Corte Costituzionale «stabilisca
qual è il valore dell´informazione», l´Ordine ritiene che occorra «ipotizzare
forme di disobbedienza civile».
Troppe fughe di notizie,
manca tutela ( da "Sole
24 Ore, Il" del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: di cui ha scritto ieri la Corte
costituzionale si vedrà. Intanto la Consulta, con la sentenza n. 173 (con le
motivazioni della parziale bocciatura della legge approvata nel 2006 con voto
bipartisan), afferma una realtà forse scomoda che è quella di uffici giudiziari
colabrodo, poco in grado di garantire la sicurezza degli atti.
GLI ORDINI dei medici
d'Italia oggi a convegno a Terni per rib...
( da "Nazione, La (Umbria)"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Introduce i lavori il professor
Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. «Gli
orizzonti che offrono i nuovi saperi e le nuove tecnologie in ambito sanitario
afferma il presidente Fnomceo,
Amedeo Bianco devono condurci ad affrontare, in maniera meno emotiva, le
questioni che riguardano i confini della vita.
La Corte suprema degli Usa
ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste...
( da "Giorno, Il (Milano)"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: 13 La Corte suprema degli Usa ha
preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste... La
Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in
un giorno. La stessa decisione della Corte Costituzionale italiana avrebbe
richiesto mesi se non anni.
All'Auditorium le donne
del sì quelle del no al Buon Pastore
( da "Unita, L'"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Giudice della Corte Costituzionale,
Carla Rabitti Bedogni, vice presidente dell'Antitrust e Mariapia Fanfani. Alla
Sapienza ieri, invece, inedito défilé dei tre delle sue guardie del corpo,
rigorosamente donne: il leader libico le ha mostrate come esempio della condizione
di libertà della donna nel suo Paese.
Pd e franchi tiratori
Carra: un errore la votazione segreta
( da "Corriere della Sera"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: autorizzazione per ascoltarlo
direttamente) la cui utilizzabilità ora è al vaglio della Corte Costituzionale.
Lusetti, però, spazza via il sospetto: «Io sono un soldato e quindi rispetto le
indicazioni del partito. Però... ». Però? «Io ci sono passato. Sono
volterriano: 'Prendi una frase di un galantuomo e isolala da un contesto e ne
farai un delinquente.
Al Senato l'iter sarà
breve, e presto la nuova normativa sulle intercettazioni telefoniche e affini
sarà legge ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: altra porteranno la legge
direttamente di fronte alla Corte costituzionale. La polemica sulle
intercettazioni si chiude dunque così: il premier sta comunque portando a casa
un provvedimento che ha fortissimamente voluto, incurante di tutti gli
avvertimenti che sono arrivati dai rami alti delle istituzioni, a cominciare
dal Quirinale.
Caro Signor Gervaso, per
quanti sforzi faccia, non riesco a capire la politica italiana.<...
( da "Messaggero, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: eminente giudice della Corte
Costituzionale, se non fosse fuori commercio. Lei mi domanderà perché non è
reperibile nelle librerie. Perché Mazzella, uno degli ultimi grandi servitori
dello Stato, per opportunità istituzionale, non rende mai di pubblico dominio
quello che esce dalla sua penna, a meno che non siano racconti o romanzi.
ROMA - Anche i quindici
giudici della Corte costituzionale riconoscono in una sentenza (la n. 173 de...
( da "Messaggero, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Anche i quindici giudici della
Corte costituzionale riconoscono in una sentenza (la n. 173 depositata ieri in
cancelleria) che nei tribunali non è garantita la segretezza degli atti. E
casualmente l'autorevole giudizio giunge proprio nel giorno in cui la Camera
dei deputati ha approvato il ddl del governo che tra l'altro impone norme più
severe per la conservazione e l'
ROMA - Ho sempre visto con
favore l'apposizione di limiti più string...
( da "Messaggero, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte costituzionale Enzo Cheli al
Messaggero. Tuttavia sulla procedura scelta il costituzionalista è critico:
«Non condivido il fatto che su una materia come questa, che mette in gioco
diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione, si sia seguita
la linea dell'apposizione della fiducia che ha strozzato il dibattito e ha
ridotto le possibilità di uno scambio più
Il bluff della privacy
( da "Manifesto, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: cioè la Corte europea; c'è la Corte
Costituzionale; c'è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora che
il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare ripensamenti,
compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni fa contro il
ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano.
Religione cattolica a
scuola: riprendere il passo per la laicità
( da "Manifesto, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che provocarono la famosa sentenza
della Corte Costituzionale in nome della tutela del principio di non
discriminazione su cui si fonda lo stesso Nuovo Concordato (art. 9). Quella sentenza
(n. 203 del 1989) proclamò infatti lo stato di assoluto non obbligo per tutti
coloro che non si avvalgono dell'irc, poiché non ci sono alternative
paragonabili,
Intercettazioni illegali,
sentenza a orologeria della Consulta
( da "Opinione, L'"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Ormai anche le sentenze della Corte
Costituzionale arrivano ad orologeria. L'altro ieri era stata votata la fiducia
alla Camera sul disegno di legge che modifica, limitandola fortemente, la
disciplina delle intercettazioni telefoniche e ieri ecco una bella
"sentenza zeppa", la 173 dell'11 giugno 2009, che dice che anche in
caso di intercettazioni palesemente illegali -
Politica: Del Basso De
Caro: ( da "Sannio
Online, Il" del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: la questione è stata devoluta alla
Corte costituzionale. Io spero che la sconfitta, sempre orfana di genitori, ci
consenta di riprendere un percorso, che, iniziato trionfalmente il 14 ottobre 2007, ha subito soltanto
una battuta d?arresto. Sono assolutamente persuaso della bontà del progetto
politico e della necessità di costruire dal basso,
Segni tuona contro
Berlusconi ( da "Rinascita
Online" del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale ha infatti
dichiarato improcedibile il ricorso sollevato da Guzzetta e soci sul conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Commissione
parlamentare di vigilanza sulla Rai. Oggetto del contendere era stata la delibera
con cui Palazzo San Macuto aveva disciplinato forme e modi della programmazione
radiotelevisiva della concessionaria di
Moldova: verso elezioni
politiche ( da "Nuovo,
Il" del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Alta corte a scioglimento
Parlamento (ANSA) - MOSCA, 12 GIU -
In Moldova la Corte costituzionale ha dato l'ok alla richiesta del presidente
Voronin di sciogliere il Parlamento e indire le elezioni. 'Il presidente -ha
sancito la Corte- ha non solo il diritto ma l'obbligo di firmare il decreto
sullo scioglimento del Parlamento e la data di nuove elezioni'
Liguria: Burlando
"legge impedisce stabilizzazione precari"
( da "Savona news"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Noi andremo di fronte alla Corte
Costituzionale e vedremo alla fine come saranno giudicati i profili di
costituzionalità di questi provvedimenti. Particolarmente grave giudichiamo
l?atteggiamento del governo sul problema dei precari. Avevamo avviato con il
ministro Brunetta e il capo dipartimento del ministero Naddeo un confronto che
ci sembrava positivo,
UE: TELECOM PACKAGE, SI
INASPRISCE SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO
( da "Prima Comunicazione"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: palesare la propria proposta per
l'avvio formale dei lavori del Tavolo di conciliazione che dovrebbe avvenire
entro la fine dell'anno. Intanto in Francia una sentenza della Corte
Costituzionale ha dichiarato illeggittima la legge Hadopi approvata a meta'
maggio proprio nella parte che prevede il distacco della connessione Web.
Sulla condanna di una
persona giuridica per illecito amministrativo ex lege 231/01
( da "AltaLex"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: utile ricordare che già in linea
teorica si può ben affermare che - come ha sottolineato la Corte Costituzionale
- , il legislatore ha perpetuato, in via di eccezione, il vecchio modello
punitivo in rapporto alla emissione di fatture per operazioni inesistenti,
continuando a reprimere, con il più volte citato D.Lgs. n. 74 del 2000, art.
CSM: un'altra defezione
dopo le accuse di Alfano ( da "JulieNews.it"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: 56 CSM: un'altra defezione dopo le
accuse di Alfano di: Antonio Rispoli Dopo le dimissioni di tre componenti del
CSM, che si sono ritenuti offesi dalle parole del Ministro per la Giustizia
Angelino Alfano sulla politicizzazione e la lottizzazione all'interno della
magistratura, oggi è toccato ad un quarto consigliere: Ciro Riviezzo,
Il bluff della privacy**
( da "Articolo21.com"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: cioè la Corte europea; c?è la Corte
Costituzionale; c?è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora che
il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare ripensamenti,
compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni fa contro il
ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano.
Pacchetto sicurezza: ecco
cosa dice il CSM ( da "Articolo21.com"
del 12-06-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ecco cosa dice il CSM di Bruna
Iacopino Il disegno di legge 733, già passato alla Camera, dal 23 giugno
approderà nuovamente al Senato per l'approvazione definitiva. Nel frattempo
però arriva anche la nuova relazione del CSM, che dopo aver espresso numerose
perplessità in merito al decreto legge, varato qualche mese fa,
( da "Milano Finanza (MF)"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
MF sezione:
Commenti & Analisi data: 10/06/2009 - pag: 7 autore: di Angelo De Mattia
Anche le fondazioni sono chiamate a confrontarsi con la crisi Inizia oggi a
Siena il Congresso dell'Acri, l'associazione delle fondazioni di origine
bancaria presieduta da Giuseppe Guzzetti, dopo la decisione assunta di
strutturare in senso federalistico, con una più articolata rappresentanza
territoriale, l'organo deliberativo di vertice. Pur riflettendosi la crisi
attraversata in una riduzione dei proventi derivanti alle fondazioni dai loro
investimenti soprattutto in partecipazioni bancarie, questi enti, da un lato,
non hanno sostanzialmente ridotto le erogazioni istituzionali a favore dei
settori da essi sostenuti e, dall'altro, non sono venuti meno alla funzione di
concorrere alla stabilizzazione del sistema bancario, del quale hanno
contribuito a promuovere, nell'ultimo quindicennio, la riorganizzazione e il
consolidamento, sotto l'impulso della Banca d'Italia. Si è trattato di una fase
di ristrutturazione (mentre non poche banche agli inizi degli anni 90 si
trovavano in uno stato preagonico) che ha un precedente solo in quella avvenuta
negli anni 30. Sarebbe doveroso ricordarsi dell'opera svolta sia dalle
fondazioni sia dall'Istituto di Via Nazionale, soprattutto oggi, quando a ogni
pie' sospinto si mettono in evidenza le condizioni dei nostri istituti di
credito, di fronte alla crisi, migliori di quelle di molti altri istituti
esteri. In un mercato assai povero di investitori istituzionali, le fondazioni,
dopo avere scorporato le aziende bancarie in forma di spa, superando così la
figura delle Casse di risparmio, secondo la legge Amato/Carli, hanno avuto una
funzione surrogatoria, svolgendo il ruolo proprio di questa categoria di
investitori, con un'ottica di lungo periodo, complessivamente astenendosi
dall'interferire nelle scelte di merito delle banche partecipate. È difficile
immaginare quale sarebbe stato l'assetto proprietario, soprattutto dei maggiori
istituti di credito, senza l'intervento di un soggetto come le fondazioni. Non
è azzardato ipotizzare che il sistema sarebbe stato ben più esposto alle
acquisizioni dall'estero, che certamente non vanno respinte in linea generale,
ma non potrebbero essere accolte se straripanti, come, del resto, avviene in
ciascun Paese europeo. Nel complesso, oggi le fondazioni si presentano con un
soddisfacente consuntivo di attività. Alle spalle hanno la vittoriosa battaglia
per affermare, sei anni or sono, il loro status peculiare contro le norme
volute allora dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ne avrebbero
sancito l'infeudamento a opera delle forze politiche del territorio. Ne sarebbe
risultata compromessa l'autonomia, che è cosa diversa dall'autoreferenzialità,
oggetto di un'infondata critica da parte di coloro che guardano in maniera
negativa al mondo delle fondazioni. Infondata perché non sono poche le forme
attraverso le quali le fondazioni rendono conto del loro operato e rispondono
alla società civile e politica. La Corte costituzionale bocciò quella disciplina,
che già aveva collezionato, per i profili applicativi, altre bocciature dal Tar
e dal Consiglio di Stato, sancendo definitivamente, per gli enti in questione,
la natura di soggetti privati di utilità sociale. Si trattò di una
vittoria che segna uno spartiacque nel rapporto tra tali soggetti e le
istituzioni della politica. L'abilità e la lungimiranza dell'Associazione, del
mondo rappresentato e, soprattutto, di Guzzetti si sono particolarmente
dimostrate nel non eccessivamente inorgoglirsi dopo quel successo e nel non
rifiutare di collaborare, in funzione degli interessi di sistema e generali,
anche al rilancio della Cassa depositi e prestiti (nella quale le fondazioni
hanno oggi una partecipazione ben remunerata del 30% da rinnovare a breve)
aderendo a una proposta dello stesso ministro, che prima avrebbe voluto, con le
norme progettate e respinte, il mutamento dei tratti fondamentali di questa
categoria di enti. Dal canto suo, lo stesso Tremonti, con onestà intellettuale,
ha avuto modo più volte di ammettere l'errore commesso nell'ingaggiare quella
confrontation, perdente, con organismi della società civile, fondamentali oggi
per concorrere all'applicazione dei principi di sussidiarietà introdotti nella
Carta costituzionale all'art. 118. Ma alle spalle le
fondazioni hanno il crescente sviluppo della loro presenza in molti comparti
(public utility, fondi, autostrade, F2i.) Più di recente, è stato dato impulso
all'housing sociale. In teoria, in base alla legge (e decreto delegato) Ciampi,
una normativa pressoché ignorata, le fondazioni potrebbero partecipare anche al
capitale della Banca d'Italia. L'identikit delle fondazioni è, dunque, ben
definito, con l'opera del legislatore, del Giudice delle leggi, con il loro
concreto operare per il sostegno dei numerosi comparti di intervento
(dall'arte, all'assistenza, alla ricerca, al volontariato ecc.) con i programmi
degli impegni futuri che dovranno fare anche i conti con l'andamento delle
fonti di reddito. Oggi, è fondamentale che questi organismi preservino la loro natura
e continuino a definire le strategie e a compiere le scelte di merito in piena
autonomia, osservate, naturalmente, le norme primarie e secondarie che li
disciplinano. Gli indirizzi del federalismo e la più spinta valorizzazione del
territorio, se correttamente inquadrati, possono costituire un contesto
favorevole per l'operare delle fondazioni. Andrebbero, però, prevenute
possibili forzature che dovessero derivare da visioni fortemente localistiche
alle quali ricondurre l'agire di tali soggetti. Sarebbe decisamente da evitare
una campanilistica territorializzazione, a scapito dei doveri di solidarietà e
di cooperazione nazionali. In effetti, le fondazioni dovrebbero e potrebbero
ancor più cimentarsi nel concorrere al sostegno dello sviluppo economico anche
su scala nazionale. Avranno bisogno, come esse stesse ricordano, di una
maggiore attenzione di Governo e Parlamento, sia per i profili fiscali relativi
alla loro operatività, che potrebbe fruire in parte di un regime agevolativo,
sia per l'assetto dei controlli oggi attribuiti al ministero dell'Economia e
che potrebbero, invece, essere diversamente organizzati in relazione alla
natura sostanzialmente non profit dei fini di questi enti. Insomma, si attende
che il congresso, che si apre con la sapiente regia del presidente Guzzetti
(che è anche presidente della storica Fondazione Cariplo), soprattutto dibatta
sulle fondazioni nel contesto della crisi e di fronte alla necessità di
contribuire ad arrestare il bradisismo che tocca l'economia italiana.
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( da "Nazione, La (Firenze)"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
PRIMO PIANO pag.
2 Berlusconi: «Più forti «Grazie ai milioni di italiani che hanno avuto fiducia
in me IL CAVALIERE ROMPE IL SILENZIO: «PREMIATO di ANTONELLA COPPARI ROMA
RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano:
Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo
destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza
verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in
fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla
consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e
soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo
nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista
Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum
mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone
cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la
scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di
supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede
espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto
del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con
Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la
vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee
che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui,
l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota
diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante
calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno
dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni»
facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il
leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema
su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato
del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi
sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul
referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà)
scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere
contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere
cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il
Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il
governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La
stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con
passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare
l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica
dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del
premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più
complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non
insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le
europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi
non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a
loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui
accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl
intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della
Corte costituzionale.
Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i
sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una
presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/537.jpg
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( da "Giorno, Il (Milano)"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
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2 Berlusconi: «Più forti «Grazie ai milioni di italiani che hanno avuto fiducia
in me IL CAVALIERE ROMPE IL SILENZIO: «PREMIATO di ANTONELLA COPPARI ROMA
RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano:
Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo
destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza
verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in
fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla
consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e
soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo
nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista
Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum
mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone
cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la
scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di
supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede
espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto
del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con
Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la
vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee
che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui,
l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota
diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante
calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno
dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni»
facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il
leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema
su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato
del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi
sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul
referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà)
scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere
contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere
cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il
Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il
governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La
stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con
passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare
l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica
dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del
premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più
complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non
insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le
europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi
non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a
loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui
accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl
intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della
Corte costituzionale.
Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i
sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una
presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/5393.jpg
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( da "Repubblica, La"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 33 -
Commenti LIBERTà E RESPONSABILITà DELLE FONDAZIONI GUSTAVO ZAGREBELSKY A dieci
anni dalla «riforma Ciampi» e a sei dalle sentenze della
Corte costituzionale che ne
hanno fissata la natura, si può tentare, se non un bilancio, almeno qualche
considerazione generale circa la corrispondenza tra l´essere e il dover essere
delle fondazioni di origine bancaria: qualche considerazione generale destinata
principalmente a formulare domande, la risposte alle quali è di competenza di
coloro che del modo d´essere e di operare delle fondazioni portano, a
qualche titolo, la responsabilità. Le fondazioni sono il risultato della
trasformazione ope legis degli originari «enti conferenti» che, all´inizio
degli anno 90, hanno operato la trasformazione degli
enti creditizi
in società per azioni. Esse sono diventate persone giuridiche private senza
fine di lucro, la cui dotazione patrimoniale consiste nei risultati economici
dell´amministrazione dell´originaria partecipazione azionaria al capitale delle
società bancarie e sono chiamate a perseguire « esclusivamente scopi di utilità
sociale e di promozione dello sviluppo economico «. Questi scopi sono
assorbenti. Nulla residua, al di fuori di essi. Non solo la destinazione del
reddito derivante dagli investimenti del capitale (le «erogazioni»), ma il
capitale stesso è totalmente vincolato, e da questi scopi sono radicalmente
escluse le attività d´impresa o di finanziamento diretto o indiretto di
attività d´impresa, compresa, per esplicita e diretta sottolineatura, l´attività
creditizia. L´origine bancaria dovrebbe dunque oggi essere solo il ricordo di
una vicenda ormai chiusa, appartenente non alla storia ma alla preistoria delle
fondazioni volute dalla legge Ciampi. Le «dismissioni» delle partecipazioni nel
capitale delle società bancarie, imposte per legge, avrebbero dovuto segnare,
per l´appunto, la cesura tra preistoria e storia attuale. Nel 2003, le
fondazioni sono state oggetto di due sentenze della Corte costituzionale
che ne ha precisato il «posto istituzionale» che compete loro., ascrivendole
alla sfera delle «libertà sociali». Esse - è stato detto - appartengono a una
dimensione della vita collettiva che non si lascia ridurre alla «grande
dicotomia» di cui parlava Norberto Bobbio, tra il pubblico, come gestione autoritativa
di interessi collettivi, e il privato, come libero perseguimento di fini
d´interesse individuale. In breve, si tratta (a) di soggetti giuridici privati,
(b) espressione di auto-organizzazione sociale, (c) dotati di un proprio
patrimonio, gestito in modo non speculativo, (d) operanti per la cura
d´interessi non politici ma, ugualmente, generali o collettivi, delle comunità
di riferimento, al di fuori di qualsiasi intento o scopo di lucro. Né stato né
mercato, ma socialità. Così, le fondazioni sono venute a collocarsi in uno
spazio che ha un preciso significato costituzionale
cui si riferiscono gli artt. 2, 18, 41 e 43 della Costituzione, come
ispirazione generale di una «democrazia sociale»: ispirazione che, secondo
l´art. 118, assurge a criterio di organizzazione delle funzioni di rilevanza
pubblica. Le Fondazioni occupano dunque uno spazio che è tipico, ma è anche
precario perché esposto alle pressioni e alle tentazioni che vengono dai due
lati dell´esposizione, l´economia e la politica. Il raggiungimento e la difesa
dell´equilibrio tra l´una e l´altra sono tutt´altro che facili, in un contesto
come il nostro, dominato da stretti legami tra politica e finanza, entro i
quali le fondazioni sono chiamate a destreggiarsi. (...) Presso l´opinione pubblica
avvertita, che è quella che spesso risulta determinante tra i fattori di
pre-comprensione che guidano anche gli atteggiamenti dei giudici in materie
dove dominano fattori tecnici, come quello di cui ci stiamo occupando, non
risultano facilmente giustificabili, alla luce della posizione e dei compiti
che sono attribuiti alle nostre fondazioni - oggi si dice della loro mission -
comportamenti che sembrano pregiudicare negativamente la loro posizione sui due
versanti rispetto ai quali essa si gioca e nei confronti dei quali deve
preservarsi la loro autonomia. Noi non ignoriamo affatto che sempre, e
particolarmente in un momento come è l´attuale di crisi economica dalle pesanti
conseguenze sociali, tutti gli attori istituzionali devono cooperare per non
disperdere le energie e per concentrare le scarse risorse esistenti, in vista
di un interesse comune che li trascende tutti. Ma questo deve avvenire nel
rispetto dell´originalità dei ruoli rispettivi. Così, presso quell´opinione
pubblica avvertita, non giovano le contese politiche che accompagnano la vita
delle fondazione nei momenti di formazione dei loro organi e nei momenti
importanti della loro attività; contese da cui viene talora accreditata
l´impressione ch´esse siano concepite come enti strumentali delle
amministrazioni pubbliche locali, da occupare con i propri uomini. D´altra
parte, non giovano nemmeno i coinvolgimenti con le politiche finanziarie delle
banche da cui, pur al di là del rispetto formale delle norme di legge, sembra
risultare la perduranza di intrecci d´interesse con i quali le fondazioni
dovrebbero ormai avere sciolti i propri legami. Queste impressioni alimentano
l´idea che l´amministrazione dei grandi patrimoni delle fondazioni serva ad
altro che a fornire le rendite migliori per alimentare le proprie attività
erogative a favore della collettività, attività per le quali anche la struttura
organizzativa e funzionale - la governance, si dice oggi - non è adatta, e che
l´autonomia di cui gli enti gestori godono non sia, in pratica, giustificata
dal loro particolare legame di responsabilità sociale nei confronti delle
comunità di cui essi devono essere la rappresentazione, e sia invece uno
schermo per scelte politico-amministrative e imprenditoriali sottratte alla
responsabilità ora della politica, ora del mercato. (...) La strada per
consolidare la posizione delle fondazioni, riempirla di significato conforme
alla democrazia in senso sociale e sottrarla a quello che è stato definito il
pericolo della loro «autoreferenzialità» non può che essere di stabilire nessi
e collegamenti circolari di affidabilità e ricettività con l´ambiente in cui
esse operano, dove circolino informazioni, si esprimano bisogni, si formulino
progetti e domande, entro un sistema di «libertà sociali» accompagnate a «responsabilità
sociali». I due concetti di libertà e responsabilità sono naturalmente
correlati e la loro correlazione è condizione per poter parlare delle
fondazioni come soggetti appartenenti alle comunità territoriali di riferimento
e per far sì che le prime vengano sempre più percepite come elementi portanti
delle seconde. Non sovrappiù, aggiunte, sovrapposizioni, ma parti integranti,
anzi integratrici. L´autonomia delle fondazioni ha questo primario obbiettivo,
di formazione e tenuta del tessuto sociale. In questa direzione, può concorrere
la pubblicità dei loro progetti, alla cui realizzazione siano chiamati a
concorrere tutti i soggetti interessati, la selezione tra quali sia fatta con
criteri di trasparenza, oggettività e imparzialità, secondo procedure che
assicurino forme di partecipazione cooperativa; il diritto degli interessati
alla motivazione delle decisioni di diniego, utile particolarmente nel caso del
concorso di pluralità di domande d´accesso al medesimo finanziamento; procedure
di rimostranza presso organi di garanzia, dotati di autonomia funzionale, da
attivare in caso di decisioni che si ritengano discriminatorie (...); la
pubblicità preventiva dei progetti di finanziamenti di rilevante importo (...);
l´istituzione di una Autorità indipendente, cioè non governativa
eventualmente, in assenza di iniziativa legislativa in proposito, anche per
determinazione autonoma del sistema stesso delle fondazioni -, garante della
legalità, della trasparenza e della "buona gestione" - nell´interesse
dei soggetti
terzi - delle attività istituzionali delle Fondazioni e della destinazione dei
loro patrimoni. (Questo articolo è un ampio stralcio dell´intervento che
l´autore terrà oggi a Siena al congresso delle Fondazioni di origine bancaria)
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( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
PRIMO PIANO pag.
2 Berlusconi: «Più forti «Grazie ai milioni di italiani che hanno avuto fiducia
in me IL CAVALIERE ROMPE IL SILENZIO: «PREMIATO di ANTONELLA COPPARI ROMA
RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano:
Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo
destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza
verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in
fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla
consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e
soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo
nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista
Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum
mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone
cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la
scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di
supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede
espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto
del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con
Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la
vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee
che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui,
l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota
diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante
calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno
dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni»
facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il
leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema
su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato
del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi
sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul
referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà)
scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere
contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere
cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il
Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il
governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La
stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con
passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare
l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica
dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del
premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più
complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non
insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le
europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi
non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a
loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui
accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl
intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della
Corte costituzionale.
Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i
sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una
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Pubblicato anche in: (Giorno,
Il (Milano)) (Nazione, La (Firenze))
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3 di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'... di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA
all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano: Silvio
Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo
destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza
verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in
fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla
consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e
soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo
nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista Calderoli,
secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum mentre i
leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone cruciali
del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la scheda
referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di supporto a
Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede
espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto
del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con
Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la
vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee
che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui,
l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota
diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante
calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno
dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni»
facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il
leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema
su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato
del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi
sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul
referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà)
scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere
contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere
cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il
Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il
governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La
stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con
passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare
l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica
dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del
premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più
complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non
insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le
europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a
Berlusconi non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno
pensato solo a loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui accelerare sulla giustizia: oggi si vota
la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la
decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da
parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da
assicurare una presenza cospicua in aula.
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del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
CRONACA SIENA
pag. 8 Acri,
anche Tremonti oggi ai «Rinnovati» Economisti e istituzioni a confronto SIENA
CAPITALE per due giorni del mondo delle fondazioni bancarie. Oggi e domani il
Teatro dei Rinnovati ospita infatti il XXI Congresso nazionale delle Fondazioni
di origine bancaria e delle Casse di Risparmio Spa, organizzato dall'Acri.
Numerosi e di alto livello i rappresentanti del mondo economico e finanziario
che si confronteranno sul tema "Identità, radici del futuro". All'apertura,
stamani alle 10.15, atteso anche Giulio Tremonti, ministro dell'Economia; con
lui, fra gli altri, Sandro Molinari, presidente onorario dell'Acri; Claudio
Martini, presidente della Regione oltre il sindaco Maurizio Cenni, Gabriello
Mancini, vicepresidente dell'Acri e presidente della Fondazione Monte dei
Paschi di Siena; Emilio Rui Vilar, presidente dell'Efc - European Foundation
Centre e presidente della Fundação Calouste Gulbenkian; Fabrizio Saccomanni,
direttore generale della Banca d'Italia; Giuseppe Guzzetti, presidente
dell'Acri. Nel pomeriggio, dalle 14.15, la sessione dedicata alle Fondazioni, a
cui partecipano in qualità di relatori: Emmanuele Francesco Maria Emanuele,
vicepresidente dell'Acri e presidente della Fondazione Roma; Carlo Trigilia,
professore ordinario di Sociologia Economica all'Università di Firenze; Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte
Costituzionale; Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti
Spa; Angelo Benessia, presidente della Compagnia di San Paolo; Ilaria Buitoni
Borletti, consigliere e membro del Comitato Esecutivo del Fai; Mario Monti,
presidente della Bocconi; Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo
Settore; Federico Vecchioni, presidente della Confagricoltura; Antonio Miglio,
vicepresidente dell'Acri e presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di
Fossano. Domani invece, dalle 9, la sessione dedicata alle Casse di Risparmio
Spa. I RELATORI saranno Michele Gremigni, vicepresidente dell'Acri e presidente
dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze; Mons. Mariano Crociata, segretario
generale della Cei; Giuseppe Mussari, presidente di Banca Mps; Chris De Noose,
presidente del Comitato di Direzione del Gruppo Europeo e dell'Istituto
Mondiale delle Casse di Risparmio; Giovanni Berneschi, presidente della Banca
Carige Spa e vicepresidente dell'Abi; Alfredo Santini, presidente della Cassa
di Risparmio di Ferrara Spa; Antonio Patuelli, vicepresidente dell'Acri e
presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna Spa; Camillo Venesio, presidente
dell'Assbank; Corrado Faissola, presidente dell'Abi.
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( da "Manifesto, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
CSM Mancino
annuncia nuovi limiti alle pratiche a tutela. Per distinguere gli attacchi
dagli «sfoghi personali» Napolitano sferza le toghe: «Pm, protagonismo dannoso»
ROMA Una seria autocritica per tutelare davvero, con il recupero pieno del prestigio
della magistratura, il valore intangibile dell'indipendenza. Picchia duro sulle toghe (anche se
l'Anm in serata dirà subito che non è stata una reprimenda) il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano che presiede un plenum dedicato ufficialmente al
funzionamento degli uffici e all'organizzazione di quello dei pm anche alla
luce dei maggiori poteri dei capi procura, ma sul quale gravano le tensioni
dello scontro infinito tra politica e magistratura, del «congelamento» delle
pratiche a tutela e dell'annunciata riforma costituzionale cui Berlusconi tiene
parecchio. Già un anno fa, quando al governo c'era ancora la sinistra, era
stato durissimo coi pm troppo «protagonisti». Ieri, sebbene il clima politico
sia tutt'altro e nonostante gli attacchi del presidente del consiglio che parla
di magistrati e giornalisti come «delinquenti», torna sullo stesso punto.
Richiamando «il senso dei limiti e degli equilibri entro i quali ogni
istituzione rappresentativa, potere e organo dello Stato può e deve svolgere il
proprio ruolo». Napolitano premette di avere sempre difeso l'indipendenza della
magistratura e dice che continuerà a farlo. Ma davanti alle tante
«insufficienze» e «tensioni» del pianeta giustizia sono le toghe a dover fare,
nel loro interesse, una seria autocritica. Il capo dello Stato parla di
«specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei
complessivi equilibri istituzionali» da parte della magistratura che «non può
non interrogarsi sulle sue corresponsabilità dinanzi al prodursi e
all'aggravarsi delle insufficienze del sistema giustizia». Presiedendo il Csm
Napolitano suggerisce, dunque, «l'avvio di un'aperta, seria, non timorosa,
riflessione critica da parte della magistratura su se stessa e la sua
conseguente apertura alle necessarie autocorrezioni». E' infatti convinto che
questo «sia il modo migliore per prevenire qualsiasi tentazione di sostanziale
lesione dell'indipendenza della magistratura»". Superare certe tensioni
del resto «non è possibile senza un pacato riconoscimento delle funzioni
ordinatrici e coordinatrici che spettano al capo dell'ufficio». Si deve dunque
stigmatizzare da parte dei pm un comportamento «impropriamente protagonistico o
chiaramente strumentale ad altri fini» che danneggia il ruolo stesso del pubblico
ministero. Il 'numero due' di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino ammette i
«problemi di rapporti collaborativi tra il vertice delle Procure e i più
diretti collaboratori», ma invita a non chiudersi «in una sterile supremazia
verticistica». Si allinea al presidente chiedendo un atteggiamento pronto
sempre al «dialogo costruttivo». E annuncia che in tempi rapidissimi sarà
approvato un regolamento che limiti le pratiche a tutela da discutere al Csm.
Quelle a favore dei giudici del processo Mills, sono sul suo tavolo da mesi.
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( da "Stampa, La" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Segni e Guzzetta
all'attacco "Ora il Cavaliere ha paura" [FIRMA]ANTONELLA RAMPINO ROMA
Non si arrendono i referendari. Anzi, rilanciano in allegria. Un Guzzetta
ridente e un Segni in vena, accompagnati da una maschera di Calderoli che
infila mano nella romanissima Bocca della Verità al grido di «È una porcata!».
Sono gli altri «ad esser terrorizzati», argomenta Guzzetta, «se il referendum
passa in questo Paese ci sarà una rivoluzione pacifica». La porcata, beninteso,
è la legge elettorale così definita dal suo stesso autore, Calderoli, e i
referendari si sono fiondati alla Bocca della Verità non appena si è saputo
l'esito della cena di Arcore, Berlusconi che cede alle richieste di Bossi,
niente campagna elettorale del Pdl per il referendum, soprattutto Silvio non
scenderà personalmente in campo. Quando la notizia arriva, Piero Fassino è in
uno studio televisivo, si rigira il lancio d'agenzia tra le mani, «è chiaro, è
la condizione posta dalla Lega per dare i suoi voti ai ballottaggi». Il Pd
continua ad essere favorevole ai tre quesiti che hanno l'intenzione di
correggere in senso maggioritarista, premiando le liste e non le coalizioni,
l'attuale «porcellum». «Voteremo sì per coerenza, siamo contrari all'attuale
legge», dice Massimo D'Alema, suscitando qualche clamore quando poi aggiunge:
«Proporremo una riforma sul modello tedesco». Ma una porcata, più o meno,
sembra ad Anna Finocchiaro anche lo scambio avvenuto tra Bossi e Berlusconi: «È
una svendita», dice. In realtà, se i referendum passassero è stato calcolato
che il gradimento per il Pdl potrebbe arrivare sino al 60 per cento, e il Pd
finire al lumicino: come consegnare l'Italia a Berlusconi. Ma il Pd sembra
avere fiducia nella politica, nel fatto che sarà capace di offrire una proposta
che sarà apprezzata dagli italiani. Quel che tutti sospettano è che Berlusconi
non farà campagna elettorale (come Bossi aveva già anticipato il 27 maggio
scorso), ma l'elettorato del Pdl a votare ci andrà eccome, non a caso la Lega
dà indicazione ai suoi di non ritirare proprio la scheda. E simmetricamente,
l'elettore del Pd potrebbe invece contraddire la nomenclatura del partito, e
non andare a votare. Mario Segni non è preoccupato. Intanto perché «l'elettore
di An e di Forza Italia è fortemente favorevole al bipartitismo, e si vedrà
quanto quella spinta si tradurrà in voti». Quanto al centrosinistra, «larga
parte del Pd è con noi, non così gli ex popolari e la sinistra radicale».
Soprattutto, «è ormai sfumato il timore che l'esito del
referendum possa regalare l'Italia a Berlusconi. E sa perché? Perché Berlusconi
ha perso le europee, elezioni che aveva impostato come un referendum su se
stesso». Oggi si saprà se il ricorso alla Corte Costituzionale permetterà ai
referendari di avere spazio sui telegiornali della Rai.
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( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Nord-Est sezione:
EST data: 2009-06-10 - pag: 16 autore: Friuli-Venezia Giulia. La Regione
accetta i rilevi della Consulta alla Lr 29/07 «Marilenghe» avanti adagio
Molinaro: «Sul Bur il testo emendato» - Resta il nodo risorse TRIESTE Paolo
Pichierri La discussa legge sul friulano, che prevede, tra l'altro,
l'insegnamento della lingua e della cultura friulana nelle scuole e il suo
utilizzo negli uffici pubblici della regione, sforbiciata
dalla sentenza della Corte costituzionale numero 159 del 2009, «troverà attuazione nel corso del 2010 e
non prima». L'assessore alla Cultura del Friuli-Venezia Giulia, Roberto
Molinaro, non si straccia le vesti per l'impugnazione della Lr 29/07 e fa
sapere che la norma non sarà ritoccata. «Abbastanza presto – rileva
Molinaro – ci sarà la pubblicazione sul Bur della legge emendata ». Nessuna
obiezione dal presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, convinto
friulanista: «La legge così com'è può funzionare». Come noto, la legge 19 fu
approvata dalla maggioranza di centrosinistra guidata da un triestino, Riccardo
Illy, mentre Renzo Tondo, carnico, dichiarò in campagna elettorale di essere
contrario alla riforma. Ora la Giunta di centrodestra vuole evitare passi
falsi. «Ci servono mesi – sottolinea l'assessore – per approntare gli strumenti
regolamentari e programmatori della legge», a cominciare dal piano pluriennale
di politica linguistica. La prudenza è dettata anche da ragioni finanziarie.
Non esiste infatti alcuna stima sul costo della legge, anche se i tagli imposti
ne rendono meno onerosa l'applicazione. Il presidente della Provincia di Udine,
il quale, nel frattempo, ha chiesto invano che alcuni fondi fossero messi a
disposizione del friulano nell'assestamento regionale del bilancio procederà,
comunque, con l'istallazione di nuovi cartelli bilingui. La Consulta ha puntato
il dito sui passaggi in cui la norma regionale confligge con quella statale,
espressa dalla legge 482/99, sulla base di tre principi di fondo:
territorialità, autonomia scolastica e silenzio-rifiuto nell'educazione
scolastica. La legge regionale, secondo la Corte, non poteva prevedere che il
diritto di usare il friulano potesse essere esercitato «a prescindere dal
territorio in cui i relativi uffici sono insediati». La legge nazionale 482
affida infatti alle Province la delimitazione dell'ambito di applicazione delle
norme di tutela delle minoranze linguistiche e richiede una sorta di quorum: la
richiesta del 15% dei cittadini di un Comune o di un terzo dei consiglieri comunali
oppure un referendum. Anche l'autonomia scolastica, sancita dall'articolo 4
della 482, risultava lesa dalla legge regionale, laddove veniva previsto che
«l'insegnamento della lingua friulana è garantito per almeno un'ora alla
settimana per la durata dell'anno scolastico». Per la legge nazionale sono
invece le istituzioni scolastiche «nell'esercizio dell'autonomia organizzativa
e didattica» che «deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori
degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della
lingua». Irricevibile anche il principio del silenzio-assenso. Se in base alla
legge regionale i genitori comunicano all'istituzione scolastica «la propria
volontà di non avvalersi dell'insegnamento della lingua friulana», la norma
statale indica che «al momento della preiscrizione i genitori comunicano
all'istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri
figli dell'insegnamento della lingua di minoranza». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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( da "Stampa, La" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
ELEZIONI A
RISCHIO Domani il Tar discuterà il ricorso Pcl Domani il Tar discuterà nel
merito il ricorso presentato dal Partito comunista dei lavoratori contro
l'esclusione dalle elezioni decisa dall'Ufficio elettorale del tribunale di
Savona. Se il ricorso dovesse essere accolto, le elezioni sarebbero da
ripetere. Come è noto, il Pcl era stato escluso per un difetto formale nella
raccolta delle firme che erano state autenticate dai Comuni senza l'indicazione
della località. La contestazione era dunque la stessa mossa nei confronti del
Pdl che dopo l'iniziale esclusione era stato riammesso dal
Tar che aveva concesso la sospensiva rinviando gli atti alla Corte
Costituzionale. Nel caso del Pcl, invece, il Tar aveva giudicato la richiesta
di sospensiva improcedibile per un difetto di notifica: la mancata esibizione
della ricevuta di ricezione del ricorso notificato alla Provincia. Domani il
Pcl del leader Marco Ferrando spera di poter rimettere tutto in gioco.
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( da "Stampa, La" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Colloquio Zero
Assoluto BRUNELLO VESCOVI "Perché ascoltarci? Abbiamo trent'anni e siamo
maturati" ALESSANDRIA Tutto è pronto per il concerto degli Zero Assoluto
in piazza Libertà: domani, alle 21, saranno ad Alessandria per il concerto di
fine anno scolastico organizzato dal Comune. «Il tour è partito il 2 maggio,
abbiamo già fatto cinque date e la risposta è più che soddisfacente» commenta
Thomas De Gasperi. Un tour che vede il duo, di cui è da poco uscito l'album
«Sotto una pioggia di parole», accompagnato da una band mai così numerosa. «Ci
accompagna il nostro produttore Danilo Pao - prosegue Thomas -, e poi due
chitarre, basso, batteria, tastiere e una corista che fa la parte di Nelly Furtado
nei brani dove abbiamo collaborato». «E' un disco molto suonato - interviene
Matteo Maffucci -: dal vivo era indispensabile una strumentazione che esaltasse
i nuovi pezzi. Prima giocavamo moltissimo con l'elettronica, qui molto con
l'acusticità. Quindi usiamo tutti strumenti veri, e non sintetici». La batteria
ha soprattutto un grande ruolo. Dal primo album sembra che sia passato davvero
molto tempo: «Il nostro genere iniziale era molto più istintivo - sottolinea
Matteo -: ci permetteva di fare musica anche senza conoscerla a fondo. Poi il
tempo passa, uno incontra persone con cui condividere l'emozione della musica.
E si sente crescere professionalmente e umanamente». Gli Zero Assoluto sono
cresciuti, non c'è dubbio, anche se ad ascoltare le canzoni del nuovo cd si
colgono tanti temi affrontati negli altri lavori: «Ma la prospettiva è diversa
- ribadisce Matteo -, più adulta, da trentenni. Noi riusciamo a scrivere solo
cose che ci attraversano, in qualche modo. Sia sul piano personale sia riferite
a chi ci sta intorno». Significativa la metafora che i due musicisti adottano
per indicare che cosa significa per loro un nuovo disco: «E' come un album di
foto che traccia un pezzo della nostra esistenza». Gli Zero Assoluto lavorano
anche ai microfoni di R101: da un anno sono passati nella fascia dalle 19 alle
21. «Per quattro siamio andati in diretta a mezzanotte. Il cambio di orario ci
ha permesso di riappropriarci di una vita privata: prima potevamo giusto
"raggiungere" gli amici in qualche luogo, eravamo "quelli che
arrivavano dopo"». Gli amici, gli amici... nelle canzoni li mettete in
guardia dal matrimonio: vi spaventa così tanto? «"Per non
dimenticare" è una canzone positiva, non un brano contro il matrimonio,
come qualcuno ha voluto interpretarlo» dice Thomas. E Matteo aggiunge: «Vuole
sottolineare la difficoltà che ognuno di noi può incontrare nel prendere
decisioni. Cosa che sul piano dei sentimenti può accadere spesso. E' una
canzone che ci rappresenta molto, anche più di "Svegliarsi alla mattina",
per certi versi». Il nuovo album segna anche qualche svolta per gli Zero
Assoluto: l'apertura alle collaborazioni, il fatto di cantare anche pezzi
scritti da altri. «Con Federico Zampaglione dei Tiro Mancino il pezzo è nato
chiedendoci quanti intorno a noi si sentono normali: ognuno ha le sue
caratteristiche, i suoi vezzi, quegli angoli talora da smussare, che rendono
particolare la persona stessa. A volte pesante, ma anche adorabile - spiega
Matteo -. Con Federico abbiamo scritto il brano, gli abbiamo chiesto di
cantarlo con noi perché è perfettamente nelle sue corde. L'altro brano è con
Saturnino: un'idea partita da lui, poi un lavoro insieme che ha portato a una
riscrittura del pezzo». E c'è anche «Roma», un brano che non vede gli Zero
Assoluto come autori. Thomas racconta che l'autore si chiama Lorenzo, nella vita è magistrato della Corte Costituzionale, e ha scritto
160 canzoni, mai pubblicate. «Si diverte a portarle in giro nei localini più
sfigati che esistono - scherza Matteo -, con un pubblico di grandi
commercialisti, grandi notai. La scrisse quando vinse il concorso da magistrato
e al pensiero di abbandonare Roma gli uscirono queste strofe piene d'amore
per la città. Una cosa proprio in stile cantautorato romano... Noi la cantiamo
da 15 anni, ora abbiamo pensato di inciderla». E domani sera che concerto sarà?
«Ci saranno i nostri singoli, tutti. Vogliamo far cantare la gente per sentirci
meno soli: suoneremo sino all'esaurimento. Una ventina di brani più i bis».
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( da "Messaggero, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Mercoledì
10 Giugno 2009 Chiudi TETTO ALLE SPESE SENTITO IL CSM Ogni anno
una relazione sui costi al Guardasigilli
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( da "Messaggero, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Mercoledì 10
Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO ROMA - «È positivo che venga approvato
questo disegno di legge che tutela la libertà delle comunicazioni e la privacy
dei cittadini e perciò stesso riveste un carattere di assoluta necessità e
urgenza. Questo al di là delle legittime polemiche
politiche delle opposizioni»: il presidente emerito della Corte costituzionale Annibale Marini, esprime
un giudizio estremamente favorevole al contenuto del ddl e del maxi emendamento
presentato ieri dal governo alla Camera. Le opposizioni criticano il governo
per aver posto la fiducia sul ddl. Secondo lei ha fatto bene o male?
«Porre la fiducia è una prassi ormai consolidata alla quale hanno fatto ricorso
i governi passati e recenti più volte quando i provvedimenti da approvare
rivestono carattere di necessità e urgenza. Questo ddl peraltro ha avuto una
lunga gestazione essendo stato dibattuto dentro e fuori del Parlamento.
Temporeggiare ancora sarebbe dannoso per l'interesse generale». Il testo
modifica profondamente norme consolidate, usi e costumi e incide anche sul
diritto di cronaca, non sarebbe stato meglio lasciare spazio anche a
emendamenti delle opposizioni? «Il maxi emendamento su cui viene posta la
fiducia dal governo, a parte alcune modifiche migliorative, riproduce il testo
già approvato in commissione giustizia. Questo testo ora può essere approvato
dalla Camera e successivamente il Senato potrebbe confermare o modificare in
parte anche con il contributo delle opposizioni il ddl. La verifica della bontà
della legge, di ogni legge, si fa sul campo. Nell'applicazione pratica potranno
venire conferme e suggerimenti di correzioni dai magistrati, dai giuristi e dai
giornalisti stessi. Non esistono leggi perfette». Che cosa c'è di buono in
questo ddl secondo lei? «In questa sede non posso fare una analisi punto per
punto. Ma ritengo importante l'affermazione del principio che la libertà delle
comunicazioni e la privacy sono diritti primari garantiti dalla Costituzione e
possono essere intaccati con lo strumento delle intercettazioni soltanto in
casi gravi ed eccezionali. Questo ddl consente alla magistratura di incidere su
queste libertà della persona quando vi sono "evidenti indizi di
colpevolezza", quindi quando le intercettazioni possono aggiungere, completare
un quadro probatorio già delineato. Non sarà più possibile intercettare a
caccia di reati». Non vengono ostacolate, come temono i magistrati, le indagini
per mafia e terrorismo? «Non mi pare. La scelta di un criterio diverso e meno
restrittivo per consentire le intercettazioni nelle indagini per mafia e
terrorismo nè è la prova. Poiché in quel caso è potenzialmente in pericolo la
sicurezza dello Stato e l'interesse generale da tutelare è condizionante per la
libertà di tutti, tale da giustificare una minore tutela dei diritti
individuali. Per cui il giudice consente le intercettazioni con una formula più
ampia, quando vi sono "sufficienti indizi di reato". È giusto anche
il differente limite temporale, fino a 60 giorni per le intercettazioni nelle
indagini per gli stessi reati già elencati nel codice, e 40 giorni con proroghe
motivate di 20 fino al limite del termine delle indagini preliminari per reati
di mafia e terrorismo». Il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia non
limita la stampa? «No, il divieto vale fino a quando i soggetti interessati
sono stati posti a conoscenza dell'ordinanza. Condivido anche il divieto di
pubblicare le intercettazioni fino alla conclusione delle indagini, la scelta
di affidare a un collegio il giudizio sull'opportunità di intercettare, il
divieto di pubblicare nomi e immagini dei magistrati. Così la finiremo col
protagonismo giudiziario condannato ancora ieri dal capo dello Stato. Sarebbe
auspicabile che il Csm intervenisse presso la commissione di vigilanza sulla
radiotelevisione per vietare o limitare i processi in tv anche con la
partecipazione di magistrati».
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( da "Corriere della Sera"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della
Sera sezione: Cronache data: 10/06/2009 - pag: 25 Sanità, la Lombardia blocca
gli ispettori La Regione agli ospedali dopo il caso Niguarda: non fateli
entrare MILANO E ora non li vuole più fare entrare negli ospedali. Già nelle
scorse settimane il presidente Roberto Formigoni non aveva fatto nulla per
nascondere il suo disappunto per i controlli degli ispettori del Tesoro sugli
affari sanitari miliardari della Lombardia: quando è scoppiato il caso Niguarda
con la contestazione da parte dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica di
«appalti irregolari», «nomine illegittime» e «consulenze anormalmente elevate»
nella riqualificazione del più importante ospedale di Milano il governatore
aveva subito deciso di presentare ricorso alla Corte costituzionale
per conflitto di competenze. Non si è fermato qui: negli ultimi giorni i 44
direttori generali degli ospedali lombardi hanno ricevuto l'indicazione di
respingere ulteriori sopralluoghi degli ispettori e di dirottarli
all'Avvocatura regionale. Stop ai controlli. La lettera è firmata dal
segretario generale della Regione, Nicolamaria Sanese, un fedelissimo del
presidente. Sono due pagine in cui il braccio destro di Formigoni spiega ai
vertici ospedalieri come comportarsi davanti a una visita degli uomini del
ministero dell'Economia, guidato da Giulio Tremonti, altro big del Pdl: «Vi
invito, in caso di avvio di analoghe iniziative ministeriali (il riferimento è
al Niguarda, ndr), a mettere in contatto l'ispettore con l'Avvocatura regionale
rinviando l'accesso agli uffici, al fine di consentire l'adozione di ogni
azione utile alla tutela delle attribuzioni costituzionali della Regione
Lombardia», dice il documento. Ispettori del Tesoro, insomma, da mettere
(almeno momentaneamente) alla porta: in attesa di un parere della Consulta,
infatti, «eventuali attività ispettive del ministero sono da considerarsi, a
parere della Regione Lombardia, di dubbia legittimità». Le indicazioni non
valgono in caso di verifiche della polizia giudiziaria o della magistratura.
Contro i controlli del Tesoro vengono chiamati in causa gli articoli 117 (comma
4) e 118 che attribuiscono competenza alle Regioni in materia sanitaria. Ma
perché bloccare le ispezioni se non c'è nulla da nascondere? «Noi accettiamo
ben volentieri i controlli legittimi come quelli della
Corte costituzionale e
della Corte dei Conti, che da anni loda il nostro operato in sanità spiega
Formigoni . Mentre respingiamo gli attacchi politici di funzionari oscuri a 5
giorni dalle elezioni». A dar manforte al governatore della Lombardia, ieri
sera, è Vasco Errani, presidente dell'Emilia Romagna e presidente della
Conferenza delle Regioni: «Senza entrare nel merito della vicenda
Niguarda su cui non sono in grado di esprimermi, l'assetto costituzionale
in materia di ordinamento sanitario, emerso dalla riforma del Titolo V della
Costituzione, dà alle Regioni la competenza nell'organizzazione e nel governo
dei servizi sanitari. Le Regioni già rispondono della regolarità e legittimità
della propria azione». La questione è scottante. Il dossier del ministero
dell'Economia sul Niguarda pone sotto accusa gli appalti legati alla
riqualificazione dell'ospedale, un'operazione da oltre un miliardo di euro che
vede per protagoniste la Nec Spa (considerata vicino a Comunione e Liberazione)
e la Progeni Spa (legata alle cooperative rosse). Ma non solo: nelle 416 pagine
choc viene contestato anche il ruolo svolto da Infrastrutture lombarde Spa, la
holding del Pirellone per lo sviluppo territoriale (alla quale viene addebitata
una consulenza illegittima da 7 milioni di euro). E ora gli uomini dei Servizi
ispettivi di Finanza pubblica sono già al lavoro all'ospedale di Legnano, uno
degli altri sei cantieri gestiti da Infrastrutture lombarde. Il progetto
rientra nel Piano straordinario da 5 miliardi per 5.837 nuovi posti letto in
Lombardia. Oltre a Legnano, i lavori riguardano la costruzione del Sant'Anna di
Como, del nuovo complesso ospedaliero di Vimercate e del «Beato Giovanni XXIII»
di Bergamo, mentre la riqualificazione coinvolge il Niguarda, il San Gerardo di
Monza, il presidio ospedaliero di Busto Arsizio- Saronno-Tradate e quello di
Cittiglio-Luino. Nulla esclude che gli ispettori del Tesoro vogliano mettere il
naso anche qui. Il governatore Il presidente Formigoni, dopo le verifiche sugli
appalti dell'ospedale, ha fatto intervenire la Consulta Stop ispezioni Il
presidente della Regione Roberto Formigoni ha fatto mandare una circolare ai 44
direttori generali degli ospedali lombardi con l'indicazione di «respingere»
gli ispettori ministeriali dirottandoli all'Avvocatura regionale Simona Ravizza
sravizza@corriere.it
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( da "Secolo XIX, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Napolitano sferza
i pm: protagonismo dannoso Al CSM Il Presidente: «La magistratura non può non interrogarsi sulle
sue corresponsabilità dinnanzi alle insufficienze del sistema giustizia» Roma.
È «altamente dannoso per la figura del pubblico ministero qualunque
comportamento impropriamente protagonistico o chiaramente strumentale ad altri
fini». Lo ha detto al Csm Giorgio Napolitano. Che ha aggiunto: «La
magistratura non può non interrogarsi su sue corresponsabilità dinanzi al
prodursi all'aggravarsi delle insufficienze del sistema della giustizia. «Tra i
maggiori motivi di preoccupazione - ha proseguito il Presidente - c'è la crisi
di fiducia insorta nel Paese per il funzionamento gravemente insufficiente
dell'amministrazione della giustizia e per l'incrinarsi dell'immagine e del
prestigio della magistratura». Servizio >> 2 10/06/2009
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( da "Provincia Pavese, La"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Gelmini: «Niente
sei rosso, decidono gli insegnanti» La Corte costituzionale comincia l'esame dei
ricorsi delle Regioni contro i tagli ROMA. Niente "sei rosso" alle
medie, ma una maggiore responsabilizzazione degli insegnanti che decideranno se
ammettere gli alunni con qualche lacuna. A pochi giorni dalla fine delle
lezioni e a ridosso degli esami di terza media, il ministero chiarisce
con una nota come dovranno essere valutati i ragazzi. Con i nuovi provvedimenti
sulla valutazione finale degli studenti della scuola secondaria di primo grado
(ex medie) «si introduce - spiega il ministero - una maggiore
responsabilizzazione del consiglio di classe proprio in fase di scrutinio. In
passato, invece, era prassi assegnare giudizi non sempre comprensibili e
valutazioni che nascondevano anche gravi insufficienze». Il consiglio di
classe, infatti, da quest'anno potrà ammettere all'anno successivo uno studente
che riporti qualche lacuna considerata non grave e recuperabile. Con
insufficienze considerate gravi, invece, si ripeterà l'anno. Negli anni scorsi
è accaduto spesso - fa notare il dicastero di viale Trastevere - che fossero
assegnati giudizi negativi senza informare le famiglie dell'alunno e senza
aprire un confronto con gli altri docenti. Con la vecchia normativa talvolta
gli alunni con gravi carenze venivano ugualmente promossi. Da oggi, invece, il
consiglio di classe deciderà se ammettere o meno l'alunno alla classe
successiva dopo una attenta valutazione del percorso scolastico e delle
capacità dello studente. Con la nuova normativa, «si torna - sostiene il
ministero - a una scuola del rigore, della serietà e della chiarezza. Per
questi motivi non può' essere assegnato nessun "6 rosso" ma deve
essere effettuata dai docenti una attenta valutazione degli studenti». Per dare
indicazioni sulla valutazione degli alunni della scuola media, il ministero ha
diramato una circolare con la quale ha chiarito che, nel caso in cui
l'ammissione alla classe successiva venga deliberata in presenza di carenze di
apprendimento, la scuola invierà una specifica nota alla famiglia dell'alunno.
Poichè nella scuola secondaria di primo grado l'ammissione all'anno successivo
e all'esame di Stato non è soggetta ad alcuna condizione, non può trovare
applicazione la pratica del cosiddetto "6 rosso", usata in passato
nella scuola secondaria di secondo grado per indicare che l'alunno, pur essendo
stato promosso, era tenuto al recupero dei «debiti scolastici», da effettuare
nel successivo anno scolastico. Ciò non esclude tuttavia che le scuole,
nell'ambito della propria autonomia, possano programmare, sin dall'avvio del
successivo anno scolastico, tutti gli interventi didattici per il recupero, nel
caso di alunni per i quali siano emerse carenze formative. Ma in che misura lo
Stato, in fatto di istruzione, può legiferare in via esclusiva mentre le
Regioni in via concorrente? Sarà solo sciogliendo questo nodo che i giudici
della Consulta arriveranno a decidere sulla legittimità dei contestati
"tagli" con cui il ministro Mariastella Gelmini ha previsto, a
partire dall'anno scolastico 2009-2010, il ridimensionamento degli istituti, la
riduzione del 17% del personale amministrativo, l'accorpamento di classi e, tra
l'altro, la chiusura delle scuole nei piccoli centri. La battaglia davanti alla
Corte Costituzionale è cominciata ieri, quando i legali di otto delle dieci
Regioni che hanno presentato ricorso (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio,
Puglia, Campania, Basilicata e Sicilia) hanno espressamente chiesto ai giudici
di fare chiarezza sul sistema delle fonti in ambito scolastico. Se per gli
avvocati tutto si riduce alla richiesta di lumi sull'interpretazione della
riforma del titolo V della Costituzione che nel 2001 ha riscritto
l'articolo 117, è pur vero che a seconda della linea di indirizzo che adotterà
la Consulta dipenderà la bocciatura o la salvezza del decreto Gelmini.
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( da "AltaLex" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Caso Forleo,
ricusazione, procedimento, Consiglio Superiore della Magistratura TAR
Lazio-Roma, sez. I, sentenza 29.04.2009 n° 4454 Commenta | Stampa | Segnala |
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Superiore Magistratura illegittimità - precisazioni L'obbligo di astensione nei
procedimenti amministrativi va verificato con riferimento alle fattispecie
circostanziate e tipizzate dall'art. 51 c.p.c. e deve essere comunque
riferibile ai fatti specifici destinati a formare oggetto del successivo apprezzamento
imparziale. In particolare, l'imparzialità dell'organo deliberante è garantita
dall'applicazione dei criteri desumibili dall'art. 49 t.u. n. 3/1957 e, prima
ancora, dall'art. 51 c.p.c., i quali impongono l'astensione al componente
dell'organo collegiale che versi in situazione di inimicizia personale nei
confronti del destinatario del provvedimento finale o abbia manifestato il suo
parere sull'oggetto di questo al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni
procedimentali. E illegittimo il trasferimento realizzato ai danni della
dott.ssa Clementina Forleo. (Fonte: Altalex Massimario 22/2009) T.A.R. Lazio -
Roma Sezione I Sentenza 29 aprile 2009, n. 4454 ...omissis... FATTO Il
Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta straordinaria pomeridiana
del 22 luglio 2008, ha
deliberato, a maggioranza, il trasferimento d'ufficio, ai sensi dell'art. 2
r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, della dott.ssa Mariaclementina Forleo, giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, per la situazione di
incompatibilità determinatasi a seguito delle dichiarazioni rese dalla stessa
in trasmissioni televisive o alla stampa in ordine all'esistenza di poteri
forti che, anche per il tramite di soggetti istituzionali, avrebbero
interferito sull'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e dei rilievi
mossi ai pubblici ministeri preposti alle indagini per la cosiddetta
"scalata BNL", tesi a manifestare dapprima, allarme per un asserito
"rallentamento delle indagini" e, poi, protesta per un supposto
"insabbiamento in corso". Il ricorso è articolato nei seguenti
motivi: - Vizio del procedimento; violazione e falsa applicazione della
delibera C.S.M. 18/12/1991; eccesso di potere in tutte le sue figure
sintomatiche e in particolare manifesta contraddittorietà e difetto di
motivazione. La procedura di trasferimento ex art. 2 L.G. non potrebbe essere
proseguita qualora, a seguito di trasferimento a domanda ad "altra
sede" o ad "altro ufficio", siano venute meno le ragioni di
incompatibilità. Il Plenum avrebbe potuto sospendere la procedura di
trasferimento in attesa di conoscere l'esito del concorso interno nel quale la
ricorrente aveva presentato domanda per essere trasferita ad altro ufficio del
Tribunale e di sue sezioni distaccate. - Violazione e falsa applicazione
dell'art. 51, co, 1, n. 3 e co. 2, c.p.c. Eccesso di potere in tutte le sue
figure sintomatiche. In particolare, difetto di motivazione, illogicità e
travisamento dei fatti. L'istituto della ricusazione sarebbe univocamente
ritenuto applicabile ai procedimenti amministrativi, mentre la Prima
Commissione, con nota del 28 maggio 2008, ha dichiarato inammissibile, sul
presupposto che l'istituto della ricusazione non sarebbe applicabile ai
procedimenti amministrativi, l'istanza di ricusazione proposta dalla ricorrente
nei confronti della VicePresidente della stessa Commissione. La prof.ssa Vacca
sarebbe venuta meno ai doveri di obiettività, imparzialità e riservatezza che
devono contrassegnare l'attività del C.S.M. nell'ambito di una procedura, come
quella del trasferimento per incompatibilità ambientale, caratterizzata da
estrema rilevanza e delicatezza. - Eccesso di potere in tutte le sue figure
sintomatiche, in particolare falsità della causa, difetto di presupposto,
confusione e perplessità. Sviamento. L'amministrazione avrebbe adottato l'atto
con un intento punitivo nei confronti della ricorrente, le cui idee non erano
in linea con il pensiero di parte di alcuni settori della magistratura
associata. - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche. In
particolare, difetto di istruttoria e carenza di contraddittorio. Violazione
delle norme sul procedimento amministrativo. Contraddittorietà e perplessità
dell'azione amministrativa. Difetto di motivazione. La mera richiesta iniziale
di informazioni si sarebbe trasformata in una sorta di capo di incolpazione. La
formale apertura del procedimento per incompatibilità ambientale risalirebbe
alla seduta del 4 dicembre 2007,
in cui parte rilevante dell'attività istruttoria sarebbe
già stata espletata, senza l'adozione di un atto formale di avvio del
procedimento e senza le dovute garanzie del contraddittorio. Nella proposta di
trasferimento della dott.ssa Forleo, la relazione dissenziente non sarebbe
stata nemmeno citata e gli argomenti difensivi sollevati dalla ricorrente
sarebbero stati frettolosamente liquidati. Sarebbe stato necessario ampliare lo
spettro dei soggetti da ascoltare e valutare in maniera "critica" le
dichiarazioni rese nel procedimento. - Violazione e falsa applicazione art. 2
r.d.lgs. n. 511/1946; violazione e falsa applicazione delle delibere del CSM del 6.12.2006 e del 24.1.2007. Eccesso di potere in
tutte le sue figure sintomatiche e in particolare irragionevolezza, illogicità,
travisamento, contraddittorietà, erroneità di presupposti. L'amministrazione
avrebbe applicato l'art. 2 del r.d.l. 511/1946 ad una fattispecie concreta che
non rientra nella previsione astratta della norma. La disposizione vigente
escluderebbe che una condotta anche solo colposa e, quindi, volontaria del
magistrato possa rientrare nel suo ambito di previsione. D'altra parte,
diversamente opinando, si farebbe rientrare nella fattispecie normativa in
discorso ogni comportamento colpevole del magistrato non sussumibile in
fattispecie disciplinari con l'abnorme conseguenza della privazione per
l'interessato delle garanzie previste per il procedimento disciplinare e della
previsione di un'unica e lesiva sanzione quale quella dell'allontanamento dalla
sede occupata. L'interpretazione offerta dall'amministrazione comporterebbe
sostanzialmente che la modifica legislativa dell'art. 2 r.d.l. 511/1946 non
abbia alcuna portata innovatrice. Dalle motivazioni finali della Prima
Commissione, si ricaverebbe che ha assunto particolare ed
autonoma rilevanza la valutazione del profilo psicologico della ricorrente,
sicché per il CSM,
sovvertendosi la ratio della legge, la situazione di incompatibilità sarebbe
stata determinata dalla personalità, prima ancora che dalla condotta della
ricorrente. In conclusione, il CSM avrebbe violato e falsamente applicato l'art. 2 L.G. nella sua nuova
formulazione, valutando, ai fini dell'incompatibilità ambientale, condotte
volontarie della ricorrente. - Violazione e falsa applicazione art. 2 r.d.lgs.
511/1946; violazione e falsa applicazione delle delibere del CSM
del 6.12.2006 e del 24.1.2007. Eccesso di potere in tutte le sue figure
sintomatiche e in particolare irragionevolezza, illogicità, travisamento,
contraddittorietà, erroneità dei presupposti. L'amministrazione,
nell'applicazione del nuovo art. 2
L.G., dovrebbe verificare l'impossibilità da parte del
magistrato di svolgere le funzioni con indipendenza ed imparzialità; tuttavia,
il CSM, partendo da un presupposto corretto,
limitatamente a tale aspetto, avrebbe compiuto una verifica istruttoria ed un
esame dei fatti improntata ad un diverso parametro, costituito dall'elemento
del prestigio dell'ordine giudiziario, che, dopo la novella legislativa, è
divenuto privo di rilievo. - Eccesso di potere in tutte le sue figure
sintomatiche. In particolare, travisamento dei fatti e manifesta ingiustizia.
Carenza istruttoria. Difetto di motivazione. Contraddittorietà. La Prima
Commissione avrebbe ricostruito ed interpretato in maniera errata i fatti e le
dichiarazioni dei soggetti interessati per giungere alla proposta di
trasferimento. Con un primo atto di motivi aggiunti, la dott.ssa Forleo ha
impugnato la deliberazione, adottata nella seduta del 17 settembre 2008, con
cui il CSM ha disposto il suo trasferimento d'ufficio
al Tribunale di Cremona con funzioni di giudice, nonché la determinazione con
cui il Presidente del Tribunale di Cremona ha dichiarato l'immissione
nell'esercizio delle funzioni ed il rapporto informativo per la IV valutazione
di professionalità, adottato dal Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per
le indagini preliminari. Ha dedotto l'illegittimità di tali atti, in via
derivata, per le medesime ragioni dedotte nel ricorso introduttivo del
giudizio. Con un secondo atto di motivi aggiunti, la ricorrente ha altresì
impugnato, per illegittimità derivata, il decreto ministeriale di trasferimento
al Tribunale di Cremona. L'Avvocatura dello Stato, con ampia ed articolata
memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il
rigetto del ricorso. La dott.ssa Forleo ha depositato altra memoria a sostegno
delle proprie ragioni. All'udienza pubblica dell'8 aprile 2009, la causa è
stata trattenuta per la decisione. DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va di
conseguenza accolto. 2. In
particolare, sono fondate ed assorbenti le censure con cui la ricorrente ha
dedotto la violazione dell'art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946, come modificato
dall'art. 26, co. 1, d.lgs. 109/2006. La norma stabilisce che i magistrati
possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati
ad altre funzioni, previo parere del Consiglio Superiore della Magistratura,
quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede
occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità;
il parere del C.S.M. è vincolante quando si tratti di magistrati giudicanti.
Nella formulazione originaria, invece, la fattispecie veniva in essere quando,
per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, i magistrati non
potevano, nella sede occupata, amministrare giustizia nelle condizioni
richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario. Ne consegue che, laddove prima
della novella del 2006 gli elementi costitutivi della fattispecie del
trasferimento per incompatibilità ambientale - il cui accertamento avviene ovviamente
sulla base di scienze non esatte ed è, quindi, espressione di c.d.
discrezionalità tecnica - erano costituiti da una situazione, ascrivibile o
meno a colpa del magistrato, produttiva di un effetto, l'impossibilità di
amministrare giustizia nella sede alle condizioni richieste dal prestigio
dell'ordine giudiziario, nell'ordinamento attuale la fattispecie può ritenersi
integrata soltanto in presenza di una situazione non attribuibile a colpa del
magistrato, che sia produttiva di un effetto costituito dall'impossibilità di
svolgere nella sede occupata le proprie funzioni con piena indipendenza ed
imparzialità. Nel caso di specie, il Collegio ritiene che il trasferimento
d'ufficio della dott.ssa Forleo ai sensi dell'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 sia
stato deliberato in carenza di entrambi i presupposti di causa ed effetto
previsti dalla norma vigente. La novella legislativa dell'art. 2 r.d.lgs.
511/1946 deve essere inserita nell'ambito della complessiva riforma legislativa
del 2006, operata prima con il d.lgs. 109/2006 - recante la disciplina degli
illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura
per la loro applicabilità, nonché la modifica della disciplina in tema di
incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio - e poi con le
modifiche ad essa apportate dalla L. 269/2006. Una delle ragioni principali
della riforma è riconducibile all'esigenza di tipizzare gli illeciti
disciplinari, atteso che la previgente disciplina era basata sulla c.d.
atipicità dell'illecito disciplinare, non indicando quali potessero essere i
fatti costituenti infrazione ai doveri deontologici, per cui l'individuazione
delle ipotesi di illecito disciplinare spettava in concreto alla Sezione
disciplinare del CSM. L'art. 2 del d.lgs. 109/2006 ha
ora tipizzato gli illeciti disciplinari che i magistrati possono compiere
nell'esercizio delle funzioni. Il successivo art. 13 ha previsto che la sezione
disciplinare del C.S.M., nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento
e dalla rimozione, può disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o
ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa
sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento
dell'amministrazione della giustizia, mentre il trasferimento è sempre disposto
quando ricorre una delle violazioni previste dall'art. 2, co. 1, lett. a),
nonché nel caso in cui è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni;
il secondo comma dell'art. 13 prevede inoltre che, nei casi di procedimento
disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento,
su richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la
Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione
disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, la Sezione disciplinare
del C.S.M., in via cautelare e provvisoria, può disporre il trasferimento ad
altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato. Il
quadro normativo in materia di trasferimento d'ufficio del magistrato è
completato dall'art. 22 del d.lgs. 109/2006, secondo cui, quando il magistrato
è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in
via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere
ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro
gravità, siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della
Giustizia o il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione possono
chiedere alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura
la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento
fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell'inizio del
procedimento disciplinare; nei casi di minore gravità, il Ministro della
Giustizia o il Procuratore Generale possono chiedere alla sezione disciplinare
il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto
limitrofo. L'art. 24 del decreto stabilisce infine che l'incolpato, il Ministro
della Giustizia ed il Procuratore generale presso la Corte di cassazione
possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli
artt. 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del C.S.M.,
ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di
procedura penale; la Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro
sei mesi dalla data di proposizione del ricorso. In definitiva, rilevato che il
principio dell'inamovibilità del magistrato è sancito dall'art. 107 Cost., il
trasferimento d'ufficio del magistrato può avvenire nei seguenti casi: a) la
Sezione disciplinare del C.S.M. deve disporre il trasferimento quale sanzione
accessoria di una sanzione disciplinare diversa dall'ammonimento e dalla rimozione
ove ricorra una delle violazioni di cui all'art. 2, co. 1, lett. a) e nel caso
in cui è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni (art. 13, co. 1,
d.lgs. 109/2006); b) la Sezione disciplinare del C.S.M. può disporre il
trasferimento quale sanzione accessoria di una sanzione disciplinare diversa
dall'ammonimento e dalla rimozione se la permanenza nella stessa sede o nello
stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento della giustizia (art.
13, co. 1, d.lgs. 109/2006); c) la Sezione disciplinare del C.S.M. può
disporre, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la
destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato nei casi di
procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento,
su richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la
Corte di Cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione
disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza (art. 13, co. 2, d.lgs.
109/2006); d) la Sezione disciplinare del C.S.M. può disporre il trasferimento
provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo, su
richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la
Corte di Cassazione, quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale
per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva
o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto un profilo
disciplinare, nei casi di minore gravità (art. 22 d.lgs. 109/2006); e) il
Ministro della Giustizia, su parere del C.S.M. (vincolante quando si tratta di
magistrati giudicanti), può disporre il trasferimento ad altra sede o la
destinazione ad altre funzioni quando i magistrati si trovino in una delle
situazioni di incompatibilità previste dagli artt. 16 (incompatibilità di
funzioni), 18 (incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con
esercenti la professione forense) e 19 (incompatibilità di sede per rapporti di
parentela o affinità con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria
della stessa sede) dell'ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30 gennaio
1941, n. 12 (art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946); f) il Ministro della Giustizia,
su parere del C.S.M. (vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti),
può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni
quando i magistrati, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa, non
possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza
e imparzialità (art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946). La giurisdizione, per quanto
attiene alle ipotesi di trasferimento in esito a procedimento disciplinare di
cui alle lett. a) e b), appartiene alla Corte di Cassazione a sezioni unite ai
sensi dell'art. 24 d.lgs. 109/2006, per quanto attiene alle ipotesi di
trasferimento in via provvisoria di cui alle lett. c) e d), appartiene ancora
alla Corte di Cassazione a sezioni unite (ferma restando la giurisdizione
amministrativa sulle controversie afferenti ai provvedimenti di individuazione
della sede presso cui trasferire il magistrato) in ragione del disposto di
carattere generale di cui all'art. 17, co. 3, L. 195/1958, mentre sussiste la
giurisdizione amministrativa in relazione alle ipotesi di trasferimento in
esito a procedimento amministrativo di cui alle lett. e) ed f). Così delineata
la normativa di riferimento in materia di trasferimento d'ufficio, il Collegio
rileva che la fattispecie di trasferimento per incompatibilità ambientale ai
sensi dell'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 è un'ipotesi residuale rispetto a quella
configurata come accessoria alla sanzione disciplinare e, nel nuovo
ordinamento, si caratterizza per una minore estensione sia in quanto
l'incompatibilità può discendere solo da una causa non imputabile al magistrato
nemmeno a titolo di colpa, laddove nella precedente disciplina normativa la
fattispecie poteva originare anche da colpa del magistrato, sia perché
l'interesse tutelato è ora costituito dall'indipendenza e dall'imparzialità
nello svolgimento delle funzioni, mentre prima era costituito dal prestigio
dell'ordine giudiziario. 2.1. Nel nuovo sistema, il legislatore ha stabilito e
tassativamente indicato talune ipotesi, evidentemente connotate dall'elemento
psicologico del dolo o della colpa, che costituiscono illecito disciplinare ed
in relazione alle quali il trasferimento d'ufficio costituisce (se sussiste una
delle violazioni di cui all'art. 2, co. 1, lett. a), d.lgs. 109/2006 o se è
stata inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni) o può costituire
(se sussista una delle altre violazioni) sanzione accessoria, mentre una
qualunque altra situazione attribuibile a colpa del magistrato non può
costituire, a differenza che nel previgente sistema, il presupposto per
integrare la fattispecie di trasferimento per incompatibilità ambientale di cui
all'art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946. In altri termini, una fattispecie colposa
o costituisce un illecito disciplinare e, in esito al relativo procedimento,
può comportare il trasferimento d'ufficio del magistrato ai sensi dell'art. 13
d.lgs. 109/2006 oppure non costituisce illecito disciplinare, non avendogli
attribuito l'ordinamento un disvalore deontologicamente rilevante, e non può
avere come conseguenza il trasferimento d'ufficio del magistrato attraverso
l'applicazione dell'art. 2 della Legge Guarentigie, conseguenza invece
possibile sulla base della precedente formulazione della norma. La causa del
trasferimento per incompatibilità ambientale previsto dall'art. 2 r.d.lgs.
511/1946, dovendo consistere necessariamente in un fatto indipendente da colpa
del magistrato, può peraltro concretarsi anche in una condotta volontaria dello
stesso, sempre però che la condotta non sia imputabile a titolo di colpa. Nella
fattispecie in esame, la situazione che, secondo la valutazione del C.S.M., ha
determinato l'incompatibilità ambientale è indubbiamente attribuibile ad un
comportamento volontario della dott.ssa Forleo ed i riferimenti contenuti nella
delibera impugnata sono tali da far ritenere che i fatti siano stati addebitati
all'interessata a titolo colposo. A tal fine, sarebbe già sufficiente
considerare che il trasferimento d'ufficio della dott.ssa Forleo è stato
deliberato "per la situazione di incompatibilità determinatasi a seguito
delle dichiarazioni rese dalla stessa in trasmissioni televisive o alla stampa
in ordine all'esistenza di poteri forti che, anche per il tramite di soggetti
istituzionali, avrebbero interferito sull'esercizio delle sue funzioni
giurisdizionali e dei rilievi mossi ai pubblici ministeri preposti alle
indagini per la cosiddetta "scalata BNL", tesi a manifestare
dapprima, allarme per un asserito "rallentamento delle indagini" e,
poi, protesta per un supposto "insabbiamento in corso". Nella proposta
di trasferimento d'ufficio, in relazione alle "dichiarazioni rese in
trasmissioni televisive o alla stampa concernenti l'esistenza di poteri forti
che, anche per il tramite di soggetti istituzionali, avrebbero interferito (o
tentato di interferire) sull'esercizio delle funzioni giurisdizionali della
stessa", è inoltre indicato che "l'interpretazione di tali vicende da
parte della dott.ssa Forleo e - ciò che qui interessa - le dichiarazioni
pubbliche da lei rese al riguardo sono tuttavia, all'evidenza, gravemente
sproporzionate rispetto ai fatti emersi così da procurare un allarme nei
colleghi e un discredito della magistratura milanese obiettivamente infondati.
In sostanza, a fronte della comune e diffusa percezione, creatasi dopo
pubbliche denunce rilasciate soprattutto durante due puntate della trasmissione
televisiva "Annozero", che la dott.ssa Forleo subisse delle pressioni
o delle intimidazioni personali a causa dei procedimenti giudiziari da lei
gestiti, peraltro con la funzione incidentale di giudice per le indagini preliminari,
riguardanti la vicenda UNIPOL non sono state accertate, ammettendo anche il
reale accadimento dei fatti nella versione fornita dal magistrato, circostanze
tali da giustificare una pubblica denuncia così come effettuata dalla dott.ssa
Forleo. Altrettanto è a dirsi per i rilievi mossi dalla dott.sa Forleo ai
pubblici ministeri preposti alle indagini relative alla cosiddetta
"scalata BNL" ... Si tratta di rilievi che dimostrano un rapporto con
l'ufficio di Procura caratterizzato da eccessiva disinvoltura e contrario ai
più comuni canoni deontologici nonché potenzialmente indicativo di un
pregiudizio accusatorio all'evidenza incompatibile con l'imparzialità richiesta
al giudice nell'esercizio delle sue funzioni". La proposta di
trasferimento d'ufficio ha in definitiva messo in rilievo che "gli
atteggiamenti descritti evidenziano, nella dott.ssa Forleo una notevole
propensione a condotte vittimistiche e una marcata carenza di equilibrio,
nonché una personalizzazione delle vicende processuali a lei affidate - soprattutto
quelle aventi forte carattere mediatico - tali da determinare contrasti,
conflitti e sospetti nei confronti dei magistrati di uffici con lei in contatto
anche nella sede giudiziaria milanese" ed ha soggiunto che "questa
abnorme personalizzazione insieme alla già segnalata carenza di equilibrio è
confermata anche da altre vicende risultanti dagli atti (quali i rapporti
conflittuali o comunque difficili all'interno dell'ufficio e con il personale
amministrativo e la vicenda processuale relativa al procedimento contro
Bentiwaa Farida che ha, infine, condotto alla ricusazione della dott.ssa Forleo
da parte del procuratore Aggiunto di Milano, dottor Spataro, accolta dalla
Corte di appello di Milano)". Sulla base di tali elementi, è evidente come
la causa che avrebbe determinato l'impossibilità di svolgere, nella sede
occupata, le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità sia stata
ritenuta dipendente da colpa del magistrato. Infatti, la ragione essenziale a
base del provvedimento è costituita dall'individuazione di determinate
caratteristiche del magistrato interessato, quali "una notevole
propensione a condotte vittimistiche" e "una marcata carenza di
equilibrio", nonché "una personalizzazione delle vicende processuali
a lei affidate", soprattutto quelle aventi forte carattere mediatico. Tali
caratteristiche sono state senz'altro attribuite alla dott.ssa Forleo a titolo
di colpa in quanto, nella complessiva formulazione della proposta approvata dal
Plenum, appaiono riferirsi ad una condotta del magistrato caratterizzata da
negligenza ed imprudenza, tanto che nella stessa proposta di trasferimento il
rapporto con l'ufficio di Procura è espressamente rappresentato come contrario
ai più comuni canoni deontologici. Diversamente, come emerge anche dalla
discussione in sede plenaria, nell'art. 2 in discorso rientrano "tutte quelle
condotte che non sono deontologicamente riprovevoli" (intervento del Cons.
Fresa, pag. 71) e quella in esame "è una procedura incolpevole, e cioè che
prescinde da una valutazione negativa dei comportamenti contestati al
magistrato" (intervento del Cons. Riviezzo, pag. 77). Il Collegio,
pertanto, rileva che, nel caso di specie, la causa per la quale il C.S.M. ha
ritenuto sussistere la situazione di incompatibilità ambientale è dipendente da
colpa del magistrato, per cui il provvedimento adottato si pone già per tale
ragione al di fuori del parametro normativo e risulta quindi adottato in
violazione del principio di legalità e di tipicità degli atti amministrativi.
Né, la circostanza che i fatti in questione non possano essere perseguiti in
via disciplinare in quanto non costituiscono una delle fattispecie tipizzate
dall'art. 2 d.lgs. 109/2006 può condurre a ritenere che siano idonei a fungere
da presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 2 r.d.lgs.
511/1946. Infatti - rilevato che "il rilasciare dichiarazioni ed
interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura" costituiva
la fattispecie di illecito disciplinare prevista dalla lett. bb) dell'art. 2
d.lgs. 109/2006, poi abrogata dall'art. 1, co. 3, lett. b), n. 4, L. 269/2006 - non è
sufficiente per l'applicazione della norma de qua che la situazione non sia
prevista come disciplinarmente rilevante, essendo necessario, come detto, che
il fatto generatore dell'incompatibilità non sia dipeso da colpa del
magistrato. In altri termini, la norma pone chiaramente in evidenza che la
causa deve essere indipendente da colpa del magistrato, per cui la fattispecie
astratta copre solo e soltanto tali tipologie di situazioni, mentre non afferma
affatto, il che pur sarebbe stato possibile nell'esercizio della potestà
legislativa discrezionale, che la causa, a prescindere dalla sua imputabilità
al magistrato a titolo di colpa, può rinvenirsi in qualunque fatto che, non essendo
disciplinarmente rilevante, non possa dare luogo all'avvio del relativo
procedimento. Di talché, se è possibile ritenere che il trasferimento d'ufficio
ex art. 2 r.d.lgs. 511/1946 possa essere determinato, oltre che da situazioni
che obiettivamente prescindono dalla volontà del magistrato, anche da condotte
volontarie dello stesso, è però essenziale per l'integrazione della fattispecie
che queste ultime non siano imputabili a titolo di colpa all'interessato.
L'eventuale sussistenza di condotte imputabili a colpa del magistrato che non
siano previste come illecito disciplinare, in sostanza, se può dare conto di
una sorta di incompletezza del sistema non può certo comportare un ampliamento
dell'ambito di applicazione della norma sul trasferimento d'ufficio oltre i
chiarissimi elementi letterali in essa contenuti. D'altra parte, l'art. 2, co.
6, lett. n), della legge delega n. 150/2006 ha espressamente stabilito che il
trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni possono essere
disposti con procedimento amministrativo dal C.S.M. solo per una causa
incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella
sede occupata, con piena indipendenza ed imparzialità. Pertanto, già il
legislatore delegante aveva previsto, senza possibilità di dubbio, che la causa
a base del trasferimento d'ufficio a seguito di procedimento amministrativo
dovesse essere incolpevole. 2.2. Il Collegio ritiene che non sussista nemmeno
l'altro presupposto della fattispecie, vale a dire l'impossibilità per il
magistrato di svolgere, nella sede occupata, le proprie funzioni con piena
indipendenza ed imparzialità, per cui anche la relativa censura si rivela
fondata. Il complesso degli elementi a base del provvedimento adottato,
infatti, non fornisce un'esauriente spiegazione sulla plausibilità del
verificarsi di un tale effetto. I rilievi contestati alla dott.ssa Forleo,
secondo il C.S.M., "dimostrano un rapporto con l'ufficio di Procura
caratterizzato da eccessiva disinvoltura e contrario ai più comuni canoni
deontologici nonché potenzialmente indicativo di un pregiudizio accusatorio
all'evidenza incompatibile con l'imparzialità richiesta al giudice
nell'esercizio delle sue funzioni". Purtuttavia, tale conclusione non
appare coerente con le premesse, in quanto non sono comprensibili le ragioni
per le quali - dalle dichiarazioni rese in trasmissioni televisive o alla
stampa concernenti l'esistenza di poteri forti che, anche per il tramite di
soggetti istituzionali, avrebbero interferito (o tentato di interferire)
sull'esercizio delle funzioni giurisdizionali del magistrato, ovvero dai
rilievi mossi ai pubblici ministeri preposti alle indagini relative alla
cosiddetta "scalata BNL" - dovrebbe evincersi l'impossibilità di
svolgere le funzioni magistratuali con indipendenza ed imparzialità nella sede
di Milano. Diversamente, atteso che nella proposta di trasferimento approvata
dal Plenum, è stato precisato che "l'interpretazione di tali vicende da
parte della dott.ssa Forleo e - ciò che qui interessa - le dichiarazioni
pubbliche da lei rese al riguardo sono tuttavia, all'evidenza, gravemente
sproporzionate rispetto ai fatti emersi così da procurare un allarme nei
colleghi e un discredito anche della magistratura milanese obiettivamente
infondati" e che gli atteggiamenti della dott.ssa Forleo sono "tali
da determinare contrasti, conflitti e sospetti nei confronti dei magistrati di
uffici con lei in contatto anche nella sede giudiziaria milanese", sembra
che nella valutazione dei presupposti sia stata data rilevanza alla possibilità
di amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine
giudiziario, interesse tutelato nella precedente formulazione della norma,
piuttosto che alla possibilità di svolgere le funzioni con piena indipendenza
ed imparzialità, interesse tutelato nella vigente formulazione della norma. Ne
consegue che, anche con riferimento a tale aspetto, in assenza di una
plausibile ragione per la quale i fatti indicati nel provvedimento in esame
possano far ritenere pregiudicata, nella sede occupata, la possibilità di
svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità, risulta
violato il principio di legalità e di tipicità degli atti amministrativi, in
quanto l'amministrazione ha applicato l'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 in carenza
degli elementi costitutivi della relativa fattispecie. 3. La fondatezza delle
censure esaminate dimostra l'illegittimità dell'azione amministrativa, avendo
il C.S.M. applicato l'art. 2 r.d.l. 511/1946 ad una fattispecie concreta che
non rientra nella previsione astratta della norma, ed è già di per sè idonea a
determinare, assorbite le ulteriori censure, la fondatezza del ricorso ed il
suo conseguente accoglimento. 4.
In ordine allo svolgimento dell'iter procedimentale che
ha condotto all'adozione del provvedimento impugnato, occorre peraltro
rilevare, in accoglimento del relativo motivo d'impugnativa, la specifica
illegittimità della nota del 28 maggio 2008, con cui la Prima Commissione del
C.S.M. ha dichiarato inammissibile l'istanza proposta dal dott. Laudi
nell'interesse della dott.ssa Forleo, nella quale si sollecita l'astensione (e,
se del caso, la ricusazione) della Prof.ssa Letizia Vacca per effetto di quanto
previsto dall'art. 51, co. 1, n. 3 ("il giudice ha l'obbligo di astenersi
... se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti
di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori" ), e
co. 2 ("In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza,
il giudice può richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad
astenersi"), del codice di procedura civile. La Commissione, tra l'altro,
ha osservato che, con riferimento all'istanza di ricusazione, tale istituto non
è applicabile ai procedimenti amministrativi, in assenza di una normativa che
ne disciplini i casi ed il procedimento non è in ogni caso applicabile ove non
ricorrano le situazioni tassativamente previste dall'art. 51, co. 1, n. 3 e 2
c.p.c.. Il Collegio, in proposito, rileva che l'obbligo di astensione nei
procedimenti amministrativi va verificato con riferimento alle fattispecie
circostanziate e tipizzate dall'art. 51 c.p.c. e deve essere comunque
riferibile ai fatti specifici destinati a formare oggetto del successivo
apprezzamento imparziale (Cons. Stato, IV, 3 marzo 2006 n. 1035). In
particolare, l'imparzialità dell'organo deliberante è garantita
dall'applicazione dei criteri desumibili dall'art. 49 t.u. n. 3/1957 e, prima
ancora, dall'art. 51 c.p.c., i quali impongono l'astensione al componente
dell'organo collegiale che versi in situazione di inimicizia personale nei
confronti del destinatario del provvedimento finale o abbia manifestato il suo
parere sull'oggetto di questo al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni
procedimentali (Cons. Stato, IV, 7 marzo 2005, n. 867). Ne consegue che
l'istanza di astensione/ricusazione non poteva essere legittimamente dichiarata
inammissibile, tanto più che gli apprezzamenti diffusi a mezzo stampa sul
magistrato interessato nel corso del procedimento sono stati resi dal
Vicepresidente della Prima Commissione, la Commissione che, in quanto
competente sulle procedure di trasferimento ai sensi dell'art. 2 r.d.lgs.
511/1946, ha formulato la proposta di trasferimento della dott.ssa Forleo, per
cui appare arduo ipotizzare che l'inosservanza dell'eventuale obbligo di
astensione da parte del componente del Consiglio non abbia potuto produrre
un'alterazione del procedimento, traducendosi in un vizio di legittimità del
provvedimento finale. 5. La fondatezza del ricorso introduttivo del giudizio determina,
in via derivata, la fondatezza anche dei due atti di motivi aggiunti depositati
dalla ricorrente e, per l'effetto, l'annullamento degli atti impugnati. 6.
Sussistono giuste ragioni, considerate la complessità e la peculiarità della
fattispecie, per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le
parti. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Prima Sezione
di Roma, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto annulla gli atti
impugnati. Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
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( da "Tempi" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
In Turchia è
guerra per bande Divampa il conflitto a colpi di manette, processi e trame
segrete tra gli ultralaici e l'islamico Erdogan. Neanche l'inviolabile storia
della repubblica ne uscirà indenne di Marta Ottaviani Instanbul A questo in
Turchia non avrebbe mai pensato nessuno. Eppure la telenovela dello scontro fra
il premier islamico-moderato Recep Tayyip Erdogan e il vecchio establishment
kemalista ha toccato il nervo più scoperto. E tutto si potrà dire, ma non che a
Erdogan sia mancato il coraggio o che non abbia sparato alto. Qualche giorno fa
il capo dell'esecutivo della Mezzaluna si trovava a Duzce, cittadina a pochi
chilometri dalla costa occidentale del Mar Nero, e durante un discorso pubblico
ha ammesso nessun capo di governo lo aveva mai fatto nella storia della
repubblica turca che nel passato del paese sono state compiute ai danni della
popolazione pratiche illegali e antidemocratiche, atti che Erdogan non ha
esitato a definire "fascisti". Si riferiva in particolare al pogrom
del settembre 1955, quando migliaia di greci di Costantinopoli furono costretti
ad abbandonare Istanbul (soprattutto il quartiere di Beyoglu) cacciati in buona
dose dalle loro proprietà da una folla di ultranazionalisti, che fecero
comunque in tempo a uccidere 17 persone e a razziare tutto quello che trovavano
sulla loro strada. Un episodio di pulizia etnica in piena regola per il quale
sei anni più tardi il primo ministro Adnan Menderes sarà condannato a morte in
seguito al primo golpe militare del 1960, per poi venire riabilitato negli anni
Novanta. Un ricordo, quello del 1955, rimasto impresso nella memoria di molti
turchi, anche perché all'epoca in Turchia la comunità greca era la minoranza
religiosa più consistente (quella armena era scomparsa quasi interamente nel 1915).
«In questo paese ha detto Erdogan per anni identità diverse da quella turca
sono state mandate via dal paese. E questo è stato fatto nella consapevolezza
generale, con un approccio fascista. Per molti anni si sono verificati fatti
negativi per le minoranze etniche che vivevano qui. Ci furono operazioni di
pulizia etnica per via della loro identità diversa. È arrivato il momento di
capire come mai quei fatti sono avvenuti e che cosa abbiamo imparato da questi.
Si è trattato del risultato di una concezione fascista. Siamo caduti anche noi
in questo grosso errore». Insomma il primo ministro ha ammesso pubblicamente
quello che in Turchia nessuno oserebbe dire nemmeno per scherzo, pena un
processo per insulto all'establishment militare e alla magistratura (e appena
dieci anni fa si rischiava di subire conseguenze anche più serie). Un gesto che
nel paese non è passato inosservato. Il quotidiano Vatan, di orientamento
liberale, non ha esitato a parlare di «discorso storico» da parte del capo del
governo. Associazioni di legali vicine all'Akp, il Partito per la giustizia e
lo sviluppo che detiene la maggioranza in Parlamento, hanno reso noto che
Erdogan con questa dichiarazione ha dimostrato come gli sforzi del governo
siano volti a rimuovere gli ostacoli rimasti sulla strada verso la democrazia
del paese. Naturalmente non sono mancate le critiche, anche feroci, provenienti
soprattutto dall'opposizione laica. Il Chp, il Partito repubblicano del popolo,
ha accusato il primo ministro di aver voluto calcare la mano, perché tacciare
la storia turca di fascismo sarebbe "fuorviante". L'Mhp, il Partito
per il movimento nazionale a cui fanno riferimento anche i Lupi grigi e che in
passato ha appoggiato la legge di Erdogan sul velo nelle università, poi bocciata dalla Corte costituzionale, ha dichiarato che il premier con la sua ammissione ha scritto
«la pagina più nera» da quando è salito al potere. Se il leader voleva far
parlare di sé ha raggiunto il suo scopo. Forse, però, l'unico che ha inquadrato
il discorso nel modo giuto è stato Cengiz Aktar, editorialista molto noto in
Turchia, che pur prendendo atto della portata dell'outing di Erdogan ha
fatto notare che le leggi a tutela delle minoranze (poche e troppo blande per
un paese che aspira a entrare nell'Unione Europea) non vengono applicate
nemmeno nella Turchia odierna, governata dall'Akp. Il che può volere dire due
cose. La prima è che Erdogan predica bene ma razzola, se non come le persone
che ha accusato, certo non nel migliore dei modi. La seconda è che l'outing del
premier potrebbe essere assimilato a uno sfogo, all'ultimo modo che il primo
ministro ha per dare una spallata a chi, probabilmente, non lo lascia lavorare
come lui vorrebbe e come l'Europa si aspetta. Tutto cominciò con la legge sul
velo Difficile dire dove stia la verità e certamente, visto il comportamento
del premier in diverse occasioni, chi lo accusa di spendere solo belle parole
potrebbe non avere tutti i torti. Ma, a osservarlo bene, il gesto di Erdogan
appare più come il massimo grado di una contrapposizione con una parte di
Turchia, quella che si usa designare ultralaica, che va avanti ormai dal 2007,
anno in cui l'Akp ha stravinto le elezioni politiche, conquistando il 46,6 per
cento dei consensi. Ad accendere la contesa sicuramente sono stati il premier e
la sua formazione politica, proponendo come primo provvedimento una legge che
andava a toccare uno degli argomenti più spinosi per la componente laica dello
Stato, ossia la liberalizzazione del velo nelle università. La norma fu
approvata nel febbraio dell'anno scorso e rigettata dalla Corte costituzionale dopo pochi mesi perché ritenuta contraria ai
princìpi laici su cui poggia lo Stato fondato da Mustafa Kemal Atatürk.
Contemporaneamente la Yargitay, la Procura generale della Repubblica, aveva messo
l'Akp sotto accusa per attività antilaiche e volte a distruggere l'unità
nazionale, chiedendo l'allontanamento per cinque anni dalla vita politica del
premier Erdogan, del presidente della Repubblica Abdullah Gül, e di altri 59
dirigenti. Praticamente un azzeramento di una bella fetta della classe
politica. Gli ultralaici si aspettavano che i magistrati della Suprema corte ripetessero la decisione presa già altre 25 volte
nella storia del paese, e cioè che sopprimessero l'Akp, partito votato da 17
milioni di persone. Invece Erdogan si è salvato, ancorché per un voto solo. Ma
da quel momento è iniziato per lui un calvario di altro tipo, dal quale il
premier sicuramente non uscirà illeso. Con l'assoluzione di Erdogan e dei suoi
è iniziata contro di loro una guerra sotterranea, alla quale l'esecutivo ha
risposto con l'inchiesta contro Ergenekon, l'organizzazione segreta che fa capo
al "Derin Devlet", lo Stato profondo, che annovera fra le sue schiere
estremisti laici e islamici, elementi deviati dei militari e dei servizi
segreti, politici corrotti ed elementi della mafia locale. Ergenekon è accusata
di terrorismo, tentata strage, colpo di Stato, nonché di aver tramato in ogni
modo per abbattere il governo Erdogan. Le ondate di arresti vanno avanti da
mesi, e nel paese si fa sempre più largo l'ipotesi che il premier stia usando
un'operazione così importante per il futuro della Turchia anche per mandare in
disgrazia, tramite l'arresto, persone in realtà estranee ai fatti, in primis
militari, magistrati, politici, soprattutto curdi, e intellettuali. Le retate,
infatti, sono sempre composte di decine di persone. Una buona metà viene
rilasciata il giorno dopo. A nutrire dubbi sulle modalità di questi arresti
sono ormai anche alcuni membri dello stesso esecutivo, come il ministro della
Cultura Ertugul Gunay. C'è pure lo scandalo internazionale Ma se Erdogan
pensava che questo bastasse a pareggiare i conti si sbagliava di grosso. A
settembre 2008, proprio quando, finalmente libero dalla sentenza della Corte costituzionale, poteva dare il via alle riforme, per il
premier è arrivata un'altra brutta sorpresa: il suo braccio destro Mehmet
Dergin Firat è rimasto coinvolto in una frode internazionale legata
all'associazione benefica "Deniz Feneri" (Faro del mare), che raccoglieva
soldi dai turchi residenti all'estero, soprattutto in Germania, ma che anziché
darli in beneficenza, li riservava ad altri fini. Quali fossero questi fini
ancora non è stato chiarito, ma fra le ipotesi del quotidiano Radikal c'è anche
il finanziamento di Hamas. Di certo sette milioni di euro sono finiti nelle
mani di un alto dirigente dell'Akp, identificato appunto in Firat. Il processo
tedesco si è concluso con una condanna a cinque anni di carcere per i
responsabili dell'associazione. Adesso, però, i fascicoli sono a disposizione
della magistratura turca, che li ha fatti tradurre e li esaminerà presto. E
intanto l'Akp ha già subìto gli effetti di questo scandalo: ha perso otto punti
alle elezioni amministrative di marzo, batosta che ha costretto Erdogan a un
rimpasto di governo che gli ha procurato più critiche che consensi. I lavori
per la nuova Costituzione, inoltre, procedono a rilento. Poi ci sono i
difficili rapporti con l'esercito, storicamente considerato il garante della
laicità kemalista della Turchia. Il generale Ilker Basbug, capo di Stato
maggiore, in febbraio ha pensato bene di fare visita al capo del governo e al
presidente della Repubblica, per far sapere loro che cosa pensasse dell'affare
Ergenekon. Il risultato? Da allora il premier incontra Basbug ogni giovedì. In
questa escalation di cannonate, Erdogan aveva bisogno di caricare un pezzo da
novanta: l'atteggiamento nei confronti delle minoranze etniche e religiose. Che
forse è anche l'ultima carta che gli resta da giocare.
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( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Circondario Sud1)) (Mattino, Il (Caserta)) (Mattino, Il (Salerno))
(Mattino, Il (Circondario Sud2))
Argomenti: Giustizia
«Ritengo
importante l'affermazione del principio che la libertà delle comunicazioni e la
privacy sono diritti primari garantiti dalla Costituzione e possono essere
intaccati con le intercettazioni solo in casi gravi ed eccezionali». Il presidente emerito della Corte costituzionale, Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al
ddl del governo sulle intercettazioni. «È positivo che venga approvato questo
ddl che tutela la libertà delle comunicazioni e la privacy dei cittadini e
perciò riveste carattere di assoluta necessità e urgenza». A PAGINA 3
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( da "Giornale.it, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
n. 139 del
2009-06-10 pagina 0 Processo Abu Omar, sconfitta la Procura di Milano: no ai
verbali di Luca Fazzo Il giudice respinge le richieste dei pm Spataro e
Pomarici: segreto di Stato sul sequestro dell'Iman Milano - Non è una pietra
tombale sul processo ai nostri servizi segreti per il rapimento del'imam
estremista Abu Omar: ma poco ci manca. Questa mattina il giudice Oscar Magi ha
respinto la richiesta dei pm Armando Spataro e Ferdinando Pomarici di acquisire
agli atti del processo le testimonianze rese dagli imputati durante
l'istruttoria. Era l'ultima possibilità per la Procura di limitare gli effetti
della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha confermato l'esistenza del
segreto di Stato - apposto dai governi Prodi e Berlusconi - sui rapporti tra
Cia e Sismi intorno alla sparizione (a Milano, nel 2003) dell'imam indagato per
terrorismo, imbarcato a a forza su un volo Usa e consegnato all'Egitto. In
occasione della scorsa udienza, il capo del Dis (l'ente di coordinamento dei
servizi segreti) Gianni De Gennaro aveva inviato una lettera a tutti gli
imputati ricordando loro il divieto di parlare di qualunque aspetto interno
delle attività del Sismi (l'attuale Aise) e soprattutto dei rapporti con gli
007 Usa. La Procura aveva cercato di aggirare l'ostacolo chiedendo di acquisire
agli atti i verbali di interogatorio resi dagli 007 italiani durante le
indagini preliminari, quando il loro capo Bruno Branciforte (con una decisione
poi platealmente sconfessata dal governo) aveva negato l'esistenza di un segreto
di Stato sulla vicenda. Ma oggi il giudice Magi ha respinto la richiesta. Il
segreto di Stato va rispettato. Il giudice, peraltro, ha fatto nuovamente capire di non condividere nè la decisione del governo
nè quella dellaq Corte Costituzionale: "L'area del segreto - ha detto - è
stata inopinatamente alargata dal governo e sorprendentemente confermata dalla
Corte Costituzionale". Ma, ha ricordato il giudice, a queste decisioni
bisogna attenersi. Resta così definitivamente fuori dal processo il nocciolo centrale
della vicenda. Una volta assodato - su questo ci sono numerose prove -
che a prelevare e far sparire l'imam fu un gruppo di agenti Cia, di quali
appoggi e complicità godettero all'interno degli apparati di sicuezza italiani?
E quali istruzioni ricevettero dai governi i nostri 007 sul comportamento da
tenere in simili occasioni? Su questo complesso e delicato tema il processo
sembra destinato a chiudersi con un nulla di fatto. Come ha stabilito la Corte,
l'esigenza della sicurezza del Paese viene prima di quella della giustizia. ©
SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
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( da "Sannio Online, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Fortore: Elezioni
europee e Referendum Pubblicato il 10-06-2009 A Sassinoro nelle recenti elezioni del 6 e
7 giugno, indette per la scelta dei 18 membri della circoscrizione sud del
Parlamento Europeo, hanno votato 299 cittadini pari a circa il 39% degli aventi
diritto... A Sassinoro nelle recenti elezioni del 6 e 7 giugno, indette per la
scelta dei 18 membri della circoscrizione sud del Parlamento Europeo, hanno
votato 299 cittadini pari a circa il 39% degli aventi diritto. Dopo le
operazioni di voto e di scrutinio alla lista. n.9 Il Popolo della Libertà sono
stati attribuiti 153 suffragi, di cui 55 preferenze a Mario Clemente Mastella,
41 ad Aldo Patriciello, mentre al premier Silvio Berlusconi ne sono stati
assegnati 38. La lista n.8 relativa al Partito Democratico ha totalizzato 101
voti; la lista n.12 di Di Pietro - Italia dei Valori ha ricevuto soltanto 35
voti di preferenza ripartiti fra otto candidati, pertanto, il rappresentante
europeo che ha ricevuto più preferenze è stato lonorevole
Mastella. I voti di lista sono stati 115 per Il Popolo della Libertà, 78 per il
Partito Democratico e 49 per la lista Di Pietro - Italia dei Valori; i
rimanenti nove contrassegni presentano valori bassi. Nove le schede bianche,
mentre 11
quelle nulle. Domenica 21 e lunedì 22 giugno i cittadini di Sassinoro saranno
nuovamente chiamati alle urne, questa volta per le consultazioni referendarie.
Hanno diritto di voto i sassinoresi iscritti nelle liste elettorali e che
avranno compiuto il diciottesimo anno di età. Lunico
seggio elettorale del paese sarà allestito presso la scuola dellInfanzia,
le operazioni di voto si svolgeranno dalle ore 8.00 alle ore 22.00 di domenica
e dalle ore 7.00 alle ore 15.00 di lunedì. A tale scopo la locale Commissione elettorale, composta dal
sindaco Pasqualino Cusano, Matilde Prozzillo, Paolo Velardo e da Mario Picucci,
questultimo quale rappresentante della minoranza, ha proceduto alla
nomina degli scrutatori che andranno a costituire la sezione elettorale. I componenti del seggio sono stati
scelti fra gli elettori iscritti nellapposito albo
municipale e sono: Assunta Persichelli, Fernanda Apollonio e Carmine Finelli,
(membri titolari); Modestino di Sisto, Anna Longo e Sonia Palombo (supplenti).
È utile sottolineare
che il referendum è lo strumento attraverso cui il corpo elettorale viene
consultato direttamente su temi specifici, esso è infatti istituto di
democrazia diretta che consente agli elettori di fornire - senza intermediari -
il proprio parere su un tema oggetto di discussione. Larticolo
75 della Costituzione riserva liniziativa referendaria al popolo (500.000
elettori) e alle Regioni (5 Consigli regionali), questi possono proporre
allelettorato labrogazione, totale o parziale, di una legge o
di un atto
avente valore di legge, dove per legge si deve intendere
una legge in senso formale, approvata dal Parlamento secondo il procedimento
ordinario, e per atto avente valore di legge (decreto legge
approvato dal governo in casi eccezionali di necessità e di urgenza e convertito
entro 60 giorni dal Parlamento) e il decreto legislativo (adottato dal governo
su delega parlamentare). Il quorum indica il numero minimo di elettori che
devono prendere parte alla tornata elettorale perché il referendum sia valido e
perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato
nel 50% più uno degli aventi diritto al voto. Non tutte le leggi possono essere
oggetto di abrogazione tramite referendum: alcune materie sono sottratte allazione
dellistituto.
La disposizione costituzionale cita espressamente le
leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali. In più non è possibile abrogare
mediante referendum disposizioni costituzionali, gerarchicamente sovraordinate
alla legge ordinaria e quindi abrogabili solo mediante il procedimento
aggravato previsto dallart. 138 Cost. La Corte
Costituzionale, che deve pronunciarsi sulla legittimità costituzionale
del referendum, ha esteso lelenco ritenendo
inammissibili referendum che non abbiano oggetto unitario o il cui esito
positivo paralizzerebbe lattività di un organo costituzionale,
determinando un vuoto legislativo. I promotori del prossimo referendum sono:
Giovanni Guzzetta in qualità di presidente e Mario Segni quale coordinatore.
Ciascun cittadino per esercitare il diritto di voto dovrà recarsi al seggio con
la tessera elettorale ed un documento di riconoscimento in corso di validità.
Allinterno del seggio, lelettore riceverà tre
schede per altrettanti referendum popolari abrogativi. scheda di colore viola
(premio, di maggioranza alla lista più votata alla Camera dei Deputati),
votando Sì si approva la modifica alla legge elettorale attuale nella parte in cui assegna il premio di
maggioranza alla Camera dei Deputati, che verrebbe assegnato alla lista con più
voti e non più, come ora, alla coalizione di partiti con più voti. Votando No
si lascia invariata la legge attuale. Scheda di colore beige scuro (premio di
maggioranza alla lista più votata al Senato della Repubblica), votando Sì si
approva la modifica alla legge elettorale attuale nella parte in cui assegna il
premio di maggioranza al Senato della Repubblica, che verrebbe assegnato alla
lista con più voti e non più, come ora, alla coalizione di partiti con più
voti. Votando No si lascia invariata la legge attuale. Scheda di colore verde
(abolizione delle candidature multiple), votando Sì si vieta a qualsiasi
candidato di essere presente su più circoscrizioni e si obbliga ognuno a
scegliere in quale collegio/sezione elettorale candidarsi. Votando No si lascia
invariata la legge attuale. La proposta soggetta al referendum è approvata se
alla votazione partecipa la maggioranza degli aventi diritto e se la proposta
abrogativa raggiunge la maggioranza dei voti validi. Allo scrutinio si
procederà non appena completate le operazioni di voto, anche in quelle sezioni
in cui sono previsti i ballottaggi del turno di elezioni amministrative.
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( da "Opinione, L'"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il CSM voterà forse nei prossimi giorni una delibera con cui di
fatto si aboliscono norme di legge votate dal Parlamento nel 2006. Norme che
avevano da un canto sottratto al CSM il potere di
regolare e controllare la struttura ed il funzionamento interno delle procure
della Repubblica, e dall'altro avevano rivalutato il ruolo gerarchico dei
procuratori capo da tempo soffocato dagli interventi del CSM
(d.lgs 106/2006). Forti si levarono, allora, le proteste del sindacato della
magistratura e dello stesso CSM. Al tempo ero
consigliere del CSM. Feci subito osservare e mettere a
verbale che il Consiglio si sarebbe comunque riappropriato dei poteri che il
legislatore aveva voluto toglierli perché "nel mettere in bella copia il
testo della legge" qualche magistrato dell'ufficio legislativo aveva
aggiunto che i capi delle procure avrebbero comunque dovuto
trasmettere il piano organizzativo dei loro uffici al CSM. Aggiunsi che il successivo CSM (il nostro mandato stava per scadere) avrebbe affermato che la
trasmissione dei piani organizzativi di necessità implicava una loro
valutazione da parte del CSM. Mai previsione fu più facile. L'attuale CSM lo fece subito con circolare del
luglio 2007. Va, tuttavia, ben oltre quella circolare la delibera che
oggi il CSM discute alla presenza del Capo dello
Stato, ed in base alla quale i poteri di regolamentazione e controllo
sull'organizzazione delle Procure e sull'operato dei loro capi divengono ancora
più stringenti ed efficaci di quanto non fosse prima che il legislatore del
2006 li abolisse. Vediamo per sommi capi ed in estrema sintesi cosa si dice
nella delibera che verrà discussa: -Il CSM ha il
potere di valutare nel merito i piani organizzativi predisposti dai
procuratori. Anche se la legge non lo dice, ciò sarebbe un necessaria ed
ineludibile conseguenza del fatto che la legge ha previsto il mero invio di
quei piani al Consiglio.
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( da "Manifesto, Il"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
CSM Napolitano
sferza le toghe: «Pm, protagonismo dannoso» Mancino annuncia nuovi limiti alle
pratiche a tutela. Per distinguere gli attacchi dagli «sfoghi personali» ROMA
Una seria autocritica per tutelare davvero, con il recupero pieno del prestigio
della magistratura, il valore intangibile dell'indipendenza. Picchia duro sulle toghe (anche se
l'Anm in serata dirà subito che non è stata una reprimenda) il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano che presiede un plenum dedicato ufficialmente al
funzionamento degli uffici e all'organizzazione di quello dei pm anche alla
luce dei maggiori poteri dei capi procura, ma sul quale gravano le tensioni
dello scontro infinito tra politica e magistratura, del «congelamento» delle
pratiche a tutela e dell'annunciata riforma costituzionale cui Berlusconi tiene
parecchio. Già un anno fa, quando al governo c'era ancora la sinistra, era
stato durissimo coi pm troppo «protagonisti». Ieri, sebbene il clima politico
sia tutt'altro e nonostante gli attacchi del presidente del consiglio che parla
di magistrati e giornalisti come «delinquenti», torna sullo stesso punto.
Richiamando «il senso dei limiti e degli equilibri entro i quali ogni
istituzione rappresentativa, potere e organo dello Stato può e deve svolgere il
proprio ruolo». Napolitano premette di avere sempre difeso l'indipendenza della
magistratura e dice che continuerà a farlo. Ma davanti alle tante
«insufficienze» e «tensioni» del pianeta giustizia sono le toghe a dover fare,
nel loro interesse, una seria autocritica. Il capo dello Stato parla di
«specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei
complessivi equilibri istituzionali» da parte della magistratura che «non può
non interrogarsi sulle sue corresponsabilità dinanzi al prodursi e all'aggravarsi
delle insufficienze del sistema giustizia». Presiedendo il Csm Napolitano
suggerisce, dunque, «l'avvio di un'aperta, seria, non timorosa, riflessione
critica da parte della magistratura su se stessa e la sua conseguente apertura
alle necessarie autocorrezioni». E' infatti convinto che questo «sia il modo
migliore per prevenire qualsiasi tentazione di sostanziale lesione
dell'indipendenza della magistratura»". Superare certe tensioni del resto
«non è possibile senza un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e
coordinatrici che spettano al capo dell'ufficio». Si deve dunque stigmatizzare
da parte dei pm un comportamento «impropriamente protagonistico o chiaramente
strumentale ad altri fini» che danneggia il ruolo stesso del pubblico ministero.
Il 'numero due' di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino ammette i «problemi
di rapporti collaborativi tra il vertice delle Procure e i più diretti
collaboratori», ma invita a non chiudersi «in una sterile supremazia
verticistica». Si allinea al presidente chiedendo un atteggiamento pronto
sempre al «dialogo costruttivo». E annuncia che in tempi rapidissimi sarà
approvato un regolamento che limiti le pratiche a tutela da discutere al Csm.
Quelle a favore dei giudici del processo Mills, sono sul suo tavolo da mesi.
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( da "Reuters Italia"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
MILANO (Reuters)
- Il giudice di Milano Oscar Magi, nell'ambito del processo per il rapimento
nel 2003 dell'ex imam di Milano Abu Omar, ha respinto oggi la richiesta della
procura di acquisire agli atti le testimonianze rese da alcuni agenti del Sismi
durante le indagini preliminari. La decisione ha una certa rilevanza, dopo che
il giudice nell'udienza del 20 maggio aveva stabilito che il processo poteva
andare avanti sancendo però l'inutilizzabilità di alcune prove come stabilito
dalla Consulta, perché dice che non possono entrare nel processo le
dichiarazioni rese dagli agenti, che poi in aula si sono avvalsi del segreto di
Stato. Al processo per il sequestro sono imputate 33 persone, fra le quali l'ex
direttore del Sismi Nicolò Pollari e 26 presunti agenti americani della Cia. L'11 marzo scorso la Corte Costituzionale, dirimendo un conflitto
di attribuzione fra governo e magistratura, aveva stabilito che la procura di
Milano non poteva utilizzare i documenti coperti da segreto di Stato,
eliminando in sostanza dal dibattimento alcuni degli atti che ne hanno
consentito il rinvio a giudizio. Abu Omar -- indagato per terrorismo
internazionale dalla procura di Milano -- era stato prelevato contro la sua
volontà per strada a Milano nel 2003 e, attraverso varie tappe, portato in
Egitto, suo paese d'origine, durante una cosiddetta operazione di
"rendition". Dal canto suo Abu Omar -- che è stato poi rilasciato
dalle autorità egiziane nel 2007 -- sostiene di essere stato torturato e
detenuto in Egitto per anni senza accuse formali. I pubblici ministeri durante
il processo hanno sostenuto che l'attuale premier e il suo predecessore Prodi
abbiano utilizzato il segreto di Stato per ostacolare la giustizia. Un'accusa
respinta da uno dei legali di Berlusconi che l'ha definita un
"intollerabile attacco". Washington ha difeso le
"rendition" come un valido strumento di anti-terrorismo che ha
prodotto importanti informazioni di intelligence, e ha respinto le accuse di
tortura.
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( da "Reuters" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
By Gilles
Castonguay MILAN (Reuters) - Italian car maker Fiat SpA was set to close its
takeover of Chrysler on Wednesday in an ambitious move to survive and grow out
of one of the worst crises in global auto industry. Fiat shares traded 4.1
percent higher at 7.79 euros at 5:45 a.m. -- twice the rise in the DJ Stoxx
auto sector -- following news that the U.S. Supreme Court had removed the final
obstacle to the deal on Tuesday. In a victory for the U.S. administration
driving the restructuring of bankrupt Chrysler, the Supreme Court on Tuesday
denied a request from Indiana pension funds to delay the sale. "The news
from the Supreme Court is very good for Fiat," one Milan trader told
Reuters. Fiat is joined by a union-aligned trust and the U.S. and Canadian
governments in taking over the best parts of Chrysler. Fiat is expected to
close the deal by 1400 GMT, according to two sources familiar with the
procedure. In a statement, Fiat said it would occur shortly. DROP IN SALES Fiat
began looking for partners to gain scale late last year when the crisis came
into full force, leading to a dramatic drop in car sales. This year is expected
to be no different. CSM Worldwide,
an industry consultancy, has forecast a 20 percent drop in global production to
52 million vehicles this year as car makers lay off workers and leave their
factories idle in the face of a sharp drop in demand. Others in the industry do
not feel the urgency to look for partners. Renault-Nissan Chief
Executive Carlos Ghosn, for example, said on Wednesday his group had no problem
with scale. In Fiat's case, CSM Worldwide said it saw
a "tremendous amount of risk" in trying to revive Chrysler. SG
Securities analyst Eric-Alain Michelis said turning around Chrysler would prove
to be a tougher challenge for Fiat than convincing U.S. authorities of its
plans for the U.S. car maker. Not only did it have to renew an aging product
line but also persuade former customers to buy a Chrysler again. Fiat has sent
a team of executives and engineers to Detroit to work with Chrysler to cut
costs and prepare for the U.S. launch of the Cinquecento (500), Fiat's popular
small car. Its stake in Chrysler will start at 20 percent and should rise to 35
percent over time. GERMANY Fiat has had a harder time of persuading people in
Germany of its plans to create a world giant in car industry. It lost out to
Canadian car parts market Magna International for General Motors Corp's Opel
unit although the government invited it to improve its bid. The sale is part of
GM's restructuring, which saw it enter court protection on June after Chrysler
sought bankruptcy on April 30. Erich Merkle, an independent auto analyst based
in Grand Rapids, Michigan, said the court's decision on Chrysler was good news
for GM because it was using a similar quick-sale strategy to facilitate its way
through bankruptcy. (Additional reporting by Giancarlo Navach) (Editing by
David Cowell)
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( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Circondario Sud2))
Argomenti: Giustizia
Roma. «È positivo
che venga approvato questo ddl che tutela la libertà delle comunicazioni e la
privacy dei cittadini e perciò riveste carattere di assoluta necessità e
urgenza. Questo al di là delle legittime polemiche
politiche delle opposizioni»: il presidente emerito della Corte costituzionale Annibale Marini, esprime
un giudizio estremamente favorevole al contenuto del ddl e del maxi emendamento
presentato dal governo. Le opposizioni criticano il governo per la fiducia.
Secondo lei ha fatto bene o male? «Porre la fiducia è prassi ormai consolidata.
Questo ddl ha avuto lunga gestazione. Temporeggiare ancora sarebbe dannoso per
l'interesse generale». Il testo modifica profondamente norme consolidate, usi e
costumi e incide anche sul diritto di cronaca, non sarebbe stato meglio
lasciare spazio anche a emendamenti delle opposizioni? «Il maxi emendamento, a
parte alcune modifiche migliorative, riproduce il testo approvato in commissione
giustizia. Questo può essere approvato dalla Camera e poi il Senato potrebbe
confermare o modificare in parte anche con il contributo delle opposizioni il
ddl. La verifica della bontà della legge, di ogni legge, si fa sul campo.
Potranno venire conferme e suggerimenti di correzioni dai magistrati, dai
giuristi e dai giornalisti. Non esistono leggi perfette». Che cosa c'è di buono
in questo ddl? «In questa sede non posso fare una analisi punto per punto. Ma
ritengo importante l'affermazione del principio che la libertà delle
comunicazioni e la privacy sono diritti primari garantiti dalla Costituzione e
possono essere intaccati con le intercettazioni solo in casi gravi ed
eccezionali. Questo ddl consente alla magistratura di incidere su queste
libertà quando vi sono "evidenti indizi di colpevolezza", quindi
quando le intercettazioni possono aggiungere, completare un quadro probatorio
già delineato. Non sarà più possibile intercettare a caccia di reati». m.c.
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( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Circondario Sud2))
Argomenti: Giustizia
Giorgio
Napolitano con Nicola Mancino al Csm A destra il ministro Angelino Alfano a
Montecitorio
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( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Circondario Sud2))
Argomenti: Giustizia
Roma. Se ne
sarebbe dovuto discutere oltre un mese fa, ma il vicepresidente
del Csm Nicola Mancino rinviò la trattazione in plenum a una seduta in cui
sarebbe stato presente il capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella sua veste
di presidente dell'organo di autogoverno della magistratura. Ieri, però, della
circolare e del caso Napoli nessuno ha fatto espressamente cenno, se non
incidentalmente il consigliere laico del Pdl Gianfranco Anedda. Se il
Quirinale sottolinea e insiste sulle linee di principio - no al protagonismo
dei pm, no alle tensioni manifestatesi in alcune Procure -, il vicepresidente
Mancino dedica un passaggio del suo intervento proprio al caso della procura
partenopea. «Ripeterò fino alla noia che la riforma ordinamentale è stata
un'occasione per rivedere il rapporto collaborativo tra i vertici delle
Procure. So bene che la revoca di un incarico da parte di un procuratore deve
essere congruamente motivata. Ma se la valutazione della suddetta motivazione
si dovesse concludere con l'inserimento della relativa pratica nel fascicolo
personale del procuratore, non si corre il rischio di - come si dice - mettere
sotto tutela i capi degli uffici requirenti?». Della vicenda napoletana è
probabile che se ne discuta in una prossima assemblea plenaria, dopo che il
capo dello Stato nel suo intervento di ieri sulla organizzazione delle Procure
ha definito le linee generali sulla materia. Già il 5 maggio scorso il Csm
aveva bacchettato Giandomenico Lepore per non avere motivato la sua decisione
di stralciare dall'inchiesta sui rifiuti in Campania le posizioni del prefetto
di Napoli Alessandro Pansa e del sottosegretario e capo della Protezione civile
Guido Bertolaso. In quella circostanza il vicepresidente Mancino si astenne, ma
la delibera - che al Csm raccontano non sia stata apprezzata dal Quirinale -
passò con 10 voti a favore, 6 contrari e 4 astenuti (tra cui Mancino). In quel
documento si definiva «una revoca implicita, una forma indiretta di sostanziale
esonero» l'intervento di Lepore sui pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. Ieri
Napolitano ha sottolineato che «i poteri di organizzazione dell'ufficio sono
diventati prerogativa del capo della Procura». «Al Csm non è più dato approvare
progetti organizzativi del tipo di quelli che operano per gli uffici
giudicanti, prevedendo financo sanzioni incidenti professionalmente e
disciplinarmente sui capi degli uffici. Ne potrebbe tra l'altro scaturire il
rischio di defatiganti contenziosi amministrativi e di conflitti tra poteri».
m.p.m.
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( da "SaluteEuropa.it"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
10/06/2009
Disfunzioni sessuali maschili: il futuro della ricerca in Congresso a Catania
Oltre 32.500 telefonate al numero verde 800.36.36.77 in soli 2 mesi* per
richiedere informazioni relative alla sfera sessuale e circa 20.000 consulti
telefonici con un andrologo su disturbi sessuali che vanno dalla disfunzione
erettile all'eiaculazione precoce, dal tumore alla prostata al varicocele.
Lombardia (14%), Campania (13%), Lazio (12%) e Sicilia (11%) le regioni più
attente. Sono i dati generali che delineano una nuova fotografia dell'uomo e
della sua sessualità, evidenziando una sempre crescente richiesta di informazione
andrologica e di aiuto medico da parte del maschio italiano. A questi dati si
aggiungono le oltre 40.000 visite specialistiche gratuite eseguite nel corso di
9 edizioni della Settimana della Prevenzione Andrologica (dal 2001 al 2009) che
hanno visto un incremento progressivo di partecipanti, indice anche questo
della caduta di un tabù e della costruzione di una cultura della sessualità che
guarda sempre più insistentemente alla salute ed al benessere fisico. Un
cambiamento di prospettiva che affonda le sue origini in una evoluzione
socio-culturale che ha visto l'uomo spogliarsi dello stereotipo di macho latino
e prendersi cura della propria salute anche in termini di prevenzione.
"Con le sue numerose iniziative di sensibilizzazione, la Società Italiana di
Andrologia si è impegnata nel corso del tempo a diffondere sempre più la
cultura andrologica e fornire risposte concrete ai problemi maschili legati
alla sfera sessuale ha spiegato il Prof. Vincenzo Gentile, Presidente della
SIA, in occasione della Conferenza Stampa di presentazione del Congresso
Abbiamo supportato gli andrologi italiani nell'essere più vicini agli uomini
per poterli aiutare nella ricerca di una soluzione a problemi che spesso
tendono a sottovalutare e di cui fino a qualche tempo fa provavano
vergogna." Per fare il punto sulle ultime novità in tema di disturbi
sessuali, la SIA - Società Italiana di Andrologia si riunisce in questi giorni
a Catania in occasione del XXV Congresso Nazionale (10-13 giugno Centro
Congressi Le Ciminiere). "Sessualità, Paternità, Salute", questo il
titolo della 4 giorni siciliana, si propone di interpretare le aspettative del
mondo andrologico in termini di approfondimento e dibattito, con uno sguardo
rivolto al futuro, che non trascuri il necessario arricchimento sui temi della
pratica clinica di ogni giorno, proponendo un consuntivo dell'attività di
ricerca e delle esperienze cliniche che nel corso dell'anno le diverse equipe
mediche hanno portato avanti. "Gli uomini stanno acquisendo una sempre
maggiore consapevolezza riguardo alla loro sessualità, non intesa solo in
termini di piacere ludico, ma anche e soprattutto in termini di salute e
benessere generale dell'individuo ha sottolineato Bruno Giammusso, Presidente
del Congresso e Resp. dell'Unità Operativa di Andrologia dell'Università di
Catania - Finalmente l'uomo ha capito che di fronte ad un insuccesso sessuale,
oltre ad intervenire sul problema con una terapia adeguata, è importante al
contempo verificare se la disfunzione è il sintomo di una patologia ben più
grave come ipertensione o diabete". Le novità che verranno presentate al
Congresso sono molte e di alto valore scientifico. Eiaculazione precoce: la
disfunzione sessuale più diffusa nella popolazione maschile "Il primo
importante elemento riguarda la più diffusa tra le disfunzioni sessuali
maschili, una patologia che, secondo stime ufficiali, colpisce il 20% dei
maschi italiani, uno su cinque, principalmente uomini tra i 20 ed i 50 anni,
quelli cioè che dovrebbero godere di una vita sessuale più intensa. Si tratta
dell'eiaculazione precoce ha continuato Giammusso - Il dato ufficiale
potrebbero celare in sé una realtà ben più diffusa e superiore al 30%".
Nell'80% dei casi l'eiaculazione si verifica entro 30-60 secondi dall'inizio
del rapporto; nel 20% dei casi tra 60 e 120 secondi. Nel 70% degli uomini
l'eiaculazione rimane precoce per tutta la vita; nel 30% dei casi peggiora con
l'avanzare dell'età. Esistono poi delle situazioni particolarmente critiche:
nei casi più gravi, infatti, l'eiaculazione può manifestarsi durante la fase
dei preliminari, prima dunque della penetrazione o non appena il pene sfiora la
vagina. "Per comprendere il disagio vissuto dal maschio di fronte ad un
problema legato all'eiaculazione, è necessario considerare che si tratta del modo
in cui ogni maschio si esprime sessualmente ha spiegato Gentile - È un disturbo
particolarmente complesso che va affrontato con il supporto dell'andrologo,
l'unico specialista in grado di valutare l'opportunità di associare tra loro
varie terapie, eventualmente avvalendosi anche della collaborazione di uno
psico-sessuologo e coinvolgendo il partner sessuale". Uno studio
internazionale condotto in USA, Gran Bretagna e Italia, ha dimostrato come solo
il 9% dei pazienti con eiaculazione precoce consulta il medico. Risulta quindi
evidente come questa condizione, in grado di danneggiare seriamente la
relazione di coppia, rimanga per lo più sommersa a causa di evidenti barriere
psicologiche, tabù culturali e, soprattutto, disinformazione. Lo stesso studio
evidenzia, nei soggetti affetti da EP una frequente associazione con condizioni
psicologiche di intenso stress, ansia e depressione. "La frequente
associazione della eiaculazione precoce con altre disfunzioni sessuali, quali
il calo di desiderio e la disfunzione erettile ha sottolineato Giammusso
conferma la pesante ricaduta psicologica che la precocità eiaculatoria
determina nell'individuo e, conseguentemente, nella coppia. A tal proposito va
sottolineato il ruolo della partner nella gestione della patologia, se è vero
che una recente indagine ha rivelato come il 75% degli uomini che consulta il
medico per un problema di eiaculazione precoce lo fa dietro suggerimento e per
iniziativa della partner". Disagio sessuale: al via studi per valutare
diffusione e migliore terapia Sono invece un terzo di quelli che si rivolgono
all'andrologo, gli uomini italiani affetti da disagio sessuale, una condizione
di malessere psicologico legato alla propria intimità che interferisce
negativamente con la qualità della vita, danneggia la relazione di coppia e può
evolvere in una vera disfunzione. "Non sono ancora uomini malati, ma
potrebbero diventarlo ha chiarito Giammusso - Calo di desiderio, insensibilità
a immagini o altri dettagli normalmente stimolanti, problemi sotto le lenzuola
e difficoltà di 'ripresa' tra un rapporto e l'altro. Si tratta di una nuova
condizione clinica che non comprende più solo la disfunzione erettile in senso
stretto, ma una serie di disfunzioni fisiche e fattori psicologici che col
tempo rischiano di provocare disfunzione erettile. Non esistono, ad oggi, dati
certi sulla diffusione di questa patologia e, proprio per conoscerne meglio le
caratteristiche, entro l'anno la Società Italiana di Andrologia porterà a
termine due nuovi studi scientifici il cui obiettivo è realizzare una
rilevazione epidemiologica del disagio sessuale e definire le linee giuda per
un intervento terapeutico efficace." Infertilità maschile e PMA: un documento di consenso dopo la sentenza della Corte
Costituzionale del 1 aprile 2009 Al XXV Congresso Nazionale della Società
Italiana di Andrologia si parlerà anche di Infertilità maschile e Procreazione
Medicalmente Assistita. Si stima che in Italia circa 500 mila coppie abbiano
problemi di fertilità, e che questa sia riconducibile nel 40% dei casi ad un
fattore maschile, nel 50% ad uno femminile e nel restante 10% sia da
considerarsi misto. L'infertilità rappresenta, dunque, un importante problema
di ordine sanitario che in alcuni casi, ed in particolare quando hanno fallito
le terapie tradizionali, richiede il ricorso alle tecniche di fecondazione
assistita (PMA), di I, II o III livello, prime fra tutte la IUI (inseminazione
intrauterina), la FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione)
e la ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi). In totale sono circa
il 10% le coppie che ricorrono alla procreazione assistita, con una percentuale
cumulativa (ovociti "freschi" più ovociti
"congelati-scongelati") di concepimento del 40% per ciascun tentativo
che si traduce in una percentuale cumulativa di successo con nascita del
bambino attorno al 30-32%. La novità 2009 più importante riguarda la firma lo
scorso 30 maggio, da parte di tutte le società scientifiche che si occupano di
riproduzione, del documento di consenso* che esprime una posizione unitaria ad
un mese circa dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge 40
riguardante la Fecondazione Assistita, identificando un percorso nuovo
nell'interesse della salute della donna e del nascituro. "Con il suo pronunciamento
la Consulta ha difeso il diritto alla salute della donna, un principio
fondamentale sancito dall'articolo 2 della Costituzione, e ha definito un nuovo
equilibrio tra madre e nascituro ha sottolineato Gentile - Se la legge,
infatti, fino ad oggi ha posto al centro della tutela il solo embrione, con
questa sentenza la donna si riappropria dei suoi diritti di singolo essere
umano. Il documento di consenso evidenzia la vera novità della sentenza, vale a
dire la possibilità di creare un "programma procreativo" individuale,
una terapia personalizzata, che tenga conto dell'età e delle condizioni fisiche
generali della coppia, al fine di sviluppare il percorso più adatto per ciascun
caso, tenendo in considerazione l'età della donna, il tipo di risposta dell'ovaio,
il fallimento di precedenti tentavi e la qualità del liquido seminale.
L'introduzione delle misure identificate nel documento possono, inoltre,
consentire il contenimento della spesa sanitaria sia in termini di assistenza
ai prematuri da gravidanza multipla nonché dalla reiterazione dei trattamenti
per molteplici cicli". Secondo il Comitato della International Society of
Sexual Medicine, costituito dai principali esperti internazionali di medicina
sessuale, l'eiaculazione precoce è "una disfunzione sessuale maschile
caratterizzata da un'eiaculazione che sempre o quasi sempre si verifica prima
di o entro un minuto dalla penetrazione vaginale; dall'incapacità di ritardare
l'eiaculazione in tutte o quasi tutte le penetrazioni vaginali; con conseguenze
personali negative, come ad esempio ansia, preoccupazione, frustrazione e/o
l'astensione dall'intimità sessuale". Un'eiaculazione occasionalmente
troppo veloce, dunque, non ha un significato patologico ed è abitualmente
secondaria ad uno stato di ansia causato da situazioni o contesti affettivi o
sessuali non abituali per quel soggetto. Al contrario, di fronte ad
un'eiaculazione persistente nel tempo è consigliabile far visita all'andrologo.
Le cause possono essere diverse ed essere collegate a 3 fattori principali: il
fattore psicologico, quello ambientale-relazionale e quello biologico. Oggi gli
specialisti danno molta importanza alle cause organiche considerando
l'eiaculazione precoce solo un sintomo di una patologia più estesa. Basta
quindi intervenire sul disturbo principale per risolvere quello eiaculatorio.
Basti pensare alle vescicoliti o ai casi di frenulo corto.
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( da "Articolo21.com"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Ylenia e gli
altri... vittime del "pacchetto sicurezza" di Bruna Iacopino C'è chi
muore inghiottito dalle acque del mediterraneo, chi finisce asfissiato o
schiacciato dentro la pancia di un tir, chi invece rimane stritolato sotto le
ruote dei pesanti autoarticolati o investito su un'autostrada, chi muore prima,
nel lungo viaggio attraverso il deserto. Sono morti comuni, senza nome e senza
volto, sono migliaia, senza una lacrima che venga versata, perchè nella maggior
parte dei casi la notizia non giunge fino alla famiglia perchè non c'è nessuno
che la comunichi. A queste morti, a breve dovremmo cominciare ad aggiungere,
contandole una per una, e dando anche un nome e un'identità, le morti di chi
decide di rinunciare alle cure di pronto soccorso, pur di non essere denunciato
come “irregolare”. E' successo l'altra notte, in una cittadina nel barese. Lei
era una badante ucraina senza regolare permesso di soggiorno, ma da alcuni
giorni, almeno così ha dichiarato il datore di lavoro, aveva cominciato ad
accudire un'anziana signora. Ylenia, ( come si faceva chiamare) è morta
dissanguata, in seguito ad emorragia interna, provocata probabilmente da un
aborto spontaneo. Domani avrebbe compiuto 40 anni. Con se aveva solo il
passaporto e 30 euro, nessun altro indizio o contatto. La polizia sta cercando
di contattare le amiche che era solita frequentare, forse anche loro
irregolari. A Ylenia è stato dedicato uno spazio interno a qualche giornale,
senza troppo clamore. Nessuno pagherà per una morte così assurda e che purtroppo
non è e non sarà l'unica. Una rapida ricognizione fra le notizie di cronaca fa
emergere altri casi come questo. Casi di persone terrorizzate e sole, che,
succubi di un ricatto "legale" pagano con la vita. Il 10 aprile a
farne le spese era stato un ragazzo boliviano di 21 anni, affetto da
appendicite. Per paura della denuncia aveva deciso di curarsi da solo con
antinfiammatori, ma dopo una decina di giorni l'appendicite si era aggravata
sfociando in peritonite. Ha subito 5 interventi di fila ed è entrato in coma.
Il 13 marzo, una ragazza nigeriana di 24 anni che per vivere faceva la
prostituta, è morta invece a Bari di tubercolosi polmonare avanzata. Una
semplice visita medica e una radiografia avrebbero potuto salvarla. Ma lei,
come tante altre, non aveva il permesso di soggiorno. E' andata sicuramente
meglio, ( o peggio), a seconda dei punti di vista, a un ragazzo senegalese,
che, il 9 aprile, dopo essersi recato al pronto soccorso a causa di un forte
mal di denti si è trovato in tasca un bel foglio di via senza neanche aver
avuto il tempo di usufruire delle cure ospealiere. Già a febbraio la Cgil aveva
lanciato l'allarme. Le visite mediche per gli immigrati avevano subito una
flessione del 20%, ancor prima dell'entrata in vigore della legge, per il semplice
“effetto paura”. Quella norma, adesso non è più contemplata
esplicitamente nel disegno di legge, ma, come sottolineato anche oggi dal CSM, il reato di clandestinità ha di
fatto vanificato quello stralcio, violando palesemente uno dei diritti
fondamentali... Le tragiche conseguenze sono già davanti ai nostri occhi.
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( da "Stampaweb, La"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Una
buona notizia invece oggi dalla Francia: la Corte costituzionale francese ha
censurato la legge Hadopi , quella voluta da Sarkozy e ideata da Denis
Olivennes, cosiddetta "dei tre schiaffi" fino alla disconnessione
forzata degli utenti che scaricano gratis brani coperti da copyright. E' incostituzionale togliere
l'accesso alla Rete ai cittadini, limita un diritto fondamentale. SCRIVI In Italia da
oggi obbligo di rettifica entro 48 "per tutti i siti informatici"
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( da "Stampaweb, La"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Oggi non sono al
lavoro, ma mi sembra importante riportare la notizia della fiducia che il
governo ha chiesto sul maxi-emendamento in materia di intercettazioni. Come
scrive l'avvocato Guido Scorza, «ha un significato sinistro e preoccupante per
la Rete: il testo maxi-emendato, infatti, introduce nel nostro Ordinamento
l'obbligo di rettifica entro 48 ore a pena di una sanzione pecuniaria tra il 15
e i 25 milioni di vecchie lire per tutti i titolari di siti informatici...Il
Governo sta mostrando una volta di più di non conoscere la Rete ma di temerla
incredibilmente almeno fintanto che sarà diversa da una televisione...il
maxi-emendamento rischia di cambiare molto le dinamiche dell'informazione in
Rete ed è un inutile sacrificio della libertà di espressione che comprimerà i
diritti di molti senza arrecare alcun vantaggio neppure a pochi». Ne stiamo discutendo con Marco Pancini, capo di Google Italia -
coinvolta perchè Google rientra tra i "siti informatici" così come
tutti i blogger e persino gli utenti di Facebook, per intenderci... -, al
mercoledì di Nexa. SCRIVI La Corte costituzionale francese censura la legge Hadopi commenti (5) scrivi
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( da "AltaLex" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Sugli effetti del
Cid firmato dal responsabile del danno e dal proprietario dell'auto Cassazione
civile , sez. III, sentenza 22.04.2009 n° 9551 Stampa | Segnala | Condividi
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Sentenza 10 marzo - 22 aprile
2009, n. 9551 (Presidente Petti - Relatore Filadoro) Svolgimento del processo
Con sentenza 22 Aprile - 28 maggio 2005, nell'ambito di un giudizio reso
secondo equità, il giudice di pace di omissis ha attribuito la responsabilità
di un incidente stradale del omissis, ad I. S. G. per l'80% e a L. G. M. per il
restante 20%. L'attore I. S. aveva compiuto una manovra di inversione di marcia
ad U in prossimità di una curva ed in luogo in cui vi era il divieto
di superamento della linea continua della carreggiata. Per tale motivo il
giudice di pace riconosceva la responsabilità prevalente dell'I. S. nella
causazione dell'incidente (valutata nell'ordine dell'80%). Alla L. G., invece,
era riconosciuto un concorso di colpa nella misura del 20% per non avere usato
la prudenza necessaria e opportuna nella guida in un centro abitato, in
prossimità di una curva e comunque per non essere stata in grado di
neutralizzare le più gravi imprudenze commesse dalla controparte.
Conseguentemente, il giudice liquidava in favore dell'attore I. S. il 20% delle
effettive spese sostenute per la riparazione dell'autovettura (e precisamente
60,00 euro) oltre ad un giorno di fermo tecnico, liquidato, per intero, in euro
50,00, e così complessivamente euro 110,00. Con la stessa decisione il giudice
provvedeva a liquidare le spese del giudizio, ponendole per l'80% a carico
dell'I. S. e per il restante 20% della L. G.. Nella stessa misura percentuale
poneva a carico delle due parti le spese liquidate a favore della compagnia di
assicurazione e quelle per la consulenza tecnica di ufficio. Avverso tale
sentenza l'I. S. ha proposto ricorso per cassazione, sorretto da dieci motivi,
illustrati da memoria. Le intimate non hanno svolto difese. Motivi della
decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce falsa ed erronea
applicazione dell'art. 320, primo comma, c.p.c. in relazione all'art. 183,
primo comma, c.p.c. applicabile dinanzi al giudice di pace ex art. 311 c.p.c.
nonché mancanza assoluta di motivazione su un punto decisivo della controversia
e nullità della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il giudice di pace non
aveva dato corso al libero interrogatorio delle parti né al prescritto
tentativo di conciliazione, dandone comunque atto nel verbale di causa. La L.
G. non era comparsa alla prima udienza, rendendo così impossibile il tentativo
di conciliazione. La convenuta non si era, infine, presentata ad alcuno dei
sopralluoghi disposti dal consulente tecnico di ufficio, impedendo in tal modo
la ricostruzione delle modalità dell'incidente. Il motivo è inammissibile ancor
prima che privo di qualsiasi fondamento. Non possono costituire oggetto di
ricorso per Cassazione le deduzioni relative al mancato esercizio di una
facoltà discrezionale del giudice, quale quella di trarre argomento di prova
dalla mancata comparizione del convenuto, (persino nel caso - peraltro non
verificatosi nella specie - in cui lo stesso sia rimasto contumace) a rendere
l'interrogatorio prescritto dal codice di procedura civile. A differenza di
quanto previsto in altri Paesi, il nostro ordinamento giuridico non ricollega
effetti automatici alla mancata costituzione o comparizione della parte (v.
tuttavia le disposizioni relative alle controversie in materia di rapporti
societari, in base alle quali, a determinate condizioni, i fatti affermati
dall'attore si consideravano - prima della pronuncia della
Corte Costituzionale n. 340 del 12 ottobre 2007 - non contestati in caso di
mancata o tardiva costituzione del convenuto: D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13,
comma 2) (cfr. Cass. 29 marzo 2007 n. 7739). La mancata presentazione della
parte a rendere interrogatorio formale costituisce fatto processuale, tale da
indurre a ritenere ammessi i fatti che formano oggetto di interrogatorio,
purché concorrano anche altri elementi. Tuttavia, non è censurabile in sede di
legittimità la sentenza che pur in caso di mancata risposta a interrogatorio
formale, non ritenga ammessi i suddetti fatti. Il rilievo formulato
dall'attuale ricorrente è, inoltre, privo di qualsiasi fondamento, poiché il
primo giudice - contrariamente a quanto evidenziato nel ricorso - ha tenuto
conto del comportamento processuale della convenuta L. G., conducente della
Toyota, e del fatto che la stessa non ebbe ad ottemperare all'invito del
consulente tecnico di ufficio di collaborare nella ricostruzione
dell'incidente, attribuendo alla convenuta il 20% della responsabilità. Con il
secondo motivo il ricorrente deduce falsa ed erronea applicazione dell'art.
115, comma primo, codice di procedura civile, erroneità della ordinanza
riservata del 3-4 aprile 2002 nella parte in cui non era stata ammessa la prova
col teste A. D. e nullità della sentenza ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
Erroneamente il primo giudice aveva ritenuto ininfluente ai fini della
decisione la circostanza sulla quale il predetto testimone era chiamato a
deporre. Anche questo motivo si rivela del tutto inammissibile. Poiché il
procedimento davanti al giudice di pace è regolato, ai sensi dell'art. 311 cod.
proc. civ., dalle norme relative a quello davanti al Tribunale, al medesimo è
applicabile anche l'art. 178 cod. proc. civ. così come modificato dalla legge
n. 353 del 1990. Ne deriva che, avverso le ordinanze emesse dal giudice di pace
di ammissione o di rigetto delle prove testimoniali, non è più ammesso reclamo
dinanzi al Collegio, ma le richieste di modifica o di revoca devono essere
reiterate in sede di precisazione delle conclusioni definitive al momento della
rimessione in decisione ed, in mancanza, le stesse non possono essere
riproposte in sede di impugnazione. (Cass. 14 novembre 2007 n. 23574). Nel caso
di specie, dalle conclusioni indicate a verbale all'udienza del 5 novembre
2004, risulta che l'I. S. non ebbe espressamente a reiterare la richiesta di
ammissione del teste D. (pur avendo sollevato obiezioni in ordine alla mancata
audizione di altri testi: M., P. e Mu.). Ne consegue la inammissibilità della
censura mossa con il secondo mezzo. Con il terzo motivo il ricorrente deduce
falsa ed erronea applicazione dell'art. 246 c.p.c., erroneità della ordinanza
di revoca pronunciata all'udienza del 4 giugno 2003, nullità della sentenza ex
art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Il giudice di pace, dopo avere ammesso la
testimonianza della M., ne aveva disposto la revoca sul presupposto che la
stessa avesse un interesse diretto nella causa, desunto solo dalla sua
posizione di dipendente precaria della società della L. G.. Tale decisione, ad
avviso del ricorrente, si porrebbe in aperto contrasto con la norma processuale
(art. 246 c.p.c.) che richiede un interesse diretto nella causa per la
incapacità a testimoniare. Le censure formulate dal ricorrente ad avviso del
Collegio sono inammissibili, poiché i fatti sui quali la teste M. era chiamata
a deporre (consegna da parte del D, dipendente della omissis Mobili del modello
CID relativo all'incidente del omissis e successivi colloqui tra l'I. S. e la
stessa M.) sono state ritenuti ininfluenti dallo stesso giudice, non
riguardando direttamente la dinamica del sinistro. Ogni questione relativa alla
incapacità del teste deve pertanto ritenersi superata. Del resto, lo stesso
giudice di pace ha dato atto (p. 7-8 della sentenza) che il modello CID a firma
dello stesso I. S. non conteneva alcun fatto a lui sfavorevole se non la
ammissione di avere compiuto una manovra di inversione di marcia nel luogo
indicato. La decisione impugnata non si pone in contrasto con il recente
insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, per il quale: la
dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro
(cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo
assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei
confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal
giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'art. 2733, terzo
comma, cod. civ., secondo la confessione resa da alcuni soltanto dei
litisconsorti è, per l'appunto, liberamente apprezzata dal giudice. (Cass. S.U.
5 maggio 2006 n. 10311). Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la mancata
audizione del vigile urbano G. P., rilevando che entrambe le convenute, L. G. e
Nuova MAA assicurazioni, avevano rinunciato alla audizione di tale teste,
mentre lo stesso ricorrente aveva insistito perché fosse sentito sulle
circostanze indicate. Nonostante il chiaro disposto dell'art. 245, secondo
comma, codice di procedura civile, il giudice di pace aveva revocato la
ordinanza ammissiva di tale testimonianza: donde la nullità della decisione
impugnata. Anche questo motivo, con il quale si deduce la violazione di norme
processuali, è del tutto inammissibile. Nel caso di specie, il primo giudice ha
ritenuto superflua la audizione del secondo vigile urbano P., chiamato insieme
all'altro vigile (N., quest'ultimo regolarmente escusso) per riferire in ordine
al traffico che si svolge nella via omissis nel corso della
mattinata. Sia il N. che il P., non erano presenti nel luogo
dell'incidente nel momento in cui questo ebbe a verificarsi. Per questo motivo, la
difesa della L. G. aveva dichiarato di voler rinunciare alla testimonianza del
P. e la Nuova MAA assicurazione aveva ritenuto di doversi associare a tale
richiesta. Osserva il Collegio: la tesi della parte ricorrente, secondo la
quale - in questo caso - sarebbe stata necessaria anche la sua accettazione
alla rinuncia è priva di qualsiasi fondamento. Anche nella ipotesi in cui una
parte si opponga alla rinuncia dell'altra parte ai propri testimoni, il giudice
del merito non é tenuto ad ammettere la prova ove ritenga, con apprezzamento
incensurabile in Cassazione, che gli elementi acquisiti al processo siano
sufficienti per la decisione. La riduzione delle liste testimoniali
sovrabbondanti costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di
merito (non censurabile in sede di legittimità) che può essere esercitato anche
nel corso dell'espletamento della prova, potendo il giudice non esaurire
l'esame di tutti i testi ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga superflua
l'ulteriore assunzione della prova. Tale ultima valutazione non deve essere
necessariamente espressa, potendo desumersi per implicito dal complesso della
motivazione della sentenza. Con il quinto motivo si deduce falsa ed erronea
valutazione dell'art. 261, commi secondo e terzo, codice di procedura civile,
nonché mancanza ed insufficienza di motivazione, e nullità della sentenza (art.
360 nn. 3 e 5 c.p.c.). L'attuale ricorrente, alla udienza del 26 febbraio 2002,
aveva prodotto dinanzi al giudice di pace copia della planimetria dei luoghi
ove si era verificato l'urto. La planimetria non era stata contestata e tutte
le parti avevano concordemente richiesto di effettuare un esperimento
giudiziale, che il giudice tuttavia - senza motivazione alcuna - non aveva
disposto. Anche queste censure sono del tutto prive di fondamento. L'ammissione
dei mezzi di prova di cui all'art. 261 cod. proc. civ. è rimessa alla
iniziativa e alla discrezionale valutazione del giudice di merito, onde non è
censurabile in sede di legittimità la sentenza che non abbia ammesso e non
abbia indicato le ragioni della mancata ammissione di detti mezzi, dovendosi
ritenere per implicito che non se ne sia ravvisata la necessità (Cass. 29 marzo
1995 n. 3710). Con il sesto motivo il ricorrente denuncia falsa ed omessa
applicazione dell'art. 116 secondo comma, ultima alinea, c.p.c. nonché mancanza
assoluta di motivazione su di un punto decisivo della controversia e
conseguente nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Anziché
disporre l'esperimento giudiziale richiesto da entrambe le parti, il giudice di
pace aveva nominato un consulente tecnico di ufficio, attribuendogli l'incarico
di esprimere un parere giudiziale sulla dinamica del
sinistro alla luce delle prove documentali e degli atti di causa.
Con il settimo motivo il ricorrente rileva la falsa ed erronea applicazione
dell'art. 115, primo comma, codice di procedura civile e dell'art. 111, sesto
comma, Costituzione, nonché mancanza assoluta di motivazione e nullità della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5
c.p.c.). Il consulente nominato dall'ufficio non aveva trasfuso le osservazioni
formulate dal consulente di parte attrice nella propria relazione. Il giudice
di pace aveva rifiutato persino di sentire il consulente Mu. a conferma delle
osservazioni formulate. La circostanza sulla quale il teste era stato chiamato
a deporre riguardava la ampiezza della strada, il fatto che la stessa
consentisse di compiere agevolmente la conversione ad U
e che ove la L. G. avesse usato la necessaria diligenza certamente non sarebbe
andata a sbattere sulla parte anteriore sinistra della Volvo S40.
Il sesto e settimo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto
connessi tra di loro. Essi sono inammissibili. Le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo
equità, ai sensi del secondo comma dell'art. 113 cod. proc. civ., sono
ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, per
violazione della Costituzione e delle norme comunitarie, nonché per violazione dei
principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione,
che sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni in
radicale ed insanabile contraddittorietà. Deve, pertanto, ritenersi
inammissibile il ricorso per cassazione col quale si lamenta l'errore in cui
sarebbe incorso il giudice nella individuazione e ricostruzione delle prove
(Cass. 1° febbraio 2007 n. 2215). Nel caso di specie, il giudice di pace ha
dato atto della mancata comparizione della L. G. (pag. 9 della sentenza
impugnata, sottolineando che la stessa senza addurre
giustificazione alcuna non ha ottemperato all'invito del c.t.u.) e -
nell'ambito di una pronuncia resa nell'ambito della giurisdizione equitativa -
ha valutato nella misura del 20% la responsabilità della stessa convenuta. In misura
maggiore (valutandolo nell'ordine dell'80%) lo stesso giudice ha ritenuto il
concorso di colpa dell'I. S., per avere effettuato una manovra di conversione
ad U in prossimità di una curva, ed in un tratto in cui vi era una linea continua di
mezzeria che imponeva il divieto assoluto di superarla. Tale motivata
conclusione - resa peraltro nell'ambito di una decisione secondo equità -
sfugge a qualsiasi censura, essendo del tutto irrilevante che il primo giudice
non abbia ritenuto di disporre l'esperimento giudiziale richiesto. Quanto alla
mancata audizione del teste M., è appena il caso di ricordare che il giudice di
pace aveva rigettato l'ammissione in qualità di teste del consulente tecnico di
parte, geom. Mu., poiché non era stata richiesta tempestivamente dalla parte
attrice. Lo stesso giudice, tuttavia, ha ammesso il deposito della perizia
giurata di parte, riservandosi di valutarla nei modi previsti dalla legge (pag.
4 della sentenza). La decisione del primo giudice appare in tutto conforme alla
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, non essendo prevista
dall'ordinamento la precostituzione fuori del giudizio della perizia giurata
come mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari
di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla
valutazione discrezionale del giudice di merito ma della quale non è obbligato
in nessun caso a tenere conto (Cass. 17 maggio 1997 n. 4437). Tra l'altro,
l'attore I. S. aveva richiesto al proprio consulente (di parte) di compiere non
già un accertamento di fatto od una valutazione di ordine tecnico, ma di
esprimere la propria opinione (chiedendogli che se la
L. G. avesse usato la necessaria diligenza certamente non sarebbe andata a sbattere sulla parte
anteriore sinistra della Volvo S40). Con l'ottavo motivo
il ricorrente deduce falsa ed erronea ricostruzione dei fatti di causa,
mancanza assoluta di motivazione, violazione dell'art. 111, sesto comma,
Costituzione e nullità
della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il giudice di pace aveva concluso
che dalla istruttoria svolta non erano emerse prove piene in ordine alla
responsabilità dell'una o dell'altra parte ma che, ciò nonostante, era stato
possibile acquisire tutta una serie di circostanze di
sicuro rilievo a livello di indizio o di presunzione.
La motivazione della sentenza impugnata doveva, dunque, considerarsi del tutto
inesistente o apparente, non essendo stato spiegato in alcun modo per quale
motivo il primo
giudice aveva ritenuto di porre la responsabilità dell'incidente per l'80% a
carico dell'attore e per la restante parte a carico della convenuta L. G.. Con
il nono motivo si deduce falsa ed erronea applicazione dell'art. 2054, comma
secondo, codice civile, falsa ed erronea ricostruzione dei fatti di causa,
mancanza assoluta di motivazione su un punto decisivo della controversia,
nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. e dell'art. 111
comma sesto Costituzione. Il consulente tecnico di parte aveva concluso che la
velocità tenuta dalla L. G. al momento dell'incidente doveva essere non
inferiore agli 85 kmh. Se la stessa avesse tenuto una condotta di guida più
prudente, in linea con i limiti vigenti in centro abitato, l'incidente sarebbe
sicuramente stato evitato. La conclusione del concorso di colpa all'80% ed al
20% a carico dell'I. S. e della L. G. era, dunque, del tutto immotivato.
L'ottavo ed il nono motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto
connessi tra di loro. Quanto alla ricostruzione della dinamica dell'incidente
ed alla attribuzione delle responsabilità, la stessa, in linea generale, non è
sindacabile in sede di legittimità quando sia congruamente motivata. Per quanto
riguarda, in particolare, il controllo della Corte di Cassazione sulle sentenze
del giudice di pace pronunziate nel merito secondo equità - come già rilevato -
questo resta limitato, quando siano denunziati i vizi di cui all'art. 360 n. 3
cod. proc. civ., al rispetto della Costituzione e dei principi generali
dell'ordinamento, e dei principi fondamentali della materia, anche se il
giudice abbia ricavato la regola di giudizio concretamente applicata da norme
di diritto, avendole ritenute, in maniera esplicita o implicita, conformi
all'equità, senza che neppure in tal caso sia consentito, in sede di
legittimità, verificare l'effettiva congruenza fra quella regola e la norma
dalla quale il giudice ha creduto di trarla. Con il decimo motivo il ricorrente
- da ultimo - deduce falsa ed erronea applicazione del paragrafo I della
vigente tariffa forense riguardante le controversie dinanzi al giudice di pace
e la esosità della liquidazione, infine, la nullità della
sentenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.
Il primo giudice,
ad avviso del ricorrente, avrebbe liquidato spese, diritti ed onorari in misura
eccedente quella prevista dalla vigente tariffa forense, che pure ha forza di
normativa cogente (Cass. 27 gennaio 2006 n. 1763). Le censure sono prive di
fondamento. Le stesse, infatti, non tengono conto delle richieste economiche
formulate dal ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio (che rientrano
nello scaglione superiore a quello indicato nel ricorso). Infatti, la norma da
applicarsi è quella dettata dall'art. 5, primo comma, delle medesime
disposizioni preliminari alla tabella relativa agli onorari ed alle indennità
spettanti agli avvocati in materia stragiudiziale (Annesso H), secondo cui il
valore della pratica o dell'affare si determina a norma del codice di procedura civile,
e dunque facendo riferimento ai principi generali posti dagli artt. 10 e
seguenti cod. proc. civ. Pertanto, il valore della controversia deve essere
individuato con riferimento alla domanda proposta con l'atto di citazione e non
in relazione
alla somma riconosciuta dal giudice o alla richiesta successivamente formulata
all'atto delle precisazione delle conclusioni (Cass. 7 febbraio 2008 n. 2852).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nessuna pronuncia in ordine alle
spese, non avendo le due intimate svolto difese in questa sede. P.Q.M. la Corte
rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio. Stampa |
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( da "AltaLex" del
10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Personalizzazione
del danno biologico e delle conseguenti sofferenze psico-fisiche Tribunale
Milano, sez. V civile, sentenza 06.05.2009 n° 6076 Stampa | Segnala | Condividi
Si ringrazia per la segnalazione il dott. Damiano Spera. Tribunale di Milano
Sezione V Civile Sentenza 6 maggio 2009, n. 6076 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE V CIVILE In persona del
Giudice Istruttore, in funzione di Giudice Unico, dott. Damiano Spera, ha
pronunciato la seguente SENTENZA (pubblicata il 06.05.2009 n. 6076/09) Nella
causa civile iscritta al R.G. n. 78371/2004, promossa da O. R., con lavv.
Sostene Invernizzi - attrice - contro AZIENDA OSPEDALIERA ISTITUTI CLINICI DI
PERFEZIONAMENTO Istituto Ostetrico Ginecologico L. Mangiagalli, con gli avv. ti Marisa Meroni e
Laura Giammarrusto - convenuta - CONCLUSIONI Per lattrice:
vedi fogli n. 2-3 Per il convenuto: vedi foglio n. 4 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la signora R. O. conveniva in
giudizio,
avanti a codesto Tribunale, lAzienda Ospedaliera
Istituti Clinici di Perfezionamento per sentirla condannare, a titolo di
responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale, al risarcimento di tutti i
danni (patrimoniali, biologici, morali, per inabilità temporanea e invalidità
permanente, nonché derivanti dalla lesione di interessi costituzionalmente
garantiti) subiti dallattrice a seguito
dellintervento di laparoscopia, da stimarsi nella somma derivante dalle
risultanze istruttorie, o in quella somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria
ed interessi legali. Si costituiva in giudizio lAzienda
Ospedaliera convenuta, la quale concludeva per il rigetto della domande
attoree. Il G.I. disponeva consulenza tecnica dufficio per accertare
leventuale
responsabilità della convenuta, nonché i danni conseguentemente patiti dallattrice;
disponeva inoltre un supplemento di perizia, al fine di approfondire le
osservazioni svolte dalle parti. Il G.I. ammetteva parzialmente le prove
dedotte dalle parti
e, ritenuta la causa matura per la decisione, invitava le stesse a precisare le
conclusioni come in epigrafe trascritte; disposto lo scambio delle sole
comparse conclusionali, alludienza di discussione
del 04.02.2009, la causa veniva assegnata in decisione, ai sensi dell'art. 281
quinquies cpv. c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene questo Tribunale che le
domande proposte da parte attrice debbano essere accolte. Infatti, nel marzo
del 2000 lattrice (allepoca trentenne)
lamentando da tempo algie addominopelviche, si sottoponeva ad esami ecografici
ginecologici dai quali emergeva la presenza di due cisti ovariche,
precisamente: a carico dellovaio sinistro una
cisti del diametro di 3 cm
e a carico dellovaio destro una cisti di 2 cm (poi risultate rispettivamente di 5 cm e 2,5 cm a seguito delleccessiva
asportazione). La diagnosi era pertanto di endometriosi ovarica bilaterale.
Dopo aver assunto infruttuosamente un ciclo di pillole, lattrice veniva
ricoverata in data 09.05.2000 presso la Clinica Ginecologica Mangiagalli, per essere
sottoposta, il giorno seguente, ad intervento chirurgico di laparoscopia
diagnostica e terapeutica. Il consenso informato fatto sottoscrivere alla
signora O. prevedeva, tra laltro,
lenucleazione delle cisti ovariche e (ev. ovarectomia).
Successivamente allintervento il ciclo mestruale della signora O. non è
mai più ricomparso. Dagli esami dei livelli ormonali eseguiti a distanza di
cinque mesi dalla laparoscopia venivano riscontrati livelli probanti per
menopausa. Nemmeno la terapia estroprogestinica consigliata risolveva il persistere di
amenorrea. Inoltre, la M.O.C. confermava la marcata riduzione del contenuto
minerale osseo (osteopenia elevata). Alla luce dellespletata
istruttoria nonché delle risultanze della C.T.U. risulta provato che la situazione
clinica ed ormonale dellattrice, successiva
allintervento di laparoscopia sulle ovaie, è di tipo menopausale. Le
conseguenze di tale intervento si configurano oggi nella menopausa precoce
stabilizzata di natura iatrogena, tuttavia, i danni connessi non investono solamente la
condizione riproduttiva da perdita della fertilità. Infatti, gli effetti
negativi secondari si sono riversati altresì sul metabolismo calcio-fosforo,
con conseguente osteoporosi, sul trofismo delle mucose genitali e urinarie, con
atrofia secondaria, sullaspetto estetico, con melasma al
viso per assunzione di EP, sul comportamento sessuale e psico-relazionale
dellattrice, con dispareunia e grave sindrome ansioso-depressiva, nonché
sulla condizione fisica generale, con vampate di calore, sudorazioni, insonnia ed
irritabilità. A fronte di tale insorgenza, lattrice
ha subito un processo osteoporotico ormai stabilizzato, che comporta un elevato
rischio di fratture dellapparato scheletrico paragonabile a quello di una donna di 50 anni,
nonché stati ansiosi-depressivi riflessi nei comportamenti inter-relazionali,
per i quali la stessa necessita di un supporto psicoterapico costante. Dallanalisi
peritale è emersa la colpa professionale per imprudenza dei medici che hanno effettuato lintervento,
e non anche per imperizia, atteso che, come evidenziato dagli stessi C.T.U.,
tra i chirurghi operatori figurano anche studiosi citati nella letteratura
medica moderna. Occorre rilevare che lindicazione operatoria è stata corretta e giustificata dalla
presenza di endometriosi bilaterale. I C.T.U. hanno quindi valutato un danno
biologico permanente del 25 %, non rilevando alcuna inabilità temporanea,
relativamente alla convalescenza post operatoria, poiché comunque prevista,
accertando, al contrario, un danno biologico temporaneo parziale relativamente
alla sfera psichica, stimato in mesi 6 al 50 %. I C.T.U. hanno altresì
precisato che sussistono inoltre particolari aspetti
dinamico relazionali, personalizzati, così da potersi giungere ad un ristoro
economico in termine di risarcimento da incrementarsi a discrezione del giudice
entro i termini previsti ope legis. Trattasi infatti di giovane donna in
menopausa chirurgica iatrogena. In ordine al danno
patrimoniale i C.T.U. hanno escluso una riduzione della capacità lavorativa, riconoscendo
le spese di cura sostenute. Pertanto, ciò che viene censurato dai C.T.U. è leccessiva
asportazione di tessuto ovarico nel corso dellintervento de quo, che, con
un criterio probabilistico, risulta essere in stretta connessione causale con la nuova
condizione organica e funzionale della signora O.. Sulla sussistenza del nesso
di causalità fra lintervento chirurgico e linsorgenza
di menopausa precoce, infatti, preme ricordare che, in assenza di norme civili che
specificamente regolino il rapporto causale, devono trovare applicazione nel
caso di specie i principi generali indicati dagli articoli 40 e 41 del codice
penale. Ciò, tuttavia, non comporta lintegrale
implementazione dei criteri normalmente riconosciuti in tale settore del diritto,
secondo la regola della certezza oltre ogni ragionevole dubbio (Cass., S.U.,
30328/2002), nel processo civile infatti la valutazione della prova si
compendia nella meno esigente regola dellevidenza preponderante (Cass., S.U., 581/2008).
In altri termini, nel processo civile la causalità si regge su logiche di tipo
probabilistico comportando un significativo alleggerimento dellonere
probatorio. Circa la ripartizione dellonere stesso, ritiene inoltre il giudice di legittimità che la
domanda dellattrice debba attenere ad un inadempimento
qualificato, astrattamente efficiente alla produzione del danno, mentre compete
al debitore dimostrare che tale inadempimento, pur esistendo, non assume alcun
rilievo nel
processo generativo dellevento concretamente inteso (Cass.
S.U. 577/2008). Nel caso di specie, avendo lattrice allegato che
leccessiva asportazione di tessuto ovarico è stata causa determinante
dellinsorgenza della menopausa precoce e di tutte le conseguenze connesse, competeva alla
convenuta dimostrare che quellinadempimento non si
era mai verificato ovvero che non era stato eziologicamente efficiente. Tale
prova tuttavia non è stata raggiunta, poiché, come rilevato dal C.T.U.,
lendometriosi genitale sofferta dallattrice è riconducibile
al secondo stadio della classificazione di Amer e non al quarto, come sostenuto
dal C.T. di parte convenuta. Coerentemente, alla luce delle valutazioni ora
espresse, attesa lassenza di ipotesi alternative attendibili che comprovino un differente
nesso di causalità nella fattispecie concreta, pare ragionevole e verosimile
ritenere che, secondo un giudizio controfattuale, una minore sottrazione
quantitativa del parechina ovarico funzionante, conformemente con il grado moderato
della patologia sofferta, avrebbe con un sufficiente grado di probabilità
logica impedito levento dannoso. Pertanto, accertata la
negligenza del personale sanitario e accertato il nesso di causalità, consegue
la responsabilità della Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, ex artt. 1218
e 1228 c.c. Questo giudice condivide le argomentazioni e le conclusioni cui
sono pervenuti i C.T.U., con metodo corretto ed immune da vizi logici o di
altra natura. In ordine alle censure avanzate dalle parti alla espletata
C.T.U., il Tribunale fa proprie le argomentazioni esposte dai C.T.U. nel
supplemento delle indagini peritali. A ciò deve aggiungersi che il consenso
informato rilasciato alla signora O. non prospettava lipotesi
di una menopausa post-chirurgica;
la dicitura (ev. ovarectomia), aggiunta per mano
del dott. Natale, oltre a non essere chiaramente riconducibile ad
annessiectomia bilaterale, non chiarisce in alcun modo le ripercussioni che una
castrazione chirurgica (così è stata definita dai C.T.U.) comporta. In sede
di testimonianza, lo stesso teste dott. Natale, rilevava di non aver aggiunto bilaterale
a ovarectomia, ritenendo tale evenienza implicitamente sottesa alla
tipologia di endometriosi, precisando altresì di non ricordare il contenuto del colloquio
intervenuto con lattrice e rimandando semplicemente ad una
prassi di specifica informazione abitualmente seguita. Pertanto, né
direttamente, attraverso il consenso informato rilasciato allattrice,
poiché del tutto incompleto ed inidoneo, né attraverso le testimonianze del dott.
Natale, parte convenuta ha provato la reale presa di coscienza dellattrice
della grave evenienza di sterilità e menopausa precoce poi verificatesi.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, ritiene il Tribunale che loperato
dei sanitari è da ritenersi censurabile, delineandosi profili di imprudenza,
per aver ridotto in maniera impropria il patrimonio follicolare ovarico durante
lintervento laparoscopico per endometriosi pelvica, non riconducibile tra le ipotesi previste dallart.
2236 c.c., e per non aver correttamente informato lattrice delle gravi
conseguenze legate allintervento. Deve pertanto dichiararsi la
responsabilità dellAzienda Ospedaliera convenuta, nella produzione dei
danni subiti dallattrice.
Circa il quantum, ritiene questo giudice che il danno patrimoniale subito
dallattrice sia risarcibile solamente in relazione alle spese di cura
sostenute e documentate, pari a complessivi 2.371,94. Somma che
rivalutata ad oggi ammonta (anche in considerazione delle date dei singoli esborsi) ad
arrotondati 2.850,00. Non è stato invece provato il
danno da riduzione della capacità lavorativa, peraltro valutato come
incompatibile con la patologia insorta dagli stessi C.T.U.. Ritiene altresì il Tribunale che lattrice
abbia certamente subito il danno biologico e cioè quello derivante da illecito
lesivo dellintegrità psico-fisica della persona, che, quale evento
interno al fatto lesivo della salute, deve necessariamente esistere in presenza
delle accertate
lesioni, e che prescinde dal danno correlato alla capacità di produzione del
reddito. Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato in
relazione allintegralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a
tutte le attività,
le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria
vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con
riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a
ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a
tutte le attività realizzatrici della persona umana
(così la Corte Costituzionale n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale n.
184/1986). Inoltre, recentemente la Cassazione a Sez. unite (sentenza n. 26972/2008) ha, tra laltro,
ritenuto che, nellambito del danno non patrimoniale, il riferimento a
determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno
biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non
implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E
compito del giudice accertare leffettiva consistenza del pregiudizio
allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali
ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro
integrale riparazione. Premettono le Sezioni Unite che già le sentenze gemelle
del 2003 avevano avuto cura di precisare che non era
proficuo ritagliare allinterno della generale categoria del danno non patrimoniale specifiche figure di
danno, etichettandole in vario modo (n. 8828/2003) e di rilevare che la lettura
costituzionalmente orientata dellart. 2059 c.c. doveva
essere riguardata non già come occasione di incremento delle poste di danno (e
mai come
strumento di duplicazione del risarcimento degli stessi pregiudizi), ma per
colmare le lacune della tutela risarcitoria della persona (n. 8827/2003).
Considerazioni che le Sezioni Unite condividono.
Muta, invece, la nozione di danno morale soggettivo. La nozione di danno
morale soggettivo transeunte va definitivamente superata; non ne parla la
legge ed è inadeguata se si pensa che la sofferenza morale cagionata da reato
non è necessariamente transeunte, ben potendo leffetto penoso protrarsi
anche per lungo
tempo. Nellambito del danno non patrimoniale il danno
morale non individua una autonoma sottocategoria, ma descrive, tra i vari
possibili pregiudizi, quello costituito dalla sofferenza soggettiva
cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo
non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della
quantificazione del risarcimento. Le Sez. Unite
riaffermano, invece, la nozione di danno biologico, come danno conseguente alla
lesione del diritto
inviolabile della salute, nellaccezione normativa di
cui agli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, per danno
biologico si intende la lesione temporanea o permanente allintegrità
psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica unincidenza
negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della
vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua
capacità di produrre reddito. Si noti, tuttavia, che le Sez. Unite, pur negando la sussistenza del danno
esistenziale, come voce autonoma di danno non patrimoniale, non
disdegnano affatto di menzionare i pregiudizi esistenziali,
che, in quanto conseguenza dellillecito, sono meritevoli di risarcimento
e fanno parte, in
definitiva, del danno risarcibile ex art. 2059 c.c.. Aggiungono infatti le Sez.
Unite che, superata la nozione di danno morale come patema danimo
transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua
più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter
fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale determinata dal non poter
fare) è risarcibile. I pregiudizi di tipo
esistenziale sono risarcibili se costituiscono la conseguenza della
lesione almeno
di un interesse giuridicamente protetto.. e cioè purché sussista il requisito
dellingiustizia generica secondo lart. 2043 c.c. e
devono rientrare nellambito dellart. 2059 c.c. e, quindi,
nellipotesi di reato, o di un altro caso determinato dalla legge o siano conseguenti
alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Le Sez. Unite precisano
che i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della
vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica, sono da ricomprendersi
nel danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata
opinione, è ormai assorbito il c.d. danno alla vita di relazione. Rilevano poi
che certamente incluso nel danno biologico, se derivante da lesione
dell'integrità psicofisica, è il pregiudizio da perdita o compromissione della
sessualità, come nel caso di specie, del quale non può, a pena di incorrere in
duplicazione risarcitoria, darsi separato indennizzo (diversamente da quanto
affermato dalla sentenza n. 2311/2007, che lo eleva a danno esistenziale
autonomo). Nella fattispecie concreta, lintervento di
laparoscopia eseguito presso lAzienda Ospedaliera convenuta ha comportato
lirreversibile menomazione della capacità riproduttiva dellattrice,
con ripercussioni anche sul comportamento sessuale. Circa i criteri di liquidazione, il
giudice, coerentemente con quanto statuito dalla Cassazione a Sez. Unite
citate, è chiamato a valutare congiuntamente, entro il danno biologico, tutte
le sofferenze soggettivamente patite dallattrice, in relazione alle condizioni
personali della stessa e ai risvolti che concretamente la lesione allintegrità
psico-fisica ha comportato. In proposito le Sezioni Unite ribadiscono che
Il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente
il pregiudizio, ma non oltre. Ma poi spiegano che,
nellipotesi di reato, viene in considerazione in primo luogo la
sofferenza morale, che senza connotazioni di durata integra pregiudizio non
patrimoniale. Bisogna distinguere se la sofferenza sia in sé considerata o sia
componente di un più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo
caso (ad esempio) nel dolore che subisca la persona diffamata. Se vi sono
degenerazioni patologiche della sofferenza si
rientra nellarea
del danno biologico, del quale ogni sofferenza fisica o psichica, per sua
natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di
risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale
nei suindicati termini
inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo.
Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si
avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della
liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le
sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al
ristoro del danno nella sua interezza. Egualmente determina duplicazione di
risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua nuova
configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la
sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che
accompagna lesistenza del soggetto che lha subita
altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente
ristorato. Le Sez. Unite insistono tuttavia che il
danno non patrimoniale, quale danno conseguenza, deve essere allegato e
provato. La sentenza della Corte Costituzionale n. 184/1986 è stata superata dalla sentenza della stessa
Corte n. 372/1994, poi seguita dalle sentenze gemelle del 2003. Il danno non è
mai in re ipsa e il giudice dovrà porre a fondamento della propria decisione
non solo la C.T.U. ma anche tutti gli altri
elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze) avvalersi delle nozioni di
comune esperienza e delle presunzioni (ex artt. 115 cpv.
c.p.c e 2727 e ss. c.c.). Alla luce di questa innovativa sentenza devono essere
necessariamente rivisti i criteri e i valori monetari adottati dalle tabelle degli
Uffici Giudiziari. In particolare, la tabella milanese (ad eccezione del danno
morale) già comprendeva, nella nozione unitaria del danno biologico, la
molteplicità delle singole possibili voci di
pregiudizi, non lasciando spazio ad autonome liquidazioni del danno alla vita di
relazione, del danno estetico, del danno alla sfera sessuale, ecc.; la tabella
prevedeva, separatamente, solamente la liquidazione del danno morale, nella
misura da un quarto alla metà dellimporto liquidato per il danno biologico.
Incorre dunque anche questa tabella nelle censure delle Sez. Unite, perché
produce una duplicazione di risarcimento del danno. Come risolvere questo
problema salvaguardando in pari tempo i valori monetari finora riconosciuti? La
soluzione maggiormente condivisa dai giudici milanesi muove dal presupposto che
la nuova tabella di liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene
salute debba prevedere valori monetari che siano riconducibili a quelli già
riconosciuti precedentemente, sia a titolo di danno biologico che di danno
morale, da liquidarsi dal giudice complessivamente allesito
di una unitaria personalizzazione del danno accertato. In sostanza, per ciascun
punto percentuale di menomazione dellintegrità psicofisica, si liquiderà un importo che
dia ristoro alle conseguenze della lesione in termini medi:
in relazione agli aspetti anatomo-funzionali, agli aspetti relazionali, agli
aspetti di sofferenza soggettiva, ritenuti provati anche presuntivamente. Il
giudice - in
considerazione delle peculiarità allegate e provate nella fattispecie concreta,
con specifico riguardo sia alla sofferenza
soggettiva che alle particolari condizioni soggettive del
danneggiato ( nozione accolta anche dagli artt. 138 e 139 Cod. delle Assicurazioni) - procederà ad
una adeguata e complessiva personalizzazione
della liquidazione del danno entro valori monetari stabiliti in un
predeterminato range di aumento dei citati importi medi. Con gli
stessi criteri il giudice liquiderà anche il danno biologico temporaneo, comprensivo altresì
del danno morale, entro un range che consenta unidonea
personalizzazione. In ogni caso, il giudice sarà sempre libero di liquidare
importi diversi da quelli indicati in tabella, con congrua motivazione, soprattutto laddove la fattispecie
concreta presenti aspetti affatto peculiari. Nella fattispecie concreta, il
Tribunale dovrà necessariamente tenere conto di tutto quanto sinora esposto ai
fini di una corretta liquidazione del danno non patrimoniale subito dallattrice.
Ebbene, tenuto conto delle accertate invalidità, della giovane età
dellattrice al momento dellaccadimento trentenne, del sesso e delle
condizioni di vita, delle risultanze probatorie, dellespletata CTU, della
rilevante entità del danno biologico, degli innumerevoli gravi pregiudizi che una
menopausa precoce comporta su una giovane donna, compromettendone la sessualità
e la capacità di crearsi una famiglia, nonché di procreare, frustrando
irrimediabilmente la naturale fecondità, infrangendo così gravemente il
progetto di vita atteso, tenuto infine conto dei criteri tabellari sopra
delineati, delle particolari sofferenze fisiche e psichiche sofferte dallattrice,
del mancato consenso informato, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale
da lesione al diritto alla salute e del diritto di autodeterminazione al
trattamento sanitario, la somma già rivalutata di Euro 200.000,00; per il danno
biologico temporaneo si stima equo liquidare la somma già rivalutata di Euro
11.000,00. Non risultano provati ulteriori titoli di danno non patrimoniale.
Infatti, come innanzi accennato e ritenuto dalla citata sentenza n. 26972/2008:
Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di
suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi
riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno
esistenziale, perché attraverso questa si finisce per portare anche il
danno non patrimoniale nellatipicità. In definitiva di danno esistenziale come autonoma
categoria di danno non è più dato discorrere.
In ogni caso, laddove il giudice abbia liquidato il danno biologico e le
sofferenze fisiche e psichiche conseguenti non residua spazio per il
risarcimento di ulteriori pregiudizi esistenziali, perché tutti già ricompresi in quelli già
liquidati, risultando altrimenti certa la duplicazione risarcitoria del
medesimo danno. Pertanto, i danni subiti dallattrice
vanno liquidati in complessivi Euro 213.850,00 (somma rivalutata ad oggi). Sul predetto importo liquidato
devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal
mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto. Gli
interessi compensativi - secondo l'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni
Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) - decorrono dalla
produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo
periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso
annuo medio ponderato sul danno rivalutato. Tale tasso di interesse è ottenuto
"ponderando" l'interesse legale sulla somma sopra liquidata, che -
"devalutata" alla data del fatto illecito, in base agli indici
I.S.T.A.T. costo vita - si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici
di rivalutazione, sino alla data della presente sentenza. Da oggi, giorno della
liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma
rivalutata. Pertanto, alla luce degli esposti criteri, la convenuta deve essere
condannata al pagamento, in favore dellattrice, della
complessiva somma di Euro 213.850,00, liquidata in moneta attuale, oltre:
interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 3%, sulla somma di
213.850,00 dal 10.05.2000 (data dellintervento chirurgico) ad oggi; interessi, al
tasso legale, sulla somma di Euro 213.850,00, dalla data della presente
sentenza al saldo effettivo. Le spese della Consulenza Tecnica dUfficio
e quelle di C.T.P., queste ultime pari ad 2.671,29, vanno poste a carico
della
convenuta. Consegue alla soccombenza la condanna della convenuta a rifondere
allattrice le spese processuali, da distrarsi in favore del
lavv. Sostene Invernizzi, antistatario ex art. 93 c.p.c.. La presente
sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege. P.Q.M. Il Tribunale di Milano,
definitivamente pronunciando, così provvede: dichiara la responsabilità dellAzienda
Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento nella produzione dei danni
subiti dallattrice; condanna la convenuta Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di
Perfezionamento al pagamento, in favore dellattrice,
della somma di Euro 213.850,00, oltre interessi, come specificati in
motivazione; pone le spese della consulenza tecnica dufficio e quelle di
C.T.P., pari ad 2.671,29, a carico della convenuta; rigetta le altre domande ed
istanze proposte dalle parti; condanna la convenuta Azienda Ospedaliera
Istituti Clinici di Perfezionamento a rifondere allattrice
le spese processuali, da distrarsi in favore dellavv. Sostene Invernizzi che liquida in Euro 868,20
per esborsi ed anticipazioni, Euro 5.580,00 per diritti, Euro 15.850,00 per
onorario di avvocato, Euro 2.678,75 per spese generali, oltre C.P.A. ed I.V.A.;
dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva. Milano, 05.05.2009 Il
Giudice Istruttore in funzione di giudice unico dr. Damiano SPERA Stampa |
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( da "Reuters Italia"
del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA (Reuters) - La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato
promotore dei tre referendum elettorali contro la Commissione parlamentare di
vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che
regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in
vista del voto del prossimo 21 giugno. Lo riferiscono fonti giudiziarie.
Lo scorso primo giugno, la Consulta aveva dichiarato ammissibile il ricorso del
comitato, presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni, che lamenta di non
aver ricevuto garanzie dalla Commissione parlamentare sullo spazio in
televisione durante la campagna referendaria. I primi due referendum chiedono
di cancellare i vincoli di coalizione tra partiti alle elezioni, in modo che il
premio di maggioranza già esistente (il 55% dei seggi) venga dato solo alla
lista che prende più voti e non alla coalizione. Inoltre le soglie minime per
entrare in Parlamento -- 4% per la Camera e 8% per il Senato (ma qui su base
regionale) -- dovranno essere superate dalle singole liste e non più dalle
coalizioni. Il terzo referendum chiede di abolire le candidature multiple, cioè
quelle presentate in più collegi. Il referendum si farà il 21 e 22 giugno,
assieme ai ballottaggi delle amministrative, dopo che la Lega Nord -- che punta
sull'astensionismo -- è riuscita a spuntarla impedendo l'accorpamento con le
Europee del 6-7giugno.
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( da "Stampa, La" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
ELEZIONI. IL
REBUS DI ALBA E BRA Il centrosinistra non ci sta "Riusciremo a
governare" Se vincono rischiano di non avere la maggioranza: non è una
cosa sicura [FIRMA]ROBERTO FIORI ALBA La corsa alle poltrone dei sindaci di
Alba e Bra rischia di diventare una questione da Azzeccagarbugli. Le due città
condividono il medesimo esito elettorale: la supremazia al primo turno dei
candidati del centrodestra, Castellengo e Comoglio, e l'opportunità mai così a
portata di mano, per i rivali di centrosinistra Marello e Sibille, di
agguantare una vittoria vagheggiata da anni. Ma condividono il medesimo rebus:
in caso di successo di questi ultimi, il paradosso di ritrovarsi a governare in
Consiglio comunale con una maggioranza di segno contrario (per Alba sarebbero
11 consiglieri del centrodestra e 10 del centrosinistra, compresi il sindaco e
Cervella) o nulla (per Bra sarebbero 10 del centrosinistra, compreso il
sindaco, e 10 del centrodestra), perché al primo turno le liste a sostegno del
centrodestra potrebbero aver già ottenuto il 50% dei voti, bloccando il premio
di maggioranza. In quel «potrebbero» è racchiusa tutta la questione che sta
arroventando le discussioni nelle due città. Perché la legge non appare del
tutto chiara, prestando il fianco a due interpretazioni opposte su come debbano
essere conteggiati i «voti validi». La prima, suffragata anche da un parere
arrivato dall'Ufficio elettorale centrale del ministero dell'Interno e
favorevole al centrodestra: per «voti validi» devono essere intesi
esclusivamente i voti di lista. La seconda, avvalorata da
sentenze della Corte Costituzionale e della Corte dei Conti, favorevole al
centrosinistra: quando si parla di «voti validi» devono essere conteggiati
tutti i voti, compresi quelli ai candidati sindaci. Una questione che fa
intravvedere impugnazioni e ricorsi, ma che rischiano di avere poco o nulla a
che fare con il voto espresso dagli elettori. E se gli uffici elettorali
non esprimono pareri, anche gli uffici centrali per la proclamazione degli
eletti prendono tempo: «La questione non può essere affrontata preventivamente
- dicono -. La esamineremo solo e se emergerà dopo il ballotaggio». Ma la
campagna elettorale fino al 21 giugno rischia di essere inquinata da questa
spada di Damocle, mettendo da parte programmi e impegni. Ad Alba e Bra i
candidati Marello e Sibille ribadiscono: «Tiriamo diritto. Se centinaia di
elettori che hanno votato le liste di centrodestra hanno deciso di darci la
preferenza come sindaci, ci sarà un motivo». Poi le loro strade si dividono.
Marello: «Questo segnale potrebbe sfociare in una maggioranza inedita anche nel
Consiglio». Un'ipotetica apertura a un governo di larghe intese? A Bra Bruna
Sibille apre all'Udc, che ha ottenuto un seggio con Marcello Lusso: «Stiamo
valutando un apparentamento, per garantire in ogni caso la governabilità».
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( da "Stampa, La" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Retroscena Toghe
e ribalta MILANO ROMA IL CSM IL MAGISTRATO DI
NAPOLI Procure zitte. Auriemma: richiamo inaspettato La strigliata di
Napolitano spiazza i pm FRANCESCO GRIGNETTI La magistratura si aspettava un
elogio per il lavoro fatto «Protagonisti noi? Lo avremmo capito di più 6-7 anni
fa» Saponara: «Il Presidente ha fatto un intervento alto e tempestivo» «Non ne
abbiamo ancora parlato tra noi Bisogna riflettere» ROMA Il giorno dopo
la ramanzina di Napolitano sul «protagonismo» e sulla necessità di
un'autocritica, è silenzio. Forse imbarazzati. Forse arrabbiati. Forse
distratti da tutt'altro, i giudici tacciono. Al Consiglio superiore della
magistratura si fa sentire solo Michele Saponara, che giudice non è, essendo un
laico in rappresentanza del Pdl: «Napolitano - dice - ha avuto il coraggio di
venire al Csm in un momento in cui gli equilibri costituzionali, messi a
rischio dal contrasto sempre più evidente tra magistratura e politica, stavano
per saltare. Ha fatto un intervento alto, tempestivo e soprattutto ammonitore perché
ognuno stia al posto suo». All'opposto, Luigi de Magistris, che però ormai va
considerato una ex toga (dopo aver superato con successo la prova del voto con
i colori di lista dell'Italia dei valori dell'altrettanto ex Di Pietro),
polemizza: «Pm malati di protagonismo? Si facciano nomi e cognomi. Non so
perché Napolitano abbia sentito l'esigenza di parlare di protagonismo della
magistratura in questo modo». Un po' d'imbarazzo, però, a sentire l'aria che
tira nei corridoi delle procure più esposte d'Italia, s'avverte. Racconta
Filippo Beatrice, pm a Napoli, impegnato in indagini sulla camorra: «Tra noi
non se n'è parlato granché. Non per mancanza di rispetto, ma sono cose che
meritano tempo e riflessione. E poi, tra elezioni, legge sulle intercettazioni,
l'annunciata modifica di legge che stravolgerà il Csm, sono altri i temi che
tengono banco... Mi aspetto tra un po' qualche comunicato dei nostri
rappresentanti ufficiali». A Napoli, peraltro, hanno fatto più impressione
forse le parole del Capo dello Stato a proposito dei vertici, del rispetto che
i sostituti devono al procuratore capo. «Qui in effetti è un nervo scoperto più
che mai. Le tensioni non sono ancora sopite. E' indubbio che il sistema, dalla
legge Mastella in poi, è cambiato. Il Csm fa le sue circolari. Ora il capo ha
più poteri. Ma ciò non può significare che noi pm siamo semplici esecutori.
Un'armonia nell'ufficio ci vuole». Molta discrezione regna anche a Milano. Nei
capannelli in procura ieri s'è discusso esclusivamente di legge sulle intercettazioni.
Racconta un pm che chiede l'anonimato: «E' una legge devastante. E forse,
considerando il silenzio che responsabilmente i magistrati si sono imposti
nell'ultimo tempo, ci si attendeva un discorso più attento alla questione
dell'autorevolezza e del prestigio della magistratura, intaccati dalle
polemiche anche ultime del governo». A Roma, il giovane pm Paolo Auriemma, che
è anche rappresentante regionale dell'Anm, ieri mattina ha provveduto a girare,
con mail, il discorso del Capo dello Stato a tutti i colleghi. Reazioni? «Per
il momento, nessuna. Ma è giusto così. Il Presidente ci invita alla
riflessione. E noi doverosamente riflettiamo. In silenzio». Non c'è insomma da
meravigliarsi, dice Auriemma, se ieri è stato un giorno di silenzio. Se anche sui
blog, dove alcuni arrabbiati con la toga si sfogano spesso e volentieri, nulla
di significativo è apparso. «Io per primo - dice ancora Auriemma - prendo atto
che secondo il Presidente noi saremmo responsabili di eccessi di protagonismo.
Pensavo che avessimo trovato il nostro equilibrio. Dopo gli inviti degli ultimi
anni, mi pare che i magistrati siano molto più attenti. Insomma, a parte il
caso di Catanzaro, che poi coinvolge addirittura due uffici di giustizia e non
singole persone o singoli colleghi, di protagonismo in giro non ne vedo così
tanto. Avrei capito qualche tempo fa, che dire, 6-7 anni fa... Ma
evidentemente, visto il monito che viene così dall'alto, mi sbagliavo... Ci
sbagliavamo... Ne prendiamo atto. Il Capo dello Stato ci invita ad approfondire
la riflessione. E così faremo. Se ci critica, ha sicuramente ragione di farlo».
Però, lo ammetta, lei è un po' sorpreso? «Forse è un monito che arriva
inaspettato».
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( da "Stampa, La" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
"Un
boomerang per i censori La Costituzione ci protegge" Philippe Aigrain,
professore di informatica a Parigi ed ex responsabile del settore tecnologie
del software alla Commissione europea, autore di «Causa Comune: l'informazione
tra bene comune e proprietà» e «Internet e Creazione: come riconoscere gli
scambi su Internet e remunerarli», le cui idee sono diventate emblematiche per
i militanti - non solo in Francia - della libertà di espressione su Internet,
per festeggiare la sconfitta della legge Hadopi ha passato la giornata ieri a
inviare messaggi di gioia a tutto il mondo. Ovviamente in Rete, via mail, ma
anche sul sito del suo collettivo «La Quadrature du Net»
(www.laquadrature.net). Che cosa c'è da festeggiare? «La decisione della Corte costituzionale francese di censurare la legge Hadopi sulla
"risposta graduata" alla pirateria sottolinea a chiare lettere che
l'accesso a Internet è un diritto fondamentale del cittadino, fa parte dei suoi
diritti inviolabili alla libertà di opinione e di espressione. È un precedente
prezioso. Pensavamo che per avere questo diritto sancito avremmo dovuto
aspettare anni, e invece grazie al ministro della cultura che ha voluto a tutti
i costi passare questa legge adesso, il chiarimento è arrivato molto prima del
previsto». Ma la Corte costituzionale ha bocciato solo una parte della legge, un'altra parte resta in
vigore: va bene lo stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire
dalla disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice.
Invece ha espresso parere positivo sulle parti della legge che riguardano gli
avvisi, cioè le notifiche spedite per posta, email e telefono/telegramma), agli
utenti che scaricano gratis brani o documenti coperti da diritti d'autore,
valutando - secondo me in modo contorto - che non si tratta di una violazione
della protezione dei dati dei cittadini e che si tratta di provvedimenti
inoffensivi che sensibilizzano gli utenti al problema del copyright». E adesso
che cosa succederà? «Il ministero della cultura ha reagito con un comunicato
stampa serafico annunciando una nuova legge per aggirare il problema. Ma è
abbastanza stupido, e non credo che andrà molto lontano, a questo punto. C'è
una forte coalizione nella società civile, fatta dalle associazioni dei
consumatori, dai creativi, i musicisti e gli uomini e le donne dalla parte
della condivisione della conoscenza e della cultura libera, che si è mobilitata
perché la Hadopi riposi in pace per sempre». Che cosa farete? «Stiamo
organizzando per quest'autunno un'assise con tutte le parti in causa allo
stesso tavolo per definire licenze collettive sui contenuti culturali digitali
e per legalizzarne lo scambio cosiddetto "peer-to-peer", da pari a
pari. E intanto su tutti i siti c'è un tam-tam micidiale. L'ironica corona di
fiori con la fascia "Hadopi Rip Lol" dedicata all'inconsolabile
ministero della Cultura, che campeggia sul mio sito, sta facendo il giro di
tutta la Francia». www.lastampa.it/masera
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( da "Stampa, La" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
I rivali SENTENZA
STORICA Liberté, égalité, Internet Sarkò sconfitto dai pirati Parigi:
"Nessuna sanzione per chi scarica gratis" La navigazione in Rete
definita «diritto fondamentale dell'essere umano» Alla fine lo schiaffo se l'è
preso lui, Nicolas Sarkozy. Ieri la Corte costituzionale
francese ha respinto la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli
utenti di Internet che scaricano gratis brani coperti da diritti d'autore -
cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la Diffusion
des uvres et la Protection des Droits sur Internet»), fortemente
voluta dal presidente tanto da chiamare a raccolta i suoi fedelissimi per assicurarne
l'approvazione in seconda lettura all'Assemblea nazionale lo scorso 12 maggio -
perché «viola i diritti fondamentali dell'uomo, sanciti dalla Costituzione».
Esultano in Francia i militanti della libertà su Internet, che avevano fatto
ricorso. «Internet è una componente della libertà di espressione e di consumo»
ha dichiarato il Consiglio della Corte Costituzionale, e «nel diritto francese
c'è la presunzione d'innocenza» per cui «solo il giudice può pronunciare una
sanzione, e solo dopo aver stabilito che si tratta di illegalità». La legge
infrange due articoli della dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789, che
la Corte Costituzionale è tenuta a difendere: si tratta dell'articolo 11 che protegge
la libertà di comunicazione e d'espressione, e dell'articolo 9 che pone il
principio di presunzione d'innocenza. Per il Consiglio è accettabile solo che
la «Haute Autorité» avverta l'internauta di essere stato identificato: non può
sanzionarlo né disconnetterlo. Il Consiglio garante della costituzionalità
delle leggi in Francia è rappresentato da nove membri fra i quali gli ex
presidenti Valéry Giscard d'Estaing e Jacques Chirac. L'efficacia di questa
legge, che rendeva la Francia uno dei Paesi più rigorosi d'Europa in materia, è
dunque annullata. Tre giorni dopo la sua disfatta alle elezioni europee,
l'opposizione socialista - che si era ferocemente opposta a un testo che
riteneva liberticida e inutile - si è immediatamente «ringalluzzita» per l'insuccesso
del presidente. «In questa vicenda, è Nicolas Sarkozy che viene censurato dal
Consiglio costituzionale», ha dichiarato il deputato
Patrick Bloche. È uno smacco anche per la ministra della cultura, Christine
Albanel, che aveva dichiarato che l'accesso a Internet dal proprio domicilio
«non è libertà fondamentale». A ideare la legge era stato il giornalista Denis
Olivennes, direttore del Nouvel Observateur ex fondatore della catena di
distribuzione Fnac di libri, dischi, film e software, un osservatorio che gli
ha permesso di vedere la crisi in cui versa il diritto d'autore nell'era
digitale. Senza ascoltare chi propone un copyright più flessibile, visto il
nuovo scenario globale della società dell'informazione, propose una soluzione
draconiana: costringere i fornitori di Internet a mandare tre avvertimenti -
attraverso una costosa authority amministrativa - a chi scarica film e musica
senza pagare i diritti, e poi sospendere l'accesso a Internet in caso di
«recidiva», costringendo i «pirati» a continuare a pagare il loro
abbonamento.Una nuova vittoria per Daniel Cohn-Bendit, fresco del trionfo
elettorale con i Verdi alle europee in Francia. L'ex leader del 68 è stato tra
i primi ad opporsi alla legge di Sarkozy e a bloccarla a livello europeo,
grazie a una legge Ue che proibisce di tagliare Internet, «diritto
fondamentale», a un utente senza la decisione di un giudice.Nicolas Sarkozy
aveva sostenuto fortemente la legge anti-scaricamento illegale, considerandola
una delle sue priorità e spingendo per il suo tormentato passaggio in
parlamento, dopo una prima bocciatura. Sarkozy è anche intervenuto presso l'Ue
per impedire che invalidasse la legge, come invece è accaduto.
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( da "Finanza e Mercati"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
FMps, Mancini
fiducioso su rielezione da Finanza&Mercati del 11-06-2009 A distanza di un mese e
mezzo dalla scadenza (31 luglio) degli organi della Fondazione Mps, a Siena
sembra prevalere l'orientamento che si vada verso una riconferma dell'attuale
presidente Gabriello Mancini. Sembrano infatti superati, a favore del numero
uno di Palazzo Sansedoni, gli ostacoli normativi che impedivano un suo rinnovo
sulla poltrona più alta dell'ente per ulteriori 4 anni. Questo a giudicare
anche dalle parole dello stesso Mancini che ieri ha detto: «Per me non ci sono
problemi, lo dicono pareri dell'Acri e di insigni giuristi». Dal 2001 al 2005
Mancini ha ricoperto il primo mandato come consigliere, poi è stato confermato
per il mandato successivo (2005-2009), ma nel 2006 è diventato presidente della
Fondazione al posto di Giuseppe Mussari, passato alla presidenza di Banca Mps.
Per inquadrare il problema, si deve ritornare alla legge Ciampi del 1999,
secondo la quale gli organi di una fondazione non possono durare più di due
mandati. La Corte Costituzionale, però, nel 2003 ha detto che le
fondazioni di origine bancaria sono «persone giuridiche private dotate di piena
autonomia statutaria e gestionale». Ma nello Statuto della Fondazione Mps nulla
si dice sull'impossibilità del presidente a essere riconfermato nonostante due
mandati, a differenza di quanto espresso per gli organi delle due deputazioni (amministratrice
e generale). Inoltre, secondo il decreto ministeriale n. 150 del 18 maggio del
2004 non valgono, nel computo del doppio mandato, gli anni del periodo
2001-2005 fatti in ordinaria amministrazione.
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( da "Arena, L'" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Giovedì 11 Giugno
2009 PRIMAPAGINA Pagina 1 GIUSTIZIA.
Ma è scontro. Altolà del Csm Sulle intercettazioni fiducia della Camera
INTERCETTAZIONI. Sul ddl intercettazioni il governo Berlusconi incassa alla
Camera il 19° voto di fiducia. Ma le polemica non si placa. L'opposizione si
compatta e scrive al capo dello Stato per esprimere il «profondo disagio» per
un testo «politicamente eversivo». E per oggi, sul complesso della legge si
annuncia il voto segreto. Che agita la maggioranza, visto che non tutti nella
coalizione simpatizzano per il contenuto del ddl. Un testo che per l'Anm segna
«la morte della giustizia penale in Italia». Contro la legge Alfano si
mobilitano anche editori e giornalisti.2 CSM E CLANDESTINI. Il Csm boccia intanto
il pacchetto sicurezza che introduce il reato di clandestinità per gli
immigrati: «Paralizzerà gli uffici giudiziari». Ma Napolitano striglia: «I
pareri sui disegni di legge siano più tempestivi». 4
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( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Primo Piano
Pagina 102 Referendum. Berlusconi annuncia la sua linea. Non vuole scontentare
gli ex di An «Nessun sostegno ma io voterò sì» Referendum.. Berlusconi annuncia
la sua linea. Non vuole scontentare gli ex di An --> ROMA Dopo aver
garantito a Umberto Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del
referendum del 21 giugno, Silvio Berlusconi spiega comunque che lui, come
Gianfranco Fini, andrà a votare e voterà sì. Una presa di posizione che
rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. «Berlusconi -
dice il Senatur - mica è scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca
tutto». Non solo. Il leader della Lega è in ogni caso convinto che il referendum
non aiuti politicamente il presidente del Consiglio. «Lui - ragiona Bossi - non
seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli
direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del
sistema elettorale, dunque, secondo i desiderata della maggioranza, andrà
quindi riproposta attraverso la via delle riforme in Parlamento alle quali è
direttamente collegata, visto che il Senato dovrebbe diventare federale. Bossi
conferma che dopo i ballottaggi partirà un confronto in maggioranza sul questo
tema, magari con una sorta di conclave di Pdl, Lega e Governo. «È un'idea di
Berlusconi - spiega - e va bene. Chi ha più idee le tiri fuori». Insomma, anche
se si aprono nuovi fronti a partire dal no di Fini alle gabbie salariali,
almeno sul referendum le acque nella maggioranza sembrerebbero meno agitate.
«Non capisco - puntualizza anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa -
perchè ci sia questa mania di vedere Fini alternativo al Pdl, mi pare che la
sua dichiarazione sia stata chiarissima, dov'è il contrasto? Berlusconi in
serata ha detto la stessa cosa». «Non c'è nessun rischio di spaccatura»,
assicura anche l'altro coordinatore del Pdl, Denis Verdini. Intanto, il Pd
continua con la linea del low profile sul referendum, nonostante l'ala
parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì a maggior
ragione dopo il disimpegno di Berlusconi. Mentre, dall'altro lato, la sinistra
va comunque all'attacco della scelta di Franceschini e dei suoi di dare indicazione
per il sì. «Mantenere il sì - attacca Claudio Fava, Sl - non significa voler
cambiare l'attuale legge elettorale, ma più semplicemente fare un favore a
Berlusconi. È un atto di miopia politica». In tutto questo, i referendari vanno
all'attacco. «I nostri quesiti - dice il presidente del Comitato, Giovanni
Guzzetta - sono nella morsa dei ricatti». Il che, a suo avviso, dovrebbe
stimolare la gente ad andare a votare visto che il referendum «mira a
migliorare la democrazia», evitando che la politica italiana spenda «la maggior
parte del tempo a risolvere problemi dettati da alleanze e ricatti». Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato anche le condizioni
di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal
regolamento della Vigilanza sulla campagna elettorale, con tanto di ricorso
alla Consulta. Ricorso, però, rigettato ieri dalla Corte Costituzionale.
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( da "Arena, L'" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Giovedì 11 Giugno
2009 NAZIONALE Pagina 2 LEGGE ELETTORALE. Il comitato promotore presenta
ricorso: la Consulta lo rigetta. Berlusconi: non appoggio vado a votare sì.
Bossi: ma Silvio sa che si spacca tutto Rebus referendum, lotta per gli spazi
in tv ROMA Dopo aver garantito a Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale
a favore del referendum del 21 giugno, Berlusconi spiega comunque che lui, come
Fini, andrà a votare e voterà «sì». Una presa di posizione che rassicura gli ex
di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. E ieri la
Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei
referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la
Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale
annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio
pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno. Sul fronte
politico continuano invece le schermaglie. «Berlusconi», dice Bossi, «mica è
scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto. Lui stesso non
seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli
direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del
sistema elettorale, dunque, secondo la maggioranza, andrà quindi riproposta
attraverso la via delle riforme istituzionali. E Bossi conferma che dopo i
ballottaggi partirà su questo un confronto in in maggioranza. Intanto si
profilano però nel centrodestra nuovi scontri tra Fini e, Bossi come quello
sulle gabbie salariali, la differenziazione dei salari secondo le aree
territoriali in base al costo della vita. Il presidente della Camera è assolutamente
contrario, Bossi ha confermato ieri che l'ipotesi piace alla Lega. Il Pd
continua con la linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala
parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì. La sinistra
invece è in allarme: «Mantenere il sì», dice Fava, Sl, «non significa voler
cambiare l'attuale legge elettorale, ma fare un favore a Berlusconi. È un atto
di miopia politica». In tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I
nostri quesiti», dice il presidente del Comitato, Guzzetta, «sono nella morsa
dei ricatti. Per questo bisogna andare a votare. Il referendum mira a
migliorare la democrazia», Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato le
condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso,
dal regolamento della Vigilanza Rai sulla campagna elettorale. Ma il loro
ricorso è finito male.
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( da "Arena, L'" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Giovedì 11 Giugno
2009 SPETTACOLI Pagina 52 LIVE. STASERA ALLE 20,30 IN CORTE CADREGA Il
Trio Pepe, assaggio del «Carega Jazz» In programma brani di Stanley Clarke,
Marcus Miller e Miles Davis Come anteprima del «Carega Jazz Festival», stasera
alle 20,30 in
Corte Cadrega, in centro storico (nel rione tra Corso Portoni Borsari e
Lungadige Panvinio), ad ingresso libero, concerto jazz del Trio Pepe, che
proporrà brani di Stanley Clarke, Marcus Miller, Miles Davis. Leader della formazione è il bassista Pepe Gasparini, direttore
del CSM di Verona (ove,
dall'Inghilterra, ha imporato lo speciale corso BTEC - National Diploma in
Popular Music), nonché attivo in gruppi come la Big Band Ritmo-Sinfonica Città
di Verona, il Wood Quartet (jazz cameristico), i Watershed (jazz funk), e a
fianco del cantautore Marco Ongaro. Alla tromba e al flicorno il
siciliano Massimo Greco, che con l'Orchestra Siciliana Jazz di Palermo ha
suonato con Carla Bley, Steve Swallow, Enrico Rava, Lee Konitz. Titolare di una
manciata di dischi a proprio nome (uno registrato al Jazz Festival di
Montreux), ha inciso con Gianluigi Trovesi, e collaborato con Franco D'Andrea,
Dave Liebman, Elton Dean, nonché con Zucchero (anche all'Arena di Verona).
Completa il Trio Pepe il vibrafonista veronese Michele Pachera, diplomato in
percussioni nel nostro Conservatorio e in musica jazz al Conservatorio di
Trento. Pachera fa parte del Wood Quartet e degli Abendmusiken, e ha
collaborato con Franco D'Andrea, Mauro Negri, Ellade Bandini, De Piscopo, Bruno
Tommaso. B.M.
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( da "Unita, L'" del
11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Immigrati
irregolari La Toscana garantisce l'accesso alle cure ITALIA-RAZZISMO è promossa
da: La buona notizia è che, con una disposizione in controtendenza rispetto
agli ultimi provvedimenti del governo, la Regione Toscana ha approvato una
legge per garantire anche agli immigrati irregolari il pieno esercizio del
diritto di accesso alle cure mediche. La cattiva notizia, per la verità, non
c'è: c'è solo una sgangherata reazione del centrodestra. Il presidente del
Consiglio, sempre attento al rispetto dei ruoli istituzionali, ha definito la
legge «qualcosa di insensato»; il ministro Matteoli ha avanzato l'ipotesi di
impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale; il
Pdl della Toscana, ha annunciato una raccolta di firme per promuovere il
referendum abrogativo della normativa. Ma c'è un'altra buona notizia: la nostra
Costituzione tutela il diritto alla salute di ogni individuo in quanto tale,
come diritto fondamentale della persona non subordinato alla cittadinanza né
tantomeno al possesso di un regolare permesso di soggiorno. La Consulta
è già stata investita di questioni simili e la sua posizione, anche di recente,
è stata chiarissima: «È manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione
di una prestazione assistenziale (...) al possesso di un titolo di
legittimazione alla permanenza nel territorio, che richiede, per il suo
rilascio, la titolarità di un reddito. Tale irragionevolezza incide sul diritto
alla salute (...); ne consegue il contrasto non solo con l'art. 3, ma anche con
gli artt. 32, 38 e con l'art. 2 della Costituzione, tenuto conto che quello
alla salute è un diritto fondamentale della persona» (Corte Cost. 30 luglio
2008, n. 306). Limpido, no? Il diritto e il buon senso sembrano andare -
quietamente, diremmo - nella medesima direzione. Che sollievo, per una volta.
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( da "Secolo XIX, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Editori e
giornalisti: libertà di stampa a rischio le norme sull'informazione Nota
congiunta di Fieg e Fnsi: anticostituzionali le limitazioni al diritto di
cronaca. I giornalisti si preparano allo sciopero 11/06/2009 Roma. Il mondo
dell'editoria si mobilita contro il disegno di legge Alfano sulle
intercettazioni. Federazione nazionale della stampa (il sindacato dei
giornalisti) e Federazione italiana editori giornali firmano insieme un appello
al Parlamento e a tutte le forze politiche contro un provvedimento giudicato
anticostituzionale, chiedendo le «necessarie
correzioni». La Fnsi pensa allo sciopero, a forme di disobbedienza civile, al
ricorso alla Consulta e alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il
provvedimento, avvertono Fieg e Fnsi in una nota congiuntai, introduce
«limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «sanzioni sproporzionate a
carico di giornalisti ed editori», previsioni che «violerebbero il fondamentale
diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla
Convenzione europea dei diritti dell'uomo». Editori e giornalisti concordano
sulla necessità di tutelare la privacy delle persone, specie se estranee alle
indagini, «ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con
tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato:
limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti
per la pubblica opinione, quali le indagini investigative». Nella stessa
direzione vanno «le sanzioni detentive nei confronti dei giornalisti e la
responsabilità oggettiva a carico degli editori». Di qui la richiesta di
introdurre nel ddl «le correzioni necessarie alla tutela di valori essenziali
per la democrazia». Nel pomeriggio Fnsi, Unione nazionale cronisti italiani,
Ordine nazionale dei giornalisti e Associazione stampa romana hanno fatto il
punto sulle iniziative di protesta contro il ddl in una conferenza stampa nella
sede della stampa estera a Roma. «Il maxiemendamento del governo - ha detto
Guido Columba, presidente dell'Unci - modifica la legge in modo meno
sfavorevole ai diritti dell'informazione, ma siamo ancora molto lontani dagli
standard europei». «Se la legge sarà approvata così com'è - ha sottolineato il
segretario della Fnsi, Franco Siddi - sarà violato il diritto dei cittadini a
un'informazione piena, in particolare sulla cronaca giudiziaria, per la quale
saranno introdotti pesanti limiti, se non divieti o censure». Di qui
l'iniziativa con la Fieg, ma in prospettiva, ha aggiunto Siddi, il sindacato
dei giornalisti è pronto «a portare avanti la sua battaglia utilizzando l'arma
dello sciopero, nonchè ricorrendo alla Corte Costituzionale
e alla Corte europea dei diritti dell'uomo». Sono allo studio anche «forme di
disobbedienza civile: dobbiamo trovare i modi afffinché le notizie di interesse
pubblico arrivino comunque al cittadino». D'accordo il presidente dell'Ordine
nazionale, Lorenzo Del Boca, convinto che la nuova legge renda «l'informazione
più debole», arrivando a «consentire agli editori di controllare quanto viene
pubblicato per evitare eventuali sanzioni». Il presidente della Fnsi, Roberto
Natale, ha citato un'intervista all'onorevole Giulia Bongiorno, presidente
della commissione Giustizia della Camera e relatore del provvedimento: «Ha
definito la prima versione del ddl un ritorno alla preistoria. Ma con il
maxiemendamento siamo passati al Medioevo: non siamo ancora in una situazione
di democrazia occidentale. La Camera ha dato un voto che riteniamo pessimo,
continueremo la nostra battaglia, scioperando e rivolgendoci alla Consulta e alla
Corte di Strasburgo». 11/06/2009 correzionicondiviseIl testo è stato largamente
modificato con il contributo dell'opposizione paolo romaniviceministro
Comunicazioni 11/06/2009
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( da "Repubblica, La"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 9 - Interni
Intercettazioni, ossessione del Cavaliere tra donne, televisioni e dolci di
mafiosi Ecco quello che con le nuove regole non leggerete più sui giornali Il
caso Vietato trascrivere anche se un capo Rai chiede silenzio su dati
elettorali non graditi al Capo Quella festa di Capodanno con Craxi e le ragazze
di Drive In che non arrivavano più (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
GIUSEPPE D´AVANZO Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore
(Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi). Berlusconi.
Iniziamo male l´anno! Dell´Utri. Perché male? Berlusconi Perché dovevano venire
due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori
dalla grazia di Dio! Dell´Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In? Berlusconi.
Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l´anno,
non si scopa più! Dell´Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro
posto! La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente
del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network
televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla
Corte Costituzionale. Già l´anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome
di Berlusconi era saltato fuori in un´intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà,
e il fratello di Marcello Dell´Utri, Alberto. Cinà. Lo sai quanto pesava la
cassata del Cavaliere? Dell´Utri. No, quanto pesava, quattro chili?
Cinà. Sì, va be´! Undici chili e ottocento! Dell´Utri. Minchione! E che gli
arrivò, un camion gli arrivò? Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal
falegname, altrimenti si rompeva! Perché un mafioso di primo piano come Cinà si
prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane
ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di
ingraziarselo. Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad
Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: «Io
sai che poi ti ricambierò dall´altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore,
mi impegno a
eh! A darti un grande sostegno». Che cosa
chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a
conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari... Ancora
uno stralcio: Saccà. Lei è l´unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire
Berlusconi. Io qualche volta di donne
e ti chiedo
per sollevare il
morale del Capo (ridendo). E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di
sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna
«perché sta diventando pericolosa». è l´ascolto di queste conversazioni,
disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico
televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier
vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla
pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy. Per scardinare,
nell´opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali,
telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe
intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito
nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate
leggende. Dice: «Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante,
inaccettabile in una democrazia». Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli
italiani intercettati sono addirittura «30 milioni» mentre sono 125 mila le
utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati). Alla
procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all´anno,
le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136). Altra
bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento
del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di
quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro
i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia). Senza dire che, per
inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni
tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al
giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e l´esecutivo non ha tentato
nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe
agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all´estero). Nonostante
questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola
indagine. Il caso di scuola è l´inchiesta Antonveneta. Costo dell´indagine, 8
milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64
indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche
decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione
di nuovi asili. Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto
a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro
relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e
radicato. Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di
quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più
indifeso, più smarrito. Se la legge dovesse essere confermata così com´è al
Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato
soltanto quando hanno già ottenuto quei «gravi indizi di colpevolezza» che
giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c´è delle
intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive
l´associazione magistrati. Certo, è l´eclissi di un segmento rilevante
dell´informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei
"riassuntini" dell´inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà
pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione. La cronaca,
queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese
delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità
penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e
pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di
essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto,
attossica l´ordinato vivere civile. Immaginate che ci sia un dirigente della
Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli
chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per
«il Capo». Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il
conduttore spiega che quello è «un ordine del Capo». Non c´è nulla di penale, è
vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la
scena somministrata loro, quella sera, era truccata? Bene, ammesso che questa
sia stata una conversazione intercettata recentemente in un´inchiesta
giudiziaria, non la leggerete più perché l´ossessione del premier, diventata
oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere.
Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l´occasione.
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( da "Repubblica.it"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
"Se escono
fuori registrazioni lascio questo Paese". Lo disse Berlusconi l'anno
scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni.
Più che un'offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d'indagine
essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. "Permetteremo le
intercettazioni - disse nelle Marche quel giorno, era aprile - soltanto per
reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di
carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe
salatissime per gli editori che le pubblicano". Come d'abitudine, il
Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è
un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta
degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al
lavoro. E, dagli strumenti dell'informazione, un utensile che, maneggiato con
cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare
le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni
- magari perché il suo interlocutore era sott'inchiesta, come gli è accaduto
nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell'Utri - è per
il Cavaliere un'ossessione, un'ansia, una fobia. Ci è incappato più d'una
volta. Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi
festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi). Berlusconi. Iniziamo male
l'anno! Dell'Utri. Perché male? Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze]
di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di
Dio! OAS_RICH('Middle'); Dell'Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In?
Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia
così l'anno, non si scopa più! Dell'Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare
in un altro posto! La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un
presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi
network televisivi, un decreto legge su misura, poi
bocciato dalla Corte Costituzionale. Già l'anno prima, il giorno di Natale del
1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un
mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto. Cinà. Lo
sai quanto pesava la cassata del Cavaliere? Dell'Utri. No, quanto
pesava, quattro chili? Cinà. Sì, va be'! Undici chili e ottocento! Dell'Utri.
Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò? Cinà. Certo, ho dovuto far
fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva! Perché un mafioso di primo
piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al
Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di
Cosa Nostra di ingraziarselo. Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere
un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio
2007, gli dice: "Io sai che poi ti ricambierò dall'altra parte, quando tu
sarai un libero imprenditore, mi impegno a ... eh! A darti un grande
sostegno". Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una
soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O
magari... Ancora uno stralcio: Saccà. Lei è l'unica persona che non mi ha mai
chiesto niente, voglio dire... Berlusconi. Io qualche volta di donne... e ti
chiedo... per sollevare il morale del Capo (ridendo). E in effetti, con molto
tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in
considerazione questa o quella attrice. Qualcuna "perché sta diventando
pericolosa". È l'ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei
rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in
teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole
rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla
pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy. Per scardinare,
nell'opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali,
telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe
intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito
nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate
leggende. Dice: "Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto
allucinante, inaccettabile in una democrazia". Fa dire al suo ministro di
Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura "30 milioni"
mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli
italiani intercettati). Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200
mila fascicoli penali all'anno, le indagini con intercettazioni restano sotto
il 3 per cento (6136). Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si
"mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece
sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per
cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale
della giustizia). Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al
gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare
un telefono fisso, 2 euro al giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e
l'esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un
pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica
(accade all'estero). Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da
sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l'inchiesta Antonveneta.
Costo dell'indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il
patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di
intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio,
come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili. Comunque la si giri e la si
volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei
suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il
malaffare dovunque sia diffuso e radicato. Per il cittadino che chiede
sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una
sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito. Se la legge
dovesse essere confermata così com'è al Senato, i pubblici ministeri potranno
chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei
"gravi indizi di colpevolezza" che giustificherebbero il suo arresto.
E allora che bisogno c'è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della
giustizia penale, come scrive l'associazione magistrati. Certo, è l'eclissi di
un segmento rilevante dell'informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei
"riassuntini" dell'inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà
pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione. La cronaca,
queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese
delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità
penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e
pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di
essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto,
attossica l'ordinato vivere civile. Immaginate che ci sia un dirigente della
Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli
chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per
"il Capo". Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente
con il conduttore spiega che quello è "un ordine del Capo". Non c'è
nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai
telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata?
Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente
in un'inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l'ossessione del
premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto
chi ha il potere. Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né
l'occasione. (11 giugno 2009
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-11 - pag: 16 autore: Un'occasione
chiamata Expo Da più di un secolo l'Expo 2015 è una finestra sul mondo. Avrà a
che fare con il "food", dalla sfida della ricerca di nuovi alimenti
al problema della fame nel mondo. I temi sembrano stimolanti.Un'esposizione sul
tema di 6 mesi di durata, tra 5 anni, un po' meno.Supponiamo che l'umanità
finalmente si sia decisa a risolvere, ad esempio, il problema che quasi un
miliardo dei suoi iscritti è abbondantemente sottonutrito. Immaginiamo che nel
cercare di risolvere questo problema,l'umanità abbia deciso di affidare
all'Italia per 5 anni la promozione e il coordinamento di una serie
d'interventi che risolvano la questione in maniera significativa e strutturale.
L'Italia,ovviamente,dovrà stimolare idee, aggregare competenze e risorse
finanziarie, garantire un coordinamento complessivo tra tutti coloro che
accetteranno di essere coinvolti in un così nobile progetto. Programma che,
guarda caso, termina con una grande celebrazione: nel bel mezzo del 2015 ci si
ritrova a Milano, in Italia, e per6 mesi le grandi istituzioni che hanno voluto
partecipare al programma hanno la possibilità di mostrare al mondo il
contributo apportato e l'impatto conseguito.Se tutto ciò fosse vero,l'Expo
sarebbe una lunga e bella festa per celebrare la fine della fame nel mondo!
Piena di significato. Io ci andrei! Stefano Napoletano Milano R i solti (
almeno pare) gli aspetti organizzativi, logistici e retributivi, possiamo
cominciare a pensare cosa mettere dentro il grande e ambizioso contenitore del
2015: nel suo "road show", Milano aveva insistito proprio sugli
aspetti che stanno a cuore al lettore. Non so se l'Expo riuscirà a
rappresentare il punto d'arrivo di una campagna efficace di sradicamento della
fame nel mondo; però è fondamentale che si ponga obiettiviambiziosi e susciti
speranze diffuse. Quella che l'aveva preceduta a Milano, nel 1906, aveva
segnato la fiducia nel progresso, sancita dalla realizzazione di un'opera
colossale come il traforo del Sempione. Adesso s'insiste sull'inutilità di
opere faraoniche; e allora vada per l'Expo leggera,purché
espressionediunpensierosolido. • Pensieri privati La privacy è ovviamente cosa
importante, però ho l'impressione che le intercettazioni telefoniche siano una
preoccupazione un po' più per le persone con la coscienza sporca,e un po' meno
perle persone con la coscienza pulita. Può darsi che sia solo una mia
sensazione, però di una cosa sono persuasa, che se un giorno uno scienziato
fosse sul punto di realizzare un apparecchio capace d'intercettare i pensieri,
sarebbe eliminato (lui, non l'apparecchio!) in men che non si dica, non da
persone con la coscienza pulita, ma da persone con la coscienza sporca. Se
invece la geniale invenzione si diffondesse, e fosse alla portata di tutti, la
gente semplice, buona e onesta, con tutta probabilità riuscirebbe ad adattarsi
alla nuova situazione. Veronica Tussi e-mail Tra Usa e Italia La Corte suprema
degli Stati Uniti ha preso una decisione sulla questione Fiat–Chrysler in un
giorno. La stessa decisione della Corte costituzionale
italiana avrebbe richiesto mesi se non anni. Negli Usa ci sono 3 milioni di
detenuti,l'1% della popolazione.Se la proporzione venisse rispettata, in Italia
dovrebbero esserci 600mila detenuti. Ce ne sono meno di un decimo. Alberto
Giacomo Faravelli e-mail Assenza di valori Verrebbe da dire, visto l'ultimo
posto delle scuole italiane nella classica mondiale, che prima di essere
multi-culturali dovremmo essere semplicemente colti. Di certo, il basso livello
culturale, l'assenza di valori, l'abbandono di tradizioni e costumi nazionali
sono una delle ragioni dell'arrivo in massa di immigrati. Francesco Deambrois
e-mail
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-11 - pag: 16 autore: ... DIRITTO
ALLA DEDUCIBILITà Irap, il rinvio e il click day L' imposta regionale sulle
attività produttive si è meritata un ravvedimento. Solo parziale, però.
Decidendo di rimandare a settembre il momento d'avvio per le richieste di
rimborso relative all'Irap, l'agenzia delle Entrate ha sicuramente mostrato
sensibilità. E, del resto, apparivano più che giustificate le proteste dei professionisti
che lamentavano i tempi strettissimi – una settimana – per preparare le domande
relative a una norma in vigore dall'autunno scorso. Ma attivata per intero solo
venerdì scorso. C'è un profilo, tuttavia, che non convince ancora. La
deducibilità parziale dell'Irap – in attesa che la Corte costituzionale
si pronunci sul tema – è stata riconosciuta da una legge dello Stato. Come
tale, è divenuto un diritto che spetta al contribuente. Legare l'esercizio
concreto di questo diritto a un "click day", come si fa di solito per
l'accesso alle agevolazioni, significa istituire una graduatoria dei
richiedenti. L'Agenzia ritiene che i fondi siano sufficienti per tutti. Ma
allora non si comprende perché servano un termine e una graduatoria.
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-11 - pag: 18
autore: I RILIEVI DEL CSM Reato
di clandestinità Nel parere approvato all'unanimità dalla VI commissione e
recepito (con il no dei laici del Pdl) dal plenum, il Csm critica
l'introduzione del reato di clandestinità prevista dal Ddl sicurezza per
l'«eccezionale aggravio»che produrrà sugli uffici giudiziari. Senza
nemmeno avere un «effetto deterrente» visto che sarà punito con la sola
sanzione pecuniaria Inasprimenti di pena Il Csm condivide nel merito gli
aumenti di pena previsti dal Ddl ma mette in guardia dal rischio di sovraffollamento
carcerario che potranno provocare
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 31 autore: ANALISI Ma il
peccato originale è aver colpito chi dà lavoro di Raffaele Rizzardi L' Irap è
nata male e continua a fare danni: l'ultimo è quello relativo alla procedura di
rimborso, a fronte della deducibilità postuma di un decimo del tributo
regionale nel calcolo dell'Irpef o dell'Ires, per porre rimedio alla più grande
anomalia di questo tributo, ovvero l'indeducibilità della componente calcolata
sul costo del lavoro e sugli oneri finanziari. Sin dall'istituzione dell'Irap
abbiamo posto in evidenza che questa regola raddoppia l'incentivo fiscale a
favore di chi produce all'estero, con analoga doppia contropartita a carico di
chi dà lavoro in Italia. L'effetto non deriva solo dal pagamento di questo
tributo (più simile a un contributo, per la sua fondamentale destinazione alla
copertura dei costi del servizio sanitario regionale), ma anche dall'aumento
dell'aliquota Irpef o Ires conseguente al calcolo di questi tributi anche
sull'Irap pagata dall'imprenditore o lavoratore autonomo. Solo chi non ha costi
di lavoro (e/o interessi) paga l'imposta personale con le aliquote nominali dei
tributi personali: l'aumento reale di questi tributi è tanto più rilevante
quanto più il valore aggiunto è formato da costi di lavoro e oneri finanziari.
E a questo riguardo, mentre il Tuir ha attenuato la penalizzazione a carico dei
fornitori della pubblica amministrazione, concedendo una regola di deduzione
supplementare degli oneri finanziari, lo stesso non avviene per l'Irap: quanto
più tardi paga la pubblica amministrazione, con la necessità di trovare
prestiti onerosi per la sopravvivenza dell'impresa, tanto più incassa la
Regione con l'Irap. La deducibilità limitata al 10% è stata concessa come
espediente tattico, per rimandare nel tempo il giudizio della Corte costituzionale. Per ora la Corte può fare rinvio in base
allo jus superveniens, ma è indubbio che la capacità contributiva di un
terzista – per fare un esempio – non è tale da giustificare la spremitura
fiscale. Al quadro mancava solo una procedura di rimborso a tambur battente,
che avrebbe reso impossibile la vita di aziende e professionisti in un momento
di grande lavoro per gli adempimenti fiscali. Ben venga, allora, la proroga. Ma
il principale difetto dell'Irap resta sostanzialmente irrisolto.
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 38 autore: La censura La
decisione La Corte costituzionale ha censurato la
disposizione centrale della legge che punisce il downloading illegale da
internet. La Corte ha ritenuto che la sanzione prevista dalla legge del 13
maggio- cioè la sospensione amministrativa dell'abbonamento a internet– leda i
diritti fondamentali. L'efficacia di questa legge, voluta da Sarkozy, è dunque
annullata La motivazione La Corte ha ritenuto che la libertà di comunicazione
enunciata nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo implichi,«considerando lo
sviluppo generalizzato di internet»,la«libertà di accedere al servizio di
comunicazione al pubblico online»e ha giudicato che la revoca dell'abbonamento
non possa spettare a un'autorità amministrativa,come previsto dalla legge
censurata,ma al giudice La presunzione di innocenza Per la Corte, inoltre, la
legge censurata nega la presunzione d'innocenza perché prevede di punire il
titolare del contratto di abbonamento a internet. Spettava a quest'ultimo,
infatti, dimostrare di non essere il responsabile dei reati (il downloading illegale).
Un aspetto, secondo la Corte costituzionale, viziato
da incostituzionalità
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 38 autore: Francia. La Corte
sul download illegale I giudici delle leggi danno lo stop allo sceriffo
digitale Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente è stato uno dei testi
fondamentali della Rivoluzione francese a impallinare, ancor prima che si
mostrasse fisicamente, lo sceriffo digitale. Due articoli della Dichiarazione
dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 hanno
permesso alla Corte costituzionale di censurare la parte più importante della legge su internet,
quella sanzionatoria che punisce i pirati staccandogli il collegamento, dopo
due avvertimenti, per aver scaricato illegalmente file musicali e film. Rischia
così di finire nel nulla la più aspra battaglia parlamentare dell'era Sarkozy,
talmente accesa e confusa da aver stravolto nei mesi scorsi (la legge era stata
approvata in via definitiva a metà maggio) le coordinate politiche di
riferimento: la sinistra l'ha osteggiata attirandosi le ire di una parte
importante del mondo dello spettacolo e della cultura, che si è sentita
ideologicamente tradita. I Saggi hanno citato a favore della censura
l'articolo11 e l'articolo 9 della Dichiarazione. Il primo protegge la libertà
di espressione e comunicazione, una libertà fondamentale «che potrà essere
limitata - sostiene la Corte - solo dall'autorità giudiziaria ». Il secondo
evoca «la presunzione di innocenza», mentre l'aspetto repressivo della legge si
basa sull'onere della prova a carico del titolare dell'abbonamento che è stato
oggetto della sanzione. Di fatto viene cancellata l'Autorità amministrativa che
avrebbe dovuto ordinare ai fornitori di accesso a internet l'esecuzione
immediata dell'interruzione del collegamento. Passa in questo modo lo stesso
principio della normativa approvata recentemente dal Parlamento europeo.
Nonostante il rovescio clamoroso, Christine Albanel, ministro della Cultura, ha
detto di voler andare avanti. Difficile capire in che modo. Il testo dovrà
comunque tornare in Parlamento poiché le prerogative sanzionatorie
dell'autorità amministrativa dovranno essere trasferite a quella giudiziaria,
con tutte le complicazioni del caso. Se dall'onere della prova si passa alla
presunzione d'innocenza, basterà allora un ricorso per sospendere l'azione
giudiziaria e quindi l'interruzione del collegamento? In tal caso la legge
perderebbe tutta la sua efficacia, così come il concetto di "risposta
graduale" sul quale poggia il dispositivo: due avvertimenti, il primo via
mail e il secondo per raccomandata, poi la punizione. La censura della Corte
contraddice inoltre quanto aveva affermato il ministro durante il dibattito
parlamentare, e cioè che «internet non può essere considerata come una libertà
fondamentale». A quanto pare, invece, lo è. Esulta l'opposizione socialista che
già era riuscita a bocciare il testo a fine aprile all'Assemblea nazionale
grazie all'astensionismo record dei deputati della maggioranza e che il 19
maggio aveva presentato ricorso alla Corte costituzionale:
«La decisione conferma ciò che sosteniamo da sempre: internet è un diritto
fondamentale », ha commentato Patrick Bloche, parlamentare del PS tra i più
impegnati contro la proposta di legge. Il tormentone continua, anche se
Christine Albanel vuole istituire l'Aurorità e cominciare a far funzionare
l'apparato di prevenzione in autunno. Tutto era cominciato quasi due anni fa
con la presentazione all'Eliseo di un rapporto in materia voluto da Nicolas
Sarkozy. Autore di quel rapporto era stato Denis Olivennes, allora presidente
della Fnac e oggi alla guida del gruppo editoriale NouvelObs. Manager di
sinistra, vicino al mondo della cultura, dell'arte e dello spettacolo, aveva
inventato lui la "risposta graduale", il meccanismo sanzionatorio e
infine l'autorità pubblica - Hadopi secondo l'acronimo francese - che avrebbe
dovuto applicare il tutto. Da allora è stato un calvario legislativo, una
catena di polemiche, appelli, raccolte di firme, lettere aperte di artisti e
gruppi di pressione, invocazioni al PS traditore. La testimonianza di quanto
sia difficile imbrigliare con schemi tradizionali i pirati della Rete. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA COLLEGAMENTO IN SALVO La revoca dell'abbonamento non può
spettare a un'autorità amministrativa ma al magistrato
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(
da "Corriere della Sera"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera sezione: Politica data: 11/06/2009 - pag: 13 Editori e giornalisti «Si indebolisce l'informazione» MILANO Il mondo dell'editoria contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e Federazione italiana editori giornali (Fieg) hanno firmato insieme un appello al Parlamento e a tutte le forze politiche contro un provvedimento giudicato «anticostituzionale», chiedendo le «necessarie correzioni». Il ddl Alfano, scrivono nella nota Fnsi e e Fieg, «introduce limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori», previsioni che «violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo». Editori e giornalisti «concordano sulla necessità che sia tutelata la riservatezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini, ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione quali le indagini investigative». Per Franco Siddi, segretario della Fnsi, «se la legge sarà approvata così com'è, sarà violato il diritto dei cittadini a un'informazione piena, in particolare sulla cronaca giudiziaria per la quale saranno introdotti pesanti limiti». Il sindacato dei giornalisti è pronto «a portare avanti la sua battaglia utilizzando l'arma dello sciopero, >ricorrendo
anche alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo».
Allo studio «forme di disobbedienza civile». Lorenzo Del Boca, presidente
dell'Ordine nazionale, si è detto convinto che la nuova legge renda «l'informazione
più debole», mentre Roberto Natale, presidente della Fnsi denuncia che «con il
maxiemendamento siamo passati al Medioevo: non siamo ancora in una situazione di democrazia
occidentale». D'accordo Guido Columba, presidente dell'Unci: «Con il maxiemendamento
siamo ancora lontani dagli standard europei».
(
da "Corriere della Sera"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 11/06/2009 - pag: 23 La rete e il copyright
Nuovo arresto per la normativa che punisce chi scambia illegalmente i file
Francia, il diritto a Internet non si tocca La Corte costituzionale boccia la legge antipirateria
voluta da Sarkozy Quando si dà la caccia ai pirati (virtuali), le rotte
rischiano di essere costellate di naufragi (molto concreti). Ne sa qualcosa, da
ieri, Nicolas Sarkozy: la sua legge anti corsari del Web ha subìto una seconda,
pesante battuta d'arresto. Fermata in Parlamento il 9 aprile, con 21
voti contro e 15 a
favore su 577 deputati, approvata il 13 maggio (dopo un'ovvia sfuriata del
presidente agli «assenteisti»), infine censurata dal Consiglio costituzionale francese. Uno stop che nasce proprio dal
passaggio cruciale della Loi Création et Internet, quello che aveva suscitato
le maggiori critiche e al tempo stesso il plauso di chi invoca misure drastiche
contro la pirateria online: il «taglio» del collegamento Internet a chi scarica
illegalmente dalla Rete materiale protetto da copyright. Una sanzione ammini--
strativa che avrebbe dovuto scattare con la terza segnalazione (da parte dei
«guardiani » dell'industria) all'Hadopi, la nuova autorità indipendente per la
protezione dei diritti sul Web. Secondo il Consiglio, di cui fanno parte gli ex
presidenti Valery Giscard D'Estaing e Jacques Chirac, la sanzione lederebbe la
libertà di comunicazione ed espressione garantita dalla Dichiarazione dei
diritti dell'uomo. Che oggi, «considerando lo sviluppo generalizzato di
Internet scrivono i 9 «saggi» , implica la libertà di accedere ai servizi di
comunicazione al pubblico online ». Quindi, la possibilità di intervenire con
una sospensione può spettare solo al giudice, non certo a un'entità amministrativa
come l'Hadopi. Una posizione analoga a quella sostenuta, il 6 maggio, dai
deputati del Parlamento europeo: a maggioranza schiacciante (407 voti contro
57, 10 astenuti) avevano stabilito che i diritti fondamentali dei «navigatori
della Rete» non potessero essere limitati «senza decisione preliminare delle
autorità giudiziarie ». A questo si somma un altro aspetto di
incostituzionalità: punire il titolare del contratto di abbonamento,
delegandogli l'incombenza di dimostrare la propria estraneità al reato,
significa negare la presunzione d'innocenza. L'opposizione (che il 19 maggio
aveva appunto interpellato in merito il Consiglio) riprende così fiato dopo la
batosta delle Europee; il ministro della Cultura, Christine Albanel,
controbatte annunciando una modifica del testo. A Strasburgo, intanto, ci si
prepara allo sbarco dei «pirati »: il Piratpartiet svedese, braccio politico
dei «corsari del Web» di PirateBay, si è aggiudicato il 7,4% dei voti e un
seggio in Europa. Al primo posto in agenda, la riforma della legge sul
copyright. Gabriela Jacomella gjacomella@corriere.it Sconfitto Nicolas Sarkozy
in visita a una scuola francese: figlio di un immigrato ungherese, 54 anni, è
presidente dal 2007 La sentenza La motivazione: così si lede la libertà di
comunicazione garantita dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo
(
da "Manifesto, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
LIBERTÀ
DI STAMPA Giornalisti e editori sul piede di guerra pronti a scioperare
Alessandro Braga La libertà di stampa nel nostro paese è sancita dalla legge.
Non da una qualunque, ma dalla Costituzione. Che all'articolo 21, ai primi due
commi, recita testualmente così: «Tutti hanno diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
Bene, dimenticatevelo. Perché Silvio Berlusconi e la sua maggioranza, in attesa
di cambiare anche formalmente la Costituzione, iniziano (o continuano) a non
rispettarla, approvando leggi che la vìolano esplicitamente. Come nel caso
della legge sulle intercettazioni telefoniche, che ieri ha ottenuto il sì alla
fiducia messa dal governo sul provvedimento dall'aula della Camera e che oggi
verrà approvata da Montecitorio. Una legge che limita fortemente l'attività
giornalistica, arrivando a ipotizzare anche il carcere (da sei mesi a un anno,
commutabili in sanzione pecuniaria) per chi non rispetterà la norma. Gli atti
dei processi potranno essere pubblicati solo dopo essere stati portati a
conoscenza delle parti. In questo modo la nuova legge estende il regime che
fino ad oggi regolava solo gli atti giudiziari coperti dal segreto anche a
quelli non più coperti, «fino al termine dell'udienza preliminare». Che, con i
tempi lunghi della giustizia italiana, può voler dire dopo quattro anni, se
tutto va bene. Non è un caso che a insorgere contro la norma, insieme ai
magistrati, ieri siano stati anche i giornalisti e gli editori. Per una volta
insieme, dopo anni di litigi per il rinnovo del contratto giornalistico
conclusisi un paio di mesi fa. La nuova norma colpisce i giornalisti ma anche
gli editori. Prevede infatti che per ogni omesso controllo sulle pubblicazioni
l'editore paghi una multa da 64.500
a 465mila euro. Una cifra considerevole per un settore
che subisce più di altri i contraccolpi della crisi economica. Ma editori e
giornalisti non intendono restare a guardare di fronte a una legge che mina in
profondità la libertà di stampa nel nostro paese e sono pronti a mettere in
campo qualsiasi forma di opposizione alla norma. Ieri hanno diffuso un
comunicato congiunto in cui si condannano le «limitazioni ingiustificate al
diritto di cronaca» introdotte nella legislatura con «le sanzioni detentive nei
confronti dei giornalisti e la responsabilità oggettiva a carico degli editori»
e chiedono di introdurre nel disegno di legge «le correzioni necessarie alla
tutela di valori essenziali per la democrazia». Se ciò non dovesse avvenire i
giornalisti, ha avvertito Franco Siddi, segretario generale della Federazione
nazionale stampa italiana, «sono pronti a portare avanti la loro battaglia
utilizzando l'arma dello sciopero, nonché ricorrendo alla
Corte costituzionale e a
quella europea dei diritti dell'uomo». Non solo, si stanno studiando anche
«forme di disobbedienza civile per trovare il modo di far giungere ai cittadini
le notizie di interesse pubblico». E per farlo, sono pronti anche a pagare le
conseguenze della nuova infausta legge. Che questa battaglia non è fatta
per mantenere i privilegi di una casta, ma di civiltà e a difesa delle leggi
democratiche del nostro paese.
(
da "Messaggero, Il"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Giovedì
11 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO ROMA - «Questo disegno di legge sulle
intercettazioni è come una medicina destinata a curare una patologia. Ha un
effetto curativo ma comporta anche effetti collaterali la cui efficacia
occorrerà verificare nel tempo»: è un giudizio sostanzialmente positivo quello
che il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli dà sulla
riforma che ha ottenuto ieri il voto di fiducia e oggi dovrebbe concludere il
suo iter alla Camera. Presidente Mirabelli perché usa la metafora sanitaria?
«Voglio evidenziare che se non ci fosse una malattia non ci sarebbe bisogno
della cura da cavallo che il Governo e il Parlamento stanno mettendo a punto».
Questa riforma nasce dagli eccessi, dalle forzature? «In un certo senso sì.
Intendiamoci, penso che la nuova formulazione del maxi emendamento abbia
migliorato anche il testo varato dalla commissione giustizia. Ma se posso
avanzare una critica mi pare sia ormai invalso l'uso di eludere l'articolo 72
della Costituzione che impone di votare una legge articolo per articolo e poi
approvarla con votazione finale. I maxi articoli da una parte rendono più
rapido il percorso parlamentare, dall'altra non consentono votazioni specifiche
su norme che trattano argomenti diversi». In questo ddl si parla solo di
intercettazioni? «C'è una impostazione unitaria, ma vengono modificati più di
venti articoli dei codici di procedura penale e penale». E il suo giudizio nel
merito? «Faccio una sintesi. Si riduce la personalizzazione delle indagini e
l'esposizione mediatica spesso secondata dei pubblici ministeri. Ad esempio il
divieto di diffondere le foto e i nomi dei magistrati relativamente ai
procedimenti loro affidati, tende a rendere impersonale l'esercizio della
funzione. Nella stessa direzione l'obbligo di astensione per il magistrato che
rilasci dichiarazioni sul processo che gli è affidato. È positivo il
rafforzamento di poteri e responsabilità dei capi delle procure. Si pongono
limiti nell'uso delle intercettazioni e garanzie per la loro diffusione
impropria. È positivo tuttavia che la stampa possa dare sempre conto delle
indagini e pubblicare solo per riassunto anche atti senza attendere la fine
della udienza preliminare. Ed è positivo il divieto di trascrizione e
diffusione di parti di conversazioni riguardanti persone e circostanze estranee
alle indagini».
(
da "marketpress.info"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Giovedì
11 Giugno 2009 CON LA RIFORMA GELMINI 900 SCUOLE IN CALABRIA RISCHIANO LA
CHIUSURA Reggio Calabria, 11 giugno 2009 - Gli
impatti della cosiddetta riforma Gelmini sul dimensionamento dei plessi
scolastici sono
insostenibili per la Calabria. È quanto ha
sostenuto il vicepresidente della Giunta Domenico Cersosimo intervenendo
allincontro tra le Regioni che si è svolto a Roma con lo scopo di
valutare limpatto della riforma Gelmini sui singoli territori. Il Governo e le
Regioni avrebbero dovuto siglare entro il 15 giugno un intesa per dare attuazione ai tagli previsti dalla
riforma ma ieri le Regioni, anche accogliendo il grido dallarme lanciato
da Cersosimo, hanno deciso di chiedere una proroga e di prevedere un incontro con
il ministro Gelmini finalizzato a verificare congiuntamente le ricadute della
riforma sul sistema scolastico nelle diverse regioni e a trovare soluzioni
adeguate e graduali nei territori in cui i tagli potrebbero essere
insostenibili. Se si dovessero
applicare i parametri proposti dal Governo (chiusura delle scuole materne con
meno di 30 alunni, delle scuole elementari con meno di 50 alunni e delle
secondarie di primo grado con meno di 45 alunni) - ha aggiunto Cersosimo -
nella nostra regione nellanno scolastico 2010-2011
dovremmo chiudere circa 900 plessi, uno sconquasso drammatico. In particolare,
in un solo anno, scomparirebbero circa 400 plessi della scuola
dellinfanzia, 365 plessi di scuole primarie e 120 plessi di scuole
secondarie
di primo grado, con un coinvolgimento complessivo di oltre 20 mila alunni. Un
ridimensionamento del tutto inaccettabile e dannosissimo sotto il profilo
sociale e formativo. I dati forniti dal
Ministero solo qualche giorno fa mostrano che la Calabria sarà la regione più
penalizzata. Non siamo
pregiudizialmente contro una nuova configurazione dellorganizzazione
della scuola, né difendiamo la scuola calabrese così comè - ha spiegato
il vicepresidente Cersosimo - ma non possiamo accettare passivamente un massacro
indiscriminato delle strutture scolastiche pubbliche. È inevitabile laccorpamento di plessi scolastici patologicamente
sottodimensionati, a patto però che sia garantito appieno il diritto costituzionale degli alunni ad una formazione di qualità, che
sia assicurata dallo Stato la frequenza alle attività formative in strutture
idonee e che gli alunni e le loro famiglie non debbano essere sottoposti a
percorsi casa-scuola proibitivi. Cersosimo ha
chiesto che Governo, Regione, Enti locali e sistema scolastico
regionale approntino congiuntamente un piano di riorganizzazione dei plessi
sostenibile e graduato nel tempo in modo da minimizzare le rotture e al tempo
stesso valorizzare i benefici di unorganizzazione
più razionale ed efficace della rete scolastica locale. Ma sulla Riforma Gelmini
pesano anche i ricorsi alla Corte Costituzionale proposti
da alcune Regioni che hanno eccepito competenze regionali in materia di
istruzione ed il cui esame è cominciato ieri. E sempre ieri il Tar del Lazio si
è pronunciato su istanza di alcune associazioni di genitori rilevando che la
circolare attuativa sui Regolamenti Gelmini è stata emanata sulla base di atti
legislativi non ancora formalmente approvati. . <<BACK
(
da "marketpress.info"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Giovedì
11 Giugno 2009 PROTESI PER I BIMBI E I GIOVANI DELLA STRISCIA DI GAZA IL NUOVO
IMPEGNO DELLA TOSCANA COME CAPOFILA DELLE REGIONI SULLA COOPERAZIONE Firenze,
11 giugno 2009 - Avranno gambe e braccia nuove, potranno camminare, giocare e
muoversi come gli altri bambini. Potranno sentire e potranno parlare. Avranno
ciò che serve per superare gli handicap prodotti dalla guerra, direttamente o
indirettamente. E´ questa la nuova frontiera dell´impegno delle Regioni
italiane, di cui la Toscana è capofila, nella cooperazione sanitaria
internazionale. Il progetto, che riguarda il sostegno ad un centro di
riabilitazione e produzione di protesi per bambini e giovani palestinesi della
Striscia di Gaza, è stato annunciato ieri dal presidente della Regione Toscana
che ha preso parte con l´assessore alla cooperazione internazionale, ad un
vertice Stato-regioni tenuto alla Farnesina. Un summit al massimo livello che
ha visto la presenza, oltre al titolare degli Esteri e di 3 Sottosegretari,
anche dei ministri per lo sviluppo economico e dei rapporti con le Regioni e
del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Presente anche il presidente
della Conferenza delle Regioni e numerosi presidenti di regioni, quali il
Piemonte e la Sardegna. Due ore intense di lavori, nel quadro del sistema Italia, che vede la partecipazione a
pieno titolo delle Regioni alla politica di cooperazione internazionale
dell´Italia, ora ufficializzata dopo il protocollo firmato dalle
Regioni e dal Ministero degli Esteri nell´autunno 2008. Un protocollo che si è inteso
concordemente rilanciare e che sancisce a pieno titolo l´attività di
cooperazione internazionale, sia decentrata che allo sviluppo, sulla quale
Regioni ed enti locali operano proficuamente da tempo. Un nuovo corso, del quale la riunione di oggi
rappresenta un passo significativo come
ha sottolineato il presidente della Regione Toscana e che dovrebbe portare ad u n quadro normativo più chiaro,
evitando in futuro, nuovi interventi della Corte dei Conti (come nel caso del
sindaco di Lastra a Signa) nei confronti di amministratori impegnati in
attività di cooperazione internazionale e nuove pronunce di annullamento della
Corte Costituzionale verso leggi regionali (Val d´Aosta e Calabria). Un
terreno sul quale le Regioni hanno espresso le loro posizioni con la richiesta
di un tavolo congiunto per definire la nuova proposta di legge sulla
cooperazione e la revisione delle linee guida ministeriali. In proposito il
presidente della Regione ha riferito l´esempio della Toscana, fondato sulla concertazione
e il massimo coordinamento tra gli interventi, con la valorizzazione degli Enti
locali, delle associazioni e delle Ong, in piena sussidiarietà. La Toscana ha
inoltre scelto, come ha sottolineato il presidente, di coinvolgere gli
operatori sanitari come portatori di conoscenze e competenze indispensabili
alla qualificazione degli interventi. E proprio in ambito di cooperazione
sanitaria il presidente ha ricordato l´esperienza del progetto Saving Children,
lanciato dalla Toscana nel 2003, cui oggi partecipa lo stesso Ministero degli
esteri (insieme a Umbria, Emilia Romagna e Friuli) e che ha permesso di curare
6 mila bambini palestinesi in ospedali israeliani. Un progetto che ha posto le
basi per l´intervento umanitario dell´Italia durante l´ultima guerra a Gaza,
con la missione del Ministro degli Esteri e il ricovero in Toscana con un ponte
aereo dell´aeronautica militare, di 10 bambini in gravi condizioni. Un
intervento che trova ora il suo seguito con il sostegno all´unico centro che
fornisce protesi per i disabili di Gaza. In proposito le cifre parlano di 5300
feriti, solo nell´ultimo conflitto, e di liste d´attesa di 170 persone per una
protesi. Attualmente il centro cura 120 persone all´anno, di cui il 43% sono
bambini sotto i 3 anni. Oltre alle protesi, per arti inferiori e superiori, il
centro fornisce servizi di riabilitazione e fisioterapia per una gamma di
handicap che comprende disabilità di vario tipo, di mobilità, ma anche di udito
e discorsive, e difficoltà di apprendimento, legate non solo direttamente alla
guerra ma anche a traumi, lesioni cerebrali e malattie. Il vertice a Roma è
stato anche l´occasione per fare il punto delle risorse messe in campo dalle
Regioni sulla cooperazione. La Toscana, con circa 7 milioni di euro, si trova nel
gruppetto delle regioni più impegnate. Il settore di maggiore impegno, con
circa 4 milioni, è la sanità. . <<BACK
(
da "Messaggero, Il
(Frosinone)" del 11-06-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero,
Il) (Messaggero, Il (Pesaro)) (Messaggero, Il (Umbria)) (Messaggero, Il
(Civitavecchia)) (Messaggero, Il (Ancona)) (Messaggero, Il (Abruzzo))
(Messaggero, Il (Metropolitana)) (Messaggero, Il (Ostia)) (Messaggero, Il
(Latina)) (Messaggero, Il (Rieti)) (Messaggero, Il (Viterbo))
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Giovedì
11 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO «QUESTO disegno di legge sulle intercettazioni
è come una medicina destinata a curare una patologia». Usa
la metafora sanitaria il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli per
evidenziare che se non ci fossero stati eccessi non ci sarebbe stato bisogno di
una cura. Che come tutti i farmaci «comporta anche effetti collaterali la cui
efficacia occorrerà verificare nel tempo». Il giudizio di Mirabelli sul
ddl è sostanzialmente positivo. Specie sui divieti di pubblicare
intercettazioni prima della fine delle indagini preliminari e di pubblicare
nomi e foto di magistrati. «Si rende impersonale la funzione e si riduce
l'esposizione mediatica spesso secondata dai pm».
(
da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del 11-06-2009)
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Cronaca
di Cagliari Pagina 1018 Iniziato il dibattimento che coinvolge i due
carabinieri dell'antidroga e 8 coimputati L'Arma parte civile contro due
militari Iniziato il dibattimento che coinvolge i due carabinieri
dell'antidroga e 8 coimputati Pesanti accuse per Solvi e Cecere: «Danno
d'immagine» --> Pesanti accuse per Solvi e Cecere: «Danno d'immagine» La
difesa chiede la scarcerazione dei due carabinieri e la concessione degli
arresti domiciliari. Il Tribunale deciderà il 7 luglio. Gravissimo il danno
all'immagine e al prestigio dell'Arma: i carabinieri si affidano all'avvocatura
dello Stato e si costituiscono parte civile nel processo contro l'ex comandante
dell'antidroga di Cagliari Umberto Solvi e il suo braccio destro Luigi Cecere.
«Deve tenersi conto della dimensione del crimine ma anche del clamore mediatico
che ha suscitato»: davanti ai giudici del Tribunale, l'avvocato Francesco Caput
spiega perché il ministero della Difesa chiede il risarcimento dei danni
causati dai due militari accusati di aver rivenduto parte della cocaina
sequestrata durante importanti operazioni antidroga. E sottolinea: «C'è un
problema di deterioramento del rapporto di fiducia tra i cittadini e i
carabinieri coinvolti in una vicenda in piena antitesi con le loro finalità
istituzionali». Comincia così nell'aula della Corte d'assise - la sola capace
di contenere la folla di difensori dei dieci imputati che non hanno scelto il
rito abbreviato - il processo pubblico per uno dei fatti più clamorosi accaduti
di recente in città. Basti pensare alle accuse contestate ai due carabinieri
agli arresti dal 6 febbraio 2008 nel carcere militare di Santa Maria Capua
Vetere: associazione a delinquere, calunnia, peculato, detenzione di droga,
omissione di atti d'ufficio, rivelazione di segreti d'ufficio, falso materiale
e ideologico, soppressione di atti d'ufficio. Con i due militari vengono
processati la pentita di via Seruci Ornella Desogus (che per questioni di
sicurezza assiste all'udienza dietro un paravento), Sergio Ulzega di Isili
(l'unico in gabbia), Gianluca Crispu di Assemini, Stefania Lobina di Cagliari,
Angelo Pinna di Tortolì (presenti in aula), e i cagliaritani Gianluca Columbu,
Marianna Sanna, Valter Cadeddu (contumaci). Non ci sono neanche Solvi e Cecere
alla prima udienza interamente dedicata alle questioni preliminari, ma gli
avvocati Rita Dedola, Francesco Marongiu, Mario Canessa e Francesco Iovinio
assicurano la presenza dei due carabinieri quando il processo entrerà nel vivo.
Nel frattempo sollecitano l'avvicinamento per agevolare i contatti con i
difensori: impossibile un trasferimento a Buoncammino («quando Cecere è stato
lì non poteva neanche mangiare perché il cuoco lo aveva arrestato lui») ecco la
richiesta di arresti domiciliari. Il collegio presieduto da Mauro Grandesso (a
latere Ornella Anedda e Giampiero Sanna) deciderà all'udienza del 7 luglio. In
quella data i giudici si esprimeranno anche sulle altre richieste della difesa
dei due carabinieri che vorrebbero riportare il procedimento alla fase delle
indagini preliminari per una serie di motivi: sono state trascritte solo 1.240
delle 73.000 telefonate intercettate; gli avvocati non hanno avuto copia dei
dvd con la registrazione di tutte le conversazioni; l'udienza-stralcio davanti
al giudice per decidere la rilevanza delle intercettazioni è stata fissata per
una data successiva al rinvio a giudizio; Solvi e Cecere sono stati
inizialmente iscritti nel registro degli indagati sotto falso nome. Per il
pubblico ministero Danilo Tronci sono questioni da respingere in blocco:
l'iscrizione con nomi diversi era legata all'esigenza di evitare tentativi
clandestini di accesso al registro della Procura della Repubblica dove Solvi e
Cecere, per via del lavoro che svolgevano, conoscono moltissime persone. Quanto
alle intercettazioni, per giurisprudenza costante la prova è contenuta nel
nastro e non nella trascrizione, dunque l'udienza-stralcio si può tenere dopo
il rinvio a giudizio; è vero che una sentenza della Corte
Costituzionale impone di consegnare alla difesa copia dei dvd ma gli avvocati
di Solvi e Cecere hanno presentato la richiesta prima di quella decisione e
dopo non l'hanno più ripetuta. MARIA FRANCESCA CHIAPPE
(
da "AmericaOggi Online"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Referendum
Berlusconi: "Andrò a votare e sarà sì" 11-06-2009 ROMA. Dopo aver
garantito a Umberto Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del
referendum del 21 giugno, Silvio Berlusconi spiega comunque che lui, come
Gianfranco Fini, andrà a votare e voterà sì. Una presa di posizione che
rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega.
"Berlusconi - dice il Senatur - mica è scemo ad accettare il referendum,
altrimenti si spacca tutto". Non solo. Il leader della Lega è in ogni caso
convinto che il referendum non aiuti politicamente il presidente del Consiglio.
"Lui - ragiona Bossi - non seguirà il referendum dove il primo partito
diventa il partito unico. Poi gli direbbero subito che è un fascista, non
conviene nemmeno a lui". La riforma del sistema elettorale, dunque,
secondo i desiderata della maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso la
via delle riforme in Parlamento alle quali è direttamente collegata, visto che il
Senato dovrebbe diventare federale. Bossi conferma che dopo i ballottaggi
partirà un confronto in maggioranza sul questo tema, magari con una sorta di
"conclave" di Pdl, Lega e governo. "È un'idea di Berlusconi -
spiega - e va bene. Chi ha più idee le tiri fuori". Insomma, anche se oggi
si aprono nuovi fronti a partire dal no di Fini alle gabbie salariali, almeno
sul referendum le acque nella maggioranza sembrerebbero meno agitate. "Non
capisco - puntualizza anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa - perché
ci sia questa mania di vedere Fini alternativo al Pdl, mi pare che la sua
dichiarazione sia stata chiarissima, dov'é il contrasto? Berlusconi in serata
ha detto la stessa cosa". "Non c'é nessun rischio di
spaccatura", assicura anche l'altro coordinatore del Pdl, Denis Verdini.
Intanto, il Pd continua con la linea del basso profilo sul referendum,
nonostante l'ala parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il
sì a maggior ragione dopo il disimpegno di Berlusconi. Mentre, dall'altro lato,
la sinistra va comunque all'attacco della scelta di Franceschini e dei suoi di
dare indicazione per il sì. "Mantenere il sì - attacca Claudio Fava, Sl -
non significa voler cambiare l'attuale legge elettorale, ma più semplicemente
fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica". In tutto
questo, i referendari vanno all'attacco. "I nostri quesiti - dice il
presidente del Comitato, Giovanni Guzzetta - sono nella morsa dei
ricatti". Il che, a suo avviso, dovrebbe stimolare la gente ad andare a
votare visto che il referendum "mira a migliorare la democrazia",
evitando che la politica italiana spenda "la maggior parte del tempo a
risolvere problemi dettati da alleanze e ricatti". Guzzetta
e i suoi hanno da subito denunciato anche le condizioni di disparità
informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della
Vigilanza sulla campagna elettorale, con tanto di ricorso alla Consulta.
Ricorso, però, rigettato ieri dalla Corte Costituzionale.
(
da "AmericaOggi Online"
del 11-06-2009)
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La
campagna elettorale sul referendum. Perché è giusto votare Di Mario Segni*
11-06-2009 Normal 0 false false false MicrosoftInternetExplorer4 Forse qualcuno
ricorderà la puntata di Matrix in cui il ministro Calderoli definì una
"porcata" la legge elettorale appena approvata. Mentana lo
interruppe, "ministro, ripeta, ho sentito bene? Ha detto porcata?".
"Ha sentito benissimo, questa legge è una "porcata", riprese
deciso Calderoli. Confesso che non mi è mai capitato di definire una
"porcata" una legge dello Stato. Confesso anche che non ne sarei
capace. Sono stato abituato ad avere rispetto per lo Stato e le sue
istituzioni. E una legge dello Stato italiano, è per me, un testo da
rispettare. Ma poiché l'ha detto il ministro e nella specie il ministro che ha
promosso la legge, posso senz'altro dire che ha ragione: questa legge è una
"porcata". È il peggior regalo che in questi anni ci abbia fatto la
casta partitocratrica. Prima di questo scempio, l'Italia votava infatti come
l'Inghilterra. I partiti potevano presentare un solo candidato, e il cittadino
non sceglieva solo il partito, ma sceglieva soprattutto l'uomo. Ciascun
collegio, e voglio dire ciascun elettore, aveva il "suo"
rappresentante in Parlamento. Tutto questo non esiste più. Il meccanismo della
lista bloccata obbliga il cittadino a votare un partito che ha già preparato
una lista preconfezionata delle persone che entreranno in Parlamento. Su queste
scelte chi vota non alcun potere. In breve, il Parlamento è stato trasformato
da una assemblea di eletti in un consesso di nominati. Ma così facendo muore il
Parlamento, e rischia di morire la democrazia. L'altro frutto avvelenato del
Porcellum è la spinta alla frammentazione. Questa raggiunse il massimo nella
scorsa legislatura, quando avemmo una maggioranza di tredici partiti. Le
conseguenze le ricordiamo tutti. Il governo Prodi e la legislatura durarono due
anni. Il referendum che si vota il 21 e il 22 è contro la legge
"porcata". Avremmo voluto cancellarla del tutto, ma
i limiti della Corte Costituzionale non lo permettono. Ma ne demoliamo punti
fondamentali. Cancelliamo le candidature multiple, cioè il fenomeno deteriore
per cui un candidato si può candidare anche in tutti i collegi (è accaduto
anche domenica scorsa) prendendo in giro i cittadini che lo hanno eletto e che
lo vedono scegliere per un collegio diverso. Obblighiamo chi si candida
a governare a presentare una lista unica e quindi un programma comune. In
un'Italia in cui riprende la spinta alle divisioni, con la Lega in tensione con
Berlusconi e Di Pietro in rotta con il Partito democratico, sarebbe una spinta
fortissima alla chiarezza e stabilità. Il resto, se il popolo si pronuncia,
sarà obbligato a farlo il Parlamento. Per questo sono state raccolte 820.000
firme. Nessuno oggi difende il "porcellum". Ma in tre anni e mezzo
(tanti ne sono passati dalla sua approvazione) il Parlamento non ha fatto nulla
per cancellarlo. E se non fosse per il referendum oggi nessuno ne parlerebbe.
Sul nostro referendum sono state raccontate un mucchio di balle. Ma la più
grossa è che, se il referendum non passa, il Parlamento e i politici sono
pronti a riformare. Questa è una menzogna sfacciata, cari signori, e lo sapete
bene. Il Parlamento non ha fatto nulla e non farà nulla per il semplice motivo
che la lista bloccata piace ai vertici dei partiti, perché ognuno può far
entrare in Parlamento il proprio portaborse. La partita quindi si gioca il 21:
o vince il sì o questa legge ce la teniamo per cinquant'anni. *Coordinatore del
Comitato promotore del referendum (msegni@tin.it)
(
da "Stampaweb, La"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
PARIGI
Alla fine lo schiaffo se lè preso lui, Nicolas
Sarkozy. Ieri la Corte costituzionale francese ha respinto
la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli utenti di Internet che
scaricano gratis brani coperti da diritti dautore
- cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la
Diffusion des uvres et la Protection des
Droits sur Internet»), fortemente voluta dal presidente tanto da chiamare a
raccolta i suoi fedelissimi per assicurarne lapprovazione in seconda
lettura allAssemblea nazionale lo scorso 12 maggio - perché «viola
i diritti fondamentali delluomo, sanciti dalla Costituzione». Esultano in
Francia i militanti della libertà su Internet, che avevano fatto ricorso.
«Internet è una componente della libertà di espressione e di consumo» ha dichiarato
il Consiglio della Corte Costituzionale, e «nel diritto francese cè la presunzione dinnocenza» per cui «solo il
giudice può pronunciare una sanzione, e solo dopo aver stabilito che si tratta
di illegalità». La legge infrange due articoli della dichiarazione dei diritti
delluomo del 1789, che la Corte Costituzionale è
tenuta a difendere: si tratta dellarticolo 11 che protegge la libertà di
comunicazione e despressione, e dellarticolo 9 che pone il
principio di presunzione dinnocenza. Per il
Consiglio è accettabile solo che la «Haute Autorité» avverta linternauta
di essere stato identificato: non può sanzionarlo né disconnetterlo. Il
Consiglio garante della costituzionalità delle leggi in Francia è rappresentato
da nove
membri fra i quali gli ex presidenti Valéry Giscard dEstaing e Jacques Chirac. Lefficacia di questa
legge, che rendeva la Francia uno dei Paesi più rigorosi dEuropa in
materia, è dunque annullata. Tre giorni dopo la sua disfatta alle elezioni
europee,
lopposizione socialista - che si era ferocemente
opposta a un testo che riteneva liberticida e inutile - si è immediatamente
«ringalluzzita» per linsuccesso del presidente. «In questa vicenda, è
Nicolas Sarkozy che viene censurato dal Consiglio costituzionale»,
ha dichiarato il deputato Patrick Bloche. È uno smacco anche per la ministra
della cultura, Christine Albanel, che aveva dichiarato che laccesso a Internet dal proprio domicilio «non è libertà
fondamentale». A ideare la legge era stato il giornalista Denis
Olivennes, direttore del Nouvel Observateur ex fondatore della catena di
distribuzione Fnac di libri, dischi, film e software, un osservatorio che gli
ha permesso di vedere la crisi in cui versa il diritto dautore nellera digitale. Senza ascoltare chi propone
un copyright più flessibile, visto il nuovo scenario globale della società dellinformazione, propose una soluzione draconiana:
costringere i fornitori di Internet a mandare tre avvertimenti - attraverso una
costosa authority amministrativa - a chi scarica film e musica senza pagare i
diritti, e poi sospendere laccesso a Internet
in caso di «recidiva», costringendo i «pirati» a continuare a pagare il loro
abbonamento.Una nuova vittoria per Daniel Cohn-Bendit, fresco del trionfo
elettorale
con i Verdi alle europee in Francia. Lex
leader del 68 è stato tra i primi ad opporsi alla legge di Sarkozy e a
bloccarla a livello europeo, grazie a una legge Ue che proibisce di tagliare
Internet, «diritto fondamentale», a un utente senza la decisione di un
giudice.Nicolas Sarkozy aveva sostenuto fortemente la legge anti-scaricamento
illegale, considerandola una delle sue priorità e spingendo per il suo
tormentato passaggio in parlamento, dopo una prima bocciatura. Sarkozy è anche
intervenuto presso lUe per impedire che
invalidasse la legge, come invece è accaduto.
(
da "Stampaweb, La"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Philippe
Aigrain, professore di informatica a Parigi ed ex responsabile del settore
tecnologie del software alla Commissione europea, autore di «Causa Comune:
l'informazione tra bene comune e proprietà» e «Internet e Creazione: come
riconoscere gli scambi su Internet e remunerarli», le cui idee sono diventate
emblematiche per i militanti - non solo in Francia - della libertà di
espressione su Internet, per festeggiare la sconfitta della legge Hadopi ha passato
la giornata ieri a inviare messaggi di gioia a tutto il mondo. Ovviamente in
Rete, via mail, ma anche sul sito del suo collettivo «La Quadrature du Net»
(www.laquadrature.net). Che cosa cè da
festeggiare? «La decisione della Corte costituzionale francese
di censurare la legge Hadopi sulla “risposta graduata” alla pirateria
sottolinea a chiare lettere che laccesso
a Internet è un diritto fondamentale del cittadino, fa parte dei suoi diritti
inviolabili alla libertà di opinione e di espressione. è un precedente
prezioso. Pensavamo che per avere questo diritto sancito avremmo dovuto
aspettare anni, e invece grazie al ministro della cultura che ha voluto a tutti
i costi passare questa legge adesso, il chiarimento è arrivato molto prima del
previsto». Ma la Corte costituzionale ha bocciato solo
una parte della legge, unaltra parte resta in
vigore: va bene lo stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire
dalla disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice.
Invece ha
espresso parere positivo sulle parti della legge che riguardano gli avvisi,
cioè le notifiche spedite per posta, email e telefono/telegramma), agli utenti
che scaricano gratis brani o documenti coperti da diritti dautore, valutando - secondo me in modo contorto - che non
si tratta di una violazione della protezione dei dati dei cittadini e che si
tratta di provvedimenti inoffensivi che sensibilizzano gli utenti al problema
del copyright». E adesso che cosa succederà? «Il ministero della cultura ha
reagito con un comunicato stampa serafico annunciando una nuova legge per
aggirare il problema. Ma è abbastanza stupido, e non credo che andrà molto
lontano, a questo punto. Cè una forte coalizione
nella società civile, fatta dalle associazioni dei consumatori, dai creativi, i
musicisti e gli uomini e le donne dalla parte della condivisione della
conoscenza e della cultura libera, che si è mobilitata perché la Hadopi riposi
in pace per sempre». Che cosa farete? «Stiamo organizzando per questautunno unassise con tutte le parti in causa allo
stesso tavolo per definire licenze collettive sui contenuti culturali digitali
e per legalizzarne lo scambio cosiddetto “peer-to-peer”, da pari a pari. E
intanto su tutti i siti cè un tam-tam micidiale.
Lironica corona di fiori con la fascia “Hadopi Rip Lol” dedicata allinconsolabile ministero della Cultura, che campeggia
sul mio sito, sta facendo il giro di tutta la Francia». + Liberté, égalité,
Internet: Sarkò sconfitto dai pirati ANNA MASERA commenti (0) scrivi
(
da "Giornale di
Vicenza.it, Il" del 11-06-2009)
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LEGGE
ELETTORALE. Il comitato promotore presenta ricorso: la Consulta lo rigetta.
Berlusconi: non appoggio vado a votare sì. Bossi: ma Silvio sa che si spacca
tutto 11/06/2009 rss e-mail print Umberto Bossi e Gianfranco Fini ROMA Dopo
aver garantito a Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del
referendum del 21 giugno, Berlusconi spiega comunque che lui, come Fini, andrà
a votare e voterà «sì». Una presa di posizione che rassicura gli ex di An e non
fa scomporre più di troppo la Lega. E ieri la Corte
Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum
elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione
Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della
delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico
radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno. Sul fronte politico
continuano invece le schermaglie. «Berlusconi», dice Bossi, «mica è scemo ad
accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto. Lui stesso non seguirà il
referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero
subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del sistema
elettorale, dunque, secondo la maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso
la via delle riforme istituzionali. E Bossi conferma che dopo i ballottaggi
partirà su questo un confronto in in maggioranza. Intanto si profilano però nel
centrodestra nuovi scontri tra Fini e, Bossi come quello sulle gabbie
salariali, la differenziazione dei salari secondo le aree territoriali in base
al costo della vita. Il presidente della Camera è assolutamente contrario,
Bossi ha confermato ieri che l'ipotesi piace alla Lega. Il Pd continua con la
linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla
segreteria un sostegno più deciso per il sì. La sinistra invece è in allarme:
«Mantenere il sì», dice Fava, Sl, «non significa voler cambiare l'attuale legge
elettorale, ma fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica». In
tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I nostri quesiti», dice il
presidente del Comitato, Guzzetta, «sono nella morsa dei ricatti. Per questo
bisogna andare a votare. Il referendum mira a migliorare la democrazia»,
Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato le condizioni di disparità
informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della
Vigilanza Rai sulla campagna elettorale. Ma il loro ricorso è finito male.
(
da "Nuova Ferrara, La"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
L'esponente
del comitato promotore: bisogna ridurre la frammentazione. Il professor
Pasquino: ma due quesiti su tre sono insoddisfacenti «Un referendum per la
democrazia» In un convegno i motivi per votare alla consultazione sul sistema
elettorale FERRARA. "Dopo le elezioni, verso i referendum". Ieri
pomeriggio, presso l'Istituto di Storia Contemporanea, si è svolto l'incontro-dibattito
su un tema politico di grande attualità, organizzato dal Circolo Ferrarese di
Libertà e Giustizia. A moderare l'incontro è stato il professor Francesco
Cocozza, docente di Diritto pubblico dell'economia all'Università di Ferrara.
Assente il presidente del Comitato promotore del referendum Giovanni Guzzetta,
è stato sostituito dall'avvocato Francesco Paola, rappresentante del Comitato.
Altro relatore, oltre a Paola, Gianfranco Pasquino, docente di Scienza politica
all'Università di Bologna. Dopo Cocozza, che ha parlato di «giornata
importante, piena di argomenti davvero significativi», è toccato all'avvocato
Paola prendere la parola. «Le motivazioni per cui abbiamo proposto il
referendum? Anzitutto per invertire la tendenza attuale ed incentivare
aggregazioni politiche che portino alla formazione di una nuova classe
dirigente - le sue parole - il Paese soffre di una decadenza estesa, ben
visibile e diffusa, ma anche di troppa e crescente frammentazione. Questo
referendum credo che invertirà la tendenza, innescherà elementi di coesione
sociale, farà in modo che venga affrontato in modo serio il tema dei costi
della politica, eviterà ricatti ed interdizioni dei gruppi politici familiari,
disincentiverà la corruzione politica». «Gli anni della decadenza di questa
democrazia sono cominciati da quando i cittadini hanno cominciato a disertare
le urne referendarie - ha continuato l'avvocato - c'è dunque una tendenza che
si coglie: negli ultimi anni si registra una progressiva disaffezione dal
referendum. Questi sono stati anni di crisi della democrazia costituzionale,
non solamente in Italia, dove sta assumendo proporzioni accentuate e
pericolose». E' toccato a Gianfranco Pasquino intervenire, sottolineando come
lo scenario politico si sia recentemente modificato rispetto al momento della
formulazione dei quesiti referendari e come i recenti accordi Bossi-Berlusconi
pongano fortemente a rischio la possibilità di raggiungere il quorum. Pasquino
evidenzia poi come anche questo referendum sia necessariamente
"manipolativo" della legge elettorale, in quanto
essa, in virtù di un deliberato della corte costituzionale, non è abrogabile in toto. «Bisogna salvare l'istituto
referendario - le parole di Pasquino - in quanto rappresenta un importante
strumento di potere politico dato ai cittadini; da qui l'invito ai cittadini di
andare a votare». Nel merito specifico del voto sui singoli quesiti
referendari il professore si è soffermato in dettaglio sul premio di
maggioranza, argomentando come, sia quanto disposto dall'attuale legge, sia la
sua abrogazione attraverso il referendum, siano insoddisfacenti, per cui indica
l'opportunità per i primi due quesiti di votare scheda bianca. In merito al
terzo quesito relativo all'assurdità delle candidature multiple che portano
candidati estranei al territorio ed ai cittadini residenti, esprime
l'opportunità di votare "sì", per consentire e facilitare la
candidatura di persone conosciute nel territorio e, possibilmente, residenti
nei luoghi in cui si candidano. Lorenzo Montanari
(
da "Arena.it, L'"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA
Dopo aver garantito a Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore
del referendum del 21 giugno, Berlusconi spiega comunque che lui, come Fini,
andrà a votare e voterà «sì». Una presa di posizione che rassicura gli ex di An
e non fa scomporre più di troppo la Lega. E ieri la Corte
Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum
elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione
Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della
delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico
radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno. Sul fronte politico
continuano invece le schermaglie. «Berlusconi», dice Bossi, «mica è scemo ad
accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto. Lui stesso non seguirà il
referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero
subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del sistema
elettorale, dunque, secondo la maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso
la via delle riforme istituzionali. E Bossi conferma che dopo i ballottaggi
partirà su questo un confronto in in maggioranza. Intanto si profilano però nel
centrodestra nuovi scontri tra Fini e, Bossi come quello sulle gabbie
salariali, la differenziazione dei salari secondo le aree territoriali in base
al costo della vita. Il presidente della Camera è assolutamente contrario,
Bossi ha confermato ieri che l'ipotesi piace alla Lega. Il Pd continua con la
linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla
segreteria un sostegno più deciso per il sì. La sinistra invece è in allarme:
«Mantenere il sì», dice Fava, Sl, «non significa voler cambiare l'attuale legge
elettorale, ma fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica». In
tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I nostri quesiti», dice il
presidente del Comitato, Guzzetta, «sono nella morsa dei ricatti. Per questo
bisogna andare a votare. Il referendum mira a migliorare la democrazia»,
Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato le condizioni di disparità
informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della
Vigilanza Rai sulla campagna elettorale. Ma il loro ricorso è finito male.
(
da "Mattino, Il
(Nazionale)" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Roma.
Solo ventiquattr'ore prima aveva invitato il Csm a non lasciarsi condizionare
da logiche di appartenenza correntizia e a evitare di «assumere ruoli impropri
dilatando i propri spazi di intervento». E ieri è arrivata dal Quirinale una
nuova bacchettata: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha
ammonito l'organo di autogoverno della magistratura a formulare in modo più
tempestivo i suoi pareri sui provvedimenti di legge. La lettera è stata inviata
dal Colle il 5 giugno, e ieri è stato il vicepresidente del
Csm Nicola Mancino a darne lettura all'apertura del plenum. Il capo dello
Stato, che del Csm è presidente, dà il via libera all'ordine del giorno che
prevede si discuta del pacchetto sicurezza, ma aggiunge un forte richiamo ai
consiglieri. Il Quirinale segnala l'opportunità di «una più tempestiva
formulazione dei pareri sui disegni di legge del Parlamento», in quanto
l'esame del testo in questione viene quasi a sovrapporsi al momento della sua
discussione in Senato. Il parere, con le critiche all'introduzione del reato di
clandestinità, verrà approvato in serata con la sola astensione dei laici del
Pdl. Nel gennaio scorso il Quirinale era già intervenuto su questa materia,
negando il consenso alla discussione in plenum sul decreto legge in materia di
rifiuti. Il parere redatto dalla sesta commissione non fu mai esaminato
dall'assemblea plenaria, in quanto il provvedimento - questo il rilievo del
Colle - era già stato approvato dalle Camere. I consiglieri avevano espresso
dubbi sulla costituzionalità del decreto, in quanto l'abbandono dei rifiuti in
strada era punito come reato solo nelle regioni in cui era stato proclamato lo
stato d'emergenza (la Campania). m.p.m.
(
da "Mattino, Il
(Nazionale)" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
CORRADO
CASTIGLIONE No al sostegno diretto al referendum elettorale, «ma comunque voterò
sì»: è quanto Silvio Berlusconi ribadisce nel corso di un colloquio con «Il
Giornale» durante una passeggiata la notte scorsa a piazza Navona, chiarendo
così la propria posizione già espressa l'altro ieri nel comunicato ufficiale
sull'incontro con Umberto Bossi. Parole che definiscono meglio i contorni del
compromesso suggellato nella cena ad Arcore, in cambio del sostegno della Lega
ai candidati del Pdl impegnati nei ballottaggi del 21 giugno. Parole che
aiutano a capire meglio quanto l'alleanza Pdl-Carroccio in questo momento sia
forte, ma che probabilmente finiscono per attenuare, almeno nella forma, la
polemica con il presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale sostiene
attivamente le ragioni del sì. Un modo per affermare che all'interno del Pdl
possono convivere - senza rischi di frattura - entrambe le posizioni. Ma
andiamo per ordine. Dalla sua, il leader della Lega Umberto Bossi dice chiaro e
tondo: con Berlusconi «ci si trova bene insieme. Lui mica è scemo a seguire il
referendum dove il primo partito diventa il partito unico, altrimenti si spacca
tutto. Poi gli direbbero subito che è fascista, non conviene nemmeno a lui. Il
partito unico è l'unica via per far fuori Berlusconi. Ma io e lui andiamo
d'accordo e anche sulla questione del Veneto e delle altre regioni del Nord
troveremo un accordo». Intanto sulla polemica Fini-Berlusconi interviene il
ministro Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl: «Non capisco perché ci sia
questa mania a vedere Fini alternativo al Pdl, ma pare che la sua dichiarazione
sia stata chiarissima, dov'è il contrasto? Berlusconi in serata ha detto la
stessa cosa». Poi aggiunge: «Anch'io, a tutte le persone che me lo chiederanno
dirò di andare a votare. Certo, quando abbiamo raccolto le firme la situazione
politica era diversa da quella attuale; ora il quadro politico è stato
semplificato. Nel Pdl ci sono sempre state posizioni diverse, ad esempio,
Cicchitto è sempre stato contrario. Parlando di An, i favorevoli al referendum
sono il 90%». Mentre il coordinatore del Pdl di provenienza Forza Italia, Denis
Verdini, spiega: dopo il risultato delle europee le ragioni del referendum
elettorale si sono «indebolite», ecco il motivo per cui il partito ha deciso di
«non sostenere» la consultazione. «Senza una campagna elettorale insistente» da
parte del Pdl, ciascun esponente del partito è «libero», secondo le proprie
convinzioni, di optare per il sì come per il no. Ma, assicura Verdini, «non c'è
rischio di spaccatura». Ancora. Italo Bocchino, vice-capogruppo alla Camera,
spiega: «Andrò a votare al referendum e voterò sì. Del resto fin dall'inizio
nel Pdl ci sono stati i favorevoli e i contrari alla consultazione referendaria
per modificare la legge elettorale. Un referendum, che, è bene ricordarlo, mira
a rafforzare la scelta del bipolarismo e che non crea alcun problema
all'interno del Pdl». Sempre a proposito di referendum: da registrare infine la
decisione della Corte Costituzionale, che ha rigettato il
ricorso presentato dal Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto
da Giovanni Guzzetta e Mariotto Segni contro la Commissione Parlamentare di
vigilanza della Rai. In sostanza il comitato lamentava di essere stato oscurato
e chiedeva che nelle trasmissioni Rai di approfondimento potesse avere gli
stessi spazi riservati ai partiti favorevoli al sì.
(
da "Mattino, Il
(Nazionale)" del 11-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Avellino)) (Mattino, Il (Benevento)) (Mattino, Il (Circondario Sud2))
(Mattino, Il (Circondario Nord)) (Mattino, Il (Circondario Sud1)) (Mattino, Il
(City))
Argomenti: Giustizia
Processo ecoballe, dopo il vertice Csm Lepore autorizza
l'assemblea dei pm
(
da "Monde, Le"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Le
Conseil supérieur de la magistrature attend sa réforme dans un climat tendu
avec le pouvoir LE MONDE | 11.06.09 | 14h39 * Mis à jour le 11.06.09 | 14h39
Réagissez Classez Imprimez Envoyez Partagez Partagez : Le Conseil supérieur de la
magistrature (CSM) connaît une période de turbulences
au moment où le conseil des ministres a examiné, mercredi 10 juin, le projet de
loi organique qui permet la mise en oeuvre de la réforme constitutionnelle de
juillet 2008 concernant le CSM. L'autorité chargée de
la discipline et des nominations de magistrats subit les contrecoups de
l'audience disciplinaire du juge Fabrice Burgaud en février, et la révélation
que l'un des membres du CSM avait participé à un
délibéré sur l'affaire Outreau. Sur le même sujet Les faits Le Conseil
supérieur de la magistrature attend sa réforme dans un climat tendu avec le
pouvoir Edition abonnés Archive : Passe d'armes entre Rachida Dati et le
conseiller de l'Elysée Enfin, la passe d'armes entre Rachida Dati, ministre de
la justice, et le conseiller du président de la République, Patrick Ouart,
jeudi 4 juin, ont attiré l'attention sur les rapports difficiles, parfois
incestueux, entre cet organe chargé de l'indépendance de la justice et le
pouvoir politique. Au CSM, l'ambiance est lourde. Les
syndicats de magistrats ont parlé de "pressions politiques" après le
changement de vote sur la mutation d'office du procureur général de Riom, Marc
Robert, à la Cour de cassation, perçue dans la magistrature comme un signe supplémentaire
de la mainmise du pouvoir sur les magistrats du parquet. "Ce qui est en
jeu, c'est la crédibilité du CSM pour garantir son
indépendance et celle de la magistrature", explique Emmanuelle Perreux,
présidente du Syndicat de la magistrature (SM, gauche). Les rapports entre
membres du CSM - constitué de personnalités nommées
par le pouvoir politique, de magistrats élus sur des listes syndicales et de
représentants de la hiérarchie judiciaire - et le pouvoir sont complexes.
"Quand on arrive au CSM, le pouvoir exécutif fait
tout pour vous séduire. Vous devenez quelqu'un d'important. Pendant six mois
vous êtes sur un nuage. Au bout de six mois, vous vous rendez compte qui si on
est gentil avec vous, c'est pour que vous soyez gentil avec le pouvoir", explique
un magistrat, ancien membre, qui préfère rester anonyme. Ancien président de
l'Union syndicale des magistrats (USM, majoritaire) et ancien membre du CSM, Dominique Barella se souvient de l'intervention
d'"un membre nommé par le pouvoir politique, expliquant qu'il avait changé
son vote, parce qu'il avait reçu des instructions de son mandant". Un
membre de l'actuel CSM a été candidat sur une liste
UMP aux élections municipales à Paris, un autre était au premier rang des
invités de Rachida Dati lors d'une émission de télévision. Et, dans une période
aussi tourmentée, le CSM a rendu peu d'avis. "CHAPE DE PLOMB" Le CSM chargé de veiller à l'indépendance
de la justice était présidé par le chef de l'Etat. La réforme constitutionnelle
de juillet 2008 coupe ce cordon ombilical sans lever les ambiguïtés. Le CSM aura désormais à sa tête le
président de la Cour de cassation. Si le ministre de la justice n'en est
plus vice-président, il peut participer aux réunions du CSM.
Surtout, le nombre de personnes nommées par le président de la République et
les présidents des deux chambres parlementaires est doublé afin de permettre
que les personnalités extérieures à la magistrature soient supérieures au
nombre de magistrats. "Il y a toujours eu un aspect politique au CSM, c'est intrinsèque aux lieux de pouvoirs. Avec la mise
en oeuvre de la réforme constitutionnelle, cela se retrouvera à la puissance
10, dans le sens d'une reprise en main politique du CSM",
s'inquiète Christophe Régnard, président de l'USM. L'autre affaire qui
empoisonne le CSM est la gestion de l'affaire Burgaud
ou plutôt de l'affaire Burgaud-Chavigné, du nom de ce membre du CSM qui avait "oublié" avoir participé à un
délibéré sur l'affaire Outreau. L'épisode a donné lieu à un bras de fer entre
le président de la Cour de cassation, Vincent Lamanda, des membres du CSM et le ministère de la justice, qui a soutenu Xavier
Chavigné, proche du secrétaire général de la chancellerie, Gilbert Azibert. M.
Lamanda, futur président du CSM, a été désavoué par
ses membres. Le Syndicat de la magistrature a soutenu M. Lamanda. Emmanuelle
Perreux dénonce la "chape de plomb" qui règne au CSM.
"L'incident est clos", tranche Dominique Chagnollaud, président de la
formation plénière du CSM. Alain Salles Article paru
dans l'édition du 12.06.09. Abonnez-vous au Monde à 16€/mois
(
da "Articolo21.com"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Intercettazioni:
Sì Al Ddl. Banchi in aula pieni, ora piazze piene per contrastarlo di Redazione
Banchi del governo strapieni come non si vedeva neanche per i grandi
provvedimenti economico sociali hanno votato il Ddl intercettazioni. Con 318 sì
e 224 contrari è stato approvato un vergognoso progetto, blindato da Berlusconi
con un voto di fiducia che ha ferito lautonomia
del Parlamento e ogni possibilità di confronto democratico, uccide la libertà
di stampa e i diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione. L'appello di
Repubblica "Le associazioni Articolo 21 e Libera Informazione - scrivono
Giuseppe Giulietti e Roberto Morrione - respingono questo gravissimo atto di
sopraffazione, che minaccia di porre definitivamente il bavaglio ai
giornalisti, colpendo insieme la Giustizia penale e minacciando gli editori.
Riaffermano la volontà di continuare comunque ad assicurare a ogni costo linformazione su vicende ed eventi che coinvolgono il
diritto dellopinione pubblica a non essere privata di notizie dinteresse essenziale per affrontare i problemi del
Paese. Dintesa con le organizzazioni della stampa e degli editori,
Articolo 21 e Libera chiedono che al Senato possa svolgersi un serio confronto
fra tutte le forze politiche per portare alla legge le necessarie correzioni e fin dora si preparano a costituire un comitato in difesa
della libertà di stampa, con la partecipazione di associazioni della società
civile, giornalisti, editori, avvocati e giuristi. Il comitato assumerà le conseguenti iniziative in ogni sede
italiana ed europea, a partire dalla Corte Costituzionale e garantirà forme di
assistenza agli atti di disobbedienza civile che dovessero rendersi necessari
da parte di cronisti, redazioni e comunicatori in rete.
(
da "Articolo21.com"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
La scure
si abbatte anche sulla rete di Vincenzo Vita e Giuseppe Giulietti
Considerazioni relative allart. 18 relativa
alla estensione a tutti i siti informatici delle procedure di rettifica delle
informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti
coinvolti. Non bastava il controllo assoluto dellinformazione
radiotelevisiva ma era necessario colpire anche la rete. Le recenti elezioni
hanno dimostrato come Internet sia oramai rimasto il solo strumento utile per
accedere ad una libera informazione, priva di controllo o censura, anche sui
temi della
politica. Evidentemente il Governo ha ritenuto di dover intervenire per
reprimere anche lultimo spazio di
democrazia attraverso un provvedimento che, pur non riguardando affatto la
Rete, imbriglia e censura la libertà di opinione e di accesso alle informazioni,
tutelata dalla Costituzione. Altro che conflitto di interessi. Sotto il profilo
giuridico, se ci riferiamo allattività di
informazione svolta dai mezzi di informazione tradizionali, la disciplina
dellaccountability delle informazioni in vigore è già molto
rigida ed ampiamente disciplinata poiché i giornalisti sono soggetti alla legge
sullordinamento della professione di giornalista
(legge n. 69/1963) e alla Carta dei doveri del giornalista e alla vigilanza da
parte dellOrdine. La tutela dellinformazione in ambito comunitario arriva
al punto che la stessa Corte europea ha dato risalto allinteresse generale alla divulgazione dei documenti
nonostante la loro provenienza illecita. Per quanto riguarda invece i siti di
informazione “non tradizionali” costituiti perlopiù da semplici utenti (blogger
amatoriali) va evidenziato che: 1. La norma proposta è in violazione di uno dei
principi fondamentali espressi dalla nostra carta costituzionale
(art. 21 Cost.) che autorizza la libera manifestazione di pensiero in tutte le
sue forme salvo che non si tratti di attività contrarie al buon costume. 2. In caso di informazione
veicolata attraverso siti informatici “non tradizionali”, la norma in vigore
(art. 16, D.Lgs. 70/2003) dichiara che il prestatore del servizio (hoster) non
è responsabile dei contenuti memorizzati salvo che non sia a conoscenza dellilliceità dellinformazione. Con “informazione
illecita” si intende una informazione contraria alla legge: le informazioni non
veritiere o lesive della persona non sono sempre illecite. 3. Larticolo 10 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sancisce,
infatti, che il diritto alla libertà di espressione, tra cui si menziona la
libertà di ricevere informazioni (dalle fonti della notizia), è tutelato senza che
vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche. Ulteriore
criticità è la concreta applicazione della norma proposta relativamente a: 1.
La definizione e identificazione di siti di informazione, poiché la norma
stessa risulterebbe di difficile applicazione nel caso di piattaforme che
tipicamente ospitano contenuti realizzati da utenti terzi, perlopiù non
identificabili direttamente ma tramite un indirizzo e-mail, come Youtube,
Facebook, ecc. 2. La vigilanza per il rispetto del dettato normativo, soggetta
ad eccessiva discrezionalità, o che rischierebbe di creare facili
discriminazioni tra alcuni siti, probabilmente i più diffusi o gestiti da
utenti “scomodi” rispetto allintero universo
dei blogger
presenti in rete. Tra laltro giova portare a
conforto di tale considerazione, il dibattito in corso a livello
internazionale: 1) negli Stati Uniti, laccountability
dellinformazione fornita da siti di informazione “non tradizionali” o non
di stampo
giornalistico viene demandata alla capacità di discernimento della stessa
utenza, con il risultato di perdita di utenti/credibilità di fronte ad una
costante veicolazione di informazioni ritenute non veritiere; 2) in Francia, la
Corte Costituzionale ha censurato proprio ieri la discussa legge su Internet,
ribadendo la validità dei diritti fondamentali della libertà di espressione e
comunicazione (che può essere limitata solo dallAutorità
giudiziaria) e confermando – al contrario di quanto sostenuto dal Ministro della
Cultura francese - che Internet è un diritto fondamentale. "In queste ore
- affermano Vincenzo Vita e Giuseppe Giulietti - tutti questi temi sono rimasti
in ombra e le informazioni sostanziali non sono neppure arrivate ai diretti
interessati. Le norme relative alla rete costituiscono un altro aspetto della
aggressione in atto nei confronti del pluralismo editoriale già, profondamente
sfigurato dai conflitti di interesse e dalle concentrazioni della proprieta` e
delle reti in pochissime mani. Per queste ragioni lassociazione Articolo21 ha deciso di costituire,
insieme con Libera Informazione , un comitato composto da avvocati, da giuristi
e da costituzionalisti con il compito non solo di disattivare le norme ma anche
di creare le immediate condizioni affinche` la Corte Costituzionale e la Corte di
Giustizia Europea possano esprimere linevitabile
giudizio di bocciatura.
(
da "AltaLex"
del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia
I
sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico Articolo
di Monica Alessia Senor 11.06.2009 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi I
sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico di cui allart.6 del decreto legge 23 febbraio 2009, n.11,
convertito nella legge 38/09. di Monica Alessia Senor Il decreto legge 11/09,
in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale ed
atti persecutori, convertito con modificazioni nella legge 23 aprile 2009, n.38
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 aprile 2009), ha introdotto allart.6, 7° e 8° comma, la facoltà in capo ai Comuni di
utilizzare, per finalità di tutela della sicurezza urbana, sistemi di
videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico; i dati, le
informazioni e le immagini raccolte mediante luso
di detti sistemi sono conservati per sette giorni, fatte salve speciali
esigenze di ulteriore conservazione. La norma non ha
suscitato lo strepitus che, invece, ha caratterizzato altre disposizioni, poi
stralciate, quali ad esempio le ronde cittadine, ma il silenzio è immeritato in
quanto la previsione legislativa, a prescindere da facili critiche concernenti lormai noto abuso della questione sicurezza per
lemanazione di disposizioni liberticide[1], dà adito a numerosi dubbi
interpretativi e di legittimità. Il nucleo essenziale della questione involge
un profilo sempre più attuale della tutela della riservatezza, quello della c.d.
privacy in luogo pubblico[2]. Se, infatti, originariamente il concetto di
privacy era legato al right to be alone[3], levoluzione
tecnologica, e più in particolare informatica[4], ha comportato una graduale
traslazione
del diritto dalla sfera privata/fisica (il soggetto che si protegge da
interferenze esterne nel suo domicilio) alla sfera pubblico/virtuale (il
soggetto come rappresentazione di sé nel mondo reale e non)[5]. Dopo i tragici
fatti dell11 settembre 2001, il diritto alla
tutela dei dati personali ha subito forti compressioni giustificate in nome
della salvaguardia dellordine e della sicurezza
pubblica contro il pericolo del terrorismo internazionale[6]. Più di recente,
il pericolo sul cui altare si è ritenuto legittimo sacrificare il diritto alla
riservatezza si è progressivamente spostato su più circoscritte ragioni di
sicurezza pubblica interna e prevenzione del crimine[7]. Da ultimo, col
provvedimento che si commenta, sul piatto della bilancia vengono poste ragioni
di sicurezza urbana (concetto giuridicamente indefinito), con ovvia prevalenza
di queste ultime rispetto alla protezione dei dati personali dei cittadini. È
bene precisare. Il bilanciamento tra contrapposti diritti, in termini astratti,
è criterio non solo legittimo ma indiscutibilmente appannaggio del legislatore.
Anche a livello sovranazionale, va ricordato che lart.8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti delluomo, il quale sancisce il principio secondo cui ogni persona
ha diritto
al rispetto della sua vita privata, al secondo comma prevede che non possa
esservi ingerenza dellautorità pubblica
nellesercizio di tale diritto salvo che si tratti di misure
necessarie per la sicurezza nazionale, per la difesa
dellordine e per la prevenzione dei reati. La questione è qui, però,
parzialmente diversa in quanto da un lato la sorveglianza che si vuole attuare
non attiene a finalità di ordine o sicurezza pubblica e nemmeno di prevenzione
e repressione dei reati (non è infatti dato comprendere cosa di debba intendere
con la locuzione sicurezza urbana),
dallaltro coinvolge indiscriminatamente tutti i cittadini (con una
altissima e generalizzata portata lesiva del diritto alla riservatezza di
tutti). Non a caso, la XIV Commissione permanente sulle Politiche dellUnione europea della Camera, sentita in sede consultiva
durante liter di conversione del D.L. 11/09[8], ha sottolineato
lopportunità di assicurare che lutilizzo dei sistemi di
videosorveglianza utilizzati dai Comuni avvenisse secondo modalità che
garantissero il rispetto dei requisiti fissati dallart.8 della CEDU, con specifico riferimento alla tutela
della privacy, del diritto alla vita privata e della libertà di movimento[9].
Nonostante il tenore del parere, nulla veniva modificato nel testo definitivo
rispetto alla stesura originaria della disposizione normativa[10]. Ma vi è di
più. Nel nostro ordinamento la tutela dellordine
e della sicurezza pubblica è istituzionalmente demandata alle Forze di polizia,
mentre ai Comuni, ai sensi dellart.118
Cost., sono attribuite solo funzioni amministrative. Parimenti, la legge-quadro
7 marzo 1986, n.65 non riconosce funzioni di pubblica sicurezza in capo alla
polizia municipale, la quale può solo collaborare (funzione ausiliaria) con le Forze di
polizia dello Stato, su disposizione del sindaco ed esclusivamente per
specifiche operazioni quando ne viene fatta motivata richiesta dalle competenti
autorità[11]. In effetti, i limiti dei poteri riconosciuti dallordinamento ai Comuni ed alla polizia
municipale, sono stati, in passato, il discrimine nei provvedimenti emessi dal
Garante per la protezione dei dati personali in materia di impianti di
videosorveglianza[12]. Di fronte alle richieste dei Comuni, il Garante ha
sempre manifestato dubbi circa la compatibilità tra linstallazione di telecamere da parte dei Comuni e le
funzioni istituzionali demandate allente (ricordiamo che, ai sensi
dellart.18 del Codice Privacy, il trattamento di dati da parte di un
soggetto pubblico è consentito solo per il conseguimento delle finalità istituzionali
dellente stesso) e come, in assenza di una
specifica disposizione di legge al riguardo, la comunicazione tra soggetti
pubblici dei dati (compresi i risultati delle operazioni di videosorveglianza)
non sia
assolutamente ammissibile[13]. Conformemente a tale interpretazione, il Garante
ha, per converso, dato parere favorevole ad un protocollo dintesa per linstallazione sperimentale di sistemi
di videosorveglianza sui mezzi di trasporto pubblico urbano stipulato tra il
Comune, la Prefettura e le autorità di Pubblica sicurezza del Comune di
Torino[14]; è evidente come, in tal caso, le funzioni di tutela dellordine e della sicurezza pubblica rimanessero
nellalveo della loro legittima previsione, vista la collaborazione
instaurata dal Comune con le autorità di pubblica sicurezza. Orbene, la nuova
previsione legislativa di cui allart.6,
D.L. 11/09 può considerarsi idonea e sufficiente a far ritenere che i Comuni, a
fianco delle ordinarie attribuzioni di carattere amministrativo, siano oggi
investiti anche di un ruolo di polizia? Ed ancora: cosa deve intendersi,
giuridicamente, per sicurezza urbana?
Dobbiamo forse considerarlo una sorta di sottoinsieme del più ampio concetto di
sicurezza pubblica? Il laconico disposto dellart.6
nessuna risposta fornisce alle predette domande. Ed ancora. Leggendo i lavori
parlamentari emerge che secondo la volontà del legislatore lattribuzione
di siffatto potere in capo ai Comuni non solleva nessun problema di
contemperamento con il diritto alla riservatezza dei cittadini in quanto
la disciplina comunitaria in materia esclude dallambito
di applicazione della normativa sui dati personali il trattamento di dati per
fini connessi con la sicurezza pubblica, la difesa, la sicurezza dello Stato in
materia di diritto penale[15]. Così non è. Per due ordini di argomentazioni.
Innanzitutto, se è vero che il considerando 16 della direttiva 95/46/CE esclude
lapplicazione della direttiva stessa ai
trattamenti di suoni e immagini per le finalità di cui sopra, come già detto, il
concetto di sicurezza urbana non può essere parificato, tout court, alla
sicurezza pubblica. Inoltre, lart.53 del Codice
Privacy prevede che il trattamento di dati personali effettuato (dal C.E.D. del
Dipartimento
di pubblica sicurezza, da forze di polizia ovvero da organi di pubblica
sicurezza) per finalità di tutela dellordine
e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati è
comunque sottoposto alla disciplina prevista dal codice stesso, salvo
alcune disposizioni tra cui quelle che prevedono linformativa, il riscontro agli interessati e la
notificazione al Garante. I principi cardine del codice sono dunque fatti salvi
e vanno rispettati. Del resto la tutela dei dati personali è ormai pacificamente
considerata un diritto soggettivo di rango costituzionale,
facente capo ai diritti inviolabili della personalità di cui allart.2 Cost., per cui non è in alcun modo accettabile
che esso venga tanto banalmente negato in favore né dellordine pubblico, né
tanto meno di questo nuovo ed indefinito concetto di sicurezza urbana.
Peraltro, a parere di chi scrive, la videosorveglianza di luoghi pubblici o
aperti al pubblico non rientra neppure nella previsione di cui allart.53, in quanto i dati oggetto di
trattamento sono solo occasionalmente relativi alle previste finalità di
sicurezza pubblica e prevenzione, accertamento o repressione dei reati,
trattandosi piuttosto, nella quasi totalità casi, di immagini relativi a
privati cittadini liberamente circolanti nel territorio urbano. Dovranno quindi
trovare applicazione tutte le disposizioni previste dal codice per il
trattamento di dati da parte di un soggetto pubblico, tra cui linformativa allinteressato, il diritto di accesso
(e correlati), le misure di sicurezza e i principi di pertinenza, proporzionalità
e correttezza di cui allart.11, D. L.vo 196/03. A
tal proposito, giova ricordare che il Gruppo di lavoro, Articolo 29, nel parere
4/2004 sul trattamento dei dati personali mediante videosorveglianza[16], ha
sottolineato come la pubblicità dei luoghi possa forse giustificare un minore
livello di riserbo, ma non la totale privazione dei diritti e delle libertà dei
soggetti pubblicamente ripresi. Ecco che torna, dunque, il concetto di privacy
in luogo pubblico. Ma quali sono i confini tra privacy e privacy in luogo
pubblico? La risposta è: gli stessi confini che demarcano il domicilio privato
dal luogo pubblico o aperto al pubblico. Se non che, a volte, detti confini non
sono né certi, né fissi, specie in relazione a particolari luoghi (balconi,
cortili, zone comuni, toilette di locali pubblico, privè) in cui ciò che è
pubblico e ciò che è privato non sono perfettamente delineati. La problematica
è stata affrontata della Corte di Cassazione in alcune recenti pronunce,
proprio con riferimento a casi in cui si verteva sulla legittimità (ed
utilizzabilità processuale) delle risultanze di videoriprese. I parametri, va
detto, sono mutati nel tempo. Infatti, mentre la giurisprudenza più risalente
per dirimere i casi dubbi (come detto, ad esempio, cortili e balconi) faceva
riferimento ad una valutazione astratta sulla natura del luogo mutuando listituto della pertinenza dellimmobile di cui
allart.614 c.p.[17], al contrario, di recente, si è andata affermando una concezione soggettiva di privata dimora, nel senso che non
si bada alle caratteristiche strutturali del luogo quanto piuttosto alla
concreta funzione dello stesso in relazione alla vita sociale
dellinteressato che si estrinseca con lo ius excludendi alios e con la
difesa della privacy. Sintomatica espressione di questultimo orientamento giurisprudenziale, sicuramente
legato ad una maggiore sensibilità giuridica nei confronti della tutela della
riservatezza, è la pronuncia a sezioni unite della Suprema Corte del 2006[18]. In tale arresto la Corte ha infatti affermato
il principio secondo cui la tutela costituzionale del domicilio è fondata sul rapporto esistente tra un soggetto
ed il luogo in cui questi svolge la sua vita privata, ma la massima tutela
(inviolabilità del domicilio) può essere garantita solo quando il predetto
rapporto sia tale da escludere interferenze esterne nel luogo stesso
anche in assenza del soggetto interessato. Pertanto, se le caratteristiche e la
funzione del luogo non consentono unestensione
del concetto di domicilio, non vi sarà, per quel luogo, la massima copertura costituzionale (di cui allart.
14 Cost., con la riserva rafforzata di legge ivi prevista), ma solo la minor
tutela della riservatezza, la quale trova riconoscimento nellart.2 della Carta fondamentale. Sulla scia delle
Sezioni Unite, in altre recenti sentenze la Suprema Corte ha considerato
legittime e, di conseguenza, utilizzabili in giudizio le videoregistrazioni
effettuate dalla polizia giudiziaria con una telecamera (posizionata allesterno) che inquadrava e riprendeva lingresso, i
balconi ed cortile del domicilio dellindagato, luoghi che sono stati
definiti esposti al pubblico[19] perché caratterizzati da una
libera percettibilità esterna; la tutela di cui allart.14
Cost. verrebbe dunque meno sol perché larea interessata dalle riprese
ricade nella sfera visiva di un numero indifferenziato di persone[20]. Per
contro, in altre pronunce, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto
sussistente il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui allart.615 bis c.p. (e dunque le videoriprese sono state
considerate illegittime) in un caso in cui la videoregistrazione era stata
effettuata mediante una microcamera collocata sullandrone di accesso ad un garage
condominiale[21], nonché nel più noto caso delle fotografie scattate al
Presidente del Consiglio mentre passeggiava nel parco di Villa Certosa[22]. A
dire il vero, la Corte di Cassazione pare aver adottato due diversi parametri
di giudizio a seconda delle questioni esaminate: allorquando si tratta di
riconoscere la tutela penale di cui agli artt. 614 e 615 bis c.p. (in un
rapporto tra privati), la tendenza è quella di ampliare il più possibile il
concetto di domicilio, mentre laddove oggetto di analisi è la legittimità dellattività di indagine della polizia giudiziaria, il
domicilio viene fortemente circoscritto al fine di considerare il più possibile
utilizzabili come elementi di prova le riprese effettuate in luoghi dubbi[23].
In tal senso, la giurisprudenza di legittimità altro non è che lo specchio in
cui si riflette la contraddittorietà che spesso connota le problematiche
attinenti alla privacy[24], anche a livello del comune sentire: le ingerenze
nella vita privata sono accettate solo fin tanto che riguardano terzi e non linteressato in prima persona[25]. Si pensi, ad esempio,
al ginepraio sollevato da Google Street View, lapplicativo di Google che
consente allutente di vedere, attraverso le registrazioni memorizzate con
una telecamera mobile, le immagini delle vie di una città. Il problema è che,
oltre alle strade è possibile distinguere anche gli immobili che su di esse si
affacciano (e la telecamera consente di spostare linquadratura lateralmente sino ad alcuni metri in
altezza), le auto parcheggiate e le persone che vi camminano[26]. In Europa
Google ha adottato alcuni accorgimenti per garantire il rispetto della privacy,
tra cui loscuramento dei volti delle persone riprese e
delle targhe delle auto parcheggiate sulla pubblica via, ma se lidentificazione è stata scongiurata non altrettanto può
dirsi circa lidentificabilità, almeno potenziale, dei soggetti
accidentalmente filmati[27]. Si pensi altresì alla mutata sensibilità con cui i
cittadini del il Regno Unito, ormai unanimemente (e, aggiungerei,
tristemente) definito la società della
sorveglianza, affrontano la capillare schedatura a cui sono stati
sottoposti negli ultimi anni. Il Regno Unito è stato il primo paese, agli inizi
degli anni 80, a far ricorso a sistemi di videosorveglianza (prima per
contrastare fenomeni di vandalismo nei centri storici, poi per fronteggiare il
terrorismo dellI.R.A) ed ancor oggi il
proliferare di telecamere a circuito chiuso (CCTV) è ritenuto utile strumento
per la salvaguardia della sicurezza pubblica e privata[28]. Tuttavia, sempre più
numerose sono le prese di posizione di associazioni per la tutela dei diritti
civili o di singoli cittadini che si lamentano delle pratiche di schedatura di
massa e rivendicano la preminenza del diritto alla protezione dei dati
personali rispetto alla tutela della sicurezza. Tra le prime, giova ricordare
il rapporto Database State[29] in cui si dà atto che
la maggior parte dei database governativi britannici (di cui, peraltro, non si
conosce il numero esatto) è illegale o connotato da gravi irregolarità
tanto da ledere non solo il diritto alla protezione dei dati personali ma anche
i diritti umani (specie dei minorenni). Tra le seconde, impossibile non
menzionare la meravigliosa sentenza emessa dalla Corte dei diritti delluomo di Strasburgo nella causa S. and Marper v. The
United Kingdom[30], ove si afferma con rigore e fermezza che qualsiasi raccolta
di dati personali deve essere subordinata ad un attento bilanciamento tra
linteresse pubblico alla raccolta ed il principio fondamentale
di rispetto della vita privata di cui allart. 8
della C.E.D.U.[31] Purtroppo da noi, come detto, spesso la giurisprudenza
sembra ancorata a vecchi concetti rivelandosi incapace di adeguare i principi
di diritto alle nuove tecnologie[32]. Sintomatica, a tal proposito, una
recente sentenza della Consulta in cui si afferma che la tutela della
riservatezza protetta dallart.14 Cost. non può
essere accampato (sic!) quando le videoregistrazioni riguardano
comportamenti tenuti in luoghi di privata dimora ma liberamente osservabili
da estranei (nella fattispecie si trattava di un balcone prospiciente sulla
pubblica via) in quanto parificabili alle normali operazioni di controllo e
pedinamento eseguite dalla polizia giudiziaria[33]. Lassunto, apparentemente condivisibile, è
decontestualizzato rispetto alla realtà in quanto la sorveglianza moderna non
solo è molto più ampia e pervicace rispetto ai tradizionali metodi di indagine
proprio in virtù degli strumenti tecnologici con cui viene effettuata, ma detti
strumenti consentono di raccogliere e trattare una quantità di informazioni
(una videocamera lavora, a differenza dellagente
di polizia, h24) e di tale qualità (si pensi alla definizione delle immagini ed
alla possibilità di ingrandimento del particolare) da mettere in mano a chi
sorveglia una enorme mole di dati da cui si possono estrapolare (anche
attraverso c.d. operazioni di matching) dati personali ai limiti del divieto di
profiling automatizzato (art. 14, Codice privacy), ovvero conoscerne altri che,
paradossalmente, possono risultare ignoti allo stesso controllato (ad es. dati
genetici); senza contare lelevatissimo rischio di
perdita (dolosa o colposa) dei dati stessi. La problematica non è di poco conto
anche perché da un lato non risulta affatto provato che la sorveglianza
massiva comporti una proporzionale, o comunque consistente, diminuzione della
criminalità, dallaltro alcuni studi hanno
evidenziato come la videosorveglianza permanente di luoghi pubblici possa
causare effetti psicologicamente devianti tali da indurre le persone a modificare
comportamenti o abitudini di vita[34]. La pericolosa interferenza della
videosorveglianza sul comportamento delle persone è stata puntualmente messa in
luce dal Gruppo di lavoro Articolo 29, il quale, per primo, ha inquadrato tale
interazione come una potenziale lesione del diritto alla libera circolazione,
riconosciuto e garantito dallart.2 del Quarto
Protocollo addizionale della Convenzione europea per la protezione dei diritti
delluomo e delle libertà fondamentali. Si legge a tal proposito nel parere
4/2004: Le persone interessate hanno il diritto di
esercitare la propria libertà di circolazione senza dover essere soggette ad
eccessivi condizionamenti psicologici quanto ai loro movimenti e comportamento e senza
dover essere sottoposte ad un controllo particolareggiato, come quello che
rileva i loro movimenti e/o fa scattare lallarme
in base ad un software che interpreta automaticamente il presunto
comportamento sospetto di una persona, senza intervento umano, a seguito dellapplicazione sproporzionata della videosorveglianza in
vari locali pubblici e/o di accesso pubblico [35]. Parole chiare che
esprimono uno scenario futuro, assai prossimo, molto inquietante. Un diritto,
la libertà di circolazione, che credevamo vecchio e perfettamente impregnato
nella società moderna che rischia, invece, di essere oggi gravemente rimesso in
discussione. Lart.16 della Costituzione
prevede che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del
territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via
generale per motivi di sanità o di sicurezza. Gli esempi di scuola solo il
cordone sanitario in caso di epidemia e le misure di prevenzione di cui alla
legge 1423/56. Dobbiamo forse aggiungervi lipotesi
di cui allart.6, D.L. 11/09? Monica Alessia Senor [1] Basti pensare che
la relazione del Governo di presentazione del decreto legge al Parlamento fa
espresso richiamo ad unallarmante crescita dei episodi di violenza sessuale che come giornalmente evidenziato dalle cronache
giornalistiche sta generando un diffuso e generale stato di allarme
sociale, laddove lo stesso giorno il Ministero dellInterno ha
diffuso dati Istat che dimostrano una sensibile diminuzione (-8,4%) dei reati
sessuali nellanno 2008. [2] Il concetto
viene attentamente sviluppato da Pagallo, La tutela della privacy negli Stati
Uniti dAmerica e in Europa, Giuffrè, 2008, pagg. 72 e ss. [3] Concetto
introdotto da Warren e Brandeis nel lontano 1890. [4] Cfr. Mantelero,
Digital privacy: tecnologie conformate e
regole giuridiche, in AA.VV., Privacy digitale, Giappichelli, 2005, pagg. 19 e
ss. [5] Sul punto, si veda anche la distinzione proposta dal prof. Rodotà tra
privacy, intesa come garanzia di una sfera privata chiusa e diritto alla
protezione dei dati personali, inteso come diritto fondamentale che tutela la
proiezione nel mondo di sè e lo sviluppo della propria personalità; cfr., il
concetto in Rodotà, Dialogue Forum on Internet Right, Roma, 27 settembre 2007,
al link http://www.isoc.it/index.php?option=com_content&task=view&id=355&Itemid=21.
[6] Il riferimento è al c.d. decreto Pisanu che ha congelato la cancellazione
dei dati di traffico telefonico e telematico; sul punto cfr. Senor, Legge 18
marzo 2008, n. 48 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Budapest sulla
criminalità informatica: modifiche al codice di procedura penale ed al D.Lgs.
196/03, pubblicato al link http://www.altalex.com/index.php?idnot=41576. [7] Si
pensi, sul punto, al disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento
sullistituzione della banca dati nazionale del DNA.
[8]http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/200903/0325/html/14/&pagpro=130n1&all=on&commis=14
[9] Lart. 8 C.E.D.U., sebbene pacifica espressione di
norma non imperativa né cogente (c.d. soft law) è spesso richiamata dalla
giurisprudenza italiana; cfr., in tema di riprese visive effettuate
allinterno di un locale pubblico, la sentenza della Corte Costituzionale
24.04.2002, n. 135, in
Giur. Costit., 2002, 1062, con nota di Pace, Marini, Caprioli. [10] Parimenti
nessun seguito hanno avuto le osservazioni formulate dal C.S.M., il quale
lamentava lassenza di un termine massimo di conservazione dei dati per speciali esigenze non meglio specificate in
palese contrasto con i principi di riserva di legge e tassatività che regolano
le misure restrittive della libertà personale: cfr. il parere al link
http://www.astrid-online.it/Sicurezza-/Atti-parla/Misure-urg/CSM_13-PA-2009SicurezzaPubblica_02_04_09.pdf
[11] Cfr. art.3, L.07.03.1986, n.65. [12] Cfr., in particolare, il parere 28
maggio 1998, relativo allistallazione di telecamere
in luogo pubblico effettuata dal Comune di Romano di Lombardia (BG), al link
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1002044 [13] Lassunto è stato formulato con riferimento al dettato di
cui alla L.675/96, ma lo stesso vale oggi ai sensi del disposto di cui
allart.19, D. L.vo 196/03. [14] Cfr. parere 23 marzo 1999, al link
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=40899 [15] Cfr. relazione dellon. Castiello
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/200903/0319/html/14/comunic.htm
[16] Cfr. il testo italiano del parere al link http://www.privacy.it/grupripareri200404.html.
[17] Cfr., Cass. pen., 14 febbraio 1978; id., 3 dicembre 1998. [18] Cfr. Cass.
pen., Sez. Un., 28 marzo 2006, n.26795, in Dir. Pen. e Processo, 2006, 11,
1347, con nota di Conti. Nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, la
questione riguardava alcuni privé e la legittimità delle riprese video ivi
effettuate dalla polizia giudiziaria. [19] Per luogo esposto al pubblico si
deve intendere un luogo che pur non essendo accessibile a tutti, può tuttavia
essere visto da un numero indeterminato di persone (cfr. la copiosa
giurisprudenza in materia di atti osceni commessi allinterno dellabitacolo di unautovettura).
[20] Cfr. Cass. pen., Sez. V, 14 maggio 2008, n.22602, pubblicata al link
http://www.giuristitelematici.it/modules/bdnews/article.php?storyid=1474; nello
stesso senso Cass. pen., Sez. II, 10 novembre 2006, n.5591, in Riv. Pen., 2007,
5, 505. [21] cfr. Cass. Pen., Sez. V, 15 ottobre 2004, n.16189, in Riv. Pen.,
2007, 1, 117. [22] In detta pronuncia il parco di Villa Certosa è stato
configurato come appartenenza della dimora e quindi, come tale, da ritenersi
interdetto ad estranei (cfr. Cass. pen., Sez. V, 22 febbraio 2008, n.17408, al
link http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=621). [23] Diversa e più
garantista la giurisprudenza statunitense; cfr. il caso Katz v. United States
citato da Pagallo, op. cit., pagg.72 e ss., in cui nel lontano 1967 già veniva
riconosciuta la garanzia del Quarto Emendamendo anche a tutela di comportamenti
tenuti in luogo pubblico (nella specie trattavasi di una cabina telefonica
pubblica). [24] Si legga sul punto lilluminante
libro di Paissan, La privacy è morta. Viva la privacy, Ponte alle grazie, 2009,
il quale a pag.245 afferma come la nostra sia al contempo la società della
sorveglianza e della trasparenza. [25] Sul punto, cfr. anche newsletter sul
progetto Urbaneye su
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=34841 [26] Cito la mia
personale esperienza perché, nel suo piccolo, è sintomatica
dellinvasività del mezzo: il servizio mi ha infatti permesso di
individuare la mia abitazione, vedere che le persiane di casa erano abbassate
(preciso che il mio appartamento è sito al quarto piano) ed individuare la mia
auto parcheggiata in una traversa sotto casa (la targa, ovviamente, era oscurata,
ma visto il modello particolare, nessun dubbio che sia riconoscibile anche da
terzi). [27] Cfr. Paissan, op.cit., pag.47 ove si cita la viva reazione di una
donna americana che è riuscita a vedere il suo gatto affacciato alla finestra.
[28] Cfr. linquietante articolo di Maruccia, 32 CAM spiano la
casa di George Orwell, pubblicato al link
http://punto-informatico.it/servizi/ps.asp?i=1947234 , nonché quello più
rassicurante di Bottà, Regno Unito, Tecnocontrollo annacquato, al link
http://punto-informatico.it/servizi/ps.asp?i=2611434. [29] Cfr. il testo (in
inglese) al link http://www.jrrt.org.uk/uploads/Database%20State.pdf. [30] Cfr.
il testo integrale della pronuncia (in lingua inglese) al link
http://www.coe.int/t/e/legal_affairs/legal_co-operation/data_protection/Documents/1S.%20AND%20MARPER%20v.%20THE%20UNITED%20KINGDOM%20EN.pdf
. [31] Il ricorso era stato promosso da due cittadini britannici avverso il
diniego opposto loro dalla Polizia alla cancellazione dei loro dati genetici
(campioni biologici e profili) dal NDNAD (National DNA Database) nonostante in
un caso vi fosse stata unassoluzione e
nellaltro il procedimento fosse stato dichiarato improcedibile (si
trattava di molestie tra conviventi, stragiudizialmente superate con una
riconciliazione). [32] Per un discorso analogo con riferimento alla tutela
del diritto dautore nellera della
tecnologia digitale, cfr. Blengino, La tutela penale del copyright digitale:
unonda confusa e asincrona, in AA.VV, Copyright digitale, Giappichelli,
2009, pagg.
91 e ss. [33] cfr. Corte Costituzionale, 16.05.2008, n..149, sentenza
pubblicata sul sito ufficiale della Consulta al link: http://www.cortecostituzionale.it/giurisprudenza/pronunce/schedaDec.asp?Comando=RIC&bVar=true&TrmD=&TrmDF=&TrmDD=&TrmM=&iPagEl=1&iPag=1.
[34] Cfr. lo studio tedesco del 2008 menzionato da Paissan, op. cit., pag.69.
[35] Cfr. nota n.15. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |
(
da "Corriere delle Alpi"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Ma in
Italia i giudici sono veramente soggetti alla legge? DANIELE TRABUCCO *
"Le norme sulle intercettazioni sulle quali il Governo ha posto la
questione di fiducia, impediranno alle forze di polizia ed alla magistratura
inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". E' quanto
si legge, in una nota, diffusa dall'Associazione nazionale magistrati riguardo
il disegno di legge sulle intercettazioni. Questa, come altre affermazioni
dello stesso tenore spesso provenienti dalla Magistratura, non mi sembra
rispondano alla ratio di cui all'art. 101, 2º comma, Cost. che, sancendo il
principio della cosiddetta indipendenza funzionale dei giudici, ne prevede la
soggezione unicamente alla legge. Tale soggezione, come ha
indicato opportunamente la Corte Costituzionale (sent. n. 40/1964 e sent. n.
234/1976 Corte Cost.), si esprime nell'esigenza che "il giudice riceva, se
non dalla legge, l'indicazione delle regole da applicare nel giudizio e che
nessuna altra autorità possa, quindi, dare al giudice ordini o suggerimenti
circa il modo di giudicare in concreto". Ora, risulta logico e
coerente con una forma di Stato democratico come la nostra in cui vige il
principio montesquiano della separazione dei poteri, che la garanzia
dell'indipendenza non può essere a senso unico ma deve necessariamente
coinvolgere, in una visione d'insieme, tanto gli organi giudicanti quanto
quelli politici; deve assumere, in altri termini, una dimensione bidirezionale
e non univoca come è accaduto, in Italia, fino a questo momento. Il rischio,
infatti, è la degradazione a sottomissione della soggezione del giudice alla
legge, o meglio si pongono le premesse affinchè la giurisprudenza, come
denunciava il grande giurista Piero Calamandrei (1889-1956) in una recente
relazione tenuta alla FUCI in data 21 gennaio 1940, ad oggi inedita e di
impressionante attualità, sia svincolata dall'osservanza stretta della legge al
solo scopo di sottoporla ad una devastante soggezione, la soggezione (rectius
sottomissione) alle "minaccianti pressioni ideologiche e politiche
dell'epoca, culminanti nella folle idea di un diritto ispirato caso per caso al
giudice". Non è, forse, quanto è avvenuto con il caso Eluana Englaro
(nonostante la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 334/2008, abbia
dichiarato inammissibile il conflitto tra poteri dello Stato)? La vera
soggezione alla legge, pertanto, non può tradursi né nella mera e
"inanimata" applicazione della legge né nella sua applicazione
ideologizzata poiché presuppone il riconoscimento, ed ancora una volta diviene
significativo il pensiero di Calamandrei, di una funzione educatrice e
civilizzatrice del diritto: "il diritto non è fatto per me o per te ma per
tutti gli uomini che vengano a trovarsi domani nella situazione in cui mi trovo
io". * Università di Padova
(
da "Stampa, La"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il
«giallo» di Berlusconi POLITICA I COMUNISTI LAVORATORI DOVRANNO PRESENTARE UNA
NUOVA ISTANZA La conferma solo ieri sera «Silvio non verrà a Savona» Pcl,
ricorso congelato dal Tar Le elezioni non si rifaranno Anselmo: con noi e con
il Pdl usati due pesi e due misure La conferma ufficiale è arrivata solo ieri
alle 19 dopo che per tutto il giorno le voci su un comizio di Berlusconi a
Savona, domani in piazza Sisto, avevano continuato a rincorrersi. Un comunicato
del coordinatore regionale Pdl, Michele Scandroglio ha chiarito la vicenda:
«Sopraggiunti irrinunciabili impegni del presidente del Consiglio non gli
consentiranno, purtroppo, di essere con noi. Esprimiamo comunque soddisfazione
nel sapere che Silvio Berlusconi avrebbe voluto, dopo un anno, tornare a Savona
riconoscendo la grande importanza politica della competizione elettorale
savonese». Per l'occasione in tutta la provincia e nel Ponente ligure si era
messa in moto una complessa macchina organizzativa. [FIRMA]PARIDE PASQUINO
SAVONA I giudici del Tar non hanno cancellato le elezioni di domenica scorsa.
Ieri hanno deciso di rinviare il giudizio di merito sul ricorso presentato dal
Partico comunista dei lavoratori sull'esclusione della loro lista per le
Provinciali. Un rinvio motivato dal fatto che il ricorso puntava
sull'illegittimità costituzionale dell'esclusione, ma
essendo la lista ormai fuori dal concorso elettorale già avvenuto (se non altro
al primo turno), sarà necessario invece presentare un nuovo ricorso solo dopo
la proclamazione degli eletti. Una sentenza tecnicamente complessa, ma che in
soldoni dice che il Pcl avrà tempo 30 giorni dalla proclamazione degli eletti
(quindi anche dopo il ballottaggio) per fare un nuovo ricorso. Su questo il Tar
fisserà una nuova udienza per decidere nel merito. Fino ad allora le elezioni
saranno valide, fermo restando che rimane pendente il
giudizio della Corte Costituzionale sull'esclusione inizale del Popolo della
Libertà che invece ha partecipato alle elezioni grazie alla sospensiva concessa
dal Tar. Delusione nelle file del Pcl. Il portavoce Simone Anselmo ha detto: «I
giudici hanno usato due pesi e due misure con noi e con il Pdl. Se la
prendono con noi perché siamo un partito più piccolo ma in questo modo
calpestano i diritti di 414 elettori». Per oggi è stata convocata una
conferenza stampa cui prenderà parte anche il leader nazionale Marco Ferrando.
Intanto, in vista del ballottaggio di domenica 21 e lunedì 22 giugno, si
intensificano gli incontri per deterninare strategie e alleanze. Oggi è in
programma un vertice di Rifondazione comunista. Sul fronte delle Comunali, il
neo sindaco di Albisola Superiore, Franco orsi tende la mano al collega di
Albissola Marina Nico Vicenzi. «Anche se Vicenzi appartiene a uno schieramento
poltico diverso dal mio, sono disponibile a lavorare sui progetti che coinvolgono
le Albissole collaborando come avrei fatto se ad Albissola Marina avesse vinto
Gradella». Intanto a Varazze, il Pdl celebrerà questa sera la vittoria di
Johnny Delfino con una festa alla discoteca Orizzonte ai Piani d'Invrea.
L'evento, con inizio dalle ore 19, sarà aperto a tutti con un biglietto di
ingresso stabilito in 10 euro. L'incasso sarà devoluto all'Oratorio Salesiano
per contribuire alla conclusione dei lavori del cinema-teatro situato
all'interno della struttura religiosa e che andrà ad ospitare fino a 250 posti.
(
da "Tribuna di Treviso,
La" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
di
Giovanni Valentini LA RIVOLTA DEI PUFFI Il racconto di quello che fu il primo
test del potere mediatico conquistato attraverso l'assalto all'etere Per
gentile concessione dell'autore, pubblichiamo un brano de La Sindrome di
Arcore. A valutarlo in un'ottica retrospettiva, quello fu di fatto un primo
test del potere mediatico che Berlusconi aveva conquistato attraverso l'assalto
all'etere, in pieno Far West delle antenne, accaparrandosi le televisioni che
gruppi editoriali più titolati, come Mondadori o Rusconi, non erano riusciti a
gestire con profitto. Ma fu anche la prova generale di un potere più grande,
populista e demagogico, che il Cavaliere avrebbe speso in seguito sul terreno
politico ed elettorale. La prima ondata di telefonate investì le sedi dei
giornali di Roma e Torino: migliaia di teledipendenti, le massaie vedove di Gei
Ar e i ragazzini orfani dei Puffi, protestavano (...) I centralinisti non
trovarono di meglio che dirottarla sulla sede di Canale 5, a Milano, su cui si scaricò
una seconda valanga di contumelie. A quel punto, in un crescendo
insurrezionale, le televisioni di Berlusconi misero in onda un nuovo cartello,
per sollecitare il pubblico a telefonare direttamente alla presidenza del
Consiglio e ai malcapitati pretori, fornendone i numeri riservati completi di
prefisso: a Torino, dopo 24 ore di insulti e improperi, il dottor Casalbore fu
costretto perciò a chiedere ai dirigenti della pretura di cambiare l'interno
del suo ufficio. Anche la Rai, sospettata di aver favorito l'oscuramento delle
reti del Biscione per ragioni di concorrenza, fu presa di mira dai
telespettatori. Tanto che in serata il presidente, Sergio Zavoli, si vide
costretto a rilasciare una dichiarazione alle agenzie di stampa che risultò -
al di là delle sue stesse intenzioni - un attestato di solidarietà nei
confronti della Fininvest. «Questa protesta generale - commentò Guglielmo
Zucconi, che aveva vissuto quelle ore infuocate negli studi di Canale 5, la
rete di cui dirigeva i programmi giornalistici - ha trasformato quella che
inizialmente poteva sembrare una sconfitta in una vera e propria vittoria»
(...) Secondo una tattica che in seguito verrà replicata in maniera ancora più
spregiudicata contro i referendum sulle interruzioni pubblicitarie nei film o
perfino sulla riforma del sistema elettorale, Sua Emittenza mobilitò le proprie
reti, con tutta la loro variopinta compagnia di «nani e ballerine», per
raccogliere e amplificare la protesta del pubblico affamato di Dallas e
assetato di Dynasty. All'indomani dell'intervento dei pretori, l'Unità pubblicò
un'intervista al magistrato di Torino in cui il dottor Casalbore cercava di
chiarire la situazione: «Nulla vieta a queste televisioni di mandare in onda
programmi prodotti localmente, ad esempio un dibattito sul pretore che fa i
sequestri». Si rivelò un suggerimento prezioso. Detto e fatto. La sera di
quello stesso mercoledì, del tutto incurante della vistosa contraddizione,
giacché dimostrava così che il black out non gliel'avevano imposto i giudici,
Berlusconi riaccese Retequattro a Roma e affidò al Maurizio Costanzo Show il
compito di soffiare sul fuoco della rivolta (...) L'impatto della teleprotesta
popolare fu tanto forte che, con qualche rara e tardiva eccezione, finì per
coinvolgere anche i giornali, avallando la versione strumentale
dell'oscuramento accreditata dal vittimismo della Fininvest. Sulla Repubblica
del 17 ottobre, in calce a un servizio di cronaca firmato da Daniela Brancati,
apparve nelle pagine interne un commento non firmato. L'incipit era di questo
tenore: «Tre regioni italiane subiscono da ieri il black out totale delle
televisioni private, imposto dall'iniziativa del pretore. E' presumibile che
entro poche ore il provvedimento di sequestro delle videocassette e il divieto
di utilizzare i ponti radio che collegano gli studi di registrazione con le
stazioni emittenti si estenda a tutto il territorio nazionale, ripristinando in
tal modo, per mano del magistrato, quel monopolio della Rai che era stato
abolito da una sentenza della Corte costituzionale di molti anni fa, dai
progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti». Lo stesso
giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la sentenza della
Corte costituzionale aveva
superato il monopolio pubblico, il paese aspettava una riforma televisiva: «I
pretori avranno certo qualche argomento giuridico formale cui appigliarsi;
ma la classe politica non ha nessuna attenuante per l'inerzia e il disprezzo
con il quale ha considerato una delle attività primarie d'una società
tecnologica avanzata». Il giorno dopo, sulle pagine dell'Unità, fu un Walter
Veltroni in versione pre-buonista a sostenere candidamente: «Non ci si deve
rallegrare che emittenti televisive vengano oscurate e non si può non ragionare
sulle conseguenze che questo può avere sullo stato di aziende, piccole e
grandi, e sull'occupazione. Ci sono poi anche le abitudini degli utenti,
consolidate in anni di utenza televisiva, che non possono essere ignorate. Non
è con il black out che si risolvono i problemi del mondo televisivo».
(
da "Nuova Venezia, La"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina
19 - Cronaca Gratis sul Web dal 3 luglio Così si accede al servizio Ci si
collegherà alla rete da campi, fondamenta e giardini pubblici ROBERTA DE ROSSI
E' l'ora del collegamento. Dal 3 luglio, infatti, viaggiando lungo il Canal
Grande o sedendosi all'ombra di Sant'Elena o dal parco di San Giuliano, in
decine di campi veneziani come in piazza Ferretto, all'interno di biblioteche
ed università e in una miriade di uffici pubblici, sarà possibile collegarsi
gratuitamente ad Internet grazie ai 10 mila chilometri di fibre ottiche e
centinaia di hot spot wi-fi del progetto «Cittadinanza digitale» - firmato
Venis e Vitrociset - sul quale il Comune ha investito 10 milioni di euro.
Perché. «Informazioni, relazioni, lavoro, tutto si fa in rete», spiega il vicesindaco
Michele Vianello, «dunque, l'accesso per tutti i cittadini alla rete è un
diritto, tanto quanto quello agli asili nido o ai trasporti. L'unico modo per
Venezia per andare avanti è diventare città attrattiva di servizi grazie alla
rete. Per questo, dedico questa festa alla Corte costituzionale francese, che
appellandosi ai diritti universali dell'uomo ha respinto un progetto per
limitare l'accesso al Web». Cosa. Collegamento in rete per tutti i residenti,
gli studenti e lavoratori pendolari e (in cambio di un ticket) i turisti.
Nomadic work per i dirigenti comunali: Ca' Farsetti e i nuovi uffici all'ex
Carbonifera sono collegati dalle fibre ottiche e non sarà più necessario
spostarsi da una sede all'altra per operare. Digitalizzazione dell'immenso patrimonio
culturale della città, per renderlo fruibile a chiunque, mettendo in rete tutte
le istituzioni pubbliche e private cittadine: la prossima settimana la firma
del protocollo tra Comune e reti Garr, che a Venezia vede associati - tra gli
altri - Musei civici, Guggenheim, Fondazione Pinault, Cini, Università, Cnr,
Viu. E, ancora, un sito di «petizioni on line» sul modello di quello
statunitense, per dialogare direttamente con uffici ed assessorati del Comune,
avanzando proposte, progetti, critiche e ricevendo risposta. Come. Vigente il
decreto Pisanu sulla riconoscibilità di ogni utente collegato, per accedere
alla rete bisognerà utilizzare Id e password propri, che si potranno avere -
anche i minorenni, ma con una procedura più articolata - registrandosi online
dal 22 giugno sul sito www.cittadinanzadigitale.it: serve un indirizzo email
valido e il numero della carta d'identità. «Bateo camp» e caccia al tesoro
wi-fi. «Vorrei che il 3 luglio i cittadini veneziani si riappropriassero
davvero della loro città, sperimentando la rete e dandoci suggerimenti», si
augura Vianello. Così, la giornata inaugurale prevede anche il coinvolgimento
dei liceali veneziani e di un gruppo di blogger esperti delle potenzialità
della rete: «Abbiamo organizzato due bateo camp: ai due gruppi abbiamo chiesto
di immaginare cosa vorrebbero dallo sviluppo della rete a Venezia. Li faremo
poi incontrare a San Giuliano e scambiarsi idee sul destino della nostra città,
sul futuro e l'innovazione». Alle 19, appuntamento per tutti in piazza San
Marco per una caccia al tesoro - versione aggiornata della Caccia al Ruyi, su
testi di Alberto Toso Fei - dove gli indizi saranno letti su palmare o netbook
grazie ai collegamenti gratuiti wi-fi. Il futuro: 20 mega e niente antenne.
«Voglio subito alzare l'asticella e puntare a portare a casa di ogni veneziano
collegamenti a 20 mega», rilancia Vianello. Ma questa è una partita ancora
tutta da giocare: «Alla firma del sindaco c'è una lettera da inviare ai
maggiori operatori di telecomunicazioni europei. Non c'è città che possiede un
patrimonio pubblico di 10 mila chilometri di fibre ottiche: sul Ponte della
Libertà, ad esempio, passiamo solo noi e Telecom», prosegue Vianello, «per
questo sviluppo, però, serve necessariamente l'intervento dei privati, perché
da soli non abbiamo soldi. Noi offriamo una rete e l'occasione sperimentare a
Venezia - città immagine - servizi tecnologicamente avanzati: penso alla
possibilità di togliere tutte le antenne introducendo la tv digitale (con 20
mega si può), la telemedicina, didattica a domicilio. Ci sono servizi gratuiti,
altri - come i film da scaricare - a pagamento e qui sarà il business per il
privato che sarà socio del Comune».
(
da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Primo
Piano Pagina 102 intercettazioni Passa il ddl: e l'opposizione si spacca
Intercettazioni --> ROMA Il voto segreto sul ddl intercettazioni non spacca
la maggioranza, ma l'opposizione. Il testo, contestato in Aula dal
centrosinistra, ottiene 17 voti in più di quelli a disposizione di Pdl, Lega e
Mpa e cioè passa alla Camera con 318 sì, 224 no e un astenuto, mentre i
deputati del centrodestra che hanno partecipato al voto e che avevano
annunciato il proprio sì dovevano essere 301. I NUMERI Il ministro della
Giustizia Angelino Alfano esce trionfante dall'Aula di Montecitorio aumentando
addirittura il risultato dei franchi tiratori: «Abbiamo avuto una ventina di
voti in più della maggioranza - gongola - il voto segreto continua a premiare
le nostre tesi che sono condivise anche da alcuni settori dell'opposizione». E
nel centrosinistra si apre la resa dei conti su chi siano stati i traditori. E
qui le ipotesi divergono: c'è chi dà tutta la colpa ai centristi e chi invece
parla di un nuovo capitolo del duello nel Pd in vista del congresso. Ma tant'è:
il voto segreto invece di sparigliare in casa della maggioranza, colpisce
l'opposizione. «C'è confusione - ironizza Umberto Bossi - dicono una cosa e ne
fanno un'altra...». «Finita la campagna elettorale - commenta invece il
coordinatore della segreteria del Pdci Alessandro Pignatiello - ricomincia
l'inciucio?». LA GAZZARRA Al termine del voto, i deputati dell'Idv hanno alzato
striscioni segnati a lutto con su scritto: «Libertà di informazione
cancellata», «Pdl: proteggiamo delinquenti e ladri», «Morta la libertà di
informazione, uccisa dall'arroganza del potere». I commessi li hanno rimossi,
mentre dal centrodestra si alzavano cori di «Buffoni! Buffoni!». BUFERA CSM
Intanto è bufera al Csm. Tre consiglieri hanno presentato al Comitato di
presidenza, perchè le comunichi al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla
Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto
in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano
che, in un'intervista andata in onda al Tg2, ha parlato di nomine
lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè di una
spartizione sistematica. I consiglieri dimissionari sono Giuseppe Maria
Berruti, Ezio Maccora e Vincenzo Siniscalchi.
(
da "Mattino di Padova,
Il" del 12-06-2009)
Pubblicato anche in: (Nuova
Venezia, La)
Argomenti: Giustizia
di
Giovanni Valentini LA RIVOLTA DEI PUFFI Il racconto di quello che fu il primo
test del potere mediatico conquistato attraverso l'assalto all'etere Per
gentile concessione dell'autore, pubblichiamo un brano de La Sindrome di
Arcore. A valutarlo in un'ottica retrospettiva, quello fu di fatto un primo
test del potere mediatico che Berlusconi aveva conquistato attraverso l'assalto
all'etere, in pieno Far West delle antenne, accaparrandosi le televisioni che
gruppi editoriali più titolati, come Mondadori o Rusconi, non erano riusciti a
gestire con profitto. Ma fu anche la prova generale di un potere più grande,
populista e demagogico, che il Cavaliere avrebbe speso in seguito sul terreno
politico ed elettorale. La prima ondata di telefonate investì le sedi dei
giornali di Roma e Torino: migliaia di teledipendenti, le massaie vedove di Gei
Ar e i ragazzini orfani dei Puffi, protestavano (...) I centralinisti non
trovarono di meglio che dirottarla sulla sede di Canale 5, a Milano, su cui si scaricò
una seconda valanga di contumelie. A quel punto, in un crescendo
insurrezionale, le televisioni di Berlusconi misero in onda un nuovo cartello,
per sollecitare il pubblico a telefonare direttamente alla presidenza del
Consiglio e ai malcapitati pretori, fornendone i numeri riservati completi di
prefisso: a Torino, dopo 24 ore di insulti e improperi, il dottor Casalbore fu
costretto perciò a chiedere ai dirigenti della pretura di cambiare l'interno
del suo ufficio. Anche la Rai, sospettata di aver favorito l'oscuramento delle
reti del Biscione per ragioni di concorrenza, fu presa di mira dai
telespettatori. Tanto che in serata il presidente, Sergio Zavoli, si vide costretto
a rilasciare una dichiarazione alle agenzie di stampa che risultò - al di là
delle sue stesse intenzioni - un attestato di solidarietà nei confronti della
Fininvest. «Questa protesta generale - commentò Guglielmo Zucconi, che aveva
vissuto quelle ore infuocate negli studi di Canale 5, la rete di cui dirigeva i
programmi giornalistici - ha trasformato quella che inizialmente poteva
sembrare una sconfitta in una vera e propria vittoria» (...) Secondo una
tattica che in seguito verrà replicata in maniera ancora più spregiudicata
contro i referendum sulle interruzioni pubblicitarie nei film o perfino sulla
riforma del sistema elettorale, Sua Emittenza mobilitò le proprie reti, con
tutta la loro variopinta compagnia di «nani e ballerine», per raccogliere e amplificare
la protesta del pubblico affamato di Dallas e assetato di Dynasty. All'indomani
dell'intervento dei pretori, l'Unità pubblicò un'intervista al magistrato di
Torino in cui il dottor Casalbore cercava di chiarire la situazione: «Nulla
vieta a queste televisioni di mandare in onda programmi prodotti localmente, ad
esempio un dibattito sul pretore che fa i sequestri». Si rivelò un suggerimento
prezioso. Detto e fatto. La sera di quello stesso mercoledì, del tutto
incurante della vistosa contraddizione, giacché dimostrava così che il black
out non gliel'avevano imposto i giudici, Berlusconi riaccese Retequattro a Roma
e affidò al Maurizio Costanzo Show il compito di soffiare sul fuoco della
rivolta (...) L'impatto della teleprotesta popolare fu tanto forte che, con
qualche rara e tardiva eccezione, finì per coinvolgere anche i giornali,
avallando la versione strumentale dell'oscuramento accreditata dal vittimismo
della Fininvest. Sulla Repubblica del 17 ottobre, in calce a un servizio di
cronaca firmato da Daniela Brancati, apparve nelle pagine interne un commento
non firmato. L'incipit era di questo tenore: «Tre regioni italiane subiscono da
ieri il black out totale delle televisioni private, imposto dall'iniziativa del
pretore. E' presumibile che entro poche ore il provvedimento di sequestro delle
videocassette e il divieto di utilizzare i ponti radio che collegano gli studi
di registrazione con le stazioni emittenti si estenda a tutto il territorio
nazionale, ripristinando in tal modo, per mano del magistrato, quel monopolio
della Rai che era stato abolito da una sentenza della Corte
costituzionale di molti
anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti».
Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la
sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il paese aspettava una
riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche argomento giuridico
formale cui appigliarsi; ma la classe politica non ha nessuna attenuante
per l'inerzia e il disprezzo con il quale ha considerato una delle attività
primarie d'una società tecnologica avanzata». Il giorno dopo, sulle pagine
dell'Unità, fu un Walter Veltroni in versione pre-buonista a sostenere
candidamente: «Non ci si deve rallegrare che emittenti televisive vengano
oscurate e non si può non ragionare sulle conseguenze che questo può avere
sullo stato di aziende, piccole e grandi, e sull'occupazione. Ci sono poi anche
le abitudini degli utenti, consolidate in anni di utenza televisiva, che non
possono essere ignorate. Non è con il black out che si risolvono i problemi del
mondo televisivo».
(
da "Giorno, Il
(Legnano)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
LEGNANO
pag. 5 Gli ispettori ministeriali? «Collaboriamo con loro già dallo scorso
marzo» di IVAN ALBARELLI e CHRISTIAN SORMANI LA REALIZZAZIONE del nuovo
ospedale di via Novara procede secondo il rispetto delle regole in materia
finanziaria. È questo il leitmotiv a cui l'Azienda ospedaliera (Ao) di Legnano
si è ispirata quando, ieri, sono cominciate a circolare delle voci che gli
ispettori inviati dal Ministero dell'Economia, dopo aver fatto inaspettatamente
capolino a Milano per spulciare all'interno del progetto (e soprattutto dei
conti) relativi alla riqualificazione del presidio ospedaliero di Niguarda-Ca'
Granda, stavano per rivolgere le loro attenzioni al nuovo nosocomio legnanese
prossimo al traguardo. «L'ISPETTORE inviato dal Ministero ha rapporti con
l'Azienda ospedaliera già da marzo, e con questa persona non c'è stato mai
alcun genere di problema. Né sono stati sollevati da lui rilievi nei confronti
della realizzazione del presidio ospedaliero», ha dichiarato ieri pomeriggio il
direttore generale dell'Ao Carla Dotti. Che ha anche voluto aggiungere, per
fugare ogni ulteriore sospetto, «che questi ispettori sono da sempre sul
territorio, e che in ogni caso nessuna porta è mai stata sbarrata loro né lo
sarà in futuro». Quest'ultimo riferimento è alla decisione presa dal presidente
della Regione Lombardia Roberto Formigoni di impedire agli ispettori di
esercitare i controlli, con un invito formale in tal senso inviato per iscritto
ai direttori generali delle aziende ospedaliere lombarde, attraverso la
Segreteria generale del Pirellone, «di rinviare l'accesso agli uffici». Rifiuto
che dev'essere accompagnato da un invito «a contattare - continua la nota
scritta del Pirellone - l'Avvocatura generale della Regione perché siano
tutelate le attribuzioni costituzionali che spettano a Regione Lombardia».
Fuori dal burocratese, una partita a scacchi giocata fra Milano e Roma sul
fronte dell'autonomia sanitaria. Una querelle che ha
raggiunto un ulteriore livello con il ricorso della Regione alla Corte costituzionale perché venga valutata la
legittimità di queste ispezioni. Comunque, la Guardia di Finanza legnanese, in
serata, confermava che i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero
stanno monitorando l'iter di realizzazione del nosocomio. Image:
20090612/foto/3234.jpg
(
da "Repubblica, La"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 4
- Interni Da Fieg-Fnsi "estremo appello" a modificare le norme al
Senato Il fronte editori-giornalisti "Privacy sì, silenzio no"
Protesta anche l´Ordine: la nuova legge è un mostro, dovremo reagire con atti
di disobbedienza civile ROMA - E´ una «brutta notizia» per l´informazione, con
il disegno di legge Alfano è stato creato «un mostro». Giornalisti ed editori
fanno fronte comune contro il provvedimento sulle intercettazioni: la
"stretta" votata ieri dalla Camera ha messo d´accordo cronisti e
proprietari di testate che - attraverso i due organismi rappresentativi (la
Fieg è la federazione degli editori, la Fnsi è il sindacato dei giornalisti) -
hanno firmano un «appello estremo» al Senato affinché modifichi le norme. Sotto
accusa sono «le limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «le
sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori» che «violano il
fondamentale diritto della libertà d´informazione». D´accordo «sulla necessità
che sia tutelata la riservatezza delle persone», editori e giornalisti «non
possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e
che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in
taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica
opinione». Una bocciatura totale, quindi, messa nero su bianco in un appello
che sarà pubblicato per tre giorni sui quotidiani, mentre la Fnsi ha confermato
«iniziative straordinarie per contrastare il ddl». Ancor più dura è la presa di
posizione dell´Ordine professionale dei giornalisti. «Il legittimo desiderio di
evitare il ripetersi di episodici atti di barbarie, per colpa di una qualche
leggerezza nell´informazione, ha generato un mostro» commentano Lorenzo Del
Boca e Enzo Iacopino, presidente e segretario del Consiglio nazionale
dell´Ordine. «Senza enfasi e senza autoassoluzioni, si punta a colpire i
giornalisti, i loro asseriti privilegi, usando come alibi gli errori che alcuni
commettono. L´obiettivo è palese: impedire ai giornalisti di onorare il loro
dovere. I cittadini sono consapevoli che ad essere violato
è un loro diritto: quello di sapere per capire, di conoscere per giudicare, di
informarsi per poter operare scelte consapevoli». E si arrivano a prospettare
proteste clamorose: in attesa che Corte Costituzionale «stabilisca qual è il
valore dell´informazione», l´Ordine ritiene che occorra «ipotizzare forme di
disobbedienza civile».
(
da "Sole 24 Ore, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il
Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-12 - pag: 17 autore: LA
CONSULTA «Troppe fughe di notizie, manca tutela» Se il legislatore ha raggiunto
ieri quei «diversi e migliori equilibri » di cui ha scritto
ieri la Corte costituzionale si vedrà. Intanto la Consulta, con la sentenza n. 173 (con le
motivazioni della parziale bocciatura della legge approvata nel 2006 con voto
bipartisan), afferma una realtà forse scomoda che è quella di uffici giudiziari
colabrodo, poco in grado di garantire la sicurezza degli atti. Una
realtà che espone le vittime a pericoli di divulgazione contrari alla tutela
minima della riservatezza. Nello stesso tempo, però, non ci si può dimenticare
dell'esistenza di un principio costituzionale come
quello del «giusto processo» che sancisce il diritto al contraddittorio. Di quì
la dichiarazione di incostituzionalità delle norme del Codice di procedura
penale che prevedono il procedimento in camera di consiglio, con scarsa o nulla
partecipazione della difesa, per la distruzione dei dossier illegalmente
acquisiti ( come il procedimento finito alla Consulta sull'archivio Tavaroli),
contenenti anche intercettazioni.
(
da "Nazione, La
(Umbria)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
TERNI
pag. 17 GLI ORDINI dei medici d'Italia oggi a convegno a Terni per rib... GLI
ORDINI dei medici d'Italia oggi a convegno a Terni per ribadire la
«perplessità» in merito al decreto sul testamento biologico nella versione
approvata dal Senato. Il convegno «Dichiarazioni anticipate di volontà» è
organizzato dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e
degli odontoiatri (Fnomceo). Introduce i lavori il professor Giovanni Maria Flick, presidente
emerito della Corte Costituzionale. «Gli orizzonti che offrono i nuovi saperi e
le nuove tecnologie in ambito sanitario afferma il presidente Fnomceo, Amedeo Bianco devono condurci ad affrontare,
in maniera meno emotiva, le questioni che riguardano i confini della vita.
Riteniamo nostro dovere impegnarci per un confronto più equilibrato,
all'interno del quale rivendicare il ruolo di attori di un'alleanza terapeutica
forte e sovrana». «L'obiettivo spiega il presidente dell'Ordine provinciale,
Aristide Paci è fornire al Parlamento, all'opinione pubblica, agli operatori
sanitari, un'oggettiva puntualizzazione sulla materia, certamente complessa».
(
da "Giorno, Il (Milano)"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
LETTERE
E COMMENTI pag. 13 La Corte suprema degli Usa ha preso una
decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste... La Corte
suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un
giorno. La stessa decisione della Corte Costituzionale italiana avrebbe
richiesto mesi se non anni. In America ci sono 3 milioni di detenuti,
l'1% della popolazione. Se la proporzione venisse rispettata, in Italia
dovrebbero esserci 600mila detenuti. Ce ne sono meno di un 1/10. Ciononostante,
il Csm, in perenne strenua difesa della casta dei magistrati, rappresentata in
Parlamento da Antonio Di Pietro, trova il tempo di criticare una legge che il
Parlamento si accinge a varare. Se il decreto Brunetta contro i fannulloni
fosse applicato ai magistrati, buona parte di loro verrebbe mandata a casa.
Allora occupiamoci della bassa produttività dei magistrati anziché sproloquiare
di violazioni della Costituzione. Alberto Giacomo Faravelli
(
da "Unita, L'"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
All'Auditorium
le donne del sì quelle del no al Buon Pastore Mentre un migliaio di donne
italiane incontrerà il leader libico Muhammar Gheddafi all'Auditorium, alla
Casa Internazionale delle Donne iniziativa di quelle che non vogliono
incontrarlo. In una lettera aperta contestano a Gheddafi «il patto di guerra
stretto con lo Stato italiano e l'Unione europea contro i migranti». «Siamo a
conoscenza - scrivono - dei continui rastrellamenti, delle deportazioni e
soprattutto dei campi di concentramento, alcuni finanziati dall'Italia, in cui
uomini e donne subiscono violenze di ogni tipo. Alcune di noi quei campi li
hanno conosciuto e, giunte in Italia, li hanno testimoniati». A chiedere un
impegno concreto sui diritti delle donne in Africa sarà anche il ministro per
le pari opportunità, Mara Carfagna in quello che si annuncia come un megaevento
con tutte le ministre: la sala più grande riservata solo a donne, schermi
all'esterno. Dopo l'intervento dell'imprenditrice Luisa Todini, microfono a
Gheddafi che parlerà in arabo su «Le donne in Africa». Ci saranno anche Maria
Rita Saulle, Giudice della Corte Costituzionale, Carla
Rabitti Bedogni, vice presidente dell'Antitrust e Mariapia Fanfani. Alla
Sapienza ieri, invece, inedito défilé dei tre delle sue guardie del corpo,
rigorosamente donne: il leader libico le ha mostrate come esempio della
condizione di libertà della donna nel suo Paese.
(
da "Corriere della Sera"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere
della Sera sezione: Politica data: 12/06/2009 - pag: 10 Visto dal
centrosinistra Pd e franchi tiratori Carra: un errore la votazione segreta ROMA
Il deputato Osvaldo Napoli (Pdl) il dato lo legge così: «Se abbiamo 20 voti in
più vuol dire che alcuni parlamentari del centrosinistra, e io penso agli ex
democristiani, hanno votato il ddl sulle intercettazioni». La caccia al «franco
tiratore», soprattutto quando il fenomeno spunta tra i banchi dell'opposizione,
non è facile perché in superficie non emerge alcun motivo per votare contro le
indicazioni dei capigruppo su un testo diventato un po' una bandiera per il
Pdl. «Lo sapevo che mi cercavate. Immaginavo di essere considerato uno dei
sospettati», dice ridendo Renzo Lusetti (ex Margherita) che è finito
nell'inchiesta Romeo condotta dalla procura di Napoli con tanto di
intercettazioni indirette (lui è parlamentare, ci vorrebbe l'autorizzazione per ascoltarlo direttamente) la cui utilizzabilità
ora è al vaglio della Corte Costituzionale. Lusetti, però, spazza via il
sospetto: «Io sono un soldato e quindi rispetto le indicazioni del partito.
Però... ». Però? «Io ci sono passato. Sono volterriano: 'Prendi una frase di un
galantuomo e isolala da un contesto e ne farai un delinquente...'».
Infine, un'osservazione sulla richiesta di voto segreto: «Un errore. Ma come si
può pensare di dividerli su una legge del genere? Alla vigilia dei ballottaggi,
per di più». Concorda Enzo Carra (foto) (ex Margherita) la cui foto con gli
schiavettoni ai polsi scattata ai tempi di tangentopoli quando era portavoce di
Arnaldo Forlani indignò l'opinione pubblica che ritiene un «grave passo falso»
l'aver richiesto il voto segreto: «Su questo ddl non è stato fatto un discorso
chiaro. Ricordo solo che sul ddl Mastella, nella scorsa legislatura, io e altri
4 disgraziati votammo contro». Tuttavia, Carra non dice se anche ora ha
disatteso l'indicazione del Pd. Però aggiunge, rivolto ai vertici: «Ma come si
fa a ragionare in questo modo? Se sto al governo io voto a favore, se sta al
governo un altro voto contro». Seconda area di ricerca, l'Udc di Casini e di
Tabacci che nonostante l'alzata di scudi di due giorni fa («Se il metodo del
Pdl è prendere o lasciare, noi lasciamo», aveva detto Michele Vietti) in un
anno ha mostrato molte convergenze con il Pdl sul tema intercettazioni. Terzo
settore di ricerca, gli ex Ds che in passato hanno mostrato posizioni
iper-garantiste anche quando le inchieste giudiziarie riguardavano gli altri.
Tuttavia, Ugo Sposetti, ex tesoriere della Quercia e custode delle fondazioni
che amministrano i beni ex Ds, s'indigna quando gli si rivolge la domanda sui
franchi tiratori: «Ma perché telefonate proprio a me? Io rispetto la disciplina
di partito, sempre. Eppoi queste domande non si fanno, il voto è segreto».
D.Mart.
(
da "Eco di Bergamo, L'"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Al
Senato l'iter sarà breve, e presto la nuova normativa sulle intercettazioni
telefoniche e affini sarà legge --> Venerdì 12 Giugno 2009 GENERALI, pagina
5 e-mail print Angelino Alfano Al Senato l'iter sarà breve, e presto la nuova
normativa sulle intercettazioni telefoniche e affini sarà legge. Ieri alla
Camera, durante il voto di fiducia e il successivo voto finale di merito, c'è
stata la bagarre, mentre il presidente del Consiglio è rimasto seduto al suo
posto per tutto il tempo, circostanza insolita volta a dimostrare quanto il
governo consideri la legge una priorità del suo programma. Al suo fianco il
ministro Guardasigilli Angelino Alfano il quale, pur essendo un democristiano
amante dei toni morbidi, ieri ha innescato una formidabile polemica con la
magistratura sulla asserita lottizzazione delle Procure tra le correnti
dell'Associazione nazionale magistrati (Anm). In questo clima, i deputati
dell'Italia dei Valori hanno fatto di tutto in aula per manifestare la loro
indignazione: dall'usare i toni più accesi possibili («Ogni morto in più dovuto
alle mancate indagini che la legge procura, peserà sulla vostra coscienza!», ha
detto il capogruppo Donadi, un avvocato veneziano anche lui apparentemente
mite) all'innalzare cartelli a lutto per la giustizia penale e per la libertà
di informazione. Allo stesso modo si sono comportati i Democratici (intervento
infuocato di un altro politico noto per la sua tranquillità, Gentiloni). Però
tra tutti i parlamentari dell'opposizione, ben 17 hanno votato a favore del
provvedimento quando, dopo la fiducia che si esprime a scrutinio palese, è
arrivato il momento del voto segreto sul merito del provvedimento. Ventuno
rappresentano un decimo dell'opposizione, ha notato puntigliosamente Cicchitto,
vantando «l'allargamento della maggioranza» su un tema tanto delicato. Per la
verità, i più maligni nel Transatlantico di Montecitorio hanno subito parlato
di «partito degli intercettati», tutti quelli cioè che anche nella scorsa
legislatura si videro pubblicate sui giornali paginate di intercettazioni
telefoniche. In fondo è stato proprio questo l'argomento principe usato dalla
maggioranza: sulle intercettazioni sono stati fatti troppi abusi, erano troppe,
decise e autorizzate dalla magistratura con manica larghissima e troppo facili
da pubblicare sui giornali: un autentico attentato alla privacy dei cittadini
(e alle casse dell'Erario). Naturalmente è un argomento che l'opposizione non
ha preso in considerazione, pensando che si tratti di una scusa bella e buona,
utile per tagliare le unghie a pubblici ministeri e giornali. È la stessa
opinione che ha mosso gli editori e i sindacati dei giornalisti che protestano
per il colpo dato alla libertà di stampa. «Abbiamo trovato un buon equilibrio
tra il diritto del cittadino e quello di cronaca, tra la privacy e le indagini
degli inquirenti», hanno detto sia Giulia Bongiorno che Angelo Alfano, che pure
si sono misurati in commissione Giustizia sul testo raggiungendo solo con molta
fatica un compromesso. Secondo l'Anm, il testo sarebbe infarcito di tanti
errori tecnici che, da una parte, avranno l'effetto di mettere i bastoni tra le
ruote del carro della giustizia, dall'altra porteranno la
legge direttamente di fronte alla Corte costituzionale. La polemica sulle intercettazioni si chiude dunque così: il
premier sta comunque portando a casa un provvedimento che ha fortissimamente
voluto, incurante di tutti gli avvertimenti che sono arrivati dai rami alti
delle istituzioni, a cominciare dal Quirinale. Napolitano è notoriamente
preoccupatissimo per le conseguenze di questo testo soprattutto sul piano della
lotta tra pezzi dello Stato: da una parte il governo, dall'altra la
magistratura. 12/06/2009 nascosto-->
(
da "Messaggero, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Venerdì
12 Giugno 2009 Chiudi Caro Signor Gervaso, per quanti sforzi faccia, non riesco
a capire la politica italiana. Non so se negli altri Paesi democratici il
cittadino debba scervellarsi tanto. Rodolfo Capra - Napoli Caro Amico, le direi
di leggere l'ultimo pamphlet di Luigi Mazzella, eminente
giudice della Corte Costituzionale, se non fosse fuori commercio. Lei mi
domanderà perché non è reperibile nelle librerie. Perché Mazzella, uno degli
ultimi grandi servitori dello Stato, per opportunità istituzionale, non rende
mai di pubblico dominio quello che esce dalla sua penna, a meno che non siano
racconti o romanzi. Questo volumetto, dal titolo ironico e accattivante
"Casta.Italia" è una cornucopia di lucidi e sottili commenti. Basta
dare un'occhiata all'indice. Si parla di tutto: di politica interna e
internazionale, di Costituzione, di Beppe Grillo e del grillismo, grazie a Dio,
dimenticato e archiviato, di Andreotti, dei poteri forti, sempre più smarriti,
che tutto avevano messo nel conto meno i successi del Cavaliere. Un capitolo è
dedicato alla difficile comprensione della politica italiana e uno alla
"reticenza degli uomini politici", e su questi mi vorrei soffermare.
Scrive Mazzella a pagina 65: "Nessuno ricorda agli italiani che il boom
economico degli anni democristiani non fu dovuto solo alla lungimiranza dei
nostri magnati tendenti a un industrialismo di livello alto, ma anche al fatto
che a favorire i loro investimenti c'era, all'epoca, una così lieve pressione
fiscale da risultare pressoché inesistente", complice l'evasione. Non è un
invito a fare altrettanto, ma una verità che Mazzella fa bene a ricordare, anche
perché i politici, di ogni estrazione, ammesso che ci siano ancora estrazioni,
hanno poca memoria, fuorviati dal'opportunismo e dal calcolo elettorale. Quanto
alla "difficile comprensione della politica italiana" l'autore
scrive, e noi sottoscriviamo: "Il disorientamento della stampa estera e
l'incertezza delle sue considerazioni e valutazioni sembrano pienamente
giustificate perché in Italia la realtà apparente, quella che si ricava da
dichiarazioni pubbliche di uomini politici, riprese dai giornalisti, non
corrisponde quasi mai alla situazione reale, quella, cioè, che è nella mente di
molti attori della vita pubblica e che non viene mai espressa". Del resto,
cosa c'è da aspettarsi da una sedicente classe politica che per decenni è
vissuta di formule, ormai fuori tempo, veri e propri reperti archeologici. Come
gli "equilibri più avanzati" di demartiniana memoria, come le
"convergenze parallele" di quel mancato statista che fu il languido
anestesista Aldo Moro, che parlava ore e ore senza dire niente o, comunque,
senza dire niente di comprensibile, se non agli addetti ai lavori, nemici del
cittadino che ama la chiarezza. Quanto al "mancato", participio che
farà inorridire i sacerdoti del suo culto, uno statista che mette in gioco la
dignità dello Stato per salvare la propria vita non merita un giudizio più
benevolo. Muore senza supplicare nessuno e diventa martire. Diciamole,
finalmente, certe cose. Perché vivere nell'ipocrisia, nel conformismo, nella
codardia? Si può essere coraggiosi anche se si è, o si è stati, democristiani.
Altra chicca del peggiore politichese i "vertici di base sindacale".
O sono vertici o sono di base: tertium non datur. La politica italiana non è
mai stata accessibile ai profani. E non mi riferisco solo ai mandarini della
Prima Repubblica, ma anche ai mandarinelli della Seconda. Il primo dovere di
chi rappresenta, o dovrebbe rappresentare, gli elettori è la tersità. Diffido,
e diffiderò sempre del ministro o del semplice parlamentare che non dice pane
al pane, vino al vino, aceto all'aceto. Non si può ciurlare nel manico il
Paese, che si vendica disprezzando chi ha votato, anche se fra gli uomini del
Palazzo ci sono galantuomini. Ma sono pochi, pochissimi, da contare sulle dita
al massimo di due mani. Gli altri tirano a campare e a mentire, promettendo il
regno di Bengodi a una Nazione in brache di tela, che ha bisogno di essere alle
corde per dimostrare che, nell'emergenza, sa reagire conoscendo meglio di
chiunque l'arte, o la scienza, della resurrezione. Io, i politici, li giudico non
da quello che dicono, ma da quello che fanno, infischiandomi delle loro
faccende private. Non m'importa niente che Tizio metta le corna alla propria
moglie o questa gli renda la pariglia. Una cosa sola chiedo a chi ci
rappresenta al governo e all'opposizione: lavare i propri panni sporchi in
privato. E una sola cosa chiedo a una certa stampa gossipara e ficcanaso: il
riserbo sui fatti personali dei cittadini. atupertu@ilmessaggero.it
(
da "Messaggero, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Venerdì
12 Giugno 2009 Chiudi ROMA - Anche i quindici giudici della
Corte costituzionale
riconoscono in una sentenza (la n. 173 depositata ieri in cancelleria) che nei
tribunali non è garantita la segretezza degli atti. E casualmente l'autorevole
giudizio giunge proprio nel giorno in cui la Camera dei deputati ha approvato
il ddl del governo che tra l'altro impone norme più severe per la conservazione
e l'osservanza del segreto sugli atti e le intercettazioni nel corso
delle indagini preliminari. Nel ddl, infatti sono previste sanzioni severe sia
per i pubblici ufficiali che diano notizie illecitamente sia per i responsabili
del segreto sia per chi omette di sorvegliare sulla segretezza, nonché perfino
sui giornalisti e sugli editori che pubblichino intercettazioni coperte da
segreto. Dice la Corte costituzionale nella sua sentenza
(scritta dal giudice Gaetano Silvestri) che nelle «condizioni normative ed
organizzative attuali» in fatto di intercettazioni «non è garantita, una
adeguata tenuta della segretezza degli atti custoditi negli uffici giudiziari,
come purtroppo dimostrano le frequenti "fughe" di notizie e
documenti». Questa, per i giudici di palazzo della Consulta non è una novità ma
una «constatazione di comune esperienza». Si tratta delle motivazioni di una
decisione già resa nota lo scorso aprile, vale a dire la bocciatura parziale
della norma varata nel 2006 dal governo Prodi e approvata l'anno successivo con
voto bipartisan dal Parlamento a seguito dell'arresto, tra gli altri dell'ex
capo della security di Telecom Italia, Giuliano Tavaroli e della scoperta del
cosiddetto "archivio Zeta". La decisione della Consulta che è stata
fortemente criticata dai magistrati di Milano dove oggi riprende l'udienza
preliminare per la vicenda dei dossier illegali con 32 imputati (oltre a
Tavaroli ci cono anche le società Telecom e Pirelli, chiamate a rispondere per
responsabilità oggettiva), avrà un duplice effetto: i dossier illegali (20 mila
files informatici con 4.287 dossier su persone e 132 si società) dovranno
essere distrutti ma con le stesse garanzie di difesa previste in caso di
incidente probatorio (presenza di accusa e difesa, diritto a partecipare anche
dei legali delle persone offese dal reato); il verbale di distruzione degli
atti dovrà essere più puntuale e contenere le circostanze che riguardano «la
formazione, l'acquisizione e la raccolta» dei documenti illegali. I magistrati
di Milano temono che per seguire questa procedura garantista serviranno anni e
il processo rischia la prescrizione. Ma la Corte declina ogni responsabilità su
questo perché spiega: «L'equilibrio così raggiunto non è l'unico in assoluto
possibile, ma è l'unico realizzabile tenendo conto della legislazione data e
dei limiti costituzionali di intervento del giudice delle leggi». M. Cof.
(
da "Messaggero, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Venerdì
12 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO ROMA - «Ho sempre visto con favore
l'apposizione di limiti più stringenti per l'uso delle intercettazioni
telefoniche nelle indagini preliminari, dato che in passato su questa materia
si sono verificati gravi abusi ed eccessi»: dice il vicepresidente emerito
della Corte costituzionale Enzo Cheli al Messaggero. Tuttavia sulla procedura scelta il
costituzionalista è critico: «Non condivido il fatto che su una materia come
questa, che mette in gioco diritti fondamentali della persona garantiti dalla
Costituzione, si sia seguita la linea dell'apposizione della fiducia che ha
strozzato il dibattito e ha ridotto le possibilità di uno scambio più
approfondito tra maggioranza e opposizione». Ma non c'era già stato un lungo
dibattito? «In precedenza c'era stato, ma la fiducia è stata chiesta alla fine
sul maxi emendamento. Anche se c'era stato un lungo lavoro di preparazione in
commissione, porre la fiducia è stato un gesto di forza che ha tolto il
sostegno che la maggioranza dovrebbe sempre ricercare quando si toccano diritti
costituzionali». Sul merito del provvedimento qual è il suo giudizio? «Vedo
senz'altro con favore che si rimetta a un organo collegiale la decisione sul
compimento delle intercettazioni. È positivo il fatto che si stabiliscano
limiti temporali e sono d'accordo sul principio che questo strumento debba
restare eccezionale, da adottare solo quando sia assolutamente indispensabile,
proprio per la forza della garanzia legata alla libertà e alla segretezza della
corrispondenza dettata dall'art. 15 della Costituzione». Magistratura e
opposizioni hanno criticato la formula degli evidenti indizi di colpevolezza.
Che ne pensa? «Non vedo con sfavore il fatto che si sia orientato l'uso di
questo strumento in direzione della ricerca della colpevolezza di soggetti
predeterminati piuttosto che della ricerca generica dell'esistenza di reati».
Come giudica il giro di vite sulla stampa? «Sono assolutamente contrario
all'indurimento che si è voluto apportare alla materia dell'informazione sul
processo. Ritengo che la trasparenza della giustizia, dei processi,
dell'esercizio dell'azione penale rappresenti uno dei pilastri della democrazia
perché consente all'opinione pubblica di verificare come la giustizia è
esercitata ed anche di verificare il comportamento dei magistrati e
l'obiettività nell'esercizio della funzione giudiziaria. Limitare la
pubblicazione delle intercettazioni quando queste rappresentano atti segreti è
naturale e giusto, ma quando il segreto è superato nel corso della procedura,
quando si è raggiunta la soglia della pubblicità nel processo non ha più molto
senso vietare la pubblicazione di atti che sono a disposizione delle parti.
Stabilire un segreto speciale per le intercettazioni rispetto agli altri atti
del procedimento non mi pare risponda a una logica accettabile». Come giudica
le sanzioni contro giornalisti ed editori? «Troppo dure. Questo può determinare
indirettamente un'intimidazione che può avvicinare a una forma di censura.
Perciò io credo che su questo terreno bisogna agire con molta cautela. Il ddl
che è passato alla Camera va ora all'esame del Senato, credo che esista lo
spazio su una materia di questo rilievo per la vita civile e costituzionale
del nostro Paese per concordare su questi punti una migliore formulazione». È
d'accordo che le intercettazioni non possano essere usate in procedimenti
diversi da quelli per cui sono state disposte? «In linea di principio sono
d'accordo, anche perché c'è l'eccezione per i reati più gravi di mafia e
terrorismo, riduzione in schiavitù e tratta di persone».
(
da "Manifesto, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
INTERCETTAZIONI
Il bluff della privacy Roberto Natale Le scalate editorial-finanziarie
dell'estate del 2005, quella dei "furbetti". Il crack Parmalat con le
truffe ai danni dei piccoli risparmiatori. La clinica santa Rita di Milano,
dove alcuni medici senza scrupoli eseguivano trapianti a fini di lucro. Sono
tre esempi di vicende che i cittadini italiani conosceranno con grande ritardo
- o non conosceranno affatto - se diventerà legge il pericoloso testo votato
ieri dalla Camera. Tre esempi che dicono anche come non c'entri nulla la nobile
bandiera della riservatezza, innalzata da governo e maggioranza. CONTINUA|PAGINA3 Come giornalisti non consideriamo un valore
l'intrusione nella vita privata degli individui (anche se, in materia, abbiamo
qualche errore da farci perdonare). Ma il disegno di legge di Alfano non ha
niente a che vedere con una migliore tutela della privacy. L'effetto sarà
piuttosto quello di oscurare vicende di assoluto rilievo pubblico: ci sarà un
gigantesco sequestro di fatti. Ad evitare il quale non bastano certo gli
emendamenti apportati alla versione originaria del testo. L'on. Giulia
Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia, ha riconosciuto che con la
formulazione del Ministro «sarebbe stato come tornare alla preistoria». Ma le correzioni
da lei proposte non ci fanno ancora arrivare all'età della democrazia. Degli
atti delle inchieste giudiziarie, anche quando noti alle parti - dunque
pubblici - si potrà scrivere «solo per riassunto»: perché mai, se non c'è più
il segreto? E quale dovrà essere la stringatezza del riassunto? 10 per cento,
20, 50? Le intercettazioni, poi, non saranno per nulla pubblicabili fino al
processo. Se l'esigenza fosse stata davvero quella di tutelare la riservatezza,
sarebbe stata accolta la nostra proposta: una udienza-stralcio in cui accusa e
difesa concordano di secretare le parti delle intercettazioni e degli altri
atti prive di rilevanza per le indagini, o riguardanti la sfera privata. Quelle
devono rimanere riservate; ma su tutte le altre deve esserci pieno diritto di
informare. E invece il lavoro dei cronisti si ritrova soggetto ad una doppia
minaccia: il carcere per i giornalisti (da sei mesi a tre anni); sanzioni
pesantissime a carico degli editori (fino quasi a mezzo milione di euro), per
indurli a intromettersi nel funzionamento ordinario delle redazioni, imponendo
a direttori e cronisti di far vistare gli articoli dall'ufficio legale
dell'azienda. Ma giornalisti ed editori, anziché cadere nella trappola della
contrapposizione reciproca, hanno deciso di fare fronte comune contro il ddl
Alfano. In questi giorni Fnsi e Fieg ripeteranno sui quotidiani un «appello
estremo» perché il Senato modifichi nei punti decisivi il testo uscito dalla
Camera. Il sindacato dei giornalisti non vuole lasciare nulla di intentato: c'è
un giudice a Strasburgo, cioè la Corte europea; c'è la
Corte Costituzionale; c'è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora
che il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare
ripensamenti, compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni
fa contro il ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano. Viva
la par condicio. Presidente Fnsi
(
da "Manifesto, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Religione
cattolica a scuola: riprendere il passo per la laicità Antonia Sani Deve essere
stata la schiacciante percentuale del numero di alunni che preferirebbero
insegnamenti come «diritti umani», «Storia delle religioni» e altro all'«ora di
religione» a far perdere la testa a qualche insegnante e alla dirigenza, se una
sanzione così severa è stata inflitta al professor Marani del Liceo Righi di Cesena.
Sempre più ci meravigliamo del Consiglio di disciplina del Cnpi che dovrebbe
comprendere il fior fiore dei docenti, in grado di discernere, che non può
certo limitarsi a mitigare la sanzione o a proporre provvedimenti come quello
che ha colpito alcuni mesi fa il professor Franco Coppoli per aver staccato il
crocefisso dalla parete durante la sua ora di lezione. Ma ciò che nella vicenda
di Cesena ci pare degno di nota è la dimostrazione di quanto sia radicata
nell'opinione pubblica la concezione che basterebbe un insegnamento formativo
«certo» e «programmato» per aver assicurata la laicità della scuola. Come se
l'insegnamento della religione cattolica (irc) fosse una materia «normale», sia
pure facoltativa, alla quale giustapporre altri insegnamenti considerati alla
sua stregua. Ciò ci dà la misura di quanto ci siamo allontanati dalle battaglie
di principio dei primi anni dell'entrata in vigore del nuovo Concordato (1984),
che provocarono la famosa sentenza della Corte
Costituzionale in nome della tutela del principio di non discriminazione su cui
si fonda lo stesso Nuovo Concordato (art. 9). Quella sentenza (n. 203 del 1989)
proclamò infatti lo stato di assoluto non obbligo per tutti coloro che non si
avvalgono dell'irc, poiché non ci sono alternative paragonabili, la cui
scelta dipende da un'esigenza della propria coscienza (e non dal fatto se vi
siano proposte alternative più o meno stimolanti); tale sentenza cancellava di
fatto la Mozione parlamentare del 1986 che aveva considerato «opzionale» la
scelta facoltativa dell'irc prevedendo per i non avvalenti un insegnamento
alternativo «certo», in un certo senso «equivalente». La richiesta di attività
formative, preventivamente predisposte dal Collegio dei docenti, incontra oggi
il favore di molti genitori e anche di studenti, se l'offerta è interessante.
Si torna così alla visione pragmatica della Mozione del 1986, poiché
contrariamente al principio sancito dalla Corte costituzionale,
tale offerta viene messa in alternativa all'irc. Questa procedura, ammesso che
le scuole riescano a metterla in atto, non salvaguarda comunque il principio di
non discriminazione, poiché resta lo scoglio della valutazione. Chi - in piena
legittimità - rifiuta una qualsiasi attività formativa in alternativa all'irc,
uscendo dall'edificio o non svolgendo alcuna attività, continua ad essere
penalizzato non avendo il voto di un docente nel Consiglio di Classe. Un
esempio evidente lo abbiamo nella vicenda dei crediti scolastici
nell'ammissione all'Esame di Stato, assegnati anche al docente di religione
cattolica e di attività alternativa, nei pur rari casi dove essa sia stata
attivata su richiesta. Ma c'è un altro risvolto. Il nuovo Regolamento
predisposto dal ministro Gelmini non prevede più la presenza del docente di
attività alternative del Consiglio di classe, ma solo una sua breve nota
informativa relativa all'insegnamento e al profitto. Protestano, ovviamente,
genitori e qualche sindacato, poiché il campo è lasciato libero al docente di
religione. Paradossalmente questo provvedimento avrebbe un lato buono, anzi
due: la cancellazione della discriminazione all'interno delle diverse scelte
dei non avvalenti e l'emergere - con luminosa evidenza - della discriminazione
tra coloro che seguono l'irc e hanno un apposito docente e appositi programmi e
tutti gli altri. Non sarebbe il caso, considerati i tagli che rendono ancor più
difficile l'organizzazione di attività alternative già oggi scarse, di
riprendere la battaglia per una collocazione dell'irc all'esterno dell'orario
scolastico obbligatorio, rifiutando la sua omologazione alle altre materie con
l'istituzione di alternative curricolarizzate, in nome del principio di non
discriminazione? Non sarebbe questo un passo importante per una scuola almeno
un po' più laica?
(
da "Opinione, L'"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Ormai anche le sentenze della Corte Costituzionale arrivano
ad orologeria. L'altro ieri era stata votata la fiducia alla Camera sul disegno
di legge che modifica, limitandola fortemente, la disciplina delle
intercettazioni telefoniche e ieri ecco una bella "sentenza zeppa",
la 173 dell'11 giugno 2009, che dice che anche in caso di intercettazioni
palesemente illegali - il casus belli era quello della Telecom - non si può
distruggere nulla senza il contraddittorio tra le parti e soprattutto senza che
nel verbale di distruzione sia contenuto per estratto e in maniera chiara il
contenuto di ciò che andrà distrutto. A futura memoria. Ergo? Gli abusi gettati
via dalla porta rientreranno astutamente dalla finestra. Eppure il principio
stabilito dal redattore Gaetano Silvestri è chiaro: "Proprio la necessaria
natura descrittiva del verbale sostitutivo impone che lo stesso non si limiti a
contenere i dati relativi alle "modalità e ai mezzi" usati ed ai
soggetti interessati, ma debba altresì contenere tutte le indicazioni utili ad
informare il giudice e le parti del successivo giudizio in merito alle
circostanze da cui si possano trarre elementi di valutazione circa l'asserita
illiceità dell'attività contestata agli imputati". E per capire se le conversazioni
usate e captate illegalmente debbano essere o meno distrutte, anche qui il
principio è semplice: "Il contraddittorio è garanzia insostituibile
nell'ordinamento processuale di uno Stato di diritto e i potenziali aggravi di
lavoro in presenza di procedimenti con molte parti si devono fronteggiare con
idonee misure organizzative e di gestione dei processi, non certo con la
irragionevole compressione dei diritti garantiti dalla Costituzione".
Tradotto in parole povere questo significa: si organizzino i giudici a non fare
uscire le notizie, magari con il divieto di estrarre copia del verbale di
distruzione ma le parti devono partecipare al contraddittorio in udienza
camerale e si deve conservare un verbale che, sia pure per sommi capi, riassuma
il contenuto delle intercettazioni illegali, altrimenti chi è accusato di
averle fatte non potrà difendersi regolarmente. E le vittime intercettate? Se
ciò nonostante uscisse comunque, come avverrà nella realtà, il contenuto
illegale delle conversazioni? Il corollario è chiaro e semplice: s'attaccano.
(
da "Sannio Online, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Politica:
Del Basso De Caro: «Riprendiamo il percorso» Pubblicato il 12-06-2009 Il
segretario provinciale del Partito democratico traccia lanalisi politica allindomani della tornata
elettorale e rilancia. «Il contributo del sindaco e della sua squadra sarebbe stato più
cospicuo se...»... Partito democratico tra presente e futuro. Umberto Del Basso
De Caro analizza il dato elettorale, sottolinea, richiama e rilancia. Umberto
Del Basso De Caro segretario provinciale del Pd, come è nel suo stile, non si
sottrae alle domande. Senza aggirare lostacolo
va al dunque, riflette e fa riflettere. Tornata elettorale, Pd in calo. Quale
lettura? E una lettura nazionale con riflessi locali. Sul piano
generale il Pd arretra rispetto alle elezioni politiche 2008, sul piano provinciale la
mancanza di un candidato di territorio e la vicenda giudiziaria, che ha
ingiustamente coinvolto il presidente della Provincia, ci hanno ulteriormente
penalizzato. Cosa risponde a Italo Palumbo (Sinistra e
Libertà) che fa appello allunità, alla ricomposizione? Ritiene che ci
siano le condizioni per poter ricucire lo strappo? Io penso che il Partito democratico debba avviare,
senza alcun indugio, una profonda riflessione interna sulle ragioni del
risultato elettorale, che solo in parte, possono trovare giustificazione con la
politica generale del partito. Una riflessione che, per essere autentica, deve
avvenire senza rete, vale a dire senza uno schema
pre-costituito che, ancora una volta, fungerebbe da diaframma tra le nostre
aspirazioni
e la realtà. Alla doverosa, ineludibile discussione interna si deve
accompagnare una rivisitazione della politica delle alleanze, consapevoli che
solo una grande unità del centrosinistra può consentirci di vincere ancora
negli enti locali ma anche, e soprattutto, in Regione Campania ove la
situazione non è dissimile dalla nostra. Un
calo del 6%. Ritiene che ci siano responsabilità? Ho innanzi indicato le
ragioni del nostro arretramento elettorale. Sarebbe tuttavia miope ed ipocrita
immaginare che la responsabilità sia sempre degli altri o di eventi esterni che
sfuggono alla nostra volontà. La lettura del dato elettorale consente
agevolmente di individuare aree di disimpegno.
Il primo cittadino Fausto Pepe e il suo gruppo Più Sannio hanno
fatto voti per il Pd, nello specifico per lassessore
regionale alle Attività produttive, ma per Andrea Cozzolino solo 1800
preferenze. Crede che si sia trattato di disimpegno? Il sindaco e la sua
squadra, raccolta intorno al gruppo denominato Lealtà per
Benevento, hanno votato certamente per il Partito democratico ma
attribuire le preferenze raccolte dallon.
Cozzolino al sindaco, mi pare sbagliato, perché contrario alla verità ed
ingeneroso verso i dirigenti ed i militanti del Pd che hanno fatto campagna
elettorale
per lon. Cozzolino. Credo che il contributo
elettorale del gruppo di Lealtà per Benevento, certamente gradito,
avrebbe potuto essere assai più cospicuo se vi fosse stata la percezione della
posta politica in gioco ed un conseguente, incisivo impegno elettorale. Regionali alle porte, come intende organizzare il
partito? Non sappiamo ancora quale legge elettorale governerà le
Regionali dellanno prossimo poiché, come noto, la questione è stata
devoluta alla Corte costituzionale. Io spero che la
sconfitta, sempre orfana di genitori, ci consenta di riprendere un percorso,
che, iniziato trionfalmente il 14 ottobre 2007, ha subito soltanto
una battuta darresto. Sono
assolutamente persuaso della bontà del progetto politico e della necessità di
costruire dal basso, una grande forza democratica e riformista alternativa
alla Destra ed al Circobarnum di Berlusconi. Sono dunque fiducioso per il
futuro, ma poiché nulla ci è mai stato regalato in dote e tutto va conquistato,
giorno dopo giorno, con spirito di abnegazione, senso di appartenenza,
militanza ed attaccamento ai valori che intendiamo rappresentare, un duro
lavoro attende il gruppo dirigente. Un lavoro serio ed unitario per tentare di
risalire la china, ridando fiducia non soltanto agli oltre 8 milioni di cittadini
italiani che ci hanno votato il 6 7
giugno scorso ma anche a quei milioni di cittadini che hanno scelto altri
partiti o si sono rifugiati nellastensione. Un grande partito,
democratico e popolare, deve saper parlare alla gente con linguaggio semplice e chiaro,
deve saper proporre soluzioni e non solo lanciare anatemi o censure, deve saper
rappresentare le ansie e le attese di cambiamento e di riscatto che salgono
dalla società nazionale e da quella meridionale in particolare. Messaggio per Mastella, Viespoli e De Girolamo. Non ho alcun messaggio in particolare da rivolgere
circa il neo eletto al Parlamento europeo se non laugurio di lavorare nel
comune interesse. La rappresentanza delle istituzioni prescinde dalle
appartenenze poiché le istituzioni sono, per comune opinione, laiche e neutre.
Ciascuno deve fare la sua parte poi i cittadini, inesorabilmente, giudicheranno.
(
da "Rinascita Online"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Segni
tuona contro Berlusconi Venerdi 12 Giugno 2009 – 10:30 – Fabrizio Di Ernesto Si
avvicina il giorno della verità per i liberticidi referendum voluti dal duo
Segni-Guzzetta, anche se la politica continua a snobbarli; anche perché in
concomitanza con la consultazione popolare si terranno i ballottaggi delle
amministrative che serviranno a meglio definire i rapporti di forza tra Pdl e
Pd, obiettivo su cui è concentrata tutta la Casta. Sul voto pesa lincognita quorum, con lobiettivo di raggiungerlo
che si è allontano ancora di più dopo che Silvio Berlusconi, inizialmente
schieratosi per il sì, ha rivisto la propria posizione confermando
ladesione ma non impegnando il proprio partito, particolare questo che ha
indispettito alcuni sodali, su tutti il presidente della Camera Gianfranco Fini
che con Alleanza nazionale si era perfino esposto nella raccolta delle firme. Latteggiamento del Cavaliere è stato fortemente
condizionato dalla crescita registrata dalla Lega nellultima
tornata elettorale, come osserva anche lultra referendario Mariotto Segni
che attacca: Berlusconi sta portando avanti una farsa, ha stipulato un
accordo con Bossi per assicurarsi i suoi voti ai ballottaggi, poi ha fatto una dichiarazione
personale di voto. Berlusconi il referendum lo ha mollato, obbedendo al ricatto
di Bossi. Frattanto continuano le divisioni interne al
Popolo della libertà sul da farsi. Se mercoledì in molti avevano annunciato che
avrebbero votato sì, in particolare gli ex esponenti di An, ieri sono saliti alla
ribalta quelli di Forza Italia che hanno manifestato lintenzione di disertare le urne. Su tutti il capogruppo
alla Camera Fabrizio Cicchitto che pur auspicando lavvento in tempi brevi
del bipartitismo ritiene che esso
possa essere raggiunto solo attraverso la spontanea aggregazione politica e non
con la forzatura di realizzarla per legge. Frattanto ieri da segnalare
una nuova doccia gelata per il comitato promotore. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato improcedibile il
ricorso sollevato da Guzzetta e soci sul conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato nei confronti della Commissione parlamentare di vigilanza sulla
Rai. Oggetto del contendere era stata la delibera con cui Palazzo San Macuto
aveva disciplinato forme e modi della programmazione radiotelevisiva della
concessionaria di Stato dedicata alla campagna referendaria. Forme e
modi che i promotori dei quesiti referendari ritenevano, in sostanza, lesivi
dei loro diritti e del diritto allinformazione
dei cittadini. Per la Consulta spettava alla commissione intervenire sulla
materia e quindi nulla da fare per Segni ed i suoi. Sicuramente questo per il
comitato promotore non è un buon periodo, ma gli italiani non possono certo
dolersene.
Se passassero i loro quesiti tutti noi perderemmo la possibilità di essere
rappresentati e difesi in Parlamento. Il 21 giugno quindi tutti al mare, ne va
di un diritto basilare e fondamentale: poter continuare a scegliere il partito
più vicino alle proprie idee.
(
da "Nuovo, Il"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
>
Moldova: verso elezioni politiche Si' dell'Alta corte a scioglimento Parlamento (ANSA) - MOSCA, 12 GIU - In Moldova la Corte costituzionale ha dato l'ok alla
richiesta del presidente Voronin di sciogliere il Parlamento e indire le
elezioni. 'Il presidente -ha sancito la Corte- ha non solo il diritto ma l'obbligo
di firmare il decreto sullo scioglimento del Parlamento e la data di nuove
elezioni'. In base alla legge la tornata elettorale deve tenersi entro
45 giorni dallo scioglimento del Parlamento. Molti osservatori prevedono che in
Moldova si votera' il 2 agosto.
(
da "Savona news"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Liguria:
Burlando "legge impedisce stabilizzazione precari" Il presidente
della Regione Liguria Claudio Burlando e lassessore
alla salute Claudio Montaldo hanno reagito in modo netto alla scelta del
governo di impugnare due leggi della Regione Liguria, in particolare quella che
era rivolta alla stabilizzazione dei precari nei settori della ricerca. Ormai dichiarano Burlando e Montaldo
siamo di fronte a una pressoché sistematica impugnatura delle nostre leggi da
parte del governo. Noi andremo di fronte alla Corte Costituzionale e vedremo alla fine come
saranno giudicati i profili di costituzionalità di questi provvedimenti.
Particolarmente grave giudichiamo latteggiamento
del governo sul problema dei precari. Avevamo avviato con il ministro Brunetta
e il capo dipartimento del ministero Naddeo un confronto che ci sembrava positivo,
ma invece cè stata ora una completa chiusura. La Regione
Liguria, comè noto, si è molto impegnata in questi anni per eliminare il
precariato tra i suoi dipendenti e tra quelli della sanità e del sistema
regionale.
Le uniche situazioni che non riusciamo a sanare sono quelle per le quali
registriamo lopposizione del governo.
E un atteggiamento, lo ripetiamo, molto grave, poiché tra queste figure
di precari vi sono persone che vivono nellincertezza da molti anni, per alcuni si
tratta di 15 o 20 anni. Sono situazioni inaccettabili. Ci auguriamo che la
Corte Costituzionale possa discutere presto questo caso e che si possa
finalmente giungere a una conclusione positiva.
(
da "Prima Comunicazione"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
- Prima
Comunicazione - http://www.primaonline.it - UE: TELECOM PACKAGE, SI INASPRISCE
SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO Prima Comunicazione, 12/06/2009 UE: TELECOM
PACKAGE, SI INASPRISCE SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO (ASCA-CORRIERE COM.) -
Roma, 12 giu - Si e' conclusa in un nulla di fatto la seduta di ieri del
Consiglio dei ministri Ue sul Telecom Package: il Cdm non ha approvato il
pacchetto di Riforma, demandando di fatto la questione al Tavolo di
Conciliazione che avra' ora 8 mesi di tempo per licenziare il testo, pena il
riavvio totale dell'iter. La decisione non sara' facile: sempre piu' acceso lo
scontro fra Europarlamento e Consiglio sulla questione rimasta in sospeso,
quella del download dei file in relazione alla tutela del copyright e dei
diritti degli utenti di Internet. Lo scorso 6 maggio l'Assemblea plenaria
votando l'emendamento che prevede che il distacco forzato della connessione
Internet solo su sentenza del Tribunale ha bocciato la proposta francese che
affidava ai provider il compito di attuare la disconnessione. L'approvazione
dell'emendamento ha provocato il blocco della Riforma delle Tlc. La prossima
tappa della "vicenda" e' attesa per la fine di giugno:
l'Europarlamento dovra' rendere nota la propria posizione al Cdm che a sua
volta dovra' palesare la propria proposta per l'avvio
formale dei lavori del Tavolo di conciliazione che dovrebbe avvenire entro la
fine dell'anno. Intanto in Francia una sentenza della Corte Costituzionale ha
dichiarato illeggittima la legge Hadopi approvata a meta' maggio proprio nella
parte che prevede il distacco della connessione Web.
(
da "AltaLex"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Sulla
condanna di una persona giuridica per illecito amministrativo ex lege 231/01
Tribunale Cosenza, sentenza 02.03.2009 Stampa | Segnala | Condividi Si
ringrazia Francesco Luigi Branda per la segnalazione. Tribunale di Cosenza
Sentenza 2 marzo 2009 Svolgimento del processo I signori ...VARI..., sono stati
tratti a giudizio per rispondere dei reati contestati come in epigrafe. E stata altresì citata a giudizio la società Modacolor
s.r.l., per lillecito amministrativo di cui allart. 24 D.Lgs
231/01, contestato puntualmente al capo A bis). Sono rimasti contumaci gli imputati
...VARI..; presenti P. D. e lamministratore
giudiziario della Modacolor. Alludienza del 1/10/07, in assenza di
questioni preliminari, è stato dichiarato aperto il dibattimento ed ammesse le
prove precostituite e costituende richieste dalle parti. Quindi, nelle udienze
succcessive sono stati sentiti i testimoni ****, richiesti dalla difesa. Allesito dellistruttoria è stata disposta
lacquisizione ai sensi dellarticolo 507 c.p.p., delle dichiarazioni
ai fini IVA e imposte sui redditi e dei modelli F24, costituenti corpo del
reato; le parti hanno prestato il consenso allacquisizione
delle visure prodotte alludienza del 12/11/08. Infine, sulle conclusioni
rassegnate dalle parti alludienza del 3/12/08, il processo è stato definito.
MOTIVAZIONE CAPO A) . In sintesi, al capo a) si contesta a **** il reato di
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, perché, il primo
nella veste di promotore e gli altri quali concorrenti nella fase esecutiva,
dopo aver avanzato domanda di finanziamento ai sensi della legge 488/92 per la
realizzazione di una industria tessile in favore della società Modacolor s.r.l.
amministrata da ****, con artifici consistiti nella presentazione di false
fatture e nella documentazione di spese per l'acquisto di macchinari, in misura
artificiosamente gonfiata rispetto a quella effettiva, inducevano in errore la
commissione verificatrice e conseguentemente ottenevano dallo Stato una serie
di contribuzioni, erogate a stati di avanzamento fino al saldo del 12 febbraio
2003, nella misura complessiva di euro 4.116.971,31, con pari danno per
l'amministrazione erogante. Sullaccertamento dei
fatti ha riferito il teste ****, maresciallo della Guardia di Finanza, il
quale, richiamando puntualmente i documenti acquisiti, ha illustrato lo
svolgimento e lesito della verifica
effettuata nei confronti degli odierni imputati, ed in proposito ha dichiarato
che lindagine prese inizio da una segnalazione dell'Ufficio Italiano
Cambi, da cui emergeva che una società, la Euromec s.r.l., pur non avendo mai
presentato alcuna dichiarazione dei redditi, risultava aver effettuato
operazioni sospette, con lemissione di fatture per
la vendita di macchinari nei confronti della società Modacolor, amministrata da
****.
La Guardia di Finanza decideva pertanto di effettuare perquisizioni nei
confronti di quest'ultima società, sita in Montalto, la cui sede amministrativa
era collocata presso gli uffici di altra società, la Tessil Pizzi Sud s.r.l.,
appartenente allo stesso gruppo ****. Venivano rinvenuti contratti, fatture e
bonifici che evidenziavano l'acquisto (simulato per interposizione fittizia) di
macchinari dallapparente fornitore
Euromec s.r.l. ed altra documentazione da cui emergeva che la società Modacolor
aveva
effettuato trattative commerciali aventi ad oggetto le stesse macchine
direttamente con fornitori esteri. In effetti i documenti comprovanti le
trattative di acquisto avevano ad oggetto contratti, o meglio schemi di
contratto, che venivano successivamente ripresi, salvo qualche variante, nelle
compravendite concluse, apparentemente, con la società Euromec , che appariva
pertanto soggetto interposto fittiziamente . I fornitori effettivi erano di
nazionalità estera, appartenenti alla comunità europea; e ciò permetteva, tra
l'altro, di concludere acquisti intracomunitari propedeutici alla realizzazione
delle cosiddette frodi carosello,
nelle quali la società intermediaria -apparente fornitore italiano-, dopo aver
acquistato i beni all'estero, e perciò tenuta a versare l'Iva in ipotesi di
successiva alienazione, trasferiva il bene ad altro soggetto italiano, nella
specie alla Modacolor; ma, trattandosi di società
cartiera, non provvedeva al versamento dell'imposta, di cui
leffettivo acquirente veniva illecitamente sgravato. In pratica, veniva
riscontrato che la Modacolor effettuava sostanzialmente gli acquisti all'estero
e faceva intestare i macchinari alla Euromec, la quale successivamente li
trasferiva alla prima, emettendo fattura per un prezzo notevolmente superiore,
anche in misura del 100%; quindi, la stessa Modacolor effettuava il pagamento
alla EuroMec, documentandolo con il versamento di assegni, ma subito dopo,
l'apparente fornitrice restituiva a sua volta il sovrapprezzo mediante assegni
circolari che, attraverso una serie di passaggi effettuati con l'indicazione di
nomi di fantasia, ritornavano nelle casse dei soci della Modacolor. Il suddetto
sistema era stato congegnato per realizzare una truffa ai danni dello Stato, in
quanto la Modacolor, subito dopo essere stata costituita, aveva presentato una
richiesta di finanziamento, ai sensi della legge 488/92, per realizzare un
impianto industriale nel settore tessile. L'investimento prevedeva
originariamente spese per oltre 11 miliardi di lire, di cui circa 6 miliardi di
lire avrebbero dovuto essere apportati dei soci con versamenti in conto
capitale e il residuo era a carico dello Stato, in forma di contributo a fondo
perduto. Con riferimento alle fasi del procedimento amministrativo, il teste ha
evidenziato che l'istruttoria delle pratiche attinenti al finanziamento era
affidata ad una banca concessionaria del servizio, la quale dopo aver ricevuto
la domanda, la istruiva secondo indicazioni fornite dalle circolari del
ministero dell'industria: veniva effettuata una graduatoria delle istanze ed
espresso un parere, sulla base di alcuni indicatori, tra cui anche l'apporto di
capitale da parte di chi richiedeva il finanziamento. Approvata l'utile
ammissione in graduatoria, il ministero emanava un decreto provvisorio di
concessione del finanziamento, con elargizione di contributi a stati di
avanzamento, sulla base di autocertificazioni e documentazione delle spese
sostenute. Al termine, la banca istruiva la trattazione in modo definitivo,
rilevando eventuali anomalie e segnalandole al ministero; questo, in difetto di
rilievi da parte del controllore, emanava un decreto di concessione definitiva,
effettuato a consuntivo, e cioè dopo aver verificato lattuazione del programma di investimento. Nelle ipotesi
in cui
l'investimento non veniva realizzato o evidenziate altre anomalie, per
inosservanza delle condizioni previste dal regolamento che disciplina la legge
488/92, potevano essere irrogate revoche parziali dei contributi concessi o,
nel caso scostamento dagli indicatori in certa misura, la revoca totale. In
particolare, questa scattava se lo scostamento era riferito ad un solo
indicatore ed in misura del 20%, ovvero, se riferito a più indicatori, in
misura complessiva del 30%. Nel concreto caso, nel corso delle indagini è stato
verificato che le fatture emesse dalla Euromec nei confronti della Modacolor
mascheravano in realtà una interposizione fittizia ed una sovrafatturazione
volta ad ottenere i contributi da parte dello Stato, in misura maggiore pressoché doppia
rispetto al quella effettivamente spettante. Infatti l'importo fatturato veniva
regolato tra le parti con movimentazioni bancarie e tuttavia successivamente,
riguardo alla sovrafatturazione, si riscontrava un flusso di ritorno delle
somme di danaro nelle tasche dei soci della Modacolor, i quali poi
riversavano nelle casse della società quasi la totalità degli importi
rientrati, facendoli apparire quali apporti di capitale proprio. Per quanto
riguarda la documentazione dei pagamenti in favore della apparente fornitrice
dei macchinari, il danaro risultava così versato. In relazione alla fattura n.
1 del 28 agosto 2000, la Modacolor effettuava il pagamento di lire 333.333 333,
oltre iva al 20%, per un totale di 400 milioni di lire; riguardo alla fattura
n. 2 del 12 ottobre 2000, il pagamento per un imponibile di lire 4.866.666.667
Iva al 20% (973. 333.333) per un totale di 5.840. 000. 000; relativamente alla
fattura n. 13 del 30 settembre 2001, il pagamento per un imponibile di
10.500.000, oltre Iva (2.100.000), per un totale di 12.600.000 lire (fatture
:allegati 1 2 3; pagamenti: allegati 50 51
52 53 54). Ma e questo è lessenziale - per
gli stessi macchinari, veniva rinvenuta documentazione relativa agli acquisti
effettuati all'estero, ed in particolare la trasmissione delle fatture in originale
dalla ditta Thies alla Modacolor, seppure intestate alla Euromec alla quale
risultavano trasmesse solo le copie (allegati 24 e 25). Inoltre, da verifiche
bancarie effettuate nei confronti della Euromec, risultava che questa società,
in relazione agli stessi macchinari di cui alle predette fatture, aveva
effettuato accrediti in favore di fornitori esteri per complessive
3.093.339.177 lire (allegati 54 55 e 83); la
Modacolor, a sua volta, aveva accreditato alla Euromec la somma di lire
6.240.000.000, per gli stessi macchinari (allegati 50 51 52 53 54 ). Quindi si
accertava che la Euromec, dopo aver formalmente ricevuto il pagamento,
restituiva parte delle somme ricevute, attraverso un giro di assegni
circolari costituenti il flusso di ritorno, nella misura pressoché
corrispondente alla sovrafatturazione effettuata attraverso la sua
interposizione fittizia ( allegati da 57 a 100 e allegati da B1 a B10). Il costo dei
macchinari era stato pertanto apparentemente gonfiato, come dedotto dal flusso
di ritorno delle somme che non trovava alcuna giustificazione, diversa dalla
interposizione fittizia. Tale conclusione era avvalorata, dalla trasmissione di
fatture originali dei macchinari acquistati all'estero, recapitate direttamente
alla Modacolor; dal ritrovamento di documenti relativi alla trattativa per
l'acquisto dei macchinari che veniva seguita direttamente dallamministratore unico ****. Tra l'altro, nell'ambito dei
controlli effettuati nei confronti della società interposta, Euromec, risultava
che questa - almeno nellanno 2002 - aveva cessato
l'attività, dopo aver cambiato sede da Firenze in Montalto, dove non veniva
riscontrata alcuna sede effettiva. Per quanto riguarda il flusso di ritorno del danaro dalla
Euromec, il teste ha evidenziato quanto emerso dagli accertamenti bancari nei
confronti di ****, soci della Modacolor, ed in particolare la richiesta, da
parte di Euromec e del suo amministratore ****, di assegni circolari
trasferibili che recavano come beneficiari nominativi sconosciuti all'anagrafe
tributaria, quali ad esempio ****; questi assegni, risultavano infine pervenuti
ai soci della Modacolor e da questi incassati, per un ammontare complessivo di
lire 2.822.050.000. Questa liquidità veniva utilizzata, in misura di lire
2.429.050.000 per l'apporto dei soci al capitale sociale previsto nella pratica
di finanziamento, come emergeva altresì dalla quasi contestualità tra il
rientro del danaro e il versamento da parte dei soci; infatti le somme
pervenute da Euromec, una volta incassate dai soci, nel giro di qualche giorno,
venivano riversate in conto apporto di capitale. Gli assegni circolari erano
ovviamente di importo inferiore ad euro 1.500, previsto per la loro
trasferibilità; si trattava pertanto di numerosissimi assegni. Il teste ha
ricordato che nella pratica di finanziamento era previsto apporto di capitale
proprio in misura di circa 6 miliardi di lire; e che pertanto, attraverso la
sovrafatturazione ed il flusso di ritorno sopra descritti, lo Stato anziché
contribuire in una certa misura, contribuiva in misura pressoché doppia
rispetto a quella ammessa, configurandosi una delle ipotesi di revoca del
finanziamento; e specialmente quella che prevede lo scostamento da uno degli
indicatori in misura non inferiore al 20%. Il teste ha poi aggiunto che, in
pratica, per l'istruzione della pratica venivano presentate dichiarazioni
liberatorie da parte degli apparenti fornitori (allegati 50 e 51) e
autocertificazione da parte dell'amministratore della società Modacolor
(allegato 58) che attestavano l'effettivo versamento delle somme a titolo di
spese sostenute. In particolare, come emergeva dal documento in allegato 48, la
Modacolor, in data 9 gennaio 2001, falsamente attestava di aver sostenuto, alla
data del 13 ottobre 2000, spese per un ammontare di lire 7.955.180.000, tra cui
le fatture nn. 1 e 2 della Euromec, benché per quest'ultima - come si è visto vi fosse stata una simulata duplicazione della spesa
rispetto a quella effettivamente sostenuta. ALTRI DOCUMENTI. Oltre ai
documenti a cui ha fatto riferimento il teste ****, illustrandone il contenuto,
sono stati altresì acquisiti quelli appresso illustrati. In particolare sono
inseriti nel fascicolo per il dibattimento: - Il decreto del Ministero dellIndustria del Commercio e dellArtigianato n.
69272 del 3 marzo 1999, con cui si concede alla Modacolor s.r.l., ai sensi
della legge 19 dicembre 1992 n. 488 e successive integrazioni, in via
provvisoria il contributo in conto capitale di lire 8.597.490.000 (euro
4.440.233.03), da erogarsi secondo le modalità previste dallarticolo del regolamento adottato con d.m. 527/95 in
tre quote annuali di lire 2.865.830.000 ( euro 1.480.077,68) cadauna.
Allarticolo 3 dello stesso decreto era previsto che "le agevolazioni
sono inoltre revocate qualora, calcolati gli scostamenti negativi degli
indicatori, di cui all'articolo 6, comma 4 del regolamento nell'esercizio
successivo alla data di entrata a regime dell'iniziativa agevolata : a) anche
uno solo di tali scostamenti superi i 30 punti percentuali; b) eseguita la
somma dei suddetti scostamenti negativi e rapportata la stessa al numero degli
indicatori suscettibili di variazione, la media degli scostamenti così
determinata superi i 20 punti percentuali. (allegato 94). - Il
Decreto del Ministero delle Attività Produttive, n. 120827 del 28 novembre 2002, in cui, dopo avere
evidenziato che la banca concessionaria aveva effettuato erogazioni per
complessive lire 6.922.206.000, così suddivise quanto a lire 2.865.830.000 in
data 30 dicembre 1999; quanto a lire 2.261.730.000 in
data 3 gennaio 2002; quanto a lire 1.794.646.000 in
data 4 febbraio 2002, tenuto conto delle variazioni apportate agli
investimenti, decretava la concessione, in via definitiva, del contributo in
conto capitale di euro 4.126.407,99 , disponendo altresì disimpegno della quota
a saldo di euro 313.825,05 (allegato 93). - I bonifici effettuati dalla banca
concessionaria in favore della Modacolor in esecuzione dei decreti ministeriali
superiormente indicati, per le somme esattamente corrispondenti a quelle
indicate nel decreto di concessione definitiva, erogate fino alla data del
12/2/2003 (allegati in cartella C1 C2
C3, da pag. 287 a
pag 294). - La relazione sullo stato finale del programma di investimento
redatta per conto della banca concessionaria e prodotta alludienza del 7 aprile 2008, per vero con encomiabile
correttezza processuale, dallo stesso difensore dellimputato. Questa
relazione, datata 3 dicembre 2001, propedeutica alla corresponsione della
seconda quota, terza quota e del saldo contribuzioni, indica e trasmette al
Ministero quale documentazione finale di spesa
appunto le fatture e i titoli di spesa quietanziati ( tra cui quelle emesse
dalla Euromec) per un totale di lire 11.884.978.000; ad essa è allegato il
verbale di accertamento spesa dove, a pagina 6, la Commissione incaricata,
presieduta dal dottor ****, accertava : "l'impresa ha esibito la
dichiarazione, prevista dal disciplinare di accertamento, con la quale si attesta
che tutte le spese documentate sono state iscritte nelle immobilizzazioni di
bilancio. Dai controlli a campione effettuati a tale riguardo non sono emersi
elementi che contraddicano tale attestazione; i lavori, le forniture ed in
generale le realizzazioni effettuate trovano riscontro nella documentazione di
spesa esibita; per tutti i titoli di spesa è intervenuto il pagamento a saldo.
Il pagamento delle spese documentate è stato verificato mediante riscontro sul
libro giornale aziendale del pagamento delle fatture. In considerazione
dell'esiguità numero delle fatture, la Commissione ha verificato tutte le
fatture." LA VALUTAZIONE DELLE PROVE IN ORDINE AL CAPO A). Sulla base
delle prove raccolte, emerge allevidenza la
colpevolezza di **** in ordine alla truffa perpetrata al capo a) dellimputazione, formulata dettagliatamente e con assoluta
precisione dal pubblico ministero. Il meccanismo posto in essere per frodare lo
Stato, può essere così sintetizzato: ****, legale rappresentante della
Modacolor, acquistava direttamente presso fornitori esteri i macchinari
tessili, compresi nel programma di investimento finanziato ai sensi della legge
488/92; quindi, faceva figurare che lacquisto
era stato effettuato da altra ditta, nella specie dalla Euromec, rappresentata da ****, che,
a sua volta, ritrasferiva i beni alla Modacolor, con simulata lievitazione dei
prezzi. In questo modo e ne va riconosciuto
lingegno - , con una sola esca portava a casa due prede; e cioè
conseguiva due risultati entrambi illeciti ma vantaggiosi
economicamente- : da un lato linterposizione
fittizia della connivente Euromec consentiva una sovrafatturazione simulata che
avrebbe poi permesso di documentare allo Stato una spesa pressoché doppia
rispetto a quella effettiva, al fine di ottenere una contribuzione, accordata in
percentuale, specularmente raddoppiata; dallaltro,
essendosi avvalso come si dimostrerà appresso di una società
cartiera, riusciva ad evadere le imposte, poiché il soggetto che per primo
acquistava dai fornitori esteri, perciò tenuto a versare lIVA, in realtà, data la sua effettiva inconsistenza, si
rendeva evasore totale, distraendo in tal modo la responsabilità gravante
sulleffettivo ed unico acquirente, individuato nella Modacolor. Si è
osservato, con gran ragione, che le prove documentali dimostrative della predetta
condotta appaiono di unevidenza matematica. Per
quanto riguarda le trattative e gli acquisti effettuati direttamente da
Modacolor presso i fornitori esteri, vengono in rilevo i documenti di cui agli allegati da 4 a 30. Innanzitutto, le
conferme dordine C00/8036 e C00/8035, del 22/5/2000, con
cui con cui la fornitrice estera Thies AG (doc. 4 e 5) trasmetteva lo schema di
contratto alla Modacolor per lacquisto dei macchinari A) La Meccanica, B)
Corino,
C) Lawer, D) Sperotto, e dei 5 macchinari SOFT TRD 140. Basta confrontare tali
documenti con le fatture n. 1 e 2 emesse in data 20/8/2000 e 12/10/2000 dalla
Euromec alla società del ****, per constatare che la fornitura è identica riguardando le stesse macchine e senza alcuna aggiunta di
lavorazioni di adeguamento; cambia invece e di
molto il prezzo che lievita a complessive lire 6.240.000.000 (documenti
nn. 1 e 2 ). Dallesame dei documenti, non risulta annotata alcuna
lavorazione sui macchinari, direttamente ascrivibile alla mano dellinterposta, tale da giustificare siffatta
maggiorazione. In realtà, lo scambio di corrispondenza rinvenuta tra i
protagonisti della compravendita (Samaden, quale rappresentante italiana della
Thies, e Modacolor), chiarisce ulteriormente che lintera
trattativa è stata condotta direttamente dal ****, il quale poi
raggiunto laccordo finale ha fornito il nominativo a cui intestare
solo formalmente le macchine. In tal senso, assumono importanza il fax inviato
in data
14 marzo 2001 dalla Samaden alla Modacolor, in cui rivolgendosi direttamente al
signor **** si lamenta il mancato pagamento delle fornitura di cui alle le
conferme dordine C00/8036 e C00/8035, nei seguenti
termini purtroppo da parte Sua ci sentiamo ripetere di
settimana in settimana e il saldo di tutte le forniture sarà fatto nel giro di
pochi giorni, ma non abbiamo alcuna certezza di quanto sopra. Tutti i fornitori
ci hanno ufficialmente comunicato che verranno conteggiati a Modacolor gli
interessi per il ritardato pagamento, come pure i costi per limmagazzinaggio dei vari impianti (doc. 16).
Ugualmente significativa nella lettera di risposta con cui la Modacolor
comunica: "ancora una volta ci scusiamo per il protrarsi della situazione,
comunicandole che entro il 15/04/01 inizieremo ad effettuare i pagamenti
previsti (doc. 17). Come è evidente, non sussiste alcun
dubbio sul fatto che lacquisto dei predetti macchinari sia stato
effettuato direttamente dallamministratore della Modacolor, il quale ha pure gestito lintera fase esecutiva del rapporto contrattuale,
ponendosi come interlocutore esclusivo e soggetto direttamente obbligato anche
in relazione ai pagamenti. Ne deriva che la Euromec, peraltro mai descritta in
questa corrispondenza come soggetto operativo nello svolgimento del
rapporto, appare coinvolta solo per interposizione fittizia. Ad colorandum,
occorre rilevare che la immedesimazione tra
interponente e interposta arriva a tal punto che come emerge dalla
lettera in data 4 settembre 2001 allorquando la
Thies deve comunicare lo stato di avanzamento della fornitura, comunica i dati
direttamente alla Modacolor (allegati 19 e 20), ovvero, pur indirizzando la
missiva alla Euromec, si rivolge alla cortese
attenzione del Vs egr. signor **** (allegato 21): come a dire che leffettivo interlocutore era questultimo. Vengono
addirittura rinvenute presso la Modacolor le lettere di trasmissione delle
fatture in originale emesse dalla Thies e trasmesse alla Modacolor anziché al
simulato acquirente (allegati 24 e 25). Né vale osservare, come ha tentato di
sostenere la difesa, che la ditta di **** sarebbe intervenuta per adattare i
macchinari alle esigenze della Modacolor, così da giustificare la lievitazione
dei prezzi. Il seguito prova che questa ipotesi è palesemente infondata. In
primis, la Euromec come è documentato dalla
copia dellatto costitutivo in allegato 41 è stata costituita
l11 agosto 2000 ed iscritta nel registro delle imprese il 2 aprile 2001
(visura camerale allegata al verbale di udienza del 17/9/2008); si rammenta invece
che le conferme dordine dei macchinari
risalgono al 22 maggio 2000. Non è credibile che il **** abbia trattato
lacquisto di macchinari su cui avrebbe dovuto eseguire cospicue
modifiche, tali da giustificare quasi il raddoppio del prezzo, affidando lintervento ad una società che, al momento in cui era
stato programmato lacquisto, non era ancora esistente. Per altro, come si
è già accennato, delle prospettate modifiche non vè alcuna traccia nelle
fatture emesse dalla Euromec che, ove avesse effettivamente eseguito
lavorazioni per adeguare i macchinari, avrebbe certamente indicato nel
documento fiscale le voci corrispondenti alla mano dopera impiegata ed alle integrazioni apportate, senza
limitarsi a ricalcare la descrizione dei macchinari così come contenuta nelle conferme
dordine del vero fornitore estero. Il documento
in allegato 23 evidenzia poi che le spiegazioni relative allinstallazione
delle macchine sono state trasmesse direttamente alla Modacolor, quando invece, se fosse
vero quanto sostenuto dalla difesa, il naturale destinatario avrebbe dovuto
essere il soggetto ipoteticamente incaricato di adeguare ed installare le
macchine. La lista di consegna dei macchinari, ovvero la paking list (lista dei
colli componenti di una partita di carico) compilata dalla fornitrice Thies
reca come destinatario direttamente la Modacolor (allegato 23); escludendosi
perciò che la Euromec disponesse di propri impianti fissi dove eseguire le
prospettate imponenti modifiche. In realtà, come pure si dirà nella disamina
dei reati fiscali in contestazione, la Euromec è risultata essere una
cosiddetta società cartiera, ovvero esistente solo
sulla carta e costituita per compiere attività illecite. La conclusione è
avvalorata dalle seguenti circostanze. Innanzitutto, come accertato dalla
Guardia di Finanza (confronta testimonianza di Madeo e verifica di cui al
verbale del 5/11/2008, acquisita alludienza
del 12/11/2008 con il consenso delle parti), la Euromec per lintera
durata della
propria attività non ha mai presentato alcuna dichiarazione ai fini IVA e
Imposte dirette. Nasce dopo che il **** aveva già programmato linvestimento finanziato dallo Stato e raggiunto accordi
con fornitori stranieri per lacquisto dei macchinari; termina la sua attività
il 18/7/2002 per missione compiuta
dopo aver eseguito i suoi servigi in favore della Modacolor. La
documentazione relativa alla sua costituzione, ivi compreso latto
iniziale ed il versamento dei 3/10, è stata rinvenuta presso la sede delle società
del **** (Modacolor e Tessil Pizzi), Nel periodo in cui è formalmente
operativa, ha una sede itinerante ( da Campi Bisenzio si trasferisce in
Montalto Uffugo, dove coincide la sede delle società gestite dal ****) e, quel
che più interessa, non ha a disposizione impianti dove poter eseguire le
ipotetiche modifiche, se è vero come è vero - che
le macchine acquistate vengono consegnate direttamente presso la Modacolor.
Come si è già detto, la paking list (lista dei colli componenti di una partita di carico)
dei macchinari compilata dalla fornitrice Thies reca come destinatario
direttamente la Modacolor (doc. 23). Tutto ciò sta a dimostrare il completo
asservimento alle trame illecite intessute dal **** per frodare lo Stato. E in
tal senso chiude il cerchio come ultimo ma
non meno importante indizio il flusso di ritorno del danaro
originariamente versato dal **** alla Euromec per documentare allo Stato il
maggior prezzo dei macchinari, che appunto questultima, fittiziamente
interposta, restituisce alla Modacolor interponente: questo elemento appare
decisivo per dimostrare che la sovrafatturazione non era giustificata da alcuna
lavorazione effettuata dalla ditta del ****, il quale altrimenti non certamente
avrebbe restituito la maggiorazione. Sono stati acquisiti in copia gli assegni,
le distinte di versamento e gli estratti conto, analiticamente riportati negli
allegati da 57 a
83, emessi direttamente dalla Euromec o dal suo amministratore ****, per limporto complessivo di euro lire 2.822.050.000, che
perviene nelle casse di **** e dei suoi congiunti **** Eugenio e Speranza
Antonietta, tutti soci della Modacolor. Si è rilevato che limporto complessivamente restituito è inferiore, sia
pure in misura non elevata, rispetto al sovrapprezzo simulato (il **** ha
ricevuto lire 6.240.000.000, avendo invece versato ai fornitori lire
3.093.339.177). Lobiezione è facilmente
superabile, per il fatto che la differenza è ragionevolmente riconducibile al
compenso riconosciuto al **** per linterposizione, peraltro alquanto
rischiosa a causa del concorso in attività illecita. ULTERIORI ECCEZIONI
DIFENSIVE. La difesa ha richiamato lesito
positivo delle verifiche eseguite dalla banca concessionaria culminate con il
collaudo; di più, ha invocato le valutazioni fornite dai consulenti difensivi nel
processo; infine, ha evidenziato lottimo
avviamento dellimpresa, con fauste prospettive, attestato
dallamministratore giudiziario. Da tutto ciò ha dedotto argomenti utili a
dimostrare la congruità delle somme corrisposte dalla Modacolor alla Euromec per le
forniture da questultima fatturate e sulla
base delle quali sono stati concessi i contributi, escludendo ogni ipotesi di
simulazione. Ora su questo ragionamento vi sono da fare alcune osservazioni da
cui si desume come gli argomenti difensivi siano privi di solide
fondamenta. Innanzitutto occorre evidenziare che la verifica ed il collaudo,
evidentemente, non hanno potuto tener conto dei documenti da cui è stata
desunta la falsa sovrafatturazione, per la semplice ragione che i verificatori
non disponevano dei poteri di indagine sullintero
circuito bancario e di perquisizione che hanno consentito invece alla Guardia
di Finanza di appurare la falsità delle fatture emesse dalla società cartiera
ed il flusso di ritorno del danaro. Il verificatore per conto della banca
concessionaria ha controllato la documentazione esibitagli e, vittima degli
artifici posti in essere (tra cui la documentazione di un esborso effettivo per
lintero ammontare fatturato), è appunto caduto
in
errore sullentità dellinvestimento. In tal senso è
utile la relazione sullo stato finale del programma di investimento redatta per
conto della banca concessionaria e prodotta in giudizio, per vero con
encomiabile correttezza processuale, dallo stesso difensore dellimputato. La relazione, datata 3 dicembre 2001,
propedeutica alla corresponsione della seconda quota, terza quota e del saldo
contribuzioni, indica e trasmette al Ministero quale documentazione
finale di spesa appunto le fatture e i titoli di spesa
quietanzati ( tra cui quelle emesse dalla Euromec) per un totale di lire
11.884.978.000; ancor più chiaro è il verbale di accertamento spesa allegato
alla stessa relazione, dove, a pagina 6, la Commissione incaricata, presieduta
dal dottor Tucci, accertava : "l'impresa ha esibito la dichiarazione,
prevista dal disciplinare di accertamento, con la quale si attesta che tutte le
spese documentate sono state iscritte nelle immobilizzazioni di bilancio. Dai
controlli a campione effettuati a tale riguardo non sono emersi elementi che
contraddicano tale attestazione; i lavori, le forniture ed in generale le
realizzazioni effettuate trovano riscontro nella documentazione di spesa
esibita; per tutti i titoli di spesa è intervenuto il pagamento a saldo. Il pagamento
delle spese documentate è stato verificato mediante riscontro sul libro
giornale aziendale del pagamento delle fatture. In considerazione dell'esiguità
numero delle fatture, la Commissione ha verificato tutte le fatture."
Dunque la banca concessionaria, e per essa il Ministero, prendeva per buone ai
fini della documentazione della spesa anche le fatture con cui erano stati
artificiosamente aumentati i prezzi dei macchinari, in ciò indotta in errore
anche dalla documentazione dei pagamenti effettuati in favore di Euromec (senza
sapere ovviamente che parte di quei pagamenti sarebbe stata restituita
sottobanco). Quanto al flusso di ritorno del danaro, la difesa, ben consapevole
della gravità indiziaria di tale elemento, ha allora ritenuto di insinuare il
dubbio che il danaro restituito dalla Euromec e dal **** potesse avere una
diversa giustificazione, quale ad esempio un precedente prestito personale; ha
pure evidenziato che molti assegni recavano girate intermedie da parte di altri
soggetti. Il Tribunale ritiene di dover ancorare il proprio giudizio a dati
appurati con certezza sulla base della copiosa documentazione acquisita, dai
quali emerge invece che la Euromec, società unipersonale del ****, è apparsa
soltanto in qualità di fornitrice di macchinari; pertanto, data la connotazione
del rapporto in cui la Euromec ha assunto la veste di creditore in ordine al
prezzo delle macchine, e tenuto conto dellintero
quadro indiziario sopra evidenziato, il flusso di ritorno si spiega - alla
stregua del criterio di credibilità razionale - solo alla luce dellassunto accusatorio, secondo cui la restituzione
sottobanco del denaro denotava lartificiosa sovrafatturazione. Per
contro, la prospettazione di un prestito personale è rimasta per aria, non
essendo stato neppure allegato alcun collegamento con circostanze ed
elementi concreti. Quanto ai giratari, anche senza sopravvalutare lapposizione di girate corrispondenti a nomi di fantasia
non censiti allanagrafe tributaria (es. Berlusconi Rodolfo), resta il
dato di
fatto che quelle somme comunque sono transitate
senza alcunaltra giustificazione e nel medesimo contesto temporale -
dalle casse della Euromec e del **** in quelle dei soci della Modacolor. In
relazione alle consulenze eseguite nel corso del processo occorre
sottolineare che la relativa valutazione non appare suffragata da indagini di
mercato; di contro, la documentazione delle trattative intercorse con la
fornitrice estera e le conferme dordine
dimostrano che il prezzo degli stessi macchinari era pari alla metà di
quello poi praticato dalla società interposta, essendo inverosimile che
ipotizzati - ma non dimostrati - adeguamenti abbiano potuto addirittura farne
raddoppiare il prezzo. La consulenza del dottor ****- già presidente del
collegio sindacale della Tessil Pizzi1 -, acquisita allesito del conforme esame dibattimentale, non illustra e
spiega quali adeguamenti e quali modifiche siano state concretamente apportate;
non richiama alcuna indagine di mercato per approfondire tale verifica. Come si
è detto,
inoltre, nelle fatture emesse dalla Euromec non vè
traccia alcuna di questi adeguamenti, la cui esecuzione non rientrava di certo
nelle possibilità di una società cartiera, appena costituita, priva
di impianti, con una sede itinerante, e che cessava di operare, di li a poco, dopo
che la Modacolor aveva ottenuto le contribuzioni pubbliche. Lasservimento alle esigenze della Modacolor non è solo
evidenziata dalla predetta coincidenza cronologica, ma come si è visto, anche
dal rinvenimento dellatto costitutivo, della ricevuta di versamento
dei 3/10 relativi alla Euromec, come pure delle fatture di acquisto dei
macchinari dai fornitori esteri, il tutto presso la società del ****. Qui si
inserisce lulteriore deduzione difensiva, secondo cui
lacquisizione di questi atti serviva a verificare la correttezza
commerciale e laffidabilità del partner.
Occorrerebbe aver il senso del verosimile completamente allentato per non
accorgersi della infondatezza di questa asserzione: la Modacolor riceve le
conferme dordine dei macchinari prima ancora che la Euromec venisse
costituita; ed allora non è credibile razionalmente che per un adeguamento così
consistente, da determinare addirittura lincredibile raddoppio del
prezzo, abbia incaricato una ditta in fase di costituzione e priva di esperienza.
Infine, le dedotte attestazioni e fauste prospettive asseritamente dichiarate
dallamministratore giudiziario sono andate a vuoto:
in coincidenza della decisione infatti la Modacolor ha licenziato tutti i
dipendenti per mancanza di commesse. La difesa ha poi osservato che sarebbe
inverosimile che lautore dellillecito
abbia conservato tutte le controscritture a prova della simulazione
nella sede dove poteva prevedere che sarebbe stata sottoposta a verifica, non
essendo consueta
tanta superficialità e spregiudicatezza neppure nellimmaginario eldorado dei truffatori. A parte il fatto
che il **** era alla sua prima esperienza, come emerge dal casellario
giudiziale, e dunque non particolarmente smaliziato, è comunque facile obiettare che la
commissione incaricata della verifica non aveva il potere di perquisizione, non
potendo perciò trovare la documentazione comprovante la falsità delle fatture
(peraltro detenute presso la sede della Tessil Pizzi, altra società del gruppo
****), ma doveva limitarsi a verificare quanto le veniva esibito; e così ha
proceduto, come appunto attestato nella relazione. Le indagini condotte dalla
Guardia di Finanza, invece, partivano da lontano, e precisamente dalla
segnalazione da parte dellUfficio Italiano Cambi
che indicava operazioni sospette compiute dalla Euromec. Per farla breve, al
cospetto di una montagna di prove a sostegno della tesi accusatoria e in
assenza di valide eccezioni difensive, frantumate dal martello della logica, va
ritenuta pienamente provata la condotta criminosa di cui al capo a). LA
VALUTAZIONE IN DIRITTO. Come è noto, la legge n. 488/92 è destinata ad
agevolare gli imprenditori che intendono avviare od ampliare imprese produttive
nelle aree svantaggiate del paese. Lagevolazione,
cofinanziata con i fondi della C.E.E., consiste in un contributo a fondo
perduto che varia in relazione alle aree in cui viene compiuto linvestimento. La disciplina, per quanto di specifico
interesse in questa sede, prevede quale misura massima consentita dellagevolazione, per dimensione di impresa e ubicazione,
il 50 % ESN ( equivalente sovvenzione netta) + il 15 % ESL (equivalente
sovvenzione lorda), da erogare in 3 quote. Con particolare riferimento al
programma di investimento oggetto della domanda presentata da Modacolor, era
concesso in via provvisoria un contributo in conto capitale pari all80%, misura massima consentita dellagevolazione,
per dimensione di impresa e ubicazione; tale contributo, sulla base di un
programma di investimento lire 11.661.000.000 (di cui lire 7.390.000.000 per
macchinari), veniva perciò provvisoriamente deliberato in lire 8.597.490.000
(euro 4.440.233,03), come da decreto del Ministero Industria Commercio e
Artigianato n. 69272 del 3/3/1999. Inoltre, all
3 dello stesso
decreto provvisorio era previsto che "le agevolazioni sono inoltre
revocate qualora, calcolati gli scostamenti negativi degli indicatori, di cui
all'articolo 6, comma 4 del regolamento nell'esercizio successivo alla data di
entrata a regime dell'iniziativa agevolata: a) anche uno solo di tali
scostamenti superi i 30 punti percentuali; b) eseguita la somma dei suddetti
scostamenti negativi e rapportata la stessa al numero degli indicatori
suscettibili di variazione, la media degli scostamenti così determinata superi
i 20 punti percentuali. Per lerogazione
definitiva, veniva adottato il Decreto del Ministero delle Attività Produttive,
n.120827 del 28 novembre 2002,
in cui, dopo avere evidenziato che la banca
concessionaria aveva effettuato erogazioni per complessive lire 6.922. 206. 000 (così
suddivise: quanto a lire 2.865.830.000 in data 30 dicembre 1999; quanto
a lire 2.261.730.000
in data 3 gennaio 2002; quanto a lire 1.794.646.000 in
data 4 febbraio 2002), tenuto conto delle variazioni apportate agli
investimenti, decretava la concessione, in via definitiva, del contributo in
conto capitale di euro 4.126.407,99, disponendo altresì disimpegno della quota
a saldo di euro 313.825,05 (allegato 93). In tali provvedimenti era
puntualmente richiamato l articolo 7, comma 2,
del regolamento secondo cui: . Ciascuna delle
due o tre quote e' erogata dalla banca concessionaria subordinatamente
all'effettiva realizzazione della corrispondente parte degli investimenti,
eccezion fatta per la prima, che puo' anche essere erogata a titolo di
anticipazione, previa presentazione di fidejussione bancaria o polizza
assicurativa irrevocabile, incondizionata ed escutibile a prima richiesta, di
importo pari alla somma da erogare e di durata adeguata. Tanto premesso, è evidente che nei fatti sopra accertati
si ravvisano certamente gli elementi costitutivi del reato previsto e punito
dallarticolo 640 bis c.p. Gli artifici sono
rappresentati dallutilizzo delle false fatture con le relative quietanze
di pagamento rilasciate dalla Euromec, con cui ****, nella sua qualità di
amministratore della Modacolor, faceva apparire alla banca concessionaria, e
quindi al Ministero, di aver effettuato investimenti così come programmati
anche in relazione alla spesa, sebbene il costo effettivo fosse pari a circa la
metà. Linduzione in errore era ulteriormente sostenuta
dalla documentazione del movimento di danaro versato allapparente
fornitrice, la quale, immediatamente dopo, lo restituiva sottobanco ai soci
della Modacolor (il cosiddetto flusso di ritorno). Lingiusto profitto derivava dal fatto che la banca
concessionaria, così indotta in errore, riteneva documentate spese in misura
doppia di quella effettiva e, di conseguenza, erogava contribuzioni
specularmente raddoppiate rispetto allimporto meritevole di finanziamento.
In altri termini, si può dire più semplicemente che il contributo per lacquisto di macchinari veniva commisurato ad un valore
che, così come documentato attraverso lesibizione delle fatture false e
delle quietanze rilasciate dalla ditta compiacente, era artificiosamente
raddoppiato rispetto a quello effettivo, sicché, ottenuta conseguentemente lintegrale liquidazione, al **** rimaneva una ingiusta
locupletazione con pari danno per l Ente contribuente. E perciò
evidente
che le erogazioni della seconda e terza quota erano dunque causalmente
riconducibili alla precedente presentazione delle fatture false rilasciate e
quietanzate dallEuromec, attraverso le
quali la Modacolor, inducendo in errore la banca concessionaria, simulava spese
maggiori, pur avendole in realtà sostenute in misura dimezzata. Dunque non
coglie nel segno losservazione difensiva
secondo cui, data linsorgenza del diritto al momento di approvazione del
finanziamento, levento ingiusto astrattamente ipotizzabile sarebbe -
al più laver evitato (rectius: tentato di
evitare) la revoca del finanziamento, prevista per lo scostamento dagli indici,
desumendosi da ciò la configurazione di un fatto diverso da quello contestato.
Questa ipotesi di revoca peraltro verificata - è evidentemente solo unulteriore conseguenza della truffa, già integrata in
tutti i suoi elementi costitutivi; non può essere perciò considerata quale
evento consumativo della truffa, meglio individuabile nellottenimento,
mediante artifici, della seconda e terza quota di contributo e soprattutto
nel saldo finale. La difesa ha poi prospettato, con scarsa ragione, il diverso
inquadramento nella fattispecie di cui allart.
316 ter c.p.. La distinzione tra il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni
e quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, va
ravvisata nella mancata inclusione tra gli elementi costitutivi del primo reato
della induzione in errore del soggetto passivo. Pertanto qualora l'erogazione consegua
alla mera presentazione di una dichiarazione mendace senza costituire l'effetto
dell'induzione in errore dell'ente erogante circa i presupposti che la
legittimano, ricorre la fattispecie prevista dall'art. 316 ter cod. pen. e non
quella di cui all'art. 640 bis cod. pen. .2 Laddove invece lautore non si sia limitato a rendere dichiarazioni
mendaci, ma abbia predisposto una serie di artifici, che abbiano indotto in
errore il soggetto passivo, ricorre la truffa. Lerrore della
prospettazione difensiva, peraltro frequente in processi sulla stessa materia, consiste
nel sovrapporre un elemento della condotta che può essere comune ad entrambe le
fattispecie, ovvero la dichiarazione falsa ovvero la presentazione di falsi
documenti, trascurando altro elemento che connota esclusivamente la truffa,
ovvero linduzione in errore. Si impone tuttavia una
lettura più approfondita, considerato che la costruzione del delitto di cui
all'art.316 ter c.p. come un'ipotesi speciale di truffa finirebbe per
vanificare l'intento del legislatore che, anche in adempimento di obblighi
comunitari, aveva perseguito l'obiettivo di espandere ed aggravare la
responsabilità per le condotte decettive consumate ai danni dello Stato o
dell'Unione europea; mentre proprio tali condotte risulterebbero invece punite
meno severamente a norma dell'art. 316 ter comma 1 c.p. o addirittura sottratte
alla sanzione penale a norma dell'art. 316 ter comma 2 c.p. nei casi di minore
gravità. Ora non v'è dubbio che il legislatore del 2000, quando ha inserito nel
codice penale l'art. 316 ter, ha ritenuto appunto di estendere la punibilità a
condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa. Ed allora, come si
distinguono in concreto le due fattispecie? Occorre partire dalla
considerazione che la realizzazione dellinganno
mediante il falso è lelemento che caratterizza la truffa, cosicché
l'ambito di applicabilità dell'art. 316 ter c.p. è circoscritto a situazioni
come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca
effettivamente
in errore l'autore della disposizione patrimoniale. In effetti, in molti casi,
il procedimento di erogazione delle pubbliche sovvenzioni non presuppone
l'effettivo accertamento da parte dell'erogatore dei presupposti del singolo
contributo; ma ammette che il riconoscimento e la stessa determinazione del
contributo siano fondati, almeno in via provvisoria, sulla mera dichiarazione
del soggetto interessato, riservando eventualmente a una fase successiva le
opportune verifiche. Sicché in questi casi l'erogazione può non dipendere da
una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell'erogatore, che in
realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale
dichiarazione del richiedente. D'altro canto l'effettivo realizzarsi di una
falsa rappresentazione della realtà da parte dell'erogatore, con la conseguente
integrazione degli estremi della truffa, può dipendere, oltre che dalla
disciplina normativa del procedimento, anche dalle modalità effettive del suo
svolgimento nel singolo caso concreto. E quindi l'accertamento dell'esistenza
di un'induzione in errore, quale elemento costitutivo del delitto di truffa,
ovvero la sua mancanza, con la conseguente configurazione del delitto previsto
dall'art. 316 ter c.p., è questione di fatto, che risulta riservata al giudice
del merito. Nel caso concreto, le erogazioni della seconda, terza quota e
saldo, sono state effettuate a stati di avanzamento ed a consuntivo, dopo che
la banca concessionaria ha verificato la realizzazione della corrispondente parte
di investimenti, mediante la consultazione della documentazione esibita dal
****. Come si è già ampiamente detto, la suddetta verifica è stata viziata da
errore determinato da artifici e raggiri, consistiti nel prospettare e
documentare spese per investimenti in macchinari artatamente gonfiate. Si
sottolinea che le rete degli artifici non si è limitata alla presentazione
delle fatture false, ma è stata così abilmente tessuta a tal punto da far
figurare addirittura il versamento dellintero
importo fatturato e quietanzato, mediante la documentazione di tutti i
passaggi di danaro dalla Modacolor alla Euromec; salvo poi ottenere la
restituzione del sovrapprezzo attraverso il flusso di ritorno, ovviamente
avvenuto sottobanco ed allinsaputa del verificatore.
Lente deputato alla verifica degli investimenti,
propedeutica al rimborso della spesa, è stato in tal modo indotto in errore, ed
in conseguenza dellerrore ha consentito lerogazione del contributo.
E da escludere altresì la configurabilità del reato previsto e punito
dallarticolo 316 bis c.p., quantomeno riguardo alla
erogazione della seconda, terza quota e saldo del contributo statale. La norma
punisce Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto
dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi,
sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla
realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse,
non li destina alle predette finalità. È
evidente perciò che l'art. 316 bis c.p., essendo inteso a reprimere la distrazione
dei contributi pubblici dalle finalità per le quali erano stati erogati, non
può che riferirsi appunto alla malversazione dei contributi distraendoli dal
vincolo di destinazione. Gli art. 316 ter e 640 bis c.p., sono entrambi
destinati a reprimere la percezione di per sé indebita dei contributi,
indipendentemente dalla loro successiva destinazione. Lipotesi di cui allarticolo 316 bis sarebbe
riferibile, al più, in relazione alla prima quota se versata in acconto;
in tal caso infatti prima del versamento non risulterebbe posto in essere alcun
artificio; il beneficiario avrebbe solo successivamente distratto lacconto ricevuto dalla finalità per cui era stato
riconosciuto. Tale configurazione però non si attaglia alle erogazioni della
seconda, terza quota e saldo, effettuate a stati di avanzamento ed a
consuntivo, ovvero subordinatamente alla verifica da parte della banca
concessionaria in ordine alla effettiva realizzazione della corrispondente parte
di investimenti. Come si è già ampiamente detto, il benestare della banca
concessionaria -avvenuto in data 3 dicembre 2001 - ed il conseguente versamento
delle ulteriori quote (non più in acconto, ma a consuntivo) è stato ottenuto
con artifici e raggiri, consistiti nel prospettare e documentare falsamente
alla banca spese per investimenti in macchinari artatamente gonfiate. Dunque
nel caso di specie, linduzione in errore ha
determinato la percezione del contributo; e non si è trattato perciò di una
semplice
malversazione, non preceduta da artifici. LA CONSUMAZIONE DEL REATO. E altresì rilevante stabilire il momento consumativo del
reato, essendo stata eccepita la prescrizione e dovendosi eventualmente altresì
stabilire se ed in quale misura possa applicarsi la confisca per equivalente,
comè noto introdotta con legge n. 300 del 2000. In particolare,
occorre stabilire se, quando le somme siano erogate in più rate o quote, si
versi in ipotesi di reato continuato o viceversa di consumazione
"prolungata". Si è affermato che il momento consumativo del delitto di
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche coincide con
quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine
dell'aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione
prolungata.3 E ciò perché il soggetto agente manifesta sin dall'inizio la
volontà di realizzare un evento destinato a durare nel tempo, e quindi il
momento consumativo del reato coincide con quello della cessazione dei
pagamenti, che segna la fine dell'aggravamento del danno". 4 Nel concreto
caso, dunque si deve precisare che il momento iniziale va individuato nella
realizzazione della condotta truffaldina, consistita nella esibizione delle
fatture false, e nellallestimento della rete di
artifici,
consistiti nella allegazione di quietanza liberatoria, nella documentazione di
pagamenti (che poi sarebbero in parte rientrati sottobanco), tali da indurre in
errore lente verificatore sulla erogabilità della
seconda e terza quota e del saldo; la consumazione coincide con il versamento del
saldo, avvenuto con bonifico del 12 marzo 2003. A partire da questa
data e fino a quella della decisione, non è ancora decorso il termine
necessario a prescrivere e lintera condotta si
è consumata sotto il vigore della legge n. 300 del 2000. Non pertinente appare il
richiamo alla nota decisione che, sempre in tema di erogazioni periodiche, ha
ravvisato la consumazione nel momento costitutivo del rapporto, escludendo la
configurabilità di una consumazione prolungata in relazione alla percezione dei
ratei successivamente maturati. In quel caso infatti, esattamente allopposto della questione controversa in questa sede,
lingiustizia del danno era circoscritta alla fase costitutiva del
rapporto, e non anche al suo successivo svolgimento, connotato comunque da
prestazioni sinallagmatiche la cui remunerazione trovava una ragione nei
principi dellarricchimento sine causa
.5 Invece nel caso oggetto di esame gli artifici e raggiri sono stati posti in
essere, nella fase esecutiva del rapporto, dopo ladozione
del decreto di concessione provvisoria del finanziamento e al fine di ottenere
le quote in stato di avanzamento, la cui erogazione, proprio perché frutto di
una falsa rappresentazione, non poteva in alcun modo essere considerata dovuta. In
conclusione, al cospetto di una montagna di indizi di colpevolezza gravi
precisi e concordanti; e in assenza di spiegazioni alternative dotate di
credibilità razionale, si deve concludere per la compiuta dimostrazione degli
elementi costitutivi del reato contestato. I SOGGETTI. E indubbia lascrivibilità dei fatti a ****,
promotore dellintera vicenda criminosa: in qualità di amministratore
unico della Modacolor conduce le trattative con i fornitori stranieri e
controfirma la corrispondenza in cui indica il soggetto fittiziamente interposto a cui
intestare i macchinari; presenzia alla verifica della spesa da parte della
banca concessionaria, esibendo le false fatture; autocertifica di aver
sostenuto gli investimenti nella misura artificiosamente maggiorata. Tali
circostanze, dimostrano, con evidenza matematica, la riconducibilità al
medesimo **** dei fatti contestati al capo A), sia nella fase della
programmazione, sia in quella della esecuzione. Diversamente è a dirsi per
****, **** e ****. A costoro infatti si contesta il concorso nella fase
esecutiva, rispettivamente consistito, per il ****, nellessersi prestato ad emettere le fatture che
dissimulavano una interposizione fittizia finalizzata a maggiorare i costi e,
per gli altri due, nellaver ricevuto in qualità
di soci della Modacolor alcuni assegni costituenti il flusso di ritorno del
danaro restituito dalla Euromec. Non è neppure contestata alcuna condotta
tipica, bensì un contributo dallesterno su richiesta del dominus dellintera
operazione
criminosa, limitato ad elementi di contorno della fase esecutiva. Il loro
operato assume connotati molto simili al concorso esterno in reati programmati
esclusivamente - ed eseguiti prevalentemente - da terzi. Nella materia sono
stati affermati alcuni principi meritevoli di condivisione anche con
riferimento alla fattispecie esaminata. Comè
noto, il nucleo centrale significativo del concorso di persone nel reato si
fonda sui seguenti principi. La funzione incriminatrice dell'art. 110 c. p.
(mediante
la combinazione della clausola generale in essa contenuta con le disposizioni
di parte speciale che prevedono le ipotesi-base di reato) consente di dare
rilevanza e di estendere l'area della tipicità e della punibilità alle
condotte, altrimenti atipiche, di soggetti "esterni" che apportino un
contributo causalmente rilevante. E
tuttavia necessario, da un lato, che siano realizzati, nella forma consumata o
tentata, tutti gli elementi del fatto tipico di reato descritto dalla norma
incriminatrice di parte speciale e che la condotta di concorso sia oggettivamente
e soggettivamente collegata con quegli elementi; - dall'altro, che il
contributo atipico del concorrente esterno, di natura materiale o morale,
diverso ma operante in sinergia con quello dei partecipi interni, abbia avuto
una reale efficienza causale, sia stato condizione "necessaria" -
secondo un modello unitario e indifferenziato, ispirato allo schema della
condicio sine qua non proprio delle fattispecie a forma libera e causalmente orientate
- per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la
produzione dell'evento lesivo del bene giuridico protetto. La particolare
struttura della fattispecie concorsuale comporta infine, quale essenziale
requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della
rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della
figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio
comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la
volontà di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione
dell'evento lesivo del "medesimo reato".6 Ci si chiede perciò se,
sotto questo profilo, nel quadro della truffa congegnata da ****, i concorrenti
esterni, si siano resi compiutamente conto
dell'efficacia causale della propria attività di sostegno ed abbiano perciò
voluto contribuire alla realizzazione del programma criminoso del principale
autore. Ad avviso del Tribunale residua un margine di dubbio, per il fatto che
il contributo diretto a mascherare la falsa sovrafatturazione poteva essere
diretto anche ad altre finalità, quale ad esempio la frode fiscale; ma già tale
lambivalenza non risolve il dubbio in ordine
alla consapevolezza della truffa di cui al capo A). Oltre a ciò, assume
rilevanza, per solo il ****, lestraneità alla
compagine sociale che si è avvantaggiata dellevento truffaldino; per ****
e **** lestraneità alla vita della stessa compagine, gestita con assoluta
padronanza da ****. Residua perciò un dubbio, esiguo ma ragionevole, sulla
necessaria consapevolezza da parte di **** Eugenio, Speranza Antonietta e ****
in ordine al programma truffaldino, predisposto ed attuato da ****; i tre vanno
mandati assolti dalla contestazione sub A) per non aver commesso il fatto. I
REATI CONTESTATI DA B) a O) . Secondo le contestazioni riassunte in epigrafe,
il signor ****, nella qualità di amministratore unico della Modacolor s.r.l. e
della Tessil Pizzi s.r.l., con lausilio di ****,
****, **** e ****, soggetti che di volta in volta emettevano false fatture,
poneva in essere un sistema diretto ad evadere le imposte attraverso le
cosiddette frodi carosello, indicando nella
dichiarazione dei redditi elementi passivi fittizi riconducibili a fatture per
operazioni soggettivamente inesistenti, relative ad acquisti intracomunitari;
inoltre, non solo evadeva totalmente limposta
sul valore aggiunto, ma addirittura portava artificiosamente in compensazione
il corrispondente importo nel modello F.24, causando un ingiusto danno
allErario.
Quanto al capo B), si tratta delle stesse fatture numeri 1 e 2 del 28/8/2000 e
del 12/10/2000 emesse dalla Euromec di **** in favore della Modacolor, già
superiormente illustrate dal teste ****, e di cui si è ampiamente dimostrata linterposizione fittizia in acquisto intracomunitario;
occorre solo aggiungere che in relazione a tale condotta è stata altresì
acquisita la relativa dichiarazione ai fini IVA da parte della Modacolor e, su
accordo delle parti, la verifica effettuata dalla Guardia di Finanza, prodotta
alludienza del 12 novembre 2008, da cui risulta
invece che la Euromec non ha mai presentato alcuna dichiarazione annuale
relativa ad imposte sui redditi o sul valore aggiunto, risultando evasore
totale. La ricostruzione delle altre condotte è stata affidata alla testimonianza
di ****, maresciallo della Guardia di Finanza, il quale ha illustrato la
documentazione rinvenuta e sequestrata, evidenziando altresì gli ulteriori
elementi di riscontro appurati nel corso delle investigazioni. Il metodo di
accertamento si è basato sul confronto delle operazioni documentate da ciascuna
fattura, con dati extracontabili e con gli esiti di accertamenti e visure. In
particolare, nel corso della verifica fiscale, è stata rinvenuta la fattura
n.17 emessa il 31 ottobre 2001 dalla Euromec nei confronti Tessil Pizzi s.r.l.,
con imponibile pari a euro 346.026,00 oltre Iva del 20% pari a 69.205,00 euro,
per un totale di euro 415.231,00, annotata tra i beni ammortizzabili sul
registro degli acquisti ed avente ad oggetto il macchinario con numero di
matricola 70369. In
proposito il testimone ha precisato che, per mero errore, riconosciuto in sede
di accertamento, sulla fattura era erroneamente riportato il numero di
matricola 76651, benché - come verificato dal riscontro diretto sul macchinario
oggetto di fatturazione - il numero esatto era quello di 70369. Per questa
operazione, è stata scoperta documentazione extracontabile, ed in particolare
la corrispondenza intercorsa dalla Tessil Pizzi e la Karl Mayer, datata 25 ottobre
2001, dove venivano concordati i prezzi di vendita e le modalità di consegna
del medesimo bene strumentale. Il riferimento è al un fax in lingua inglese
spedito dalla Karl Mayer alla Tessil Pizzi in data 23 ottobre 2001, documento
in allegato 103, dove si evidenzia il prezzo dato di 40.000 sterline per
ciascun telaio; inoltre altro fax in lingua italiana datato 25 ottobre 2001,
proveniente dalla ditta Orsi, rappresentante italiana della stessa fornitrice,
diretto alla Tessil Pizzi in cui si conferma il prezzo di 80.000 sterline per
due telai (allegato 104). Dopo pochi giorni, e precisamente il 29 ottobre 2001,
la Karl Mayer conformemente agli
accordi raggiunti con il **** -, emetteva fattura alla Euromec, avente ad
oggetto lo stesso macchinario con matricola 70369, ceduto al prezzo di 40.000
sterline (allegato 105). Linterposizione fittizia
della Euromec, è stata ulteriormente riscontrata dal ritrovamento del documento
in allegato 106, relativo a una corrispondenza in lingua inglese intercorsa tra
la Tessil
Pizzi e Mister Lener, in cui la società amministrata dal **** richiedeva
letteralmente alla Karl Mayer: per il momento
registra solo la macchina con matricola numero 70369 nella seguente maniera:
spedisci la fattura per il pagamento a noi, al numero 0984/937156, ma
registra la fattura intestandola alla Euromec s.r.l.. In sintesi con riferimento al macchinario 76369,
contabilmente risulta che Tessil Pizzi ha acquistato da Euromec per il prezzo
complessivo di euro 415.231,00 Iva compresa; laddove invece, sulla base
dei documenti extracontabili, relativi alle fasi delle trattative e di
esecuzione del contratto, è stato accertato che il prezzo corrisposto
direttamente da Tessil Pizzi al fornitore estero era di sterline 40.000,
facendo figurare come acquirente la Euromec fittiziamente interposta. Lo stesso
modus operandi è stato constatato nei rapporti tra la Tessil Pizzi,
amministrata da ****, e la Ital Mec di ****. I fatti accertati sono documentati
dagli allegati al verbale di constatazione del 27 dicembre 2004 (documento
101). Il teste ha aggiunto che nel corso della verifica è stata rinvenuta la
fattura n.133 del 31 ottobre 2001 con riferimento al macchinario con matricola
76326, emessa dalla Ital Mec nei confronti della Tessil Pizzi, con un imponibile
di 703.000.000 di lire, oltre Iva al 20% per lire 140.600.000, bene acquistato
con il credito d'imposta di cui all'articolo 8 della legge 388 del 2000,
mediante presentazione del modello F24 del mese di novembre 2001. Contabilmente
la Italmec apparente fornitore - riceveva da Tessil Pizzi,
per questo macchinario, un importo complessivo di lire 843.600.000, Iva
compresa (documento 101/all.32). Nella documentazione ritrovata nel corso della
verifica, si evidenziava un riscontro extracontabile tra la Tessil Pizzi e la
Intermediazioni service, attinente ad una richiesta di leasing per l'acquisto
di alcuni macchinari tra cui anche quello in oggetto, con numero di matricola 76326. In questa
richiesta, la Tessil Pizzi rappresentava alla Intermediazioni service la
richiesta di un leasing per l'acquisto di tre telai usati per un importo
complessivo di 910.000 marchi tedeschi. Veniva riportato dettagliatamente il
costo di ciascun telaio e, con riferimento a quello numero 76326, si indicava
il prezzo di 340. 000 marchi tedeschi, e l'anno di fabbricazione del 1991
(documento 101/all.34). Un altro riscontro extracontabile era costituito dal
documento di trasporto di questo bene strumentale, redatto dalla commerciale di
****, avente come destinatario la Italmec, ma come luogo di destinazione, la
sede della Tessil Pizzi (documento 101/all.34). In sintesi, con riferimento al
macchinario 76326, contabilmente risulta che Tessil Pizzi ha acquistato da Ital
Mec per il prezzo complessivo di lire 843.600.000, Iva compresa; laddove
invece, sulla base dei documenti extracontabili, relativi alle fasi delle
trattative e di esecuzione del contratto, è stato accertato che il prezzo
corrisposto direttamente da Tessil Pizzi al fornitore estero era di sterline
340.000 marchi tedeschi, facendo figurare come acquirente la Ital Mec
fittiziamente interposta. Sempre in relazione ai rapporti con la Ital Mec, è
stata rinvenuta la fattura n.163, emessa il 30 novembre 2001, per un importo di
euro 434.000, con Iva al 20%, regolarmente annotata nella contabilità della
Tessil Pizzi, avente ad oggetto il macchinario per la tessitura di filo con
matricola 71556 (allegato 19 al verbale di sequestro del 27/12/04). Il dato
extracontabile è costituito dalla corrispondenza intercorsa tra la Tessil Pizzi
e la Orsi (rappresentante sul territorio nazionale della fornitrice tedesca
Karl Mayer) che riportava letteralmente il seguente accordo: "come da
accordi telefonici tra il signor **** e il signor Trivero, confermiamo l'ordine
relativo alle tre macchine Mayer per il prezzo complessivo di 315.000 marchi.
Di seguito indichiamo il numero di matricola dei macchinari oggetto
dell'ordine: matricola n. 70821, 71556 e 71557
(documento 101/all.27). Dalla lettura della corrispondenza, emerge chiaramente
che laccordo contemplava lacquisto
effettuato da Tessil Pizzi direttamente dalla Karl Mayer (rappresentata dalla
Orsi), avente ad oggetto tre macchinari con matricole numero 7821, 71556
e 71557 al prezzo complessivo di 315.000 marchi tedeschi. Per queste
macchine, oltre alla suindicata fattura 163 relativa al solo macchinario
71556, sono state rinvenute, la fattura n.183 del 31 dicembre 2001, emessa
dalla Italmec nei confronti di Tessil Pizzi, per il corrispettivo di lire 840.
000. 000, avente ad oggetto il macchinario con matricola 70821 (documento
101/all.26); nonché la fattura n.99 del 31 dicembre 2001, emessa dalla SIRT
s.r.l. nei confronti della stessa Tessil Pizzi, per il corrispettivo di lire
841.200.000, avente ad oggetto il macchinario con matricola 71557, descritto
come nuovo (documento 101/all.26). In sintesi, a fronte di un prezzo contabile,
per le tre macchine, di circa 2 miliardi e 100 milioni di vecchie lire, oltre
IVA, apparentemente versati dalla Tessil Pizzi ai soggetti fittiziamente
interposti, risalta un dato extracontabile relativo ad un prezzo di appena
315.000 marchi tedeschi (circa 320 milioni di lire) corrisposto dalla stessa
Tessil Pizzi alla fornitrice estera Karl Mayer. Le fatture emesse dai soggetti
fittiziamente interposti, venivano considerate ai fini della determinazione del
credito d'imposta, utilizzato in compensazione dei debiti di imposta nei
modelli F24 presentati, secondo lo schema riassuntivo riportato a pagina 18 del
verbale di constatazione (documento 101). Il teste ha poi riferito, in
relazione al macchinario di cui alla fattura n.133, che il telaio risultava
essere dellanno 1991 e quindi che lo stesso era
presumibilmente usato; pertanto, non poteva essere considerato nella
determinazione del credito di imposta, posto che la legge 388/2000
istitutiva della agevolazione, stabilisce che la fruizione della stessa è
subordinata alla condizione che lacquisto
abbia ad oggetto beni strumentali nuovi. Lo stesso modus operandi è stato
constatato nei rapporti tra la Tessil Pizzi, amministrata da ****, e la
Edil Mec s.r.l. di ****. Il teste ha fatto specifico riferimento alle modalità
di acquisto di quattro telai per la lavorazione di materiale tessile, con
numeri di matricola 70491, 70494, 68874, 68883. Per questi, ha richiamato la
fattura in acconto n. 40 del 17 giugno 2002, emessa dalla Edil Mec alla Tessil
Pizzi per un imponibile pari a euro 50.000,00 oltre IVA al 20%, e perciò di
importo complessivo pari a euro 60.000,00 ; oltre a ciò, la fattura a saldo n.
55 del 29 giugno 2002, emessa per un importo complessivo di 1.086.000,00 euro,
oltre ad IVA con aliquota del 20% e pari a 217.200,00 euro, e quindi
complessivamente 1.303.200,00 euro (allegati 12 e 13 del verbale di sequestro
27/12/2004). A fronte del suddetto dato contabile, è stato trovato, quale
riscontro extracontabile della operazione oggettivamente inesistente, la
corrispondenza tra la Twistex con sede in Francia e la Tessil Pizzi, rivolta
all'attenzione del signor ****, dove era scritto testualmente: "Carissimo
Signor ****, come promesso, le spediamo qui inclusi i documenti seguenti:
fattura numero 9092 e documento di trasporto
(allegati 110 111 e 112). Nella fattura della Twistex - acquisita in
allegato 111- formalmente intestata alla Edil Mec, avente ad oggetto i
macchinari con matricola 70491 - 70494 - 68874 e 68883, era riportato il
prezzo complessivo di euro 278.000,00 per i quattro telai comprensivi di
accessori. Veniva altresì rinvenuto la documentazione relativa alla Packing
list, comprovante la consegna direttamente dal fornitore estero alla Tessil
Pizzi (documenti prodotti dal P.M. alludienza
del 7/6/2008). In sintesi, per gli stessi telai, è stata rinvenuta
documentazione extracontabile comprovante l'acquisto presso fornitori esteri
per il prezzo complessivo di euro 278.000,00, laddove invece contabilmente
risulta che la Tessil Pizzi ha corrisposto alla Edil Mec limporto complessivo di euro 1.326.200,00. Oltre alle
due fatture nn. 40 e 55 per i quattro macchinari, è stata ritrovata la fattura
n. 154 per un quinto macchinario con matricola numero 77391 emessa dalla Edil
Mec nei confronti della Tessil Pizzi in data 31 dicembre 2002 per imponibile di
160.000,00 euro, oltre Iva al 20%, e quindi complessivamente di 192.000,00
euro. Il riscontro extracontabile è costituito dai documenti acquisiti ai
numeri 107, 108 e 109. Il 107
ha ad oggetto documentazione attestante la
corrispondenza intercorsa tra la Tessil Pizzi e la Orsi (rappresentante Karl
Mayer), nella quale si specifica: in
riferimento alla macchina con matricola 77391, anno 1992, confermiamo l'acquisto per
euro 72. 000,00. Il documento in allegato
108 riguarda la corrispondenza intercorsa tra la Tessil Pizzi e la Karl Mayer
in lingua inglese, del seguente tenore : vi comunichiamo le nostre
referenze in merito alla fattura numero 02/1471 da intestare non alla Tessil Pizzi ma
alla seguente società : Edil Mec s.r.l. . Ed
in effetti, seguiva lemissione della fattura 02/1471 relativa allo stesso
macchinario n. 77391, redatta secondo le indicazioni fornite dalla Tessil Pizzi, per un
corrispettivo di euro 72.000,00, e dove, nello spazio riservato alla
destinazione, era riportata una correzione da Tessil Pizzi in Edil Mec s.r.l
(allegato 109). ALTRI DOCUMENTI. Oltre ai documenti richiamati dal teste Lo
Martire nel corso della sua deposizione, contenuti nel fascicolo del
dibattimento ai numeri di allegazione sopra indicati, sono stati altresì
acquisiti i seguenti. - Le dichiarazioni annuali relative alle imposte sui
redditi e sul valore aggiunto, relative alla Modacolor ed alla Tessil Pizzi dei
periodi in contestazione, acquisite ai sensi dellarticolo
507 c.p.p alludienza del 3/12/08, perché costituenti corpo del reato. - I
modelli F24 utilizzati anche per la compensazione del credito di imposta ex
lege n.388/2000 relativi alla Tessil Pizzi s.r.l., prodotti alludienza del 12/11/08. - Le visure effettuate nei
confronti della Euromec s.r.l. e della Edil Mec s.r.l., attestanti
lomessa presentazione delle dichiarazioni ai fini Iva e imposte sui
redditi, per lintero periodo della loro attività di esercizio, acquisite
previo consenso delle parti
alludienza del 12/11/08. - Il verbale di constatazione redatto dalla
Guardia di Finanza in data 27/12/04. LA VALUTAZIONE IN FATTO. Le prove raccolte
dimostrano, con assoluta certezza, che limputato
****, dominus della Modacolor e della Tessil Pizzi, si approvvigionava di
macchinari da paesi comunitari facendo figurare come acquirente non già il
destinatario finale ed effettivo della merce ma un soggetto giuridico fittizio,
all'uopo predisposto;
questo era anche quello tenuto, in quanto primo acquirente sul territorio dello
Stato, a riscuotere l'IVA all'atto della rivendita dei macchinari e a versarla
all'Erario. Ma in realtà si trattava di un soggetto esistente solo sulla carta,
destinato in modo preordinato a non versare l'IVA, il cui importo era così
rimesso al destinatario effettivo della merce con la conseguente evasione. Come
emerge dalla testimonianza del ***, dai documenti extracontabili, e dai dati
oggettivi contenuti nel verbale di constatazione, le relative fatture emesse
per gli stessi macchinari dal soggetto fittiziamente interposto, con importi
pure artificiosamente maggiorati, risultavano regolarmente annotate in
contabilità ed utilizzate per documentare elementi passivi fittizi, indicati
nella dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e sul valore aggiunto
presentata da ****, in nome e per conto delle due società, Modacolor e Tessil
Pizzi, dal medesimo rappresentate. Quanto allinterposizione
fittizia, che mascherava linesistenza a livello
soggettivo delle operazioni riportate nelle fatture sopra richiamate, la stessa
si desume, per la Euromec dai numerosissimi indizi dotati di gravità precisione
e concordanza, già illustrati nella disamina della condotta contestata al capo A).
Per quanto riguarda linterposizione fittizia
delle altre società che apparentemente sono intervenute nellacquisto di
macchinari allestero, valgono le seguenti osservazioni, utili a
dissolvere ogni dubbio sul fatto che lacquisto dei predetti macchinari
sia stato effettuato direttamente da ****, in rappresentanza delle società da
lui amministrate. Egli infatti, nella predetta qualità, ha gestito lintera fase esecutiva del rapporto contrattuale,
ponendosi come interlocutore esclusivo e soggetto direttamente obbligato anche in
relazione ai pagamenti. Sono state addirittura rinvenute presso la Modacolor e
la Tessil Pizzi le lettere con cui si concordano i prezzi, il luogo e le
modalità di consegna presso il vero acquirente; e si richiede che lintestazione dei documenti contabili venga effettuata
in nome di un soggetto del tutto estraneo alle trattative. Per tutte le fatture
emesse dai soggetti interposti, si assiste ad una pedissequa ripetizione dei
dati, salvo il prezzo che viene artificiosamente gonfiato rispetto a quelle
provenienti dal fornitore estero, senza alcun accenno ad interventi di
adeguamento o di mera installazione ascrivibili al terzo interposto. Le liste
di consegna dei macchinari, ovvero la Paking list compilata dalla fornitrice
estera recavano come destinatario direttamente la Modacolor e la Tessil Pizzi;
escludendosi perciò un passaggio intermedio presso ipotetici impianti degli
interposti. Per due di queste, ricorre un altro elemento particolarmente
significativo del fatto che si trattasse esclusivamente di società cartiere: come accertato dalla Guardia di
Finanza (verifica di cui al verbale del 5/11/2008, acquisita alludienza
del 12/11/2008 con il consenso delle parti), sia la Euromec che la Edil Mec,
per lintera durata della propria attività, non presentavano alcuna
dichiarazione ai fini IVA e Imposte dirette, risultando evasori totali. Tutto
ciò sta a dimostrare il completo asservimento alle finalità illecite intessute
dal **** per evadere le imposte, con il meccanismo della cosiddetta frode carosello. La difesa, con riferimento ai
reati fiscali, peraltro prossimi alla prescrizione, si è limitata ad aggiungere
in punto di fatto che gli accertamenti della Guardia di Finanza,
sarebbero stati smentiti da una decisione della Commissione Tributaria
Provinciale, prodotta in giudizio. E noto
che sussiste assoluta indipendenza tra i due giudizi, come si desume altresì
dal tenore dellarticolo 654 c.p.p.; tuttavia, per sola completezza,
occorre comunque ribadire che non possono essere condivise le argomentazioni
contenute nella sentenza, un po originale, con
cui la Commissione Tributaria si è limita ad escludere lipotizzata
inesistenza delle operazioni, sol perché i macchinari vennero trovati presso la
sede della Tessil Pizzi, trascurando che la contestazione riguardava linterposizione fittizia strumentale ad una frode
carosello, e quindi linesistenza soggettiva delloperazione,
accompagnata da evasione dellIVA, mai versata dalla società
cartiera, ed invece addirittura compensata nel modello F 24 dalla
effettiva acquirente. LA VALUTAZIONE IN DIRITTO. I reati tributari contestati
ai prevenuti e compiutamente accertati nelle componenti fattuali sono quelli
dati sia dalla "emissione" che dalla "utilizzazione" delle
fatture per operazioni inesistenti, fatture registrate nella contabilità del
soggetto utilizzatore e confluite fra i costi rilevanti nella predisposizione
delle dichiarazioni dei redditi presentate. Levasione
dellimposta sul valore aggiunto si è realizzata attraverso linterposizione di società "cartiere"
destinate ad apparire, attraverso lemissione di fatture di vendita nei
confronti delle società effettive destinatarie degli acquisti, debitrici
dellIva verso lErario, imposta poi indebitamente mai versata, con conseguente
danno patrimoniale a carico dello stesso Erario. Oltre a ciò è stato accertato
che il **** ha portato in compensazione, quale credito di imposta derivante
dallacquisto di macchinari ammessi al beneficio di
cui alla legge 388/2000, quello calcolato utilizzando gli importi risultanti dalle
fatture artificiosamente gonfiate. I punti controversi in diritto, riguardano
essenzialmente la configurabilità del concorso di reati tra il delitto di cui
allarticolo 2 D.Lvo 74/2000, contestato ai capi B), C) e D, e
quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art.
640 bis c.p., contestato al capo A). Non sorgono dubbia sulla effettiva
ravvisabilità del concorso. Infatti, come insegna la Suprema Corte, il delitto
di frode fiscale può concorrere, attesa l'evidente diversità del bene giuridico
protetto, con quello di truffa comunitaria, purché allo specifico dolo di
evasione si affianchi una distinta ed autonoma finalità extratributaria non
perseguita dall'agente in via esclusiva, essendo diversi i soggetti passivi
tratti in errore e diversi i patrimoni aggrediti; e specificamente nel caso in
cui un soggetto ottenga, attraverso l'artificio di utilizzare fatture passive
per operazioni inesistenti, oltre ad un indebito rimborso dell'imposta sul
valore aggiunto e/o il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta,
anche la concessione di un contributo pubblico per l'acquisto di beni
strumentali. 7 Il principio è stato recentemente confermato, con riguardo ad un
caso assolutamente corrispondente a quello in esame -
in cui le fatture erano state emesse da una società fittiziamente fatta
figurare come acquirente di merci provenienti dall'estero e quindi tenuta a
riscuotere, all'atto della rivendita, l'IVA dovuta per l'importazione, per
versarla quindi all'Erario; adempimento, questo, che, però, risultava
sistematicamente omesso, con la conseguenza che le relative somme venivano
incamerate dagli effettivi destinatari delle merci importate.8 Più problematica
è la questione relativa alla configurabilità del concorso tra il delitto di cui
allarticolo 2 D.Lvo n.74/2000 e la truffa
aggravata ai danni dello Stato, contestata ai capi G), H), I), L), relativa
alla illecita compensazione nel modello F24 del credito di imposta determinato
sulla
base delle fatture emesse da soggetti fittiziamente interposti, con artificiosa
maggiorazione degli importi addebitati, posto che in entrambe le ipotesi unico
obiettivo dellautore è quello di evadere
le imposte; questione sollevata in discussione dalla difesa ****.
Sul punto si alternano in giurisprudenza due orientamenti. Recentemente si è
affermato che in tema di rapporti fra il reato di frode fiscale, di cui
all'art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, e quello di truffa aggravata in danno
dello Stato, di cui all'art. 640, comma secondo, n. 1, c. p., se per un verso
deve escludersi che operi il principio di specialità di cui all'art. 15 c. p.
(mancando l'identità naturalistica del fatto, dal momento che la frode fiscale
richiede un artificio peculiare mentre la truffa, dal canto suo, richiede
l'induzione in errore ed il danno, indifferenti per il reato tributario), deve
per altro verso riconoscersi l'operatività del principio di consunzione, per il
quale è sufficiente l'unità normativa del fatto, desumibile dall'omogeneità tra
i fini dei due precetti, con conseguente assorbimento dell'ipotesi meno grave
in quella più grave; condizione, questa, riconoscibile, nella specie, per il
fatto che l'apprezzamento negativo della condotta è tutto ricompreso nella più grave
ipotesi di reato, costituita dalla frode fiscale.9 La ratio sottesa alla
suddetta ricostruzione è nel senso che qualsiasi condotta di frode al fisco, se
non intende realizzare obiettivi diversi, non può che esaurirsi all'interno del
quadro sanzionatorio delineato dalla apposita normativa. Incidentalmente si
evidenza che pure in questa impostazione è comunque assodato che allorquando,
attraverso l'attività di una società "cartiera", oltre allevasione del tributo (o allindebito rimborso), si
perseguono
finalità ulteriori - tipica l'ipotesi della emissione di false fatture per
consentire ad un operatore di ottenere indebitamente contributi, comunitari e
non - è evidente che non potrà sussistere alcun problema di rapporto di
specialità fra norme, venendo in discorso una condotta finalisticamente
"plurima" e tale da ledere o esporre a pericolo beni fra loro
differenti. E tuttavia prevalente la
tesi - qui condivisa - secondo cui, non sussistendo rapporto di specialità tra
il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, comma secondo,
c. p.) consumata a mezzo della indebita evasione dell'IVA e quello di frode
fiscale, è comunque ipotizzabile il concorso di reati, sia perché il secondo
non include o comprende tutti gli elementi del primo, sia perché si tratta di
fattispecie volte alla tutela di interessi diversi, sia, infine, perché -
quanto alla loro oggettività - nel reato di frode fiscale non occorre
l'effettiva induzione in errore dell'Amministrazione finanziaria né il
conseguimento dell'ingiusto profitto con danno dell'Amministrazione.10 Occorre
infatti sottolineare, soprattutto a livello di interpretazione letterale, che
nella frode fiscale, diversamente dalla truffa ex art. 640 co.1 c.p., non
occorre la effettiva induzione in errore dell'amministrazione finanziaria ne'
il raggiungimento dell'ingiusto profitto con danno dell'amministrazione;
inoltre, diverso è il profilo soggettivo, cioè il dolo che, nel reato
tributario è configurato nella forma del "dolo specifico" di evasione
fiscale e in quello di truffa nella forma della consapevolezza e volontà
dell'ingiusto profitto patrimoniale effettivamente conseguito. Le differenze di
struttura determinano indubbie conseguenze nel giudizio di merito sulle
condotte in concreto accertate. Nel caso in esame, ad esempio, la fattispecie
criminosa contestata ai capi B, C, D è integrata dalla presentazione della sola
dichiarazione fraudolenta che non implica necessariamente né linduzione in errore e tantomeno il verificarsi
dellevento evasivo. Nella ipotesi corrispondente ai reati contestati ai
capi G), H), I), L), sussiste anche linduzione
in errore, avendo il **** portato in compensazione nel Mod. F24 crediti di
imposta la cui insussistenza lAmministrazione finanziaria non avrebbe
potuto desumere dal controllo automatico del modello, essendo gli stessi
determinati sulla base di fatture riportanti imponibili artificiosamente
gonfiati. Infatti, ai sensi dellarticolo 36 bis
del DPR n.600/73, il controllo automatico dei versamenti effettuato
dallamministrazione finanziaria avviene sui dati forniti dal contribuente.
Liter argomentativo presenta profili di analogia
con la linea di demarcazione tracciata dalle Sezioni Unite in diverso settore,
e precisamente nel rapporto tra la sfera di applicazione dellarticolo 316 ter c.p.
e quella dellarticolo 640 bis, dove
lautonomia delle due figure come si è ampiamente illustrato in
precedenza è appunto segnata dal discrimine della induzione in errore
Del resto, la linea di politica criminale che ha ispirato il legislatore nel
dettare le linee portanti della modifica al D.Lgs. n. 74 del 2000 è nel senso
di dare autonomia anche alla condotta diretta alla illecita compensazione del
credito di imposta, come si ricava dalla introduzione dellarticolo 10 quater, in vigore dal 4/7/2006. Levento lesivo per lErario è dato dallomesso
versamento di imposte a debito compensate con crediti non spettanti o
inesistenti. I SOGGETTI. Per i fatti accertati, **** risponde di tutti i reati
contestati, avendo personalmente presentato le dichiarazioni fraudolente; indotto
in errore lAmministrazione finanziaria in ordine alla
compensazione del credito di imposta derivante dallacquisto dei
macchinari di cui alle false fatture, ottenendo lingiusto profitto dello
sgravio fiscale con pari danno per lErario. Per i
soggetti che hanno emesso le fatture false, ricorre solo la fattispecie
prevista e punita dallarticolo 8 D.Lgs. 74/2000, contestata e accertata
nei confronti di *** e *** (capi N e O); va invece esclusa per tutti, in
concreto,
la partecipazione nella truffa, dovendosi ritenere non provata la loro
consapevolezza riguardo alla successiva utilizzazione dei documenti da parte
del ****. E utile ricordare che già in linea
teorica si può ben affermare che - come ha sottolineato la Corte Costituzionale
- , il legislatore ha perpetuato, in via di eccezione, il vecchio modello
punitivo in rapporto alla emissione di fatture per operazioni inesistenti,
continuando a reprimere, con il più volte citato D.Lgs. n. 74 del 2000, art.
8 una condotta meramente preparatoria alla evasione; e ciò per ragioni
essenzialmente riconducibili alla ritenuta necessità di reprimere il fenomeno
delle cosiddette "cartiere".11 Peraltro - ha ancora soggiunto il
Giudice delle leggi - proprio a sottolineare la eccezionalità di tale
deviazione dalle linee guida della riforma, con l'art. 9 dello stesso decreto
ha testualmente escluso "la configurabilità del concorso dell'utilizzatore
stesso nel fatto dell'emittente: concorso altrimenti ravvisabile nella generalità
dei casi, a fronte dell'accordo tra i due soggetti, normalmente sottostante
all'emissione delle false fatture". Ma ha altresì escluso - e il dato
assume non poco significato, agli effetti che qui rilevano - che l'emittente di
fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il
medesimo, possa essere punibile a titolo di concorso nel reato di frode fiscale
di cui all'art. 2 dello stesso decreto, proprio perché trattasi di attività
prodromica. Tale connotazione, evidenzia la necessità di ulteriori elementi, in
concreto non ravvisati, dovendosi, perciò escludere che la mera emissione possa
comunque svelare la consapevolezza della successiva utilizzazione che abbia
inteso farne il soggetto che ha ricevuto la fattura. ****, ****, **** e ****
vanno perciò mandati assolti dalle contestazioni di cui ai capi G), H), I), L)
per non aver commesso il fatto LE PENE E stata
dunque accertata la colpevolezza di **** in ordine a tutti i reati a lui
contestati; di **** e ****, per i soli capi N) e O) rispettivamente ascritti.
Sotto il profilo sanzionatorio, con riferimento alla posizione del ****,
occorre innanzitutto ritenere la continuazione tra i reati ascritti, perché
realizzati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ravvisabile in considerazione
della consequenzialità funzionale ed anche temporale tra le condotte. Possono
concedersi al prevenuto le circostanze attenuanti generiche, per ragioni di
adeguamento della pena alla concreta gravità del fatto e considerata la sua
incensuratezza. Tenuto conto della gravità del danno provocato allo Stato, dellintensità del dolo connesso ad un programma criminoso
perseguito con particolare pervicacia, delle plurime violazioni, anche gravi,
poste in essere, si stima di giustizia la pena di anni tre (3) di
reclusione (così determinata: pena base per il reato sub A) = anni 3; - 62 bis
c.p. = anni 2; + art.81 = anni 3). Segue, ope legis, lapplicazione delle pene accessorie di cui all'articolo
12 decreto legislativo 74/2000, comma 1, nella durata di anni 2 (due) per
quelle temporanee. Accertata la colpevolezza in ordine al reato previsto e
punito dellart. 640 bis c.p., va disposta la confisca per
equivalente del compendio sequestrato, fino allammontare delle
contribuzioni che risultano elargite in conseguenza della condotta fraudolenta,
nella misura precisata nel decreto ministeriale di concessione definitiva. In
proposito, si rammenta che, nel caso di specie, la confisca per equivalente può
incidere su tutti i beni in sequestro, anche per quelli non intestati
formalmente al ****, la cui disponibilità è comunque assolutamente ascrivibile
al predetto. Si è ampiamente dimostrato che egli è il dominus della Modacolor,
società a base familiare, dove gli altri congiunti sono apparsi come pedine
inconsapevoli nelle mani del medesimo. Come si è ampiamente detto, costoro,
infatti, su disposizioni impartite dal ****, hanno ricevuto assegni costituenti
il flusso di ritorno del danaro dalle società cartiere, riversandolo nelle
casse sociali come apporti in conto capitale. Dunque, se è vero che il loro
concorso materiale è apparso inconsapevole, data lassoluta predominanza dellamministratore, a tal
punto da essere assolti dalla contestazione; per la stessa ragione gli stessi
non possono essere considerati sostanzialmente titolari di quote o altri beni il
cui valore è stato costituito con apporti di derivazione illecita, procurati
dalla condotta fraudolenta dellamministratore. In
proposito è chiara la volontà del legislatore di sottoporre a confisca tutto
ciò di cui
il reo ha la disponibilità, per un valore
corrispondente al profitto (art. 322 ter c.p.). Non altrimenti la
giurisprudenza ha inteso il precetto osservando che la misura può estendersi ai
beni comunque nella disponibilità di fatto, senza che a tal fine possano
rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile per regolare i rapporti
interni. 12 Daltro canto, la confisca
di beni per un valore equivalente al profitto del reato di truffa aggravata per
il conseguimento di erogazioni pubbliche, può essere emesso nei confronti della
persona fisica concorrente con una società a r.l., pur se il profitto sia stato
interamente acquisito dalla società concorrente, che non è estranea al reato ed
ha un titolo autonomo di responsabilità, dal momento che vige, data la natura
sanzionatoria della confisca per equivalente, il principio solidaristico
secondo cui l'intera azione delittuosa e l'effetto conseguente sono imputati a
ciascun concorrente. 13 Per **** e **** colpevoli dei reati di cui ai capi n) e
o), rispettivamente ascritti, e possono ugualmente concedersi le attenuanti
generiche, ritenendosi di giustizia la pena di anni 1 (uno) di reclusione per
ciascuno (pena base = anni 1 e mesi 6; - 62 bis = anni 1), con le sanzioni
accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/00, comma 1, nella
durata minima per quelle temporanee. Può essere comunque formulata una prognosi
favorevole alla concessione dei doppi benefici, sulla base della loro
incensuratezza e della funzione di emenda conseguente alla presente condanna.
Segue per legge la condanna dei tre imputati ****, **** e **** al pagamento
delle spese processuali LILLECITO AMMINISTRATIVO
capo A bis. Alla Modacolor s.r.l. si contesta lillecito
amministrativo ex art. 24 D.Lgs. 231/01, perché nellinteresse e a vantaggio
della stessa, lamministratore unico ****,
poneva in essere la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni
pubbliche, prevista e punita dallarticolo 640 bis c.p., facendole
ottenere contribuzioni da parte dello Stato in misura di euro
4.116.971,31, erogate in più tranches dal 3 gennaio 2000 al 12 febbraio 2003.
IL QUADRO NORMATIVO. La responsabilità degli enti collettivi "per gli
illeciti amministrativi dipendenti da reato" è disciplinata dal d. lgs.
8/6/2001 n. 231 che rappresenta l'epilogo di un lungo cammino volto a
contrastare il fenomeno della criminalità d'impresa, attraverso il superamento
del principio, insito nella tradizione giuridica nazionale, societas delinquere
non potest e nella prospettiva di adeguare la normativa interna a quella
internazionale. La legge delega n. 300/2000, infatti, ha ratificato e dato
attuazione: - alla Convenzione OCSE 17/12/1997, che - all'art. 2- obbligava gli
Stati aderenti ad assumere "le misure necessarie a stabilire la
responsabilità delle persone morali" per i reati evocati nella stessa
Convenzione. - al secondo protocollo
della Convenzione PIF, il cui art.3 dettava, in tema di responsabilità degli
enti, direttive più puntuali, distinguendo due ipotesi, a seconda che il reato
fosse stato commesso
da soggetti in una posizione dominante (basata sul potere di rappresentanza,
sull'autorità di prendere decisioni, sull'esercizio del controllo in seno alla
persona giuridica) ovvero da soggetti in posizione subordinata (che, per carenza
di sorveglianza o controllo da parte dei soggetti apicali, avessero reso
possibile la perpetrazione del reato a beneficio della persona giuridica). Si
tratta di una innovazione legislativa particolarmente importante, dunque, che
segna il superamento del principio societas delinquere et puniri non potest. Ne
è risultata un'architettura normativa complessa che evidenzia una fisionomia
ben definita, con l'introduzione nel nostro ordinamento di uno specifico ed
innovativo sistema punitivo per gli enti collettivi, dotato di apposite regole
quanto alla struttura dell'illecito, all'apparato sanzionatorio, alla
responsabilità patrimoniale, alle vicende modificative dell'ente, al
procedimento di cognizione e a quello di esecuzione; il tutto finalizzato ad
integrare un efficace strumento di controllo sociale. Nella ratio ispiratrice
della profonda innovazione introdotta dalla L. n. 231 del 2001, l'ente collettivo è
considerato il vero beneficiario della condotta criminosa materialmente
commessa dalla persona fisica che lo rappresenta o opera nel relativo
interesse. Seppure si debba considerare la responsabilità creata dalla norma
come un "tertium genus", risultante dalla fusione dei principi della
responsabilità amministrativa con principi e concetti propri della sfera
penale, la sanzione a carico della persona giuridica postula innanzitutto il
presupposto oggettivo che il reato sia commesso nell'interesse dell'ente da
persone che agiscono al suo interno (articolo 5): con esclusione, quindi, dei
fatti illeciti posti in essere nel loro interesse esclusivo, per un fine
personalissimo o di terzi, ovvero condotte estranee alla politica di impresa. A
ciò il legislatore ha inteso affiancare, in sede di normazione delegata, un
ulteriore requisito di natura soggettiva, in qualche modo assimilabile ad una
sorta di "culpa in vigilando" consistente nella inesistenza di un
modello di organizzazione, gestione o controllo idonei a prevenire i reati,
similmente ai modelli statunitensi dei "compliance programmes". Il
requisito riguarda anche i reati commessi dal personale dirigente: e ciò
contraddistingue il nostro sistema nel panorama giuridico comparato,
improntato, piuttosto, alla teoria della identificazione pura. Non è stato
quindi riprodotto dalla L. n. 231 del 2001, il principio dell'automatica
derivazione della responsabilità dell'ente dal fatto illecito del suo
amministratore (a differenza, ad es., che in Francia, ove vige la
responsabilità riflessa), in deroga al principio di identificazione, pur
connaturale alla rappresentanza organica, valido, in tesi generale, per ogni
rapporto, negoziale e processuale. Lestensione
della responsabilità alla persona giuridica, dovuta a profili ed esigenze di
general-prevenzione, è altresì bilanciata da una ulteriore garanzia che ne deve
rappresentare il contraltare: la condizione che la commissione dei reati sia
rivolta "nell interesse o a
vantaggio" delle persone giuridiche e delle società, chiamate a
rispondere. Con queste premesse, si è recentemente affermato in giurisprudenza
che lespressione evidenziata non contiene un'endiadi, perché i termini hanno
riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse
"a monte" per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e
magari non realizzato, in conseguenza dell'illecito, da un vantaggio
obbiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non
prospettato "ex ante", sicché l'interesse ed il vantaggio sono in
concorso reale. 14 Rispetto a questo quadro normativo la difesa ha sollevato le
seguenti eccezioni di incostituzionalità: disparita di trattamento rispetto allimpresa individuale e violazione del diritto di difesa
per la rappresentanza processuale conferita allamministratore
giudiziario. Ritiene il Tribunale che i prospettati dubbi di costituzionalità
siano manifestamente
infondati ed inammissibili. La prima questione è davvero inconsistente, per la
semplice ragione che nellimpresa individuale non si
ravvisa altro soggetto giuridico distinto dal titolare persona fisica, tenuta
ovviamente a rispondere. La seconda è stata rimessa negli stessi termini
alla Corte15, la quale, con una pregevole ordinanza, ne ha dichiarato la
manifesta inammissibilità; e qui certamente non potrebbe darsene migliore
spiegazione. In applicazione dei suddetti principi alla fattispecie in esame,
nessun dubbio che ****, amministratore unico della Modacolor, rientri tra i
soggetti che il D.Lgs. n. 231 del 2001, articolo 5, definisce in posizione
apicale ("le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di
amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa
dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano,
anche di fatto, la gestione ed il controllo dello stesso"). Anzi, si può
affermare che egli ne è il dominus, promotore dellintera vicenda criminosa: in qualità di
amministratore unico della Modacolor conduce le trattative con i fornitori
stranieri e controfirma la corrispondenza in cui indica il soggetto
fittiziamente interposto a cui intestare i macchinari; presenzia alla verifica
della spesa da parte della banca concessionaria, esibendo le false fatture;
autocertifica di aver sostenuto gli investimenti nella misura artificiosamente
maggiorata. Tali circostanze, dimostrano, con evidenza matematica, la
riconducibilità al medesimo amministratore unico della truffa aggravata per il
conseguimento delle erogazioni pubbliche, incamerate dalla stessa Modacolor
s.r.l., beneficiaria del finanziamente ottenuto ai sensi della legge 488/92.
Nella disamina sul capo A) è stata dimostrata in dettaglio la colpevolezza del
**** per il reato presupposto ( 640 bis). Neppure eccepita, l'inesistenza della
c.d. colpa per effetto della presenza di modelli organizzativi idonei a
prevenire reati della specie di quelli verificatisi, adeguatamente monitorati
da un organismo di vigilanza. E opportuno
ricordare che lonere della prova relativa al suddetto requisito è
invertito a carico dell'ente: art. 6 decreto citato. E comunque, considerate la
composizione sociale, prettamente a base familiare, lassoluta predominanza e libero
arbitrio del **** nella gestione, è da escludere un ragionevole interesse a
contrastare iniziative illecite eventualmente realizzabili dallamministratore Resta quindi da esaminare la sussistenza
del requisito oggettivo dell'interesse e del vantaggio dell'ente, condizione di
applicabilità della sanzione. Orbene, è innanzitutto necessario sottolineare
che la Modacolor s.r.l. è stata costituita allo scopo di ottenere il
finanziamento ai sensi della legge 488/92, dal momento che lattività programmata coincide con quella che avrebbe
dovuto giovarsi delle contribuzioni pubbliche; del resto, questo ha sostenuto
la stessa difesa del **** per dare spiegazione al fatto che società sarebbe
stata costituita pochissimo tempo prima della presentazione della domanda di
contribuzione. Dunque, linteresse della condotta
truffaldina era evidentemente orientato a favorire lattività
dellente. Indubbio è poi il vantaggio, poiché i contributi ottenuti con
la frode sono stati appunto incassati dalla stessa Modacolor. Dimostrati i
presupposti e gli elementi costitutivi, va conseguentemente affermata la
responsabilità della Modacolor s.r.l. in relazione allillecito amministrativo contestato. LE SANZIONI. Il
sistema sanzionatorio proposto dal d. lgs. n. 231 fuoriesce dallo schema
tradizionale del diritto penale, incentrato sulla distinzione tra pene e misure
di sicurezza, tra pene principali e pene accessorie, ed è accordato alle
peculiarità del soggetto chiamato a rispondere. Il sistema rivela uno stretto
rapporto funzionale tra la responsabilità accertata e la sanzione da applicare,
opera certamente sul piano della deterrenza e persegue una notevole finalità
special-preventiva. La tipologia delle sanzioni, come si chiarisce nella
relazione al decreto, si presta ad una distinzione binaria tra sanzione
pecuniaria e sanzioni interdittive; al di fuori di tale perimetro, si collocano
inoltre la confisca e la pubblicazione della sentenza. LA SANZIONE PECUNIARIA.
Viene in considerazione, in primo luogo, la sanzione pecuniaria che, ai sensi
dellarticolo 10, deve essere determinata e
applicata in base a quote definite in ragione di due parametri: il numero, non
inferiore a cento nè superiore a mille, e limporto di una quota va da un
minimo di 258 euro ad un massimo di 1549 euro. La disciplina è ulteriormente
specificata, in relazione alle singole ipotesi di reato presupposto, dallarticolo 24 che in relazione alla commissione dei
delitti di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 640, comma 2, n. 1, 640-bis e
640-ter se commesso in danno dello Stato o di altro ente pubblico, del codice
penale, prevede per l'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. Nel
caso di specie, non ricorrono oggettivamente poi le attenuanti di cui allarticolo 12 (tenuità del danno; prevalente vantaggio per terzi;
condotte riparatorie). Pertanto, in applicazione dei criteri di cui allarticolo 11 (gravità del fatto, del grado della
responsabilità dell'ente nonchè dell'attività svolta per eliminare o attenuare
le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.;
condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare
l'efficacia della sanzione), si stima di giustizia la sanzione nella misura di
250 quote da euro 300,00 ciascuna, per complessivi euro 75.000,00. LA CONFISCA.
Ai sensi dellarticolo 19, con la
sentenza di condanna, è sempre ordinata la confisca del prezzo o del profitto
del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato.
Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la
stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore
equivalente al prezzo o al profitto del reato. Le questioni principali da
esaminare si concentrano sulla natura della confisca e sulloggetto di tale misura, ovvero il profitto. La
soluzione di tali problematiche serve non già ad una discussione accademica che
uscirebbe dal compito di una sentenza, ma per individuare la regola da
applicare in pratica. La definizione della natura della confisca, infatti,
determina nel concreto caso rilevanti conseguenze; invero, ad esempio, qualora
si acceda alla tesi della natura sanzionatoria, varrà la regola della
irretroattività, non potendosì perciò come
meglio si dirà appresso - , applicare tale misura alle erogazioni di contributi effettuate
prima dellentrata in vigore della legge 231/01. In linea
generale, si è osservato che la confisca nel nostro ordinamento non ha una
natura unitaria ed omogenea. Il codice penale ha catalogato la confisca di cui
all'art. 240 c.p. tra le misure di sicurezza, pur prescindendo dall'accertamento
della pericolosità dell'autore del reato, richiesta invece per l'applicazione
delle misure di sicurezza personali (l'art. 236 c.p., che disciplina le misure
di sicurezza patrimoniali, non richiama -infatti- l'art. 202 dello stesso
codice). La giurisprudenza ha sempre riconosciuto nella confisca disciplinata
dal codice penale, in linea con la scelta del legislatore, una effettiva misura
di sicurezza patrimoniale, fondata sulla pericolosità derivante dalla disponibilità
di cose servite o destinate a commettere il reato ovvero delle cose che ne sono
il prodotto o il profitto e finalizzata a prevenire la commissione di ulteriori
reati, anche se i corrispondenti effetti ablativi si risolvono sostanzialmente
in una sanzione pecuniaria.16 In prosieguo sono state introdotte ipotesi di
confisca obbligatoria dei beni strumentali alla consumazione del reato e del
profitto ricavato, con caratteristiche differenti. Cosi, con l'obiettivo di
privare l'autore del reato soprattutto del profitto che ne deriva, sono state
introdotte ipotesi di confisca nella forma per equivalente che, di fronte
all'impossibilità di aggredire il bene direttamente conseguito, va ad incidere
su somme di denaro, beni o altre utilità di pertinenza del condannato per un
valore corrispondente a quello dello stesso profitto. Questa ipotesi di
confisca - per equivalente o di valore - introdotta in molte norme del codice
penale (artt. 322ter, 600septies, 640quater, 644, 648quater) e in disposizioni
della legislazione speciale (artt. 187 T.U.F., 2641 c.c., 11 legge n. 146/'06),
ha i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, allontanandosi dallo
schema della misura di sicurezza incentrato sulla intrinseca pericolosità della
cosa. D'altra parte, la stessa Corte Costituzionale17, da tempo ha chiarito,
che "la confisca può presentarsi, nelle leggi che la prevedono, con varia
natura giuridica" e che "il suo contenuto è sempre la privazione di
beni economici, ma questa può essere disposta per diversi motivi e indirizzata
a varie finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione di pena o
di misura di sicurezza ovvero anche di misura giuridica civile e
amministrativa", con l'effetto che viene in rilievo "non una astratta
e generica figura di confisca, ma, in concreto, la confisca così come risulta
da una determinata legge". Nel decreto legislativo 231/01 ricorrono
diverse ipotesi di confisca. L'art. 9, comma 1 lett. c) prevede la confisca
come sanzione. Non è solo il dato letterale a chiarirne tale natura ma anche il
contenuto ed i presupposti applicativi precisati nell'art. 19, che testualmente
recita: "Nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di
condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte
che può essere restituita al danneggiato. (II c) Quando non è possibile
eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme
di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto
del reato" . Infatti, sia il collegamento con la sentenza di condanna nei
confronti dellente, sia il tenore del
secondo comma di quest'ultima disposizione, che autorizza la confisca anche
nella forma per equivalente, chiariscono la configurazione della confisca come
sanzione principale, obbligatoria e autonoma rispetto alle altre pure previste
nel decreto in esame. Diversa ipotesi di confisca ricorre al quinto comma
dell'art. 6 che prevede la confisca del profitto del reato, commesso da persone
che rivestono funzioni apicali, anche nell'ipotesi particolare in cui l'ente
vada esente da responsabilità, per avere validamente adottato e attuato le
misure precauzionali previste dalla stessa norma. In questa ipotesi, si deve
escludere la natura sanzionatoria della misura ablativa, proprio perché difetta
una responsabilità dell'ente. La confisca assume più semplicemente la
fisionomia di uno strumento volto a ristabilire l'equilibrio economico alterato
dal reato-presupposto, i cui effetti, appunto economici, sono comunque andati a
vantaggio dell'ente collettivo, che finirebbe, in caso contrario, per
conseguire (sia pure incolpevolmente) un profitto geneticamente illecito.
Coerente con tale natura è lesclusione
delladottabilità del sequestro preventivo, considerato che l'art. 53 del
decreto, richiama
esclusivamente l'art. 19 e non anche larticolo
6. L'art.
15/4° prevede la confisca de "il profitto derivante dalla prosecuzione
dell'attività", in caso di commissariamento dell'ente. Si tratta di una
misura evidentemente sostitutiva della sanzione interdittiva che determinerebbe
l'interruzione dell'attività dell'ente, con grave pregiudizio per la
collettività (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità) o
per i livelli occupazionali (avuto riguardo alle dimensioni dell'ente e alle condizioni
economiche del territorio). La confisca, infine, si atteggia nuovamente come
sanzione principale nell'art. 23/2°, che configura la responsabilità dell'ente
per il delitto di cui al primo comma della stessa norma, commesso
nell'interesse o a vantaggio del medesimo ente. Nel caso concreto, si tratta
della confisca sanzione, quale
conseguenza della condanna per illecito amministrativo, da applicarsi per
equivalente posto che non può essere più eseguita in forma specifica, data
lutilizzazione dei contributi ricevuti. Si è già accennato che questo tipo di
confisca non può essere retroattivo. Infatti non solo la confisca per
equivalente riveste carattere sanzionatorio per espressa previsione del D.Lgs.
n. 231 del 2001, art. 9, ma solo con tale D.Lgs. è stata introdotta la
responsabilità delle persone giuridiche. Una lettura costituzionalmente
orientata del divieto di retroattività della norma penale (e di quella che
introduce violazioni amministrative) non consente di applicarla a condotte
antecedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice, intese come singole
percezioni delle somme, quale che sia il momento consumativo del reato.18 Nel
caso in esame, si rammenta che le contribuzioni si sono prolungate fino al 12
febbraio 2003, nei seguenti termini : quanto a lire 2.865.830.000 in
data 30 dicembre 1999; quanto a lire 2.261.730.000 in
data 3 gennaio 2002; quanto a lire 1.794.646.000 in
data 4 febbraio 2002, con disimpegno della quota a saldo di euro 313.825,05 dal
12/2/2003 (allegato 93) Benché si sia in presenza, quindi, di un unico reato di
truffa lo stesso è stato realizzato con distinte condotte, alcune delle quali
poste in essere prima dell'introduzione della nuova forma di confisca per
equivalente e comunque prima dell'introduzione della responsabilità delle
persone giuridiche per le violazioni amministrative collegate ai reati per i
quali si è proceduto. Per il già ricordato carattere sanzionatorio
dell'istituto, la confisca per equivalente è applicabile solo in relazione alle
somme percepite successivamente all'entrata in vigore della norma che ha
introdotto non solo tale istituto, ma anche la stessa responsabilità per
illecito amministrativo delle persone giuridiche. 19 Ergo, si può confiscare ai sensi dellarticolo 19 quanto percepito
successivamente
allentrata in vigore della legge 231/01, ovvero la
seconda e terza quota di finanziamento, che secondo quanto attestato nel
decreto di concessione definitiva ammontano a complessivi euro 2.094.943,37.
Così pure rilevante è la questione relativa a come debba configurarsi il
"profitto del reato" suscettibile confisca disposto, ai sensi degli
art. 19 e 53 d. lgs. 8/6/2001 n. 231, nei confronti di una società indagata per
un illecito amministrativo dipendente da reato. Infatti, con riferimento al
caso concreto, ove si acceda alla tesi del cosiddetto profitto lordo, potrà essere suscettibile di
confisca (e salvo il divieto di irretroattività) lintera contribuzione
ricevuta per effetto dellillecito e non solo la quota eccedente il valore
effettivo
dei macchinari realmente acquistati. In materia, è necessario attenersi a due
principi fondamentali: il necessario collegamento eziologico del profitto con lillecito e la differente estensione della nozione
rispetto ai concetti della scienza aziendale. Sotto il primo profilo, principio
consolidato nella giurisprudenza di legittimità è che il profitto del reato
presuppone l'accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta
dell'agente: occorre cioè una correlazione diretta del profitto col reato e una
stretta affinità con l'oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione
indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio
patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un nesso diretto
di causalità, dall'illecito.20 Sia ben chiaro, non è necessario che si tratti
dello stesso bene ricevuto in conseguenza del reato, dovendosi ricomprendervi
anche il bene acquistato col denaro illecitamente conseguito attraverso il
reato, dato che tale reimpiego è comunque casualmente ricollegabile al reato e
al profitto "immediato" dello stesso.21 E ciò per lovvia esigenza di evitare che l'autore
dellillecito possa sottrarre il profitto alla misura ablativa ricorrendo
all'escamotage di trasformare il bene ricevuto in altra utilità,
individuabile nel frutto del reimpiego; anche questo, infatti, può essere
causalmente ricollegabile in modo univoco all'attività criminosa posta in
essere dall'agente. Ancora, sempre con attinenza alla derivazione causale, si
ritiene che il reato debba essere causa da cui derivi il profitto ingiusto e
non mera occasione di una utilità che comunque sia giustificata, ad esempio, da
una controprestazione in favore della P.A. .22 Con riferimento alla effettiva
portata della nozione di profitto, va detto che non è data alcuna specifica
definizione. In linea generale, si è affermato che il profitto del reato a cui
fa riferimento il primo comma dell'art. 240 c.p., va identificato col vantaggio
economico ricavato in via immediata e diretta dal reato, contrapposto al
"prodotto" e al "prezzo" del reato. Il prodotto è il
risultato empirico dell'illecito, cioè le cose create, trasformate, adulterate
o acquisite mediante il reato; il prezzo va individuato nel compenso dato o
promesso ad una determinata persona, come corrispettivo dell'esecuzione
dell'illecito. Carattere onnicomprensivo si attribuisce -poi- alla locuzione
"provento del reato", che ricomprenderebbe "tutto ciò che deriva
dalla commissione del reato" e, quindi, le diverse nozioni di
"prodotto", "profitto" e "prezzo". 23 Nella
giurisprudenza, la nozione di profitto non è mai stata orientata sulla base di
definizioni economico-aziendalistiche, precisandosi che all'espressione non va
attribuito il significato di "utile netto" o di "reddito",
ma quello di "beneficio aggiunto di tipo patrimoniale"24 Nel d. lgs.
n. 231/'01 il termine "profitto" è menzionato in diverse disposizioni
del decreto, che disciplinano situazioni eterogenee. Il profitto del reato è,
innanzi tutto, come si è detto, l'oggetto della confisca-sanzione di cui agli
art. 9, 19 e 23. Per delineare lesatta estensione
della sfera di tale confisca occorre tener conto dei seguenti argomenti di
ordine sistematico e logico. La Convenzione OCSE 17/12/1997 ha impegnato gli
Stati aderenti ad adottare misure idonee alla confisca o comunque alla
"sottrazione" dei "proventi" dei reati, precisandosi che
con quest'ultimo termine devono intendersi i profitti, gli altri benefici o gli
altri vantaggi ottenuti o mantenuti attraverso la condotta illecita"; tale
precisazione chiarisce, in definitiva, che con il termine "proventi"
(proceeds) si sono voluti indicare tutti i vantaggi ricavati dalla commissione
dei reati.25 Nella relazione allo schema del decreto legislativo "la
confisca , è finalizzata ad evitare che l'ente
riesca comunque a godere illegittimamente dei proventi del reato ormai
indisponibili per un'apprensione con le forme della confisca ordinaria".
L'esplicito riferimento alla necessità di evitare l'illegittimo godimento da
parte dell'ente dei "proventi del reato" induce a ritenere che con
tale espressione si sia inteso evocare quanto complessivamente percepito
dall'ente in seguito alla consumazione del reato, prescindendo da qualunque
raffronto tra profitto lordo e profitto netto. Ricorre altresì un argomento di
carattere logico per lesatta delimitazione del
profitto oggetto di confisca-sanzione ricavabile dal principio generale secondo
cui il crimine non rappresenta in alcun ordinamento un legittimo titolo di
acquisto della proprietà o di altro diritto su un bene e il reo non può,
quindi, rifarsi dei costi affrontati per la realizzazione del reato. Il diverso
criterio del "profitto netto" finirebbe per riversare sullo Stato il
rischio di esito negativo del reato ed il reo e, per lui, l'ente di riferimento
si sottrarrebbero a qualunque rischio di perdita economica. Lintero beneficio patrimoniale ricevuto è ugualmente
aggredibile anche nella ipotesi di confisca, diversa sotto il profilo
classificatorio, di cui all'ultimo comma dell'art. 6. Soltanto nell'ipotesi di
confisca del profitto della gestione commissariale di cui all'art. 15 d. lgs.
n. 231/'01, il profitto s'identifica con l'utile netto, essendo collegato ad
un'attività lecita che viene proseguita -sotto il controllo del giudice- da un
commissario giudiziale nell'interesse della collettività, proprio per il venire
meno di ogni nesso causale con l'illecito. In sintesi può affermarsi che la
confisca debba interessare lintero beneficio,
laddove si ravvisi un nesso di derivazione causale con lillecito. Nel caso
concreto, dunque, è suscettibile di confisca lintera
contribuzione ricevuta, ricollegabile casualmente allillecito (sia pure
nellosservanza del principio di irretroattività). Si potrebbe obiettare,
però con
scarsa ragione, che comunque parte dei contributi ricevuti sono stati
effettivamente utilizzati per lacquisto di
macchinari, sia pure lucrandone il sovrapprezzo artificiosamente simulato. Non
è possibile tuttavia enucleare una porzione di utilità lecita, ricorrendo i
presupposti revoca totale dellintera
contribuzione, riconducibile come si è già evidenziato allo
scostamento dagli indicatori in misura addirittura superiore al 30%. Non è da
ostacolo alla confisca la clausola di salvezza prevista nel citato articolo 19.
La norma, quando
parla di parte che può essere restituita
.,
fa riferimento allo stesso bene ricevuto con la erogazione, non potendosi
perciò restituire allo Stato che ha elargito finanziamenti in danaro, immobili,
attrezzature o quote sociali, evidentemente di diversa natura, che di conseguenza
ben possono essere confiscati. Del resto, essendo stato disposto il sequestro
finalizzato alla confisca per equivalente, è implicito che sia diventato
impossibile restituire il bene originariamente ricevuto, dovendosi, appunto,
ottenere la riparazione per equivalente. Conclusivamente, può essere confiscato
il valore corrispondente allintera
contribuzione ricevuta dopo lentrata in vigore della legge 231/01,
quantificato in euro 2.094.943,37 sulla base dei dati contenuti nel decreto
ministeriale di concessione definitiva del contributo (allegato 93). LE
SANZIONI INTERDITTIVE. Vanno altresì applicate le sanzioni interdittive di cui
allarticolo 9 comma 2 lettere c), d) ed e),
previste dallart. 24 per il reato presupposto per cui è stata
emessa condanna. Ne ricorre altresi il presupposto di cui allarticolo 13, poiché lente ha certamente tratto un
profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da soggetto in
posizione apicale. Va disposta la pubblicazione della sentenza,
ricollegabile alla applicazione di sanzioni interdittive (art. 18), e la
condanna dellente al pagamento delle
spese processuali (art. 69). P.q.m. Letti gli articoli 533 e 535 cpp Dichiara
**** colpevole dei reati a lui ascritti, uniti per continuazione e, concesse
le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni tre (3) di reclusione,
oltre al pagamento delle spese processuali. Applica al predetto le pene
accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/2000, comma 1, nella
durata di anni 2 (due) per quelle temporanee. Letto l'articolo 322 ter cp
dispone la confisca per equivalente di quanto in sequestro, fino all'ammontare
di euro 3.575.021,05, in danno di ****. Letti gli articoli 533 e 535 cpp
Dichiara **** e **** colpevoli dei reati di cui ai capi N) e O),
rispettivamente ascritti, e concesse le attenuanti generiche, li condanna
ciascuno alla pena di anni 1 (uno) di reclusione, oltre al pagamento delle
spese processuali. Pena sospesa e non menzione. Applica a costoro le pene
accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/00, comma 1, nella
durata minima per quelle temporanee. Letto l'articolo 69 decreto legislativo
231/01 Dichiara Modacolor s.r.l. responsabile dell'illecito amministrativo
contestato al capo A bis) e applica alla stessa società le seguenti sanzioni:
-sanzione pecuniaria di euro 75.000,00, pari a numero 250 quote, da euro 300
ciascuna; -confisca ai sensi dell'articolo 19, commi 1 e 2, decreto legislativo
231/01 dei beni in sequestro, fino all'ammontare di euro 2.094.943,37 e senza
duplicazione con la confisca disposta nei confronti di ****. -pubblicazione
della presente sentenza, per una sola volta e per estratto, sul quotidiano
"la Gazzetta del Sud "; - divieto di pubblicizzare beni e servizi.
-condanna al pagamento delle spese processuali. Letto l'articolo 530, comma 2,
cpp Assolve **** dal reato loro ascritto perché non hanno commesso il fatto.
Assolve **** dai reati di cui ai capi A-G-H-I-L- rispettivamente ascritti
perché non hanno commesso il fatto. Letto l'articolo 531 cpp Dichiara non
doversi procedere nei confronti di **** in ordine al reato sub M) perché
estinto per prescrizione. Giorni 90 per i motivi. Cosenza, 3/12/08 Il Giudice
dr. Francesco Luigi Branda ______________ 1 Confronta foglio 5 del verbale di
constatazione. 2 Cassazione pen. sent. n. 30155 del 2007. 3 Cass. sez. 2, n.
26256 del 24/4/2007 : Sulla base di questo principio la Corte ha escluso
l'illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, che
era stato disposto nonostante che il contratto di mutuo allo scopo fosse
precedente all'entrata in vigore della legge n. 300 del 2000, che ha inserito
nel cod. pen. l'art. 640 quater). 4 Cass. Sez. 2, n. 3615 del 20/12/2005. 5
Cassazione Sez. Un. N. 1 del 1999. 6 Cass. Sez.Un. n. 33748 del 12/7/2005. 7
Cass. Sez. U, sent. n. 27 del 25/10/2000. 8 Cass.Sez. 5, n. 6825 del 23/01/2007
e Sez. 2, n. 40226 del 23/11/2006. 9 Cass. Sez. 3, Sentenza 37409 del
10/7/2007. 10 Cass. Sez. 3, n. 14707 del 14/11/2007 e Sez. 5, n. 6825 del 2007.
11 Corte Cost., sentenza n. 49 del 2002. 12 Cass. n. 40175 del 2007. 13 Cass.
n. 31989 del 14/06/2006. 14 Cass. Sez. 2, n. 3615 del 20/12/2005. 15 Corte
Cost. , ord. n. 186 del 2007. 16 Cass. S.U. 22/1/1983, Costa. 17 Corte Cost.
sentenze 25/5/1961 n. 29 e 4/6/1964 n. 46. 18 Cass. n. 316 del 21/12/2006. 19
Cass, Sez. 2, sent. n. 31988 del 14.6.2006 e n. 3615 del 20/12/2005. 20 Cass
14/6/2006 n. 31988 e 4/11/2003 n. 46780. 21 Cass. Sez. Un. 25/10/2007 n. 10280.
22 Cass. Sez. Un, n. 26654 del 27/3/2008. 23 Cass. S.U. 28/4/1999 n. 9. 24
Cass. S.U. 3/7/1996 n. 9149; 24/5/2004 n. 29951; 24/5/2004 n. 29952; sez. VI
6/5/2003 n. 26747. 25 (Rapporto esplicativo alla Convenzione OCSE). Stampa |
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(
da "JulieNews.it"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
12/06/2009,
ore 16:56 CSM: un'altra defezione dopo le accuse di Alfano di: Antonio Rispoli
Dopo le dimissioni di tre componenti del CSM, che si sono ritenuti offesi dalle parole del Ministro per la
Giustizia Angelino Alfano sulla politicizzazione e la lottizzazione all'interno
della magistratura, oggi è toccato ad un quarto consigliere: Ciro Riviezzo,
rappresentante togato del Movimento per la Giustizia e già componente
dell'organismo di Palazzo dei Marescialli incaricato di effettuare le nomine di
PM e Giudici. Il consigliere Riviezzo ha mandato una lettera al comitato di
Presidenza avvertendo che non parteciperà ai lavori del CSM
finchè "non sarà ricostituita nella sua attuale composizione" e
"non sarà ripristinato il necessario clima di fiducia e credibilità nel
suo operato, senza il quale non è possibile attendere ai delicati compiti che
le sono attribuiti".
(
da "Articolo21.com"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Il bluff
della privacy** di Roberto Natale* Le scalate editorial-finanziarie dellestate del 2005, quella dei “furbetti”; il crack
Parmalat, con le truffe ai danni dei piccoli risparmiatori; la clinica santa
Rita di Milano, dove alcuni medici senza scrupoli eseguivano trapianti a fini
di lucro. Sono tre esempi del tipo di vicende che i cittadini italiani
conosceranno con grande ritardo - o non conosceranno affatto - se diventerà
legge il pericoloso testo votato ieri dalla Camera. Tre esempi che dicono anche
come non centri nulla la nobile bandiera della
riservatezza, innalzata da governo e maggioranza. Come giornalisti non
consideriamo un valore lintrusione nella vita privata degli individui
(anche se, in materia, abbiamo qualche errore da farci perdonare). Ma il
ddl Alfano non ha niente a che vedere con una migliore tutela della privacy. Leffetto sarà piuttosto quello di oscurare vicende di
assoluto rilievo pubblico: ci sarà un gigantesco sequestro di fatti. Ad evitare
il quale non bastano certo gli emendamenti apportati alla versione originaria del
testo. Lon. Giulia Bongiorno, presidente della
Commissione Giustizia, ha riconosciuto che con la formulazione del Ministro
“sarebbe stato come tornare alla preistoria”. Ma le correzioni da lei proposte non ci fanno
ancora arrivare alletà della democrazia.
Degli atti delle inchieste giudiziarie, anche quando noti alle parti - dunque
pubblici - si potrà scrivere “solo per riassunto”: perché mai, se non cè
più il segreto? E quale dovrà essere la stringatezza del riassunto? 10 per cento,
20, 50? Le intercettazioni, poi, non saranno per nulla pubblicabili fino al
processo. Se lesigenza fosse stata
davvero quella di tutelare la riservatezza, sarebbe stata accolta la nostra
proposta: una udienza-stralcio in cui accusa e difesa concordano di secretare le
parti delle intercettazioni e degli altri atti prive di rilevanza per le
indagini, o riguardanti la sfera privata. Quelle devono rimanere riservate; ma
su tutte le altre deve esserci pieno diritto di informare. E invece il lavoro
dei cronisti si ritrova soggetto ad una doppia minaccia: il carcere per i
giornalisti (da sei mesi a tre anni); sanzioni pesantissime a carico degli
editori (fino quasi a mezzo milione di euro), per indurli a intromettersi nel
funzionamento ordinario delle redazioni, imponendo a direttori e cronisti di
far vistare gli articoli dallufficio legale
dellazienda. Ma giornalisti ed editori, anziché cadere nella trappola
della contrapposizione reciproca, hanno deciso di fare fronte comune contro il ddl
Alfano. In questi giorni Fnsi e Fieg ripeteranno sui quotidiani un “appello
estremo” perché il Senato modifichi nei punti decisivi il testo uscito dalla
Camera. Il sindacato dei giornalisti non vuole lasciare nulla di intentato: cè un giudice a Strasburgo, cioè la Corte europea; cè la Corte Costituzionale; cè la disobbedienza
civile da praticare. Ma prima ancora che il testo diventi legge sarà usato ogni
strumento per sollecitare ripensamenti, compreso il classico sciopero. Come
facemmo esattamente
due anni fa contro il ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano.
Viva la par condicio. *Presidente Fnsi ** dal Manifesto
(
da "Articolo21.com"
del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia
Pacchetto
sicurezza: ecco cosa dice il CSM di Bruna Iacopino Il disegno di legge 733, già passato alla
Camera, dal 23 giugno approderà nuovamente al Senato per l'approvazione
definitiva. Nel frattempo però arriva anche la nuova relazione del CSM, che dopo aver espresso numerose
perplessità in merito al decreto legge, varato qualche mese fa, non solo
torna a sottolineare alcuni punti, ma ne evidenzia altri, di non poca
problematicità. Sotteso a tutto, il richio concreto di una vera e propria
paralisi giudiziaria a causa della carenza di organico, della lentezza della
macchina della giustizia e del sovraffollamento nelle carceri. Ad, oggi, si
legge nella relazione, la popolazione carceraria ha superato le 62.000 presenze
giornaliere, a fronte di una capienza regolamentare di 43.201 posti. Tuttavia,
il dato che va fatto emergere è che già ad oggi il 37% della popolazione
carceraria è costituita da stranieri: secondo un rapporto ISMU di qualche anno
fa, quasi il 10% di loro si trovava in carcere per violazione della legge
Bossi- Fini, un'altra buona parte perchè non avendo residenza, non poteva
usufruire degli arresti domiciliari. Dato che preoccupa non poco palazzo dei
Marescialli, sia in rapporto al nuovo reato di immigrazione clandestina che in
merito alla reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale... “in
ordine al quale- si legge nella relazione- deve evidenziarsi l'ovvio incremento
di attività giudiziaria che discenderà da una fattispecie di frequente
realizzazione.” Dunque un aggravio di lavoro per dei tribunali già sommersi da
migliaia di pratiche, e dove in media un processo dura 1.210 giorni, contro i
394, della Germania, facendo scivolare il nostro paese agli ultimi posti della
classifica mondiale. Paura dell'ulteriore ingolfamento di una macchina già
lenta, dunque, ma non solo... a trapelare è anche qualche dubbio in merito alla
liceità della norma, su cui già in precedenza c'era stato un alt da parte dello
stesso CSM, perchè la detenzione amministrativa,
contrariamente alle direttive europee, può essere applicata non solo in caso di
resistenza a pubblico ufficiale e diniego di identificazione, ma anche qualora
i tempi legati al rimpatrio dell'iiregolare subiscano dei semplici “ritardi di
carattere burocratico”. Per non parlare, infine, della scarsa o nulla utilità
di una simile disposizione, già la normativa vigente ( sottolinea il rapporto)
prevedeva l'espulsione per l'immigrato irregolare; se questo non avviene (
ulteriore precisazione) è “non già per carenze normative ma per difficoltà di
carattere amministrativo e organizzativo.” Altro punto controverso è
l'attribuzione dei casi di reato di “immigrazione clandestina” interamente ai
giudici di pace, procedura definita “anomala” in quanto al giudice di pace non
spettano pronunciamenti inerenti la “privazione della libertà personale”. Il
rilievo principale è sicuramente legato alla sfera dei diritti: il diritto alla
salute e il diritto dell'infanzia. Come già fatto emergere da voci diferenti il
reato di “clandestinità” implica l'obbligatorietà della denuncia da parte di un
pubblico ufficiale, quindi anche personale medico sanitario, con un grave
rischio non solo per l'inalienabile diritto alla vita da parte del migrante, ma
anche in prospettiva della creazione di “ ...circuiti illegali alternativi che
offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche.” Per quanto
concerne invece l'obbligatorietà dell'esibizione del permesso di soggiorno
anche per il riconoscimento di un figlio, il CSM tira
in ballo l'art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New
York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991
n. 176 che sancisce “... il diritto della persona minore di età alla propria
identità personale e alla cittadinanza da riconoscersi immediatamente al
momento della sua nascita.” Oltre all'immigrazione il rapporto affronta altri
punti, fra cui la sezione inerente il 41 bis: fortemente criticata l'ipotesi di
concentrare tutti i provvedimenti al solo Tribunale di sorveglianza di Roma,
provvedimento che, oltre a comportare una mole di lavoro insostenibile per il
Tribunale romano, creerebbe “ una particolare esposizione personale dei
magistrati ad esso addetti...” Un accenno infine alle “ronde”, per le quali si
rinvia ad un precedente pronunciamento, quello che qveva causato una vera e propria
spaccatura all'interno dello stesso organo... da una parte i laici del Pdl che
avevano espresso voto contrario, dall'altra Mancino e alcuni esponenti di
Magistratura indipendente che avevano preferito astenersi, ritenendo il
pronunciamento come “ingerenza in materia politica”.