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Report "Giustizia"  10-12 giugno 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Giustizia

Anche le fondazioni sono chiamate a confrontarsi con la crisi ( da "Milano Finanza (MF)" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La Corte costituzionale bocciò quella disciplina, che già aveva collezionato, per i profili applicativi, altre bocciature dal Tar e dal Consiglio di Stato, sancendo definitivamente, per gli enti in questione, la natura di soggetti privati di utilità sociale.

Berlusconi: ( da "Nazione, La (Firenze)" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/537.jpg

Berlusconi: ( da "Giorno, Il (Milano)" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/5393.jpg

libertà e responsabilità delle fondazioni - gustavo zagrebelsky ( da "Repubblica, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dalle sentenze della Corte costituzionale che ne hanno fissata la natura, si può tentare, se non un bilancio, almeno qualche considerazione generale circa la corrispondenza tra l´essere e il dover essere delle fondazioni di origine bancaria: qualche considerazione generale destinata principalmente a formulare domande, la risposte alle quali è di competenza di coloro che del modo d´

Berlusconi: ( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/6126.jpg

di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'... ( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 10-06-2009) + 2 altre fonti
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ed è importante per lui accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula.

Acri, anche Tremonti oggi ai ( da "Nazione, La (Siena)" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale; Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti Spa; Angelo Benessia, presidente della Compagnia di San Paolo; Ilaria Buitoni Borletti, consigliere e membro del Comitato Esecutivo del Fai; Mario Monti, presidente della Bocconi;

Napolitano sferza le toghe: Pm, protagonismo dannoso ( da "Manifesto, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: CSM Mancino annuncia nuovi limiti alle pratiche a tutela. Per distinguere gli attacchi dagli «sfoghi personali» Napolitano sferza le toghe: «Pm, protagonismo dannoso» ROMA Una seria autocritica per tutelare davvero, con il recupero pieno del prestigio della magistratura, il valore intangibile dell'indipendenza.

Segni e Guzzetta all'attacco "Ora il Cavaliere ha paura" ( da "Stampa, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: è ormai sfumato il timore che l'esito del referendum possa regalare l'Italia a Berlusconi. E sa perché? Perché Berlusconi ha perso le europee, elezioni che aveva impostato come un referendum su se stesso». Oggi si saprà se il ricorso alla Corte Costituzionale permetterà ai referendari di avere spazio sui telegiornali della Rai.

Marilenghe avanti adagio ( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: sforbiciata dalla sentenza della Corte costituzionale numero 159 del 2009, «troverà attuazione nel corso del 2010 e non prima». L'assessore alla Cultura del Friuli-Venezia Giulia, Roberto Molinaro, non si straccia le vesti per l'impugnazione della Lr 29/07 e fa sapere che la norma non sarà ritoccata.

Domani il Tar discuterà il ricorso Pcl ( da "Stampa, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: riammesso dal Tar che aveva concesso la sospensiva rinviando gli atti alla Corte Costituzionale. Nel caso del Pcl, invece, il Tar aveva giudicato la richiesta di sospensiva improcedibile per un difetto di notifica: la mancata esibizione della ricevuta di ricezione del ricorso notificato alla Provincia. Domani il Pcl del leader Marco Ferrando spera di poter rimettere tutto in gioco.

"Perché ascoltarci? Abbiamo trent'anni e siamo maturati" ( da "Stampa, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: nella vita è magistrato della Corte Costituzionale, e ha scritto 160 canzoni, mai pubblicate. «Si diverte a portarle in giro nei localini più sfigati che esistono - scherza Matteo -, con un pubblico di grandi commercialisti, grandi notai. La scrisse quando vinse il concorso da magistrato e al pensiero di abbandonare Roma gli uscirono queste strofe piene d'

TETTO ALLE SPESE SENTITO IL CSM ( da "Messaggero, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Mercoledì 10 Giugno 2009 Chiudi TETTO ALLE SPESE SENTITO IL CSM Ogni anno una relazione sui costi al Guardasigilli

ROMA - È positivo che venga approvato questo disegno di legge che tutela la liber... ( da "Messaggero, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Questo al di là delle legittime polemiche politiche delle opposizioni»: il presidente emerito della Corte costituzionale Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al contenuto del ddl e del maxi emendamento presentato ieri dal governo alla Camera. Le opposizioni criticano il governo per aver posto la fiducia sul ddl. Secondo lei ha fatto bene o male?

Sanità, la Lombardia blocca gli ispettori ( da "Corriere della Sera" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: controlli legittimi come quelli della Corte costituzionale e della Corte dei Conti, che da anni loda il nostro operato in sanità spiega Formigoni . Mentre respingiamo gli attacchi politici di funzionari oscuri a 5 giorni dalle elezioni». A dar manforte al governatore della Lombardia, ieri sera, è Vasco Errani, presidente dell'Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni:

Napolitano sferza i pm: protagonismo dannoso ( da "Secolo XIX, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: protagonismo dannoso Al CSM Il Presidente: «La magistratura non può non interrogarsi sulle sue corresponsabilità dinnanzi alle insufficienze del sistema giustizia» Roma. È «altamente dannoso per la figura del pubblico ministero qualunque comportamento impropriamente protagonistico o chiaramente strumentale ad altri fini».

Gelmini: Niente sei rosso, decidono gli insegnanti ( da "Provincia Pavese, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: decidono gli insegnanti» La Corte costituzionale comincia l'esame dei ricorsi delle Regioni contro i tagli ROMA. Niente "sei rosso" alle medie, ma una maggiore responsabilizzazione degli insegnanti che decideranno se ammettere gli alunni con qualche lacuna. A pochi giorni dalla fine delle lezioni e a ridosso degli esami di terza media,

Caso Forleo, ricusazione, procedimento, Consiglio Superiore della Magistratura ( da "AltaLex" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: si ricaverebbe che ha assunto particolare ed autonoma rilevanza la valutazione del profilo psicologico della ricorrente, sicché per il CSM, sovvertendosi la ratio della legge, la situazione di incompatibilità sarebbe stata determinata dalla personalità, prima ancora che dalla condotta della ricorrente. In conclusione, il CSM avrebbe violato e falsamente applicato l'art. 2 L.

In Turchia è guerra per bande ( da "Tempi" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: poi bocciata dalla Corte costituzionale, ha dichiarato che il premier con la sua ammissione ha scritto «la pagina più nera» da quando è salito al potere. Se il leader voleva far parlare di sé ha raggiunto il suo scopo. Forse, però, l'unico che ha inquadrato il discorso nel modo giuto è stato Cengiz Aktar, editorialista molto noto in Turchia,

RITENGO IMPORTANTE L'AFFERMAZIONE DEL PRINCIPIO CHE LA LIBERTà DELLE COMUNICAZIONI E LA P... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009) + 4 altre fonti
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il presidente emerito della Corte costituzionale, Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al ddl del governo sulle intercettazioni. «È positivo che venga approvato questo ddl che tutela la libertà delle comunicazioni e la privacy dei cittadini e perciò riveste carattere di assoluta necessità e urgenza».

Processo Abu Omar, sconfitta la Procura di Milano: no ai verbali ( da "Giornale.it, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: nuovamente capire di non condividere nè la decisione del governo nè quella dellaq Corte Costituzionale: "L'area del segreto - ha detto - è stata inopinatamente alargata dal governo e sorprendentemente confermata dalla Corte Costituzionale". Ma, ha ricordato il giudice, a queste decisioni bisogna attenersi. Resta così definitivamente fuori dal processo il nocciolo centrale della vicenda.

Fortore: Elezioni europee e Referendum ( da "Sannio Online, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La Corte Costituzionale, che deve pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del referendum, ha esteso l?elenco ritenendo inammissibili referendum che non abbiano oggetto unitario o il cui esito positivo paralizzerebbe l?attività di un organo costituzionale, determinando un vuoto legislativo.

Il Parlamento fa, il CSM disfa ( da "Opinione, L'" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: delle procure avrebbero comunque dovuto trasmettere il piano organizzativo dei loro uffici al CSM. Aggiunsi che il successivo CSM (il nostro mandato stava per scadere) avrebbe affermato che la trasmissione dei piani organizzativi di necessità implicava una loro valutazione da parte del CSM. Mai previsione fu più facile. L'attuale CSM lo fece subito con circolare del luglio 2007.

Napolitano sferza le toghe: ( da "Manifesto, Il" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: CSM Napolitano sferza le toghe: «Pm, protagonismo dannoso» Mancino annuncia nuovi limiti alle pratiche a tutela. Per distinguere gli attacchi dagli «sfoghi personali» ROMA Una seria autocritica per tutelare davvero, con il recupero pieno del prestigio della magistratura, il valore intangibile dell'indipendenza.

Abu Omar, giudice dice no ad acquisizione testimonianze Sismi ( da "Reuters Italia" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: L'11 marzo scorso la Corte Costituzionale, dirimendo un conflitto di attribuzione fra governo e magistratura, aveva stabilito che la procura di Milano non poteva utilizzare i documenti coperti da segreto di Stato, eliminando in sostanza dal dibattimento alcuni degli atti che ne hanno consentito il rinvio a giudizio.

Fiat to close Chrysler deal, shares rise ( da "Reuters" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: CSM Worldwide, an industry consultancy, has forecast a 20 percent drop in global production to 52 million vehicles this year as car makers lay off workers and leave their factories idle in the face of a sharp drop in demand. Others in the industry do not feel the urgency to look for partners.

ROMA. È POSITIVO CHE VENGA APPROVATO QUESTO DDL CHE TUTELA LA LIBERTà DELLE COMUNICA... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Giustizia

Abstract: Questo al di là delle legittime polemiche politiche delle opposizioni»: il presidente emerito della Corte costituzionale Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al contenuto del ddl e del maxi emendamento presentato dal governo. Le opposizioni criticano il governo per la fiducia. Secondo lei ha fatto bene o male? «Porre la fiducia è prassi ormai consolidata.

GIORGIO NAPOLITANO CON NICOLA MANCINO AL CSM A DESTRA IL MINISTRO ANGELINO ALFANO A MONTE... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Giustizia

Abstract: Giorgio Napolitano con Nicola Mancino al Csm A destra il ministro Angelino Alfano a Montecitorio

ROMA. SE NE SAREBBE DOVUTO DISCUTERE OLTRE UN MESE FA, MA IL VICEPRESIDENTE DEL CSM NICOLA MANCINO R... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Giustizia

Abstract: vicepresidente del Csm Nicola Mancino rinviò la trattazione in plenum a una seduta in cui sarebbe stato presente il capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella sua veste di presidente dell'organo di autogoverno della magistratura. Ieri, però, della circolare e del caso Napoli nessuno ha fatto espressamente cenno, se non incidentalmente il consigliere laico del Pdl Gianfranco Anedda.

Disfunzioni sessuali maschili: il futuro della ricerca in Congresso a Catania ( da "SaluteEuropa.it" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: un documento di consenso dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 1 aprile 2009 Al XXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia si parlerà anche di Infertilità maschile e Procreazione Medicalmente Assistita. Si stima che in Italia circa 500 mila coppie abbiano problemi di fertilità, e che questa sia riconducibile nel 40% dei casi ad un fattore maschile,

Ylenia e gli altri... vittime del "pacchetto sicurezza" ( da "Articolo21.com" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Quella norma, adesso non è più contemplata esplicitamente nel disegno di legge, ma, come sottolineato anche oggi dal CSM, il reato di clandestinità ha di fatto vanificato quello stralcio, violando palesemente uno dei diritti fondamentali... Le tragiche conseguenze sono già davanti ai nostri occhi.

La Corte costituzionale francese censura la legge Hadopi ( da "Stampaweb, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Una buona notizia invece oggi dalla Francia: la Corte costituzionale francese ha censurato la legge Hadopi , quella voluta da Sarkozy e ideata da Denis Olivennes, cosiddetta "dei tre schiaffi" fino alla disconnessione forzata degli utenti che scaricano gratis brani coperti da copyright. E' incostituzionale togliere l'accesso alla Rete ai cittadini,

Obbligo di rettifica entro 48 ore "per tutti i titolari di siti informatici" ( da "Stampaweb, La" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ne stiamo discutendo con Marco Pancini, capo di Google Italia - coinvolta perchè Google rientra tra i "siti informatici" così come tutti i blogger e persino gli utenti di Facebook, per intenderci... -, al mercoledì di Nexa. SCRIVI La Corte costituzionale francese censura la legge Hadopi commenti (5) scrivi

Sugli effetti del Cid firmato dal responsabile del danno e dal proprietario dell'auto ( da "AltaLex" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: della Corte Costituzionale n. 340 del 12 ottobre 2007 - non contestati in caso di mancata o tardiva costituzione del convenuto: D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2) (cfr. Cass. 29 marzo 2007 n. 7739). La mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio formale costituisce fatto processuale, tale da indurre a ritenere ammessi i fatti che formano oggetto di interrogatorio,

Personalizzazione del danno biologico e delle conseguenti sofferenze psico-fisiche ( da "AltaLex" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: così la Corte Costituzionale n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale n. 184/1986). Inoltre, recentemente la Cassazione a Sez. unite (sentenza n. 26972/2008) ha, tra l?altro, ritenuto che, nell?ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale,

Referendum, Consulta rigetta ricorso Comitato contro Rai ( da "Reuters Italia" del 10-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei tre referendum elettorali contro la Commissione parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del prossimo 21 giugno.

Il centrosinistra non ci sta "Riusciremo a governare" ( da "Stampa, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: avvalorata da sentenze della Corte Costituzionale e della Corte dei Conti, favorevole al centrosinistra: quando si parla di «voti validi» devono essere conteggiati tutti i voti, compresi quelli ai candidati sindaci. Una questione che fa intravvedere impugnazioni e ricorsi, ma che rischiano di avere poco o nulla a che fare con il voto espresso dagli elettori.

La strigliata di Napolitano spiazza i pm ( da "Stampa, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ROMA IL CSM IL MAGISTRATO DI NAPOLI Procure zitte. Auriemma: richiamo inaspettato La strigliata di Napolitano spiazza i pm FRANCESCO GRIGNETTI La magistratura si aspettava un elogio per il lavoro fatto «Protagonisti noi? Lo avremmo capito di più 6-7 anni fa» Saponara: «Il Presidente ha fatto un intervento alto e tempestivo» «Non ne abbiamo ancora parlato tra noi Bisogna riflettere»

"Un boomerang per i censori La Costituzione ci protegge" ( da "Stampa, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ma la Corte costituzionale ha bocciato solo una parte della legge, un'altra parte resta in vigore: va bene lo stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire dalla disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice.

Liberté, égalité, Internet Sarkò sconfitto dai pirati ( da "Stampa, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ieri la Corte costituzionale francese ha respinto la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli utenti di Internet che scaricano gratis brani coperti da diritti d'autore - cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la Diffusion des ?

FMps, Mancini fiducioso su rielezione ( da "Finanza e Mercati" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La Corte Costituzionale, però, nel 2003 ha detto che le fondazioni di origine bancaria sono «persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale». Ma nello Statuto della Fondazione Mps nulla si dice sull'impossibilità del presidente a essere riconfermato nonostante due mandati, a differenza di quanto espresso per gli organi delle due deputazioni (

Sulle intercettazioni fiducia della Camera ( da "Arena, L'" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 2 CSM E CLANDESTINI. Il Csm boccia intanto il pacchetto sicurezza che introduce il reato di clandestinità per gli immigrati: «Paralizzerà gli uffici giudiziari». Ma Napolitano striglia: «I pareri sui disegni di legge siano più tempestivi».

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato anche le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza sulla campagna elettorale, con tanto di ricorso alla Consulta. Ricorso, però, rigettato ieri dalla Corte Costituzionale.

Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv ( da "Arena, L'" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: E ieri la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno.

Il Trio Pepe, assaggio del Carega Jazz ( da "Arena, L'" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Leader della formazione è il bassista Pepe Gasparini, direttore del CSM di Verona (ove, dall'Inghilterra, ha imporato lo speciale corso BTEC - National Diploma in Popular Music), nonché attivo in gruppi come la Big Band Ritmo-Sinfonica Città di Verona, il Wood Quartet (jazz cameristico), i Watershed (jazz funk), e a fianco del cantautore Marco Ongaro.

Immigrati irregolari La Toscana garantisce l'accesso alle cure ( da "Unita, L'" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale; il Pdl della Toscana, ha annunciato una raccolta di firme per promuovere il referendum abrogativo della normativa. Ma c'è un'altra buona notizia: la nostra Costituzione tutela il diritto alla salute di ogni individuo in quanto tale, come diritto fondamentale della persona non subordinato alla cittadinanza né tantomeno al possesso di un regolare permesso di soggiorno.

Editori e giornalisti: libertà di stampa a rischio ( da "Secolo XIX, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: nonchè ricorrendo alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo». Sono allo studio anche «forme di disobbedienza civile: dobbiamo trovare i modi afffinché le notizie di interesse pubblico arrivino comunque al cittadino». D'accordo il presidente dell'Ordine nazionale, Lorenzo Del Boca, convinto che la nuova legge renda «l'

intercettazioni, ossessione del cavaliere tra donne, televisioni e dolci di mafiosi - (segue dalla prima pagina) giuseppe d'avanzo ( da "Repubblica, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Già l´anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un´intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell´Utri, Alberto. Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?

Quello che sui giornali non leggerete più ( da "Repubblica.it" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Già l'anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto. Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?

Un'occasione chiamata Expo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Veronica Tussi e-mail Tra Usa e Italia La Corte suprema degli Stati Uniti ha preso una decisione sulla questione Fiat–Chrysler in un giorno. La stessa decisione della Corte costituzionale italiana avrebbe richiesto mesi se non anni. Negli Usa ci sono 3 milioni di detenuti,l'1% della popolazione.

Irap, il rinvio e il click day ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sul tema – è stata riconosciuta da una legge dello Stato. Come tale, è divenuto un diritto che spetta al contribuente. Legare l'esercizio concreto di questo diritto a un "click day", come si fa di solito per l'accesso alle agevolazioni, significa istituire una graduatoria dei richiedenti.

I RILIEVI DEL CSM ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 06-11 - pag: 18 autore: I RILIEVI DEL CSM Reato di clandestinità Nel parere approvato all'unanimità dalla VI commissione e recepito (con il no dei laici del Pdl) dal plenum, il Csm critica l'introduzione del reato di clandestinità prevista dal Ddl sicurezza per l'«eccezionale aggravio»che produrrà sugli uffici giudiziari.

Ma il peccato originale è aver colpito chi dà lavoro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte costituzionale. Per ora la Corte può fare rinvio in base allo jus superveniens, ma è indubbio che la capacità contributiva di un terzista – per fare un esempio – non è tale da giustificare la spremitura fiscale. Al quadro mancava solo una procedura di rimborso a tambur battente, che avrebbe reso impossibile la vita di aziende e professionisti in un momento di grande

La censura ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 38 autore: La censura La decisione La Corte costituzionale ha censurato la disposizione centrale della legge che punisce il downloading illegale da internet. La Corte ha ritenuto che la sanzione prevista dalla legge del 13 maggio- cioè la sospensione amministrativa dell'abbonamento a internet–

I giudici delle leggi danno lo stop allo sceriffo digitale ( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: uomo e del cittadino del 1789 hanno permesso alla Corte costituzionale di censurare la parte più importante della legge su internet, quella sanzionatoria che punisce i pirati staccandogli il collegamento, dopo due avvertimenti, per aver scaricato illegalmente file musicali e film. Rischia così di finire nel nulla la più aspra battaglia parlamentare dell'era Sarkozy,

( da "Corriere della Sera" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ricorrendo anche alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo». Allo studio «forme di disobbedienza civile». Lorenzo Del Boca, presidente dell'Ordine nazionale, si è detto convinto che la nuova legge renda «l'informazione più debole», mentre Roberto Natale, presidente della Fnsi denuncia che «con il maxiemendamento siamo passati al Medioevo:>

Francia, il diritto a Internet non si tocca ( da "Corriere della Sera" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: il diritto a Internet non si tocca La Corte costituzionale boccia la legge antipirateria voluta da Sarkozy Quando si dà la caccia ai pirati (virtuali), le rotte rischiano di essere costellate di naufragi (molto concreti). Ne sa qualcosa, da ieri, Nicolas Sarkozy: la sua legge anti corsari del Web ha subìto una seconda, pesante battuta d'arresto.

Giornalisti e editori sul piede di guerra pronti a scioperare ( da "Manifesto, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: nonché ricorrendo alla Corte costituzionale e a quella europea dei diritti dell'uomo». Non solo, si stanno studiando anche «forme di disobbedienza civile per trovare il modo di far giungere ai cittadini le notizie di interesse pubblico». E per farlo, sono pronti anche a pagare le conseguenze della nuova infausta legge.

ROMA - Questo disegno di legge sulle intercettazioni è come una medicina destinat... ( da "Messaggero, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli dà sulla riforma che ha ottenuto ieri il voto di fiducia e oggi dovrebbe concludere il suo iter alla Camera. Presidente Mirabelli perché usa la metafora sanitaria? «Voglio evidenziare che se non ci fosse una malattia non ci sarebbe bisogno della cura da cavallo che il Governo e il Parlamento stanno mettendo a punto»

CON LA RIFORMA GELMINI 900 SCUOLE IN CALABRIA RISCHIANO LA CHIUSURA ( da "marketpress.info" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale proposti da alcune Regioni che hanno eccepito competenze regionali in materia di istruzione ed il cui esame è cominciato ieri. E sempre ieri il Tar del Lazio si è pronunciato su istanza di alcune associazioni di genitori rilevando che la circolare attuativa sui Regolamenti Gelmini è stata emanata sulla base di atti legislativi non ancora formalmente approvati.

PROTESI PER I BIMBI E I GIOVANI DELLA STRISCIA DI GAZA IL NUOVO IMPEGNO DELLA TOSCANA COME CAPOFILA DELLE REGIONI SULLA COOPERAZIONE ( da "marketpress.info" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: e che dovrebbe portare ad u n quadro normativo più chiaro, evitando in futuro, nuovi interventi della Corte dei Conti (come nel caso del sindaco di Lastra a Signa) nei confronti di amministratori impegnati in attività di cooperazione internazionale e nuove pronunce di annullamento della Corte Costituzionale verso leggi regionali (Val d´Aosta e Calabria).

QUESTO disegno di legge sulle intercettazioni è come una medicina destinata a curare ... ( da "Messaggero, Il (Frosinone)" del 11-06-2009) + 11 altre fonti
Argomenti: Giustizia

Abstract: Usa la metafora sanitaria il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli per evidenziare che se non ci fossero stati eccessi non ci sarebbe stato bisogno di una cura. Che come tutti i farmaci «comporta anche effetti collaterali la cui efficacia occorrerà verificare nel tempo».

L'Arma parte civile contro due militari ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: è vero che una sentenza della Corte Costituzionale impone di consegnare alla difesa copia dei dvd ma gli avvocati di Solvi e Cecere hanno presentato la richiesta prima di quella decisione e dopo non l'hanno più ripetuta. MARIA FRANCESCA CHIAPPE

Referendum Berlusconi: "Andrò a votare e sarà sì" ( da "AmericaOggi Online" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato anche le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza sulla campagna elettorale, con tanto di ricorso alla Consulta. Ricorso, però, rigettato ieri dalla Corte Costituzionale.

La campagna elettorale sul referendum. Perché è giusto votare ( da "AmericaOggi Online" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ma i limiti della Corte Costituzionale non lo permettono. Ma ne demoliamo punti fondamentali. Cancelliamo le candidature multiple, cioè il fenomeno deteriore per cui un candidato si può candidare anche in tutti i collegi (è accaduto anche domenica scorsa) prendendo in giro i cittadini che lo hanno eletto e che lo vedono scegliere per un collegio diverso.

Liberté, égalité, Internet Sarkò sconfitto dai pirati ( da "Stampaweb, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ieri la Corte costituzionale francese ha respinto la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli utenti di Internet che scaricano gratis brani coperti da diritti d?autore - cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la Diffusion des ?

Philippe Aigrain: "Internet libero, un boomerang per i censori. La Costituzione ci protegge" ( da "Stampaweb, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ma la Corte costituzionale ha bocciato solo una parte della legge, un?altra parte resta in vigore: va bene lo stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire dalla disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice.

Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv ( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: E ieri la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno.

Un referendum per la democrazia ( da "Nuova Ferrara, La" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: della legge elettorale, in quanto essa, in virtù di un deliberato della corte costituzionale, non è abrogabile in toto. «Bisogna salvare l'istituto referendario - le parole di Pasquino - in quanto rappresenta un importante strumento di potere politico dato ai cittadini; da qui l'invito ai cittadini di andare a votare».

Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv ( da "Arena.it, L'" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: E ieri la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno.

ROMA. SOLO VENTIQUATTR'ORE PRIMA AVEVA INVITATO IL CSM A NON LASCIARSI CONDIZIONARE DA LOGICHE ... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: stato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino a darne lettura all'apertura del plenum. Il capo dello Stato, che del Csm è presidente, dà il via libera all'ordine del giorno che prevede si discuta del pacchetto sicurezza, ma aggiunge un forte richiamo ai consiglieri. Il Quirinale segnala l'opportunità di «una più tempestiva formulazione dei pareri sui disegni di legge del Parlamento»

CORRADO CASTIGLIONE NO AL SOSTEGNO DIRETTO AL REFERENDUM ELETTORALE, MA COMUNQUE VOTERò... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale, che ha rigettato il ricorso presentato dal Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mariotto Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai. In sostanza il comitato lamentava di essere stato oscurato e chiedeva che nelle trasmissioni Rai di approfondimento potesse avere gli stessi spazi riservati ai partiti

PROCESSO ECOBALLE, DOPO IL VERTICE CSM LEPORE AUTORIZZA L'ASSEMBLEA DEI PM ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 11-06-2009) + 6 altre fonti
Argomenti: Giustizia

Abstract: Processo ecoballe, dopo il vertice Csm Lepore autorizza l'assemblea dei pm

Le Conseil supérieur de la magistrature attend sa réforme dans un climat tendu avec le pouvoir ( da "Monde, Le" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: le CSM a rendu peu d'avis. "CHAPE DE PLOMB" Le CSM chargé de veiller à l'indépendance de la justice était présidé par le chef de l'Etat. La réforme constitutionnelle de juillet 2008 coupe ce cordon ombilical sans lever les ambiguïtés. Le CSM aura désormais à sa tête le président de la Cour de cassation.

Intercettazioni: Sì Al Ddl. Banchi in aula pieni, ora piazze piene per contrastarlo ( da "Articolo21.com" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il comitato assumerà le conseguenti iniziative in ogni sede italiana ed europea, a partire dalla Corte Costituzionale e garantirà forme di assistenza agli atti di disobbedienza civile che dovessero rendersi necessari da parte di cronisti, redazioni e comunicatori in rete.

La scure si abbatte anche sulla rete ( da "Articolo21.com" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: insieme con Libera Informazione , un comitato composto da avvocati, da giuristi e da costituzionalisti con il compito non solo di disattivare le norme ma anche di creare le immediate condizioni affinche` la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea possano esprimere l?inevitabile giudizio di bocciatura.

I sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico ( da "AltaLex" del 11-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte del 2006[18]. In tale arresto la Corte ha infatti affermato il principio secondo cui la tutela costituzionale del domicilio è fondata sul rapporto esistente tra un soggetto ed il luogo in cui questi svolge la sua vita privata, ma la massima tutela (inviolabilità del domicilio) può essere garantita solo quando il predetto rapporto sia tale da escludere interferenze esterne nel

Ma in Italia i giudici sono veramente soggetti alla legge? ( da "Corriere delle Alpi" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: come ha indicato opportunamente la Corte Costituzionale (sent. n. 40/1964 e sent. n. 234/1976 Corte Cost.), si esprime nell'esigenza che "il giudice riceva, se non dalla legge, l'indicazione delle regole da applicare nel giudizio e che nessuna altra autorità possa, quindi, dare al giudice ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto".

Pcl, ricorso congelato dal Tar Le elezioni non si rifaranno ( da "Stampa, La" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: fermo restando che rimane pendente il giudizio della Corte Costituzionale sull'esclusione inizale del Popolo della Libertà che invece ha partecipato alle elezioni grazie alla sospensiva concessa dal Tar. Delusione nelle file del Pcl. Il portavoce Simone Anselmo ha detto: «I giudici hanno usato due pesi e due misure con noi e con il Pdl.

LA RIVOLTA DEI PUFFI ( da "Tribuna di Treviso, La" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: della Corte costituzionale di molti anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti». Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il paese aspettava una riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche argomento giuridico formale cui appigliarsi;

gratis sul web dal 3 luglio così si accede al servizio - roberta de rossi ( da "Nuova Venezia, La" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Per questo, dedico questa festa alla Corte costituzionale francese, che appellandosi ai diritti universali dell'uomo ha respinto un progetto per limitare l'accesso al Web». Cosa. Collegamento in rete per tutti i residenti, gli studenti e lavoratori pendolari e (in cambio di un ticket) i turisti.

Passa il ddl: e l'opposizione si spacca ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: BUFERA CSM Intanto è bufera al Csm. Tre consiglieri hanno presentato al Comitato di presidenza, perchè le comunichi al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che,

la rivolta dei puffi ( da "Mattino di Padova, Il" del 12-06-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Giustizia

Abstract: della Corte costituzionale di molti anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti». Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il paese aspettava una riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche argomento giuridico formale cui appigliarsi;

Gli ispettori ministeriali? ( da "Giorno, Il (Legnano)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Una querelle che ha raggiunto un ulteriore livello con il ricorso della Regione alla Corte costituzionale perché venga valutata la legittimità di queste ispezioni. Comunque, la Guardia di Finanza legnanese, in serata, confermava che i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero stanno monitorando l'iter di realizzazione del nosocomio.

il fronte editori-giornalisti "privacy sì, silenzio no" ( da "Repubblica, La" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: cittadini sono consapevoli che ad essere violato è un loro diritto: quello di sapere per capire, di conoscere per giudicare, di informarsi per poter operare scelte consapevoli». E si arrivano a prospettare proteste clamorose: in attesa che Corte Costituzionale «stabilisca qual è il valore dell´informazione», l´Ordine ritiene che occorra «ipotizzare forme di disobbedienza civile».

Troppe fughe di notizie, manca tutela ( da "Sole 24 Ore, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: di cui ha scritto ieri la Corte costituzionale si vedrà. Intanto la Consulta, con la sentenza n. 173 (con le motivazioni della parziale bocciatura della legge approvata nel 2006 con voto bipartisan), afferma una realtà forse scomoda che è quella di uffici giudiziari colabrodo, poco in grado di garantire la sicurezza degli atti.

GLI ORDINI dei medici d'Italia oggi a convegno a Terni per rib... ( da "Nazione, La (Umbria)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Introduce i lavori il professor Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. «Gli orizzonti che offrono i nuovi saperi e le nuove tecnologie in ambito sanitario afferma il presidente Fnomceo, Amedeo Bianco devono condurci ad affrontare, in maniera meno emotiva, le questioni che riguardano i confini della vita.

La Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste... ( da "Giorno, Il (Milano)" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 13 La Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste... La Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La stessa decisione della Corte Costituzionale italiana avrebbe richiesto mesi se non anni.

All'Auditorium le donne del sì quelle del no al Buon Pastore ( da "Unita, L'" del 12-06-2009)
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Abstract: Giudice della Corte Costituzionale, Carla Rabitti Bedogni, vice presidente dell'Antitrust e Mariapia Fanfani. Alla Sapienza ieri, invece, inedito défilé dei tre delle sue guardie del corpo, rigorosamente donne: il leader libico le ha mostrate come esempio della condizione di libertà della donna nel suo Paese.

Pd e franchi tiratori Carra: un errore la votazione segreta ( da "Corriere della Sera" del 12-06-2009)
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Abstract: autorizzazione per ascoltarlo direttamente) la cui utilizzabilità ora è al vaglio della Corte Costituzionale. Lusetti, però, spazza via il sospetto: «Io sono un soldato e quindi rispetto le indicazioni del partito. Però... ». Però? «Io ci sono passato. Sono volterriano: 'Prendi una frase di un galantuomo e isolala da un contesto e ne farai un delinquente.

Al Senato l'iter sarà breve, e presto la nuova normativa sulle intercettazioni telefoniche e affini sarà legge ( da "Eco di Bergamo, L'" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: altra porteranno la legge direttamente di fronte alla Corte costituzionale. La polemica sulle intercettazioni si chiude dunque così: il premier sta comunque portando a casa un provvedimento che ha fortissimamente voluto, incurante di tutti gli avvertimenti che sono arrivati dai rami alti delle istituzioni, a cominciare dal Quirinale.

Caro Signor Gervaso, per quanti sforzi faccia, non riesco a capire la politica italiana.<... ( da "Messaggero, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: eminente giudice della Corte Costituzionale, se non fosse fuori commercio. Lei mi domanderà perché non è reperibile nelle librerie. Perché Mazzella, uno degli ultimi grandi servitori dello Stato, per opportunità istituzionale, non rende mai di pubblico dominio quello che esce dalla sua penna, a meno che non siano racconti o romanzi.

ROMA - Anche i quindici giudici della Corte costituzionale riconoscono in una sentenza (la n. 173 de... ( da "Messaggero, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Anche i quindici giudici della Corte costituzionale riconoscono in una sentenza (la n. 173 depositata ieri in cancelleria) che nei tribunali non è garantita la segretezza degli atti. E casualmente l'autorevole giudizio giunge proprio nel giorno in cui la Camera dei deputati ha approvato il ddl del governo che tra l'altro impone norme più severe per la conservazione e l'

ROMA - Ho sempre visto con favore l'apposizione di limiti più string... ( da "Messaggero, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte costituzionale Enzo Cheli al Messaggero. Tuttavia sulla procedura scelta il costituzionalista è critico: «Non condivido il fatto che su una materia come questa, che mette in gioco diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione, si sia seguita la linea dell'apposizione della fiducia che ha strozzato il dibattito e ha ridotto le possibilità di uno scambio più

Il bluff della privacy ( da "Manifesto, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: cioè la Corte europea; c'è la Corte Costituzionale; c'è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora che il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare ripensamenti, compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni fa contro il ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano.

Religione cattolica a scuola: riprendere il passo per la laicità ( da "Manifesto, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: che provocarono la famosa sentenza della Corte Costituzionale in nome della tutela del principio di non discriminazione su cui si fonda lo stesso Nuovo Concordato (art. 9). Quella sentenza (n. 203 del 1989) proclamò infatti lo stato di assoluto non obbligo per tutti coloro che non si avvalgono dell'irc, poiché non ci sono alternative paragonabili,

Intercettazioni illegali, sentenza a orologeria della Consulta ( da "Opinione, L'" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ormai anche le sentenze della Corte Costituzionale arrivano ad orologeria. L'altro ieri era stata votata la fiducia alla Camera sul disegno di legge che modifica, limitandola fortemente, la disciplina delle intercettazioni telefoniche e ieri ecco una bella "sentenza zeppa", la 173 dell'11 giugno 2009, che dice che anche in caso di intercettazioni palesemente illegali -

Politica: Del Basso De Caro: ( da "Sannio Online, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la questione è stata devoluta alla Corte costituzionale. Io spero che la sconfitta, sempre orfana di genitori, ci consenta di riprendere un percorso, che, iniziato trionfalmente il 14 ottobre 2007, ha subito soltanto una battuta d?arresto. Sono assolutamente persuaso della bontà del progetto politico e della necessità di costruire dal basso,

Segni tuona contro Berlusconi ( da "Rinascita Online" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale ha infatti dichiarato improcedibile il ricorso sollevato da Guzzetta e soci sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. Oggetto del contendere era stata la delibera con cui Palazzo San Macuto aveva disciplinato forme e modi della programmazione radiotelevisiva della concessionaria di

Moldova: verso elezioni politiche ( da "Nuovo, Il" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Alta corte a scioglimento Parlamento (ANSA) - MOSCA, 12 GIU - In Moldova la Corte costituzionale ha dato l'ok alla richiesta del presidente Voronin di sciogliere il Parlamento e indire le elezioni. 'Il presidente -ha sancito la Corte- ha non solo il diritto ma l'obbligo di firmare il decreto sullo scioglimento del Parlamento e la data di nuove elezioni'

Liguria: Burlando "legge impedisce stabilizzazione precari" ( da "Savona news" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Noi andremo di fronte alla Corte Costituzionale e vedremo alla fine come saranno giudicati i profili di costituzionalità di questi provvedimenti. Particolarmente grave giudichiamo l?atteggiamento del governo sul problema dei precari. Avevamo avviato con il ministro Brunetta e il capo dipartimento del ministero Naddeo un confronto che ci sembrava positivo,

UE: TELECOM PACKAGE, SI INASPRISCE SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO ( da "Prima Comunicazione" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: palesare la propria proposta per l'avvio formale dei lavori del Tavolo di conciliazione che dovrebbe avvenire entro la fine dell'anno. Intanto in Francia una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illeggittima la legge Hadopi approvata a meta' maggio proprio nella parte che prevede il distacco della connessione Web.

Sulla condanna di una persona giuridica per illecito amministrativo ex lege 231/01 ( da "AltaLex" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: utile ricordare che già in linea teorica si può ben affermare che - come ha sottolineato la Corte Costituzionale - , il legislatore ha perpetuato, in via di eccezione, il vecchio modello punitivo in rapporto alla emissione di fatture per operazioni inesistenti, continuando a reprimere, con il più volte citato D.Lgs. n. 74 del 2000, art.

CSM: un'altra defezione dopo le accuse di Alfano ( da "JulieNews.it" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: 56 CSM: un'altra defezione dopo le accuse di Alfano di: Antonio Rispoli Dopo le dimissioni di tre componenti del CSM, che si sono ritenuti offesi dalle parole del Ministro per la Giustizia Angelino Alfano sulla politicizzazione e la lottizzazione all'interno della magistratura, oggi è toccato ad un quarto consigliere: Ciro Riviezzo,

Il bluff della privacy** ( da "Articolo21.com" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: cioè la Corte europea; c?è la Corte Costituzionale; c?è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora che il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare ripensamenti, compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni fa contro il ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano.

Pacchetto sicurezza: ecco cosa dice il CSM ( da "Articolo21.com" del 12-06-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ecco cosa dice il CSM di Bruna Iacopino Il disegno di legge 733, già passato alla Camera, dal 23 giugno approderà nuovamente al Senato per l'approvazione definitiva. Nel frattempo però arriva anche la nuova relazione del CSM, che dopo aver espresso numerose perplessità in merito al decreto legge, varato qualche mese fa,


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Anche le fondazioni sono chiamate a confrontarsi con la crisi (sezione: Giustizia)

( da "Milano Finanza (MF)" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

MF sezione: Commenti & Analisi data: 10/06/2009 - pag: 7 autore: di Angelo De Mattia Anche le fondazioni sono chiamate a confrontarsi con la crisi Inizia oggi a Siena il Congresso dell'Acri, l'associazione delle fondazioni di origine bancaria presieduta da Giuseppe Guzzetti, dopo la decisione assunta di strutturare in senso federalistico, con una più articolata rappresentanza territoriale, l'organo deliberativo di vertice. Pur riflettendosi la crisi attraversata in una riduzione dei proventi derivanti alle fondazioni dai loro investimenti soprattutto in partecipazioni bancarie, questi enti, da un lato, non hanno sostanzialmente ridotto le erogazioni istituzionali a favore dei settori da essi sostenuti e, dall'altro, non sono venuti meno alla funzione di concorrere alla stabilizzazione del sistema bancario, del quale hanno contribuito a promuovere, nell'ultimo quindicennio, la riorganizzazione e il consolidamento, sotto l'impulso della Banca d'Italia. Si è trattato di una fase di ristrutturazione (mentre non poche banche agli inizi degli anni 90 si trovavano in uno stato preagonico) che ha un precedente solo in quella avvenuta negli anni 30. Sarebbe doveroso ricordarsi dell'opera svolta sia dalle fondazioni sia dall'Istituto di Via Nazionale, soprattutto oggi, quando a ogni pie' sospinto si mettono in evidenza le condizioni dei nostri istituti di credito, di fronte alla crisi, migliori di quelle di molti altri istituti esteri. In un mercato assai povero di investitori istituzionali, le fondazioni, dopo avere scorporato le aziende bancarie in forma di spa, superando così la figura delle Casse di risparmio, secondo la legge Amato/Carli, hanno avuto una funzione surrogatoria, svolgendo il ruolo proprio di questa categoria di investitori, con un'ottica di lungo periodo, complessivamente astenendosi dall'interferire nelle scelte di merito delle banche partecipate. È difficile immaginare quale sarebbe stato l'assetto proprietario, soprattutto dei maggiori istituti di credito, senza l'intervento di un soggetto come le fondazioni. Non è azzardato ipotizzare che il sistema sarebbe stato ben più esposto alle acquisizioni dall'estero, che certamente non vanno respinte in linea generale, ma non potrebbero essere accolte se straripanti, come, del resto, avviene in ciascun Paese europeo. Nel complesso, oggi le fondazioni si presentano con un soddisfacente consuntivo di attività. Alle spalle hanno la vittoriosa battaglia per affermare, sei anni or sono, il loro status peculiare contro le norme volute allora dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ne avrebbero sancito l'infeudamento a opera delle forze politiche del territorio. Ne sarebbe risultata compromessa l'autonomia, che è cosa diversa dall'autoreferenzialità, oggetto di un'infondata critica da parte di coloro che guardano in maniera negativa al mondo delle fondazioni. Infondata perché non sono poche le forme attraverso le quali le fondazioni rendono conto del loro operato e rispondono alla società civile e politica. La Corte costituzionale bocciò quella disciplina, che già aveva collezionato, per i profili applicativi, altre bocciature dal Tar e dal Consiglio di Stato, sancendo definitivamente, per gli enti in questione, la natura di soggetti privati di utilità sociale. Si trattò di una vittoria che segna uno spartiacque nel rapporto tra tali soggetti e le istituzioni della politica. L'abilità e la lungimiranza dell'Associazione, del mondo rappresentato e, soprattutto, di Guzzetti si sono particolarmente dimostrate nel non eccessivamente inorgoglirsi dopo quel successo e nel non rifiutare di collaborare, in funzione degli interessi di sistema e generali, anche al rilancio della Cassa depositi e prestiti (nella quale le fondazioni hanno oggi una partecipazione ben remunerata del 30% da rinnovare a breve) aderendo a una proposta dello stesso ministro, che prima avrebbe voluto, con le norme progettate e respinte, il mutamento dei tratti fondamentali di questa categoria di enti. Dal canto suo, lo stesso Tremonti, con onestà intellettuale, ha avuto modo più volte di ammettere l'errore commesso nell'ingaggiare quella confrontation, perdente, con organismi della società civile, fondamentali oggi per concorrere all'applicazione dei principi di sussidiarietà introdotti nella Carta costituzionale all'art. 118. Ma alle spalle le fondazioni hanno il crescente sviluppo della loro presenza in molti comparti (public utility, fondi, autostrade, F2i.) Più di recente, è stato dato impulso all'housing sociale. In teoria, in base alla legge (e decreto delegato) Ciampi, una normativa pressoché ignorata, le fondazioni potrebbero partecipare anche al capitale della Banca d'Italia. L'identikit delle fondazioni è, dunque, ben definito, con l'opera del legislatore, del Giudice delle leggi, con il loro concreto operare per il sostegno dei numerosi comparti di intervento (dall'arte, all'assistenza, alla ricerca, al volontariato ecc.) con i programmi degli impegni futuri che dovranno fare anche i conti con l'andamento delle fonti di reddito. Oggi, è fondamentale che questi organismi preservino la loro natura e continuino a definire le strategie e a compiere le scelte di merito in piena autonomia, osservate, naturalmente, le norme primarie e secondarie che li disciplinano. Gli indirizzi del federalismo e la più spinta valorizzazione del territorio, se correttamente inquadrati, possono costituire un contesto favorevole per l'operare delle fondazioni. Andrebbero, però, prevenute possibili forzature che dovessero derivare da visioni fortemente localistiche alle quali ricondurre l'agire di tali soggetti. Sarebbe decisamente da evitare una campanilistica territorializzazione, a scapito dei doveri di solidarietà e di cooperazione nazionali. In effetti, le fondazioni dovrebbero e potrebbero ancor più cimentarsi nel concorrere al sostegno dello sviluppo economico anche su scala nazionale. Avranno bisogno, come esse stesse ricordano, di una maggiore attenzione di Governo e Parlamento, sia per i profili fiscali relativi alla loro operatività, che potrebbe fruire in parte di un regime agevolativo, sia per l'assetto dei controlli oggi attribuiti al ministero dell'Economia e che potrebbero, invece, essere diversamente organizzati in relazione alla natura sostanzialmente non profit dei fini di questi enti. Insomma, si attende che il congresso, che si apre con la sapiente regia del presidente Guzzetti (che è anche presidente della storica Fondazione Cariplo), soprattutto dibatta sulle fondazioni nel contesto della crisi e di fronte alla necessità di contribuire ad arrestare il bradisismo che tocca l'economia italiana.

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Berlusconi: (sezione: Giustizia)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

PRIMO PIANO pag. 2 Berlusconi: «Più forti «Grazie ai milioni di italiani che hanno avuto fiducia in me IL CAVALIERE ROMPE IL SILENZIO: «PREMIATO di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano: Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui, l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni» facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà) scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/537.jpg

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Berlusconi: (sezione: Giustizia)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

PRIMO PIANO pag. 2 Berlusconi: «Più forti «Grazie ai milioni di italiani che hanno avuto fiducia in me IL CAVALIERE ROMPE IL SILENZIO: «PREMIATO di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano: Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui, l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni» facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà) scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/5393.jpg

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libertà e responsabilità delle fondazioni - gustavo zagrebelsky (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 33 - Commenti LIBERTà E RESPONSABILITà DELLE FONDAZIONI GUSTAVO ZAGREBELSKY A dieci anni dalla «riforma Ciampi» e a sei dalle sentenze della Corte costituzionale che ne hanno fissata la natura, si può tentare, se non un bilancio, almeno qualche considerazione generale circa la corrispondenza tra l´essere e il dover essere delle fondazioni di origine bancaria: qualche considerazione generale destinata principalmente a formulare domande, la risposte alle quali è di competenza di coloro che del modo d´essere e di operare delle fondazioni portano, a qualche titolo, la responsabilità. Le fondazioni sono il risultato della trasformazione ope legis degli originari «enti conferenti» che, all´inizio degli anno ‘90, hanno operato la trasformazione degli enti creditizi in società per azioni. Esse sono diventate persone giuridiche private senza fine di lucro, la cui dotazione patrimoniale consiste nei risultati economici dell´amministrazione dell´originaria partecipazione azionaria al capitale delle società bancarie e sono chiamate a perseguire « esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico «. Questi scopi sono assorbenti. Nulla residua, al di fuori di essi. Non solo la destinazione del reddito derivante dagli investimenti del capitale (le «erogazioni»), ma il capitale stesso è totalmente vincolato, e da questi scopi sono radicalmente escluse le attività d´impresa o di finanziamento diretto o indiretto di attività d´impresa, compresa, per esplicita e diretta sottolineatura, l´attività creditizia. L´origine bancaria dovrebbe dunque oggi essere solo il ricordo di una vicenda ormai chiusa, appartenente non alla storia ma alla preistoria delle fondazioni volute dalla legge Ciampi. Le «dismissioni» delle partecipazioni nel capitale delle società bancarie, imposte per legge, avrebbero dovuto segnare, per l´appunto, la cesura tra preistoria e storia attuale. Nel 2003, le fondazioni sono state oggetto di due sentenze della Corte costituzionale che ne ha precisato il «posto istituzionale» che compete loro., ascrivendole alla sfera delle «libertà sociali». Esse - è stato detto - appartengono a una dimensione della vita collettiva che non si lascia ridurre alla «grande dicotomia» di cui parlava Norberto Bobbio, tra il pubblico, come gestione autoritativa di interessi collettivi, e il privato, come libero perseguimento di fini d´interesse individuale. In breve, si tratta (a) di soggetti giuridici privati, (b) espressione di auto-organizzazione sociale, (c) dotati di un proprio patrimonio, gestito in modo non speculativo, (d) operanti per la cura d´interessi non politici ma, ugualmente, generali o collettivi, delle comunità di riferimento, al di fuori di qualsiasi intento o scopo di lucro. Né stato né mercato, ma socialità. Così, le fondazioni sono venute a collocarsi in uno spazio che ha un preciso significato costituzionale cui si riferiscono gli artt. 2, 18, 41 e 43 della Costituzione, come ispirazione generale di una «democrazia sociale»: ispirazione che, secondo l´art. 118, assurge a criterio di organizzazione delle funzioni di rilevanza pubblica. Le Fondazioni occupano dunque uno spazio che è tipico, ma è anche precario perché esposto alle pressioni e alle tentazioni che vengono dai due lati dell´esposizione, l´economia e la politica. Il raggiungimento e la difesa dell´equilibrio tra l´una e l´altra sono tutt´altro che facili, in un contesto come il nostro, dominato da stretti legami tra politica e finanza, entro i quali le fondazioni sono chiamate a destreggiarsi. (...) Presso l´opinione pubblica avvertita, che è quella che spesso risulta determinante tra i fattori di pre-comprensione che guidano anche gli atteggiamenti dei giudici in materie dove dominano fattori tecnici, come quello di cui ci stiamo occupando, non risultano facilmente giustificabili, alla luce della posizione e dei compiti che sono attribuiti alle nostre fondazioni - oggi si dice della loro mission - comportamenti che sembrano pregiudicare negativamente la loro posizione sui due versanti rispetto ai quali essa si gioca e nei confronti dei quali deve preservarsi la loro autonomia. Noi non ignoriamo affatto che sempre, e particolarmente in un momento come è l´attuale di crisi economica dalle pesanti conseguenze sociali, tutti gli attori istituzionali devono cooperare per non disperdere le energie e per concentrare le scarse risorse esistenti, in vista di un interesse comune che li trascende tutti. Ma questo deve avvenire nel rispetto dell´originalità dei ruoli rispettivi. Così, presso quell´opinione pubblica avvertita, non giovano le contese politiche che accompagnano la vita delle fondazione nei momenti di formazione dei loro organi e nei momenti importanti della loro attività; contese da cui viene talora accreditata l´impressione ch´esse siano concepite come enti strumentali delle amministrazioni pubbliche locali, da occupare con i propri uomini. D´altra parte, non giovano nemmeno i coinvolgimenti con le politiche finanziarie delle banche da cui, pur al di là del rispetto formale delle norme di legge, sembra risultare la perduranza di intrecci d´interesse con i quali le fondazioni dovrebbero ormai avere sciolti i propri legami. Queste impressioni alimentano l´idea che l´amministrazione dei grandi patrimoni delle fondazioni serva ad altro che a fornire le rendite migliori per alimentare le proprie attività erogative a favore della collettività, attività per le quali anche la struttura organizzativa e funzionale - la governance, si dice oggi - non è adatta, e che l´autonomia di cui gli enti gestori godono non sia, in pratica, giustificata dal loro particolare legame di responsabilità sociale nei confronti delle comunità di cui essi devono essere la rappresentazione, e sia invece uno schermo per scelte politico-amministrative e imprenditoriali sottratte alla responsabilità ora della politica, ora del mercato. (...) La strada per consolidare la posizione delle fondazioni, riempirla di significato conforme alla democrazia in senso sociale e sottrarla a quello che è stato definito il pericolo della loro «autoreferenzialità» non può che essere di stabilire nessi e collegamenti circolari di affidabilità e ricettività con l´ambiente in cui esse operano, dove circolino informazioni, si esprimano bisogni, si formulino progetti e domande, entro un sistema di «libertà sociali» accompagnate a «responsabilità sociali». I due concetti di libertà e responsabilità sono naturalmente correlati e la loro correlazione è condizione per poter parlare delle fondazioni come soggetti appartenenti alle comunità territoriali di riferimento e per far sì che le prime vengano sempre più percepite come elementi portanti delle seconde. Non sovrappiù, aggiunte, sovrapposizioni, ma parti integranti, anzi integratrici. L´autonomia delle fondazioni ha questo primario obbiettivo, di formazione e tenuta del tessuto sociale. In questa direzione, può concorrere la pubblicità dei loro progetti, alla cui realizzazione siano chiamati a concorrere tutti i soggetti interessati, la selezione tra quali sia fatta con criteri di trasparenza, oggettività e imparzialità, secondo procedure che assicurino forme di partecipazione cooperativa; il diritto degli interessati alla motivazione delle decisioni di diniego, utile particolarmente nel caso del concorso di pluralità di domande d´accesso al medesimo finanziamento; procedure di rimostranza presso organi di garanzia, dotati di autonomia funzionale, da attivare in caso di decisioni che si ritengano discriminatorie (...); la pubblicità preventiva dei progetti di finanziamenti di rilevante importo (...); l´istituzione di una Autorità indipendente, cioè non governativa – eventualmente, in assenza di iniziativa legislativa in proposito, anche per determinazione autonoma del sistema stesso delle fondazioni -, garante della legalità, della trasparenza e della "buona gestione" - nell´interesse dei soggetti terzi - delle attività istituzionali delle Fondazioni e della destinazione dei loro patrimoni. (Questo articolo è un ampio stralcio dell´intervento che l´autore terrà oggi a Siena al congresso delle Fondazioni di origine bancaria)

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Berlusconi: (sezione: Giustizia)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

PRIMO PIANO pag. 2 Berlusconi: «Più forti «Grazie ai milioni di italiani che hanno avuto fiducia in me IL CAVALIERE ROMPE IL SILENZIO: «PREMIATO di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano: Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui, l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni» facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà) scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula. Image: 20090610/foto/6126.jpg

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di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'... (sezione: Giustizia)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Giorno, Il (Milano)) (Nazione, La (Firenze))

Argomenti: Giustizia

PRIMO PIANO pag. 3 di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'... di ANTONELLA COPPARI ROMA RIDOTTA all'osso, è una questione di priorità. In cima all'elenco, c'è Milano: Silvio Berlusconi non vuole perdere in casa, e preferisce quindi mollare al suo destino il referendum elettorale che può ostacolare la marcia della maggioranza verso la conquista della provincia il 21 giugno. Forse non la pensa proprio in fotocopia Bossi che vede come il fumo negli occhi la legge che uscirebbe dalla consultazione ma pure al Senatur premono i ballottaggi per Belluno, Rovigo e soprattutto Venezia: l'incontro tra queste due esigenze, produce il patto messo nero su bianco lunedì sera durante la cena di Arcore dal ministro leghista Calderoli, secondo cui il premier non darà sostegno diretto al referendum mentre i leghisti spingeranno i propri elettori ad andare a votare nelle zone cruciali del nord, provincia di Torino compresa, invitandoli a non ritirare la scheda referendaria. DI PIU': Bossi si impegna a fare uno-due comizi di supporto a Milano e forse nel capoluogo piemontese. Nel suo feudo, però, chiede espressamente al premier di non stringere alleanze con l'Udc, ma per il resto del paese gli lascia carta bianca per verificare la possibilità di intese con Casini indispensabili, secondo Berlusconi per completare ai ballottaggi la vittoria del primo turno, recuperando quel parziale insuccesso delle Europee che l'irrita ancora, se paragonato all'exploit alle amministrative. Di qui, l'invito a non «mancare l'appuntamento al secondo turno» contenuto in una nota diffusa da palazzo Chigi anche per sottolineare che «malgrado le tante calunnie» lui la sua battaglia l'ha vinta «grazie agli elettori» che gli «hanno dato fiducia, rendendo il Pdl il primo partito in tutte le circoscrizioni» facendogli «raddoppiare» il vantaggio sul Pd. Berlusconi lancia l'amo, ma il leader dell'Udc si tiene le mani libere salvo stringere un'intesa con D'Alema su Brindisi, dove chiuderanno insieme la campagna elettorale per il candidato del Pd, Ferrarese, che i centristi hanno sostenuto al primo turno. I giochi sono aperti: dentro e fuori il Pdl. Sì, perchè l'annuncio del disimpegno sul referendum (che non comporta automaticamente che Berlusconi non voterà) scontenta Fini e i referendari del centrodestra, facendo emergere il malessere contro la Lega che «non può sempre dettare la linea» (Della Vedova) nè battere cassa per avere la presidenza di importanti regioni del Nord. «In Lombardia il Pdl è il primo partito, la presidenza non spetta alla Lega», sottolinea il governatore Formigoni. INTANTO, il Cavaliere vuole affrettare le riforme. «La stabilità di governo esce rafforzata dal voto europeo e noi procederemo con passo ancora più spedito nell'attuare le riforme necessarie per ammodernare l'Italia». Nel pacchetto di cui vuole occuparsi di persona, c'è la modifica dell'architettura istituzionale dello Stato: dal bicameralismo ai poteri del premier. La legge elettorale sarebbe il punto finale di un cammino più complesso: anche questo, si nota a Palazzo Chigi, l'avrebbe convinto a non insistere su una consultazione referendaria che, in base all'affluenza per le europee, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il quorum. C'è da dire che a Berlusconi non par vero dar una bacchettata agli esponenti di An «che hanno pensato solo a loro: da lì non mi è arrivata una preferenza». Ed è importante per lui accelerare sulla giustizia: oggi si vota la fiducia sul ddl intercettazioni, ma sullo sfondo c'è il lodo Alfano, con la decisione della Corte costituzionale. Un'attesa che lo assilla. Come l'idea di far dimettere da parlamentari i sottosegretari per imbarcare nuovi onorevoli, in modo da assicurare una presenza cospicua in aula.

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Acri, anche Tremonti oggi ai (sezione: Giustizia)

( da "Nazione, La (Siena)" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

CRONACA SIENA pag. 8 Acri, anche Tremonti oggi ai «Rinnovati» Economisti e istituzioni a confronto SIENA CAPITALE per due giorni del mondo delle fondazioni bancarie. Oggi e domani il Teatro dei Rinnovati ospita infatti il XXI Congresso nazionale delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio Spa, organizzato dall'Acri. Numerosi e di alto livello i rappresentanti del mondo economico e finanziario che si confronteranno sul tema "Identità, radici del futuro". All'apertura, stamani alle 10.15, atteso anche Giulio Tremonti, ministro dell'Economia; con lui, fra gli altri, Sandro Molinari, presidente onorario dell'Acri; Claudio Martini, presidente della Regione oltre il sindaco Maurizio Cenni, Gabriello Mancini, vicepresidente dell'Acri e presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena; Emilio Rui Vilar, presidente dell'Efc - European Foundation Centre e presidente della Fundação Calouste Gulbenkian; Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d'Italia; Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri. Nel pomeriggio, dalle 14.15, la sessione dedicata alle Fondazioni, a cui partecipano in qualità di relatori: Emmanuele Francesco Maria Emanuele, vicepresidente dell'Acri e presidente della Fondazione Roma; Carlo Trigilia, professore ordinario di Sociologia Economica all'Università di Firenze; Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale; Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti Spa; Angelo Benessia, presidente della Compagnia di San Paolo; Ilaria Buitoni Borletti, consigliere e membro del Comitato Esecutivo del Fai; Mario Monti, presidente della Bocconi; Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore; Federico Vecchioni, presidente della Confagricoltura; Antonio Miglio, vicepresidente dell'Acri e presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano. Domani invece, dalle 9, la sessione dedicata alle Casse di Risparmio Spa. I RELATORI saranno Michele Gremigni, vicepresidente dell'Acri e presidente dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze; Mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei; Giuseppe Mussari, presidente di Banca Mps; Chris De Noose, presidente del Comitato di Direzione del Gruppo Europeo e dell'Istituto Mondiale delle Casse di Risparmio; Giovanni Berneschi, presidente della Banca Carige Spa e vicepresidente dell'Abi; Alfredo Santini, presidente della Cassa di Risparmio di Ferrara Spa; Antonio Patuelli, vicepresidente dell'Acri e presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna Spa; Camillo Venesio, presidente dell'Assbank; Corrado Faissola, presidente dell'Abi.

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Napolitano sferza le toghe: Pm, protagonismo dannoso (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

CSM Mancino annuncia nuovi limiti alle pratiche a tutela. Per distinguere gli attacchi dagli «sfoghi personali» Napolitano sferza le toghe: «Pm, protagonismo dannoso» ROMA Una seria autocritica per tutelare davvero, con il recupero pieno del prestigio della magistratura, il valore intangibile dell'indipendenza. Picchia duro sulle toghe (anche se l'Anm in serata dirà subito che non è stata una reprimenda) il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che presiede un plenum dedicato ufficialmente al funzionamento degli uffici e all'organizzazione di quello dei pm anche alla luce dei maggiori poteri dei capi procura, ma sul quale gravano le tensioni dello scontro infinito tra politica e magistratura, del «congelamento» delle pratiche a tutela e dell'annunciata riforma costituzionale cui Berlusconi tiene parecchio. Già un anno fa, quando al governo c'era ancora la sinistra, era stato durissimo coi pm troppo «protagonisti». Ieri, sebbene il clima politico sia tutt'altro e nonostante gli attacchi del presidente del consiglio che parla di magistrati e giornalisti come «delinquenti», torna sullo stesso punto. Richiamando «il senso dei limiti e degli equilibri entro i quali ogni istituzione rappresentativa, potere e organo dello Stato può e deve svolgere il proprio ruolo». Napolitano premette di avere sempre difeso l'indipendenza della magistratura e dice che continuerà a farlo. Ma davanti alle tante «insufficienze» e «tensioni» del pianeta giustizia sono le toghe a dover fare, nel loro interesse, una seria autocritica. Il capo dello Stato parla di «specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei complessivi equilibri istituzionali» da parte della magistratura che «non può non interrogarsi sulle sue corresponsabilità dinanzi al prodursi e all'aggravarsi delle insufficienze del sistema giustizia». Presiedendo il Csm Napolitano suggerisce, dunque, «l'avvio di un'aperta, seria, non timorosa, riflessione critica da parte della magistratura su se stessa e la sua conseguente apertura alle necessarie autocorrezioni». E' infatti convinto che questo «sia il modo migliore per prevenire qualsiasi tentazione di sostanziale lesione dell'indipendenza della magistratura»". Superare certe tensioni del resto «non è possibile senza un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al capo dell'ufficio». Si deve dunque stigmatizzare da parte dei pm un comportamento «impropriamente protagonistico o chiaramente strumentale ad altri fini» che danneggia il ruolo stesso del pubblico ministero. Il 'numero due' di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino ammette i «problemi di rapporti collaborativi tra il vertice delle Procure e i più diretti collaboratori», ma invita a non chiudersi «in una sterile supremazia verticistica». Si allinea al presidente chiedendo un atteggiamento pronto sempre al «dialogo costruttivo». E annuncia che in tempi rapidissimi sarà approvato un regolamento che limiti le pratiche a tutela da discutere al Csm. Quelle a favore dei giudici del processo Mills, sono sul suo tavolo da mesi.

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Segni e Guzzetta all'attacco "Ora il Cavaliere ha paura" (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Segni e Guzzetta all'attacco "Ora il Cavaliere ha paura" [FIRMA]ANTONELLA RAMPINO ROMA Non si arrendono i referendari. Anzi, rilanciano in allegria. Un Guzzetta ridente e un Segni in vena, accompagnati da una maschera di Calderoli che infila mano nella romanissima Bocca della Verità al grido di «È una porcata!». Sono gli altri «ad esser terrorizzati», argomenta Guzzetta, «se il referendum passa in questo Paese ci sarà una rivoluzione pacifica». La porcata, beninteso, è la legge elettorale così definita dal suo stesso autore, Calderoli, e i referendari si sono fiondati alla Bocca della Verità non appena si è saputo l'esito della cena di Arcore, Berlusconi che cede alle richieste di Bossi, niente campagna elettorale del Pdl per il referendum, soprattutto Silvio non scenderà personalmente in campo. Quando la notizia arriva, Piero Fassino è in uno studio televisivo, si rigira il lancio d'agenzia tra le mani, «è chiaro, è la condizione posta dalla Lega per dare i suoi voti ai ballottaggi». Il Pd continua ad essere favorevole ai tre quesiti che hanno l'intenzione di correggere in senso maggioritarista, premiando le liste e non le coalizioni, l'attuale «porcellum». «Voteremo sì per coerenza, siamo contrari all'attuale legge», dice Massimo D'Alema, suscitando qualche clamore quando poi aggiunge: «Proporremo una riforma sul modello tedesco». Ma una porcata, più o meno, sembra ad Anna Finocchiaro anche lo scambio avvenuto tra Bossi e Berlusconi: «È una svendita», dice. In realtà, se i referendum passassero è stato calcolato che il gradimento per il Pdl potrebbe arrivare sino al 60 per cento, e il Pd finire al lumicino: come consegnare l'Italia a Berlusconi. Ma il Pd sembra avere fiducia nella politica, nel fatto che sarà capace di offrire una proposta che sarà apprezzata dagli italiani. Quel che tutti sospettano è che Berlusconi non farà campagna elettorale (come Bossi aveva già anticipato il 27 maggio scorso), ma l'elettorato del Pdl a votare ci andrà eccome, non a caso la Lega dà indicazione ai suoi di non ritirare proprio la scheda. E simmetricamente, l'elettore del Pd potrebbe invece contraddire la nomenclatura del partito, e non andare a votare. Mario Segni non è preoccupato. Intanto perché «l'elettore di An e di Forza Italia è fortemente favorevole al bipartitismo, e si vedrà quanto quella spinta si tradurrà in voti». Quanto al centrosinistra, «larga parte del Pd è con noi, non così gli ex popolari e la sinistra radicale». Soprattutto, «è ormai sfumato il timore che l'esito del referendum possa regalare l'Italia a Berlusconi. E sa perché? Perché Berlusconi ha perso le europee, elezioni che aveva impostato come un referendum su se stesso». Oggi si saprà se il ricorso alla Corte Costituzionale permetterà ai referendari di avere spazio sui telegiornali della Rai.

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Marilenghe avanti adagio (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Nord-Est sezione: EST data: 2009-06-10 - pag: 16 autore: Friuli-Venezia Giulia. La Regione accetta i rilevi della Consulta alla Lr 29/07 «Marilenghe» avanti adagio Molinaro: «Sul Bur il testo emendato» - Resta il nodo risorse TRIESTE Paolo Pichierri La discussa legge sul friulano, che prevede, tra l'altro, l'insegnamento della lingua e della cultura friulana nelle scuole e il suo utilizzo negli uffici pubblici della regione, sforbiciata dalla sentenza della Corte costituzionale numero 159 del 2009, «troverà attuazione nel corso del 2010 e non prima». L'assessore alla Cultura del Friuli-Venezia Giulia, Roberto Molinaro, non si straccia le vesti per l'impugnazione della Lr 29/07 e fa sapere che la norma non sarà ritoccata. «Abbastanza presto – rileva Molinaro – ci sarà la pubblicazione sul Bur della legge emendata ». Nessuna obiezione dal presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, convinto friulanista: «La legge così com'è può funzionare». Come noto, la legge 19 fu approvata dalla maggioranza di centrosinistra guidata da un triestino, Riccardo Illy, mentre Renzo Tondo, carnico, dichiarò in campagna elettorale di essere contrario alla riforma. Ora la Giunta di centrodestra vuole evitare passi falsi. «Ci servono mesi – sottolinea l'assessore – per approntare gli strumenti regolamentari e programmatori della legge», a cominciare dal piano pluriennale di politica linguistica. La prudenza è dettata anche da ragioni finanziarie. Non esiste infatti alcuna stima sul costo della legge, anche se i tagli imposti ne rendono meno onerosa l'applicazione. Il presidente della Provincia di Udine, il quale, nel frattempo, ha chiesto invano che alcuni fondi fossero messi a disposizione del friulano nell'assestamento regionale del bilancio procederà, comunque, con l'istallazione di nuovi cartelli bilingui. La Consulta ha puntato il dito sui passaggi in cui la norma regionale confligge con quella statale, espressa dalla legge 482/99, sulla base di tre principi di fondo: territorialità, autonomia scolastica e silenzio-rifiuto nell'educazione scolastica. La legge regionale, secondo la Corte, non poteva prevedere che il diritto di usare il friulano potesse essere esercitato «a prescindere dal territorio in cui i relativi uffici sono insediati». La legge nazionale 482 affida infatti alle Province la delimitazione dell'ambito di applicazione delle norme di tutela delle minoranze linguistiche e richiede una sorta di quorum: la richiesta del 15% dei cittadini di un Comune o di un terzo dei consiglieri comunali oppure un referendum. Anche l'autonomia scolastica, sancita dall'articolo 4 della 482, risultava lesa dalla legge regionale, laddove veniva previsto che «l'insegnamento della lingua friulana è garantito per almeno un'ora alla settimana per la durata dell'anno scolastico». Per la legge nazionale sono invece le istituzioni scolastiche «nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica» che «deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua». Irricevibile anche il principio del silenzio-assenso. Se in base alla legge regionale i genitori comunicano all'istituzione scolastica «la propria volontà di non avvalersi dell'insegnamento della lingua friulana», la norma statale indica che «al momento della preiscrizione i genitori comunicano all'istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua di minoranza». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Domani il Tar discuterà il ricorso Pcl (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

ELEZIONI A RISCHIO Domani il Tar discuterà il ricorso Pcl Domani il Tar discuterà nel merito il ricorso presentato dal Partito comunista dei lavoratori contro l'esclusione dalle elezioni decisa dall'Ufficio elettorale del tribunale di Savona. Se il ricorso dovesse essere accolto, le elezioni sarebbero da ripetere. Come è noto, il Pcl era stato escluso per un difetto formale nella raccolta delle firme che erano state autenticate dai Comuni senza l'indicazione della località. La contestazione era dunque la stessa mossa nei confronti del Pdl che dopo l'iniziale esclusione era stato riammesso dal Tar che aveva concesso la sospensiva rinviando gli atti alla Corte Costituzionale. Nel caso del Pcl, invece, il Tar aveva giudicato la richiesta di sospensiva improcedibile per un difetto di notifica: la mancata esibizione della ricevuta di ricezione del ricorso notificato alla Provincia. Domani il Pcl del leader Marco Ferrando spera di poter rimettere tutto in gioco.

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"Perché ascoltarci? Abbiamo trent'anni e siamo maturati" (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Colloquio Zero Assoluto BRUNELLO VESCOVI "Perché ascoltarci? Abbiamo trent'anni e siamo maturati" ALESSANDRIA Tutto è pronto per il concerto degli Zero Assoluto in piazza Libertà: domani, alle 21, saranno ad Alessandria per il concerto di fine anno scolastico organizzato dal Comune. «Il tour è partito il 2 maggio, abbiamo già fatto cinque date e la risposta è più che soddisfacente» commenta Thomas De Gasperi. Un tour che vede il duo, di cui è da poco uscito l'album «Sotto una pioggia di parole», accompagnato da una band mai così numerosa. «Ci accompagna il nostro produttore Danilo Pao - prosegue Thomas -, e poi due chitarre, basso, batteria, tastiere e una corista che fa la parte di Nelly Furtado nei brani dove abbiamo collaborato». «E' un disco molto suonato - interviene Matteo Maffucci -: dal vivo era indispensabile una strumentazione che esaltasse i nuovi pezzi. Prima giocavamo moltissimo con l'elettronica, qui molto con l'acusticità. Quindi usiamo tutti strumenti veri, e non sintetici». La batteria ha soprattutto un grande ruolo. Dal primo album sembra che sia passato davvero molto tempo: «Il nostro genere iniziale era molto più istintivo - sottolinea Matteo -: ci permetteva di fare musica anche senza conoscerla a fondo. Poi il tempo passa, uno incontra persone con cui condividere l'emozione della musica. E si sente crescere professionalmente e umanamente». Gli Zero Assoluto sono cresciuti, non c'è dubbio, anche se ad ascoltare le canzoni del nuovo cd si colgono tanti temi affrontati negli altri lavori: «Ma la prospettiva è diversa - ribadisce Matteo -, più adulta, da trentenni. Noi riusciamo a scrivere solo cose che ci attraversano, in qualche modo. Sia sul piano personale sia riferite a chi ci sta intorno». Significativa la metafora che i due musicisti adottano per indicare che cosa significa per loro un nuovo disco: «E' come un album di foto che traccia un pezzo della nostra esistenza». Gli Zero Assoluto lavorano anche ai microfoni di R101: da un anno sono passati nella fascia dalle 19 alle 21. «Per quattro siamio andati in diretta a mezzanotte. Il cambio di orario ci ha permesso di riappropriarci di una vita privata: prima potevamo giusto "raggiungere" gli amici in qualche luogo, eravamo "quelli che arrivavano dopo"». Gli amici, gli amici... nelle canzoni li mettete in guardia dal matrimonio: vi spaventa così tanto? «"Per non dimenticare" è una canzone positiva, non un brano contro il matrimonio, come qualcuno ha voluto interpretarlo» dice Thomas. E Matteo aggiunge: «Vuole sottolineare la difficoltà che ognuno di noi può incontrare nel prendere decisioni. Cosa che sul piano dei sentimenti può accadere spesso. E' una canzone che ci rappresenta molto, anche più di "Svegliarsi alla mattina", per certi versi». Il nuovo album segna anche qualche svolta per gli Zero Assoluto: l'apertura alle collaborazioni, il fatto di cantare anche pezzi scritti da altri. «Con Federico Zampaglione dei Tiro Mancino il pezzo è nato chiedendoci quanti intorno a noi si sentono normali: ognuno ha le sue caratteristiche, i suoi vezzi, quegli angoli talora da smussare, che rendono particolare la persona stessa. A volte pesante, ma anche adorabile - spiega Matteo -. Con Federico abbiamo scritto il brano, gli abbiamo chiesto di cantarlo con noi perché è perfettamente nelle sue corde. L'altro brano è con Saturnino: un'idea partita da lui, poi un lavoro insieme che ha portato a una riscrittura del pezzo». E c'è anche «Roma», un brano che non vede gli Zero Assoluto come autori. Thomas racconta che l'autore si chiama Lorenzo, nella vita è magistrato della Corte Costituzionale, e ha scritto 160 canzoni, mai pubblicate. «Si diverte a portarle in giro nei localini più sfigati che esistono - scherza Matteo -, con un pubblico di grandi commercialisti, grandi notai. La scrisse quando vinse il concorso da magistrato e al pensiero di abbandonare Roma gli uscirono queste strofe piene d'amore per la città. Una cosa proprio in stile cantautorato romano... Noi la cantiamo da 15 anni, ora abbiamo pensato di inciderla». E domani sera che concerto sarà? «Ci saranno i nostri singoli, tutti. Vogliamo far cantare la gente per sentirci meno soli: suoneremo sino all'esaurimento. Una ventina di brani più i bis».

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TETTO ALLE SPESE SENTITO IL CSM (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 10 Giugno 2009 Chiudi TETTO ALLE SPESE SENTITO IL CSM Ogni anno una relazione sui costi al Guardasigilli

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ROMA - È positivo che venga approvato questo disegno di legge che tutela la liber... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Mercoledì 10 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO ROMA - «È positivo che venga approvato questo disegno di legge che tutela la libertà delle comunicazioni e la privacy dei cittadini e perciò stesso riveste un carattere di assoluta necessità e urgenza. Questo al di là delle legittime polemiche politiche delle opposizioni»: il presidente emerito della Corte costituzionale Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al contenuto del ddl e del maxi emendamento presentato ieri dal governo alla Camera. Le opposizioni criticano il governo per aver posto la fiducia sul ddl. Secondo lei ha fatto bene o male? «Porre la fiducia è una prassi ormai consolidata alla quale hanno fatto ricorso i governi passati e recenti più volte quando i provvedimenti da approvare rivestono carattere di necessità e urgenza. Questo ddl peraltro ha avuto una lunga gestazione essendo stato dibattuto dentro e fuori del Parlamento. Temporeggiare ancora sarebbe dannoso per l'interesse generale». Il testo modifica profondamente norme consolidate, usi e costumi e incide anche sul diritto di cronaca, non sarebbe stato meglio lasciare spazio anche a emendamenti delle opposizioni? «Il maxi emendamento su cui viene posta la fiducia dal governo, a parte alcune modifiche migliorative, riproduce il testo già approvato in commissione giustizia. Questo testo ora può essere approvato dalla Camera e successivamente il Senato potrebbe confermare o modificare in parte anche con il contributo delle opposizioni il ddl. La verifica della bontà della legge, di ogni legge, si fa sul campo. Nell'applicazione pratica potranno venire conferme e suggerimenti di correzioni dai magistrati, dai giuristi e dai giornalisti stessi. Non esistono leggi perfette». Che cosa c'è di buono in questo ddl secondo lei? «In questa sede non posso fare una analisi punto per punto. Ma ritengo importante l'affermazione del principio che la libertà delle comunicazioni e la privacy sono diritti primari garantiti dalla Costituzione e possono essere intaccati con lo strumento delle intercettazioni soltanto in casi gravi ed eccezionali. Questo ddl consente alla magistratura di incidere su queste libertà della persona quando vi sono "evidenti indizi di colpevolezza", quindi quando le intercettazioni possono aggiungere, completare un quadro probatorio già delineato. Non sarà più possibile intercettare a caccia di reati». Non vengono ostacolate, come temono i magistrati, le indagini per mafia e terrorismo? «Non mi pare. La scelta di un criterio diverso e meno restrittivo per consentire le intercettazioni nelle indagini per mafia e terrorismo nè è la prova. Poiché in quel caso è potenzialmente in pericolo la sicurezza dello Stato e l'interesse generale da tutelare è condizionante per la libertà di tutti, tale da giustificare una minore tutela dei diritti individuali. Per cui il giudice consente le intercettazioni con una formula più ampia, quando vi sono "sufficienti indizi di reato". È giusto anche il differente limite temporale, fino a 60 giorni per le intercettazioni nelle indagini per gli stessi reati già elencati nel codice, e 40 giorni con proroghe motivate di 20 fino al limite del termine delle indagini preliminari per reati di mafia e terrorismo». Il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia non limita la stampa? «No, il divieto vale fino a quando i soggetti interessati sono stati posti a conoscenza dell'ordinanza. Condivido anche il divieto di pubblicare le intercettazioni fino alla conclusione delle indagini, la scelta di affidare a un collegio il giudizio sull'opportunità di intercettare, il divieto di pubblicare nomi e immagini dei magistrati. Così la finiremo col protagonismo giudiziario condannato ancora ieri dal capo dello Stato. Sarebbe auspicabile che il Csm intervenisse presso la commissione di vigilanza sulla radiotelevisione per vietare o limitare i processi in tv anche con la partecipazione di magistrati».

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Sanità, la Lombardia blocca gli ispettori (sezione: Giustizia)

( da "Corriere della Sera" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 10/06/2009 - pag: 25 Sanità, la Lombardia blocca gli ispettori La Regione agli ospedali dopo il caso Niguarda: non fateli entrare MILANO E ora non li vuole più fare entrare negli ospedali. Già nelle scorse settimane il presidente Roberto Formigoni non aveva fatto nulla per nascondere il suo disappunto per i controlli degli ispettori del Tesoro sugli affari sanitari miliardari della Lombardia: quando è scoppiato il caso Niguarda con la contestazione da parte dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica di «appalti irregolari», «nomine illegittime» e «consulenze anormalmente elevate» nella riqualificazione del più importante ospedale di Milano il governatore aveva subito deciso di presentare ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di competenze. Non si è fermato qui: negli ultimi giorni i 44 direttori generali degli ospedali lombardi hanno ricevuto l'indicazione di respingere ulteriori sopralluoghi degli ispettori e di dirottarli all'Avvocatura regionale. Stop ai controlli. La lettera è firmata dal segretario generale della Regione, Nicolamaria Sanese, un fedelissimo del presidente. Sono due pagine in cui il braccio destro di Formigoni spiega ai vertici ospedalieri come comportarsi davanti a una visita degli uomini del ministero dell'Economia, guidato da Giulio Tremonti, altro big del Pdl: «Vi invito, in caso di avvio di analoghe iniziative ministeriali (il riferimento è al Niguarda, ndr), a mettere in contatto l'ispettore con l'Avvocatura regionale rinviando l'accesso agli uffici, al fine di consentire l'adozione di ogni azione utile alla tutela delle attribuzioni costituzionali della Regione Lombardia», dice il documento. Ispettori del Tesoro, insomma, da mettere (almeno momentaneamente) alla porta: in attesa di un parere della Consulta, infatti, «eventuali attività ispettive del ministero sono da considerarsi, a parere della Regione Lombardia, di dubbia legittimità». Le indicazioni non valgono in caso di verifiche della polizia giudiziaria o della magistratura. Contro i controlli del Tesoro vengono chiamati in causa gli articoli 117 (comma 4) e 118 che attribuiscono competenza alle Regioni in materia sanitaria. Ma perché bloccare le ispezioni se non c'è nulla da nascondere? «Noi accettiamo ben volentieri i controlli legittimi come quelli della Corte costituzionale e della Corte dei Conti, che da anni loda il nostro operato in sanità spiega Formigoni . Mentre respingiamo gli attacchi politici di funzionari oscuri a 5 giorni dalle elezioni». A dar manforte al governatore della Lombardia, ieri sera, è Vasco Errani, presidente dell'Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni: «Senza entrare nel merito della vicenda Niguarda su cui non sono in grado di esprimermi, l'assetto costituzionale in materia di ordinamento sanitario, emerso dalla riforma del Titolo V della Costituzione, dà alle Regioni la competenza nell'organizzazione e nel governo dei servizi sanitari. Le Regioni già rispondono della regolarità e legittimità della propria azione». La questione è scottante. Il dossier del ministero dell'Economia sul Niguarda pone sotto accusa gli appalti legati alla riqualificazione dell'ospedale, un'operazione da oltre un miliardo di euro che vede per protagoniste la Nec Spa (considerata vicino a Comunione e Liberazione) e la Progeni Spa (legata alle cooperative rosse). Ma non solo: nelle 416 pagine choc viene contestato anche il ruolo svolto da Infrastrutture lombarde Spa, la holding del Pirellone per lo sviluppo territoriale (alla quale viene addebitata una consulenza illegittima da 7 milioni di euro). E ora gli uomini dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica sono già al lavoro all'ospedale di Legnano, uno degli altri sei cantieri gestiti da Infrastrutture lombarde. Il progetto rientra nel Piano straordinario da 5 miliardi per 5.837 nuovi posti letto in Lombardia. Oltre a Legnano, i lavori riguardano la costruzione del Sant'Anna di Como, del nuovo complesso ospedaliero di Vimercate e del «Beato Giovanni XXIII» di Bergamo, mentre la riqualificazione coinvolge il Niguarda, il San Gerardo di Monza, il presidio ospedaliero di Busto Arsizio- Saronno-Tradate e quello di Cittiglio-Luino. Nulla esclude che gli ispettori del Tesoro vogliano mettere il naso anche qui. Il governatore Il presidente Formigoni, dopo le verifiche sugli appalti dell'ospedale, ha fatto intervenire la Consulta Stop ispezioni Il presidente della Regione Roberto Formigoni ha fatto mandare una circolare ai 44 direttori generali degli ospedali lombardi con l'indicazione di «respingere» gli ispettori ministeriali dirottandoli all'Avvocatura regionale Simona Ravizza sravizza@corriere.it

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Napolitano sferza i pm: protagonismo dannoso (sezione: Giustizia)

( da "Secolo XIX, Il" del 10-06-2009)

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Napolitano sferza i pm: protagonismo dannoso Al CSM Il Presidente: «La magistratura non può non interrogarsi sulle sue corresponsabilità dinnanzi alle insufficienze del sistema giustizia» Roma. È «altamente dannoso per la figura del pubblico ministero qualunque comportamento impropriamente protagonistico o chiaramente strumentale ad altri fini». Lo ha detto al Csm Giorgio Napolitano. Che ha aggiunto: «La magistratura non può non interrogarsi su sue corresponsabilità dinanzi al prodursi all'aggravarsi delle insufficienze del sistema della giustizia. «Tra i maggiori motivi di preoccupazione - ha proseguito il Presidente - c'è la crisi di fiducia insorta nel Paese per il funzionamento gravemente insufficiente dell'amministrazione della giustizia e per l'incrinarsi dell'immagine e del prestigio della magistratura». Servizio >> 2 10/06/2009

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Gelmini: Niente sei rosso, decidono gli insegnanti (sezione: Giustizia)

( da "Provincia Pavese, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Gelmini: «Niente sei rosso, decidono gli insegnanti» La Corte costituzionale comincia l'esame dei ricorsi delle Regioni contro i tagli ROMA. Niente "sei rosso" alle medie, ma una maggiore responsabilizzazione degli insegnanti che decideranno se ammettere gli alunni con qualche lacuna. A pochi giorni dalla fine delle lezioni e a ridosso degli esami di terza media, il ministero chiarisce con una nota come dovranno essere valutati i ragazzi. Con i nuovi provvedimenti sulla valutazione finale degli studenti della scuola secondaria di primo grado (ex medie) «si introduce - spiega il ministero - una maggiore responsabilizzazione del consiglio di classe proprio in fase di scrutinio. In passato, invece, era prassi assegnare giudizi non sempre comprensibili e valutazioni che nascondevano anche gravi insufficienze». Il consiglio di classe, infatti, da quest'anno potrà ammettere all'anno successivo uno studente che riporti qualche lacuna considerata non grave e recuperabile. Con insufficienze considerate gravi, invece, si ripeterà l'anno. Negli anni scorsi è accaduto spesso - fa notare il dicastero di viale Trastevere - che fossero assegnati giudizi negativi senza informare le famiglie dell'alunno e senza aprire un confronto con gli altri docenti. Con la vecchia normativa talvolta gli alunni con gravi carenze venivano ugualmente promossi. Da oggi, invece, il consiglio di classe deciderà se ammettere o meno l'alunno alla classe successiva dopo una attenta valutazione del percorso scolastico e delle capacità dello studente. Con la nuova normativa, «si torna - sostiene il ministero - a una scuola del rigore, della serietà e della chiarezza. Per questi motivi non può' essere assegnato nessun "6 rosso" ma deve essere effettuata dai docenti una attenta valutazione degli studenti». Per dare indicazioni sulla valutazione degli alunni della scuola media, il ministero ha diramato una circolare con la quale ha chiarito che, nel caso in cui l'ammissione alla classe successiva venga deliberata in presenza di carenze di apprendimento, la scuola invierà una specifica nota alla famiglia dell'alunno. Poichè nella scuola secondaria di primo grado l'ammissione all'anno successivo e all'esame di Stato non è soggetta ad alcuna condizione, non può trovare applicazione la pratica del cosiddetto "6 rosso", usata in passato nella scuola secondaria di secondo grado per indicare che l'alunno, pur essendo stato promosso, era tenuto al recupero dei «debiti scolastici», da effettuare nel successivo anno scolastico. Ciò non esclude tuttavia che le scuole, nell'ambito della propria autonomia, possano programmare, sin dall'avvio del successivo anno scolastico, tutti gli interventi didattici per il recupero, nel caso di alunni per i quali siano emerse carenze formative. Ma in che misura lo Stato, in fatto di istruzione, può legiferare in via esclusiva mentre le Regioni in via concorrente? Sarà solo sciogliendo questo nodo che i giudici della Consulta arriveranno a decidere sulla legittimità dei contestati "tagli" con cui il ministro Mariastella Gelmini ha previsto, a partire dall'anno scolastico 2009-2010, il ridimensionamento degli istituti, la riduzione del 17% del personale amministrativo, l'accorpamento di classi e, tra l'altro, la chiusura delle scuole nei piccoli centri. La battaglia davanti alla Corte Costituzionale è cominciata ieri, quando i legali di otto delle dieci Regioni che hanno presentato ricorso (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia, Campania, Basilicata e Sicilia) hanno espressamente chiesto ai giudici di fare chiarezza sul sistema delle fonti in ambito scolastico. Se per gli avvocati tutto si riduce alla richiesta di lumi sull'interpretazione della riforma del titolo V della Costituzione che nel 2001 ha riscritto l'articolo 117, è pur vero che a seconda della linea di indirizzo che adotterà la Consulta dipenderà la bocciatura o la salvezza del decreto Gelmini.

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Caso Forleo, ricusazione, procedimento, Consiglio Superiore della Magistratura (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 10-06-2009)

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Caso Forleo, ricusazione, procedimento, Consiglio Superiore della Magistratura TAR Lazio-Roma, sez. I, sentenza 29.04.2009 n° 4454 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Ricusazione – procedimento – Consiglio Superiore Magistratura – illegittimità - precisazioni L'obbligo di astensione nei procedimenti amministrativi va verificato con riferimento alle fattispecie circostanziate e tipizzate dall'art. 51 c.p.c. e deve essere comunque riferibile ai fatti specifici destinati a formare oggetto del successivo apprezzamento imparziale. In particolare, l'imparzialità dell'organo deliberante è garantita dall'applicazione dei criteri desumibili dall'art. 49 t.u. n. 3/1957 e, prima ancora, dall'art. 51 c.p.c., i quali impongono l'astensione al componente dell'organo collegiale che versi in situazione di inimicizia personale nei confronti del destinatario del provvedimento finale o abbia manifestato il suo parere sull'oggetto di questo al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni procedimentali. E’ illegittimo il trasferimento realizzato ai danni della dott.ssa Clementina Forleo. (Fonte: Altalex Massimario 22/2009) T.A.R. Lazio - Roma Sezione I Sentenza 29 aprile 2009, n. 4454 ...omissis... FATTO Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta straordinaria pomeridiana del 22 luglio 2008, ha deliberato, a maggioranza, il trasferimento d'ufficio, ai sensi dell'art. 2 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, della dott.ssa Mariaclementina Forleo, giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, per la situazione di incompatibilità determinatasi a seguito delle dichiarazioni rese dalla stessa in trasmissioni televisive o alla stampa in ordine all'esistenza di poteri forti che, anche per il tramite di soggetti istituzionali, avrebbero interferito sull'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e dei rilievi mossi ai pubblici ministeri preposti alle indagini per la cosiddetta "scalata BNL", tesi a manifestare dapprima, allarme per un asserito "rallentamento delle indagini" e, poi, protesta per un supposto "insabbiamento in corso". Il ricorso è articolato nei seguenti motivi: - Vizio del procedimento; violazione e falsa applicazione della delibera C.S.M. 18/12/1991; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare manifesta contraddittorietà e difetto di motivazione. La procedura di trasferimento ex art. 2 L.G. non potrebbe essere proseguita qualora, a seguito di trasferimento a domanda ad "altra sede" o ad "altro ufficio", siano venute meno le ragioni di incompatibilità. Il Plenum avrebbe potuto sospendere la procedura di trasferimento in attesa di conoscere l'esito del concorso interno nel quale la ricorrente aveva presentato domanda per essere trasferita ad altro ufficio del Tribunale e di sue sezioni distaccate. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 51, co, 1, n. 3 e co. 2, c.p.c. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche. In particolare, difetto di motivazione, illogicità e travisamento dei fatti. L'istituto della ricusazione sarebbe univocamente ritenuto applicabile ai procedimenti amministrativi, mentre la Prima Commissione, con nota del 28 maggio 2008, ha dichiarato inammissibile, sul presupposto che l'istituto della ricusazione non sarebbe applicabile ai procedimenti amministrativi, l'istanza di ricusazione proposta dalla ricorrente nei confronti della VicePresidente della stessa Commissione. La prof.ssa Vacca sarebbe venuta meno ai doveri di obiettività, imparzialità e riservatezza che devono contrassegnare l'attività del C.S.M. nell'ambito di una procedura, come quella del trasferimento per incompatibilità ambientale, caratterizzata da estrema rilevanza e delicatezza. - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare falsità della causa, difetto di presupposto, confusione e perplessità. Sviamento. L'amministrazione avrebbe adottato l'atto con un intento punitivo nei confronti della ricorrente, le cui idee non erano in linea con il pensiero di parte di alcuni settori della magistratura associata. - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche. In particolare, difetto di istruttoria e carenza di contraddittorio. Violazione delle norme sul procedimento amministrativo. Contraddittorietà e perplessità dell'azione amministrativa. Difetto di motivazione. La mera richiesta iniziale di informazioni si sarebbe trasformata in una sorta di capo di incolpazione. La formale apertura del procedimento per incompatibilità ambientale risalirebbe alla seduta del 4 dicembre 2007, in cui parte rilevante dell'attività istruttoria sarebbe già stata espletata, senza l'adozione di un atto formale di avvio del procedimento e senza le dovute garanzie del contraddittorio. Nella proposta di trasferimento della dott.ssa Forleo, la relazione dissenziente non sarebbe stata nemmeno citata e gli argomenti difensivi sollevati dalla ricorrente sarebbero stati frettolosamente liquidati. Sarebbe stato necessario ampliare lo spettro dei soggetti da ascoltare e valutare in maniera "critica" le dichiarazioni rese nel procedimento. - Violazione e falsa applicazione art. 2 r.d.lgs. n. 511/1946; violazione e falsa applicazione delle delibere del CSM del 6.12.2006 e del 24.1.2007. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare irragionevolezza, illogicità, travisamento, contraddittorietà, erroneità di presupposti. L'amministrazione avrebbe applicato l'art. 2 del r.d.l. 511/1946 ad una fattispecie concreta che non rientra nella previsione astratta della norma. La disposizione vigente escluderebbe che una condotta anche solo colposa e, quindi, volontaria del magistrato possa rientrare nel suo ambito di previsione. D'altra parte, diversamente opinando, si farebbe rientrare nella fattispecie normativa in discorso ogni comportamento colpevole del magistrato non sussumibile in fattispecie disciplinari con l'abnorme conseguenza della privazione per l'interessato delle garanzie previste per il procedimento disciplinare e della previsione di un'unica e lesiva sanzione quale quella dell'allontanamento dalla sede occupata. L'interpretazione offerta dall'amministrazione comporterebbe sostanzialmente che la modifica legislativa dell'art. 2 r.d.l. 511/1946 non abbia alcuna portata innovatrice. Dalle motivazioni finali della Prima Commissione, si ricaverebbe che ha assunto particolare ed autonoma rilevanza la valutazione del profilo psicologico della ricorrente, sicché per il CSM, sovvertendosi la ratio della legge, la situazione di incompatibilità sarebbe stata determinata dalla personalità, prima ancora che dalla condotta della ricorrente. In conclusione, il CSM avrebbe violato e falsamente applicato l'art. 2 L.G. nella sua nuova formulazione, valutando, ai fini dell'incompatibilità ambientale, condotte volontarie della ricorrente. - Violazione e falsa applicazione art. 2 r.d.lgs. 511/1946; violazione e falsa applicazione delle delibere del CSM del 6.12.2006 e del 24.1.2007. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare irragionevolezza, illogicità, travisamento, contraddittorietà, erroneità dei presupposti. L'amministrazione, nell'applicazione del nuovo art. 2 L.G., dovrebbe verificare l'impossibilità da parte del magistrato di svolgere le funzioni con indipendenza ed imparzialità; tuttavia, il CSM, partendo da un presupposto corretto, limitatamente a tale aspetto, avrebbe compiuto una verifica istruttoria ed un esame dei fatti improntata ad un diverso parametro, costituito dall'elemento del prestigio dell'ordine giudiziario, che, dopo la novella legislativa, è divenuto privo di rilievo. - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche. In particolare, travisamento dei fatti e manifesta ingiustizia. Carenza istruttoria. Difetto di motivazione. Contraddittorietà. La Prima Commissione avrebbe ricostruito ed interpretato in maniera errata i fatti e le dichiarazioni dei soggetti interessati per giungere alla proposta di trasferimento. Con un primo atto di motivi aggiunti, la dott.ssa Forleo ha impugnato la deliberazione, adottata nella seduta del 17 settembre 2008, con cui il CSM ha disposto il suo trasferimento d'ufficio al Tribunale di Cremona con funzioni di giudice, nonché la determinazione con cui il Presidente del Tribunale di Cremona ha dichiarato l'immissione nell'esercizio delle funzioni ed il rapporto informativo per la IV valutazione di professionalità, adottato dal Tribunale di Milano - Ufficio del Giudice per le indagini preliminari. Ha dedotto l'illegittimità di tali atti, in via derivata, per le medesime ragioni dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio. Con un secondo atto di motivi aggiunti, la ricorrente ha altresì impugnato, per illegittimità derivata, il decreto ministeriale di trasferimento al Tribunale di Cremona. L'Avvocatura dello Stato, con ampia ed articolata memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso. La dott.ssa Forleo ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni. All'udienza pubblica dell'8 aprile 2009, la causa è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va di conseguenza accolto. 2. In particolare, sono fondate ed assorbenti le censure con cui la ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946, come modificato dall'art. 26, co. 1, d.lgs. 109/2006. La norma stabilisce che i magistrati possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio Superiore della Magistratura, quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità; il parere del C.S.M. è vincolante quando si tratti di magistrati giudicanti. Nella formulazione originaria, invece, la fattispecie veniva in essere quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, i magistrati non potevano, nella sede occupata, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario. Ne consegue che, laddove prima della novella del 2006 gli elementi costitutivi della fattispecie del trasferimento per incompatibilità ambientale - il cui accertamento avviene ovviamente sulla base di scienze non esatte ed è, quindi, espressione di c.d. discrezionalità tecnica - erano costituiti da una situazione, ascrivibile o meno a colpa del magistrato, produttiva di un effetto, l'impossibilità di amministrare giustizia nella sede alle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario, nell'ordinamento attuale la fattispecie può ritenersi integrata soltanto in presenza di una situazione non attribuibile a colpa del magistrato, che sia produttiva di un effetto costituito dall'impossibilità di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità. Nel caso di specie, il Collegio ritiene che il trasferimento d'ufficio della dott.ssa Forleo ai sensi dell'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 sia stato deliberato in carenza di entrambi i presupposti di causa ed effetto previsti dalla norma vigente. La novella legislativa dell'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 deve essere inserita nell'ambito della complessiva riforma legislativa del 2006, operata prima con il d.lgs. 109/2006 - recante la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché la modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento d'ufficio - e poi con le modifiche ad essa apportate dalla L. 269/2006. Una delle ragioni principali della riforma è riconducibile all'esigenza di tipizzare gli illeciti disciplinari, atteso che la previgente disciplina era basata sulla c.d. atipicità dell'illecito disciplinare, non indicando quali potessero essere i fatti costituenti infrazione ai doveri deontologici, per cui l'individuazione delle ipotesi di illecito disciplinare spettava in concreto alla Sezione disciplinare del CSM. L'art. 2 del d.lgs. 109/2006 ha ora tipizzato gli illeciti disciplinari che i magistrati possono compiere nell'esercizio delle funzioni. Il successivo art. 13 ha previsto che la sezione disciplinare del C.S.M., nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, può disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia, mentre il trasferimento è sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dall'art. 2, co. 1, lett. a), nonché nel caso in cui è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni; il secondo comma dell'art. 13 prevede inoltre che, nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, la Sezione disciplinare del C.S.M., in via cautelare e provvisoria, può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato. Il quadro normativo in materia di trasferimento d'ufficio del magistrato è completato dall'art. 22 del d.lgs. 109/2006, secondo cui, quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della Giustizia o il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione possono chiedere alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare; nei casi di minore gravità, il Ministro della Giustizia o il Procuratore Generale possono chiedere alla sezione disciplinare il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo. L'art. 24 del decreto stabilisce infine che l'incolpato, il Ministro della Giustizia ed il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli artt. 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del C.S.M., ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale; la Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso. In definitiva, rilevato che il principio dell'inamovibilità del magistrato è sancito dall'art. 107 Cost., il trasferimento d'ufficio del magistrato può avvenire nei seguenti casi: a) la Sezione disciplinare del C.S.M. deve disporre il trasferimento quale sanzione accessoria di una sanzione disciplinare diversa dall'ammonimento e dalla rimozione ove ricorra una delle violazioni di cui all'art. 2, co. 1, lett. a) e nel caso in cui è inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni (art. 13, co. 1, d.lgs. 109/2006); b) la Sezione disciplinare del C.S.M. può disporre il trasferimento quale sanzione accessoria di una sanzione disciplinare diversa dall'ammonimento e dalla rimozione se la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento della giustizia (art. 13, co. 1, d.lgs. 109/2006); c) la Sezione disciplinare del C.S.M. può disporre, in via cautelare e provvisoria, il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza (art. 13, co. 2, d.lgs. 109/2006); d) la Sezione disciplinare del C.S.M. può disporre il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo, su richiesta del Ministro della Giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto un profilo disciplinare, nei casi di minore gravità (art. 22 d.lgs. 109/2006); e) il Ministro della Giustizia, su parere del C.S.M. (vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti), può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni quando i magistrati si trovino in una delle situazioni di incompatibilità previste dagli artt. 16 (incompatibilità di funzioni), 18 (incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense) e 19 (incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria della stessa sede) dell'ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946); f) il Ministro della Giustizia, su parere del C.S.M. (vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti), può disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni quando i magistrati, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa, non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità (art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946). La giurisdizione, per quanto attiene alle ipotesi di trasferimento in esito a procedimento disciplinare di cui alle lett. a) e b), appartiene alla Corte di Cassazione a sezioni unite ai sensi dell'art. 24 d.lgs. 109/2006, per quanto attiene alle ipotesi di trasferimento in via provvisoria di cui alle lett. c) e d), appartiene ancora alla Corte di Cassazione a sezioni unite (ferma restando la giurisdizione amministrativa sulle controversie afferenti ai provvedimenti di individuazione della sede presso cui trasferire il magistrato) in ragione del disposto di carattere generale di cui all'art. 17, co. 3, L. 195/1958, mentre sussiste la giurisdizione amministrativa in relazione alle ipotesi di trasferimento in esito a procedimento amministrativo di cui alle lett. e) ed f). Così delineata la normativa di riferimento in materia di trasferimento d'ufficio, il Collegio rileva che la fattispecie di trasferimento per incompatibilità ambientale ai sensi dell'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 è un'ipotesi residuale rispetto a quella configurata come accessoria alla sanzione disciplinare e, nel nuovo ordinamento, si caratterizza per una minore estensione sia in quanto l'incompatibilità può discendere solo da una causa non imputabile al magistrato nemmeno a titolo di colpa, laddove nella precedente disciplina normativa la fattispecie poteva originare anche da colpa del magistrato, sia perché l'interesse tutelato è ora costituito dall'indipendenza e dall'imparzialità nello svolgimento delle funzioni, mentre prima era costituito dal prestigio dell'ordine giudiziario. 2.1. Nel nuovo sistema, il legislatore ha stabilito e tassativamente indicato talune ipotesi, evidentemente connotate dall'elemento psicologico del dolo o della colpa, che costituiscono illecito disciplinare ed in relazione alle quali il trasferimento d'ufficio costituisce (se sussiste una delle violazioni di cui all'art. 2, co. 1, lett. a), d.lgs. 109/2006 o se è stata inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni) o può costituire (se sussista una delle altre violazioni) sanzione accessoria, mentre una qualunque altra situazione attribuibile a colpa del magistrato non può costituire, a differenza che nel previgente sistema, il presupposto per integrare la fattispecie di trasferimento per incompatibilità ambientale di cui all'art. 2, co. 2, r.d.lgs. 511/1946. In altri termini, una fattispecie colposa o costituisce un illecito disciplinare e, in esito al relativo procedimento, può comportare il trasferimento d'ufficio del magistrato ai sensi dell'art. 13 d.lgs. 109/2006 oppure non costituisce illecito disciplinare, non avendogli attribuito l'ordinamento un disvalore deontologicamente rilevante, e non può avere come conseguenza il trasferimento d'ufficio del magistrato attraverso l'applicazione dell'art. 2 della Legge Guarentigie, conseguenza invece possibile sulla base della precedente formulazione della norma. La causa del trasferimento per incompatibilità ambientale previsto dall'art. 2 r.d.lgs. 511/1946, dovendo consistere necessariamente in un fatto indipendente da colpa del magistrato, può peraltro concretarsi anche in una condotta volontaria dello stesso, sempre però che la condotta non sia imputabile a titolo di colpa. Nella fattispecie in esame, la situazione che, secondo la valutazione del C.S.M., ha determinato l'incompatibilità ambientale è indubbiamente attribuibile ad un comportamento volontario della dott.ssa Forleo ed i riferimenti contenuti nella delibera impugnata sono tali da far ritenere che i fatti siano stati addebitati all'interessata a titolo colposo. A tal fine, sarebbe già sufficiente considerare che il trasferimento d'ufficio della dott.ssa Forleo è stato deliberato "per la situazione di incompatibilità determinatasi a seguito delle dichiarazioni rese dalla stessa in trasmissioni televisive o alla stampa in ordine all'esistenza di poteri forti che, anche per il tramite di soggetti istituzionali, avrebbero interferito sull'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e dei rilievi mossi ai pubblici ministeri preposti alle indagini per la cosiddetta "scalata BNL", tesi a manifestare dapprima, allarme per un asserito "rallentamento delle indagini" e, poi, protesta per un supposto "insabbiamento in corso". Nella proposta di trasferimento d'ufficio, in relazione alle "dichiarazioni rese in trasmissioni televisive o alla stampa concernenti l'esistenza di poteri forti che, anche per il tramite di soggetti istituzionali, avrebbero interferito (o tentato di interferire) sull'esercizio delle funzioni giurisdizionali della stessa", è inoltre indicato che "l'interpretazione di tali vicende da parte della dott.ssa Forleo e - ciò che qui interessa - le dichiarazioni pubbliche da lei rese al riguardo sono tuttavia, all'evidenza, gravemente sproporzionate rispetto ai fatti emersi così da procurare un allarme nei colleghi e un discredito della magistratura milanese obiettivamente infondati. In sostanza, a fronte della comune e diffusa percezione, creatasi dopo pubbliche denunce rilasciate soprattutto durante due puntate della trasmissione televisiva "Annozero", che la dott.ssa Forleo subisse delle pressioni o delle intimidazioni personali a causa dei procedimenti giudiziari da lei gestiti, peraltro con la funzione incidentale di giudice per le indagini preliminari, riguardanti la vicenda UNIPOL non sono state accertate, ammettendo anche il reale accadimento dei fatti nella versione fornita dal magistrato, circostanze tali da giustificare una pubblica denuncia così come effettuata dalla dott.ssa Forleo. Altrettanto è a dirsi per i rilievi mossi dalla dott.sa Forleo ai pubblici ministeri preposti alle indagini relative alla cosiddetta "scalata BNL" ... Si tratta di rilievi che dimostrano un rapporto con l'ufficio di Procura caratterizzato da eccessiva disinvoltura e contrario ai più comuni canoni deontologici nonché potenzialmente indicativo di un pregiudizio accusatorio all'evidenza incompatibile con l'imparzialità richiesta al giudice nell'esercizio delle sue funzioni". La proposta di trasferimento d'ufficio ha in definitiva messo in rilievo che "gli atteggiamenti descritti evidenziano, nella dott.ssa Forleo una notevole propensione a condotte vittimistiche e una marcata carenza di equilibrio, nonché una personalizzazione delle vicende processuali a lei affidate - soprattutto quelle aventi forte carattere mediatico - tali da determinare contrasti, conflitti e sospetti nei confronti dei magistrati di uffici con lei in contatto anche nella sede giudiziaria milanese" ed ha soggiunto che "questa abnorme personalizzazione insieme alla già segnalata carenza di equilibrio è confermata anche da altre vicende risultanti dagli atti (quali i rapporti conflittuali o comunque difficili all'interno dell'ufficio e con il personale amministrativo e la vicenda processuale relativa al procedimento contro Bentiwaa Farida che ha, infine, condotto alla ricusazione della dott.ssa Forleo da parte del procuratore Aggiunto di Milano, dottor Spataro, accolta dalla Corte di appello di Milano)". Sulla base di tali elementi, è evidente come la causa che avrebbe determinato l'impossibilità di svolgere, nella sede occupata, le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità sia stata ritenuta dipendente da colpa del magistrato. Infatti, la ragione essenziale a base del provvedimento è costituita dall'individuazione di determinate caratteristiche del magistrato interessato, quali "una notevole propensione a condotte vittimistiche" e "una marcata carenza di equilibrio", nonché "una personalizzazione delle vicende processuali a lei affidate", soprattutto quelle aventi forte carattere mediatico. Tali caratteristiche sono state senz'altro attribuite alla dott.ssa Forleo a titolo di colpa in quanto, nella complessiva formulazione della proposta approvata dal Plenum, appaiono riferirsi ad una condotta del magistrato caratterizzata da negligenza ed imprudenza, tanto che nella stessa proposta di trasferimento il rapporto con l'ufficio di Procura è espressamente rappresentato come contrario ai più comuni canoni deontologici. Diversamente, come emerge anche dalla discussione in sede plenaria, nell'art. 2 in discorso rientrano "tutte quelle condotte che non sono deontologicamente riprovevoli" (intervento del Cons. Fresa, pag. 71) e quella in esame "è una procedura incolpevole, e cioè che prescinde da una valutazione negativa dei comportamenti contestati al magistrato" (intervento del Cons. Riviezzo, pag. 77). Il Collegio, pertanto, rileva che, nel caso di specie, la causa per la quale il C.S.M. ha ritenuto sussistere la situazione di incompatibilità ambientale è dipendente da colpa del magistrato, per cui il provvedimento adottato si pone già per tale ragione al di fuori del parametro normativo e risulta quindi adottato in violazione del principio di legalità e di tipicità degli atti amministrativi. Né, la circostanza che i fatti in questione non possano essere perseguiti in via disciplinare in quanto non costituiscono una delle fattispecie tipizzate dall'art. 2 d.lgs. 109/2006 può condurre a ritenere che siano idonei a fungere da presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 2 r.d.lgs. 511/1946. Infatti - rilevato che "il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura" costituiva la fattispecie di illecito disciplinare prevista dalla lett. bb) dell'art. 2 d.lgs. 109/2006, poi abrogata dall'art. 1, co. 3, lett. b), n. 4, L. 269/2006 - non è sufficiente per l'applicazione della norma de qua che la situazione non sia prevista come disciplinarmente rilevante, essendo necessario, come detto, che il fatto generatore dell'incompatibilità non sia dipeso da colpa del magistrato. In altri termini, la norma pone chiaramente in evidenza che la causa deve essere indipendente da colpa del magistrato, per cui la fattispecie astratta copre solo e soltanto tali tipologie di situazioni, mentre non afferma affatto, il che pur sarebbe stato possibile nell'esercizio della potestà legislativa discrezionale, che la causa, a prescindere dalla sua imputabilità al magistrato a titolo di colpa, può rinvenirsi in qualunque fatto che, non essendo disciplinarmente rilevante, non possa dare luogo all'avvio del relativo procedimento. Di talché, se è possibile ritenere che il trasferimento d'ufficio ex art. 2 r.d.lgs. 511/1946 possa essere determinato, oltre che da situazioni che obiettivamente prescindono dalla volontà del magistrato, anche da condotte volontarie dello stesso, è però essenziale per l'integrazione della fattispecie che queste ultime non siano imputabili a titolo di colpa all'interessato. L'eventuale sussistenza di condotte imputabili a colpa del magistrato che non siano previste come illecito disciplinare, in sostanza, se può dare conto di una sorta di incompletezza del sistema non può certo comportare un ampliamento dell'ambito di applicazione della norma sul trasferimento d'ufficio oltre i chiarissimi elementi letterali in essa contenuti. D'altra parte, l'art. 2, co. 6, lett. n), della legge delega n. 150/2006 ha espressamente stabilito che il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni possono essere disposti con procedimento amministrativo dal C.S.M. solo per una causa incolpevole tale da impedire al magistrato di svolgere le sue funzioni, nella sede occupata, con piena indipendenza ed imparzialità. Pertanto, già il legislatore delegante aveva previsto, senza possibilità di dubbio, che la causa a base del trasferimento d'ufficio a seguito di procedimento amministrativo dovesse essere incolpevole. 2.2. Il Collegio ritiene che non sussista nemmeno l'altro presupposto della fattispecie, vale a dire l'impossibilità per il magistrato di svolgere, nella sede occupata, le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità, per cui anche la relativa censura si rivela fondata. Il complesso degli elementi a base del provvedimento adottato, infatti, non fornisce un'esauriente spiegazione sulla plausibilità del verificarsi di un tale effetto. I rilievi contestati alla dott.ssa Forleo, secondo il C.S.M., "dimostrano un rapporto con l'ufficio di Procura caratterizzato da eccessiva disinvoltura e contrario ai più comuni canoni deontologici nonché potenzialmente indicativo di un pregiudizio accusatorio all'evidenza incompatibile con l'imparzialità richiesta al giudice nell'esercizio delle sue funzioni". Purtuttavia, tale conclusione non appare coerente con le premesse, in quanto non sono comprensibili le ragioni per le quali - dalle dichiarazioni rese in trasmissioni televisive o alla stampa concernenti l'esistenza di poteri forti che, anche per il tramite di soggetti istituzionali, avrebbero interferito (o tentato di interferire) sull'esercizio delle funzioni giurisdizionali del magistrato, ovvero dai rilievi mossi ai pubblici ministeri preposti alle indagini relative alla cosiddetta "scalata BNL" - dovrebbe evincersi l'impossibilità di svolgere le funzioni magistratuali con indipendenza ed imparzialità nella sede di Milano. Diversamente, atteso che nella proposta di trasferimento approvata dal Plenum, è stato precisato che "l'interpretazione di tali vicende da parte della dott.ssa Forleo e - ciò che qui interessa - le dichiarazioni pubbliche da lei rese al riguardo sono tuttavia, all'evidenza, gravemente sproporzionate rispetto ai fatti emersi così da procurare un allarme nei colleghi e un discredito anche della magistratura milanese obiettivamente infondati" e che gli atteggiamenti della dott.ssa Forleo sono "tali da determinare contrasti, conflitti e sospetti nei confronti dei magistrati di uffici con lei in contatto anche nella sede giudiziaria milanese", sembra che nella valutazione dei presupposti sia stata data rilevanza alla possibilità di amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario, interesse tutelato nella precedente formulazione della norma, piuttosto che alla possibilità di svolgere le funzioni con piena indipendenza ed imparzialità, interesse tutelato nella vigente formulazione della norma. Ne consegue che, anche con riferimento a tale aspetto, in assenza di una plausibile ragione per la quale i fatti indicati nel provvedimento in esame possano far ritenere pregiudicata, nella sede occupata, la possibilità di svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità, risulta violato il principio di legalità e di tipicità degli atti amministrativi, in quanto l'amministrazione ha applicato l'art. 2 r.d.lgs. 511/1946 in carenza degli elementi costitutivi della relativa fattispecie. 3. La fondatezza delle censure esaminate dimostra l'illegittimità dell'azione amministrativa, avendo il C.S.M. applicato l'art. 2 r.d.l. 511/1946 ad una fattispecie concreta che non rientra nella previsione astratta della norma, ed è già di per sè idonea a determinare, assorbite le ulteriori censure, la fondatezza del ricorso ed il suo conseguente accoglimento. 4. In ordine allo svolgimento dell'iter procedimentale che ha condotto all'adozione del provvedimento impugnato, occorre peraltro rilevare, in accoglimento del relativo motivo d'impugnativa, la specifica illegittimità della nota del 28 maggio 2008, con cui la Prima Commissione del C.S.M. ha dichiarato inammissibile l'istanza proposta dal dott. Laudi nell'interesse della dott.ssa Forleo, nella quale si sollecita l'astensione (e, se del caso, la ricusazione) della Prof.ssa Letizia Vacca per effetto di quanto previsto dall'art. 51, co. 1, n. 3 ("il giudice ha l'obbligo di astenersi ... se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori" ), e co. 2 ("In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi"), del codice di procedura civile. La Commissione, tra l'altro, ha osservato che, con riferimento all'istanza di ricusazione, tale istituto non è applicabile ai procedimenti amministrativi, in assenza di una normativa che ne disciplini i casi ed il procedimento non è in ogni caso applicabile ove non ricorrano le situazioni tassativamente previste dall'art. 51, co. 1, n. 3 e 2 c.p.c.. Il Collegio, in proposito, rileva che l'obbligo di astensione nei procedimenti amministrativi va verificato con riferimento alle fattispecie circostanziate e tipizzate dall'art. 51 c.p.c. e deve essere comunque riferibile ai fatti specifici destinati a formare oggetto del successivo apprezzamento imparziale (Cons. Stato, IV, 3 marzo 2006 n. 1035). In particolare, l'imparzialità dell'organo deliberante è garantita dall'applicazione dei criteri desumibili dall'art. 49 t.u. n. 3/1957 e, prima ancora, dall'art. 51 c.p.c., i quali impongono l'astensione al componente dell'organo collegiale che versi in situazione di inimicizia personale nei confronti del destinatario del provvedimento finale o abbia manifestato il suo parere sull'oggetto di questo al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni procedimentali (Cons. Stato, IV, 7 marzo 2005, n. 867). Ne consegue che l'istanza di astensione/ricusazione non poteva essere legittimamente dichiarata inammissibile, tanto più che gli apprezzamenti diffusi a mezzo stampa sul magistrato interessato nel corso del procedimento sono stati resi dal Vicepresidente della Prima Commissione, la Commissione che, in quanto competente sulle procedure di trasferimento ai sensi dell'art. 2 r.d.lgs. 511/1946, ha formulato la proposta di trasferimento della dott.ssa Forleo, per cui appare arduo ipotizzare che l'inosservanza dell'eventuale obbligo di astensione da parte del componente del Consiglio non abbia potuto produrre un'alterazione del procedimento, traducendosi in un vizio di legittimità del provvedimento finale. 5. La fondatezza del ricorso introduttivo del giudizio determina, in via derivata, la fondatezza anche dei due atti di motivi aggiunti depositati dalla ricorrente e, per l'effetto, l'annullamento degli atti impugnati. 6. Sussistono giuste ragioni, considerate la complessità e la peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Prima Sezione di Roma, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto annulla gli atti impugnati. Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

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In Turchia è guerra per bande (sezione: Giustizia)

( da "Tempi" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

In Turchia è guerra per bande Divampa il conflitto a colpi di manette, processi e trame segrete tra gli ultralaici e l'islamico Erdogan. Neanche l'inviolabile storia della repubblica ne uscirà indenne di Marta Ottaviani Instanbul A questo in Turchia non avrebbe mai pensato nessuno. Eppure la telenovela dello scontro fra il premier islamico-moderato Recep Tayyip Erdogan e il vecchio establishment kemalista ha toccato il nervo più scoperto. E tutto si potrà dire, ma non che a Erdogan sia mancato il coraggio o che non abbia sparato alto. Qualche giorno fa il capo dell'esecutivo della Mezzaluna si trovava a Duzce, cittadina a pochi chilometri dalla costa occidentale del Mar Nero, e durante un discorso pubblico ha ammesso nessun capo di governo lo aveva mai fatto nella storia della repubblica turca che nel passato del paese sono state compiute ai danni della popolazione pratiche illegali e antidemocratiche, atti che Erdogan non ha esitato a definire "fascisti". Si riferiva in particolare al pogrom del settembre 1955, quando migliaia di greci di Costantinopoli furono costretti ad abbandonare Istanbul (soprattutto il quartiere di Beyoglu) cacciati in buona dose dalle loro proprietà da una folla di ultranazionalisti, che fecero comunque in tempo a uccidere 17 persone e a razziare tutto quello che trovavano sulla loro strada. Un episodio di pulizia etnica in piena regola per il quale sei anni più tardi il primo ministro Adnan Menderes sarà condannato a morte in seguito al primo golpe militare del 1960, per poi venire riabilitato negli anni Novanta. Un ricordo, quello del 1955, rimasto impresso nella memoria di molti turchi, anche perché all'epoca in Turchia la comunità greca era la minoranza religiosa più consistente (quella armena era scomparsa quasi interamente nel 1915). «In questo paese ha detto Erdogan per anni identità diverse da quella turca sono state mandate via dal paese. E questo è stato fatto nella consapevolezza generale, con un approccio fascista. Per molti anni si sono verificati fatti negativi per le minoranze etniche che vivevano qui. Ci furono operazioni di pulizia etnica per via della loro identità diversa. È arrivato il momento di capire come mai quei fatti sono avvenuti e che cosa abbiamo imparato da questi. Si è trattato del risultato di una concezione fascista. Siamo caduti anche noi in questo grosso errore». Insomma il primo ministro ha ammesso pubblicamente quello che in Turchia nessuno oserebbe dire nemmeno per scherzo, pena un processo per insulto all'establishment militare e alla magistratura (e appena dieci anni fa si rischiava di subire conseguenze anche più serie). Un gesto che nel paese non è passato inosservato. Il quotidiano Vatan, di orientamento liberale, non ha esitato a parlare di «discorso storico» da parte del capo del governo. Associazioni di legali vicine all'Akp, il Partito per la giustizia e lo sviluppo che detiene la maggioranza in Parlamento, hanno reso noto che Erdogan con questa dichiarazione ha dimostrato come gli sforzi del governo siano volti a rimuovere gli ostacoli rimasti sulla strada verso la democrazia del paese. Naturalmente non sono mancate le critiche, anche feroci, provenienti soprattutto dall'opposizione laica. Il Chp, il Partito repubblicano del popolo, ha accusato il primo ministro di aver voluto calcare la mano, perché tacciare la storia turca di fascismo sarebbe "fuorviante". L'Mhp, il Partito per il movimento nazionale a cui fanno riferimento anche i Lupi grigi e che in passato ha appoggiato la legge di Erdogan sul velo nelle università, poi bocciata dalla Corte costituzionale, ha dichiarato che il premier con la sua ammissione ha scritto «la pagina più nera» da quando è salito al potere. Se il leader voleva far parlare di sé ha raggiunto il suo scopo. Forse, però, l'unico che ha inquadrato il discorso nel modo giuto è stato Cengiz Aktar, editorialista molto noto in Turchia, che pur prendendo atto della portata dell'outing di Erdogan ha fatto notare che le leggi a tutela delle minoranze (poche e troppo blande per un paese che aspira a entrare nell'Unione Europea) non vengono applicate nemmeno nella Turchia odierna, governata dall'Akp. Il che può volere dire due cose. La prima è che Erdogan predica bene ma razzola, se non come le persone che ha accusato, certo non nel migliore dei modi. La seconda è che l'outing del premier potrebbe essere assimilato a uno sfogo, all'ultimo modo che il primo ministro ha per dare una spallata a chi, probabilmente, non lo lascia lavorare come lui vorrebbe e come l'Europa si aspetta. Tutto cominciò con la legge sul velo Difficile dire dove stia la verità e certamente, visto il comportamento del premier in diverse occasioni, chi lo accusa di spendere solo belle parole potrebbe non avere tutti i torti. Ma, a osservarlo bene, il gesto di Erdogan appare più come il massimo grado di una contrapposizione con una parte di Turchia, quella che si usa designare ultralaica, che va avanti ormai dal 2007, anno in cui l'Akp ha stravinto le elezioni politiche, conquistando il 46,6 per cento dei consensi. Ad accendere la contesa sicuramente sono stati il premier e la sua formazione politica, proponendo come primo provvedimento una legge che andava a toccare uno degli argomenti più spinosi per la componente laica dello Stato, ossia la liberalizzazione del velo nelle università. La norma fu approvata nel febbraio dell'anno scorso e rigettata dalla Corte costituzionale dopo pochi mesi perché ritenuta contraria ai princìpi laici su cui poggia lo Stato fondato da Mustafa Kemal Atatürk. Contemporaneamente la Yargitay, la Procura generale della Repubblica, aveva messo l'Akp sotto accusa per attività antilaiche e volte a distruggere l'unità nazionale, chiedendo l'allontanamento per cinque anni dalla vita politica del premier Erdogan, del presidente della Repubblica Abdullah Gül, e di altri 59 dirigenti. Praticamente un azzeramento di una bella fetta della classe politica. Gli ultralaici si aspettavano che i magistrati della Suprema corte ripetessero la decisione presa già altre 25 volte nella storia del paese, e cioè che sopprimessero l'Akp, partito votato da 17 milioni di persone. Invece Erdogan si è salvato, ancorché per un voto solo. Ma da quel momento è iniziato per lui un calvario di altro tipo, dal quale il premier sicuramente non uscirà illeso. Con l'assoluzione di Erdogan e dei suoi è iniziata contro di loro una guerra sotterranea, alla quale l'esecutivo ha risposto con l'inchiesta contro Ergenekon, l'organizzazione segreta che fa capo al "Derin Devlet", lo Stato profondo, che annovera fra le sue schiere estremisti laici e islamici, elementi deviati dei militari e dei servizi segreti, politici corrotti ed elementi della mafia locale. Ergenekon è accusata di terrorismo, tentata strage, colpo di Stato, nonché di aver tramato in ogni modo per abbattere il governo Erdogan. Le ondate di arresti vanno avanti da mesi, e nel paese si fa sempre più largo l'ipotesi che il premier stia usando un'operazione così importante per il futuro della Turchia anche per mandare in disgrazia, tramite l'arresto, persone in realtà estranee ai fatti, in primis militari, magistrati, politici, soprattutto curdi, e intellettuali. Le retate, infatti, sono sempre composte di decine di persone. Una buona metà viene rilasciata il giorno dopo. A nutrire dubbi sulle modalità di questi arresti sono ormai anche alcuni membri dello stesso esecutivo, come il ministro della Cultura Ertugul Gunay. C'è pure lo scandalo internazionale Ma se Erdogan pensava che questo bastasse a pareggiare i conti si sbagliava di grosso. A settembre 2008, proprio quando, finalmente libero dalla sentenza della Corte costituzionale, poteva dare il via alle riforme, per il premier è arrivata un'altra brutta sorpresa: il suo braccio destro Mehmet Dergin Firat è rimasto coinvolto in una frode internazionale legata all'associazione benefica "Deniz Feneri" (Faro del mare), che raccoglieva soldi dai turchi residenti all'estero, soprattutto in Germania, ma che anziché darli in beneficenza, li riservava ad altri fini. Quali fossero questi fini ancora non è stato chiarito, ma fra le ipotesi del quotidiano Radikal c'è anche il finanziamento di Hamas. Di certo sette milioni di euro sono finiti nelle mani di un alto dirigente dell'Akp, identificato appunto in Firat. Il processo tedesco si è concluso con una condanna a cinque anni di carcere per i responsabili dell'associazione. Adesso, però, i fascicoli sono a disposizione della magistratura turca, che li ha fatti tradurre e li esaminerà presto. E intanto l'Akp ha già subìto gli effetti di questo scandalo: ha perso otto punti alle elezioni amministrative di marzo, batosta che ha costretto Erdogan a un rimpasto di governo che gli ha procurato più critiche che consensi. I lavori per la nuova Costituzione, inoltre, procedono a rilento. Poi ci sono i difficili rapporti con l'esercito, storicamente considerato il garante della laicità kemalista della Turchia. Il generale Ilker Basbug, capo di Stato maggiore, in febbraio ha pensato bene di fare visita al capo del governo e al presidente della Repubblica, per far sapere loro che cosa pensasse dell'affare Ergenekon. Il risultato? Da allora il premier incontra Basbug ogni giovedì. In questa escalation di cannonate, Erdogan aveva bisogno di caricare un pezzo da novanta: l'atteggiamento nei confronti delle minoranze etniche e religiose. Che forse è anche l'ultima carta che gli resta da giocare.

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RITENGO IMPORTANTE L'AFFERMAZIONE DEL PRINCIPIO CHE LA LIBERTà DELLE COMUNICAZIONI E LA P... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Circondario Sud1)) (Mattino, Il (Caserta)) (Mattino, Il (Salerno)) (Mattino, Il (Circondario Sud2))

Argomenti: Giustizia

«Ritengo importante l'affermazione del principio che la libertà delle comunicazioni e la privacy sono diritti primari garantiti dalla Costituzione e possono essere intaccati con le intercettazioni solo in casi gravi ed eccezionali». Il presidente emerito della Corte costituzionale, Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al ddl del governo sulle intercettazioni. «È positivo che venga approvato questo ddl che tutela la libertà delle comunicazioni e la privacy dei cittadini e perciò riveste carattere di assoluta necessità e urgenza». A PAGINA 3

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Processo Abu Omar, sconfitta la Procura di Milano: no ai verbali (sezione: Giustizia)

( da "Giornale.it, Il" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

n. 139 del 2009-06-10 pagina 0 Processo Abu Omar, sconfitta la Procura di Milano: no ai verbali di Luca Fazzo Il giudice respinge le richieste dei pm Spataro e Pomarici: segreto di Stato sul sequestro dell'Iman Milano - Non è una pietra tombale sul processo ai nostri servizi segreti per il rapimento del'imam estremista Abu Omar: ma poco ci manca. Questa mattina il giudice Oscar Magi ha respinto la richiesta dei pm Armando Spataro e Ferdinando Pomarici di acquisire agli atti del processo le testimonianze rese dagli imputati durante l'istruttoria. Era l'ultima possibilità per la Procura di limitare gli effetti della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha confermato l'esistenza del segreto di Stato - apposto dai governi Prodi e Berlusconi - sui rapporti tra Cia e Sismi intorno alla sparizione (a Milano, nel 2003) dell'imam indagato per terrorismo, imbarcato a a forza su un volo Usa e consegnato all'Egitto. In occasione della scorsa udienza, il capo del Dis (l'ente di coordinamento dei servizi segreti) Gianni De Gennaro aveva inviato una lettera a tutti gli imputati ricordando loro il divieto di parlare di qualunque aspetto interno delle attività del Sismi (l'attuale Aise) e soprattutto dei rapporti con gli 007 Usa. La Procura aveva cercato di aggirare l'ostacolo chiedendo di acquisire agli atti i verbali di interogatorio resi dagli 007 italiani durante le indagini preliminari, quando il loro capo Bruno Branciforte (con una decisione poi platealmente sconfessata dal governo) aveva negato l'esistenza di un segreto di Stato sulla vicenda. Ma oggi il giudice Magi ha respinto la richiesta. Il segreto di Stato va rispettato. Il giudice, peraltro, ha fatto nuovamente capire di non condividere nè la decisione del governo nè quella dellaq Corte Costituzionale: "L'area del segreto - ha detto - è stata inopinatamente alargata dal governo e sorprendentemente confermata dalla Corte Costituzionale". Ma, ha ricordato il giudice, a queste decisioni bisogna attenersi. Resta così definitivamente fuori dal processo il nocciolo centrale della vicenda. Una volta assodato - su questo ci sono numerose prove - che a prelevare e far sparire l'imam fu un gruppo di agenti Cia, di quali appoggi e complicità godettero all'interno degli apparati di sicuezza italiani? E quali istruzioni ricevettero dai governi i nostri 007 sul comportamento da tenere in simili occasioni? Su questo complesso e delicato tema il processo sembra destinato a chiudersi con un nulla di fatto. Come ha stabilito la Corte, l'esigenza della sicurezza del Paese viene prima di quella della giustizia. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Fortore: Elezioni europee e Referendum (sezione: Giustizia)

( da "Sannio Online, Il" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Fortore: Elezioni europee e Referendum Pubblicato il 10-06-2009 A Sassinoro nelle recenti elezioni del 6 e 7 giugno, indette per la scelta dei 18 membri della circoscrizione sud del Parlamento Europeo, hanno votato 299 cittadini pari a circa il 39% degli aventi diritto... A Sassinoro nelle recenti elezioni del 6 e 7 giugno, indette per la scelta dei 18 membri della circoscrizione sud del Parlamento Europeo, hanno votato 299 cittadini pari a circa il 39% degli aventi diritto. Dopo le operazioni di voto e di scrutinio alla lista. n.9 Il Popolo della Libertà sono stati attribuiti 153 suffragi, di cui 55 preferenze a Mario Clemente Mastella, 41 ad Aldo Patriciello, mentre al premier Silvio Berlusconi ne sono stati assegnati 38. La lista n.8 relativa al Partito Democratico ha totalizzato 101 voti; la lista n.12 di Di Pietro - Italia dei Valori ha ricevuto soltanto 35 voti di preferenza ripartiti fra otto candidati, pertanto, il rappresentante europeo che ha ricevuto più preferenze è stato l’onorevole Mastella. I voti di lista sono stati 115 per Il Popolo della Libertà, 78 per il Partito Democratico e 49 per la lista Di Pietro - Italia dei Valori; i rimanenti nove contrassegni presentano valori bassi. Nove le schede bianche, mentre 11 quelle nulle. Domenica 21 e lunedì 22 giugno i cittadini di Sassinoro saranno nuovamente chiamati alle urne, questa volta per le consultazioni referendarie. Hanno diritto di voto i sassinoresi iscritti nelle liste elettorali e che avranno compiuto il diciottesimo anno di età. L’unico seggio elettorale del paese sarà allestito presso la scuola dell’Infanzia, le operazioni di voto si svolgeranno dalle ore 8.00 alle ore 22.00 di domenica e dalle ore 7.00 alle ore 15.00 di lunedì. A tale scopo la locale Commissione elettorale, composta dal sindaco Pasqualino Cusano, Matilde Prozzillo, Paolo Velardo e da Mario Picucci, quest’ultimo quale rappresentante della minoranza, ha proceduto alla nomina degli scrutatori che andranno a costituire la sezione elettorale. I componenti del seggio sono stati scelti fra gli elettori iscritti nell’apposito albo municipale e sono: Assunta Persichelli, Fernanda Apollonio e Carmine Finelli, (membri titolari); Modestino di Sisto, Anna Longo e Sonia Palombo (supplenti). È utile sottolineare che il referendum è lo strumento attraverso cui il corpo elettorale viene consultato direttamente su temi specifici, esso è infatti istituto di democrazia diretta che consente agli elettori di fornire - senza intermediari - il proprio parere su un tema oggetto di discussione. L’articolo 75 della Costituzione riserva l’iniziativa referendaria al popolo (500.000 elettori) e alle Regioni (5 Consigli regionali), questi possono proporre all’elettorato “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”, dove per legge si deve intendere una legge in senso formale, approvata dal Parlamento secondo il procedimento ordinario, e per “atto avente valore di legge” (decreto legge approvato dal governo in casi eccezionali di necessità e di urgenza e convertito entro 60 giorni dal Parlamento) e il decreto legislativo (adottato dal governo su delega parlamentare). Il quorum indica il numero minimo di elettori che devono prendere parte alla tornata elettorale perché il referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato nel 50% più uno degli aventi diritto al voto. Non tutte le leggi possono essere oggetto di abrogazione tramite referendum: alcune materie sono sottratte all’azione dell’istituto. La disposizione costituzionale cita espressamente “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. In più non è possibile abrogare mediante referendum disposizioni costituzionali, gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria e quindi abrogabili solo mediante il procedimento aggravato previsto dall’art. 138 Cost. La Corte Costituzionale, che deve pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del referendum, ha esteso l’elenco ritenendo inammissibili referendum che non abbiano oggetto unitario o il cui esito positivo paralizzerebbe l’attività di un organo costituzionale, determinando un vuoto legislativo. I promotori del prossimo referendum sono: Giovanni Guzzetta in qualità di presidente e Mario Segni quale coordinatore. Ciascun cittadino per esercitare il diritto di voto dovrà recarsi al seggio con la tessera elettorale ed un documento di riconoscimento in corso di validità. All’interno del seggio, l’elettore riceverà tre schede per altrettanti referendum popolari abrogativi. scheda di colore viola (premio, di maggioranza alla lista più votata alla Camera dei Deputati), votando Sì si approva la modifica alla legge elettorale attuale nella parte in cui assegna il premio di maggioranza alla Camera dei Deputati, che verrebbe assegnato alla lista con più voti e non più, come ora, alla coalizione di partiti con più voti. Votando No si lascia invariata la legge attuale. Scheda di colore beige scuro (premio di maggioranza alla lista più votata al Senato della Repubblica), votando Sì si approva la modifica alla legge elettorale attuale nella parte in cui assegna il premio di maggioranza al Senato della Repubblica, che verrebbe assegnato alla lista con più voti e non più, come ora, alla coalizione di partiti con più voti. Votando No si lascia invariata la legge attuale. Scheda di colore verde (abolizione delle candidature multiple), votando Sì si vieta a qualsiasi candidato di essere presente su più circoscrizioni e si obbliga ognuno a scegliere in quale collegio/sezione elettorale candidarsi. Votando No si lascia invariata la legge attuale. La proposta soggetta al referendum è approvata se alla votazione partecipa la maggioranza degli aventi diritto e se la proposta abrogativa raggiunge la maggioranza dei voti validi. Allo scrutinio si procederà non appena completate le operazioni di voto, anche in quelle sezioni in cui sono previsti i ballottaggi del turno di elezioni amministrative.

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Il Parlamento fa, il CSM disfa (sezione: Giustizia)

( da "Opinione, L'" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il CSM voterà forse nei prossimi giorni una delibera con cui di fatto si aboliscono norme di legge votate dal Parlamento nel 2006. Norme che avevano da un canto sottratto al CSM il potere di regolare e controllare la struttura ed il funzionamento interno delle procure della Repubblica, e dall'altro avevano rivalutato il ruolo gerarchico dei procuratori capo da tempo soffocato dagli interventi del CSM (d.lgs 106/2006). Forti si levarono, allora, le proteste del sindacato della magistratura e dello stesso CSM. Al tempo ero consigliere del CSM. Feci subito osservare e mettere a verbale che il Consiglio si sarebbe comunque riappropriato dei poteri che il legislatore aveva voluto toglierli perché "nel mettere in bella copia il testo della legge" qualche magistrato dell'ufficio legislativo aveva aggiunto che i capi delle procure avrebbero comunque dovuto trasmettere il piano organizzativo dei loro uffici al CSM. Aggiunsi che il successivo CSM (il nostro mandato stava per scadere) avrebbe affermato che la trasmissione dei piani organizzativi di necessità implicava una loro valutazione da parte del CSM. Mai previsione fu più facile. L'attuale CSM lo fece subito con circolare del luglio 2007. Va, tuttavia, ben oltre quella circolare la delibera che oggi il CSM discute alla presenza del Capo dello Stato, ed in base alla quale i poteri di regolamentazione e controllo sull'organizzazione delle Procure e sull'operato dei loro capi divengono ancora più stringenti ed efficaci di quanto non fosse prima che il legislatore del 2006 li abolisse. Vediamo per sommi capi ed in estrema sintesi cosa si dice nella delibera che verrà discussa: -Il CSM ha il potere di valutare nel merito i piani organizzativi predisposti dai procuratori. Anche se la legge non lo dice, ciò sarebbe un necessaria ed ineludibile conseguenza del fatto che la legge ha previsto il mero invio di quei piani al Consiglio.

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Napolitano sferza le toghe: (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

CSM Napolitano sferza le toghe: «Pm, protagonismo dannoso» Mancino annuncia nuovi limiti alle pratiche a tutela. Per distinguere gli attacchi dagli «sfoghi personali» ROMA Una seria autocritica per tutelare davvero, con il recupero pieno del prestigio della magistratura, il valore intangibile dell'indipendenza. Picchia duro sulle toghe (anche se l'Anm in serata dirà subito che non è stata una reprimenda) il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che presiede un plenum dedicato ufficialmente al funzionamento degli uffici e all'organizzazione di quello dei pm anche alla luce dei maggiori poteri dei capi procura, ma sul quale gravano le tensioni dello scontro infinito tra politica e magistratura, del «congelamento» delle pratiche a tutela e dell'annunciata riforma costituzionale cui Berlusconi tiene parecchio. Già un anno fa, quando al governo c'era ancora la sinistra, era stato durissimo coi pm troppo «protagonisti». Ieri, sebbene il clima politico sia tutt'altro e nonostante gli attacchi del presidente del consiglio che parla di magistrati e giornalisti come «delinquenti», torna sullo stesso punto. Richiamando «il senso dei limiti e degli equilibri entro i quali ogni istituzione rappresentativa, potere e organo dello Stato può e deve svolgere il proprio ruolo». Napolitano premette di avere sempre difeso l'indipendenza della magistratura e dice che continuerà a farlo. Ma davanti alle tante «insufficienze» e «tensioni» del pianeta giustizia sono le toghe a dover fare, nel loro interesse, una seria autocritica. Il capo dello Stato parla di «specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei complessivi equilibri istituzionali» da parte della magistratura che «non può non interrogarsi sulle sue corresponsabilità dinanzi al prodursi e all'aggravarsi delle insufficienze del sistema giustizia». Presiedendo il Csm Napolitano suggerisce, dunque, «l'avvio di un'aperta, seria, non timorosa, riflessione critica da parte della magistratura su se stessa e la sua conseguente apertura alle necessarie autocorrezioni». E' infatti convinto che questo «sia il modo migliore per prevenire qualsiasi tentazione di sostanziale lesione dell'indipendenza della magistratura»". Superare certe tensioni del resto «non è possibile senza un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al capo dell'ufficio». Si deve dunque stigmatizzare da parte dei pm un comportamento «impropriamente protagonistico o chiaramente strumentale ad altri fini» che danneggia il ruolo stesso del pubblico ministero. Il 'numero due' di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino ammette i «problemi di rapporti collaborativi tra il vertice delle Procure e i più diretti collaboratori», ma invita a non chiudersi «in una sterile supremazia verticistica». Si allinea al presidente chiedendo un atteggiamento pronto sempre al «dialogo costruttivo». E annuncia che in tempi rapidissimi sarà approvato un regolamento che limiti le pratiche a tutela da discutere al Csm. Quelle a favore dei giudici del processo Mills, sono sul suo tavolo da mesi.

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Abu Omar, giudice dice no ad acquisizione testimonianze Sismi (sezione: Giustizia)

( da "Reuters Italia" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

MILANO (Reuters) - Il giudice di Milano Oscar Magi, nell'ambito del processo per il rapimento nel 2003 dell'ex imam di Milano Abu Omar, ha respinto oggi la richiesta della procura di acquisire agli atti le testimonianze rese da alcuni agenti del Sismi durante le indagini preliminari. La decisione ha una certa rilevanza, dopo che il giudice nell'udienza del 20 maggio aveva stabilito che il processo poteva andare avanti sancendo però l'inutilizzabilità di alcune prove come stabilito dalla Consulta, perché dice che non possono entrare nel processo le dichiarazioni rese dagli agenti, che poi in aula si sono avvalsi del segreto di Stato. Al processo per il sequestro sono imputate 33 persone, fra le quali l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e 26 presunti agenti americani della Cia. L'11 marzo scorso la Corte Costituzionale, dirimendo un conflitto di attribuzione fra governo e magistratura, aveva stabilito che la procura di Milano non poteva utilizzare i documenti coperti da segreto di Stato, eliminando in sostanza dal dibattimento alcuni degli atti che ne hanno consentito il rinvio a giudizio. Abu Omar -- indagato per terrorismo internazionale dalla procura di Milano -- era stato prelevato contro la sua volontà per strada a Milano nel 2003 e, attraverso varie tappe, portato in Egitto, suo paese d'origine, durante una cosiddetta operazione di "rendition". Dal canto suo Abu Omar -- che è stato poi rilasciato dalle autorità egiziane nel 2007 -- sostiene di essere stato torturato e detenuto in Egitto per anni senza accuse formali. I pubblici ministeri durante il processo hanno sostenuto che l'attuale premier e il suo predecessore Prodi abbiano utilizzato il segreto di Stato per ostacolare la giustizia. Un'accusa respinta da uno dei legali di Berlusconi che l'ha definita un "intollerabile attacco". Washington ha difeso le "rendition" come un valido strumento di anti-terrorismo che ha prodotto importanti informazioni di intelligence, e ha respinto le accuse di tortura.

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Fiat to close Chrysler deal, shares rise (sezione: Giustizia)

( da "Reuters" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

By Gilles Castonguay MILAN (Reuters) - Italian car maker Fiat SpA was set to close its takeover of Chrysler on Wednesday in an ambitious move to survive and grow out of one of the worst crises in global auto industry. Fiat shares traded 4.1 percent higher at 7.79 euros at 5:45 a.m. -- twice the rise in the DJ Stoxx auto sector -- following news that the U.S. Supreme Court had removed the final obstacle to the deal on Tuesday. In a victory for the U.S. administration driving the restructuring of bankrupt Chrysler, the Supreme Court on Tuesday denied a request from Indiana pension funds to delay the sale. "The news from the Supreme Court is very good for Fiat," one Milan trader told Reuters. Fiat is joined by a union-aligned trust and the U.S. and Canadian governments in taking over the best parts of Chrysler. Fiat is expected to close the deal by 1400 GMT, according to two sources familiar with the procedure. In a statement, Fiat said it would occur shortly. DROP IN SALES Fiat began looking for partners to gain scale late last year when the crisis came into full force, leading to a dramatic drop in car sales. This year is expected to be no different. CSM Worldwide, an industry consultancy, has forecast a 20 percent drop in global production to 52 million vehicles this year as car makers lay off workers and leave their factories idle in the face of a sharp drop in demand. Others in the industry do not feel the urgency to look for partners. Renault-Nissan Chief Executive Carlos Ghosn, for example, said on Wednesday his group had no problem with scale. In Fiat's case, CSM Worldwide said it saw a "tremendous amount of risk" in trying to revive Chrysler. SG Securities analyst Eric-Alain Michelis said turning around Chrysler would prove to be a tougher challenge for Fiat than convincing U.S. authorities of its plans for the U.S. car maker. Not only did it have to renew an aging product line but also persuade former customers to buy a Chrysler again. Fiat has sent a team of executives and engineers to Detroit to work with Chrysler to cut costs and prepare for the U.S. launch of the Cinquecento (500), Fiat's popular small car. Its stake in Chrysler will start at 20 percent and should rise to 35 percent over time. GERMANY Fiat has had a harder time of persuading people in Germany of its plans to create a world giant in car industry. It lost out to Canadian car parts market Magna International for General Motors Corp's Opel unit although the government invited it to improve its bid. The sale is part of GM's restructuring, which saw it enter court protection on June after Chrysler sought bankruptcy on April 30. Erich Merkle, an independent auto analyst based in Grand Rapids, Michigan, said the court's decision on Chrysler was good news for GM because it was using a similar quick-sale strategy to facilitate its way through bankruptcy. (Additional reporting by Giancarlo Navach) (Editing by David Cowell)

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ROMA. È POSITIVO CHE VENGA APPROVATO QUESTO DDL CHE TUTELA LA LIBERTà DELLE COMUNICA... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Circondario Sud2))

Argomenti: Giustizia

Roma. «È positivo che venga approvato questo ddl che tutela la libertà delle comunicazioni e la privacy dei cittadini e perciò riveste carattere di assoluta necessità e urgenza. Questo al di là delle legittime polemiche politiche delle opposizioni»: il presidente emerito della Corte costituzionale Annibale Marini, esprime un giudizio estremamente favorevole al contenuto del ddl e del maxi emendamento presentato dal governo. Le opposizioni criticano il governo per la fiducia. Secondo lei ha fatto bene o male? «Porre la fiducia è prassi ormai consolidata. Questo ddl ha avuto lunga gestazione. Temporeggiare ancora sarebbe dannoso per l'interesse generale». Il testo modifica profondamente norme consolidate, usi e costumi e incide anche sul diritto di cronaca, non sarebbe stato meglio lasciare spazio anche a emendamenti delle opposizioni? «Il maxi emendamento, a parte alcune modifiche migliorative, riproduce il testo approvato in commissione giustizia. Questo può essere approvato dalla Camera e poi il Senato potrebbe confermare o modificare in parte anche con il contributo delle opposizioni il ddl. La verifica della bontà della legge, di ogni legge, si fa sul campo. Potranno venire conferme e suggerimenti di correzioni dai magistrati, dai giuristi e dai giornalisti. Non esistono leggi perfette». Che cosa c'è di buono in questo ddl? «In questa sede non posso fare una analisi punto per punto. Ma ritengo importante l'affermazione del principio che la libertà delle comunicazioni e la privacy sono diritti primari garantiti dalla Costituzione e possono essere intaccati con le intercettazioni solo in casi gravi ed eccezionali. Questo ddl consente alla magistratura di incidere su queste libertà quando vi sono "evidenti indizi di colpevolezza", quindi quando le intercettazioni possono aggiungere, completare un quadro probatorio già delineato. Non sarà più possibile intercettare a caccia di reati». m.c.

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GIORGIO NAPOLITANO CON NICOLA MANCINO AL CSM A DESTRA IL MINISTRO ANGELINO ALFANO A MONTE... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Circondario Sud2))

Argomenti: Giustizia

Giorgio Napolitano con Nicola Mancino al Csm A destra il ministro Angelino Alfano a Montecitorio

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ROMA. SE NE SAREBBE DOVUTO DISCUTERE OLTRE UN MESE FA, MA IL VICEPRESIDENTE DEL CSM NICOLA MANCINO R... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 10-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Circondario Sud2))

Argomenti: Giustizia

Roma. Se ne sarebbe dovuto discutere oltre un mese fa, ma il vicepresidente del Csm Nicola Mancino rinviò la trattazione in plenum a una seduta in cui sarebbe stato presente il capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella sua veste di presidente dell'organo di autogoverno della magistratura. Ieri, però, della circolare e del caso Napoli nessuno ha fatto espressamente cenno, se non incidentalmente il consigliere laico del Pdl Gianfranco Anedda. Se il Quirinale sottolinea e insiste sulle linee di principio - no al protagonismo dei pm, no alle tensioni manifestatesi in alcune Procure -, il vicepresidente Mancino dedica un passaggio del suo intervento proprio al caso della procura partenopea. «Ripeterò fino alla noia che la riforma ordinamentale è stata un'occasione per rivedere il rapporto collaborativo tra i vertici delle Procure. So bene che la revoca di un incarico da parte di un procuratore deve essere congruamente motivata. Ma se la valutazione della suddetta motivazione si dovesse concludere con l'inserimento della relativa pratica nel fascicolo personale del procuratore, non si corre il rischio di - come si dice - mettere sotto tutela i capi degli uffici requirenti?». Della vicenda napoletana è probabile che se ne discuta in una prossima assemblea plenaria, dopo che il capo dello Stato nel suo intervento di ieri sulla organizzazione delle Procure ha definito le linee generali sulla materia. Già il 5 maggio scorso il Csm aveva bacchettato Giandomenico Lepore per non avere motivato la sua decisione di stralciare dall'inchiesta sui rifiuti in Campania le posizioni del prefetto di Napoli Alessandro Pansa e del sottosegretario e capo della Protezione civile Guido Bertolaso. In quella circostanza il vicepresidente Mancino si astenne, ma la delibera - che al Csm raccontano non sia stata apprezzata dal Quirinale - passò con 10 voti a favore, 6 contrari e 4 astenuti (tra cui Mancino). In quel documento si definiva «una revoca implicita, una forma indiretta di sostanziale esonero» l'intervento di Lepore sui pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. Ieri Napolitano ha sottolineato che «i poteri di organizzazione dell'ufficio sono diventati prerogativa del capo della Procura». «Al Csm non è più dato approvare progetti organizzativi del tipo di quelli che operano per gli uffici giudicanti, prevedendo financo sanzioni incidenti professionalmente e disciplinarmente sui capi degli uffici. Ne potrebbe tra l'altro scaturire il rischio di defatiganti contenziosi amministrativi e di conflitti tra poteri». m.p.m.

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Disfunzioni sessuali maschili: il futuro della ricerca in Congresso a Catania (sezione: Giustizia)

( da "SaluteEuropa.it" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

10/06/2009 Disfunzioni sessuali maschili: il futuro della ricerca in Congresso a Catania Oltre 32.500 telefonate al numero verde 800.36.36.77 in soli 2 mesi* per richiedere informazioni relative alla sfera sessuale e circa 20.000 consulti telefonici con un andrologo su disturbi sessuali che vanno dalla disfunzione erettile all'eiaculazione precoce, dal tumore alla prostata al varicocele. Lombardia (14%), Campania (13%), Lazio (12%) e Sicilia (11%) le regioni più attente. Sono i dati generali che delineano una nuova fotografia dell'uomo e della sua sessualità, evidenziando una sempre crescente richiesta di informazione andrologica e di aiuto medico da parte del maschio italiano. A questi dati si aggiungono le oltre 40.000 visite specialistiche gratuite eseguite nel corso di 9 edizioni della Settimana della Prevenzione Andrologica (dal 2001 al 2009) che hanno visto un incremento progressivo di partecipanti, indice anche questo della caduta di un tabù e della costruzione di una cultura della sessualità che guarda sempre più insistentemente alla salute ed al benessere fisico. Un cambiamento di prospettiva che affonda le sue origini in una evoluzione socio-culturale che ha visto l'uomo spogliarsi dello stereotipo di macho latino e prendersi cura della propria salute anche in termini di prevenzione. "Con le sue numerose iniziative di sensibilizzazione, la Società Italiana di Andrologia si è impegnata nel corso del tempo a diffondere sempre più la cultura andrologica e fornire risposte concrete ai problemi maschili legati alla sfera sessuale ha spiegato il Prof. Vincenzo Gentile, Presidente della SIA, in occasione della Conferenza Stampa di presentazione del Congresso Abbiamo supportato gli andrologi italiani nell'essere più vicini agli uomini per poterli aiutare nella ricerca di una soluzione a problemi che spesso tendono a sottovalutare e di cui fino a qualche tempo fa provavano vergogna." Per fare il punto sulle ultime novità in tema di disturbi sessuali, la SIA - Società Italiana di Andrologia si riunisce in questi giorni a Catania in occasione del XXV Congresso Nazionale (10-13 giugno Centro Congressi Le Ciminiere). "Sessualità, Paternità, Salute", questo il titolo della 4 giorni siciliana, si propone di interpretare le aspettative del mondo andrologico in termini di approfondimento e dibattito, con uno sguardo rivolto al futuro, che non trascuri il necessario arricchimento sui temi della pratica clinica di ogni giorno, proponendo un consuntivo dell'attività di ricerca e delle esperienze cliniche che nel corso dell'anno le diverse equipe mediche hanno portato avanti. "Gli uomini stanno acquisendo una sempre maggiore consapevolezza riguardo alla loro sessualità, non intesa solo in termini di piacere ludico, ma anche e soprattutto in termini di salute e benessere generale dell'individuo ha sottolineato Bruno Giammusso, Presidente del Congresso e Resp. dell'Unità Operativa di Andrologia dell'Università di Catania - Finalmente l'uomo ha capito che di fronte ad un insuccesso sessuale, oltre ad intervenire sul problema con una terapia adeguata, è importante al contempo verificare se la disfunzione è il sintomo di una patologia ben più grave come ipertensione o diabete". Le novità che verranno presentate al Congresso sono molte e di alto valore scientifico. Eiaculazione precoce: la disfunzione sessuale più diffusa nella popolazione maschile "Il primo importante elemento riguarda la più diffusa tra le disfunzioni sessuali maschili, una patologia che, secondo stime ufficiali, colpisce il 20% dei maschi italiani, uno su cinque, principalmente uomini tra i 20 ed i 50 anni, quelli cioè che dovrebbero godere di una vita sessuale più intensa. Si tratta dell'eiaculazione precoce ha continuato Giammusso - Il dato ufficiale potrebbero celare in sé una realtà ben più diffusa e superiore al 30%". Nell'80% dei casi l'eiaculazione si verifica entro 30-60 secondi dall'inizio del rapporto; nel 20% dei casi tra 60 e 120 secondi. Nel 70% degli uomini l'eiaculazione rimane precoce per tutta la vita; nel 30% dei casi peggiora con l'avanzare dell'età. Esistono poi delle situazioni particolarmente critiche: nei casi più gravi, infatti, l'eiaculazione può manifestarsi durante la fase dei preliminari, prima dunque della penetrazione o non appena il pene sfiora la vagina. "Per comprendere il disagio vissuto dal maschio di fronte ad un problema legato all'eiaculazione, è necessario considerare che si tratta del modo in cui ogni maschio si esprime sessualmente ha spiegato Gentile - È un disturbo particolarmente complesso che va affrontato con il supporto dell'andrologo, l'unico specialista in grado di valutare l'opportunità di associare tra loro varie terapie, eventualmente avvalendosi anche della collaborazione di uno psico-sessuologo e coinvolgendo il partner sessuale". Uno studio internazionale condotto in USA, Gran Bretagna e Italia, ha dimostrato come solo il 9% dei pazienti con eiaculazione precoce consulta il medico. Risulta quindi evidente come questa condizione, in grado di danneggiare seriamente la relazione di coppia, rimanga per lo più sommersa a causa di evidenti barriere psicologiche, tabù culturali e, soprattutto, disinformazione. Lo stesso studio evidenzia, nei soggetti affetti da EP una frequente associazione con condizioni psicologiche di intenso stress, ansia e depressione. "La frequente associazione della eiaculazione precoce con altre disfunzioni sessuali, quali il calo di desiderio e la disfunzione erettile ha sottolineato Giammusso conferma la pesante ricaduta psicologica che la precocità eiaculatoria determina nell'individuo e, conseguentemente, nella coppia. A tal proposito va sottolineato il ruolo della partner nella gestione della patologia, se è vero che una recente indagine ha rivelato come il 75% degli uomini che consulta il medico per un problema di eiaculazione precoce lo fa dietro suggerimento e per iniziativa della partner". Disagio sessuale: al via studi per valutare diffusione e migliore terapia Sono invece un terzo di quelli che si rivolgono all'andrologo, gli uomini italiani affetti da disagio sessuale, una condizione di malessere psicologico legato alla propria intimità che interferisce negativamente con la qualità della vita, danneggia la relazione di coppia e può evolvere in una vera disfunzione. "Non sono ancora uomini malati, ma potrebbero diventarlo ha chiarito Giammusso - Calo di desiderio, insensibilità a immagini o altri dettagli normalmente stimolanti, problemi sotto le lenzuola e difficoltà di 'ripresa' tra un rapporto e l'altro. Si tratta di una nuova condizione clinica che non comprende più solo la disfunzione erettile in senso stretto, ma una serie di disfunzioni fisiche e fattori psicologici che col tempo rischiano di provocare disfunzione erettile. Non esistono, ad oggi, dati certi sulla diffusione di questa patologia e, proprio per conoscerne meglio le caratteristiche, entro l'anno la Società Italiana di Andrologia porterà a termine due nuovi studi scientifici il cui obiettivo è realizzare una rilevazione epidemiologica del disagio sessuale e definire le linee giuda per un intervento terapeutico efficace." Infertilità maschile e PMA: un documento di consenso dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 1 aprile 2009 Al XXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia si parlerà anche di Infertilità maschile e Procreazione Medicalmente Assistita. Si stima che in Italia circa 500 mila coppie abbiano problemi di fertilità, e che questa sia riconducibile nel 40% dei casi ad un fattore maschile, nel 50% ad uno femminile e nel restante 10% sia da considerarsi misto. L'infertilità rappresenta, dunque, un importante problema di ordine sanitario che in alcuni casi, ed in particolare quando hanno fallito le terapie tradizionali, richiede il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita (PMA), di I, II o III livello, prime fra tutte la IUI (inseminazione intrauterina), la FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione) e la ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi). In totale sono circa il 10% le coppie che ricorrono alla procreazione assistita, con una percentuale cumulativa (ovociti "freschi" più ovociti "congelati-scongelati") di concepimento del 40% per ciascun tentativo che si traduce in una percentuale cumulativa di successo con nascita del bambino attorno al 30-32%. La novità 2009 più importante riguarda la firma lo scorso 30 maggio, da parte di tutte le società scientifiche che si occupano di riproduzione, del documento di consenso* che esprime una posizione unitaria ad un mese circa dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge 40 riguardante la Fecondazione Assistita, identificando un percorso nuovo nell'interesse della salute della donna e del nascituro. "Con il suo pronunciamento la Consulta ha difeso il diritto alla salute della donna, un principio fondamentale sancito dall'articolo 2 della Costituzione, e ha definito un nuovo equilibrio tra madre e nascituro ha sottolineato Gentile - Se la legge, infatti, fino ad oggi ha posto al centro della tutela il solo embrione, con questa sentenza la donna si riappropria dei suoi diritti di singolo essere umano. Il documento di consenso evidenzia la vera novità della sentenza, vale a dire la possibilità di creare un "programma procreativo" individuale, una terapia personalizzata, che tenga conto dell'età e delle condizioni fisiche generali della coppia, al fine di sviluppare il percorso più adatto per ciascun caso, tenendo in considerazione l'età della donna, il tipo di risposta dell'ovaio, il fallimento di precedenti tentavi e la qualità del liquido seminale. L'introduzione delle misure identificate nel documento possono, inoltre, consentire il contenimento della spesa sanitaria sia in termini di assistenza ai prematuri da gravidanza multipla nonché dalla reiterazione dei trattamenti per molteplici cicli". Secondo il Comitato della International Society of Sexual Medicine, costituito dai principali esperti internazionali di medicina sessuale, l'eiaculazione precoce è "una disfunzione sessuale maschile caratterizzata da un'eiaculazione che sempre o quasi sempre si verifica prima di o entro un minuto dalla penetrazione vaginale; dall'incapacità di ritardare l'eiaculazione in tutte o quasi tutte le penetrazioni vaginali; con conseguenze personali negative, come ad esempio ansia, preoccupazione, frustrazione e/o l'astensione dall'intimità sessuale". Un'eiaculazione occasionalmente troppo veloce, dunque, non ha un significato patologico ed è abitualmente secondaria ad uno stato di ansia causato da situazioni o contesti affettivi o sessuali non abituali per quel soggetto. Al contrario, di fronte ad un'eiaculazione persistente nel tempo è consigliabile far visita all'andrologo. Le cause possono essere diverse ed essere collegate a 3 fattori principali: il fattore psicologico, quello ambientale-relazionale e quello biologico. Oggi gli specialisti danno molta importanza alle cause organiche considerando l'eiaculazione precoce solo un sintomo di una patologia più estesa. Basta quindi intervenire sul disturbo principale per risolvere quello eiaculatorio. Basti pensare alle vescicoliti o ai casi di frenulo corto.

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Ylenia e gli altri... vittime del "pacchetto sicurezza" (sezione: Giustizia)

( da "Articolo21.com" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Ylenia e gli altri... vittime del "pacchetto sicurezza" di Bruna Iacopino C'è chi muore inghiottito dalle acque del mediterraneo, chi finisce asfissiato o schiacciato dentro la pancia di un tir, chi invece rimane stritolato sotto le ruote dei pesanti autoarticolati o investito su un'autostrada, chi muore prima, nel lungo viaggio attraverso il deserto. Sono morti comuni, senza nome e senza volto, sono migliaia, senza una lacrima che venga versata, perchè nella maggior parte dei casi la notizia non giunge fino alla famiglia perchè non c'è nessuno che la comunichi. A queste morti, a breve dovremmo cominciare ad aggiungere, contandole una per una, e dando anche un nome e un'identità, le morti di chi decide di rinunciare alle cure di pronto soccorso, pur di non essere denunciato come “irregolare”. E' successo l'altra notte, in una cittadina nel barese. Lei era una badante ucraina senza regolare permesso di soggiorno, ma da alcuni giorni, almeno così ha dichiarato il datore di lavoro, aveva cominciato ad accudire un'anziana signora. Ylenia, ( come si faceva chiamare) è morta dissanguata, in seguito ad emorragia interna, provocata probabilmente da un aborto spontaneo. Domani avrebbe compiuto 40 anni. Con se aveva solo il passaporto e 30 euro, nessun altro indizio o contatto. La polizia sta cercando di contattare le amiche che era solita frequentare, forse anche loro irregolari. A Ylenia è stato dedicato uno spazio interno a qualche giornale, senza troppo clamore. Nessuno pagherà per una morte così assurda e che purtroppo non è e non sarà l'unica. Una rapida ricognizione fra le notizie di cronaca fa emergere altri casi come questo. Casi di persone terrorizzate e sole, che, succubi di un ricatto "legale" pagano con la vita. Il 10 aprile a farne le spese era stato un ragazzo boliviano di 21 anni, affetto da appendicite. Per paura della denuncia aveva deciso di curarsi da solo con antinfiammatori, ma dopo una decina di giorni l'appendicite si era aggravata sfociando in peritonite. Ha subito 5 interventi di fila ed è entrato in coma. Il 13 marzo, una ragazza nigeriana di 24 anni che per vivere faceva la prostituta, è morta invece a Bari di tubercolosi polmonare avanzata. Una semplice visita medica e una radiografia avrebbero potuto salvarla. Ma lei, come tante altre, non aveva il permesso di soggiorno. E' andata sicuramente meglio, ( o peggio), a seconda dei punti di vista, a un ragazzo senegalese, che, il 9 aprile, dopo essersi recato al pronto soccorso a causa di un forte mal di denti si è trovato in tasca un bel foglio di via senza neanche aver avuto il tempo di usufruire delle cure ospealiere. Già a febbraio la Cgil aveva lanciato l'allarme. Le visite mediche per gli immigrati avevano subito una flessione del 20%, ancor prima dell'entrata in vigore della legge, per il semplice “effetto paura”. Quella norma, adesso non è più contemplata esplicitamente nel disegno di legge, ma, come sottolineato anche oggi dal CSM, il reato di clandestinità ha di fatto vanificato quello stralcio, violando palesemente uno dei diritti fondamentali... Le tragiche conseguenze sono già davanti ai nostri occhi.

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La Corte costituzionale francese censura la legge Hadopi (sezione: Giustizia)

( da "Stampaweb, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Una buona notizia invece oggi dalla Francia: la Corte costituzionale francese ha censurato la legge Hadopi , quella voluta da Sarkozy e ideata da Denis Olivennes, cosiddetta "dei tre schiaffi" fino alla disconnessione forzata degli utenti che scaricano gratis brani coperti da copyright. E' incostituzionale togliere l'accesso alla Rete ai cittadini, limita un diritto fondamentale. SCRIVI In Italia da oggi obbligo di rettifica entro 48 "per tutti i siti informatici" commenti (0) scrivi

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Obbligo di rettifica entro 48 ore "per tutti i titolari di siti informatici" (sezione: Giustizia)

( da "Stampaweb, La" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Oggi non sono al lavoro, ma mi sembra importante riportare la notizia della fiducia che il governo ha chiesto sul maxi-emendamento in materia di intercettazioni. Come scrive l'avvocato Guido Scorza, «ha un significato sinistro e preoccupante per la Rete: il testo maxi-emendato, infatti, introduce nel nostro Ordinamento l'obbligo di rettifica entro 48 ore a pena di una sanzione pecuniaria tra il 15 e i 25 milioni di vecchie lire per tutti i titolari di siti informatici...Il Governo sta mostrando una volta di più di non conoscere la Rete ma di temerla incredibilmente almeno fintanto che sarà diversa da una televisione...il maxi-emendamento rischia di cambiare molto le dinamiche dell'informazione in Rete ed è un inutile sacrificio della libertà di espressione che comprimerà i diritti di molti senza arrecare alcun vantaggio neppure a pochi». Ne stiamo discutendo con Marco Pancini, capo di Google Italia - coinvolta perchè Google rientra tra i "siti informatici" così come tutti i blogger e persino gli utenti di Facebook, per intenderci... -, al mercoledì di Nexa. SCRIVI La Corte costituzionale francese censura la legge Hadopi commenti (5) scrivi

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Sugli effetti del Cid firmato dal responsabile del danno e dal proprietario dell'auto (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Sugli effetti del Cid firmato dal responsabile del danno e dal proprietario dell'auto Cassazione civile , sez. III, sentenza 22.04.2009 n° 9551 Stampa | Segnala | Condividi SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Sentenza 10 marzo - 22 aprile 2009, n. 9551 (Presidente Petti - Relatore Filadoro) Svolgimento del processo Con sentenza 22 Aprile - 28 maggio 2005, nell'ambito di un giudizio reso secondo equità, il giudice di pace di omissis ha attribuito la responsabilità di un incidente stradale del omissis, ad I. S. G. per l'80% e a L. G. M. per il restante 20%. L'attore I. S. aveva compiuto una manovra di inversione di marcia ad “U” in prossimità di una curva ed in luogo in cui vi era il divieto di superamento della linea continua della carreggiata. Per tale motivo il giudice di pace riconosceva la responsabilità prevalente dell'I. S. nella causazione dell'incidente (valutata nell'ordine dell'80%). Alla L. G., invece, era riconosciuto un concorso di colpa nella misura del 20% per non avere usato la prudenza necessaria e opportuna nella guida in un centro abitato, in prossimità di una curva e comunque per non essere stata in grado di neutralizzare le più gravi imprudenze commesse dalla controparte. Conseguentemente, il giudice liquidava in favore dell'attore I. S. il 20% delle effettive spese sostenute per la riparazione dell'autovettura (e precisamente 60,00 euro) oltre ad un giorno di fermo tecnico, liquidato, per intero, in euro 50,00, e così complessivamente euro 110,00. Con la stessa decisione il giudice provvedeva a liquidare le spese del giudizio, ponendole per l'80% a carico dell'I. S. e per il restante 20% della L. G.. Nella stessa misura percentuale poneva a carico delle due parti le spese liquidate a favore della compagnia di assicurazione e quelle per la consulenza tecnica di ufficio. Avverso tale sentenza l'I. S. ha proposto ricorso per cassazione, sorretto da dieci motivi, illustrati da memoria. Le intimate non hanno svolto difese. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce falsa ed erronea applicazione dell'art. 320, primo comma, c.p.c. in relazione all'art. 183, primo comma, c.p.c. applicabile dinanzi al giudice di pace ex art. 311 c.p.c. nonché mancanza assoluta di motivazione su un punto decisivo della controversia e nullità della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il giudice di pace non aveva dato corso al libero interrogatorio delle parti né al prescritto tentativo di conciliazione, dandone comunque atto nel verbale di causa. La L. G. non era comparsa alla prima udienza, rendendo così impossibile il tentativo di conciliazione. La convenuta non si era, infine, presentata ad alcuno dei sopralluoghi disposti dal consulente tecnico di ufficio, impedendo in tal modo la ricostruzione delle modalità dell'incidente. Il motivo è inammissibile ancor prima che privo di qualsiasi fondamento. Non possono costituire oggetto di ricorso per Cassazione le deduzioni relative al mancato esercizio di una facoltà discrezionale del giudice, quale quella di trarre argomento di prova dalla mancata comparizione del convenuto, (persino nel caso - peraltro non verificatosi nella specie - in cui lo stesso sia rimasto contumace) a rendere l'interrogatorio prescritto dal codice di procedura civile. A differenza di quanto previsto in altri Paesi, il nostro ordinamento giuridico non ricollega effetti automatici alla mancata costituzione o comparizione della parte (v. tuttavia le disposizioni relative alle controversie in materia di rapporti societari, in base alle quali, a determinate condizioni, i fatti affermati dall'attore si consideravano - prima della pronuncia della Corte Costituzionale n. 340 del 12 ottobre 2007 - non contestati in caso di mancata o tardiva costituzione del convenuto: D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2) (cfr. Cass. 29 marzo 2007 n. 7739). La mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio formale costituisce fatto processuale, tale da indurre a ritenere ammessi i fatti che formano oggetto di interrogatorio, purché concorrano anche altri elementi. Tuttavia, non è censurabile in sede di legittimità la sentenza che pur in caso di mancata risposta a interrogatorio formale, non ritenga ammessi i suddetti fatti. Il rilievo formulato dall'attuale ricorrente è, inoltre, privo di qualsiasi fondamento, poiché il primo giudice - contrariamente a quanto evidenziato nel ricorso - ha tenuto conto del comportamento processuale della convenuta L. G., conducente della Toyota, e del fatto che la stessa non ebbe ad ottemperare all'invito del consulente tecnico di ufficio di collaborare nella ricostruzione dell'incidente, attribuendo alla convenuta il 20% della responsabilità. Con il secondo motivo il ricorrente deduce falsa ed erronea applicazione dell'art. 115, comma primo, codice di procedura civile, erroneità della ordinanza riservata del 3-4 aprile 2002 nella parte in cui non era stata ammessa la prova col teste A. D. e nullità della sentenza ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Erroneamente il primo giudice aveva ritenuto ininfluente ai fini della decisione la circostanza sulla quale il predetto testimone era chiamato a deporre. Anche questo motivo si rivela del tutto inammissibile. Poiché il procedimento davanti al giudice di pace è regolato, ai sensi dell'art. 311 cod. proc. civ., dalle norme relative a quello davanti al Tribunale, al medesimo è applicabile anche l'art. 178 cod. proc. civ. così come modificato dalla legge n. 353 del 1990. Ne deriva che, avverso le ordinanze emesse dal giudice di pace di ammissione o di rigetto delle prove testimoniali, non è più ammesso reclamo dinanzi al Collegio, ma le richieste di modifica o di revoca devono essere reiterate in sede di precisazione delle conclusioni definitive al momento della rimessione in decisione ed, in mancanza, le stesse non possono essere riproposte in sede di impugnazione. (Cass. 14 novembre 2007 n. 23574). Nel caso di specie, dalle conclusioni indicate a verbale all'udienza del 5 novembre 2004, risulta che l'I. S. non ebbe espressamente a reiterare la richiesta di ammissione del teste D. (pur avendo sollevato obiezioni in ordine alla mancata audizione di altri testi: M., P. e Mu.). Ne consegue la inammissibilità della censura mossa con il secondo mezzo. Con il terzo motivo il ricorrente deduce falsa ed erronea applicazione dell'art. 246 c.p.c., erroneità della ordinanza di revoca pronunciata all'udienza del 4 giugno 2003, nullità della sentenza ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Il giudice di pace, dopo avere ammesso la testimonianza della M., ne aveva disposto la revoca sul presupposto che la stessa avesse un interesse diretto nella causa, desunto solo dalla sua posizione di dipendente precaria della società della L. G.. Tale decisione, ad avviso del ricorrente, si porrebbe in aperto contrasto con la norma processuale (art. 246 c.p.c.) che richiede un interesse diretto nella causa per la incapacità a testimoniare. Le censure formulate dal ricorrente ad avviso del Collegio sono inammissibili, poiché i fatti sui quali la teste M. era chiamata a deporre (consegna da parte del D, dipendente della omissis Mobili del modello CID relativo all'incidente del omissis e successivi colloqui tra l'I. S. e la stessa M.) sono state ritenuti ininfluenti dallo stesso giudice, non riguardando direttamente la dinamica del sinistro. Ogni questione relativa alla incapacità del teste deve pertanto ritenersi superata. Del resto, lo stesso giudice di pace ha dato atto (p. 7-8 della sentenza) che il modello CID a firma dello stesso I. S. non conteneva alcun fatto a lui sfavorevole se non la ammissione di avere compiuto una manovra di inversione di marcia nel luogo indicato. La decisione impugnata non si pone in contrasto con il recente insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, per il quale: “la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l'appunto, liberamente apprezzata dal giudice. (Cass. S.U. 5 maggio 2006 n. 10311). Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la mancata audizione del vigile urbano G. P., rilevando che entrambe le convenute, L. G. e Nuova MAA assicurazioni, avevano rinunciato alla audizione di tale teste, mentre lo stesso ricorrente aveva insistito perché fosse sentito sulle circostanze indicate. Nonostante il chiaro disposto dell'art. 245, secondo comma, codice di procedura civile, il giudice di pace aveva revocato la ordinanza ammissiva di tale testimonianza: donde la nullità della decisione impugnata. Anche questo motivo, con il quale si deduce la violazione di norme processuali, è del tutto inammissibile. Nel caso di specie, il primo giudice ha ritenuto superflua la audizione del secondo vigile urbano P., chiamato insieme all'altro vigile (N., quest'ultimo regolarmente escusso) per riferire in ordine “al traffico che si svolge nella via omissis nel corso della mattinata”. Sia il N. che il P., non erano presenti nel luogo dell'incidente nel momento in cui questo ebbe a verificarsi. Per questo motivo, la difesa della L. G. aveva dichiarato di voler rinunciare alla testimonianza del P. e la Nuova MAA assicurazione aveva ritenuto di doversi associare a tale richiesta. Osserva il Collegio: la tesi della parte ricorrente, secondo la quale - in questo caso - sarebbe stata necessaria anche la sua accettazione alla rinuncia è priva di qualsiasi fondamento. Anche nella ipotesi in cui una parte si opponga alla rinuncia dell'altra parte ai propri testimoni, il giudice del merito non é tenuto ad ammettere la prova ove ritenga, con apprezzamento incensurabile in Cassazione, che gli elementi acquisiti al processo siano sufficienti per la decisione. La riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di merito (non censurabile in sede di legittimità) che può essere esercitato anche nel corso dell'espletamento della prova, potendo il giudice non esaurire l'esame di tutti i testi ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga superflua l'ulteriore assunzione della prova. Tale ultima valutazione non deve essere necessariamente espressa, potendo desumersi per implicito dal complesso della motivazione della sentenza. Con il quinto motivo si deduce falsa ed erronea valutazione dell'art. 261, commi secondo e terzo, codice di procedura civile, nonché mancanza ed insufficienza di motivazione, e nullità della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). L'attuale ricorrente, alla udienza del 26 febbraio 2002, aveva prodotto dinanzi al giudice di pace copia della planimetria dei luoghi ove si era verificato l'urto. La planimetria non era stata contestata e tutte le parti avevano concordemente richiesto di effettuare un esperimento giudiziale, che il giudice tuttavia - senza motivazione alcuna - non aveva disposto. Anche queste censure sono del tutto prive di fondamento. L'ammissione dei mezzi di prova di cui all'art. 261 cod. proc. civ. è rimessa alla iniziativa e alla discrezionale valutazione del giudice di merito, onde non è censurabile in sede di legittimità la sentenza che non abbia ammesso e non abbia indicato le ragioni della mancata ammissione di detti mezzi, dovendosi ritenere per implicito che non se ne sia ravvisata la necessità (Cass. 29 marzo 1995 n. 3710). Con il sesto motivo il ricorrente denuncia falsa ed omessa applicazione dell'art. 116 secondo comma, ultima alinea, c.p.c. nonché mancanza assoluta di motivazione su di un punto decisivo della controversia e conseguente nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Anziché disporre l'esperimento giudiziale richiesto da entrambe le parti, il giudice di pace aveva nominato un consulente tecnico di ufficio, attribuendogli l'incarico di esprimere un “parere giudiziale sulla dinamica del sinistro alla luce delle prove documentali e degli atti di causa”. Con il settimo motivo il ricorrente rileva la falsa ed erronea applicazione dell'art. 115, primo comma, codice di procedura civile e dell'art. 111, sesto comma, Costituzione, nonché mancanza assoluta di motivazione e nullità della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il consulente nominato dall'ufficio non aveva trasfuso le osservazioni formulate dal consulente di parte attrice nella propria relazione. Il giudice di pace aveva rifiutato persino di sentire il consulente Mu. a conferma delle osservazioni formulate. La circostanza sulla quale il teste era stato chiamato a deporre riguardava la ampiezza della strada, il fatto che la stessa consentisse di compiere agevolmente la conversione ad “U” e che “ove la L. G. avesse usato la necessaria diligenza certamente non sarebbe andata a sbattere sulla parte anteriore sinistra della Volvo S40”. Il sesto e settimo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro. Essi sono inammissibili. Le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi del secondo comma dell'art. 113 cod. proc. civ., sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, per violazione della Costituzione e delle norme comunitarie, nonché per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà. Deve, pertanto, ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione col quale si lamenta l'errore in cui sarebbe incorso il giudice nella individuazione e ricostruzione delle prove (Cass. 1° febbraio 2007 n. 2215). Nel caso di specie, il giudice di pace ha dato atto della mancata comparizione della L. G. (pag. 9 della sentenza impugnata, sottolineando che la stessa “senza addurre giustificazione alcuna non ha ottemperato all'invito del c.t.u.”) e - nell'ambito di una pronuncia resa nell'ambito della giurisdizione equitativa - ha valutato nella misura del 20% la responsabilità della stessa convenuta. In misura maggiore (valutandolo nell'ordine dell'80%) lo stesso giudice ha ritenuto il concorso di colpa dell'I. S., per avere effettuato una manovra di conversione ad “U” in prossimità di una curva, ed in un tratto in cui vi era una linea continua di mezzeria che imponeva il divieto assoluto di superarla. Tale motivata conclusione - resa peraltro nell'ambito di una decisione secondo equità - sfugge a qualsiasi censura, essendo del tutto irrilevante che il primo giudice non abbia ritenuto di disporre l'esperimento giudiziale richiesto. Quanto alla mancata audizione del teste M., è appena il caso di ricordare che il giudice di pace aveva rigettato l'ammissione in qualità di teste del consulente tecnico di parte, geom. Mu., poiché non era stata richiesta tempestivamente dalla parte attrice. Lo stesso giudice, tuttavia, ha ammesso il deposito della perizia giurata di parte, riservandosi di valutarla nei modi previsti dalla legge (pag. 4 della sentenza). La decisione del primo giudice appare in tutto conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, non essendo prevista dall'ordinamento la precostituzione fuori del giudizio della perizia giurata come mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto (Cass. 17 maggio 1997 n. 4437). Tra l'altro, l'attore I. S. aveva richiesto al proprio consulente (di parte) di compiere non già un accertamento di fatto od una valutazione di ordine tecnico, ma di esprimere la propria opinione (chiedendogli che se “la L. G. avesse usato la necessaria diligenza certamente non sarebbe andata a sbattere sulla parte anteriore sinistra della Volvo S40”). Con l'ottavo motivo il ricorrente deduce falsa ed erronea ricostruzione dei fatti di causa, mancanza assoluta di motivazione, violazione dell'art. 111, sesto comma, Costituzione e nullità della sentenza (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il giudice di pace aveva concluso che dalla istruttoria svolta non erano emerse prove piene in ordine alla responsabilità dell'una o dell'altra parte ma che, ciò nonostante, era stato possibile acquisire “tutta una serie di circostanze di sicuro rilievo a livello di indizio o di presunzione”. La motivazione della sentenza impugnata doveva, dunque, considerarsi del tutto inesistente o apparente, non essendo stato spiegato in alcun modo per quale motivo il primo giudice aveva ritenuto di porre la responsabilità dell'incidente per l'80% a carico dell'attore e per la restante parte a carico della convenuta L. G.. Con il nono motivo si deduce falsa ed erronea applicazione dell'art. 2054, comma secondo, codice civile, falsa ed erronea ricostruzione dei fatti di causa, mancanza assoluta di motivazione su un punto decisivo della controversia, nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. e dell'art. 111 comma sesto Costituzione. Il consulente tecnico di parte aveva concluso che la velocità tenuta dalla L. G. al momento dell'incidente doveva essere non inferiore agli 85 kmh. Se la stessa avesse tenuto una condotta di guida più prudente, in linea con i limiti vigenti in centro abitato, l'incidente sarebbe sicuramente stato evitato. La conclusione del concorso di colpa all'80% ed al 20% a carico dell'I. S. e della L. G. era, dunque, del tutto immotivato. L'ottavo ed il nono motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra di loro. Quanto alla ricostruzione della dinamica dell'incidente ed alla attribuzione delle responsabilità, la stessa, in linea generale, non è sindacabile in sede di legittimità quando sia congruamente motivata. Per quanto riguarda, in particolare, il controllo della Corte di Cassazione sulle sentenze del giudice di pace pronunziate nel merito secondo equità - come già rilevato - questo resta limitato, quando siano denunziati i vizi di cui all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., al rispetto della Costituzione e dei principi generali dell'ordinamento, e dei principi fondamentali della materia, anche se il giudice abbia ricavato la regola di giudizio concretamente applicata da norme di diritto, avendole ritenute, in maniera esplicita o implicita, conformi all'equità, senza che neppure in tal caso sia consentito, in sede di legittimità, verificare l'effettiva congruenza fra quella regola e la norma dalla quale il giudice ha creduto di trarla. Con il decimo motivo il ricorrente - da ultimo - deduce falsa ed erronea applicazione del paragrafo I della vigente tariffa forense riguardante le controversie dinanzi al giudice di pace e la “esosità” della liquidazione, infine, la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Il primo giudice, ad avviso del ricorrente, avrebbe liquidato spese, diritti ed onorari in misura eccedente quella prevista dalla vigente tariffa forense, che pure ha forza di normativa cogente (Cass. 27 gennaio 2006 n. 1763). Le censure sono prive di fondamento. Le stesse, infatti, non tengono conto delle richieste economiche formulate dal ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio (che rientrano nello scaglione superiore a quello indicato nel ricorso). Infatti, la norma da applicarsi è quella dettata dall'art. 5, primo comma, delle medesime disposizioni preliminari alla tabella relativa agli onorari ed alle indennità spettanti agli avvocati in materia stragiudiziale (Annesso H), secondo cui “il valore della pratica o dell'affare si determina a norma del codice di procedura civile”, e dunque facendo riferimento ai principi generali posti dagli artt. 10 e seguenti cod. proc. civ. Pertanto, il valore della controversia deve essere individuato con riferimento alla domanda proposta con l'atto di citazione e non in relazione alla somma riconosciuta dal giudice o alla richiesta successivamente formulata all'atto delle precisazione delle conclusioni (Cass. 7 febbraio 2008 n. 2852). Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nessuna pronuncia in ordine alle spese, non avendo le due intimate svolto difese in questa sede. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio. Stampa | Segnala | Condividi |

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Personalizzazione del danno biologico e delle conseguenti sofferenze psico-fisiche (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 10-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Personalizzazione del danno biologico e delle conseguenti sofferenze psico-fisiche Tribunale Milano, sez. V civile, sentenza 06.05.2009 n° 6076 Stampa | Segnala | Condividi Si ringrazia per la segnalazione il dott. Damiano Spera. Tribunale di Milano Sezione V Civile Sentenza 6 maggio 2009, n. 6076 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE V CIVILE In persona del Giudice Istruttore, in funzione di Giudice Unico, dott. Damiano Spera, ha pronunciato la seguente SENTENZA (pubblicata il 06.05.2009 n. 6076/09) Nella causa civile iscritta al R.G. n. 78371/2004, promossa da O. R., con l’avv. Sostene Invernizzi - attrice - contro AZIENDA OSPEDALIERA ISTITUTI CLINICI DI PERFEZIONAMENTO Istituto Ostetrico Ginecologico L. Mangiagalli, con gli avv. ti Marisa Meroni e Laura Giammarrusto - convenuta - CONCLUSIONI Per l’attrice: vedi fogli n. 2-3 Per il convenuto: vedi foglio n. 4 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, la signora R. O. conveniva in giudizio, avanti a codesto Tribunale, l’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento per sentirla condannare, a titolo di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale, al risarcimento di tutti i danni (patrimoniali, biologici, morali, per inabilità temporanea e invalidità permanente, nonché derivanti dalla lesione di interessi costituzionalmente garantiti) subiti dall’attrice a seguito dell’intervento di laparoscopia, da stimarsi nella somma derivante dalle risultanze istruttorie, o in quella somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Si costituiva in giudizio l’Azienda Ospedaliera convenuta, la quale concludeva per il rigetto della domande attoree. Il G.I. disponeva consulenza tecnica d’ufficio per accertare l’eventuale responsabilità della convenuta, nonché i danni conseguentemente patiti dall’attrice; disponeva inoltre un supplemento di perizia, al fine di approfondire le osservazioni svolte dalle parti. Il G.I. ammetteva parzialmente le prove dedotte dalle parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, invitava le stesse a precisare le conclusioni come in epigrafe trascritte; disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali, all’udienza di discussione del 04.02.2009, la causa veniva assegnata in decisione, ai sensi dell'art. 281 quinquies cpv. c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene questo Tribunale che le domande proposte da parte attrice debbano essere accolte. Infatti, nel marzo del 2000 l’attrice (all’epoca trentenne) lamentando da tempo algie addominopelviche, si sottoponeva ad esami ecografici ginecologici dai quali emergeva la presenza di due cisti ovariche, precisamente: a carico dell’ovaio sinistro una cisti del diametro di 3 cm e a carico dell’ovaio destro una cisti di 2 cm (poi risultate rispettivamente di 5 cm e 2,5 cm a seguito dell’eccessiva asportazione). La diagnosi era pertanto di endometriosi ovarica bilaterale. Dopo aver assunto infruttuosamente un ciclo di pillole, l’attrice veniva ricoverata in data 09.05.2000 presso la Clinica Ginecologica Mangiagalli, per essere sottoposta, il giorno seguente, ad intervento chirurgico di laparoscopia diagnostica e terapeutica. Il consenso informato fatto sottoscrivere alla signora O. prevedeva, tra l’altro, l’enucleazione delle cisti ovariche e (ev. ovarectomia)”. Successivamente all’intervento il ciclo mestruale della signora O. non è mai più ricomparso. Dagli esami dei livelli ormonali eseguiti a distanza di cinque mesi dalla laparoscopia venivano riscontrati livelli probanti per menopausa. Nemmeno la terapia estroprogestinica consigliata risolveva il persistere di amenorrea. Inoltre, la M.O.C. confermava la marcata riduzione del contenuto minerale osseo (osteopenia elevata). Alla luce dell’espletata istruttoria nonché delle risultanze della C.T.U. risulta provato che la situazione clinica ed ormonale dell’attrice, successiva all’intervento di laparoscopia sulle ovaie, è di tipo menopausale. Le conseguenze di tale intervento si configurano oggi nella menopausa precoce stabilizzata di natura iatrogena, tuttavia, i danni connessi non investono solamente la condizione riproduttiva da perdita della fertilità. Infatti, gli effetti negativi secondari si sono riversati altresì sul metabolismo calcio-fosforo, con conseguente osteoporosi, sul trofismo delle mucose genitali e urinarie, con atrofia secondaria, sull’aspetto estetico, con melasma al viso per assunzione di EP, sul comportamento sessuale e psico-relazionale dell’attrice, con dispareunia e grave sindrome ansioso-depressiva, nonché sulla condizione fisica generale, con vampate di calore, sudorazioni, insonnia ed irritabilità. A fronte di tale insorgenza, l’attrice ha subito un processo osteoporotico ormai stabilizzato, che comporta un elevato rischio di fratture dell’apparato scheletrico paragonabile a quello di una donna di 50 anni, nonché stati ansiosi-depressivi riflessi nei comportamenti inter-relazionali, per i quali la stessa necessita di un supporto psicoterapico costante. Dall’analisi peritale è emersa la colpa professionale per imprudenza dei medici che hanno effettuato l’intervento, e non anche per imperizia, atteso che, come evidenziato dagli stessi C.T.U., tra i chirurghi operatori figurano anche studiosi citati nella letteratura medica moderna. Occorre rilevare che l’indicazione operatoria è stata corretta e giustificata dalla presenza di endometriosi bilaterale. I C.T.U. hanno quindi valutato un danno biologico permanente del 25 %, non rilevando alcuna inabilità temporanea, relativamente alla convalescenza post operatoria, poiché comunque prevista, accertando, al contrario, un danno biologico temporaneo parziale relativamente alla sfera psichica, stimato in mesi 6 al 50 %. I C.T.U. hanno altresì precisato che “sussistono inoltre particolari aspetti dinamico relazionali, personalizzati, così da potersi giungere ad un ristoro economico in termine di risarcimento da incrementarsi a discrezione del giudice entro i termini previsti ope legis. Trattasi infatti di giovane donna in menopausa chirurgica iatrogena”. In ordine al danno patrimoniale i C.T.U. hanno escluso una riduzione della capacità lavorativa, riconoscendo le spese di cura sostenute. Pertanto, ciò che viene censurato dai C.T.U. è l’eccessiva asportazione di tessuto ovarico nel corso dell’intervento de quo, che, con un criterio probabilistico, risulta essere in stretta connessione causale con la nuova condizione organica e funzionale della signora O.. Sulla sussistenza del nesso di causalità fra l’intervento chirurgico e l’insorgenza di menopausa precoce, infatti, preme ricordare che, in assenza di norme civili che specificamente regolino il rapporto causale, devono trovare applicazione nel caso di specie i principi generali indicati dagli articoli 40 e 41 del codice penale. Ciò, tuttavia, non comporta l’integrale implementazione dei criteri normalmente riconosciuti in tale settore del diritto, secondo la regola della certezza oltre ogni ragionevole dubbio (Cass., S.U., 30328/2002), nel processo civile infatti la valutazione della prova si compendia nella meno esigente regola dell’evidenza preponderante (Cass., S.U., 581/2008). In altri termini, nel processo civile la causalità si regge su logiche di tipo probabilistico comportando un significativo alleggerimento dell’onere probatorio. Circa la ripartizione dell’onere stesso, ritiene inoltre il giudice di legittimità che la domanda dell’attrice debba attenere ad un inadempimento qualificato, astrattamente efficiente alla produzione del danno, mentre compete al debitore dimostrare che tale inadempimento, pur esistendo, non assume alcun rilievo nel processo generativo dell’evento concretamente inteso (Cass. S.U. 577/2008). Nel caso di specie, avendo l’attrice allegato che l’eccessiva asportazione di tessuto ovarico è stata causa determinante dell’insorgenza della menopausa precoce e di tutte le conseguenze connesse, competeva alla convenuta dimostrare che quell’inadempimento non si era mai verificato ovvero che non era stato eziologicamente efficiente. Tale prova tuttavia non è stata raggiunta, poiché, come rilevato dal C.T.U., l’endometriosi genitale sofferta dall’attrice è riconducibile al secondo stadio della classificazione di Amer e non al quarto, come sostenuto dal C.T. di parte convenuta. Coerentemente, alla luce delle valutazioni ora espresse, attesa l’assenza di ipotesi alternative attendibili che comprovino un differente nesso di causalità nella fattispecie concreta, pare ragionevole e verosimile ritenere che, secondo un giudizio controfattuale, una minore sottrazione quantitativa del parechina ovarico funzionante, conformemente con il grado moderato della patologia sofferta, avrebbe con un sufficiente grado di probabilità logica impedito l’evento dannoso. Pertanto, accertata la negligenza del personale sanitario e accertato il nesso di causalità, consegue la responsabilità della Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, ex artt. 1218 e 1228 c.c. Questo giudice condivide le argomentazioni e le conclusioni cui sono pervenuti i C.T.U., con metodo corretto ed immune da vizi logici o di altra natura. In ordine alle censure avanzate dalle parti alla espletata C.T.U., il Tribunale fa proprie le argomentazioni esposte dai C.T.U. nel supplemento delle indagini peritali. A ciò deve aggiungersi che il consenso informato rilasciato alla signora O. non prospettava l’ipotesi di una menopausa post-chirurgica; la dicitura “(ev. ovarectomia)”, aggiunta per mano del dott. Natale, oltre a non essere chiaramente riconducibile ad annessiectomia bilaterale, non chiarisce in alcun modo le ripercussioni che una “castrazione chirurgica” (così è stata definita dai C.T.U.) comporta. In sede di testimonianza, lo stesso teste dott. Natale, rilevava di non aver aggiunto “bilaterale” a “ovarectomia”, ritenendo tale evenienza implicitamente sottesa alla tipologia di endometriosi, precisando altresì di non ricordare il contenuto del colloquio intervenuto con l’attrice e rimandando semplicemente ad una prassi di specifica informazione abitualmente seguita. Pertanto, né direttamente, attraverso il consenso informato rilasciato all’attrice, poiché del tutto incompleto ed inidoneo, né attraverso le testimonianze del dott. Natale, parte convenuta ha provato la reale presa di coscienza dell’attrice della grave evenienza di sterilità e menopausa precoce poi verificatesi. Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, ritiene il Tribunale che l’operato dei sanitari è da ritenersi censurabile, delineandosi profili di imprudenza, per aver ridotto in maniera impropria il patrimonio follicolare ovarico durante l’intervento laparoscopico per endometriosi pelvica, non riconducibile tra le ipotesi previste dall’art. 2236 c.c., e per non aver correttamente informato l’attrice delle gravi conseguenze legate all’intervento. Deve pertanto dichiararsi la responsabilità dell’Azienda Ospedaliera convenuta, nella produzione dei danni subiti dall’attrice. Circa il quantum, ritiene questo giudice che il danno patrimoniale subito dall’attrice sia risarcibile solamente in relazione alle spese di cura sostenute e documentate, pari a complessivi € 2.371,94. Somma che rivalutata ad oggi ammonta (anche in considerazione delle date dei singoli esborsi) ad arrotondati € 2.850,00. Non è stato invece provato il danno da riduzione della capacità lavorativa, peraltro valutato come incompatibile con la patologia insorta dagli stessi C.T.U.. Ritiene altresì il Tribunale che l’attrice abbia certamente subito il danno biologico e cioè quello derivante da illecito lesivo dell’integrità psico-fisica della persona, che, quale evento interno al fatto lesivo della salute, deve necessariamente esistere in presenza delle accertate lesioni, e che prescinde dal danno correlato alla capacità di produzione del reddito. Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato “in relazione all’integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana” (così la Corte Costituzionale n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale n. 184/1986). Inoltre, recentemente la Cassazione a Sez. unite (sentenza n. 26972/2008) ha, tra l’altro, ritenuto che, nell’ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E’ compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione. Premettono le Sezioni Unite che già le sentenze gemelle del 2003 “avevano avuto cura di precisare che non era proficuo ritagliare all’interno della generale categoria del danno non patrimoniale specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo (n. 8828/2003) e di rilevare che la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. doveva essere riguardata non già come occasione di incremento delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione del risarcimento degli stessi pregiudizi), ma per colmare le lacune della tutela risarcitoria della persona (n. 8827/2003). Considerazioni che le Sezioni Unite condividono”. Muta, invece, la nozione di danno morale soggettivo. La nozione di “danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata”; non ne parla la legge ed è inadeguata se si pensa che la sofferenza morale cagionata da reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l’effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo. Nell’ambito del danno non patrimoniale il danno morale non individua una autonoma sottocategoria, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi, quello “costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento”. Le Sez. Unite riaffermano, invece, la nozione di danno biologico, come danno conseguente alla lesione del diritto inviolabile della salute, nell’accezione normativa di cui agli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, “per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”. Si noti, tuttavia, che le Sez. Unite, pur negando la sussistenza del “danno esistenziale”, come voce autonoma di danno non patrimoniale, non disdegnano affatto di menzionare “i pregiudizi esistenziali”, che, in quanto conseguenza dell’illecito, sono meritevoli di risarcimento e fanno parte, in definitiva, del danno risarcibile ex art. 2059 c.c.. Aggiungono infatti le Sez. Unite che, superata la nozione di danno morale come patema d’animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, “anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale determinata dal non poter fare) è risarcibile”. “I pregiudizi di tipo esistenziale” sono risarcibili se costituiscono la “conseguenza della lesione almeno di un interesse giuridicamente protetto.. e cioè purché sussista il requisito dell’ingiustizia generica secondo l’art. 2043 c.c.” e devono rientrare nell’ambito dell’art. 2059 c.c. e, quindi, nell’ipotesi di reato, o di un altro caso determinato dalla legge o siano conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Le Sez. Unite precisano che i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica, sono da ricomprendersi nel danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, è ormai assorbito il c.d. danno alla vita di relazione. Rilevano poi che certamente incluso nel danno biologico, se derivante da lesione dell'integrità psicofisica, è il pregiudizio da perdita o compromissione della sessualità, come nel caso di specie, del quale non può, a pena di incorrere in duplicazione risarcitoria, darsi separato indennizzo (diversamente da quanto affermato dalla sentenza n. 2311/2007, che lo eleva a danno esistenziale autonomo). Nella fattispecie concreta, l’intervento di laparoscopia eseguito presso l’Azienda Ospedaliera convenuta ha comportato l’irreversibile menomazione della capacità riproduttiva dell’attrice, con ripercussioni anche sul comportamento sessuale. Circa i criteri di liquidazione, il giudice, coerentemente con quanto statuito dalla Cassazione a Sez. Unite citate, è chiamato a valutare congiuntamente, entro il danno biologico, tutte le sofferenze soggettivamente patite dall’attrice, in relazione alle condizioni personali della stessa e ai risvolti che concretamente la lesione all’integrità psico-fisica ha comportato. In proposito le Sezioni Unite ribadiscono che “Il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”. Ma poi spiegano che, nell’ipotesi di reato, viene in considerazione in primo luogo la sofferenza morale, che senza connotazioni di durata integra pregiudizio non patrimoniale. Bisogna distinguere se la sofferenza sia in sé considerata o sia componente di un più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso (ad esempio) nel dolore che subisca la persona diffamata. Se vi sono degenerazioni patologiche della sofferenza “si rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. Egualmente determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua nuova configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato”. Le Sez. Unite insistono tuttavia che il danno non patrimoniale, quale danno conseguenza, deve essere allegato e provato. La sentenza della Corte Costituzionale n. 184/1986 è stata superata dalla sentenza della stessa Corte n. 372/1994, poi seguita dalle sentenze gemelle del 2003. Il danno non è mai in re ipsa e il giudice dovrà porre a fondamento della propria decisione non solo la C.T.U. ma anche “tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze) avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni” (ex artt. 115 cpv. c.p.c e 2727 e ss. c.c.). Alla luce di questa innovativa sentenza devono essere necessariamente rivisti i criteri e i valori monetari adottati dalle tabelle degli Uffici Giudiziari. In particolare, la tabella milanese (ad eccezione del danno morale) già comprendeva, nella nozione unitaria del danno biologico, la molteplicità delle singole possibili “voci” di pregiudizi, non lasciando spazio ad autonome liquidazioni del danno alla vita di relazione, del danno estetico, del danno alla sfera sessuale, ecc.; la tabella prevedeva, separatamente, solamente la liquidazione del danno morale, nella misura da un quarto alla metà dell’importo liquidato per il danno biologico. Incorre dunque anche questa tabella nelle censure delle Sez. Unite, perché produce una duplicazione di risarcimento del danno. Come risolvere questo problema salvaguardando in pari tempo i valori monetari finora riconosciuti? La soluzione maggiormente condivisa dai giudici milanesi muove dal presupposto che la nuova tabella di liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute debba prevedere valori monetari che siano riconducibili a quelli già riconosciuti precedentemente, sia a titolo di danno biologico che di danno morale, da liquidarsi dal giudice complessivamente all’esito di una unitaria personalizzazione del danno accertato. In sostanza, per ciascun punto percentuale di menomazione dell’integrità psicofisica, si liquiderà un importo che dia ristoro alle conseguenze della lesione in termini “medi”: in relazione agli aspetti anatomo-funzionali, agli aspetti relazionali, agli aspetti di sofferenza soggettiva, ritenuti provati anche presuntivamente. Il giudice - in considerazione delle peculiarità allegate e provate nella fattispecie concreta, con specifico riguardo sia alla “sofferenza soggettiva” che alle “particolari condizioni soggettive del danneggiato” ( nozione accolta anche dagli artt. 138 e 139 Cod. delle Assicurazioni) - procederà ad una adeguata e complessiva “personalizzazione” della liquidazione del danno entro valori monetari stabiliti in un predeterminato range di aumento dei citati importi “medi”. Con gli stessi criteri il giudice liquiderà anche il danno biologico temporaneo, comprensivo altresì del danno morale, entro un range che consenta un’idonea personalizzazione. In ogni caso, il giudice sarà sempre libero di liquidare importi diversi da quelli indicati in tabella, con congrua motivazione, soprattutto laddove la fattispecie concreta presenti aspetti affatto peculiari. Nella fattispecie concreta, il Tribunale dovrà necessariamente tenere conto di tutto quanto sinora esposto ai fini di una corretta liquidazione del danno non patrimoniale subito dall’attrice. Ebbene, tenuto conto delle accertate invalidità, della giovane età dell’attrice al momento dell’accadimento trentenne, del sesso e delle condizioni di vita, delle risultanze probatorie, dell’espletata CTU, della rilevante entità del danno biologico, degli innumerevoli gravi pregiudizi che una menopausa precoce comporta su una giovane donna, compromettendone la sessualità e la capacità di crearsi una famiglia, nonché di procreare, frustrando irrimediabilmente la naturale fecondità, infrangendo così gravemente il progetto di vita atteso, tenuto infine conto dei criteri tabellari sopra delineati, delle particolari sofferenze fisiche e psichiche sofferte dall’attrice, del mancato consenso informato, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale da lesione al diritto alla salute e del diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, la somma già rivalutata di Euro 200.000,00; per il danno biologico temporaneo si stima equo liquidare la somma già rivalutata di Euro 11.000,00. Non risultano provati ulteriori titoli di danno non patrimoniale. Infatti, come innanzi accennato e ritenuto dalla citata sentenza n. 26972/2008: “Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità”. In definitiva “di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere”. In ogni caso, laddove il giudice abbia liquidato il danno biologico e le sofferenze fisiche e psichiche conseguenti non residua spazio per il risarcimento di ulteriori pregiudizi esistenziali, perché tutti già ricompresi in quelli già liquidati, risultando altrimenti certa la duplicazione risarcitoria del medesimo danno. Pertanto, i danni subiti dall’attrice vanno liquidati in complessivi Euro 213.850,00 (somma rivalutata ad oggi). Sul predetto importo liquidato devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto. Gli interessi compensativi - secondo l'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) - decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato sul danno rivalutato. Tale tasso di interesse è ottenuto "ponderando" l'interesse legale sulla somma sopra liquidata, che - "devalutata" alla data del fatto illecito, in base agli indici I.S.T.A.T. costo vita - si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici di rivalutazione, sino alla data della presente sentenza. Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata. Pertanto, alla luce degli esposti criteri, la convenuta deve essere condannata al pagamento, in favore dell’attrice, della complessiva somma di Euro 213.850,00, liquidata in moneta attuale, oltre: interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 3%, sulla somma di € 213.850,00 dal 10.05.2000 (data dell’intervento chirurgico) ad oggi; interessi, al tasso legale, sulla somma di Euro 213.850,00, dalla data della presente sentenza al saldo effettivo. Le spese della Consulenza Tecnica d’Ufficio e quelle di C.T.P., queste ultime pari ad € 2.671,29, vanno poste a carico della convenuta. Consegue alla soccombenza la condanna della convenuta a rifondere all’attrice le spese processuali, da distrarsi in favore del l’avv. Sostene Invernizzi, antistatario ex art. 93 c.p.c.. La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede: dichiara la responsabilità dell’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento nella produzione dei danni subiti dall’attrice; condanna la convenuta Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 213.850,00, oltre interessi, come specificati in motivazione; pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio e quelle di C.T.P., pari ad € 2.671,29, a carico della convenuta; rigetta le altre domande ed istanze proposte dalle parti; condanna la convenuta Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento a rifondere all’attrice le spese processuali, da distrarsi in favore dell’avv. Sostene Invernizzi che liquida in Euro 868,20 per esborsi ed anticipazioni, Euro 5.580,00 per diritti, Euro 15.850,00 per onorario di avvocato, Euro 2.678,75 per spese generali, oltre C.P.A. ed I.V.A.; dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva. Milano, 05.05.2009 Il Giudice Istruttore in funzione di giudice unico dr. Damiano SPERA Stampa | Segnala | Condividi |

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Referendum, Consulta rigetta ricorso Comitato contro Rai (sezione: Giustizia)

( da "Reuters Italia" del 10-06-2009)

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ROMA (Reuters) - La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei tre referendum elettorali contro la Commissione parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del prossimo 21 giugno. Lo riferiscono fonti giudiziarie. Lo scorso primo giugno, la Consulta aveva dichiarato ammissibile il ricorso del comitato, presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni, che lamenta di non aver ricevuto garanzie dalla Commissione parlamentare sullo spazio in televisione durante la campagna referendaria. I primi due referendum chiedono di cancellare i vincoli di coalizione tra partiti alle elezioni, in modo che il premio di maggioranza già esistente (il 55% dei seggi) venga dato solo alla lista che prende più voti e non alla coalizione. Inoltre le soglie minime per entrare in Parlamento -- 4% per la Camera e 8% per il Senato (ma qui su base regionale) -- dovranno essere superate dalle singole liste e non più dalle coalizioni. Il terzo referendum chiede di abolire le candidature multiple, cioè quelle presentate in più collegi. Il referendum si farà il 21 e 22 giugno, assieme ai ballottaggi delle amministrative, dopo che la Lega Nord -- che punta sull'astensionismo -- è riuscita a spuntarla impedendo l'accorpamento con le Europee del 6-7giugno.

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Il centrosinistra non ci sta "Riusciremo a governare" (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

ELEZIONI. IL REBUS DI ALBA E BRA Il centrosinistra non ci sta "Riusciremo a governare" Se vincono rischiano di non avere la maggioranza: non è una cosa sicura [FIRMA]ROBERTO FIORI ALBA La corsa alle poltrone dei sindaci di Alba e Bra rischia di diventare una questione da Azzeccagarbugli. Le due città condividono il medesimo esito elettorale: la supremazia al primo turno dei candidati del centrodestra, Castellengo e Comoglio, e l'opportunità mai così a portata di mano, per i rivali di centrosinistra Marello e Sibille, di agguantare una vittoria vagheggiata da anni. Ma condividono il medesimo rebus: in caso di successo di questi ultimi, il paradosso di ritrovarsi a governare in Consiglio comunale con una maggioranza di segno contrario (per Alba sarebbero 11 consiglieri del centrodestra e 10 del centrosinistra, compresi il sindaco e Cervella) o nulla (per Bra sarebbero 10 del centrosinistra, compreso il sindaco, e 10 del centrodestra), perché al primo turno le liste a sostegno del centrodestra potrebbero aver già ottenuto il 50% dei voti, bloccando il premio di maggioranza. In quel «potrebbero» è racchiusa tutta la questione che sta arroventando le discussioni nelle due città. Perché la legge non appare del tutto chiara, prestando il fianco a due interpretazioni opposte su come debbano essere conteggiati i «voti validi». La prima, suffragata anche da un parere arrivato dall'Ufficio elettorale centrale del ministero dell'Interno e favorevole al centrodestra: per «voti validi» devono essere intesi esclusivamente i voti di lista. La seconda, avvalorata da sentenze della Corte Costituzionale e della Corte dei Conti, favorevole al centrosinistra: quando si parla di «voti validi» devono essere conteggiati tutti i voti, compresi quelli ai candidati sindaci. Una questione che fa intravvedere impugnazioni e ricorsi, ma che rischiano di avere poco o nulla a che fare con il voto espresso dagli elettori. E se gli uffici elettorali non esprimono pareri, anche gli uffici centrali per la proclamazione degli eletti prendono tempo: «La questione non può essere affrontata preventivamente - dicono -. La esamineremo solo e se emergerà dopo il ballotaggio». Ma la campagna elettorale fino al 21 giugno rischia di essere inquinata da questa spada di Damocle, mettendo da parte programmi e impegni. Ad Alba e Bra i candidati Marello e Sibille ribadiscono: «Tiriamo diritto. Se centinaia di elettori che hanno votato le liste di centrodestra hanno deciso di darci la preferenza come sindaci, ci sarà un motivo». Poi le loro strade si dividono. Marello: «Questo segnale potrebbe sfociare in una maggioranza inedita anche nel Consiglio». Un'ipotetica apertura a un governo di larghe intese? A Bra Bruna Sibille apre all'Udc, che ha ottenuto un seggio con Marcello Lusso: «Stiamo valutando un apparentamento, per garantire in ogni caso la governabilità».

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La strigliata di Napolitano spiazza i pm (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Retroscena Toghe e ribalta MILANO ROMA IL CSM IL MAGISTRATO DI NAPOLI Procure zitte. Auriemma: richiamo inaspettato La strigliata di Napolitano spiazza i pm FRANCESCO GRIGNETTI La magistratura si aspettava un elogio per il lavoro fatto «Protagonisti noi? Lo avremmo capito di più 6-7 anni fa» Saponara: «Il Presidente ha fatto un intervento alto e tempestivo» «Non ne abbiamo ancora parlato tra noi Bisogna riflettere» ROMA Il giorno dopo la ramanzina di Napolitano sul «protagonismo» e sulla necessità di un'autocritica, è silenzio. Forse imbarazzati. Forse arrabbiati. Forse distratti da tutt'altro, i giudici tacciono. Al Consiglio superiore della magistratura si fa sentire solo Michele Saponara, che giudice non è, essendo un laico in rappresentanza del Pdl: «Napolitano - dice - ha avuto il coraggio di venire al Csm in un momento in cui gli equilibri costituzionali, messi a rischio dal contrasto sempre più evidente tra magistratura e politica, stavano per saltare. Ha fatto un intervento alto, tempestivo e soprattutto ammonitore perché ognuno stia al posto suo». All'opposto, Luigi de Magistris, che però ormai va considerato una ex toga (dopo aver superato con successo la prova del voto con i colori di lista dell'Italia dei valori dell'altrettanto ex Di Pietro), polemizza: «Pm malati di protagonismo? Si facciano nomi e cognomi. Non so perché Napolitano abbia sentito l'esigenza di parlare di protagonismo della magistratura in questo modo». Un po' d'imbarazzo, però, a sentire l'aria che tira nei corridoi delle procure più esposte d'Italia, s'avverte. Racconta Filippo Beatrice, pm a Napoli, impegnato in indagini sulla camorra: «Tra noi non se n'è parlato granché. Non per mancanza di rispetto, ma sono cose che meritano tempo e riflessione. E poi, tra elezioni, legge sulle intercettazioni, l'annunciata modifica di legge che stravolgerà il Csm, sono altri i temi che tengono banco... Mi aspetto tra un po' qualche comunicato dei nostri rappresentanti ufficiali». A Napoli, peraltro, hanno fatto più impressione forse le parole del Capo dello Stato a proposito dei vertici, del rispetto che i sostituti devono al procuratore capo. «Qui in effetti è un nervo scoperto più che mai. Le tensioni non sono ancora sopite. E' indubbio che il sistema, dalla legge Mastella in poi, è cambiato. Il Csm fa le sue circolari. Ora il capo ha più poteri. Ma ciò non può significare che noi pm siamo semplici esecutori. Un'armonia nell'ufficio ci vuole». Molta discrezione regna anche a Milano. Nei capannelli in procura ieri s'è discusso esclusivamente di legge sulle intercettazioni. Racconta un pm che chiede l'anonimato: «E' una legge devastante. E forse, considerando il silenzio che responsabilmente i magistrati si sono imposti nell'ultimo tempo, ci si attendeva un discorso più attento alla questione dell'autorevolezza e del prestigio della magistratura, intaccati dalle polemiche anche ultime del governo». A Roma, il giovane pm Paolo Auriemma, che è anche rappresentante regionale dell'Anm, ieri mattina ha provveduto a girare, con mail, il discorso del Capo dello Stato a tutti i colleghi. Reazioni? «Per il momento, nessuna. Ma è giusto così. Il Presidente ci invita alla riflessione. E noi doverosamente riflettiamo. In silenzio». Non c'è insomma da meravigliarsi, dice Auriemma, se ieri è stato un giorno di silenzio. Se anche sui blog, dove alcuni arrabbiati con la toga si sfogano spesso e volentieri, nulla di significativo è apparso. «Io per primo - dice ancora Auriemma - prendo atto che secondo il Presidente noi saremmo responsabili di eccessi di protagonismo. Pensavo che avessimo trovato il nostro equilibrio. Dopo gli inviti degli ultimi anni, mi pare che i magistrati siano molto più attenti. Insomma, a parte il caso di Catanzaro, che poi coinvolge addirittura due uffici di giustizia e non singole persone o singoli colleghi, di protagonismo in giro non ne vedo così tanto. Avrei capito qualche tempo fa, che dire, 6-7 anni fa... Ma evidentemente, visto il monito che viene così dall'alto, mi sbagliavo... Ci sbagliavamo... Ne prendiamo atto. Il Capo dello Stato ci invita ad approfondire la riflessione. E così faremo. Se ci critica, ha sicuramente ragione di farlo». Però, lo ammetta, lei è un po' sorpreso? «Forse è un monito che arriva inaspettato».

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"Un boomerang per i censori La Costituzione ci protegge" (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

"Un boomerang per i censori La Costituzione ci protegge" Philippe Aigrain, professore di informatica a Parigi ed ex responsabile del settore tecnologie del software alla Commissione europea, autore di «Causa Comune: l'informazione tra bene comune e proprietà» e «Internet e Creazione: come riconoscere gli scambi su Internet e remunerarli», le cui idee sono diventate emblematiche per i militanti - non solo in Francia - della libertà di espressione su Internet, per festeggiare la sconfitta della legge Hadopi ha passato la giornata ieri a inviare messaggi di gioia a tutto il mondo. Ovviamente in Rete, via mail, ma anche sul sito del suo collettivo «La Quadrature du Net» (www.laquadrature.net). Che cosa c'è da festeggiare? «La decisione della Corte costituzionale francese di censurare la legge Hadopi sulla "risposta graduata" alla pirateria sottolinea a chiare lettere che l'accesso a Internet è un diritto fondamentale del cittadino, fa parte dei suoi diritti inviolabili alla libertà di opinione e di espressione. È un precedente prezioso. Pensavamo che per avere questo diritto sancito avremmo dovuto aspettare anni, e invece grazie al ministro della cultura che ha voluto a tutti i costi passare questa legge adesso, il chiarimento è arrivato molto prima del previsto». Ma la Corte costituzionale ha bocciato solo una parte della legge, un'altra parte resta in vigore: va bene lo stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire dalla disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice. Invece ha espresso parere positivo sulle parti della legge che riguardano gli avvisi, cioè le notifiche spedite per posta, email e telefono/telegramma), agli utenti che scaricano gratis brani o documenti coperti da diritti d'autore, valutando - secondo me in modo contorto - che non si tratta di una violazione della protezione dei dati dei cittadini e che si tratta di provvedimenti inoffensivi che sensibilizzano gli utenti al problema del copyright». E adesso che cosa succederà? «Il ministero della cultura ha reagito con un comunicato stampa serafico annunciando una nuova legge per aggirare il problema. Ma è abbastanza stupido, e non credo che andrà molto lontano, a questo punto. C'è una forte coalizione nella società civile, fatta dalle associazioni dei consumatori, dai creativi, i musicisti e gli uomini e le donne dalla parte della condivisione della conoscenza e della cultura libera, che si è mobilitata perché la Hadopi riposi in pace per sempre». Che cosa farete? «Stiamo organizzando per quest'autunno un'assise con tutte le parti in causa allo stesso tavolo per definire licenze collettive sui contenuti culturali digitali e per legalizzarne lo scambio cosiddetto "peer-to-peer", da pari a pari. E intanto su tutti i siti c'è un tam-tam micidiale. L'ironica corona di fiori con la fascia "Hadopi Rip Lol" dedicata all'inconsolabile ministero della Cultura, che campeggia sul mio sito, sta facendo il giro di tutta la Francia». www.lastampa.it/masera

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Liberté, égalité, Internet Sarkò sconfitto dai pirati (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

I rivali SENTENZA STORICA Liberté, égalité, Internet Sarkò sconfitto dai pirati Parigi: "Nessuna sanzione per chi scarica gratis" La navigazione in Rete definita «diritto fondamentale dell'essere umano» Alla fine lo schiaffo se l'è preso lui, Nicolas Sarkozy. Ieri la Corte costituzionale francese ha respinto la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli utenti di Internet che scaricano gratis brani coperti da diritti d'autore - cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la Diffusion des Œuvres et la Protection des Droits sur Internet»), fortemente voluta dal presidente tanto da chiamare a raccolta i suoi fedelissimi per assicurarne l'approvazione in seconda lettura all'Assemblea nazionale lo scorso 12 maggio - perché «viola i diritti fondamentali dell'uomo, sanciti dalla Costituzione». Esultano in Francia i militanti della libertà su Internet, che avevano fatto ricorso. «Internet è una componente della libertà di espressione e di consumo» ha dichiarato il Consiglio della Corte Costituzionale, e «nel diritto francese c'è la presunzione d'innocenza» per cui «solo il giudice può pronunciare una sanzione, e solo dopo aver stabilito che si tratta di illegalità». La legge infrange due articoli della dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789, che la Corte Costituzionale è tenuta a difendere: si tratta dell'articolo 11 che protegge la libertà di comunicazione e d'espressione, e dell'articolo 9 che pone il principio di presunzione d'innocenza. Per il Consiglio è accettabile solo che la «Haute Autorité» avverta l'internauta di essere stato identificato: non può sanzionarlo né disconnetterlo. Il Consiglio garante della costituzionalità delle leggi in Francia è rappresentato da nove membri fra i quali gli ex presidenti Valéry Giscard d'Estaing e Jacques Chirac. L'efficacia di questa legge, che rendeva la Francia uno dei Paesi più rigorosi d'Europa in materia, è dunque annullata. Tre giorni dopo la sua disfatta alle elezioni europee, l'opposizione socialista - che si era ferocemente opposta a un testo che riteneva liberticida e inutile - si è immediatamente «ringalluzzita» per l'insuccesso del presidente. «In questa vicenda, è Nicolas Sarkozy che viene censurato dal Consiglio costituzionale», ha dichiarato il deputato Patrick Bloche. È uno smacco anche per la ministra della cultura, Christine Albanel, che aveva dichiarato che l'accesso a Internet dal proprio domicilio «non è libertà fondamentale». A ideare la legge era stato il giornalista Denis Olivennes, direttore del Nouvel Observateur ex fondatore della catena di distribuzione Fnac di libri, dischi, film e software, un osservatorio che gli ha permesso di vedere la crisi in cui versa il diritto d'autore nell'era digitale. Senza ascoltare chi propone un copyright più flessibile, visto il nuovo scenario globale della società dell'informazione, propose una soluzione draconiana: costringere i fornitori di Internet a mandare tre avvertimenti - attraverso una costosa authority amministrativa - a chi scarica film e musica senza pagare i diritti, e poi sospendere l'accesso a Internet in caso di «recidiva», costringendo i «pirati» a continuare a pagare il loro abbonamento.Una nuova vittoria per Daniel Cohn-Bendit, fresco del trionfo elettorale con i Verdi alle europee in Francia. L'ex leader del 68 è stato tra i primi ad opporsi alla legge di Sarkozy e a bloccarla a livello europeo, grazie a una legge Ue che proibisce di tagliare Internet, «diritto fondamentale», a un utente senza la decisione di un giudice.Nicolas Sarkozy aveva sostenuto fortemente la legge anti-scaricamento illegale, considerandola una delle sue priorità e spingendo per il suo tormentato passaggio in parlamento, dopo una prima bocciatura. Sarkozy è anche intervenuto presso l'Ue per impedire che invalidasse la legge, come invece è accaduto.

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FMps, Mancini fiducioso su rielezione (sezione: Giustizia)

( da "Finanza e Mercati" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

FMps, Mancini fiducioso su rielezione da Finanza&Mercati del 11-06-2009 A distanza di un mese e mezzo dalla scadenza (31 luglio) degli organi della Fondazione Mps, a Siena sembra prevalere l'orientamento che si vada verso una riconferma dell'attuale presidente Gabriello Mancini. Sembrano infatti superati, a favore del numero uno di Palazzo Sansedoni, gli ostacoli normativi che impedivano un suo rinnovo sulla poltrona più alta dell'ente per ulteriori 4 anni. Questo a giudicare anche dalle parole dello stesso Mancini che ieri ha detto: «Per me non ci sono problemi, lo dicono pareri dell'Acri e di insigni giuristi». Dal 2001 al 2005 Mancini ha ricoperto il primo mandato come consigliere, poi è stato confermato per il mandato successivo (2005-2009), ma nel 2006 è diventato presidente della Fondazione al posto di Giuseppe Mussari, passato alla presidenza di Banca Mps. Per inquadrare il problema, si deve ritornare alla legge Ciampi del 1999, secondo la quale gli organi di una fondazione non possono durare più di due mandati. La Corte Costituzionale, però, nel 2003 ha detto che le fondazioni di origine bancaria sono «persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale». Ma nello Statuto della Fondazione Mps nulla si dice sull'impossibilità del presidente a essere riconfermato nonostante due mandati, a differenza di quanto espresso per gli organi delle due deputazioni (amministratrice e generale). Inoltre, secondo il decreto ministeriale n. 150 del 18 maggio del 2004 non valgono, nel computo del doppio mandato, gli anni del periodo 2001-2005 fatti in ordinaria amministrazione.

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Sulle intercettazioni fiducia della Camera (sezione: Giustizia)

( da "Arena, L'" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Giovedì 11 Giugno 2009 PRIMAPAGINA Pagina 1 GIUSTIZIA. Ma è scontro. Altolà del Csm Sulle intercettazioni fiducia della Camera INTERCETTAZIONI. Sul ddl intercettazioni il governo Berlusconi incassa alla Camera il 19° voto di fiducia. Ma le polemica non si placa. L'opposizione si compatta e scrive al capo dello Stato per esprimere il «profondo disagio» per un testo «politicamente eversivo». E per oggi, sul complesso della legge si annuncia il voto segreto. Che agita la maggioranza, visto che non tutti nella coalizione simpatizzano per il contenuto del ddl. Un testo che per l'Anm segna «la morte della giustizia penale in Italia». Contro la legge Alfano si mobilitano anche editori e giornalisti.2 CSM E CLANDESTINI. Il Csm boccia intanto il pacchetto sicurezza che introduce il reato di clandestinità per gli immigrati: «Paralizzerà gli uffici giudiziari». Ma Napolitano striglia: «I pareri sui disegni di legge siano più tempestivi». 4  

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(sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Primo Piano Pagina 102 Referendum. Berlusconi annuncia la sua linea. Non vuole scontentare gli ex di An «Nessun sostegno ma io voterò sì» Referendum.. Berlusconi annuncia la sua linea. Non vuole scontentare gli ex di An --> ROMA Dopo aver garantito a Umberto Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del referendum del 21 giugno, Silvio Berlusconi spiega comunque che lui, come Gianfranco Fini, andrà a votare e voterà sì. Una presa di posizione che rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. «Berlusconi - dice il Senatur - mica è scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto». Non solo. Il leader della Lega è in ogni caso convinto che il referendum non aiuti politicamente il presidente del Consiglio. «Lui - ragiona Bossi - non seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del sistema elettorale, dunque, secondo i desiderata della maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso la via delle riforme in Parlamento alle quali è direttamente collegata, visto che il Senato dovrebbe diventare federale. Bossi conferma che dopo i ballottaggi partirà un confronto in maggioranza sul questo tema, magari con una sorta di conclave di Pdl, Lega e Governo. «È un'idea di Berlusconi - spiega - e va bene. Chi ha più idee le tiri fuori». Insomma, anche se si aprono nuovi fronti a partire dal no di Fini alle gabbie salariali, almeno sul referendum le acque nella maggioranza sembrerebbero meno agitate. «Non capisco - puntualizza anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa - perchè ci sia questa mania di vedere Fini alternativo al Pdl, mi pare che la sua dichiarazione sia stata chiarissima, dov'è il contrasto? Berlusconi in serata ha detto la stessa cosa». «Non c'è nessun rischio di spaccatura», assicura anche l'altro coordinatore del Pdl, Denis Verdini. Intanto, il Pd continua con la linea del low profile sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì a maggior ragione dopo il disimpegno di Berlusconi. Mentre, dall'altro lato, la sinistra va comunque all'attacco della scelta di Franceschini e dei suoi di dare indicazione per il sì. «Mantenere il sì - attacca Claudio Fava, Sl - non significa voler cambiare l'attuale legge elettorale, ma più semplicemente fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica». In tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I nostri quesiti - dice il presidente del Comitato, Giovanni Guzzetta - sono nella morsa dei ricatti». Il che, a suo avviso, dovrebbe stimolare la gente ad andare a votare visto che il referendum «mira a migliorare la democrazia», evitando che la politica italiana spenda «la maggior parte del tempo a risolvere problemi dettati da alleanze e ricatti». Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato anche le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza sulla campagna elettorale, con tanto di ricorso alla Consulta. Ricorso, però, rigettato ieri dalla Corte Costituzionale.

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Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv (sezione: Giustizia)

( da "Arena, L'" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Giovedì 11 Giugno 2009 NAZIONALE Pagina 2 LEGGE ELETTORALE. Il comitato promotore presenta ricorso: la Consulta lo rigetta. Berlusconi: non appoggio vado a votare sì. Bossi: ma Silvio sa che si spacca tutto Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv ROMA Dopo aver garantito a Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del referendum del 21 giugno, Berlusconi spiega comunque che lui, come Fini, andrà a votare e voterà «sì». Una presa di posizione che rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. E ieri la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno. Sul fronte politico continuano invece le schermaglie. «Berlusconi», dice Bossi, «mica è scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto. Lui stesso non seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del sistema elettorale, dunque, secondo la maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso la via delle riforme istituzionali. E Bossi conferma che dopo i ballottaggi partirà su questo un confronto in in maggioranza. Intanto si profilano però nel centrodestra nuovi scontri tra Fini e, Bossi come quello sulle gabbie salariali, la differenziazione dei salari secondo le aree territoriali in base al costo della vita. Il presidente della Camera è assolutamente contrario, Bossi ha confermato ieri che l'ipotesi piace alla Lega. Il Pd continua con la linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì. La sinistra invece è in allarme: «Mantenere il sì», dice Fava, Sl, «non significa voler cambiare l'attuale legge elettorale, ma fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica». In tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I nostri quesiti», dice il presidente del Comitato, Guzzetta, «sono nella morsa dei ricatti. Per questo bisogna andare a votare. Il referendum mira a migliorare la democrazia», Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza Rai sulla campagna elettorale. Ma il loro ricorso è finito male.  

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Il Trio Pepe, assaggio del Carega Jazz (sezione: Giustizia)

( da "Arena, L'" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Giovedì 11 Giugno 2009 SPETTACOLI Pagina 52 LIVE. STASERA ALLE 20,30 IN CORTE CADREGA Il Trio Pepe, assaggio del «Carega Jazz» In programma brani di Stanley Clarke, Marcus Miller e Miles Davis Come anteprima del «Carega Jazz Festival», stasera alle 20,30 in Corte Cadrega, in centro storico (nel rione tra Corso Portoni Borsari e Lungadige Panvinio), ad ingresso libero, concerto jazz del Trio Pepe, che proporrà brani di Stanley Clarke, Marcus Miller, Miles Davis. Leader della formazione è il bassista Pepe Gasparini, direttore del CSM di Verona (ove, dall'Inghilterra, ha imporato lo speciale corso BTEC - National Diploma in Popular Music), nonché attivo in gruppi come la Big Band Ritmo-Sinfonica Città di Verona, il Wood Quartet (jazz cameristico), i Watershed (jazz funk), e a fianco del cantautore Marco Ongaro. Alla tromba e al flicorno il siciliano Massimo Greco, che con l'Orchestra Siciliana Jazz di Palermo ha suonato con Carla Bley, Steve Swallow, Enrico Rava, Lee Konitz. Titolare di una manciata di dischi a proprio nome (uno registrato al Jazz Festival di Montreux), ha inciso con Gianluigi Trovesi, e collaborato con Franco D'Andrea, Dave Liebman, Elton Dean, nonché con Zucchero (anche all'Arena di Verona). Completa il Trio Pepe il vibrafonista veronese Michele Pachera, diplomato in percussioni nel nostro Conservatorio e in musica jazz al Conservatorio di Trento. Pachera fa parte del Wood Quartet e degli Abendmusiken, e ha collaborato con Franco D'Andrea, Mauro Negri, Ellade Bandini, De Piscopo, Bruno Tommaso. B.M.  

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Immigrati irregolari La Toscana garantisce l'accesso alle cure (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Immigrati irregolari La Toscana garantisce l'accesso alle cure ITALIA-RAZZISMO è promossa da: La buona notizia è che, con una disposizione in controtendenza rispetto agli ultimi provvedimenti del governo, la Regione Toscana ha approvato una legge per garantire anche agli immigrati irregolari il pieno esercizio del diritto di accesso alle cure mediche. La cattiva notizia, per la verità, non c'è: c'è solo una sgangherata reazione del centrodestra. Il presidente del Consiglio, sempre attento al rispetto dei ruoli istituzionali, ha definito la legge «qualcosa di insensato»; il ministro Matteoli ha avanzato l'ipotesi di impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale; il Pdl della Toscana, ha annunciato una raccolta di firme per promuovere il referendum abrogativo della normativa. Ma c'è un'altra buona notizia: la nostra Costituzione tutela il diritto alla salute di ogni individuo in quanto tale, come diritto fondamentale della persona non subordinato alla cittadinanza né tantomeno al possesso di un regolare permesso di soggiorno. La Consulta è già stata investita di questioni simili e la sua posizione, anche di recente, è stata chiarissima: «È manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione di una prestazione assistenziale (...) al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza nel territorio, che richiede, per il suo rilascio, la titolarità di un reddito. Tale irragionevolezza incide sul diritto alla salute (...); ne consegue il contrasto non solo con l'art. 3, ma anche con gli artt. 32, 38 e con l'art. 2 della Costituzione, tenuto conto che quello alla salute è un diritto fondamentale della persona» (Corte Cost. 30 luglio 2008, n. 306). Limpido, no? Il diritto e il buon senso sembrano andare - quietamente, diremmo - nella medesima direzione. Che sollievo, per una volta.

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Editori e giornalisti: libertà di stampa a rischio (sezione: Giustizia)

( da "Secolo XIX, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Editori e giornalisti: libertà di stampa a rischio le norme sull'informazione Nota congiunta di Fieg e Fnsi: anticostituzionali le limitazioni al diritto di cronaca. I giornalisti si preparano allo sciopero 11/06/2009 Roma. Il mondo dell'editoria si mobilita contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Federazione nazionale della stampa (il sindacato dei giornalisti) e Federazione italiana editori giornali firmano insieme un appello al Parlamento e a tutte le forze politiche contro un provvedimento giudicato anticostituzionale, chiedendo le «necessarie correzioni». La Fnsi pensa allo sciopero, a forme di disobbedienza civile, al ricorso alla Consulta e alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il provvedimento, avvertono Fieg e Fnsi in una nota congiuntai, introduce «limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori», previsioni che «violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo». Editori e giornalisti concordano sulla necessità di tutelare la privacy delle persone, specie se estranee alle indagini, «ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative». Nella stessa direzione vanno «le sanzioni detentive nei confronti dei giornalisti e la responsabilità oggettiva a carico degli editori». Di qui la richiesta di introdurre nel ddl «le correzioni necessarie alla tutela di valori essenziali per la democrazia». Nel pomeriggio Fnsi, Unione nazionale cronisti italiani, Ordine nazionale dei giornalisti e Associazione stampa romana hanno fatto il punto sulle iniziative di protesta contro il ddl in una conferenza stampa nella sede della stampa estera a Roma. «Il maxiemendamento del governo - ha detto Guido Columba, presidente dell'Unci - modifica la legge in modo meno sfavorevole ai diritti dell'informazione, ma siamo ancora molto lontani dagli standard europei». «Se la legge sarà approvata così com'è - ha sottolineato il segretario della Fnsi, Franco Siddi - sarà violato il diritto dei cittadini a un'informazione piena, in particolare sulla cronaca giudiziaria, per la quale saranno introdotti pesanti limiti, se non divieti o censure». Di qui l'iniziativa con la Fieg, ma in prospettiva, ha aggiunto Siddi, il sindacato dei giornalisti è pronto «a portare avanti la sua battaglia utilizzando l'arma dello sciopero, nonchè ricorrendo alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo». Sono allo studio anche «forme di disobbedienza civile: dobbiamo trovare i modi afffinché le notizie di interesse pubblico arrivino comunque al cittadino». D'accordo il presidente dell'Ordine nazionale, Lorenzo Del Boca, convinto che la nuova legge renda «l'informazione più debole», arrivando a «consentire agli editori di controllare quanto viene pubblicato per evitare eventuali sanzioni». Il presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha citato un'intervista all'onorevole Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e relatore del provvedimento: «Ha definito la prima versione del ddl un ritorno alla preistoria. Ma con il maxiemendamento siamo passati al Medioevo: non siamo ancora in una situazione di democrazia occidentale. La Camera ha dato un voto che riteniamo pessimo, continueremo la nostra battaglia, scioperando e rivolgendoci alla Consulta e alla Corte di Strasburgo». 11/06/2009 correzionicondiviseIl testo è stato largamente modificato con il contributo dell'opposizione paolo romaniviceministro Comunicazioni 11/06/2009

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intercettazioni, ossessione del cavaliere tra donne, televisioni e dolci di mafiosi - (segue dalla prima pagina) giuseppe d'avanzo (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 9 - Interni Intercettazioni, ossessione del Cavaliere tra donne, televisioni e dolci di mafiosi Ecco quello che con le nuove regole non leggerete più sui giornali Il caso Vietato trascrivere anche se un capo Rai chiede silenzio su dati elettorali non graditi al Capo Quella festa di Capodanno con Craxi e le ragazze di Drive In che non arrivavano più (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) GIUSEPPE D´AVANZO Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi). Berlusconi. Iniziamo male l´anno! Dell´Utri. Perché male? Berlusconi Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio! Dell´Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In? Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l´anno, non si scopa più! Dell´Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto! La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Già l´anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un´intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell´Utri, Alberto. Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere? Dell´Utri. No, quanto pesava, quattro chili? Cinà. Sì, va be´! Undici chili e ottocento! Dell´Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò? Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva! Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo. Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: «Io sai che poi ti ricambierò dall´altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a … eh! A darti un grande sostegno». Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari... Ancora uno stralcio: Saccà. Lei è l´unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire… Berlusconi. Io qualche volta di donne… e ti chiedo… per sollevare il morale del Capo (ridendo). E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna «perché sta diventando pericolosa». è l´ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy. Per scardinare, nell´opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali, telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate leggende. Dice: «Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia». Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura «30 milioni» mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati). Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all´anno, le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136). Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia). Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e l´esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all´estero). Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l´inchiesta Antonveneta. Costo dell´indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili. Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e radicato. Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito. Se la legge dovesse essere confermata così com´è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei «gravi indizi di colpevolezza» che giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c´è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l´associazione magistrati. Certo, è l´eclissi di un segmento rilevante dell´informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei "riassuntini" dell´inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione. La cronaca, queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto, attossica l´ordinato vivere civile. Immaginate che ci sia un dirigente della Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per «il Capo». Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il conduttore spiega che quello è «un ordine del Capo». Non c´è nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata? Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente in un´inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l´ossessione del premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere. Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l´occasione.

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Quello che sui giornali non leggerete più (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica.it" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

"Se escono fuori registrazioni lascio questo Paese". Lo disse Berlusconi l'anno scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni. Più che un'offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d'indagine essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. "Permetteremo le intercettazioni - disse nelle Marche quel giorno, era aprile - soltanto per reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano". Come d'abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro. E, dagli strumenti dell'informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni - magari perché il suo interlocutore era sott'inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell'Utri - è per il Cavaliere un'ossessione, un'ansia, una fobia. Ci è incappato più d'una volta. Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi). Berlusconi. Iniziamo male l'anno! Dell'Utri. Perché male? Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio! OAS_RICH('Middle'); Dell'Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In? Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l'anno, non si scopa più! Dell'Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto! La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Già l'anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto. Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere? Dell'Utri. No, quanto pesava, quattro chili? Cinà. Sì, va be'! Undici chili e ottocento! Dell'Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò? Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva! Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo. Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: "Io sai che poi ti ricambierò dall'altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a ... eh! A darti un grande sostegno". Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari... Ancora uno stralcio: Saccà. Lei è l'unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire... Berlusconi. Io qualche volta di donne... e ti chiedo... per sollevare il morale del Capo (ridendo). E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna "perché sta diventando pericolosa". È l'ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy. Per scardinare, nell'opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali, telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate leggende. Dice: "Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia". Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura "30 milioni" mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati). Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all'anno, le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136). Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia). Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e l'esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all'estero). Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l'inchiesta Antonveneta. Costo dell'indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili. Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e radicato. Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito. Se la legge dovesse essere confermata così com'è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei "gravi indizi di colpevolezza" che giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c'è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l'associazione magistrati. Certo, è l'eclissi di un segmento rilevante dell'informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei "riassuntini" dell'inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione. La cronaca, queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto, attossica l'ordinato vivere civile. Immaginate che ci sia un dirigente della Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per "il Capo". Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il conduttore spiega che quello è "un ordine del Capo". Non c'è nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata? Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente in un'inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l'ossessione del premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere. Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l'occasione. (11 giugno 2009

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Un'occasione chiamata Expo (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-11 - pag: 16 autore: Un'occasione chiamata Expo Da più di un secolo l'Expo 2015 è una finestra sul mondo. Avrà a che fare con il "food", dalla sfida della ricerca di nuovi alimenti al problema della fame nel mondo. I temi sembrano stimolanti.Un'esposizione sul tema di 6 mesi di durata, tra 5 anni, un po' meno.Supponiamo che l'umanità finalmente si sia decisa a risolvere, ad esempio, il problema che quasi un miliardo dei suoi iscritti è abbondantemente sottonutrito. Immaginiamo che nel cercare di risolvere questo problema,l'umanità abbia deciso di affidare all'Italia per 5 anni la promozione e il coordinamento di una serie d'interventi che risolvano la questione in maniera significativa e strutturale. L'Italia,ovviamente,dovrà stimolare idee, aggregare competenze e risorse finanziarie, garantire un coordinamento complessivo tra tutti coloro che accetteranno di essere coinvolti in un così nobile progetto. Programma che, guarda caso, termina con una grande celebrazione: nel bel mezzo del 2015 ci si ritrova a Milano, in Italia, e per6 mesi le grandi istituzioni che hanno voluto partecipare al programma hanno la possibilità di mostrare al mondo il contributo apportato e l'impatto conseguito.Se tutto ciò fosse vero,l'Expo sarebbe una lunga e bella festa per celebrare la fine della fame nel mondo! Piena di significato. Io ci andrei! Stefano Napoletano Milano R i solti ( almeno pare) gli aspetti organizzativi, logistici e retributivi, possiamo cominciare a pensare cosa mettere dentro il grande e ambizioso contenitore del 2015: nel suo "road show", Milano aveva insistito proprio sugli aspetti che stanno a cuore al lettore. Non so se l'Expo riuscirà a rappresentare il punto d'arrivo di una campagna efficace di sradicamento della fame nel mondo; però è fondamentale che si ponga obiettiviambiziosi e susciti speranze diffuse. Quella che l'aveva preceduta a Milano, nel 1906, aveva segnato la fiducia nel progresso, sancita dalla realizzazione di un'opera colossale come il traforo del Sempione. Adesso s'insiste sull'inutilità di opere faraoniche; e allora vada per l'Expo leggera,purché espressionediunpensierosolido. • Pensieri privati La privacy è ovviamente cosa importante, però ho l'impressione che le intercettazioni telefoniche siano una preoccupazione un po' più per le persone con la coscienza sporca,e un po' meno perle persone con la coscienza pulita. Può darsi che sia solo una mia sensazione, però di una cosa sono persuasa, che se un giorno uno scienziato fosse sul punto di realizzare un apparecchio capace d'intercettare i pensieri, sarebbe eliminato (lui, non l'apparecchio!) in men che non si dica, non da persone con la coscienza pulita, ma da persone con la coscienza sporca. Se invece la geniale invenzione si diffondesse, e fosse alla portata di tutti, la gente semplice, buona e onesta, con tutta probabilità riuscirebbe ad adattarsi alla nuova situazione. Veronica Tussi e-mail Tra Usa e Italia La Corte suprema degli Stati Uniti ha preso una decisione sulla questione Fiat–Chrysler in un giorno. La stessa decisione della Corte costituzionale italiana avrebbe richiesto mesi se non anni. Negli Usa ci sono 3 milioni di detenuti,l'1% della popolazione.Se la proporzione venisse rispettata, in Italia dovrebbero esserci 600mila detenuti. Ce ne sono meno di un decimo. Alberto Giacomo Faravelli e-mail Assenza di valori Verrebbe da dire, visto l'ultimo posto delle scuole italiane nella classica mondiale, che prima di essere multi-culturali dovremmo essere semplicemente colti. Di certo, il basso livello culturale, l'assenza di valori, l'abbandono di tradizioni e costumi nazionali sono una delle ragioni dell'arrivo in massa di immigrati. Francesco Deambrois e-mail

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Irap, il rinvio e il click day (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-06-11 - pag: 16 autore: ... DIRITTO ALLA DEDUCIBILITà Irap, il rinvio e il click day L' imposta regionale sulle attività produttive si è meritata un ravvedimento. Solo parziale, però. Decidendo di rimandare a settembre il momento d'avvio per le richieste di rimborso relative all'Irap, l'agenzia delle Entrate ha sicuramente mostrato sensibilità. E, del resto, apparivano più che giustificate le proteste dei professionisti che lamentavano i tempi strettissimi – una settimana – per preparare le domande relative a una norma in vigore dall'autunno scorso. Ma attivata per intero solo venerdì scorso. C'è un profilo, tuttavia, che non convince ancora. La deducibilità parziale dell'Irap – in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sul tema – è stata riconosciuta da una legge dello Stato. Come tale, è divenuto un diritto che spetta al contribuente. Legare l'esercizio concreto di questo diritto a un "click day", come si fa di solito per l'accesso alle agevolazioni, significa istituire una graduatoria dei richiedenti. L'Agenzia ritiene che i fondi siano sufficienti per tutti. Ma allora non si comprende perché servano un termine e una graduatoria.

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I RILIEVI DEL CSM (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-11 - pag: 18 autore: I RILIEVI DEL CSM Reato di clandestinità Nel parere approvato all'unanimità dalla VI commissione e recepito (con il no dei laici del Pdl) dal plenum, il Csm critica l'introduzione del reato di clandestinità prevista dal Ddl sicurezza per l'«eccezionale aggravio»che produrrà sugli uffici giudiziari. Senza nemmeno avere un «effetto deterrente» visto che sarà punito con la sola sanzione pecuniaria Inasprimenti di pena Il Csm condivide nel merito gli aumenti di pena previsti dal Ddl ma mette in guardia dal rischio di sovraffollamento carcerario che potranno provocare

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Ma il peccato originale è aver colpito chi dà lavoro (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 31 autore: ANALISI Ma il peccato originale è aver colpito chi dà lavoro di Raffaele Rizzardi L' Irap è nata male e continua a fare danni: l'ultimo è quello relativo alla procedura di rimborso, a fronte della deducibilità postuma di un decimo del tributo regionale nel calcolo dell'Irpef o dell'Ires, per porre rimedio alla più grande anomalia di questo tributo, ovvero l'indeducibilità della componente calcolata sul costo del lavoro e sugli oneri finanziari. Sin dall'istituzione dell'Irap abbiamo posto in evidenza che questa regola raddoppia l'incentivo fiscale a favore di chi produce all'estero, con analoga doppia contropartita a carico di chi dà lavoro in Italia. L'effetto non deriva solo dal pagamento di questo tributo (più simile a un contributo, per la sua fondamentale destinazione alla copertura dei costi del servizio sanitario regionale), ma anche dall'aumento dell'aliquota Irpef o Ires conseguente al calcolo di questi tributi anche sull'Irap pagata dall'imprenditore o lavoratore autonomo. Solo chi non ha costi di lavoro (e/o interessi) paga l'imposta personale con le aliquote nominali dei tributi personali: l'aumento reale di questi tributi è tanto più rilevante quanto più il valore aggiunto è formato da costi di lavoro e oneri finanziari. E a questo riguardo, mentre il Tuir ha attenuato la penalizzazione a carico dei fornitori della pubblica amministrazione, concedendo una regola di deduzione supplementare degli oneri finanziari, lo stesso non avviene per l'Irap: quanto più tardi paga la pubblica amministrazione, con la necessità di trovare prestiti onerosi per la sopravvivenza dell'impresa, tanto più incassa la Regione con l'Irap. La deducibilità limitata al 10% è stata concessa come espediente tattico, per rimandare nel tempo il giudizio della Corte costituzionale. Per ora la Corte può fare rinvio in base allo jus superveniens, ma è indubbio che la capacità contributiva di un terzista – per fare un esempio – non è tale da giustificare la spremitura fiscale. Al quadro mancava solo una procedura di rimborso a tambur battente, che avrebbe reso impossibile la vita di aziende e professionisti in un momento di grande lavoro per gli adempimenti fiscali. Ben venga, allora, la proroga. Ma il principale difetto dell'Irap resta sostanzialmente irrisolto.

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La censura (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 38 autore: La censura La decisione La Corte costituzionale ha censurato la disposizione centrale della legge che punisce il downloading illegale da internet. La Corte ha ritenuto che la sanzione prevista dalla legge del 13 maggio- cioè la sospensione amministrativa dell'abbonamento a internet– leda i diritti fondamentali. L'efficacia di questa legge, voluta da Sarkozy, è dunque annullata La motivazione La Corte ha ritenuto che la libertà di comunicazione enunciata nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo implichi,«considerando lo sviluppo generalizzato di internet»,la«libertà di accedere al servizio di comunicazione al pubblico online»e ha giudicato che la revoca dell'abbonamento non possa spettare a un'autorità amministrativa,come previsto dalla legge censurata,ma al giudice La presunzione di innocenza Per la Corte, inoltre, la legge censurata nega la presunzione d'innocenza perché prevede di punire il titolare del contratto di abbonamento a internet. Spettava a quest'ultimo, infatti, dimostrare di non essere il responsabile dei reati (il downloading illegale). Un aspetto, secondo la Corte costituzionale, viziato da incostituzionalità

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I giudici delle leggi danno lo stop allo sceriffo digitale (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-06-11 - pag: 38 autore: Francia. La Corte sul download illegale I giudici delle leggi danno lo stop allo sceriffo digitale Attilio Geroni PARIGI. Dal nostro corrispondente è stato uno dei testi fondamentali della Rivoluzione francese a impallinare, ancor prima che si mostrasse fisicamente, lo sceriffo digitale. Due articoli della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 hanno permesso alla Corte costituzionale di censurare la parte più importante della legge su internet, quella sanzionatoria che punisce i pirati staccandogli il collegamento, dopo due avvertimenti, per aver scaricato illegalmente file musicali e film. Rischia così di finire nel nulla la più aspra battaglia parlamentare dell'era Sarkozy, talmente accesa e confusa da aver stravolto nei mesi scorsi (la legge era stata approvata in via definitiva a metà maggio) le coordinate politiche di riferimento: la sinistra l'ha osteggiata attirandosi le ire di una parte importante del mondo dello spettacolo e della cultura, che si è sentita ideologicamente tradita. I Saggi hanno citato a favore della censura l'articolo11 e l'articolo 9 della Dichiarazione. Il primo protegge la libertà di espressione e comunicazione, una libertà fondamentale «che potrà essere limitata - sostiene la Corte - solo dall'autorità giudiziaria ». Il secondo evoca «la presunzione di innocenza», mentre l'aspetto repressivo della legge si basa sull'onere della prova a carico del titolare dell'abbonamento che è stato oggetto della sanzione. Di fatto viene cancellata l'Autorità amministrativa che avrebbe dovuto ordinare ai fornitori di accesso a internet l'esecuzione immediata dell'interruzione del collegamento. Passa in questo modo lo stesso principio della normativa approvata recentemente dal Parlamento europeo. Nonostante il rovescio clamoroso, Christine Albanel, ministro della Cultura, ha detto di voler andare avanti. Difficile capire in che modo. Il testo dovrà comunque tornare in Parlamento poiché le prerogative sanzionatorie dell'autorità amministrativa dovranno essere trasferite a quella giudiziaria, con tutte le complicazioni del caso. Se dall'onere della prova si passa alla presunzione d'innocenza, basterà allora un ricorso per sospendere l'azione giudiziaria e quindi l'interruzione del collegamento? In tal caso la legge perderebbe tutta la sua efficacia, così come il concetto di "risposta graduale" sul quale poggia il dispositivo: due avvertimenti, il primo via mail e il secondo per raccomandata, poi la punizione. La censura della Corte contraddice inoltre quanto aveva affermato il ministro durante il dibattito parlamentare, e cioè che «internet non può essere considerata come una libertà fondamentale». A quanto pare, invece, lo è. Esulta l'opposizione socialista che già era riuscita a bocciare il testo a fine aprile all'Assemblea nazionale grazie all'astensionismo record dei deputati della maggioranza e che il 19 maggio aveva presentato ricorso alla Corte costituzionale: «La decisione conferma ciò che sosteniamo da sempre: internet è un diritto fondamentale », ha commentato Patrick Bloche, parlamentare del PS tra i più impegnati contro la proposta di legge. Il tormentone continua, anche se Christine Albanel vuole istituire l'Aurorità e cominciare a far funzionare l'apparato di prevenzione in autunno. Tutto era cominciato quasi due anni fa con la presentazione all'Eliseo di un rapporto in materia voluto da Nicolas Sarkozy. Autore di quel rapporto era stato Denis Olivennes, allora presidente della Fnac e oggi alla guida del gruppo editoriale NouvelObs. Manager di sinistra, vicino al mondo della cultura, dell'arte e dello spettacolo, aveva inventato lui la "risposta graduale", il meccanismo sanzionatorio e infine l'autorità pubblica - Hadopi secondo l'acronimo francese - che avrebbe dovuto applicare il tutto. Da allora è stato un calvario legislativo, una catena di polemiche, appelli, raccolte di firme, lettere aperte di artisti e gruppi di pressione, invocazioni al PS traditore. La testimonianza di quanto sia difficile imbrigliare con schemi tradizionali i pirati della Rete. © RIPRODUZIONE RISERVATA COLLEGAMENTO IN SALVO La revoca dell'abbonamento non può spettare a un'autorità amministrativa ma al magistrato

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(sezione: Giustizia)

( da "Corriere della Sera" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere della Sera sezione: Politica data: 11/06/2009 - pag: 13 Editori e giornalisti «Si indebolisce l'informazione» MILANO Il mondo dell'editoria contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e Federazione italiana editori giornali (Fieg) hanno firmato insieme un appello al Parlamento e a tutte le forze politiche contro un provvedimento giudicato «anticostituzionale», chiedendo le «necessarie correzioni». Il ddl Alfano, scrivono nella nota Fnsi e e Fieg, «introduce limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori», previsioni che «violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo». Editori e giornalisti «concordano sulla necessità che sia tutelata la riservatezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini, ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione quali le indagini investigative». Per Franco Siddi, segretario della Fnsi, «se la legge sarà approvata così com'è, sarà violato il diritto dei cittadini a un'informazione piena, in particolare sulla cronaca giudiziaria per la quale saranno introdotti pesanti limiti». Il sindacato dei giornalisti è pronto «a portare avanti la sua battaglia utilizzando l'arma dello sciopero, >ricorrendo anche alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo». Allo studio «forme di disobbedienza civile». Lorenzo Del Boca, presidente dell'Ordine nazionale, si è detto convinto che la nuova legge renda «l'informazione più debole», mentre Roberto Natale, presidente della Fnsi denuncia che «con il maxiemendamento siamo passati al Medioevo: non siamo ancora in una situazione di democrazia occidentale». D'accordo Guido Columba, presidente dell'Unci: «Con il maxiemendamento siamo ancora lontani dagli standard europei».

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Francia, il diritto a Internet non si tocca (sezione: Giustizia)

( da "Corriere della Sera" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 11/06/2009 - pag: 23 La rete e il copyright Nuovo arresto per la normativa che punisce chi scambia illegalmente i file Francia, il diritto a Internet non si tocca La Corte costituzionale boccia la legge antipirateria voluta da Sarkozy Quando si dà la caccia ai pirati (virtuali), le rotte rischiano di essere costellate di naufragi (molto concreti). Ne sa qualcosa, da ieri, Nicolas Sarkozy: la sua legge anti corsari del Web ha subìto una seconda, pesante battuta d'arresto. Fermata in Parlamento il 9 aprile, con 21 voti contro e 15 a favore su 577 deputati, approvata il 13 maggio (dopo un'ovvia sfuriata del presidente agli «assenteisti»), infine censurata dal Consiglio costituzionale francese. Uno stop che nasce proprio dal passaggio cruciale della Loi Création et Internet, quello che aveva suscitato le maggiori critiche e al tempo stesso il plauso di chi invoca misure drastiche contro la pirateria online: il «taglio» del collegamento Internet a chi scarica illegalmente dalla Rete materiale protetto da copyright. Una sanzione ammini-- strativa che avrebbe dovuto scattare con la terza segnalazione (da parte dei «guardiani » dell'industria) all'Hadopi, la nuova autorità indipendente per la protezione dei diritti sul Web. Secondo il Consiglio, di cui fanno parte gli ex presidenti Valery Giscard D'Estaing e Jacques Chirac, la sanzione lederebbe la libertà di comunicazione ed espressione garantita dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo. Che oggi, «considerando lo sviluppo generalizzato di Internet scrivono i 9 «saggi» , implica la libertà di accedere ai servizi di comunicazione al pubblico online ». Quindi, la possibilità di intervenire con una sospensione può spettare solo al giudice, non certo a un'entità amministrativa come l'Hadopi. Una posizione analoga a quella sostenuta, il 6 maggio, dai deputati del Parlamento europeo: a maggioranza schiacciante (407 voti contro 57, 10 astenuti) avevano stabilito che i diritti fondamentali dei «navigatori della Rete» non potessero essere limitati «senza decisione preliminare delle autorità giudiziarie ». A questo si somma un altro aspetto di incostituzionalità: punire il titolare del contratto di abbonamento, delegandogli l'incombenza di dimostrare la propria estraneità al reato, significa negare la presunzione d'innocenza. L'opposizione (che il 19 maggio aveva appunto interpellato in merito il Consiglio) riprende così fiato dopo la batosta delle Europee; il ministro della Cultura, Christine Albanel, controbatte annunciando una modifica del testo. A Strasburgo, intanto, ci si prepara allo sbarco dei «pirati »: il Piratpartiet svedese, braccio politico dei «corsari del Web» di PirateBay, si è aggiudicato il 7,4% dei voti e un seggio in Europa. Al primo posto in agenda, la riforma della legge sul copyright. Gabriela Jacomella gjacomella@corriere.it Sconfitto Nicolas Sarkozy in visita a una scuola francese: figlio di un immigrato ungherese, 54 anni, è presidente dal 2007 La sentenza La motivazione: così si lede la libertà di comunicazione garantita dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo

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Giornalisti e editori sul piede di guerra pronti a scioperare (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

LIBERTÀ DI STAMPA Giornalisti e editori sul piede di guerra pronti a scioperare Alessandro Braga La libertà di stampa nel nostro paese è sancita dalla legge. Non da una qualunque, ma dalla Costituzione. Che all'articolo 21, ai primi due commi, recita testualmente così: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Bene, dimenticatevelo. Perché Silvio Berlusconi e la sua maggioranza, in attesa di cambiare anche formalmente la Costituzione, iniziano (o continuano) a non rispettarla, approvando leggi che la vìolano esplicitamente. Come nel caso della legge sulle intercettazioni telefoniche, che ieri ha ottenuto il sì alla fiducia messa dal governo sul provvedimento dall'aula della Camera e che oggi verrà approvata da Montecitorio. Una legge che limita fortemente l'attività giornalistica, arrivando a ipotizzare anche il carcere (da sei mesi a un anno, commutabili in sanzione pecuniaria) per chi non rispetterà la norma. Gli atti dei processi potranno essere pubblicati solo dopo essere stati portati a conoscenza delle parti. In questo modo la nuova legge estende il regime che fino ad oggi regolava solo gli atti giudiziari coperti dal segreto anche a quelli non più coperti, «fino al termine dell'udienza preliminare». Che, con i tempi lunghi della giustizia italiana, può voler dire dopo quattro anni, se tutto va bene. Non è un caso che a insorgere contro la norma, insieme ai magistrati, ieri siano stati anche i giornalisti e gli editori. Per una volta insieme, dopo anni di litigi per il rinnovo del contratto giornalistico conclusisi un paio di mesi fa. La nuova norma colpisce i giornalisti ma anche gli editori. Prevede infatti che per ogni omesso controllo sulle pubblicazioni l'editore paghi una multa da 64.500 a 465mila euro. Una cifra considerevole per un settore che subisce più di altri i contraccolpi della crisi economica. Ma editori e giornalisti non intendono restare a guardare di fronte a una legge che mina in profondità la libertà di stampa nel nostro paese e sono pronti a mettere in campo qualsiasi forma di opposizione alla norma. Ieri hanno diffuso un comunicato congiunto in cui si condannano le «limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» introdotte nella legislatura con «le sanzioni detentive nei confronti dei giornalisti e la responsabilità oggettiva a carico degli editori» e chiedono di introdurre nel disegno di legge «le correzioni necessarie alla tutela di valori essenziali per la democrazia». Se ciò non dovesse avvenire i giornalisti, ha avvertito Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale stampa italiana, «sono pronti a portare avanti la loro battaglia utilizzando l'arma dello sciopero, nonché ricorrendo alla Corte costituzionale e a quella europea dei diritti dell'uomo». Non solo, si stanno studiando anche «forme di disobbedienza civile per trovare il modo di far giungere ai cittadini le notizie di interesse pubblico». E per farlo, sono pronti anche a pagare le conseguenze della nuova infausta legge. Che questa battaglia non è fatta per mantenere i privilegi di una casta, ma di civiltà e a difesa delle leggi democratiche del nostro paese.

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ROMA - Questo disegno di legge sulle intercettazioni è come una medicina destinat... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 11-06-2009)

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Giovedì 11 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO ROMA - «Questo disegno di legge sulle intercettazioni è come una medicina destinata a curare una patologia. Ha un effetto curativo ma comporta anche effetti collaterali la cui efficacia occorrerà verificare nel tempo»: è un giudizio sostanzialmente positivo quello che il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli dà sulla riforma che ha ottenuto ieri il voto di fiducia e oggi dovrebbe concludere il suo iter alla Camera. Presidente Mirabelli perché usa la metafora sanitaria? «Voglio evidenziare che se non ci fosse una malattia non ci sarebbe bisogno della cura da cavallo che il Governo e il Parlamento stanno mettendo a punto». Questa riforma nasce dagli eccessi, dalle forzature? «In un certo senso sì. Intendiamoci, penso che la nuova formulazione del maxi emendamento abbia migliorato anche il testo varato dalla commissione giustizia. Ma se posso avanzare una critica mi pare sia ormai invalso l'uso di eludere l'articolo 72 della Costituzione che impone di votare una legge articolo per articolo e poi approvarla con votazione finale. I maxi articoli da una parte rendono più rapido il percorso parlamentare, dall'altra non consentono votazioni specifiche su norme che trattano argomenti diversi». In questo ddl si parla solo di intercettazioni? «C'è una impostazione unitaria, ma vengono modificati più di venti articoli dei codici di procedura penale e penale». E il suo giudizio nel merito? «Faccio una sintesi. Si riduce la personalizzazione delle indagini e l'esposizione mediatica spesso secondata dei pubblici ministeri. Ad esempio il divieto di diffondere le foto e i nomi dei magistrati relativamente ai procedimenti loro affidati, tende a rendere impersonale l'esercizio della funzione. Nella stessa direzione l'obbligo di astensione per il magistrato che rilasci dichiarazioni sul processo che gli è affidato. È positivo il rafforzamento di poteri e responsabilità dei capi delle procure. Si pongono limiti nell'uso delle intercettazioni e garanzie per la loro diffusione impropria. È positivo tuttavia che la stampa possa dare sempre conto delle indagini e pubblicare solo per riassunto anche atti senza attendere la fine della udienza preliminare. Ed è positivo il divieto di trascrizione e diffusione di parti di conversazioni riguardanti persone e circostanze estranee alle indagini».

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CON LA RIFORMA GELMINI 900 SCUOLE IN CALABRIA RISCHIANO LA CHIUSURA (sezione: Giustizia)

( da "marketpress.info" del 11-06-2009)

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Giovedì 11 Giugno 2009 CON LA RIFORMA GELMINI 900 SCUOLE IN CALABRIA RISCHIANO LA CHIUSURA Reggio Calabria, 11 giugno 2009 - “Gli impatti della cosiddetta riforma Gelmini sul dimensionamento dei plessi scolastici sono insostenibili per la Calabria”. È quanto ha sostenuto il vicepresidente della Giunta Domenico Cersosimo intervenendo all’incontro tra le Regioni che si è svolto a Roma con lo scopo di valutare l’impatto della riforma Gelmini sui singoli territori. Il Governo e le Regioni avrebbero dovuto siglare entro il 15 giugno un’ intesa per dare attuazione ai tagli previsti dalla riforma ma ieri le Regioni, anche accogliendo il grido d’allarme lanciato da Cersosimo, hanno deciso di chiedere una proroga e di prevedere un incontro con il ministro Gelmini finalizzato a verificare congiuntamente le ricadute della riforma sul sistema scolastico nelle diverse regioni e a trovare soluzioni adeguate e graduali nei territori in cui i tagli potrebbero essere insostenibili. “Se si dovessero applicare i parametri proposti dal Governo (chiusura delle scuole materne con meno di 30 alunni, delle scuole elementari con meno di 50 alunni e delle secondarie di primo grado con meno di 45 alunni) - ha aggiunto Cersosimo - nella nostra regione nell’anno scolastico 2010-2011 dovremmo chiudere circa 900 plessi, uno sconquasso drammatico. In particolare, in un solo anno, scomparirebbero circa 400 plessi della scuola dell’infanzia, 365 plessi di scuole primarie e 120 plessi di scuole secondarie di primo grado, con un coinvolgimento complessivo di oltre 20 mila alunni. Un ridimensionamento del tutto inaccettabile e dannosissimo sotto il profilo sociale e formativo”. I dati forniti dal Ministero solo qualche giorno fa mostrano che la Calabria sarà la regione più penalizzata. “Non siamo pregiudizialmente contro una nuova configurazione dell’organizzazione della scuola, né difendiamo la scuola calabrese così com’è - ha spiegato il vicepresidente Cersosimo - ma non possiamo accettare passivamente un massacro indiscriminato delle strutture scolastiche pubbliche. È inevitabile l’accorpamento di plessi scolastici patologicamente sottodimensionati, a patto però che sia garantito appieno il diritto costituzionale degli alunni ad una formazione di qualità, che sia assicurata dallo Stato la frequenza alle attività formative in strutture idonee e che gli alunni e le loro famiglie non debbano essere sottoposti a percorsi casa-scuola proibitivi”. Cersosimo ha chiesto che Governo, Regione, Enti locali e sistema scolastico regionale approntino congiuntamente un piano di riorganizzazione dei plessi sostenibile e graduato nel tempo in modo da minimizzare le rotture e al tempo stesso valorizzare i benefici di un’organizzazione più razionale ed efficace della rete scolastica locale. Ma sulla Riforma Gelmini pesano anche i ricorsi alla Corte Costituzionale proposti da alcune Regioni che hanno eccepito competenze regionali in materia di istruzione ed il cui esame è cominciato ieri. E sempre ieri il Tar del Lazio si è pronunciato su istanza di alcune associazioni di genitori rilevando che la circolare attuativa sui Regolamenti Gelmini è stata emanata sulla base di atti legislativi non ancora formalmente approvati. . <<BACK

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PROTESI PER I BIMBI E I GIOVANI DELLA STRISCIA DI GAZA IL NUOVO IMPEGNO DELLA TOSCANA COME CAPOFILA DELLE REGIONI SULLA COOPERAZIONE (sezione: Giustizia)

( da "marketpress.info" del 11-06-2009)

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Giovedì 11 Giugno 2009 PROTESI PER I BIMBI E I GIOVANI DELLA STRISCIA DI GAZA IL NUOVO IMPEGNO DELLA TOSCANA COME CAPOFILA DELLE REGIONI SULLA COOPERAZIONE Firenze, 11 giugno 2009 - Avranno gambe e braccia nuove, potranno camminare, giocare e muoversi come gli altri bambini. Potranno sentire e potranno parlare. Avranno ciò che serve per superare gli handicap prodotti dalla guerra, direttamente o indirettamente. E´ questa la nuova frontiera dell´impegno delle Regioni italiane, di cui la Toscana è capofila, nella cooperazione sanitaria internazionale. Il progetto, che riguarda il sostegno ad un centro di riabilitazione e produzione di protesi per bambini e giovani palestinesi della Striscia di Gaza, è stato annunciato ieri dal presidente della Regione Toscana che ha preso parte con l´assessore alla cooperazione internazionale, ad un vertice Stato-regioni tenuto alla Farnesina. Un summit al massimo livello che ha visto la presenza, oltre al titolare degli Esteri e di 3 Sottosegretari, anche dei ministri per lo sviluppo economico e dei rapporti con le Regioni e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Presente anche il presidente della Conferenza delle Regioni e numerosi presidenti di regioni, quali il Piemonte e la Sardegna. Due ore intense di lavori, nel quadro del “sistema Italia”, che vede la partecipazione a pieno titolo delle Regioni alla politica di cooperazione internazionale dell´Italia, ora “ufficializzata” dopo il protocollo firmato dalle Regioni e dal Ministero degli Esteri nell´autunno 2008. Un protocollo che si è inteso concordemente rilanciare e che sancisce a pieno titolo l´attività di cooperazione internazionale, sia decentrata che allo sviluppo, sulla quale Regioni ed enti locali operano proficuamente da tempo. Un “nuovo corso”, del quale la riunione di oggi rappresenta un passo significativo – come ha sottolineato il presidente della Regione Toscana – e che dovrebbe portare ad u n quadro normativo più chiaro, evitando in futuro, nuovi interventi della Corte dei Conti (come nel caso del sindaco di Lastra a Signa) nei confronti di amministratori impegnati in attività di cooperazione internazionale e nuove pronunce di annullamento della Corte Costituzionale verso leggi regionali (Val d´Aosta e Calabria). Un terreno sul quale le Regioni hanno espresso le loro posizioni con la richiesta di un tavolo congiunto per definire la nuova proposta di legge sulla cooperazione e la revisione delle linee guida ministeriali. In proposito il presidente della Regione ha riferito l´esempio della Toscana, fondato sulla concertazione e il massimo coordinamento tra gli interventi, con la valorizzazione degli Enti locali, delle associazioni e delle Ong, in piena sussidiarietà. La Toscana ha inoltre scelto, come ha sottolineato il presidente, di coinvolgere gli operatori sanitari come portatori di conoscenze e competenze indispensabili alla qualificazione degli interventi. E proprio in ambito di cooperazione sanitaria il presidente ha ricordato l´esperienza del progetto Saving Children, lanciato dalla Toscana nel 2003, cui oggi partecipa lo stesso Ministero degli esteri (insieme a Umbria, Emilia Romagna e Friuli) e che ha permesso di curare 6 mila bambini palestinesi in ospedali israeliani. Un progetto che ha posto le basi per l´intervento umanitario dell´Italia durante l´ultima guerra a Gaza, con la missione del Ministro degli Esteri e il ricovero in Toscana con un ponte aereo dell´aeronautica militare, di 10 bambini in gravi condizioni. Un intervento che trova ora il suo seguito con il sostegno all´unico centro che fornisce protesi per i disabili di Gaza. In proposito le cifre parlano di 5300 feriti, solo nell´ultimo conflitto, e di liste d´attesa di 170 persone per una protesi. Attualmente il centro cura 120 persone all´anno, di cui il 43% sono bambini sotto i 3 anni. Oltre alle protesi, per arti inferiori e superiori, il centro fornisce servizi di riabilitazione e fisioterapia per una gamma di handicap che comprende disabilità di vario tipo, di mobilità, ma anche di udito e discorsive, e difficoltà di apprendimento, legate non solo direttamente alla guerra ma anche a traumi, lesioni cerebrali e malattie. Il vertice a Roma è stato anche l´occasione per fare il punto delle risorse messe in campo dalle Regioni sulla cooperazione. La Toscana, con circa 7 milioni di euro, si trova nel gruppetto delle regioni più impegnate. Il settore di maggiore impegno, con circa 4 milioni, è la sanità. . <<BACK

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QUESTO disegno di legge sulle intercettazioni è come una medicina destinata a curare ... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il (Frosinone)" del 11-06-2009)
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Giovedì 11 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO «QUESTO disegno di legge sulle intercettazioni è come una medicina destinata a curare una patologia». Usa la metafora sanitaria il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli per evidenziare che se non ci fossero stati eccessi non ci sarebbe stato bisogno di una cura. Che come tutti i farmaci «comporta anche effetti collaterali la cui efficacia occorrerà verificare nel tempo». Il giudizio di Mirabelli sul ddl è sostanzialmente positivo. Specie sui divieti di pubblicare intercettazioni prima della fine delle indagini preliminari e di pubblicare nomi e foto di magistrati. «Si rende impersonale la funzione e si riduce l'esposizione mediatica spesso secondata dai pm».

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L'Arma parte civile contro due militari (sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Cronaca di Cagliari Pagina 1018 Iniziato il dibattimento che coinvolge i due carabinieri dell'antidroga e 8 coimputati L'Arma parte civile contro due militari Iniziato il dibattimento che coinvolge i due carabinieri dell'antidroga e 8 coimputati Pesanti accuse per Solvi e Cecere: «Danno d'immagine» --> Pesanti accuse per Solvi e Cecere: «Danno d'immagine» La difesa chiede la scarcerazione dei due carabinieri e la concessione degli arresti domiciliari. Il Tribunale deciderà il 7 luglio. Gravissimo il danno all'immagine e al prestigio dell'Arma: i carabinieri si affidano all'avvocatura dello Stato e si costituiscono parte civile nel processo contro l'ex comandante dell'antidroga di Cagliari Umberto Solvi e il suo braccio destro Luigi Cecere. «Deve tenersi conto della dimensione del crimine ma anche del clamore mediatico che ha suscitato»: davanti ai giudici del Tribunale, l'avvocato Francesco Caput spiega perché il ministero della Difesa chiede il risarcimento dei danni causati dai due militari accusati di aver rivenduto parte della cocaina sequestrata durante importanti operazioni antidroga. E sottolinea: «C'è un problema di deterioramento del rapporto di fiducia tra i cittadini e i carabinieri coinvolti in una vicenda in piena antitesi con le loro finalità istituzionali». Comincia così nell'aula della Corte d'assise - la sola capace di contenere la folla di difensori dei dieci imputati che non hanno scelto il rito abbreviato - il processo pubblico per uno dei fatti più clamorosi accaduti di recente in città. Basti pensare alle accuse contestate ai due carabinieri agli arresti dal 6 febbraio 2008 nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere: associazione a delinquere, calunnia, peculato, detenzione di droga, omissione di atti d'ufficio, rivelazione di segreti d'ufficio, falso materiale e ideologico, soppressione di atti d'ufficio. Con i due militari vengono processati la pentita di via Seruci Ornella Desogus (che per questioni di sicurezza assiste all'udienza dietro un paravento), Sergio Ulzega di Isili (l'unico in gabbia), Gianluca Crispu di Assemini, Stefania Lobina di Cagliari, Angelo Pinna di Tortolì (presenti in aula), e i cagliaritani Gianluca Columbu, Marianna Sanna, Valter Cadeddu (contumaci). Non ci sono neanche Solvi e Cecere alla prima udienza interamente dedicata alle questioni preliminari, ma gli avvocati Rita Dedola, Francesco Marongiu, Mario Canessa e Francesco Iovinio assicurano la presenza dei due carabinieri quando il processo entrerà nel vivo. Nel frattempo sollecitano l'avvicinamento per agevolare i contatti con i difensori: impossibile un trasferimento a Buoncammino («quando Cecere è stato lì non poteva neanche mangiare perché il cuoco lo aveva arrestato lui») ecco la richiesta di arresti domiciliari. Il collegio presieduto da Mauro Grandesso (a latere Ornella Anedda e Giampiero Sanna) deciderà all'udienza del 7 luglio. In quella data i giudici si esprimeranno anche sulle altre richieste della difesa dei due carabinieri che vorrebbero riportare il procedimento alla fase delle indagini preliminari per una serie di motivi: sono state trascritte solo 1.240 delle 73.000 telefonate intercettate; gli avvocati non hanno avuto copia dei dvd con la registrazione di tutte le conversazioni; l'udienza-stralcio davanti al giudice per decidere la rilevanza delle intercettazioni è stata fissata per una data successiva al rinvio a giudizio; Solvi e Cecere sono stati inizialmente iscritti nel registro degli indagati sotto falso nome. Per il pubblico ministero Danilo Tronci sono questioni da respingere in blocco: l'iscrizione con nomi diversi era legata all'esigenza di evitare tentativi clandestini di accesso al registro della Procura della Repubblica dove Solvi e Cecere, per via del lavoro che svolgevano, conoscono moltissime persone. Quanto alle intercettazioni, per giurisprudenza costante la prova è contenuta nel nastro e non nella trascrizione, dunque l'udienza-stralcio si può tenere dopo il rinvio a giudizio; è vero che una sentenza della Corte Costituzionale impone di consegnare alla difesa copia dei dvd ma gli avvocati di Solvi e Cecere hanno presentato la richiesta prima di quella decisione e dopo non l'hanno più ripetuta. MARIA FRANCESCA CHIAPPE

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Referendum Berlusconi: "Andrò a votare e sarà sì" (sezione: Giustizia)

( da "AmericaOggi Online" del 11-06-2009)

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Referendum Berlusconi: "Andrò a votare e sarà sì" 11-06-2009 ROMA. Dopo aver garantito a Umberto Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del referendum del 21 giugno, Silvio Berlusconi spiega comunque che lui, come Gianfranco Fini, andrà a votare e voterà sì. Una presa di posizione che rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. "Berlusconi - dice il Senatur - mica è scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto". Non solo. Il leader della Lega è in ogni caso convinto che il referendum non aiuti politicamente il presidente del Consiglio. "Lui - ragiona Bossi - non seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui". La riforma del sistema elettorale, dunque, secondo i desiderata della maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso la via delle riforme in Parlamento alle quali è direttamente collegata, visto che il Senato dovrebbe diventare federale. Bossi conferma che dopo i ballottaggi partirà un confronto in maggioranza sul questo tema, magari con una sorta di "conclave" di Pdl, Lega e governo. "È un'idea di Berlusconi - spiega - e va bene. Chi ha più idee le tiri fuori". Insomma, anche se oggi si aprono nuovi fronti a partire dal no di Fini alle gabbie salariali, almeno sul referendum le acque nella maggioranza sembrerebbero meno agitate. "Non capisco - puntualizza anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa - perché ci sia questa mania di vedere Fini alternativo al Pdl, mi pare che la sua dichiarazione sia stata chiarissima, dov'é il contrasto? Berlusconi in serata ha detto la stessa cosa". "Non c'é nessun rischio di spaccatura", assicura anche l'altro coordinatore del Pdl, Denis Verdini. Intanto, il Pd continua con la linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì a maggior ragione dopo il disimpegno di Berlusconi. Mentre, dall'altro lato, la sinistra va comunque all'attacco della scelta di Franceschini e dei suoi di dare indicazione per il sì. "Mantenere il sì - attacca Claudio Fava, Sl - non significa voler cambiare l'attuale legge elettorale, ma più semplicemente fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica". In tutto questo, i referendari vanno all'attacco. "I nostri quesiti - dice il presidente del Comitato, Giovanni Guzzetta - sono nella morsa dei ricatti". Il che, a suo avviso, dovrebbe stimolare la gente ad andare a votare visto che il referendum "mira a migliorare la democrazia", evitando che la politica italiana spenda "la maggior parte del tempo a risolvere problemi dettati da alleanze e ricatti". Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato anche le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza sulla campagna elettorale, con tanto di ricorso alla Consulta. Ricorso, però, rigettato ieri dalla Corte Costituzionale.

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La campagna elettorale sul referendum. Perché è giusto votare (sezione: Giustizia)

( da "AmericaOggi Online" del 11-06-2009)

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La campagna elettorale sul referendum. Perché è giusto votare Di Mario Segni* 11-06-2009 Normal 0 false false false MicrosoftInternetExplorer4 Forse qualcuno ricorderà la puntata di Matrix in cui il ministro Calderoli definì una "porcata" la legge elettorale appena approvata. Mentana lo interruppe, "ministro, ripeta, ho sentito bene? Ha detto porcata?". "Ha sentito benissimo, questa legge è una "porcata", riprese deciso Calderoli. Confesso che non mi è mai capitato di definire una "porcata" una legge dello Stato. Confesso anche che non ne sarei capace. Sono stato abituato ad avere rispetto per lo Stato e le sue istituzioni. E una legge dello Stato italiano, è per me, un testo da rispettare. Ma poiché l'ha detto il ministro e nella specie il ministro che ha promosso la legge, posso senz'altro dire che ha ragione: questa legge è una "porcata". È il peggior regalo che in questi anni ci abbia fatto la casta partitocratrica. Prima di questo scempio, l'Italia votava infatti come l'Inghilterra. I partiti potevano presentare un solo candidato, e il cittadino non sceglieva solo il partito, ma sceglieva soprattutto l'uomo. Ciascun collegio, e voglio dire ciascun elettore, aveva il "suo" rappresentante in Parlamento. Tutto questo non esiste più. Il meccanismo della lista bloccata obbliga il cittadino a votare un partito che ha già preparato una lista preconfezionata delle persone che entreranno in Parlamento. Su queste scelte chi vota non alcun potere. In breve, il Parlamento è stato trasformato da una assemblea di eletti in un consesso di nominati. Ma così facendo muore il Parlamento, e rischia di morire la democrazia. L'altro frutto avvelenato del Porcellum è la spinta alla frammentazione. Questa raggiunse il massimo nella scorsa legislatura, quando avemmo una maggioranza di tredici partiti. Le conseguenze le ricordiamo tutti. Il governo Prodi e la legislatura durarono due anni. Il referendum che si vota il 21 e il 22 è contro la legge "porcata". Avremmo voluto cancellarla del tutto, ma i limiti della Corte Costituzionale non lo permettono. Ma ne demoliamo punti fondamentali. Cancelliamo le candidature multiple, cioè il fenomeno deteriore per cui un candidato si può candidare anche in tutti i collegi (è accaduto anche domenica scorsa) prendendo in giro i cittadini che lo hanno eletto e che lo vedono scegliere per un collegio diverso. Obblighiamo chi si candida a governare a presentare una lista unica e quindi un programma comune. In un'Italia in cui riprende la spinta alle divisioni, con la Lega in tensione con Berlusconi e Di Pietro in rotta con il Partito democratico, sarebbe una spinta fortissima alla chiarezza e stabilità. Il resto, se il popolo si pronuncia, sarà obbligato a farlo il Parlamento. Per questo sono state raccolte 820.000 firme. Nessuno oggi difende il "porcellum". Ma in tre anni e mezzo (tanti ne sono passati dalla sua approvazione) il Parlamento non ha fatto nulla per cancellarlo. E se non fosse per il referendum oggi nessuno ne parlerebbe. Sul nostro referendum sono state raccontate un mucchio di balle. Ma la più grossa è che, se il referendum non passa, il Parlamento e i politici sono pronti a riformare. Questa è una menzogna sfacciata, cari signori, e lo sapete bene. Il Parlamento non ha fatto nulla e non farà nulla per il semplice motivo che la lista bloccata piace ai vertici dei partiti, perché ognuno può far entrare in Parlamento il proprio portaborse. La partita quindi si gioca il 21: o vince il sì o questa legge ce la teniamo per cinquant'anni. *Coordinatore del Comitato promotore del referendum (msegni@tin.it)

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Liberté, égalité, Internet Sarkò sconfitto dai pirati (sezione: Giustizia)

( da "Stampaweb, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

PARIGI Alla fine lo schiaffo se l’è preso lui, Nicolas Sarkozy. Ieri la Corte costituzionale francese ha respinto la sua cosiddetta «legge dei tre schiaffi» contro gli utenti di Internet che scaricano gratis brani coperti da diritti d’autore - cosiddetta «Internet et Creation» o «Hadopi» («Haute Autorité pour la Diffusion des Œuvres et la Protection des Droits sur Internet»), fortemente voluta dal presidente tanto da chiamare a raccolta i suoi fedelissimi per assicurarne l’approvazione in seconda lettura all’Assemblea nazionale lo scorso 12 maggio - perché «viola i diritti fondamentali dell’uomo, sanciti dalla Costituzione». Esultano in Francia i militanti della libertà su Internet, che avevano fatto ricorso. «Internet è una componente della libertà di espressione e di consumo» ha dichiarato il Consiglio della Corte Costituzionale, e «nel diritto francese c’è la presunzione d’innocenza» per cui «solo il giudice può pronunciare una sanzione, e solo dopo aver stabilito che si tratta di illegalità». La legge infrange due articoli della dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789, che la Corte Costituzionale è tenuta a difendere: si tratta dell’articolo 11 che protegge la libertà di comunicazione e d’espressione, e dell’articolo 9 che pone il principio di presunzione d’innocenza. Per il Consiglio è accettabile solo che la «Haute Autorité» avverta l’internauta di essere stato identificato: non può sanzionarlo né disconnetterlo. Il Consiglio garante della costituzionalità delle leggi in Francia è rappresentato da nove membri fra i quali gli ex presidenti Valéry Giscard d’Estaing e Jacques Chirac. L’efficacia di questa legge, che rendeva la Francia uno dei Paesi più rigorosi d’Europa in materia, è dunque annullata. Tre giorni dopo la sua disfatta alle elezioni europee, l’opposizione socialista - che si era ferocemente opposta a un testo che riteneva liberticida e inutile - si è immediatamente «ringalluzzita» per l’insuccesso del presidente. «In questa vicenda, è Nicolas Sarkozy che viene censurato dal Consiglio costituzionale», ha dichiarato il deputato Patrick Bloche. È uno smacco anche per la ministra della cultura, Christine Albanel, che aveva dichiarato che l’accesso a Internet dal proprio domicilio «non è libertà fondamentale». A ideare la legge era stato il giornalista Denis Olivennes, direttore del Nouvel Observateur ex fondatore della catena di distribuzione Fnac di libri, dischi, film e software, un osservatorio che gli ha permesso di vedere la crisi in cui versa il diritto d’autore nell’era digitale. Senza ascoltare chi propone un copyright più flessibile, visto il nuovo scenario globale della società dell’informazione, propose una soluzione draconiana: costringere i fornitori di Internet a mandare tre avvertimenti - attraverso una costosa authority amministrativa - a chi scarica film e musica senza pagare i diritti, e poi sospendere l’accesso a Internet in caso di «recidiva», costringendo i «pirati» a continuare a pagare il loro abbonamento.Una nuova vittoria per Daniel Cohn-Bendit, fresco del trionfo elettorale con i Verdi alle europee in Francia. L’ex leader del 68 è stato tra i primi ad opporsi alla legge di Sarkozy e a bloccarla a livello europeo, grazie a una legge Ue che proibisce di tagliare Internet, «diritto fondamentale», a un utente senza la decisione di un giudice.Nicolas Sarkozy aveva sostenuto fortemente la legge anti-scaricamento illegale, considerandola una delle sue priorità e spingendo per il suo tormentato passaggio in parlamento, dopo una prima bocciatura. Sarkozy è anche intervenuto presso l’Ue per impedire che invalidasse la legge, come invece è accaduto.

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Philippe Aigrain: "Internet libero, un boomerang per i censori. La Costituzione ci protegge" (sezione: Giustizia)

( da "Stampaweb, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Philippe Aigrain, professore di informatica a Parigi ed ex responsabile del settore tecnologie del software alla Commissione europea, autore di «Causa Comune: l'informazione tra bene comune e proprietà» e «Internet e Creazione: come riconoscere gli scambi su Internet e remunerarli», le cui idee sono diventate emblematiche per i militanti - non solo in Francia - della libertà di espressione su Internet, per festeggiare la sconfitta della legge Hadopi ha passato la giornata ieri a inviare messaggi di gioia a tutto il mondo. Ovviamente in Rete, via mail, ma anche sul sito del suo collettivo «La Quadrature du Net» (www.laquadrature.net). Che cosa c’è da festeggiare? «La decisione della Corte costituzionale francese di censurare la legge Hadopi sulla “risposta graduata” alla pirateria sottolinea a chiare lettere che l’accesso a Internet è un diritto fondamentale del cittadino, fa parte dei suoi diritti inviolabili alla libertà di opinione e di espressione. è un precedente prezioso. Pensavamo che per avere questo diritto sancito avremmo dovuto aspettare anni, e invece grazie al ministro della cultura che ha voluto a tutti i costi passare questa legge adesso, il chiarimento è arrivato molto prima del previsto». Ma la Corte costituzionale ha bocciato solo una parte della legge, un’altra parte resta in vigore: va bene lo stesso? «La Corte ha censurato tutte le sanzioni, a partire dalla disconnessione a Internet degli internauti senza un mandato del giudice. Invece ha espresso parere positivo sulle parti della legge che riguardano gli avvisi, cioè le notifiche spedite per posta, email e telefono/telegramma), agli utenti che scaricano gratis brani o documenti coperti da diritti d’autore, valutando - secondo me in modo contorto - che non si tratta di una violazione della protezione dei dati dei cittadini e che si tratta di provvedimenti inoffensivi che sensibilizzano gli utenti al problema del copyright». E adesso che cosa succederà? «Il ministero della cultura ha reagito con un comunicato stampa serafico annunciando una nuova legge per aggirare il problema. Ma è abbastanza stupido, e non credo che andrà molto lontano, a questo punto. C’è una forte coalizione nella società civile, fatta dalle associazioni dei consumatori, dai creativi, i musicisti e gli uomini e le donne dalla parte della condivisione della conoscenza e della cultura libera, che si è mobilitata perché la Hadopi riposi in pace per sempre». Che cosa farete? «Stiamo organizzando per quest’autunno un’assise con tutte le parti in causa allo stesso tavolo per definire licenze collettive sui contenuti culturali digitali e per legalizzarne lo scambio cosiddetto “peer-to-peer”, da pari a pari. E intanto su tutti i siti c’è un tam-tam micidiale. L’ironica corona di fiori con la fascia “Hadopi Rip Lol” dedicata all’inconsolabile ministero della Cultura, che campeggia sul mio sito, sta facendo il giro di tutta la Francia». + Liberté, égalité, Internet: Sarkò sconfitto dai pirati ANNA MASERA commenti (0) scrivi

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Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

LEGGE ELETTORALE. Il comitato promotore presenta ricorso: la Consulta lo rigetta. Berlusconi: non appoggio vado a votare sì. Bossi: ma Silvio sa che si spacca tutto 11/06/2009 rss e-mail print Umberto Bossi e Gianfranco Fini ROMA Dopo aver garantito a Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del referendum del 21 giugno, Berlusconi spiega comunque che lui, come Fini, andrà a votare e voterà «sì». Una presa di posizione che rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. E ieri la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno. Sul fronte politico continuano invece le schermaglie. «Berlusconi», dice Bossi, «mica è scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto. Lui stesso non seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del sistema elettorale, dunque, secondo la maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso la via delle riforme istituzionali. E Bossi conferma che dopo i ballottaggi partirà su questo un confronto in in maggioranza. Intanto si profilano però nel centrodestra nuovi scontri tra Fini e, Bossi come quello sulle gabbie salariali, la differenziazione dei salari secondo le aree territoriali in base al costo della vita. Il presidente della Camera è assolutamente contrario, Bossi ha confermato ieri che l'ipotesi piace alla Lega. Il Pd continua con la linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì. La sinistra invece è in allarme: «Mantenere il sì», dice Fava, Sl, «non significa voler cambiare l'attuale legge elettorale, ma fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica». In tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I nostri quesiti», dice il presidente del Comitato, Guzzetta, «sono nella morsa dei ricatti. Per questo bisogna andare a votare. Il referendum mira a migliorare la democrazia», Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza Rai sulla campagna elettorale. Ma il loro ricorso è finito male.

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Un referendum per la democrazia (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Ferrara, La" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

L'esponente del comitato promotore: bisogna ridurre la frammentazione. Il professor Pasquino: ma due quesiti su tre sono insoddisfacenti «Un referendum per la democrazia» In un convegno i motivi per votare alla consultazione sul sistema elettorale FERRARA. "Dopo le elezioni, verso i referendum". Ieri pomeriggio, presso l'Istituto di Storia Contemporanea, si è svolto l'incontro-dibattito su un tema politico di grande attualità, organizzato dal Circolo Ferrarese di Libertà e Giustizia. A moderare l'incontro è stato il professor Francesco Cocozza, docente di Diritto pubblico dell'economia all'Università di Ferrara. Assente il presidente del Comitato promotore del referendum Giovanni Guzzetta, è stato sostituito dall'avvocato Francesco Paola, rappresentante del Comitato. Altro relatore, oltre a Paola, Gianfranco Pasquino, docente di Scienza politica all'Università di Bologna. Dopo Cocozza, che ha parlato di «giornata importante, piena di argomenti davvero significativi», è toccato all'avvocato Paola prendere la parola. «Le motivazioni per cui abbiamo proposto il referendum? Anzitutto per invertire la tendenza attuale ed incentivare aggregazioni politiche che portino alla formazione di una nuova classe dirigente - le sue parole - il Paese soffre di una decadenza estesa, ben visibile e diffusa, ma anche di troppa e crescente frammentazione. Questo referendum credo che invertirà la tendenza, innescherà elementi di coesione sociale, farà in modo che venga affrontato in modo serio il tema dei costi della politica, eviterà ricatti ed interdizioni dei gruppi politici familiari, disincentiverà la corruzione politica». «Gli anni della decadenza di questa democrazia sono cominciati da quando i cittadini hanno cominciato a disertare le urne referendarie - ha continuato l'avvocato - c'è dunque una tendenza che si coglie: negli ultimi anni si registra una progressiva disaffezione dal referendum. Questi sono stati anni di crisi della democrazia costituzionale, non solamente in Italia, dove sta assumendo proporzioni accentuate e pericolose». E' toccato a Gianfranco Pasquino intervenire, sottolineando come lo scenario politico si sia recentemente modificato rispetto al momento della formulazione dei quesiti referendari e come i recenti accordi Bossi-Berlusconi pongano fortemente a rischio la possibilità di raggiungere il quorum. Pasquino evidenzia poi come anche questo referendum sia necessariamente "manipolativo" della legge elettorale, in quanto essa, in virtù di un deliberato della corte costituzionale, non è abrogabile in toto. «Bisogna salvare l'istituto referendario - le parole di Pasquino - in quanto rappresenta un importante strumento di potere politico dato ai cittadini; da qui l'invito ai cittadini di andare a votare». Nel merito specifico del voto sui singoli quesiti referendari il professore si è soffermato in dettaglio sul premio di maggioranza, argomentando come, sia quanto disposto dall'attuale legge, sia la sua abrogazione attraverso il referendum, siano insoddisfacenti, per cui indica l'opportunità per i primi due quesiti di votare scheda bianca. In merito al terzo quesito relativo all'assurdità delle candidature multiple che portano candidati estranei al territorio ed ai cittadini residenti, esprime l'opportunità di votare "sì", per consentire e facilitare la candidatura di persone conosciute nel territorio e, possibilmente, residenti nei luoghi in cui si candidano. Lorenzo Montanari

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Rebus referendum, lotta per gli spazi in tv (sezione: Giustizia)

( da "Arena.it, L'" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

ROMA Dopo aver garantito a Bossi che il Pdl non farà campagna elettorale a favore del referendum del 21 giugno, Berlusconi spiega comunque che lui, come Fini, andrà a votare e voterà «sì». Una presa di posizione che rassicura gli ex di An e non fa scomporre più di troppo la Lega. E ieri la Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso del Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mario Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai per chiedere il parziale annullamento della delibera che regolamenta gli spazi informativi del servizio pubblico radiotelevisivo in vista del voto del 21 giugno. Sul fronte politico continuano invece le schermaglie. «Berlusconi», dice Bossi, «mica è scemo ad accettare il referendum, altrimenti si spacca tutto. Lui stesso non seguirà il referendum dove il primo partito diventa il partito unico. Poi gli direbbero subito che è un fascista, non conviene nemmeno a lui». La riforma del sistema elettorale, dunque, secondo la maggioranza, andrà quindi riproposta attraverso la via delle riforme istituzionali. E Bossi conferma che dopo i ballottaggi partirà su questo un confronto in in maggioranza. Intanto si profilano però nel centrodestra nuovi scontri tra Fini e, Bossi come quello sulle gabbie salariali, la differenziazione dei salari secondo le aree territoriali in base al costo della vita. Il presidente della Camera è assolutamente contrario, Bossi ha confermato ieri che l'ipotesi piace alla Lega. Il Pd continua con la linea del basso profilo sul referendum, nonostante l'ala parisiana chieda alla segreteria un sostegno più deciso per il sì. La sinistra invece è in allarme: «Mantenere il sì», dice Fava, Sl, «non significa voler cambiare l'attuale legge elettorale, ma fare un favore a Berlusconi. È un atto di miopia politica». In tutto questo, i referendari vanno all'attacco. «I nostri quesiti», dice il presidente del Comitato, Guzzetta, «sono nella morsa dei ricatti. Per questo bisogna andare a votare. Il referendum mira a migliorare la democrazia», Guzzetta e i suoi hanno da subito denunciato le condizioni di disparità informativa sulla consultazione dettate, a loro avviso, dal regolamento della Vigilanza Rai sulla campagna elettorale. Ma il loro ricorso è finito male.

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ROMA. SOLO VENTIQUATTR'ORE PRIMA AVEVA INVITATO IL CSM A NON LASCIARSI CONDIZIONARE DA LOGICHE ... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Roma. Solo ventiquattr'ore prima aveva invitato il Csm a non lasciarsi condizionare da logiche di appartenenza correntizia e a evitare di «assumere ruoli impropri dilatando i propri spazi di intervento». E ieri è arrivata dal Quirinale una nuova bacchettata: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ammonito l'organo di autogoverno della magistratura a formulare in modo più tempestivo i suoi pareri sui provvedimenti di legge. La lettera è stata inviata dal Colle il 5 giugno, e ieri è stato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino a darne lettura all'apertura del plenum. Il capo dello Stato, che del Csm è presidente, dà il via libera all'ordine del giorno che prevede si discuta del pacchetto sicurezza, ma aggiunge un forte richiamo ai consiglieri. Il Quirinale segnala l'opportunità di «una più tempestiva formulazione dei pareri sui disegni di legge del Parlamento», in quanto l'esame del testo in questione viene quasi a sovrapporsi al momento della sua discussione in Senato. Il parere, con le critiche all'introduzione del reato di clandestinità, verrà approvato in serata con la sola astensione dei laici del Pdl. Nel gennaio scorso il Quirinale era già intervenuto su questa materia, negando il consenso alla discussione in plenum sul decreto legge in materia di rifiuti. Il parere redatto dalla sesta commissione non fu mai esaminato dall'assemblea plenaria, in quanto il provvedimento - questo il rilievo del Colle - era già stato approvato dalle Camere. I consiglieri avevano espresso dubbi sulla costituzionalità del decreto, in quanto l'abbandono dei rifiuti in strada era punito come reato solo nelle regioni in cui era stato proclamato lo stato d'emergenza (la Campania). m.p.m.

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CORRADO CASTIGLIONE NO AL SOSTEGNO DIRETTO AL REFERENDUM ELETTORALE, MA COMUNQUE VOTERò... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

CORRADO CASTIGLIONE No al sostegno diretto al referendum elettorale, «ma comunque voterò sì»: è quanto Silvio Berlusconi ribadisce nel corso di un colloquio con «Il Giornale» durante una passeggiata la notte scorsa a piazza Navona, chiarendo così la propria posizione già espressa l'altro ieri nel comunicato ufficiale sull'incontro con Umberto Bossi. Parole che definiscono meglio i contorni del compromesso suggellato nella cena ad Arcore, in cambio del sostegno della Lega ai candidati del Pdl impegnati nei ballottaggi del 21 giugno. Parole che aiutano a capire meglio quanto l'alleanza Pdl-Carroccio in questo momento sia forte, ma che probabilmente finiscono per attenuare, almeno nella forma, la polemica con il presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale sostiene attivamente le ragioni del sì. Un modo per affermare che all'interno del Pdl possono convivere - senza rischi di frattura - entrambe le posizioni. Ma andiamo per ordine. Dalla sua, il leader della Lega Umberto Bossi dice chiaro e tondo: con Berlusconi «ci si trova bene insieme. Lui mica è scemo a seguire il referendum dove il primo partito diventa il partito unico, altrimenti si spacca tutto. Poi gli direbbero subito che è fascista, non conviene nemmeno a lui. Il partito unico è l'unica via per far fuori Berlusconi. Ma io e lui andiamo d'accordo e anche sulla questione del Veneto e delle altre regioni del Nord troveremo un accordo». Intanto sulla polemica Fini-Berlusconi interviene il ministro Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl: «Non capisco perché ci sia questa mania a vedere Fini alternativo al Pdl, ma pare che la sua dichiarazione sia stata chiarissima, dov'è il contrasto? Berlusconi in serata ha detto la stessa cosa». Poi aggiunge: «Anch'io, a tutte le persone che me lo chiederanno dirò di andare a votare. Certo, quando abbiamo raccolto le firme la situazione politica era diversa da quella attuale; ora il quadro politico è stato semplificato. Nel Pdl ci sono sempre state posizioni diverse, ad esempio, Cicchitto è sempre stato contrario. Parlando di An, i favorevoli al referendum sono il 90%». Mentre il coordinatore del Pdl di provenienza Forza Italia, Denis Verdini, spiega: dopo il risultato delle europee le ragioni del referendum elettorale si sono «indebolite», ecco il motivo per cui il partito ha deciso di «non sostenere» la consultazione. «Senza una campagna elettorale insistente» da parte del Pdl, ciascun esponente del partito è «libero», secondo le proprie convinzioni, di optare per il sì come per il no. Ma, assicura Verdini, «non c'è rischio di spaccatura». Ancora. Italo Bocchino, vice-capogruppo alla Camera, spiega: «Andrò a votare al referendum e voterò sì. Del resto fin dall'inizio nel Pdl ci sono stati i favorevoli e i contrari alla consultazione referendaria per modificare la legge elettorale. Un referendum, che, è bene ricordarlo, mira a rafforzare la scelta del bipolarismo e che non crea alcun problema all'interno del Pdl». Sempre a proposito di referendum: da registrare infine la decisione della Corte Costituzionale, che ha rigettato il ricorso presentato dal Comitato promotore dei referendum elettorali presieduto da Giovanni Guzzetta e Mariotto Segni contro la Commissione Parlamentare di vigilanza della Rai. In sostanza il comitato lamentava di essere stato oscurato e chiedeva che nelle trasmissioni Rai di approfondimento potesse avere gli stessi spazi riservati ai partiti favorevoli al sì.

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PROCESSO ECOBALLE, DOPO IL VERTICE CSM LEPORE AUTORIZZA L'ASSEMBLEA DEI PM (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 11-06-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Avellino)) (Mattino, Il (Benevento)) (Mattino, Il (Circondario Sud2)) (Mattino, Il (Circondario Nord)) (Mattino, Il (Circondario Sud1)) (Mattino, Il (City))

Argomenti: Giustizia

Processo ecoballe, dopo il vertice Csm Lepore autorizza l'assemblea dei pm

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Le Conseil supérieur de la magistrature attend sa réforme dans un climat tendu avec le pouvoir (sezione: Giustizia)

( da "Monde, Le" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Le Conseil supérieur de la magistrature attend sa réforme dans un climat tendu avec le pouvoir LE MONDE | 11.06.09 | 14h39 * Mis à jour le 11.06.09 | 14h39 Réagissez Classez Imprimez Envoyez Partagez Partagez : Le Conseil supérieur de la magistrature (CSM) connaît une période de turbulences au moment où le conseil des ministres a examiné, mercredi 10 juin, le projet de loi organique qui permet la mise en oeuvre de la réforme constitutionnelle de juillet 2008 concernant le CSM. L'autorité chargée de la discipline et des nominations de magistrats subit les contrecoups de l'audience disciplinaire du juge Fabrice Burgaud en février, et la révélation que l'un des membres du CSM avait participé à un délibéré sur l'affaire Outreau. Sur le même sujet Les faits Le Conseil supérieur de la magistrature attend sa réforme dans un climat tendu avec le pouvoir Edition abonnés Archive : Passe d'armes entre Rachida Dati et le conseiller de l'Elysée Enfin, la passe d'armes entre Rachida Dati, ministre de la justice, et le conseiller du président de la République, Patrick Ouart, jeudi 4 juin, ont attiré l'attention sur les rapports difficiles, parfois incestueux, entre cet organe chargé de l'indépendance de la justice et le pouvoir politique. Au CSM, l'ambiance est lourde. Les syndicats de magistrats ont parlé de "pressions politiques" après le changement de vote sur la mutation d'office du procureur général de Riom, Marc Robert, à la Cour de cassation, perçue dans la magistrature comme un signe supplémentaire de la mainmise du pouvoir sur les magistrats du parquet. "Ce qui est en jeu, c'est la crédibilité du CSM pour garantir son indépendance et celle de la magistrature", explique Emmanuelle Perreux, présidente du Syndicat de la magistrature (SM, gauche). Les rapports entre membres du CSM - constitué de personnalités nommées par le pouvoir politique, de magistrats élus sur des listes syndicales et de représentants de la hiérarchie judiciaire - et le pouvoir sont complexes. "Quand on arrive au CSM, le pouvoir exécutif fait tout pour vous séduire. Vous devenez quelqu'un d'important. Pendant six mois vous êtes sur un nuage. Au bout de six mois, vous vous rendez compte qui si on est gentil avec vous, c'est pour que vous soyez gentil avec le pouvoir", explique un magistrat, ancien membre, qui préfère rester anonyme. Ancien président de l'Union syndicale des magistrats (USM, majoritaire) et ancien membre du CSM, Dominique Barella se souvient de l'intervention d'"un membre nommé par le pouvoir politique, expliquant qu'il avait changé son vote, parce qu'il avait reçu des instructions de son mandant". Un membre de l'actuel CSM a été candidat sur une liste UMP aux élections municipales à Paris, un autre était au premier rang des invités de Rachida Dati lors d'une émission de télévision. Et, dans une période aussi tourmentée, le CSM a rendu peu d'avis. "CHAPE DE PLOMB" Le CSM chargé de veiller à l'indépendance de la justice était présidé par le chef de l'Etat. La réforme constitutionnelle de juillet 2008 coupe ce cordon ombilical sans lever les ambiguïtés. Le CSM aura désormais à sa tête le président de la Cour de cassation. Si le ministre de la justice n'en est plus vice-président, il peut participer aux réunions du CSM. Surtout, le nombre de personnes nommées par le président de la République et les présidents des deux chambres parlementaires est doublé afin de permettre que les personnalités extérieures à la magistrature soient supérieures au nombre de magistrats. "Il y a toujours eu un aspect politique au CSM, c'est intrinsèque aux lieux de pouvoirs. Avec la mise en oeuvre de la réforme constitutionnelle, cela se retrouvera à la puissance 10, dans le sens d'une reprise en main politique du CSM", s'inquiète Christophe Régnard, président de l'USM. L'autre affaire qui empoisonne le CSM est la gestion de l'affaire Burgaud ou plutôt de l'affaire Burgaud-Chavigné, du nom de ce membre du CSM qui avait "oublié" avoir participé à un délibéré sur l'affaire Outreau. L'épisode a donné lieu à un bras de fer entre le président de la Cour de cassation, Vincent Lamanda, des membres du CSM et le ministère de la justice, qui a soutenu Xavier Chavigné, proche du secrétaire général de la chancellerie, Gilbert Azibert. M. Lamanda, futur président du CSM, a été désavoué par ses membres. Le Syndicat de la magistrature a soutenu M. Lamanda. Emmanuelle Perreux dénonce la "chape de plomb" qui règne au CSM. "L'incident est clos", tranche Dominique Chagnollaud, président de la formation plénière du CSM. Alain Salles Article paru dans l'édition du 12.06.09. Abonnez-vous au Monde à 16€/mois

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Intercettazioni: Sì Al Ddl. Banchi in aula pieni, ora piazze piene per contrastarlo (sezione: Giustizia)

( da "Articolo21.com" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Intercettazioni: Sì Al Ddl. Banchi in aula pieni, ora piazze piene per contrastarlo di Redazione Banchi del governo strapieni come non si vedeva neanche per i grandi provvedimenti economico sociali hanno votato il Ddl intercettazioni. Con 318 sì e 224 contrari è stato approvato un vergognoso progetto, blindato da Berlusconi con un voto di fiducia che ha ferito l’autonomia del Parlamento e ogni possibilità di confronto democratico, uccide la libertà di stampa e i diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione. L'appello di Repubblica "Le associazioni Articolo 21 e Libera Informazione - scrivono Giuseppe Giulietti e Roberto Morrione - respingono questo gravissimo atto di sopraffazione, che minaccia di porre definitivamente il bavaglio ai giornalisti, colpendo insieme la Giustizia penale e minacciando gli editori. Riaffermano la volontà di continuare comunque ad assicurare a ogni costo l’informazione su vicende ed eventi che coinvolgono il diritto dell’opinione pubblica a non essere privata di notizie d’interesse essenziale per affrontare i problemi del Paese. D’intesa con le organizzazioni della stampa e degli editori, Articolo 21 e Libera chiedono che al Senato possa svolgersi un serio confronto fra tutte le forze politiche per portare alla legge le necessarie correzioni e fin d’ora si preparano a costituire un comitato in difesa della libertà di stampa, con la partecipazione di associazioni della società civile, giornalisti, editori, avvocati e giuristi. Il comitato assumerà le conseguenti iniziative in ogni sede italiana ed europea, a partire dalla Corte Costituzionale e garantirà forme di assistenza agli atti di disobbedienza civile che dovessero rendersi necessari da parte di cronisti, redazioni e comunicatori in rete.

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La scure si abbatte anche sulla rete (sezione: Giustizia)

( da "Articolo21.com" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

La scure si abbatte anche sulla rete di Vincenzo Vita e Giuseppe Giulietti Considerazioni relative all’art. 18 relativa alla estensione a tutti i siti informatici delle procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti. Non bastava il controllo assoluto dell’informazione radiotelevisiva ma era necessario colpire anche la rete. Le recenti elezioni hanno dimostrato come Internet sia oramai rimasto il solo strumento utile per accedere ad una libera informazione, priva di controllo o censura, anche sui temi della politica. Evidentemente il Governo ha ritenuto di dover intervenire per reprimere anche l’ultimo spazio di democrazia attraverso un provvedimento che, pur non riguardando affatto la Rete, imbriglia e censura la libertà di opinione e di accesso alle informazioni, tutelata dalla Costituzione. Altro che conflitto di interessi. Sotto il profilo giuridico, se ci riferiamo all’attività di informazione svolta dai mezzi di informazione tradizionali, la disciplina dell’accountability delle informazioni in vigore è già molto rigida ed ampiamente disciplinata poiché i giornalisti sono soggetti alla legge sull’ordinamento della professione di giornalista (legge n. 69/1963) e alla Carta dei doveri del giornalista e alla vigilanza da parte dell’Ordine. La tutela dell’informazione in ambito comunitario arriva al punto che la stessa Corte europea ha dato risalto all’interesse generale alla divulgazione dei documenti nonostante la loro provenienza illecita. Per quanto riguarda invece i siti di informazione “non tradizionali” costituiti perlopiù da semplici utenti (blogger amatoriali) va evidenziato che: 1. La norma proposta è in violazione di uno dei principi fondamentali espressi dalla nostra carta costituzionale (art. 21 Cost.) che autorizza la libera manifestazione di pensiero in tutte le sue forme salvo che non si tratti di attività contrarie al buon costume. 2. In caso di informazione veicolata attraverso siti informatici “non tradizionali”, la norma in vigore (art. 16, D.Lgs. 70/2003) dichiara che il prestatore del servizio (hoster) non è responsabile dei contenuti memorizzati salvo che non sia a conoscenza dell’illiceità dell’informazione. Con “informazione illecita” si intende una informazione contraria alla legge: le informazioni non veritiere o lesive della persona non sono sempre illecite. 3. L’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sancisce, infatti, che il diritto alla libertà di espressione, tra cui si menziona la libertà di ricevere informazioni (dalle fonti della notizia), è tutelato senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche. Ulteriore criticità è la concreta applicazione della norma proposta relativamente a: 1. La definizione e identificazione di siti di informazione, poiché la norma stessa risulterebbe di difficile applicazione nel caso di piattaforme che tipicamente ospitano contenuti realizzati da utenti terzi, perlopiù non identificabili direttamente ma tramite un indirizzo e-mail, come Youtube, Facebook, ecc. 2. La vigilanza per il rispetto del dettato normativo, soggetta ad eccessiva discrezionalità, o che rischierebbe di creare facili discriminazioni tra alcuni siti, probabilmente i più diffusi o gestiti da utenti “scomodi” rispetto all’intero universo dei blogger presenti in rete. Tra l’altro giova portare a conforto di tale considerazione, il dibattito in corso a livello internazionale: 1) negli Stati Uniti, l’accountability dell’informazione fornita da siti di informazione “non tradizionali” o non di stampo giornalistico viene demandata alla capacità di discernimento della stessa utenza, con il risultato di perdita di utenti/credibilità di fronte ad una costante veicolazione di informazioni ritenute non veritiere; 2) in Francia, la Corte Costituzionale ha censurato proprio ieri la discussa legge su Internet, ribadendo la validità dei diritti fondamentali della libertà di espressione e comunicazione (che può essere limitata solo dall’Autorità giudiziaria) e confermando – al contrario di quanto sostenuto dal Ministro della Cultura francese - che Internet è un diritto fondamentale. "In queste ore - affermano Vincenzo Vita e Giuseppe Giulietti - tutti questi temi sono rimasti in ombra e le informazioni sostanziali non sono neppure arrivate ai diretti interessati. Le norme relative alla rete costituiscono un altro aspetto della aggressione in atto nei confronti del pluralismo editoriale già, profondamente sfigurato dai conflitti di interesse e dalle concentrazioni della proprieta` e delle reti in pochissime mani. Per queste ragioni l’associazione Articolo21 ha deciso di costituire, insieme con Libera Informazione , un comitato composto da avvocati, da giuristi e da costituzionalisti con il compito non solo di disattivare le norme ma anche di creare le immediate condizioni affinche` la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea possano esprimere l’inevitabile giudizio di bocciatura.

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I sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 11-06-2009)

Argomenti: Giustizia

I sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico Articolo di Monica Alessia Senor 11.06.2009 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi I sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico di cui all’art.6 del decreto legge 23 febbraio 2009, n.11, convertito nella legge 38/09. di Monica Alessia Senor Il decreto legge 11/09, in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale ed atti persecutori, convertito con modificazioni nella legge 23 aprile 2009, n.38 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 aprile 2009), ha introdotto all’art.6, 7° e 8° comma, la facoltà in capo ai Comuni di utilizzare, per finalità di tutela della sicurezza urbana, sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico; i dati, le informazioni e le immagini raccolte mediante l’uso di detti sistemi sono conservati per sette giorni, “fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”. La norma non ha suscitato lo strepitus che, invece, ha caratterizzato altre disposizioni, poi stralciate, quali ad esempio le ronde cittadine, ma il silenzio è immeritato in quanto la previsione legislativa, a prescindere da facili critiche concernenti l’ormai noto abuso della questione sicurezza per l’emanazione di disposizioni liberticide[1], dà adito a numerosi dubbi interpretativi e di legittimità. Il nucleo essenziale della questione involge un profilo sempre più attuale della tutela della riservatezza, quello della c.d. privacy in luogo pubblico[2]. Se, infatti, originariamente il concetto di privacy era legato al right to be alone[3], l’evoluzione tecnologica, e più in particolare informatica[4], ha comportato una graduale traslazione del diritto dalla sfera privata/fisica (il soggetto che si protegge da interferenze esterne nel suo domicilio) alla sfera pubblico/virtuale (il soggetto come rappresentazione di sé nel mondo reale e non)[5]. Dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001, il diritto alla tutela dei dati personali ha subito forti compressioni giustificate in nome della salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica contro il pericolo del terrorismo internazionale[6]. Più di recente, il pericolo sul cui altare si è ritenuto legittimo sacrificare il diritto alla riservatezza si è progressivamente spostato su più circoscritte ragioni di sicurezza pubblica interna e prevenzione del crimine[7]. Da ultimo, col provvedimento che si commenta, sul piatto della bilancia vengono poste ragioni di sicurezza urbana (concetto giuridicamente indefinito), con ovvia prevalenza di queste ultime rispetto alla protezione dei dati personali dei cittadini. È bene precisare. Il bilanciamento tra contrapposti diritti, in termini astratti, è criterio non solo legittimo ma indiscutibilmente appannaggio del legislatore. Anche a livello sovranazionale, va ricordato che l’art.8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, il quale sancisce il principio secondo cui ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata, al secondo comma prevede che non possa esservi ingerenza dell’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto salvo che si tratti di misure “necessarie” per la sicurezza nazionale, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati. La questione è qui, però, parzialmente diversa in quanto da un lato la sorveglianza che si vuole attuare non attiene a finalità di ordine o sicurezza pubblica e nemmeno di prevenzione e repressione dei reati (non è infatti dato comprendere cosa di debba intendere con la locuzione “sicurezza urbana”), dall’altro coinvolge indiscriminatamente tutti i cittadini (con una altissima e generalizzata portata lesiva del diritto alla riservatezza di tutti). Non a caso, la XIV Commissione permanente sulle Politiche dell’Unione europea della Camera, sentita in sede consultiva durante l’iter di conversione del D.L. 11/09[8], ha sottolineato l’opportunità di assicurare che l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza utilizzati dai Comuni avvenisse secondo modalità che garantissero il rispetto dei requisiti fissati dall’art.8 della CEDU, con specifico riferimento alla tutela della privacy, del diritto alla vita privata e della libertà di movimento[9]. Nonostante il tenore del parere, nulla veniva modificato nel testo definitivo rispetto alla stesura originaria della disposizione normativa[10]. Ma vi è di più. Nel nostro ordinamento la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica è istituzionalmente demandata alle Forze di polizia, mentre ai Comuni, ai sensi dell’art.118 Cost., sono attribuite solo funzioni amministrative. Parimenti, la legge-quadro 7 marzo 1986, n.65 non riconosce funzioni di pubblica sicurezza in capo alla polizia municipale, la quale può solo collaborare (funzione ausiliaria) con le Forze di polizia dello Stato, su disposizione del sindaco ed esclusivamente per specifiche operazioni quando ne viene fatta motivata richiesta dalle competenti autorità[11]. In effetti, i limiti dei poteri riconosciuti dall’ordinamento ai Comuni ed alla polizia municipale, sono stati, in passato, il discrimine nei provvedimenti emessi dal Garante per la protezione dei dati personali in materia di impianti di videosorveglianza[12]. Di fronte alle richieste dei Comuni, il Garante ha sempre manifestato dubbi circa la compatibilità tra l’installazione di telecamere da parte dei Comuni e le funzioni istituzionali demandate all’ente (ricordiamo che, ai sensi dell’art.18 del Codice Privacy, il trattamento di dati da parte di un soggetto pubblico è consentito solo per il conseguimento delle finalità istituzionali dell’ente stesso) e come, in assenza di una specifica disposizione di legge al riguardo, la comunicazione tra soggetti pubblici dei dati (compresi i risultati delle operazioni di videosorveglianza) non sia assolutamente ammissibile[13]. Conformemente a tale interpretazione, il Garante ha, per converso, dato parere favorevole ad un protocollo d’intesa per l’installazione sperimentale di sistemi di videosorveglianza sui mezzi di trasporto pubblico urbano stipulato tra il Comune, la Prefettura e le autorità di Pubblica sicurezza del Comune di Torino[14]; è evidente come, in tal caso, le funzioni di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica rimanessero nell’alveo della loro legittima previsione, vista la collaborazione instaurata dal Comune con le autorità di pubblica sicurezza. Orbene, la nuova previsione legislativa di cui all’art.6, D.L. 11/09 può considerarsi idonea e sufficiente a far ritenere che i Comuni, a fianco delle ordinarie attribuzioni di carattere amministrativo, siano oggi investiti anche di un ruolo di polizia? Ed ancora: cosa deve intendersi, giuridicamente, per “sicurezza urbana”? Dobbiamo forse considerarlo una sorta di sottoinsieme del più ampio concetto di sicurezza pubblica? Il laconico disposto dell’art.6 nessuna risposta fornisce alle predette domande. Ed ancora. Leggendo i lavori parlamentari emerge che secondo la volontà del legislatore l’attribuzione di siffatto potere in capo ai Comuni non solleva nessun problema di contemperamento con il diritto alla riservatezza dei cittadini in quanto la disciplina comunitaria in materia esclude dall’ambito di applicazione della normativa sui dati personali il trattamento di dati per fini connessi con la sicurezza pubblica, la difesa, la sicurezza dello Stato in materia di diritto penale[15]. Così non è. Per due ordini di argomentazioni. Innanzitutto, se è vero che il considerando 16 della direttiva 95/46/CE esclude l’applicazione della direttiva stessa ai trattamenti di suoni e immagini per le finalità di cui sopra, come già detto, il concetto di sicurezza urbana non può essere parificato, tout court, alla sicurezza pubblica. Inoltre, l’art.53 del Codice Privacy prevede che il trattamento di dati personali effettuato (dal C.E.D. del Dipartimento di pubblica sicurezza, da forze di polizia ovvero da organi di pubblica sicurezza) per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati è comunque sottoposto alla disciplina prevista dal codice stesso, salvo alcune disposizioni tra cui quelle che prevedono l’informativa, il riscontro agli interessati e la notificazione al Garante. I principi cardine del codice sono dunque fatti salvi e vanno rispettati. Del resto la tutela dei dati personali è ormai pacificamente considerata un diritto soggettivo di rango costituzionale, facente capo ai diritti inviolabili della personalità di cui all’art.2 Cost., per cui non è in alcun modo accettabile che esso venga tanto banalmente negato in favore né dell’ordine pubblico, né tanto meno di questo nuovo ed indefinito concetto di sicurezza urbana. Peraltro, a parere di chi scrive, la videosorveglianza di luoghi pubblici o aperti al pubblico non rientra neppure nella previsione di cui all’art.53, in quanto i dati oggetto di trattamento sono solo occasionalmente relativi alle previste finalità di sicurezza pubblica e prevenzione, accertamento o repressione dei reati, trattandosi piuttosto, nella quasi totalità casi, di immagini relativi a privati cittadini liberamente circolanti nel territorio urbano. Dovranno quindi trovare applicazione tutte le disposizioni previste dal codice per il trattamento di dati da parte di un soggetto pubblico, tra cui l’informativa all’interessato, il diritto di accesso (e correlati), le misure di sicurezza e i principi di pertinenza, proporzionalità e correttezza di cui all’art.11, D. L.vo 196/03. A tal proposito, giova ricordare che il Gruppo di lavoro, Articolo 29, nel parere 4/2004 sul trattamento dei dati personali mediante videosorveglianza[16], ha sottolineato come la pubblicità dei luoghi possa forse giustificare un minore livello di riserbo, ma non la totale privazione dei diritti e delle libertà dei soggetti pubblicamente ripresi. Ecco che torna, dunque, il concetto di privacy in luogo pubblico. Ma quali sono i confini tra privacy e privacy in luogo pubblico? La risposta è: gli stessi confini che demarcano il domicilio privato dal luogo pubblico o aperto al pubblico. Se non che, a volte, detti confini non sono né certi, né fissi, specie in relazione a particolari luoghi (balconi, cortili, zone comuni, toilette di locali pubblico, privè) in cui ciò che è pubblico e ciò che è privato non sono perfettamente delineati. La problematica è stata affrontata della Corte di Cassazione in alcune recenti pronunce, proprio con riferimento a casi in cui si verteva sulla legittimità (ed utilizzabilità processuale) delle risultanze di videoriprese. I parametri, va detto, sono mutati nel tempo. Infatti, mentre la giurisprudenza più risalente per dirimere i casi dubbi (come detto, ad esempio, cortili e balconi) faceva riferimento ad una valutazione astratta sulla natura del luogo mutuando l’istituto della pertinenza dell’immobile di cui all’art.614 c.p.[17], al contrario, di recente, si è andata affermando una concezione “soggettiva” di privata dimora, nel senso che non si bada alle caratteristiche strutturali del luogo quanto piuttosto alla concreta funzione dello stesso in relazione alla vita sociale dell’interessato che si estrinseca con lo ius excludendi alios e con la difesa della privacy. Sintomatica espressione di quest’ultimo orientamento giurisprudenziale, sicuramente legato ad una maggiore sensibilità giuridica nei confronti della tutela della riservatezza, è la pronuncia a sezioni unite della Suprema Corte del 2006[18]. In tale arresto la Corte ha infatti affermato il principio secondo cui la tutela costituzionale del domicilio è fondata sul rapporto esistente tra un soggetto ed il luogo in cui questi svolge la sua vita privata, ma la massima tutela (inviolabilità del domicilio) può essere garantita solo quando il predetto rapporto sia tale da escludere interferenze esterne nel luogo stesso anche in assenza del soggetto interessato. Pertanto, se le caratteristiche e la funzione del luogo non consentono un’estensione del concetto di domicilio, non vi sarà, per quel luogo, la massima copertura costituzionale (di cui all’art. 14 Cost., con la riserva rafforzata di legge ivi prevista), ma solo la minor tutela della riservatezza, la quale trova riconoscimento nell’art.2 della Carta fondamentale. Sulla scia delle Sezioni Unite, in altre recenti sentenze la Suprema Corte ha considerato legittime e, di conseguenza, utilizzabili in giudizio le videoregistrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria con una telecamera (posizionata all’esterno) che inquadrava e riprendeva l’ingresso, i balconi ed cortile del domicilio dell’indagato, luoghi che sono stati definiti “esposti al pubblico”[19] perché caratterizzati da una libera percettibilità esterna; la tutela di cui all’art.14 Cost. verrebbe dunque meno sol perché l’area interessata dalle riprese ricade nella sfera visiva di un numero indifferenziato di persone[20]. Per contro, in altre pronunce, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sussistente il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art.615 bis c.p. (e dunque le videoriprese sono state considerate illegittime) in un caso in cui la videoregistrazione era stata effettuata mediante una microcamera collocata sull’androne di accesso ad un garage condominiale[21], nonché nel più noto caso delle fotografie scattate al Presidente del Consiglio mentre passeggiava nel parco di Villa Certosa[22]. A dire il vero, la Corte di Cassazione pare aver adottato due diversi parametri di giudizio a seconda delle questioni esaminate: allorquando si tratta di riconoscere la tutela penale di cui agli artt. 614 e 615 bis c.p. (in un rapporto tra privati), la tendenza è quella di ampliare il più possibile il concetto di domicilio, mentre laddove oggetto di analisi è la legittimità dell’attività di indagine della polizia giudiziaria, il domicilio viene fortemente circoscritto al fine di considerare il più possibile utilizzabili come elementi di prova le riprese effettuate in luoghi dubbi[23]. In tal senso, la giurisprudenza di legittimità altro non è che lo specchio in cui si riflette la contraddittorietà che spesso connota le problematiche attinenti alla privacy[24], anche a livello del comune sentire: le ingerenze nella vita privata sono accettate solo fin tanto che riguardano terzi e non l’interessato in prima persona[25]. Si pensi, ad esempio, al ginepraio sollevato da Google Street View, l’applicativo di Google che consente all’utente di vedere, attraverso le registrazioni memorizzate con una telecamera mobile, le immagini delle vie di una città. Il problema è che, oltre alle strade è possibile distinguere anche gli immobili che su di esse si affacciano (e la telecamera consente di spostare l’inquadratura lateralmente sino ad alcuni metri in altezza), le auto parcheggiate e le persone che vi camminano[26]. In Europa Google ha adottato alcuni accorgimenti per garantire il rispetto della privacy, tra cui l’oscuramento dei volti delle persone riprese e delle targhe delle auto parcheggiate sulla pubblica via, ma se l’identificazione è stata scongiurata non altrettanto può dirsi circa l’identificabilità, almeno potenziale, dei soggetti accidentalmente filmati[27]. Si pensi altresì alla mutata sensibilità con cui i cittadini del il Regno Unito, ormai unanimemente (e, aggiungerei, tristemente) definito la “società della sorveglianza”, affrontano la capillare schedatura a cui sono stati sottoposti negli ultimi anni. Il Regno Unito è stato il primo paese, agli inizi degli anni ’80, a far ricorso a sistemi di videosorveglianza (prima per contrastare fenomeni di vandalismo nei centri storici, poi per fronteggiare il terrorismo dell’I.R.A) ed ancor oggi il proliferare di telecamere a circuito chiuso (CCTV) è ritenuto utile strumento per la salvaguardia della sicurezza pubblica e privata[28]. Tuttavia, sempre più numerose sono le prese di posizione di associazioni per la tutela dei diritti civili o di singoli cittadini che si lamentano delle pratiche di schedatura di massa e rivendicano la preminenza del diritto alla protezione dei dati personali rispetto alla tutela della sicurezza. Tra le prime, giova ricordare il rapporto “Database State”[29] in cui si dà atto che la maggior parte dei database governativi britannici (di cui, peraltro, non si conosce il numero esatto) è illegale o connotato da gravi irregolarità tanto da ledere non solo il diritto alla protezione dei dati personali ma anche i diritti umani (specie dei minorenni). Tra le seconde, impossibile non menzionare la meravigliosa sentenza emessa dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo nella causa S. and Marper v. The United Kingdom[30], ove si afferma con rigore e fermezza che qualsiasi raccolta di dati personali deve essere subordinata ad un attento bilanciamento tra l’interesse pubblico alla raccolta ed il principio fondamentale di rispetto della vita privata di cui all’art. 8 della C.E.D.U.[31] Purtroppo da noi, come detto, spesso la giurisprudenza sembra ancorata a vecchi concetti rivelandosi incapace di adeguare i principi di diritto alle nuove tecnologie[32]. Sintomatica, a tal proposito, una recente sentenza della Consulta in cui si afferma che la tutela della riservatezza protetta dall’art.14 Cost. non può essere “accampato” (sic!) quando le videoregistrazioni riguardano comportamenti tenuti in luoghi di privata dimora ma liberamente osservabili da estranei (nella fattispecie si trattava di un balcone prospiciente sulla pubblica via) in quanto parificabili alle normali operazioni di controllo e pedinamento eseguite dalla polizia giudiziaria[33]. L’assunto, apparentemente condivisibile, è decontestualizzato rispetto alla realtà in quanto la sorveglianza moderna non solo è molto più ampia e pervicace rispetto ai tradizionali metodi di indagine proprio in virtù degli strumenti tecnologici con cui viene effettuata, ma detti strumenti consentono di raccogliere e trattare una quantità di informazioni (una videocamera lavora, a differenza dell’agente di polizia, h24) e di tale qualità (si pensi alla definizione delle immagini ed alla possibilità di ingrandimento del particolare) da mettere in mano a chi sorveglia una enorme mole di dati da cui si possono estrapolare (anche attraverso c.d. operazioni di matching) dati personali ai limiti del divieto di profiling automatizzato (art. 14, Codice privacy), ovvero conoscerne altri che, paradossalmente, possono risultare ignoti allo stesso controllato (ad es. dati genetici); senza contare l’elevatissimo rischio di perdita (dolosa o colposa) dei dati stessi. La problematica non è di poco conto anche perché da un lato non risulta affatto provato che la sorveglianza massiva comporti una proporzionale, o comunque consistente, diminuzione della criminalità, dall’altro alcuni studi hanno evidenziato come la videosorveglianza permanente di luoghi pubblici possa causare effetti psicologicamente devianti tali da indurre le persone a modificare comportamenti o abitudini di vita[34]. La pericolosa interferenza della videosorveglianza sul comportamento delle persone è stata puntualmente messa in luce dal Gruppo di lavoro Articolo 29, il quale, per primo, ha inquadrato tale interazione come una potenziale lesione del diritto alla libera circolazione, riconosciuto e garantito dall’art.2 del Quarto Protocollo addizionale della Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Si legge a tal proposito nel parere 4/2004: “Le persone interessate hanno il diritto di esercitare la propria libertà di circolazione senza dover essere soggette ad eccessivi condizionamenti psicologici quanto ai loro movimenti e comportamento e senza dover essere sottoposte ad un controllo particolareggiato, come quello che rileva i loro movimenti e/o fa scattare l’”allarme” in base ad un software che interpreta “automaticamente” il presunto comportamento sospetto di una persona, senza intervento umano, a seguito dell’applicazione sproporzionata della videosorveglianza in vari locali pubblici e/o di accesso pubblico” [35]. Parole chiare che esprimono uno scenario futuro, assai prossimo, molto inquietante. Un diritto, la libertà di circolazione, che credevamo vecchio e perfettamente impregnato nella società moderna che rischia, invece, di essere oggi gravemente rimesso in discussione. L’art.16 della Costituzione prevede che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Gli esempi di scuola solo il cordone sanitario in caso di epidemia e le misure di prevenzione di cui alla legge 1423/56. Dobbiamo forse aggiungervi l’ipotesi di cui all’art.6, D.L. 11/09? Monica Alessia Senor [1] Basti pensare che la relazione del Governo di presentazione del decreto legge al Parlamento fa espresso richiamo ad un”allarmante crescita dei episodi di violenza sessuale che “come giornalmente evidenziato dalle cronache giornalistiche sta generando un diffuso e generale stato di allarme sociale”, laddove lo stesso giorno il Ministero dell’Interno ha diffuso dati Istat che dimostrano una sensibile diminuzione (-8,4%) dei reati sessuali nell’anno 2008. [2] Il concetto viene attentamente sviluppato da Pagallo, La tutela della privacy negli Stati Uniti d’America e in Europa, Giuffrè, 2008, pagg. 72 e ss. [3] Concetto introdotto da Warren e Brandeis nel lontano 1890. [4] Cfr. Mantelero, Digital privacy: tecnologie “conformate” e regole giuridiche, in AA.VV., Privacy digitale, Giappichelli, 2005, pagg. 19 e ss. [5] Sul punto, si veda anche la distinzione proposta dal prof. Rodotà tra privacy, intesa come garanzia di una sfera privata chiusa e diritto alla protezione dei dati personali, inteso come diritto fondamentale che tutela la proiezione nel mondo di sè e lo sviluppo della propria personalità; cfr., il concetto in Rodotà, Dialogue Forum on Internet Right, Roma, 27 settembre 2007, al link http://www.isoc.it/index.php?option=com_content&task=view&id=355&Itemid=21. [6] Il riferimento è al c.d. decreto Pisanu che ha congelato la cancellazione dei dati di traffico telefonico e telematico; sul punto cfr. Senor, Legge 18 marzo 2008, n. 48 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica: modifiche al codice di procedura penale ed al D.Lgs. 196/03, pubblicato al link http://www.altalex.com/index.php?idnot=41576. [7] Si pensi, sul punto, al disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento sull’istituzione della banca dati nazionale del DNA. [8]http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/200903/0325/html/14/&pagpro=130n1&all=on&commis=14 [9] L’art. 8 C.E.D.U., sebbene pacifica espressione di norma non imperativa né cogente (c.d. soft law) è spesso richiamata dalla giurisprudenza italiana; cfr., in tema di riprese visive effettuate all’interno di un locale pubblico, la sentenza della Corte Costituzionale 24.04.2002, n. 135, in Giur. Costit., 2002, 1062, con nota di Pace, Marini, Caprioli. [10] Parimenti nessun seguito hanno avuto le osservazioni formulate dal C.S.M., il quale lamentava l’assenza di un termine massimo di conservazione dei dati per “speciali esigenze” non meglio specificate in palese contrasto con i principi di riserva di legge e tassatività che regolano le misure restrittive della libertà personale: cfr. il parere al link http://www.astrid-online.it/Sicurezza-/Atti-parla/Misure-urg/CSM_13-PA-2009SicurezzaPubblica_02_04_09.pdf [11] Cfr. art.3, L.07.03.1986, n.65. [12] Cfr., in particolare, il parere 28 maggio 1998, relativo all’istallazione di telecamere in luogo pubblico effettuata dal Comune di Romano di Lombardia (BG), al link http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1002044 [13] L’assunto è stato formulato con riferimento al dettato di cui alla L.675/96, ma lo stesso vale oggi ai sensi del disposto di cui all’art.19, D. L.vo 196/03. [14] Cfr. parere 23 marzo 1999, al link http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=40899 [15] Cfr. relazione dell’on. Castiello http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/200903/0319/html/14/comunic.htm [16] Cfr. il testo italiano del parere al link http://www.privacy.it/grupripareri200404.html. [17] Cfr., Cass. pen., 14 febbraio 1978; id., 3 dicembre 1998. [18] Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 28 marzo 2006, n.26795, in Dir. Pen. e Processo, 2006, 11, 1347, con nota di Conti. Nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, la questione riguardava alcuni privé e la legittimità delle riprese video ivi effettuate dalla polizia giudiziaria. [19] Per luogo esposto al pubblico si deve intendere un luogo che pur non essendo accessibile a tutti, può tuttavia essere visto da un numero indeterminato di persone (cfr. la copiosa giurisprudenza in materia di atti osceni commessi all’interno dell’abitacolo di un’autovettura). [20] Cfr. Cass. pen., Sez. V, 14 maggio 2008, n.22602, pubblicata al link http://www.giuristitelematici.it/modules/bdnews/article.php?storyid=1474; nello stesso senso Cass. pen., Sez. II, 10 novembre 2006, n.5591, in Riv. Pen., 2007, 5, 505. [21] cfr. Cass. Pen., Sez. V, 15 ottobre 2004, n.16189, in Riv. Pen., 2007, 1, 117. [22] In detta pronuncia il parco di Villa Certosa è stato configurato come appartenenza della dimora e quindi, come tale, da ritenersi interdetto ad estranei (cfr. Cass. pen., Sez. V, 22 febbraio 2008, n.17408, al link http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=621). [23] Diversa e più garantista la giurisprudenza statunitense; cfr. il caso Katz v. United States citato da Pagallo, op. cit., pagg.72 e ss., in cui nel lontano 1967 già veniva riconosciuta la garanzia del Quarto Emendamendo anche a tutela di comportamenti tenuti in luogo pubblico (nella specie trattavasi di una cabina telefonica pubblica). [24] Si legga sul punto l’illuminante libro di Paissan, La privacy è morta. Viva la privacy, Ponte alle grazie, 2009, il quale a pag.245 afferma come la nostra sia al contempo la società della sorveglianza e della trasparenza. [25] Sul punto, cfr. anche newsletter sul progetto “Urbaneye” su http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=34841 [26] Cito la mia personale esperienza perché, nel suo piccolo, è sintomatica dell’invasività del mezzo: il servizio mi ha infatti permesso di individuare la mia abitazione, vedere che le persiane di casa erano abbassate (preciso che il mio appartamento è sito al quarto piano) ed individuare la mia auto parcheggiata in una traversa sotto casa (la targa, ovviamente, era oscurata, ma visto il modello particolare, nessun dubbio che sia riconoscibile anche da terzi). [27] Cfr. Paissan, op.cit., pag.47 ove si cita la viva reazione di una donna americana che è riuscita a vedere il suo gatto affacciato alla finestra. [28] Cfr. linquietante articolo di Maruccia, 32 CAM spiano la casa di George Orwell, pubblicato al link http://punto-informatico.it/servizi/ps.asp?i=1947234 , nonché quello più rassicurante di Bottà, Regno Unito, Tecnocontrollo annacquato, al link http://punto-informatico.it/servizi/ps.asp?i=2611434. [29] Cfr. il testo (in inglese) al link http://www.jrrt.org.uk/uploads/Database%20State.pdf. [30] Cfr. il testo integrale della pronuncia (in lingua inglese) al link http://www.coe.int/t/e/legal_affairs/legal_co-operation/data_protection/Documents/1S.%20AND%20MARPER%20v.%20THE%20UNITED%20KINGDOM%20EN.pdf . [31] Il ricorso era stato promosso da due cittadini britannici avverso il diniego opposto loro dalla Polizia alla cancellazione dei loro dati genetici (campioni biologici e profili) dal NDNAD (National DNA Database) nonostante in un caso vi fosse stata un’assoluzione e nell’altro il procedimento fosse stato dichiarato improcedibile (si trattava di molestie tra conviventi, stragiudizialmente superate con una riconciliazione). [32] Per un discorso analogo con riferimento alla tutela del diritto d’autore nell’era della tecnologia digitale, cfr. Blengino, La tutela penale del copyright digitale: un’onda confusa e asincrona, in AA.VV, Copyright digitale, Giappichelli, 2009, pagg. 91 e ss. [33] cfr. Corte Costituzionale, 16.05.2008, n..149, sentenza pubblicata sul sito ufficiale della Consulta al link: http://www.cortecostituzionale.it/giurisprudenza/pronunce/schedaDec.asp?Comando=RIC&bVar=true&TrmD=&TrmDF=&TrmDD=&TrmM=&iPagEl=1&iPag=1. [34] Cfr. lo studio tedesco del 2008 menzionato da Paissan, op. cit., pag.69. [35] Cfr. nota n.15. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

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Ma in Italia i giudici sono veramente soggetti alla legge? (sezione: Giustizia)

( da "Corriere delle Alpi" del 12-06-2009)

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Ma in Italia i giudici sono veramente soggetti alla legge? DANIELE TRABUCCO * "Le norme sulle intercettazioni sulle quali il Governo ha posto la questione di fiducia, impediranno alle forze di polizia ed alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". E' quanto si legge, in una nota, diffusa dall'Associazione nazionale magistrati riguardo il disegno di legge sulle intercettazioni. Questa, come altre affermazioni dello stesso tenore spesso provenienti dalla Magistratura, non mi sembra rispondano alla ratio di cui all'art. 101, 2º comma, Cost. che, sancendo il principio della cosiddetta indipendenza funzionale dei giudici, ne prevede la soggezione unicamente alla legge. Tale soggezione, come ha indicato opportunamente la Corte Costituzionale (sent. n. 40/1964 e sent. n. 234/1976 Corte Cost.), si esprime nell'esigenza che "il giudice riceva, se non dalla legge, l'indicazione delle regole da applicare nel giudizio e che nessuna altra autorità possa, quindi, dare al giudice ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto". Ora, risulta logico e coerente con una forma di Stato democratico come la nostra in cui vige il principio montesquiano della separazione dei poteri, che la garanzia dell'indipendenza non può essere a senso unico ma deve necessariamente coinvolgere, in una visione d'insieme, tanto gli organi giudicanti quanto quelli politici; deve assumere, in altri termini, una dimensione bidirezionale e non univoca come è accaduto, in Italia, fino a questo momento. Il rischio, infatti, è la degradazione a sottomissione della soggezione del giudice alla legge, o meglio si pongono le premesse affinchè la giurisprudenza, come denunciava il grande giurista Piero Calamandrei (1889-1956) in una recente relazione tenuta alla FUCI in data 21 gennaio 1940, ad oggi inedita e di impressionante attualità, sia svincolata dall'osservanza stretta della legge al solo scopo di sottoporla ad una devastante soggezione, la soggezione (rectius sottomissione) alle "minaccianti pressioni ideologiche e politiche dell'epoca, culminanti nella folle idea di un diritto ispirato caso per caso al giudice". Non è, forse, quanto è avvenuto con il caso Eluana Englaro (nonostante la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 334/2008, abbia dichiarato inammissibile il conflitto tra poteri dello Stato)? La vera soggezione alla legge, pertanto, non può tradursi né nella mera e "inanimata" applicazione della legge né nella sua applicazione ideologizzata poiché presuppone il riconoscimento, ed ancora una volta diviene significativo il pensiero di Calamandrei, di una funzione educatrice e civilizzatrice del diritto: "il diritto non è fatto per me o per te ma per tutti gli uomini che vengano a trovarsi domani nella situazione in cui mi trovo io". * Università di Padova

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Pcl, ricorso congelato dal Tar Le elezioni non si rifaranno (sezione: Giustizia)

( da "Stampa, La" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il «giallo» di Berlusconi POLITICA I COMUNISTI LAVORATORI DOVRANNO PRESENTARE UNA NUOVA ISTANZA La conferma solo ieri sera «Silvio non verrà a Savona» Pcl, ricorso congelato dal Tar Le elezioni non si rifaranno Anselmo: con noi e con il Pdl usati due pesi e due misure La conferma ufficiale è arrivata solo ieri alle 19 dopo che per tutto il giorno le voci su un comizio di Berlusconi a Savona, domani in piazza Sisto, avevano continuato a rincorrersi. Un comunicato del coordinatore regionale Pdl, Michele Scandroglio ha chiarito la vicenda: «Sopraggiunti irrinunciabili impegni del presidente del Consiglio non gli consentiranno, purtroppo, di essere con noi. Esprimiamo comunque soddisfazione nel sapere che Silvio Berlusconi avrebbe voluto, dopo un anno, tornare a Savona riconoscendo la grande importanza politica della competizione elettorale savonese». Per l'occasione in tutta la provincia e nel Ponente ligure si era messa in moto una complessa macchina organizzativa. [FIRMA]PARIDE PASQUINO SAVONA I giudici del Tar non hanno cancellato le elezioni di domenica scorsa. Ieri hanno deciso di rinviare il giudizio di merito sul ricorso presentato dal Partico comunista dei lavoratori sull'esclusione della loro lista per le Provinciali. Un rinvio motivato dal fatto che il ricorso puntava sull'illegittimità costituzionale dell'esclusione, ma essendo la lista ormai fuori dal concorso elettorale già avvenuto (se non altro al primo turno), sarà necessario invece presentare un nuovo ricorso solo dopo la proclamazione degli eletti. Una sentenza tecnicamente complessa, ma che in soldoni dice che il Pcl avrà tempo 30 giorni dalla proclamazione degli eletti (quindi anche dopo il ballottaggio) per fare un nuovo ricorso. Su questo il Tar fisserà una nuova udienza per decidere nel merito. Fino ad allora le elezioni saranno valide, fermo restando che rimane pendente il giudizio della Corte Costituzionale sull'esclusione inizale del Popolo della Libertà che invece ha partecipato alle elezioni grazie alla sospensiva concessa dal Tar. Delusione nelle file del Pcl. Il portavoce Simone Anselmo ha detto: «I giudici hanno usato due pesi e due misure con noi e con il Pdl. Se la prendono con noi perché siamo un partito più piccolo ma in questo modo calpestano i diritti di 414 elettori». Per oggi è stata convocata una conferenza stampa cui prenderà parte anche il leader nazionale Marco Ferrando. Intanto, in vista del ballottaggio di domenica 21 e lunedì 22 giugno, si intensificano gli incontri per deterninare strategie e alleanze. Oggi è in programma un vertice di Rifondazione comunista. Sul fronte delle Comunali, il neo sindaco di Albisola Superiore, Franco orsi tende la mano al collega di Albissola Marina Nico Vicenzi. «Anche se Vicenzi appartiene a uno schieramento poltico diverso dal mio, sono disponibile a lavorare sui progetti che coinvolgono le Albissole collaborando come avrei fatto se ad Albissola Marina avesse vinto Gradella». Intanto a Varazze, il Pdl celebrerà questa sera la vittoria di Johnny Delfino con una festa alla discoteca Orizzonte ai Piani d'Invrea. L'evento, con inizio dalle ore 19, sarà aperto a tutti con un biglietto di ingresso stabilito in 10 euro. L'incasso sarà devoluto all'Oratorio Salesiano per contribuire alla conclusione dei lavori del cinema-teatro situato all'interno della struttura religiosa e che andrà ad ospitare fino a 250 posti.

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LA RIVOLTA DEI PUFFI (sezione: Giustizia)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

di Giovanni Valentini LA RIVOLTA DEI PUFFI Il racconto di quello che fu il primo test del potere mediatico conquistato attraverso l'assalto all'etere Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo un brano de La Sindrome di Arcore. A valutarlo in un'ottica retrospettiva, quello fu di fatto un primo test del potere mediatico che Berlusconi aveva conquistato attraverso l'assalto all'etere, in pieno Far West delle antenne, accaparrandosi le televisioni che gruppi editoriali più titolati, come Mondadori o Rusconi, non erano riusciti a gestire con profitto. Ma fu anche la prova generale di un potere più grande, populista e demagogico, che il Cavaliere avrebbe speso in seguito sul terreno politico ed elettorale. La prima ondata di telefonate investì le sedi dei giornali di Roma e Torino: migliaia di teledipendenti, le massaie vedove di Gei Ar e i ragazzini orfani dei Puffi, protestavano (...) I centralinisti non trovarono di meglio che dirottarla sulla sede di Canale 5, a Milano, su cui si scaricò una seconda valanga di contumelie. A quel punto, in un crescendo insurrezionale, le televisioni di Berlusconi misero in onda un nuovo cartello, per sollecitare il pubblico a telefonare direttamente alla presidenza del Consiglio e ai malcapitati pretori, fornendone i numeri riservati completi di prefisso: a Torino, dopo 24 ore di insulti e improperi, il dottor Casalbore fu costretto perciò a chiedere ai dirigenti della pretura di cambiare l'interno del suo ufficio. Anche la Rai, sospettata di aver favorito l'oscuramento delle reti del Biscione per ragioni di concorrenza, fu presa di mira dai telespettatori. Tanto che in serata il presidente, Sergio Zavoli, si vide costretto a rilasciare una dichiarazione alle agenzie di stampa che risultò - al di là delle sue stesse intenzioni - un attestato di solidarietà nei confronti della Fininvest. «Questa protesta generale - commentò Guglielmo Zucconi, che aveva vissuto quelle ore infuocate negli studi di Canale 5, la rete di cui dirigeva i programmi giornalistici - ha trasformato quella che inizialmente poteva sembrare una sconfitta in una vera e propria vittoria» (...) Secondo una tattica che in seguito verrà replicata in maniera ancora più spregiudicata contro i referendum sulle interruzioni pubblicitarie nei film o perfino sulla riforma del sistema elettorale, Sua Emittenza mobilitò le proprie reti, con tutta la loro variopinta compagnia di «nani e ballerine», per raccogliere e amplificare la protesta del pubblico affamato di Dallas e assetato di Dynasty. All'indomani dell'intervento dei pretori, l'Unità pubblicò un'intervista al magistrato di Torino in cui il dottor Casalbore cercava di chiarire la situazione: «Nulla vieta a queste televisioni di mandare in onda programmi prodotti localmente, ad esempio un dibattito sul pretore che fa i sequestri». Si rivelò un suggerimento prezioso. Detto e fatto. La sera di quello stesso mercoledì, del tutto incurante della vistosa contraddizione, giacché dimostrava così che il black out non gliel'avevano imposto i giudici, Berlusconi riaccese Retequattro a Roma e affidò al Maurizio Costanzo Show il compito di soffiare sul fuoco della rivolta (...) L'impatto della teleprotesta popolare fu tanto forte che, con qualche rara e tardiva eccezione, finì per coinvolgere anche i giornali, avallando la versione strumentale dell'oscuramento accreditata dal vittimismo della Fininvest. Sulla Repubblica del 17 ottobre, in calce a un servizio di cronaca firmato da Daniela Brancati, apparve nelle pagine interne un commento non firmato. L'incipit era di questo tenore: «Tre regioni italiane subiscono da ieri il black out totale delle televisioni private, imposto dall'iniziativa del pretore. E' presumibile che entro poche ore il provvedimento di sequestro delle videocassette e il divieto di utilizzare i ponti radio che collegano gli studi di registrazione con le stazioni emittenti si estenda a tutto il territorio nazionale, ripristinando in tal modo, per mano del magistrato, quel monopolio della Rai che era stato abolito da una sentenza della Corte costituzionale di molti anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti». Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il paese aspettava una riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche argomento giuridico formale cui appigliarsi; ma la classe politica non ha nessuna attenuante per l'inerzia e il disprezzo con il quale ha considerato una delle attività primarie d'una società tecnologica avanzata». Il giorno dopo, sulle pagine dell'Unità, fu un Walter Veltroni in versione pre-buonista a sostenere candidamente: «Non ci si deve rallegrare che emittenti televisive vengano oscurate e non si può non ragionare sulle conseguenze che questo può avere sullo stato di aziende, piccole e grandi, e sull'occupazione. Ci sono poi anche le abitudini degli utenti, consolidate in anni di utenza televisiva, che non possono essere ignorate. Non è con il black out che si risolvono i problemi del mondo televisivo».

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gratis sul web dal 3 luglio così si accede al servizio - roberta de rossi (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Venezia, La" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 19 - Cronaca Gratis sul Web dal 3 luglio Così si accede al servizio Ci si collegherà alla rete da campi, fondamenta e giardini pubblici ROBERTA DE ROSSI E' l'ora del collegamento. Dal 3 luglio, infatti, viaggiando lungo il Canal Grande o sedendosi all'ombra di Sant'Elena o dal parco di San Giuliano, in decine di campi veneziani come in piazza Ferretto, all'interno di biblioteche ed università e in una miriade di uffici pubblici, sarà possibile collegarsi gratuitamente ad Internet grazie ai 10 mila chilometri di fibre ottiche e centinaia di hot spot wi-fi del progetto «Cittadinanza digitale» - firmato Venis e Vitrociset - sul quale il Comune ha investito 10 milioni di euro. Perché. «Informazioni, relazioni, lavoro, tutto si fa in rete», spiega il vicesindaco Michele Vianello, «dunque, l'accesso per tutti i cittadini alla rete è un diritto, tanto quanto quello agli asili nido o ai trasporti. L'unico modo per Venezia per andare avanti è diventare città attrattiva di servizi grazie alla rete. Per questo, dedico questa festa alla Corte costituzionale francese, che appellandosi ai diritti universali dell'uomo ha respinto un progetto per limitare l'accesso al Web». Cosa. Collegamento in rete per tutti i residenti, gli studenti e lavoratori pendolari e (in cambio di un ticket) i turisti. Nomadic work per i dirigenti comunali: Ca' Farsetti e i nuovi uffici all'ex Carbonifera sono collegati dalle fibre ottiche e non sarà più necessario spostarsi da una sede all'altra per operare. Digitalizzazione dell'immenso patrimonio culturale della città, per renderlo fruibile a chiunque, mettendo in rete tutte le istituzioni pubbliche e private cittadine: la prossima settimana la firma del protocollo tra Comune e reti Garr, che a Venezia vede associati - tra gli altri - Musei civici, Guggenheim, Fondazione Pinault, Cini, Università, Cnr, Viu. E, ancora, un sito di «petizioni on line» sul modello di quello statunitense, per dialogare direttamente con uffici ed assessorati del Comune, avanzando proposte, progetti, critiche e ricevendo risposta. Come. Vigente il decreto Pisanu sulla riconoscibilità di ogni utente collegato, per accedere alla rete bisognerà utilizzare Id e password propri, che si potranno avere - anche i minorenni, ma con una procedura più articolata - registrandosi online dal 22 giugno sul sito www.cittadinanzadigitale.it: serve un indirizzo email valido e il numero della carta d'identità. «Bateo camp» e caccia al tesoro wi-fi. «Vorrei che il 3 luglio i cittadini veneziani si riappropriassero davvero della loro città, sperimentando la rete e dandoci suggerimenti», si augura Vianello. Così, la giornata inaugurale prevede anche il coinvolgimento dei liceali veneziani e di un gruppo di blogger esperti delle potenzialità della rete: «Abbiamo organizzato due bateo camp: ai due gruppi abbiamo chiesto di immaginare cosa vorrebbero dallo sviluppo della rete a Venezia. Li faremo poi incontrare a San Giuliano e scambiarsi idee sul destino della nostra città, sul futuro e l'innovazione». Alle 19, appuntamento per tutti in piazza San Marco per una caccia al tesoro - versione aggiornata della Caccia al Ruyi, su testi di Alberto Toso Fei - dove gli indizi saranno letti su palmare o netbook grazie ai collegamenti gratuiti wi-fi. Il futuro: 20 mega e niente antenne. «Voglio subito alzare l'asticella e puntare a portare a casa di ogni veneziano collegamenti a 20 mega», rilancia Vianello. Ma questa è una partita ancora tutta da giocare: «Alla firma del sindaco c'è una lettera da inviare ai maggiori operatori di telecomunicazioni europei. Non c'è città che possiede un patrimonio pubblico di 10 mila chilometri di fibre ottiche: sul Ponte della Libertà, ad esempio, passiamo solo noi e Telecom», prosegue Vianello, «per questo sviluppo, però, serve necessariamente l'intervento dei privati, perché da soli non abbiamo soldi. Noi offriamo una rete e l'occasione sperimentare a Venezia - città immagine - servizi tecnologicamente avanzati: penso alla possibilità di togliere tutte le antenne introducendo la tv digitale (con 20 mega si può), la telemedicina, didattica a domicilio. Ci sono servizi gratuiti, altri - come i film da scaricare - a pagamento e qui sarà il business per il privato che sarà socio del Comune».

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Passa il ddl: e l'opposizione si spacca (sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Primo Piano Pagina 102 intercettazioni Passa il ddl: e l'opposizione si spacca Intercettazioni --> ROMA Il voto segreto sul ddl intercettazioni non spacca la maggioranza, ma l'opposizione. Il testo, contestato in Aula dal centrosinistra, ottiene 17 voti in più di quelli a disposizione di Pdl, Lega e Mpa e cioè passa alla Camera con 318 sì, 224 no e un astenuto, mentre i deputati del centrodestra che hanno partecipato al voto e che avevano annunciato il proprio sì dovevano essere 301. I NUMERI Il ministro della Giustizia Angelino Alfano esce trionfante dall'Aula di Montecitorio aumentando addirittura il risultato dei franchi tiratori: «Abbiamo avuto una ventina di voti in più della maggioranza - gongola - il voto segreto continua a premiare le nostre tesi che sono condivise anche da alcuni settori dell'opposizione». E nel centrosinistra si apre la resa dei conti su chi siano stati i traditori. E qui le ipotesi divergono: c'è chi dà tutta la colpa ai centristi e chi invece parla di un nuovo capitolo del duello nel Pd in vista del congresso. Ma tant'è: il voto segreto invece di sparigliare in casa della maggioranza, colpisce l'opposizione. «C'è confusione - ironizza Umberto Bossi - dicono una cosa e ne fanno un'altra...». «Finita la campagna elettorale - commenta invece il coordinatore della segreteria del Pdci Alessandro Pignatiello - ricomincia l'inciucio?». LA GAZZARRA Al termine del voto, i deputati dell'Idv hanno alzato striscioni segnati a lutto con su scritto: «Libertà di informazione cancellata», «Pdl: proteggiamo delinquenti e ladri», «Morta la libertà di informazione, uccisa dall'arroganza del potere». I commessi li hanno rimossi, mentre dal centrodestra si alzavano cori di «Buffoni! Buffoni!». BUFERA CSM Intanto è bufera al Csm. Tre consiglieri hanno presentato al Comitato di presidenza, perchè le comunichi al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che, in un'intervista andata in onda al Tg2, ha parlato di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè di una spartizione sistematica. I consiglieri dimissionari sono Giuseppe Maria Berruti, Ezio Maccora e Vincenzo Siniscalchi.

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la rivolta dei puffi (sezione: Giustizia)

( da "Mattino di Padova, Il" del 12-06-2009)
Pubblicato anche in: (Nuova Venezia, La)

Argomenti: Giustizia

di Giovanni Valentini LA RIVOLTA DEI PUFFI Il racconto di quello che fu il primo test del potere mediatico conquistato attraverso l'assalto all'etere Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo un brano de La Sindrome di Arcore. A valutarlo in un'ottica retrospettiva, quello fu di fatto un primo test del potere mediatico che Berlusconi aveva conquistato attraverso l'assalto all'etere, in pieno Far West delle antenne, accaparrandosi le televisioni che gruppi editoriali più titolati, come Mondadori o Rusconi, non erano riusciti a gestire con profitto. Ma fu anche la prova generale di un potere più grande, populista e demagogico, che il Cavaliere avrebbe speso in seguito sul terreno politico ed elettorale. La prima ondata di telefonate investì le sedi dei giornali di Roma e Torino: migliaia di teledipendenti, le massaie vedove di Gei Ar e i ragazzini orfani dei Puffi, protestavano (...) I centralinisti non trovarono di meglio che dirottarla sulla sede di Canale 5, a Milano, su cui si scaricò una seconda valanga di contumelie. A quel punto, in un crescendo insurrezionale, le televisioni di Berlusconi misero in onda un nuovo cartello, per sollecitare il pubblico a telefonare direttamente alla presidenza del Consiglio e ai malcapitati pretori, fornendone i numeri riservati completi di prefisso: a Torino, dopo 24 ore di insulti e improperi, il dottor Casalbore fu costretto perciò a chiedere ai dirigenti della pretura di cambiare l'interno del suo ufficio. Anche la Rai, sospettata di aver favorito l'oscuramento delle reti del Biscione per ragioni di concorrenza, fu presa di mira dai telespettatori. Tanto che in serata il presidente, Sergio Zavoli, si vide costretto a rilasciare una dichiarazione alle agenzie di stampa che risultò - al di là delle sue stesse intenzioni - un attestato di solidarietà nei confronti della Fininvest. «Questa protesta generale - commentò Guglielmo Zucconi, che aveva vissuto quelle ore infuocate negli studi di Canale 5, la rete di cui dirigeva i programmi giornalistici - ha trasformato quella che inizialmente poteva sembrare una sconfitta in una vera e propria vittoria» (...) Secondo una tattica che in seguito verrà replicata in maniera ancora più spregiudicata contro i referendum sulle interruzioni pubblicitarie nei film o perfino sulla riforma del sistema elettorale, Sua Emittenza mobilitò le proprie reti, con tutta la loro variopinta compagnia di «nani e ballerine», per raccogliere e amplificare la protesta del pubblico affamato di Dallas e assetato di Dynasty. All'indomani dell'intervento dei pretori, l'Unità pubblicò un'intervista al magistrato di Torino in cui il dottor Casalbore cercava di chiarire la situazione: «Nulla vieta a queste televisioni di mandare in onda programmi prodotti localmente, ad esempio un dibattito sul pretore che fa i sequestri». Si rivelò un suggerimento prezioso. Detto e fatto. La sera di quello stesso mercoledì, del tutto incurante della vistosa contraddizione, giacché dimostrava così che il black out non gliel'avevano imposto i giudici, Berlusconi riaccese Retequattro a Roma e affidò al Maurizio Costanzo Show il compito di soffiare sul fuoco della rivolta (...) L'impatto della teleprotesta popolare fu tanto forte che, con qualche rara e tardiva eccezione, finì per coinvolgere anche i giornali, avallando la versione strumentale dell'oscuramento accreditata dal vittimismo della Fininvest. Sulla Repubblica del 17 ottobre, in calce a un servizio di cronaca firmato da Daniela Brancati, apparve nelle pagine interne un commento non firmato. L'incipit era di questo tenore: «Tre regioni italiane subiscono da ieri il black out totale delle televisioni private, imposto dall'iniziativa del pretore. E' presumibile che entro poche ore il provvedimento di sequestro delle videocassette e il divieto di utilizzare i ponti radio che collegano gli studi di registrazione con le stazioni emittenti si estenda a tutto il territorio nazionale, ripristinando in tal modo, per mano del magistrato, quel monopolio della Rai che era stato abolito da una sentenza della Corte costituzionale di molti anni fa, dai progressi della tecnologia e dall'unanime domanda degli utenti». Lo stesso giornale denunciava quindi il fatto che dal 1976, anno in cui la sentenza della Corte costituzionale aveva superato il monopolio pubblico, il paese aspettava una riforma televisiva: «I pretori avranno certo qualche argomento giuridico formale cui appigliarsi; ma la classe politica non ha nessuna attenuante per l'inerzia e il disprezzo con il quale ha considerato una delle attività primarie d'una società tecnologica avanzata». Il giorno dopo, sulle pagine dell'Unità, fu un Walter Veltroni in versione pre-buonista a sostenere candidamente: «Non ci si deve rallegrare che emittenti televisive vengano oscurate e non si può non ragionare sulle conseguenze che questo può avere sullo stato di aziende, piccole e grandi, e sull'occupazione. Ci sono poi anche le abitudini degli utenti, consolidate in anni di utenza televisiva, che non possono essere ignorate. Non è con il black out che si risolvono i problemi del mondo televisivo».

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Gli ispettori ministeriali? (sezione: Giustizia)

( da "Giorno, Il (Legnano)" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

LEGNANO pag. 5 Gli ispettori ministeriali? «Collaboriamo con loro già dallo scorso marzo» di IVAN ALBARELLI e CHRISTIAN SORMANI LA REALIZZAZIONE del nuovo ospedale di via Novara procede secondo il rispetto delle regole in materia finanziaria. È questo il leitmotiv a cui l'Azienda ospedaliera (Ao) di Legnano si è ispirata quando, ieri, sono cominciate a circolare delle voci che gli ispettori inviati dal Ministero dell'Economia, dopo aver fatto inaspettatamente capolino a Milano per spulciare all'interno del progetto (e soprattutto dei conti) relativi alla riqualificazione del presidio ospedaliero di Niguarda-Ca' Granda, stavano per rivolgere le loro attenzioni al nuovo nosocomio legnanese prossimo al traguardo. «L'ISPETTORE inviato dal Ministero ha rapporti con l'Azienda ospedaliera già da marzo, e con questa persona non c'è stato mai alcun genere di problema. Né sono stati sollevati da lui rilievi nei confronti della realizzazione del presidio ospedaliero», ha dichiarato ieri pomeriggio il direttore generale dell'Ao Carla Dotti. Che ha anche voluto aggiungere, per fugare ogni ulteriore sospetto, «che questi ispettori sono da sempre sul territorio, e che in ogni caso nessuna porta è mai stata sbarrata loro né lo sarà in futuro». Quest'ultimo riferimento è alla decisione presa dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni di impedire agli ispettori di esercitare i controlli, con un invito formale in tal senso inviato per iscritto ai direttori generali delle aziende ospedaliere lombarde, attraverso la Segreteria generale del Pirellone, «di rinviare l'accesso agli uffici». Rifiuto che dev'essere accompagnato da un invito «a contattare - continua la nota scritta del Pirellone - l'Avvocatura generale della Regione perché siano tutelate le attribuzioni costituzionali che spettano a Regione Lombardia». Fuori dal burocratese, una partita a scacchi giocata fra Milano e Roma sul fronte dell'autonomia sanitaria. Una querelle che ha raggiunto un ulteriore livello con il ricorso della Regione alla Corte costituzionale perché venga valutata la legittimità di queste ispezioni. Comunque, la Guardia di Finanza legnanese, in serata, confermava che i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero stanno monitorando l'iter di realizzazione del nosocomio. Image: 20090612/foto/3234.jpg

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il fronte editori-giornalisti "privacy sì, silenzio no" (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 4 - Interni Da Fieg-Fnsi "estremo appello" a modificare le norme al Senato Il fronte editori-giornalisti "Privacy sì, silenzio no" Protesta anche l´Ordine: la nuova legge è un mostro, dovremo reagire con atti di disobbedienza civile ROMA - E´ una «brutta notizia» per l´informazione, con il disegno di legge Alfano è stato creato «un mostro». Giornalisti ed editori fanno fronte comune contro il provvedimento sulle intercettazioni: la "stretta" votata ieri dalla Camera ha messo d´accordo cronisti e proprietari di testate che - attraverso i due organismi rappresentativi (la Fieg è la federazione degli editori, la Fnsi è il sindacato dei giornalisti) - hanno firmano un «appello estremo» al Senato affinché modifichi le norme. Sotto accusa sono «le limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca» e «le sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori» che «violano il fondamentale diritto della libertà d´informazione». D´accordo «sulla necessità che sia tutelata la riservatezza delle persone», editori e giornalisti «non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione». Una bocciatura totale, quindi, messa nero su bianco in un appello che sarà pubblicato per tre giorni sui quotidiani, mentre la Fnsi ha confermato «iniziative straordinarie per contrastare il ddl». Ancor più dura è la presa di posizione dell´Ordine professionale dei giornalisti. «Il legittimo desiderio di evitare il ripetersi di episodici atti di barbarie, per colpa di una qualche leggerezza nell´informazione, ha generato un mostro» commentano Lorenzo Del Boca e Enzo Iacopino, presidente e segretario del Consiglio nazionale dell´Ordine. «Senza enfasi e senza autoassoluzioni, si punta a colpire i giornalisti, i loro asseriti privilegi, usando come alibi gli errori che alcuni commettono. L´obiettivo è palese: impedire ai giornalisti di onorare il loro dovere. I cittadini sono consapevoli che ad essere violato è un loro diritto: quello di sapere per capire, di conoscere per giudicare, di informarsi per poter operare scelte consapevoli». E si arrivano a prospettare proteste clamorose: in attesa che Corte Costituzionale «stabilisca qual è il valore dell´informazione», l´Ordine ritiene che occorra «ipotizzare forme di disobbedienza civile».

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Troppe fughe di notizie, manca tutela (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-06-12 - pag: 17 autore: LA CONSULTA «Troppe fughe di notizie, manca tutela» Se il legislatore ha raggiunto ieri quei «diversi e migliori equilibri » di cui ha scritto ieri la Corte costituzionale si vedrà. Intanto la Consulta, con la sentenza n. 173 (con le motivazioni della parziale bocciatura della legge approvata nel 2006 con voto bipartisan), afferma una realtà forse scomoda che è quella di uffici giudiziari colabrodo, poco in grado di garantire la sicurezza degli atti. Una realtà che espone le vittime a pericoli di divulgazione contrari alla tutela minima della riservatezza. Nello stesso tempo, però, non ci si può dimenticare dell'esistenza di un principio costituzionale come quello del «giusto processo» che sancisce il diritto al contraddittorio. Di quì la dichiarazione di incostituzionalità delle norme del Codice di procedura penale che prevedono il procedimento in camera di consiglio, con scarsa o nulla partecipazione della difesa, per la distruzione dei dossier illegalmente acquisiti ( come il procedimento finito alla Consulta sull'archivio Tavaroli), contenenti anche intercettazioni.

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GLI ORDINI dei medici d'Italia oggi a convegno a Terni per rib... (sezione: Giustizia)

( da "Nazione, La (Umbria)" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

TERNI pag. 17 GLI ORDINI dei medici d'Italia oggi a convegno a Terni per rib... GLI ORDINI dei medici d'Italia oggi a convegno a Terni per ribadire la «perplessità» in merito al decreto sul testamento biologico nella versione approvata dal Senato. Il convegno «Dichiarazioni anticipate di volontà» è organizzato dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Introduce i lavori il professor Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. «Gli orizzonti che offrono i nuovi saperi e le nuove tecnologie in ambito sanitario afferma il presidente Fnomceo, Amedeo Bianco devono condurci ad affrontare, in maniera meno emotiva, le questioni che riguardano i confini della vita. Riteniamo nostro dovere impegnarci per un confronto più equilibrato, all'interno del quale rivendicare il ruolo di attori di un'alleanza terapeutica forte e sovrana». «L'obiettivo spiega il presidente dell'Ordine provinciale, Aristide Paci è fornire al Parlamento, all'opinione pubblica, agli operatori sanitari, un'oggettiva puntualizzazione sulla materia, certamente complessa».

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La Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste... (sezione: Giustizia)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

LETTERE E COMMENTI pag. 13 La Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La ste... La Corte suprema degli Usa ha preso una decisione sulla questione Fiat-Chrysler in un giorno. La stessa decisione della Corte Costituzionale italiana avrebbe richiesto mesi se non anni. In America ci sono 3 milioni di detenuti, l'1% della popolazione. Se la proporzione venisse rispettata, in Italia dovrebbero esserci 600mila detenuti. Ce ne sono meno di un 1/10. Ciononostante, il Csm, in perenne strenua difesa della casta dei magistrati, rappresentata in Parlamento da Antonio Di Pietro, trova il tempo di criticare una legge che il Parlamento si accinge a varare. Se il decreto Brunetta contro i fannulloni fosse applicato ai magistrati, buona parte di loro verrebbe mandata a casa. Allora occupiamoci della bassa produttività dei magistrati anziché sproloquiare di violazioni della Costituzione. Alberto Giacomo Faravelli

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All'Auditorium le donne del sì quelle del no al Buon Pastore (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

All'Auditorium le donne del sì quelle del no al Buon Pastore Mentre un migliaio di donne italiane incontrerà il leader libico Muhammar Gheddafi all'Auditorium, alla Casa Internazionale delle Donne iniziativa di quelle che non vogliono incontrarlo. In una lettera aperta contestano a Gheddafi «il patto di guerra stretto con lo Stato italiano e l'Unione europea contro i migranti». «Siamo a conoscenza - scrivono - dei continui rastrellamenti, delle deportazioni e soprattutto dei campi di concentramento, alcuni finanziati dall'Italia, in cui uomini e donne subiscono violenze di ogni tipo. Alcune di noi quei campi li hanno conosciuto e, giunte in Italia, li hanno testimoniati». A chiedere un impegno concreto sui diritti delle donne in Africa sarà anche il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna in quello che si annuncia come un megaevento con tutte le ministre: la sala più grande riservata solo a donne, schermi all'esterno. Dopo l'intervento dell'imprenditrice Luisa Todini, microfono a Gheddafi che parlerà in arabo su «Le donne in Africa». Ci saranno anche Maria Rita Saulle, Giudice della Corte Costituzionale, Carla Rabitti Bedogni, vice presidente dell'Antitrust e Mariapia Fanfani. Alla Sapienza ieri, invece, inedito défilé dei tre delle sue guardie del corpo, rigorosamente donne: il leader libico le ha mostrate come esempio della condizione di libertà della donna nel suo Paese.

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Pd e franchi tiratori Carra: un errore la votazione segreta (sezione: Giustizia)

( da "Corriere della Sera" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere della Sera sezione: Politica data: 12/06/2009 - pag: 10 Visto dal centrosinistra Pd e franchi tiratori Carra: un errore la votazione segreta ROMA Il deputato Osvaldo Napoli (Pdl) il dato lo legge così: «Se abbiamo 20 voti in più vuol dire che alcuni parlamentari del centrosinistra, e io penso agli ex democristiani, hanno votato il ddl sulle intercettazioni». La caccia al «franco tiratore», soprattutto quando il fenomeno spunta tra i banchi dell'opposizione, non è facile perché in superficie non emerge alcun motivo per votare contro le indicazioni dei capigruppo su un testo diventato un po' una bandiera per il Pdl. «Lo sapevo che mi cercavate. Immaginavo di essere considerato uno dei sospettati», dice ridendo Renzo Lusetti (ex Margherita) che è finito nell'inchiesta Romeo condotta dalla procura di Napoli con tanto di intercettazioni indirette (lui è parlamentare, ci vorrebbe l'autorizzazione per ascoltarlo direttamente) la cui utilizzabilità ora è al vaglio della Corte Costituzionale. Lusetti, però, spazza via il sospetto: «Io sono un soldato e quindi rispetto le indicazioni del partito. Però... ». Però? «Io ci sono passato. Sono volterriano: 'Prendi una frase di un galantuomo e isolala da un contesto e ne farai un delinquente...'». Infine, un'osservazione sulla richiesta di voto segreto: «Un errore. Ma come si può pensare di dividerli su una legge del genere? Alla vigilia dei ballottaggi, per di più». Concorda Enzo Carra (foto) (ex Margherita) la cui foto con gli schiavettoni ai polsi scattata ai tempi di tangentopoli quando era portavoce di Arnaldo Forlani indignò l'opinione pubblica che ritiene un «grave passo falso» l'aver richiesto il voto segreto: «Su questo ddl non è stato fatto un discorso chiaro. Ricordo solo che sul ddl Mastella, nella scorsa legislatura, io e altri 4 disgraziati votammo contro». Tuttavia, Carra non dice se anche ora ha disatteso l'indicazione del Pd. Però aggiunge, rivolto ai vertici: «Ma come si fa a ragionare in questo modo? Se sto al governo io voto a favore, se sta al governo un altro voto contro». Seconda area di ricerca, l'Udc di Casini e di Tabacci che nonostante l'alzata di scudi di due giorni fa («Se il metodo del Pdl è prendere o lasciare, noi lasciamo», aveva detto Michele Vietti) in un anno ha mostrato molte convergenze con il Pdl sul tema intercettazioni. Terzo settore di ricerca, gli ex Ds che in passato hanno mostrato posizioni iper-garantiste anche quando le inchieste giudiziarie riguardavano gli altri. Tuttavia, Ugo Sposetti, ex tesoriere della Quercia e custode delle fondazioni che amministrano i beni ex Ds, s'indigna quando gli si rivolge la domanda sui franchi tiratori: «Ma perché telefonate proprio a me? Io rispetto la disciplina di partito, sempre. Eppoi queste domande non si fanno, il voto è segreto». D.Mart.

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Al Senato l'iter sarà breve, e presto la nuova normativa sulle intercettazioni telefoniche e affini sarà legge (sezione: Giustizia)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Al Senato l'iter sarà breve, e presto la nuova normativa sulle intercettazioni telefoniche e affini sarà legge --> Venerdì 12 Giugno 2009 GENERALI, pagina 5 e-mail print Angelino Alfano Al Senato l'iter sarà breve, e presto la nuova normativa sulle intercettazioni telefoniche e affini sarà legge. Ieri alla Camera, durante il voto di fiducia e il successivo voto finale di merito, c'è stata la bagarre, mentre il presidente del Consiglio è rimasto seduto al suo posto per tutto il tempo, circostanza insolita volta a dimostrare quanto il governo consideri la legge una priorità del suo programma. Al suo fianco il ministro Guardasigilli Angelino Alfano il quale, pur essendo un democristiano amante dei toni morbidi, ieri ha innescato una formidabile polemica con la magistratura sulla asserita lottizzazione delle Procure tra le correnti dell'Associazione nazionale magistrati (Anm). In questo clima, i deputati dell'Italia dei Valori hanno fatto di tutto in aula per manifestare la loro indignazione: dall'usare i toni più accesi possibili («Ogni morto in più dovuto alle mancate indagini che la legge procura, peserà sulla vostra coscienza!», ha detto il capogruppo Donadi, un avvocato veneziano anche lui apparentemente mite) all'innalzare cartelli a lutto per la giustizia penale e per la libertà di informazione. Allo stesso modo si sono comportati i Democratici (intervento infuocato di un altro politico noto per la sua tranquillità, Gentiloni). Però tra tutti i parlamentari dell'opposizione, ben 17 hanno votato a favore del provvedimento quando, dopo la fiducia che si esprime a scrutinio palese, è arrivato il momento del voto segreto sul merito del provvedimento. Ventuno rappresentano un decimo dell'opposizione, ha notato puntigliosamente Cicchitto, vantando «l'allargamento della maggioranza» su un tema tanto delicato. Per la verità, i più maligni nel Transatlantico di Montecitorio hanno subito parlato di «partito degli intercettati», tutti quelli cioè che anche nella scorsa legislatura si videro pubblicate sui giornali paginate di intercettazioni telefoniche. In fondo è stato proprio questo l'argomento principe usato dalla maggioranza: sulle intercettazioni sono stati fatti troppi abusi, erano troppe, decise e autorizzate dalla magistratura con manica larghissima e troppo facili da pubblicare sui giornali: un autentico attentato alla privacy dei cittadini (e alle casse dell'Erario). Naturalmente è un argomento che l'opposizione non ha preso in considerazione, pensando che si tratti di una scusa bella e buona, utile per tagliare le unghie a pubblici ministeri e giornali. È la stessa opinione che ha mosso gli editori e i sindacati dei giornalisti che protestano per il colpo dato alla libertà di stampa. «Abbiamo trovato un buon equilibrio tra il diritto del cittadino e quello di cronaca, tra la privacy e le indagini degli inquirenti», hanno detto sia Giulia Bongiorno che Angelo Alfano, che pure si sono misurati in commissione Giustizia sul testo raggiungendo solo con molta fatica un compromesso. Secondo l'Anm, il testo sarebbe infarcito di tanti errori tecnici che, da una parte, avranno l'effetto di mettere i bastoni tra le ruote del carro della giustizia, dall'altra porteranno la legge direttamente di fronte alla Corte costituzionale. La polemica sulle intercettazioni si chiude dunque così: il premier sta comunque portando a casa un provvedimento che ha fortissimamente voluto, incurante di tutti gli avvertimenti che sono arrivati dai rami alti delle istituzioni, a cominciare dal Quirinale. Napolitano è notoriamente preoccupatissimo per le conseguenze di questo testo soprattutto sul piano della lotta tra pezzi dello Stato: da una parte il governo, dall'altra la magistratura. 12/06/2009 nascosto-->

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Caro Signor Gervaso, per quanti sforzi faccia, non riesco a capire la politica italiana.<... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 12-06-2009)

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Venerdì 12 Giugno 2009 Chiudi Caro Signor Gervaso, per quanti sforzi faccia, non riesco a capire la politica italiana. Non so se negli altri Paesi democratici il cittadino debba scervellarsi tanto. Rodolfo Capra - Napoli Caro Amico, le direi di leggere l'ultimo pamphlet di Luigi Mazzella, eminente giudice della Corte Costituzionale, se non fosse fuori commercio. Lei mi domanderà perché non è reperibile nelle librerie. Perché Mazzella, uno degli ultimi grandi servitori dello Stato, per opportunità istituzionale, non rende mai di pubblico dominio quello che esce dalla sua penna, a meno che non siano racconti o romanzi. Questo volumetto, dal titolo ironico e accattivante "Casta.Italia" è una cornucopia di lucidi e sottili commenti. Basta dare un'occhiata all'indice. Si parla di tutto: di politica interna e internazionale, di Costituzione, di Beppe Grillo e del grillismo, grazie a Dio, dimenticato e archiviato, di Andreotti, dei poteri forti, sempre più smarriti, che tutto avevano messo nel conto meno i successi del Cavaliere. Un capitolo è dedicato alla difficile comprensione della politica italiana e uno alla "reticenza degli uomini politici", e su questi mi vorrei soffermare. Scrive Mazzella a pagina 65: "Nessuno ricorda agli italiani che il boom economico degli anni democristiani non fu dovuto solo alla lungimiranza dei nostri magnati tendenti a un industrialismo di livello alto, ma anche al fatto che a favorire i loro investimenti c'era, all'epoca, una così lieve pressione fiscale da risultare pressoché inesistente", complice l'evasione. Non è un invito a fare altrettanto, ma una verità che Mazzella fa bene a ricordare, anche perché i politici, di ogni estrazione, ammesso che ci siano ancora estrazioni, hanno poca memoria, fuorviati dal'opportunismo e dal calcolo elettorale. Quanto alla "difficile comprensione della politica italiana" l'autore scrive, e noi sottoscriviamo: "Il disorientamento della stampa estera e l'incertezza delle sue considerazioni e valutazioni sembrano pienamente giustificate perché in Italia la realtà apparente, quella che si ricava da dichiarazioni pubbliche di uomini politici, riprese dai giornalisti, non corrisponde quasi mai alla situazione reale, quella, cioè, che è nella mente di molti attori della vita pubblica e che non viene mai espressa". Del resto, cosa c'è da aspettarsi da una sedicente classe politica che per decenni è vissuta di formule, ormai fuori tempo, veri e propri reperti archeologici. Come gli "equilibri più avanzati" di demartiniana memoria, come le "convergenze parallele" di quel mancato statista che fu il languido anestesista Aldo Moro, che parlava ore e ore senza dire niente o, comunque, senza dire niente di comprensibile, se non agli addetti ai lavori, nemici del cittadino che ama la chiarezza. Quanto al "mancato", participio che farà inorridire i sacerdoti del suo culto, uno statista che mette in gioco la dignità dello Stato per salvare la propria vita non merita un giudizio più benevolo. Muore senza supplicare nessuno e diventa martire. Diciamole, finalmente, certe cose. Perché vivere nell'ipocrisia, nel conformismo, nella codardia? Si può essere coraggiosi anche se si è, o si è stati, democristiani. Altra chicca del peggiore politichese i "vertici di base sindacale". O sono vertici o sono di base: tertium non datur. La politica italiana non è mai stata accessibile ai profani. E non mi riferisco solo ai mandarini della Prima Repubblica, ma anche ai mandarinelli della Seconda. Il primo dovere di chi rappresenta, o dovrebbe rappresentare, gli elettori è la tersità. Diffido, e diffiderò sempre del ministro o del semplice parlamentare che non dice pane al pane, vino al vino, aceto all'aceto. Non si può ciurlare nel manico il Paese, che si vendica disprezzando chi ha votato, anche se fra gli uomini del Palazzo ci sono galantuomini. Ma sono pochi, pochissimi, da contare sulle dita al massimo di due mani. Gli altri tirano a campare e a mentire, promettendo il regno di Bengodi a una Nazione in brache di tela, che ha bisogno di essere alle corde per dimostrare che, nell'emergenza, sa reagire conoscendo meglio di chiunque l'arte, o la scienza, della resurrezione. Io, i politici, li giudico non da quello che dicono, ma da quello che fanno, infischiandomi delle loro faccende private. Non m'importa niente che Tizio metta le corna alla propria moglie o questa gli renda la pariglia. Una cosa sola chiedo a chi ci rappresenta al governo e all'opposizione: lavare i propri panni sporchi in privato. E una sola cosa chiedo a una certa stampa gossipara e ficcanaso: il riserbo sui fatti personali dei cittadini. atupertu@ilmessaggero.it

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ROMA - Anche i quindici giudici della Corte costituzionale riconoscono in una sentenza (la n. 173 de... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 12-06-2009)

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Venerdì 12 Giugno 2009 Chiudi ROMA - Anche i quindici giudici della Corte costituzionale riconoscono in una sentenza (la n. 173 depositata ieri in cancelleria) che nei tribunali non è garantita la segretezza degli atti. E casualmente l'autorevole giudizio giunge proprio nel giorno in cui la Camera dei deputati ha approvato il ddl del governo che tra l'altro impone norme più severe per la conservazione e l'osservanza del segreto sugli atti e le intercettazioni nel corso delle indagini preliminari. Nel ddl, infatti sono previste sanzioni severe sia per i pubblici ufficiali che diano notizie illecitamente sia per i responsabili del segreto sia per chi omette di sorvegliare sulla segretezza, nonché perfino sui giornalisti e sugli editori che pubblichino intercettazioni coperte da segreto. Dice la Corte costituzionale nella sua sentenza (scritta dal giudice Gaetano Silvestri) che nelle «condizioni normative ed organizzative attuali» in fatto di intercettazioni «non è garantita, una adeguata tenuta della segretezza degli atti custoditi negli uffici giudiziari, come purtroppo dimostrano le frequenti "fughe" di notizie e documenti». Questa, per i giudici di palazzo della Consulta non è una novità ma una «constatazione di comune esperienza». Si tratta delle motivazioni di una decisione già resa nota lo scorso aprile, vale a dire la bocciatura parziale della norma varata nel 2006 dal governo Prodi e approvata l'anno successivo con voto bipartisan dal Parlamento a seguito dell'arresto, tra gli altri dell'ex capo della security di Telecom Italia, Giuliano Tavaroli e della scoperta del cosiddetto "archivio Zeta". La decisione della Consulta che è stata fortemente criticata dai magistrati di Milano dove oggi riprende l'udienza preliminare per la vicenda dei dossier illegali con 32 imputati (oltre a Tavaroli ci cono anche le società Telecom e Pirelli, chiamate a rispondere per responsabilità oggettiva), avrà un duplice effetto: i dossier illegali (20 mila files informatici con 4.287 dossier su persone e 132 si società) dovranno essere distrutti ma con le stesse garanzie di difesa previste in caso di incidente probatorio (presenza di accusa e difesa, diritto a partecipare anche dei legali delle persone offese dal reato); il verbale di distruzione degli atti dovrà essere più puntuale e contenere le circostanze che riguardano «la formazione, l'acquisizione e la raccolta» dei documenti illegali. I magistrati di Milano temono che per seguire questa procedura garantista serviranno anni e il processo rischia la prescrizione. Ma la Corte declina ogni responsabilità su questo perché spiega: «L'equilibrio così raggiunto non è l'unico in assoluto possibile, ma è l'unico realizzabile tenendo conto della legislazione data e dei limiti costituzionali di intervento del giudice delle leggi». M. Cof.

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ROMA - Ho sempre visto con favore l'apposizione di limiti più string... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 12-06-2009)

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Venerdì 12 Giugno 2009 Chiudi di MARIO COFFARO ROMA - «Ho sempre visto con favore l'apposizione di limiti più stringenti per l'uso delle intercettazioni telefoniche nelle indagini preliminari, dato che in passato su questa materia si sono verificati gravi abusi ed eccessi»: dice il vicepresidente emerito della Corte costituzionale Enzo Cheli al Messaggero. Tuttavia sulla procedura scelta il costituzionalista è critico: «Non condivido il fatto che su una materia come questa, che mette in gioco diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione, si sia seguita la linea dell'apposizione della fiducia che ha strozzato il dibattito e ha ridotto le possibilità di uno scambio più approfondito tra maggioranza e opposizione». Ma non c'era già stato un lungo dibattito? «In precedenza c'era stato, ma la fiducia è stata chiesta alla fine sul maxi emendamento. Anche se c'era stato un lungo lavoro di preparazione in commissione, porre la fiducia è stato un gesto di forza che ha tolto il sostegno che la maggioranza dovrebbe sempre ricercare quando si toccano diritti costituzionali». Sul merito del provvedimento qual è il suo giudizio? «Vedo senz'altro con favore che si rimetta a un organo collegiale la decisione sul compimento delle intercettazioni. È positivo il fatto che si stabiliscano limiti temporali e sono d'accordo sul principio che questo strumento debba restare eccezionale, da adottare solo quando sia assolutamente indispensabile, proprio per la forza della garanzia legata alla libertà e alla segretezza della corrispondenza dettata dall'art. 15 della Costituzione». Magistratura e opposizioni hanno criticato la formula degli evidenti indizi di colpevolezza. Che ne pensa? «Non vedo con sfavore il fatto che si sia orientato l'uso di questo strumento in direzione della ricerca della colpevolezza di soggetti predeterminati piuttosto che della ricerca generica dell'esistenza di reati». Come giudica il giro di vite sulla stampa? «Sono assolutamente contrario all'indurimento che si è voluto apportare alla materia dell'informazione sul processo. Ritengo che la trasparenza della giustizia, dei processi, dell'esercizio dell'azione penale rappresenti uno dei pilastri della democrazia perché consente all'opinione pubblica di verificare come la giustizia è esercitata ed anche di verificare il comportamento dei magistrati e l'obiettività nell'esercizio della funzione giudiziaria. Limitare la pubblicazione delle intercettazioni quando queste rappresentano atti segreti è naturale e giusto, ma quando il segreto è superato nel corso della procedura, quando si è raggiunta la soglia della pubblicità nel processo non ha più molto senso vietare la pubblicazione di atti che sono a disposizione delle parti. Stabilire un segreto speciale per le intercettazioni rispetto agli altri atti del procedimento non mi pare risponda a una logica accettabile». Come giudica le sanzioni contro giornalisti ed editori? «Troppo dure. Questo può determinare indirettamente un'intimidazione che può avvicinare a una forma di censura. Perciò io credo che su questo terreno bisogna agire con molta cautela. Il ddl che è passato alla Camera va ora all'esame del Senato, credo che esista lo spazio su una materia di questo rilievo per la vita civile e costituzionale del nostro Paese per concordare su questi punti una migliore formulazione». È d'accordo che le intercettazioni non possano essere usate in procedimenti diversi da quelli per cui sono state disposte? «In linea di principio sono d'accordo, anche perché c'è l'eccezione per i reati più gravi di mafia e terrorismo, riduzione in schiavitù e tratta di persone».

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Il bluff della privacy (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

INTERCETTAZIONI Il bluff della privacy Roberto Natale Le scalate editorial-finanziarie dell'estate del 2005, quella dei "furbetti". Il crack Parmalat con le truffe ai danni dei piccoli risparmiatori. La clinica santa Rita di Milano, dove alcuni medici senza scrupoli eseguivano trapianti a fini di lucro. Sono tre esempi di vicende che i cittadini italiani conosceranno con grande ritardo - o non conosceranno affatto - se diventerà legge il pericoloso testo votato ieri dalla Camera. Tre esempi che dicono anche come non c'entri nulla la nobile bandiera della riservatezza, innalzata da governo e maggioranza. CONTINUA|PAGINA3 Come giornalisti non consideriamo un valore l'intrusione nella vita privata degli individui (anche se, in materia, abbiamo qualche errore da farci perdonare). Ma il disegno di legge di Alfano non ha niente a che vedere con una migliore tutela della privacy. L'effetto sarà piuttosto quello di oscurare vicende di assoluto rilievo pubblico: ci sarà un gigantesco sequestro di fatti. Ad evitare il quale non bastano certo gli emendamenti apportati alla versione originaria del testo. L'on. Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia, ha riconosciuto che con la formulazione del Ministro «sarebbe stato come tornare alla preistoria». Ma le correzioni da lei proposte non ci fanno ancora arrivare all'età della democrazia. Degli atti delle inchieste giudiziarie, anche quando noti alle parti - dunque pubblici - si potrà scrivere «solo per riassunto»: perché mai, se non c'è più il segreto? E quale dovrà essere la stringatezza del riassunto? 10 per cento, 20, 50? Le intercettazioni, poi, non saranno per nulla pubblicabili fino al processo. Se l'esigenza fosse stata davvero quella di tutelare la riservatezza, sarebbe stata accolta la nostra proposta: una udienza-stralcio in cui accusa e difesa concordano di secretare le parti delle intercettazioni e degli altri atti prive di rilevanza per le indagini, o riguardanti la sfera privata. Quelle devono rimanere riservate; ma su tutte le altre deve esserci pieno diritto di informare. E invece il lavoro dei cronisti si ritrova soggetto ad una doppia minaccia: il carcere per i giornalisti (da sei mesi a tre anni); sanzioni pesantissime a carico degli editori (fino quasi a mezzo milione di euro), per indurli a intromettersi nel funzionamento ordinario delle redazioni, imponendo a direttori e cronisti di far vistare gli articoli dall'ufficio legale dell'azienda. Ma giornalisti ed editori, anziché cadere nella trappola della contrapposizione reciproca, hanno deciso di fare fronte comune contro il ddl Alfano. In questi giorni Fnsi e Fieg ripeteranno sui quotidiani un «appello estremo» perché il Senato modifichi nei punti decisivi il testo uscito dalla Camera. Il sindacato dei giornalisti non vuole lasciare nulla di intentato: c'è un giudice a Strasburgo, cioè la Corte europea; c'è la Corte Costituzionale; c'è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora che il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare ripensamenti, compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni fa contro il ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano. Viva la par condicio. Presidente Fnsi

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Religione cattolica a scuola: riprendere il passo per la laicità (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Religione cattolica a scuola: riprendere il passo per la laicità Antonia Sani Deve essere stata la schiacciante percentuale del numero di alunni che preferirebbero insegnamenti come «diritti umani», «Storia delle religioni» e altro all'«ora di religione» a far perdere la testa a qualche insegnante e alla dirigenza, se una sanzione così severa è stata inflitta al professor Marani del Liceo Righi di Cesena. Sempre più ci meravigliamo del Consiglio di disciplina del Cnpi che dovrebbe comprendere il fior fiore dei docenti, in grado di discernere, che non può certo limitarsi a mitigare la sanzione o a proporre provvedimenti come quello che ha colpito alcuni mesi fa il professor Franco Coppoli per aver staccato il crocefisso dalla parete durante la sua ora di lezione. Ma ciò che nella vicenda di Cesena ci pare degno di nota è la dimostrazione di quanto sia radicata nell'opinione pubblica la concezione che basterebbe un insegnamento formativo «certo» e «programmato» per aver assicurata la laicità della scuola. Come se l'insegnamento della religione cattolica (irc) fosse una materia «normale», sia pure facoltativa, alla quale giustapporre altri insegnamenti considerati alla sua stregua. Ciò ci dà la misura di quanto ci siamo allontanati dalle battaglie di principio dei primi anni dell'entrata in vigore del nuovo Concordato (1984), che provocarono la famosa sentenza della Corte Costituzionale in nome della tutela del principio di non discriminazione su cui si fonda lo stesso Nuovo Concordato (art. 9). Quella sentenza (n. 203 del 1989) proclamò infatti lo stato di assoluto non obbligo per tutti coloro che non si avvalgono dell'irc, poiché non ci sono alternative paragonabili, la cui scelta dipende da un'esigenza della propria coscienza (e non dal fatto se vi siano proposte alternative più o meno stimolanti); tale sentenza cancellava di fatto la Mozione parlamentare del 1986 che aveva considerato «opzionale» la scelta facoltativa dell'irc prevedendo per i non avvalenti un insegnamento alternativo «certo», in un certo senso «equivalente». La richiesta di attività formative, preventivamente predisposte dal Collegio dei docenti, incontra oggi il favore di molti genitori e anche di studenti, se l'offerta è interessante. Si torna così alla visione pragmatica della Mozione del 1986, poiché contrariamente al principio sancito dalla Corte costituzionale, tale offerta viene messa in alternativa all'irc. Questa procedura, ammesso che le scuole riescano a metterla in atto, non salvaguarda comunque il principio di non discriminazione, poiché resta lo scoglio della valutazione. Chi - in piena legittimità - rifiuta una qualsiasi attività formativa in alternativa all'irc, uscendo dall'edificio o non svolgendo alcuna attività, continua ad essere penalizzato non avendo il voto di un docente nel Consiglio di Classe. Un esempio evidente lo abbiamo nella vicenda dei crediti scolastici nell'ammissione all'Esame di Stato, assegnati anche al docente di religione cattolica e di attività alternativa, nei pur rari casi dove essa sia stata attivata su richiesta. Ma c'è un altro risvolto. Il nuovo Regolamento predisposto dal ministro Gelmini non prevede più la presenza del docente di attività alternative del Consiglio di classe, ma solo una sua breve nota informativa relativa all'insegnamento e al profitto. Protestano, ovviamente, genitori e qualche sindacato, poiché il campo è lasciato libero al docente di religione. Paradossalmente questo provvedimento avrebbe un lato buono, anzi due: la cancellazione della discriminazione all'interno delle diverse scelte dei non avvalenti e l'emergere - con luminosa evidenza - della discriminazione tra coloro che seguono l'irc e hanno un apposito docente e appositi programmi e tutti gli altri. Non sarebbe il caso, considerati i tagli che rendono ancor più difficile l'organizzazione di attività alternative già oggi scarse, di riprendere la battaglia per una collocazione dell'irc all'esterno dell'orario scolastico obbligatorio, rifiutando la sua omologazione alle altre materie con l'istituzione di alternative curricolarizzate, in nome del principio di non discriminazione? Non sarebbe questo un passo importante per una scuola almeno un po' più laica?

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Intercettazioni illegali, sentenza a orologeria della Consulta (sezione: Giustizia)

( da "Opinione, L'" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Ormai anche le sentenze della Corte Costituzionale arrivano ad orologeria. L'altro ieri era stata votata la fiducia alla Camera sul disegno di legge che modifica, limitandola fortemente, la disciplina delle intercettazioni telefoniche e ieri ecco una bella "sentenza zeppa", la 173 dell'11 giugno 2009, che dice che anche in caso di intercettazioni palesemente illegali - il casus belli era quello della Telecom - non si può distruggere nulla senza il contraddittorio tra le parti e soprattutto senza che nel verbale di distruzione sia contenuto per estratto e in maniera chiara il contenuto di ciò che andrà distrutto. A futura memoria. Ergo? Gli abusi gettati via dalla porta rientreranno astutamente dalla finestra. Eppure il principio stabilito dal redattore Gaetano Silvestri è chiaro: "Proprio la necessaria natura descrittiva del verbale sostitutivo impone che lo stesso non si limiti a contenere i dati relativi alle "modalità e ai mezzi" usati ed ai soggetti interessati, ma debba altresì contenere tutte le indicazioni utili ad informare il giudice e le parti del successivo giudizio in merito alle circostanze da cui si possano trarre elementi di valutazione circa l'asserita illiceità dell'attività contestata agli imputati". E per capire se le conversazioni usate e captate illegalmente debbano essere o meno distrutte, anche qui il principio è semplice: "Il contraddittorio è garanzia insostituibile nell'ordinamento processuale di uno Stato di diritto e i potenziali aggravi di lavoro in presenza di procedimenti con molte parti si devono fronteggiare con idonee misure organizzative e di gestione dei processi, non certo con la irragionevole compressione dei diritti garantiti dalla Costituzione". Tradotto in parole povere questo significa: si organizzino i giudici a non fare uscire le notizie, magari con il divieto di estrarre copia del verbale di distruzione ma le parti devono partecipare al contraddittorio in udienza camerale e si deve conservare un verbale che, sia pure per sommi capi, riassuma il contenuto delle intercettazioni illegali, altrimenti chi è accusato di averle fatte non potrà difendersi regolarmente. E le vittime intercettate? Se ciò nonostante uscisse comunque, come avverrà nella realtà, il contenuto illegale delle conversazioni? Il corollario è chiaro e semplice: s'attaccano.

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Politica: Del Basso De Caro: (sezione: Giustizia)

( da "Sannio Online, Il" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Politica: Del Basso De Caro: «Riprendiamo il percorso» Pubblicato il 12-06-2009 Il segretario provinciale del Partito democratico traccia l’analisi politica all’indomani della tornata elettorale e rilancia. «Il contributo del sindaco e della sua squadra sarebbe stato più cospicuo se...»... Partito democratico tra presente e futuro. Umberto Del Basso De Caro analizza il dato elettorale, sottolinea, richiama e rilancia. Umberto Del Basso De Caro segretario provinciale del Pd, come è nel suo stile, non si sottrae alle domande. Senza aggirare l’ostacolo va al dunque, riflette e fa riflettere. Tornata elettorale, Pd in calo. Quale lettura? “E’ una lettura nazionale con riflessi locali. Sul piano generale il Pd arretra rispetto alle elezioni politiche 2008, sul piano provinciale la mancanza di un candidato di territorio e la vicenda giudiziaria, che ha ingiustamente coinvolto il presidente della Provincia, ci hanno ulteriormente penalizzato”. Cosa risponde a Italo Palumbo (Sinistra e Libertà) che fa appello all’unità, alla ricomposizione? Ritiene che ci siano le condizioni per poter ricucire lo strappo? “Io penso che il Partito democratico debba avviare, senza alcun indugio, una profonda riflessione interna sulle ragioni del risultato elettorale, che solo in parte, possono trovare giustificazione con la politica generale del partito. Una riflessione che, per essere autentica, deve avvenire ‘senza rete’, vale a dire senza uno schema pre-costituito che, ancora una volta, fungerebbe da diaframma tra le nostre aspirazioni e la realtà. Alla doverosa, ineludibile discussione interna si deve accompagnare una rivisitazione della politica delle alleanze, consapevoli che solo una grande unità del centrosinistra può consentirci di vincere ancora negli enti locali ma anche, e soprattutto, in Regione Campania ove la situazione non è dissimile dalla nostra”. Un calo del 6%. Ritiene che ci siano responsabilità? “Ho innanzi indicato le ragioni del nostro arretramento elettorale. Sarebbe tuttavia miope ed ipocrita immaginare che la responsabilità sia sempre degli altri o di eventi esterni che sfuggono alla nostra volontà. La lettura del dato elettorale consente agevolmente di individuare aree di disimpegno”. Il primo cittadino Fausto Pepe e il suo gruppo ‘Più Sannio’ hanno fatto voti per il Pd, nello specifico per l’assessore regionale alle Attività produttive, ma per Andrea Cozzolino solo 1800 preferenze. Crede che si sia trattato di disimpegno? “Il sindaco e la sua squadra, raccolta intorno al gruppo denominato ‘Lealtà per Benevento’, hanno votato certamente per il Partito democratico ma attribuire le preferenze raccolte dall’on. Cozzolino al sindaco, mi pare sbagliato, perché contrario alla verità ed ingeneroso verso i dirigenti ed i militanti del Pd che hanno fatto campagna elettorale per l’on. Cozzolino. Credo che il contributo elettorale del gruppo di ‘Lealtà per Benevento’, certamente gradito, avrebbe potuto essere assai più cospicuo se vi fosse stata la percezione della posta politica in gioco ed un conseguente, incisivo impegno elettorale”. Regionali alle porte, come intende organizzare il partito? “Non sappiamo ancora quale legge elettorale governerà le Regionali dell’anno prossimo poiché, come noto, la questione è stata devoluta alla Corte costituzionale. Io spero che la sconfitta, sempre orfana di genitori, ci consenta di riprendere un percorso, che, iniziato trionfalmente il 14 ottobre 2007, ha subito soltanto una battuta d’arresto. Sono assolutamente persuaso della bontà del progetto politico e della necessità di costruire dal basso, una grande forza democratica e riformista alternativa alla Destra ed al Circobarnum di Berlusconi. Sono dunque fiducioso per il futuro, ma poiché nulla ci è mai stato regalato in dote e tutto va conquistato, giorno dopo giorno, con spirito di abnegazione, senso di appartenenza, militanza ed attaccamento ai valori che intendiamo rappresentare, un duro lavoro attende il gruppo dirigente. Un lavoro serio ed unitario per tentare di risalire la china, ridando fiducia non soltanto agli oltre 8 milioni di cittadini italiani che ci hanno votato il 6 – 7 giugno scorso ma anche a quei milioni di cittadini che hanno scelto altri partiti o si sono rifugiati nell’astensione. Un grande partito, democratico e popolare, deve saper parlare alla gente con linguaggio semplice e chiaro, deve saper proporre soluzioni e non solo lanciare anatemi o censure, deve saper rappresentare le ansie e le attese di cambiamento e di riscatto che salgono dalla società nazionale e da quella meridionale in particolare”. Messaggio per Mastella, Viespoli e De Girolamo. “Non ho alcun messaggio in particolare da rivolgere circa il neo eletto al Parlamento europeo se non l’augurio di lavorare nel comune interesse. La rappresentanza delle istituzioni prescinde dalle appartenenze poiché le istituzioni sono, per comune opinione, laiche e neutre. Ciascuno deve fare la sua parte poi i cittadini, inesorabilmente, giudicheranno.

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Segni tuona contro Berlusconi (sezione: Giustizia)

( da "Rinascita Online" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Segni tuona contro Berlusconi Venerdi 12 Giugno 2009 – 10:30 – Fabrizio Di Ernesto Si avvicina il giorno della verità per i liberticidi referendum voluti dal duo Segni-Guzzetta, anche se la politica continua a snobbarli; anche perché in concomitanza con la consultazione popolare si terranno i ballottaggi delle amministrative che serviranno a meglio definire i rapporti di forza tra Pdl e Pd, obiettivo su cui è concentrata tutta la Casta. Sul voto pesa l’incognita quorum, con l’obiettivo di raggiungerlo che si è allontano ancora di più dopo che Silvio Berlusconi, inizialmente schieratosi per il sì, ha rivisto la propria posizione confermando l’adesione ma non impegnando il proprio partito, particolare questo che ha indispettito alcuni sodali, su tutti il presidente della Camera Gianfranco Fini che con Alleanza nazionale si era perfino esposto nella raccolta delle firme. L’atteggiamento del Cavaliere è stato fortemente condizionato dalla crescita registrata dalla Lega nell’ultima tornata elettorale, come osserva anche l’ultra referendario Mariotto Segni che attacca: “Berlusconi sta portando avanti una farsa, ha stipulato un accordo con Bossi per assicurarsi i suoi voti ai ballottaggi, poi ha fatto una dichiarazione personale di voto. Berlusconi il referendum lo ha mollato, obbedendo al ricatto di Bossi”. Frattanto continuano le divisioni interne al Popolo della libertà sul da farsi. Se mercoledì in molti avevano annunciato che avrebbero votato sì, in particolare gli ex esponenti di An, ieri sono saliti alla ribalta quelli di Forza Italia che hanno manifestato l’intenzione di disertare le urne. Su tutti il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto che pur auspicando l’avvento in tempi brevi del bipartitismo ritiene che “esso possa essere raggiunto solo attraverso la spontanea aggregazione politica e non con la forzatura di realizzarla per legge”. Frattanto ieri da segnalare una nuova doccia gelata per il comitato promotore. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato improcedibile il ricorso sollevato da Guzzetta e soci sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. Oggetto del contendere era stata la delibera con cui Palazzo San Macuto aveva disciplinato forme e modi della programmazione radiotelevisiva della concessionaria di Stato dedicata alla campagna referendaria. Forme e modi che i promotori dei quesiti referendari ritenevano, in sostanza, lesivi dei loro diritti e del diritto all’informazione dei cittadini. Per la Consulta spettava alla commissione intervenire sulla materia e quindi nulla da fare per Segni ed i suoi. Sicuramente questo per il comitato promotore non è un buon periodo, ma gli italiani non possono certo dolersene. Se passassero i loro quesiti tutti noi perderemmo la possibilità di essere rappresentati e difesi in Parlamento. Il 21 giugno quindi tutti al mare, ne va di un diritto basilare e fondamentale: poter continuare a scegliere il partito più vicino alle proprie idee.

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Moldova: verso elezioni politiche (sezione: Giustizia)

( da "Nuovo, Il" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

> Moldova: verso elezioni politiche Si' dell'Alta corte a scioglimento Parlamento (ANSA) - MOSCA, 12 GIU - In Moldova la Corte costituzionale ha dato l'ok alla richiesta del presidente Voronin di sciogliere il Parlamento e indire le elezioni. 'Il presidente -ha sancito la Corte- ha non solo il diritto ma l'obbligo di firmare il decreto sullo scioglimento del Parlamento e la data di nuove elezioni'. In base alla legge la tornata elettorale deve tenersi entro 45 giorni dallo scioglimento del Parlamento. Molti osservatori prevedono che in Moldova si votera' il 2 agosto.

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Liguria: Burlando "legge impedisce stabilizzazione precari" (sezione: Giustizia)

( da "Savona news" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Liguria: Burlando "legge impedisce stabilizzazione precari" Il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e l’assessore alla salute Claudio Montaldo hanno reagito in modo netto alla scelta del governo di impugnare due leggi della Regione Liguria, in particolare quella che era rivolta alla stabilizzazione dei precari nei settori della ricerca. “Ormai – dichiarano Burlando e Montaldo – siamo di fronte a una pressoché sistematica impugnatura delle nostre leggi da parte del governo. Noi andremo di fronte alla Corte Costituzionale e vedremo alla fine come saranno giudicati i profili di costituzionalità di questi provvedimenti. Particolarmente grave giudichiamo l’atteggiamento del governo sul problema dei precari. Avevamo avviato con il ministro Brunetta e il capo dipartimento del ministero Naddeo un confronto che ci sembrava positivo, ma invece c’è stata ora una completa chiusura. La Regione Liguria, com’è noto, si è molto impegnata in questi anni per eliminare il precariato tra i suoi dipendenti e tra quelli della sanità e del sistema regionale. Le uniche situazioni che non riusciamo a sanare sono quelle per le quali registriamo l’opposizione del governo. E’ un atteggiamento, lo ripetiamo, molto grave, poiché tra queste figure di precari vi sono persone che vivono nell’incertezza da molti anni, per alcuni si tratta di 15 o 20 anni. Sono situazioni inaccettabili. Ci auguriamo che la Corte Costituzionale possa discutere presto questo caso e che si possa finalmente giungere a una conclusione positiva.

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UE: TELECOM PACKAGE, SI INASPRISCE SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO (sezione: Giustizia)

( da "Prima Comunicazione" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

- Prima Comunicazione - http://www.primaonline.it - UE: TELECOM PACKAGE, SI INASPRISCE SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO Prima Comunicazione, 12/06/2009 UE: TELECOM PACKAGE, SI INASPRISCE SCONTRO CONSIGLIO-PARLAMENTO (ASCA-CORRIERE COM.) - Roma, 12 giu - Si e' conclusa in un nulla di fatto la seduta di ieri del Consiglio dei ministri Ue sul Telecom Package: il Cdm non ha approvato il pacchetto di Riforma, demandando di fatto la questione al Tavolo di Conciliazione che avra' ora 8 mesi di tempo per licenziare il testo, pena il riavvio totale dell'iter. La decisione non sara' facile: sempre piu' acceso lo scontro fra Europarlamento e Consiglio sulla questione rimasta in sospeso, quella del download dei file in relazione alla tutela del copyright e dei diritti degli utenti di Internet. Lo scorso 6 maggio l'Assemblea plenaria votando l'emendamento che prevede che il distacco forzato della connessione Internet solo su sentenza del Tribunale ha bocciato la proposta francese che affidava ai provider il compito di attuare la disconnessione. L'approvazione dell'emendamento ha provocato il blocco della Riforma delle Tlc. La prossima tappa della "vicenda" e' attesa per la fine di giugno: l'Europarlamento dovra' rendere nota la propria posizione al Cdm che a sua volta dovra' palesare la propria proposta per l'avvio formale dei lavori del Tavolo di conciliazione che dovrebbe avvenire entro la fine dell'anno. Intanto in Francia una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illeggittima la legge Hadopi approvata a meta' maggio proprio nella parte che prevede il distacco della connessione Web.

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Sulla condanna di una persona giuridica per illecito amministrativo ex lege 231/01 (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 12-06-2009)

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Sulla condanna di una persona giuridica per illecito amministrativo ex lege 231/01 Tribunale Cosenza, sentenza 02.03.2009 Stampa | Segnala | Condividi Si ringrazia Francesco Luigi Branda per la segnalazione. Tribunale di Cosenza Sentenza 2 marzo 2009 Svolgimento del processo I signori ...VARI..., sono stati tratti a giudizio per rispondere dei reati contestati come in epigrafe. E’ stata altresì citata a giudizio la società Modacolor s.r.l., per l’illecito amministrativo di cui all’art. 24 D.Lgs 231/01, contestato puntualmente al capo A bis). Sono rimasti contumaci gli imputati ...VARI..; presenti P. D. e l’amministratore giudiziario della Modacolor. All’udienza del 1/10/07, in assenza di questioni preliminari, è stato dichiarato aperto il dibattimento ed ammesse le prove precostituite e costituende richieste dalle parti. Quindi, nelle udienze succcessive sono stati sentiti i testimoni ****, richiesti dalla difesa. All’esito dell’istruttoria è stata disposta l’acquisizione ai sensi dell’articolo 507 c.p.p., delle dichiarazioni ai fini IVA e imposte sui redditi e dei modelli F24, costituenti corpo del reato; le parti hanno prestato il consenso all’acquisizione delle visure prodotte all’udienza del 12/11/08. Infine, sulle conclusioni rassegnate dalle parti all’udienza del 3/12/08, il processo è stato definito. MOTIVAZIONE CAPO A) . In sintesi, al capo a) si contesta a **** il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, perché, il primo nella veste di promotore e gli altri quali concorrenti nella fase esecutiva, dopo aver avanzato domanda di finanziamento ai sensi della legge 488/92 per la realizzazione di una industria tessile in favore della società Modacolor s.r.l. amministrata da ****, con artifici consistiti nella presentazione di false fatture e nella documentazione di spese per l'acquisto di macchinari, in misura artificiosamente gonfiata rispetto a quella effettiva, inducevano in errore la commissione verificatrice e conseguentemente ottenevano dallo Stato una serie di contribuzioni, erogate a stati di avanzamento fino al saldo del 12 febbraio 2003, nella misura complessiva di euro 4.116.971,31, con pari danno per l'amministrazione erogante. Sull’accertamento dei fatti ha riferito il teste ****, maresciallo della Guardia di Finanza, il quale, richiamando puntualmente i documenti acquisiti, ha illustrato lo svolgimento e l’esito della verifica effettuata nei confronti degli odierni imputati, ed in proposito ha dichiarato che l’indagine prese inizio da una segnalazione dell'Ufficio Italiano Cambi, da cui emergeva che una società, la Euromec s.r.l., pur non avendo mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi, risultava aver effettuato operazioni sospette, con l’emissione di fatture per la vendita di macchinari nei confronti della società Modacolor, amministrata da ****. La Guardia di Finanza decideva pertanto di effettuare perquisizioni nei confronti di quest'ultima società, sita in Montalto, la cui sede amministrativa era collocata presso gli uffici di altra società, la Tessil Pizzi Sud s.r.l., appartenente allo stesso gruppo ****. Venivano rinvenuti contratti, fatture e bonifici che evidenziavano l'acquisto (simulato per interposizione fittizia) di macchinari dall’apparente fornitore Euromec s.r.l. ed altra documentazione da cui emergeva che la società Modacolor aveva effettuato trattative commerciali aventi ad oggetto le stesse macchine direttamente con fornitori esteri. In effetti i documenti comprovanti le trattative di acquisto avevano ad oggetto contratti, o meglio schemi di contratto, che venivano successivamente ripresi, salvo qualche variante, nelle compravendite concluse, apparentemente, con la società Euromec , che appariva pertanto soggetto interposto fittiziamente . I fornitori effettivi erano di nazionalità estera, appartenenti alla comunità europea; e ciò permetteva, tra l'altro, di concludere acquisti intracomunitari propedeutici alla realizzazione delle cosiddette “frodi carosello”, nelle quali la società intermediaria -apparente fornitore italiano-, dopo aver acquistato i beni all'estero, e perciò tenuta a versare l'Iva in ipotesi di successiva alienazione, trasferiva il bene ad altro soggetto italiano, nella specie alla Modacolor; ma, trattandosi di “società cartiera”, non provvedeva al versamento dell'imposta, di cui l’effettivo acquirente veniva illecitamente sgravato. In pratica, veniva riscontrato che la Modacolor effettuava sostanzialmente gli acquisti all'estero e faceva intestare i macchinari alla Euromec, la quale successivamente li trasferiva alla prima, emettendo fattura per un prezzo notevolmente superiore, anche in misura del 100%; quindi, la stessa Modacolor effettuava il pagamento alla EuroMec, documentandolo con il versamento di assegni, ma subito dopo, l'apparente fornitrice restituiva a sua volta il sovrapprezzo mediante assegni circolari che, attraverso una serie di passaggi effettuati con l'indicazione di nomi di fantasia, ritornavano nelle casse dei soci della Modacolor. Il suddetto sistema era stato congegnato per realizzare una truffa ai danni dello Stato, in quanto la Modacolor, subito dopo essere stata costituita, aveva presentato una richiesta di finanziamento, ai sensi della legge 488/92, per realizzare un impianto industriale nel settore tessile. L'investimento prevedeva originariamente spese per oltre 11 miliardi di lire, di cui circa 6 miliardi di lire avrebbero dovuto essere apportati dei soci con versamenti in conto capitale e il residuo era a carico dello Stato, in forma di contributo a fondo perduto. Con riferimento alle fasi del procedimento amministrativo, il teste ha evidenziato che l'istruttoria delle pratiche attinenti al finanziamento era affidata ad una banca concessionaria del servizio, la quale dopo aver ricevuto la domanda, la istruiva secondo indicazioni fornite dalle circolari del ministero dell'industria: veniva effettuata una graduatoria delle istanze ed espresso un parere, sulla base di alcuni indicatori, tra cui anche l'apporto di capitale da parte di chi richiedeva il finanziamento. Approvata l'utile ammissione in graduatoria, il ministero emanava un decreto provvisorio di concessione del finanziamento, con elargizione di contributi a stati di avanzamento, sulla base di autocertificazioni e documentazione delle spese sostenute. Al termine, la banca istruiva la trattazione in modo definitivo, rilevando eventuali anomalie e segnalandole al ministero; questo, in difetto di rilievi da parte del controllore, emanava un decreto di concessione definitiva, effettuato a consuntivo, e cioè dopo aver verificato l’attuazione del programma di investimento. Nelle ipotesi in cui l'investimento non veniva realizzato o evidenziate altre anomalie, per inosservanza delle condizioni previste dal regolamento che disciplina la legge 488/92, potevano essere irrogate revoche parziali dei contributi concessi o, nel caso scostamento dagli indicatori in certa misura, la revoca totale. In particolare, questa scattava se lo scostamento era riferito ad un solo indicatore ed in misura del 20%, ovvero, se riferito a più indicatori, in misura complessiva del 30%. Nel concreto caso, nel corso delle indagini è stato verificato che le fatture emesse dalla Euromec nei confronti della Modacolor mascheravano in realtà una interposizione fittizia ed una sovrafatturazione volta ad ottenere i contributi da parte dello Stato, in misura maggiore – pressoché doppia – rispetto al quella effettivamente spettante. Infatti l'importo fatturato veniva regolato tra le parti con movimentazioni bancarie e tuttavia successivamente, riguardo alla sovrafatturazione, si riscontrava un flusso di ritorno delle somme di danaro nelle tasche dei soci della Modacolor, i quali poi riversavano nelle casse della società quasi la totalità degli importi rientrati, facendoli apparire quali apporti di capitale proprio. Per quanto riguarda la documentazione dei pagamenti in favore della apparente fornitrice dei macchinari, il danaro risultava così versato. In relazione alla fattura n. 1 del 28 agosto 2000, la Modacolor effettuava il pagamento di lire 333.333 333, oltre iva al 20%, per un totale di 400 milioni di lire; riguardo alla fattura n. 2 del 12 ottobre 2000, il pagamento per un imponibile di lire 4.866.666.667 Iva al 20% (973. 333.333) per un totale di 5.840. 000. 000; relativamente alla fattura n. 13 del 30 settembre 2001, il pagamento per un imponibile di 10.500.000, oltre Iva (2.100.000), per un totale di 12.600.000 lire (fatture :allegati 1 – 2 – 3; pagamenti: allegati 50 – 51 – 52 – 53 – 54). Ma – e questo è l’essenziale - per gli stessi macchinari, veniva rinvenuta documentazione relativa agli acquisti effettuati all'estero, ed in particolare la trasmissione delle fatture in originale dalla ditta Thies alla Modacolor, seppure intestate alla Euromec alla quale risultavano trasmesse solo le copie (allegati 24 e 25). Inoltre, da verifiche bancarie effettuate nei confronti della Euromec, risultava che questa società, in relazione agli stessi macchinari di cui alle predette fatture, aveva effettuato accrediti in favore di fornitori esteri per complessive 3.093.339.177 lire (allegati 54 – 55 e 83); la Modacolor, a sua volta, aveva accreditato alla Euromec la somma di lire 6.240.000.000, per gli stessi macchinari (allegati 50 – 51 – 52 – 53 – 54 ). Quindi si accertava che la Euromec, dopo aver formalmente ricevuto il pagamento, restituiva parte delle somme ricevute, attraverso un giro di assegni circolari costituenti il flusso di ritorno, nella misura pressoché corrispondente alla sovrafatturazione effettuata attraverso la sua interposizione fittizia ( allegati da 57 a 100 e allegati da B1 a B10). Il costo dei macchinari era stato pertanto apparentemente gonfiato, come dedotto dal flusso di ritorno delle somme che non trovava alcuna giustificazione, diversa dalla interposizione fittizia. Tale conclusione era avvalorata, dalla trasmissione di fatture originali dei macchinari acquistati all'estero, recapitate direttamente alla Modacolor; dal ritrovamento di documenti relativi alla trattativa per l'acquisto dei macchinari che veniva seguita direttamente dall’amministratore unico ****. Tra l'altro, nell'ambito dei controlli effettuati nei confronti della società interposta, Euromec, risultava che questa - almeno nell’anno 2002 - aveva cessato l'attività, dopo aver cambiato sede da Firenze in Montalto, dove non veniva riscontrata alcuna sede effettiva. Per quanto riguarda il flusso di ritorno del danaro dalla Euromec, il teste ha evidenziato quanto emerso dagli accertamenti bancari nei confronti di ****, soci della Modacolor, ed in particolare la richiesta, da parte di Euromec e del suo amministratore ****, di assegni circolari trasferibili che recavano come beneficiari nominativi sconosciuti all'anagrafe tributaria, quali ad esempio ****; questi assegni, risultavano infine pervenuti ai soci della Modacolor e da questi incassati, per un ammontare complessivo di lire 2.822.050.000. Questa liquidità veniva utilizzata, in misura di lire 2.429.050.000 per l'apporto dei soci al capitale sociale previsto nella pratica di finanziamento, come emergeva altresì dalla quasi contestualità tra il rientro del danaro e il versamento da parte dei soci; infatti le somme pervenute da Euromec, una volta incassate dai soci, nel giro di qualche giorno, venivano riversate in conto apporto di capitale. Gli assegni circolari erano ovviamente di importo inferiore ad euro 1.500, previsto per la loro trasferibilità; si trattava pertanto di numerosissimi assegni. Il teste ha ricordato che nella pratica di finanziamento era previsto apporto di capitale proprio in misura di circa 6 miliardi di lire; e che pertanto, attraverso la sovrafatturazione ed il flusso di ritorno sopra descritti, lo Stato anziché contribuire in una certa misura, contribuiva in misura pressoché doppia rispetto a quella ammessa, configurandosi una delle ipotesi di revoca del finanziamento; e specialmente quella che prevede lo scostamento da uno degli indicatori in misura non inferiore al 20%. Il teste ha poi aggiunto che, in pratica, per l'istruzione della pratica venivano presentate dichiarazioni liberatorie da parte degli apparenti fornitori (allegati 50 e 51) e autocertificazione da parte dell'amministratore della società Modacolor (allegato 58) che attestavano l'effettivo versamento delle somme a titolo di spese sostenute. In particolare, come emergeva dal documento in allegato 48, la Modacolor, in data 9 gennaio 2001, falsamente attestava di aver sostenuto, alla data del 13 ottobre 2000, spese per un ammontare di lire 7.955.180.000, tra cui le fatture nn. 1 e 2 della Euromec, benché per quest'ultima - come si è visto – vi fosse stata una simulata duplicazione della spesa rispetto a quella effettivamente sostenuta. ALTRI DOCUMENTI. Oltre ai documenti a cui ha fatto riferimento il teste ****, illustrandone il contenuto, sono stati altresì acquisiti quelli appresso illustrati. In particolare sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento: - Il decreto del Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato n. 69272 del 3 marzo 1999, con cui si concede alla Modacolor s.r.l., ai sensi della legge 19 dicembre 1992 n. 488 e successive integrazioni, in via provvisoria il contributo in conto capitale di lire 8.597.490.000 (euro 4.440.233.03), da erogarsi secondo le modalità previste dall’articolo del regolamento adottato con d.m. 527/95 in tre quote annuali di lire 2.865.830.000 ( euro 1.480.077,68) cadauna. All’articolo 3 dello stesso decreto era previsto che "le agevolazioni sono inoltre revocate qualora, calcolati gli scostamenti negativi degli indicatori, di cui all'articolo 6, comma 4 del regolamento nell'esercizio successivo alla data di entrata a regime dell'iniziativa agevolata : a) anche uno solo di tali scostamenti superi i 30 punti percentuali; b) eseguita la somma dei suddetti scostamenti negativi e rapportata la stessa al numero degli indicatori suscettibili di variazione, la media degli scostamenti così determinata superi i 20 punti percentuali.” (allegato 94). - Il Decreto del Ministero delle Attività Produttive, n. 120827 del 28 novembre 2002, in cui, dopo avere evidenziato che la banca concessionaria aveva effettuato erogazioni per complessive lire 6.922.206.000, così suddivise quanto a lire 2.865.830.000 in data 30 dicembre 1999; quanto a lire 2.261.730.000 in data 3 gennaio 2002; quanto a lire 1.794.646.000 in data 4 febbraio 2002, tenuto conto delle variazioni apportate agli investimenti, decretava la concessione, in via definitiva, del contributo in conto capitale di euro 4.126.407,99 , disponendo altresì disimpegno della quota a saldo di euro 313.825,05 (allegato 93). - I bonifici effettuati dalla banca concessionaria in favore della Modacolor in esecuzione dei decreti ministeriali superiormente indicati, per le somme esattamente corrispondenti a quelle indicate nel decreto di concessione definitiva, erogate fino alla data del 12/2/2003 (allegati in cartella “C1 – C2 – C3”, da pag. 287 a pag 294). - La relazione sullo stato finale del programma di investimento redatta per conto della banca concessionaria e prodotta all’udienza del 7 aprile 2008, per vero con encomiabile correttezza processuale, dallo stesso difensore dell’imputato. Questa relazione, datata 3 dicembre 2001, propedeutica alla corresponsione della seconda quota, terza quota e del saldo contribuzioni, indica e trasmette al Ministero – quale documentazione finale di spesa – appunto le fatture e i titoli di spesa quietanziati ( tra cui quelle emesse dalla Euromec) per un totale di lire 11.884.978.000; ad essa è allegato il verbale di accertamento spesa dove, a pagina 6, la Commissione incaricata, presieduta dal dottor ****, accertava : "l'impresa ha esibito la dichiarazione, prevista dal disciplinare di accertamento, con la quale si attesta che tutte le spese documentate sono state iscritte nelle immobilizzazioni di bilancio. Dai controlli a campione effettuati a tale riguardo non sono emersi elementi che contraddicano tale attestazione; i lavori, le forniture ed in generale le realizzazioni effettuate trovano riscontro nella documentazione di spesa esibita; per tutti i titoli di spesa è intervenuto il pagamento a saldo. Il pagamento delle spese documentate è stato verificato mediante riscontro sul libro giornale aziendale del pagamento delle fatture. In considerazione dell'esiguità numero delle fatture, la Commissione ha verificato tutte le fatture." LA VALUTAZIONE DELLE PROVE IN ORDINE AL CAPO A). Sulla base delle prove raccolte, emerge all’evidenza la colpevolezza di **** in ordine alla truffa perpetrata al capo a) dell’imputazione, formulata dettagliatamente e con assoluta precisione dal pubblico ministero. Il meccanismo posto in essere per frodare lo Stato, può essere così sintetizzato: ****, legale rappresentante della Modacolor, acquistava direttamente presso fornitori esteri i macchinari tessili, compresi nel programma di investimento finanziato ai sensi della legge 488/92; quindi, faceva figurare che l’acquisto era stato effettuato da altra ditta, nella specie dalla Euromec, rappresentata da ****, che, a sua volta, ritrasferiva i beni alla Modacolor, con simulata lievitazione dei prezzi. In questo modo – e ne va riconosciuto l’ingegno - , con una sola esca portava a casa due prede; e cioè conseguiva due risultati – entrambi illeciti ma vantaggiosi economicamente- : da un lato l’interposizione fittizia della connivente Euromec consentiva una sovrafatturazione simulata che avrebbe poi permesso di documentare allo Stato una spesa pressoché doppia rispetto a quella effettiva, al fine di ottenere una contribuzione, accordata in percentuale, specularmente raddoppiata; dall’altro, essendosi avvalso – come si dimostrerà appresso – di una società cartiera, riusciva ad evadere le imposte, poiché il soggetto che per primo acquistava dai fornitori esteri, perciò tenuto a versare l’IVA, in realtà, data la sua effettiva inconsistenza, si rendeva evasore totale, distraendo in tal modo la responsabilità gravante sull’effettivo ed unico acquirente, individuato nella Modacolor. Si è osservato, con gran ragione, che le prove documentali dimostrative della predetta condotta appaiono di un’evidenza matematica. Per quanto riguarda le trattative e gli acquisti effettuati direttamente da Modacolor presso i fornitori esteri, vengono in rilevo i documenti di cui agli allegati da 4 a 30. Innanzitutto, le conferme d’ordine C00/8036 e C00/8035, del 22/5/2000, con cui con cui la fornitrice estera Thies AG (doc. 4 e 5) trasmetteva lo schema di contratto alla Modacolor per l’acquisto dei macchinari A) La Meccanica, B) Corino, C) Lawer, D) Sperotto, e dei 5 macchinari SOFT TRD 140. Basta confrontare tali documenti con le fatture n. 1 e 2 emesse in data 20/8/2000 e 12/10/2000 dalla Euromec alla società del ****, per constatare che la fornitura è identica – riguardando le stesse macchine e senza alcuna aggiunta di lavorazioni di adeguamento; cambia invece – e di molto – il prezzo che lievita a complessive lire 6.240.000.000 (documenti nn. 1 e 2 ). Dall’esame dei documenti, non risulta annotata alcuna lavorazione sui macchinari, direttamente ascrivibile alla mano dell’interposta, tale da giustificare siffatta maggiorazione. In realtà, lo scambio di corrispondenza rinvenuta tra i protagonisti della compravendita (Samaden, quale rappresentante italiana della Thies, e Modacolor), chiarisce ulteriormente che l’intera trattativa è stata condotta direttamente dal ****, il quale poi – raggiunto l’accordo finale – ha fornito il nominativo a cui intestare solo formalmente le macchine. In tal senso, assumono importanza il fax inviato in data 14 marzo 2001 dalla Samaden alla Modacolor, in cui rivolgendosi direttamente al signor **** si lamenta il mancato pagamento delle fornitura di cui alle le conferme d’ordine C00/8036 e C00/8035, nei seguenti termini “purtroppo da parte Sua ci sentiamo ripetere di settimana in settimana e il saldo di tutte le forniture sarà fatto nel giro di pochi giorni, ma non abbiamo alcuna certezza di quanto sopra. Tutti i fornitori ci hanno ufficialmente comunicato che verranno conteggiati a Modacolor gli interessi per il ritardato pagamento, come pure i costi per l’immagazzinaggio dei vari impianti” (doc. 16). Ugualmente significativa nella lettera di risposta con cui la Modacolor comunica: "ancora una volta ci scusiamo per il protrarsi della situazione, comunicandole che entro il 15/04/01 inizieremo ad effettuare i pagamenti previsti” (doc. 17). Come è evidente, non sussiste alcun dubbio sul fatto che l’acquisto dei predetti macchinari sia stato effettuato direttamente dall’amministratore della Modacolor, il quale ha pure gestito l’intera fase esecutiva del rapporto contrattuale, ponendosi come interlocutore esclusivo e soggetto direttamente obbligato anche in relazione ai pagamenti. Ne deriva che la Euromec, peraltro mai descritta in questa corrispondenza come soggetto operativo nello svolgimento del rapporto, appare coinvolta solo per interposizione fittizia. Ad colorandum, occorre rilevare che la ”immedesimazione” tra interponente e interposta arriva a tal punto che – come emerge dalla lettera in data 4 settembre 2001– allorquando la Thies deve comunicare lo stato di avanzamento della fornitura, comunica i dati direttamente alla Modacolor (allegati 19 e 20), ovvero, pur indirizzando la missiva alla Euromec, si rivolge alla cortese attenzione del Vs egr. signor **** (allegato 21): come a dire che l’effettivo interlocutore era quest’ultimo. Vengono addirittura rinvenute presso la Modacolor le lettere di trasmissione delle fatture in originale emesse dalla Thies e trasmesse alla Modacolor anziché al simulato acquirente (allegati 24 e 25). Né vale osservare, come ha tentato di sostenere la difesa, che la ditta di **** sarebbe intervenuta per adattare i macchinari alle esigenze della Modacolor, così da giustificare la lievitazione dei prezzi. Il seguito prova che questa ipotesi è palesemente infondata. In primis, la Euromec – come è documentato dalla copia dell’atto costitutivo in allegato 41 – è stata costituita l’11 agosto 2000 ed iscritta nel registro delle imprese il 2 aprile 2001 (visura camerale allegata al verbale di udienza del 17/9/2008); si rammenta invece che le conferme d’ordine dei macchinari risalgono al 22 maggio 2000. Non è credibile che il **** abbia trattato l’acquisto di macchinari su cui avrebbe dovuto eseguire cospicue modifiche, tali da giustificare quasi il raddoppio del prezzo, affidando l’intervento ad una società che, al momento in cui era stato programmato l’acquisto, non era ancora esistente. Per altro, come si è già accennato, delle prospettate modifiche non v’è alcuna traccia nelle fatture emesse dalla Euromec che, ove avesse effettivamente eseguito lavorazioni per adeguare i macchinari, avrebbe certamente indicato nel documento fiscale le voci corrispondenti alla mano d’opera impiegata ed alle integrazioni apportate, senza limitarsi a ricalcare la descrizione dei macchinari così come contenuta nelle conferme d’ordine del vero fornitore estero. Il documento in allegato 23 evidenzia poi che le spiegazioni relative all’installazione delle macchine sono state trasmesse direttamente alla Modacolor, quando invece, se fosse vero quanto sostenuto dalla difesa, il naturale destinatario avrebbe dovuto essere il soggetto ipoteticamente incaricato di adeguare ed installare le macchine. La lista di consegna dei macchinari, ovvero la paking list (lista dei colli componenti di una partita di carico) compilata dalla fornitrice Thies reca come destinatario direttamente la Modacolor (allegato 23); escludendosi perciò che la Euromec disponesse di propri impianti fissi dove eseguire le prospettate imponenti modifiche. In realtà, come pure si dirà nella disamina dei reati fiscali in contestazione, la Euromec è risultata essere una cosiddetta “società cartiera”, ovvero esistente solo sulla carta e costituita per compiere attività illecite. La conclusione è avvalorata dalle seguenti circostanze. Innanzitutto, come accertato dalla Guardia di Finanza (confronta testimonianza di Madeo e verifica di cui al verbale del 5/11/2008, acquisita all’udienza del 12/11/2008 con il consenso delle parti), la Euromec per l’intera durata della propria attività non ha mai presentato alcuna dichiarazione ai fini IVA e Imposte dirette. Nasce dopo che il **** aveva già programmato l’investimento finanziato dallo Stato e raggiunto accordi con fornitori stranieri per l’acquisto dei macchinari; termina la sua attività il 18/7/2002 – per missione compiuta – dopo aver eseguito i suoi servigi in favore della Modacolor. La documentazione relativa alla sua costituzione, ivi compreso l’atto iniziale ed il versamento dei 3/10, è stata rinvenuta presso la sede delle società del **** (Modacolor e Tessil Pizzi), Nel periodo in cui è formalmente operativa, ha una sede itinerante ( da Campi Bisenzio si trasferisce in Montalto Uffugo, dove coincide la sede delle società gestite dal ****) e, quel che più interessa, non ha a disposizione impianti dove poter eseguire le ipotetiche modifiche, se è vero – come è vero - che le macchine acquistate vengono consegnate direttamente presso la Modacolor. Come si è già detto, la paking list (lista dei colli componenti di una partita di carico) dei macchinari compilata dalla fornitrice Thies reca come destinatario direttamente la Modacolor (doc. 23). Tutto ciò sta a dimostrare il completo asservimento alle trame illecite intessute dal **** per frodare lo Stato. E in tal senso chiude il cerchio – come ultimo ma non meno importante indizio – il flusso di ritorno del danaro originariamente versato dal **** alla Euromec per documentare allo Stato il maggior prezzo dei macchinari, che appunto quest’ultima, fittiziamente interposta, restituisce alla Modacolor interponente: questo elemento appare decisivo per dimostrare che la sovrafatturazione non era giustificata da alcuna lavorazione effettuata dalla ditta del ****, il quale altrimenti non certamente avrebbe restituito la maggiorazione. Sono stati acquisiti in copia gli assegni, le distinte di versamento e gli estratti conto, analiticamente riportati negli allegati da 57 a 83, emessi direttamente dalla Euromec o dal suo amministratore ****, per l’importo complessivo di euro lire 2.822.050.000, che perviene nelle casse di **** e dei suoi congiunti **** Eugenio e Speranza Antonietta, tutti soci della Modacolor. Si è rilevato che l’importo complessivamente restituito è inferiore, sia pure in misura non elevata, rispetto al sovrapprezzo simulato (il **** ha ricevuto lire 6.240.000.000, avendo invece versato ai fornitori lire 3.093.339.177). L’obiezione è facilmente superabile, per il fatto che la differenza è ragionevolmente riconducibile al compenso riconosciuto al **** per l’interposizione, peraltro alquanto rischiosa a causa del concorso in attività illecita. ULTERIORI ECCEZIONI DIFENSIVE. La difesa ha richiamato l’esito positivo delle verifiche eseguite dalla banca concessionaria culminate con il collaudo; di più, ha invocato le valutazioni fornite dai consulenti difensivi nel processo; infine, ha evidenziato l’ottimo avviamento dell’impresa, con fauste prospettive, attestato dall’amministratore giudiziario. Da tutto ciò ha dedotto argomenti utili a dimostrare la congruità delle somme corrisposte dalla Modacolor alla Euromec per le forniture da quest’ultima fatturate e sulla base delle quali sono stati concessi i contributi, escludendo ogni ipotesi di simulazione. Ora su questo ragionamento vi sono da fare alcune osservazioni da cui si desume come gli argomenti difensivi siano privi di solide fondamenta. Innanzitutto occorre evidenziare che la verifica ed il collaudo, evidentemente, non hanno potuto tener conto dei documenti da cui è stata desunta la falsa sovrafatturazione, per la semplice ragione che i verificatori non disponevano dei poteri di indagine sull’intero circuito bancario e di perquisizione che hanno consentito invece alla Guardia di Finanza di appurare la falsità delle fatture emesse dalla società cartiera ed il flusso di ritorno del danaro. Il verificatore per conto della banca concessionaria ha controllato la documentazione esibitagli e, vittima degli artifici posti in essere (tra cui la documentazione di un esborso effettivo per l’intero ammontare fatturato), è appunto caduto in errore sull’entità dell’investimento. In tal senso è utile la relazione sullo stato finale del programma di investimento redatta per conto della banca concessionaria e prodotta in giudizio, per vero con encomiabile correttezza processuale, dallo stesso difensore dell’imputato. La relazione, datata 3 dicembre 2001, propedeutica alla corresponsione della seconda quota, terza quota e del saldo contribuzioni, indica e trasmette al Ministero – quale documentazione finale di spesa – appunto le fatture e i titoli di spesa quietanzati ( tra cui quelle emesse dalla Euromec) per un totale di lire 11.884.978.000; ancor più chiaro è il verbale di accertamento spesa allegato alla stessa relazione, dove, a pagina 6, la Commissione incaricata, presieduta dal dottor Tucci, accertava : "l'impresa ha esibito la dichiarazione, prevista dal disciplinare di accertamento, con la quale si attesta che tutte le spese documentate sono state iscritte nelle immobilizzazioni di bilancio. Dai controlli a campione effettuati a tale riguardo non sono emersi elementi che contraddicano tale attestazione; i lavori, le forniture ed in generale le realizzazioni effettuate trovano riscontro nella documentazione di spesa esibita; per tutti i titoli di spesa è intervenuto il pagamento a saldo. Il pagamento delle spese documentate è stato verificato mediante riscontro sul libro giornale aziendale del pagamento delle fatture. In considerazione dell'esiguità numero delle fatture, la Commissione ha verificato tutte le fatture." Dunque la banca concessionaria, e per essa il Ministero, prendeva per buone ai fini della documentazione della spesa anche le fatture con cui erano stati artificiosamente aumentati i prezzi dei macchinari, in ciò indotta in errore anche dalla documentazione dei pagamenti effettuati in favore di Euromec (senza sapere ovviamente che parte di quei pagamenti sarebbe stata restituita sottobanco). Quanto al flusso di ritorno del danaro, la difesa, ben consapevole della gravità indiziaria di tale elemento, ha allora ritenuto di insinuare il dubbio che il danaro restituito dalla Euromec e dal **** potesse avere una diversa giustificazione, quale ad esempio un precedente prestito personale; ha pure evidenziato che molti assegni recavano girate intermedie da parte di altri soggetti. Il Tribunale ritiene di dover ancorare il proprio giudizio a dati appurati con certezza sulla base della copiosa documentazione acquisita, dai quali emerge invece che la Euromec, società unipersonale del ****, è apparsa soltanto in qualità di fornitrice di macchinari; pertanto, data la connotazione del rapporto in cui la Euromec ha assunto la veste di creditore in ordine al prezzo delle macchine, e tenuto conto dell’intero quadro indiziario sopra evidenziato, il flusso di ritorno si spiega - alla stregua del criterio di credibilità razionale - solo alla luce dell’assunto accusatorio, secondo cui la restituzione sottobanco del denaro denotava l’artificiosa sovrafatturazione. Per contro, la prospettazione di un prestito personale è rimasta per aria, non essendo stato neppure allegato alcun collegamento con circostanze ed elementi concreti. Quanto ai giratari, anche senza sopravvalutare l’apposizione di girate corrispondenti a nomi di fantasia non censiti all’anagrafe tributaria (es. Berlusconi Rodolfo), resta il dato di fatto che quelle somme comunque sono transitate – senza alcun’altra giustificazione e nel medesimo contesto temporale - dalle casse della Euromec e del **** in quelle dei soci della Modacolor. In relazione alle consulenze eseguite nel corso del processo occorre sottolineare che la relativa valutazione non appare suffragata da indagini di mercato; di contro, la documentazione delle trattative intercorse con la fornitrice estera e le conferme d’ordine dimostrano che il prezzo degli stessi macchinari era pari alla metà di quello poi praticato dalla società interposta, essendo inverosimile che ipotizzati - ma non dimostrati - adeguamenti abbiano potuto addirittura farne raddoppiare il prezzo. La consulenza del dottor ****- già presidente del collegio sindacale della Tessil Pizzi1 -, acquisita all’esito del conforme esame dibattimentale, non illustra e spiega quali adeguamenti e quali modifiche siano state concretamente apportate; non richiama alcuna indagine di mercato per approfondire tale verifica. Come si è detto, inoltre, nelle fatture emesse dalla Euromec non v’è traccia alcuna di questi adeguamenti, la cui esecuzione non rientrava di certo nelle possibilità di una “società cartiera”, appena costituita, priva di impianti, con una sede itinerante, e che cessava di operare, di li a poco, dopo che la Modacolor aveva ottenuto le contribuzioni pubbliche. L’asservimento alle esigenze della Modacolor non è solo evidenziata dalla predetta coincidenza cronologica, ma come si è visto, anche dal rinvenimento dell’atto costitutivo, della ricevuta di versamento dei 3/10 relativi alla Euromec, come pure delle fatture di acquisto dei macchinari dai fornitori esteri, il tutto presso la società del ****. Qui si inserisce l’ulteriore deduzione difensiva, secondo cui l’acquisizione di questi atti serviva a verificare la correttezza commerciale e l’affidabilità del partner. Occorrerebbe aver il senso del verosimile completamente allentato per non accorgersi della infondatezza di questa asserzione: la Modacolor riceve le conferme d’ordine dei macchinari prima ancora che la Euromec venisse costituita; ed allora non è credibile razionalmente che per un adeguamento così consistente, da determinare addirittura l’incredibile raddoppio del prezzo, abbia incaricato una ditta in fase di costituzione e priva di esperienza. Infine, le dedotte attestazioni e fauste prospettive asseritamente dichiarate dall’amministratore giudiziario sono andate a vuoto: in coincidenza della decisione infatti la Modacolor ha licenziato tutti i dipendenti per mancanza di commesse. La difesa ha poi osservato che sarebbe inverosimile che l’autore dell’illecito abbia conservato tutte le “controscritture” a prova della simulazione nella sede dove poteva prevedere che sarebbe stata sottoposta a verifica, non essendo consueta tanta superficialità e spregiudicatezza neppure nell’immaginario eldorado dei truffatori. A parte il fatto che il **** era alla sua prima esperienza, come emerge dal casellario giudiziale, e dunque non particolarmente smaliziato, è comunque facile obiettare che la commissione incaricata della verifica non aveva il potere di perquisizione, non potendo perciò trovare la documentazione comprovante la falsità delle fatture (peraltro detenute presso la sede della Tessil Pizzi, altra società del gruppo ****), ma doveva limitarsi a verificare quanto le veniva esibito; e così ha proceduto, come appunto attestato nella relazione. Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza, invece, partivano da lontano, e precisamente dalla segnalazione da parte dell’Ufficio Italiano Cambi che indicava operazioni sospette compiute dalla Euromec. Per farla breve, al cospetto di una montagna di prove a sostegno della tesi accusatoria e in assenza di valide eccezioni difensive, frantumate dal martello della logica, va ritenuta pienamente provata la condotta criminosa di cui al capo a). LA VALUTAZIONE IN DIRITTO. Come è noto, la legge n. 488/92 è destinata ad agevolare gli imprenditori che intendono avviare od ampliare imprese produttive nelle aree svantaggiate del paese. L’agevolazione, cofinanziata con i fondi della C.E.E., consiste in un contributo a fondo perduto che varia in relazione alle aree in cui viene compiuto l’investimento. La disciplina, per quanto di specifico interesse in questa sede, prevede quale misura massima consentita dell’agevolazione, per dimensione di impresa e ubicazione, il 50 % ESN ( equivalente sovvenzione netta) + il 15 % ESL (equivalente sovvenzione lorda), da erogare in 3 quote. Con particolare riferimento al programma di investimento oggetto della domanda presentata da Modacolor, era concesso in via provvisoria un contributo in conto capitale pari all’80%, misura massima consentita dell’agevolazione, per dimensione di impresa e ubicazione; tale contributo, sulla base di un programma di investimento lire 11.661.000.000 (di cui lire 7.390.000.000 per macchinari), veniva perciò provvisoriamente deliberato in lire 8.597.490.000 (euro 4.440.233,03), come da decreto del Ministero Industria Commercio e Artigianato n. 69272 del 3/3/1999. Inoltre, all’ 3 dello stesso decreto provvisorio era previsto che "le agevolazioni sono inoltre revocate qualora, calcolati gli scostamenti negativi degli indicatori, di cui all'articolo 6, comma 4 del regolamento nell'esercizio successivo alla data di entrata a regime dell'iniziativa agevolata: a) anche uno solo di tali scostamenti superi i 30 punti percentuali; b) eseguita la somma dei suddetti scostamenti negativi e rapportata la stessa al numero degli indicatori suscettibili di variazione, la media degli scostamenti così determinata superi i 20 punti percentuali. Per l’erogazione definitiva, veniva adottato il Decreto del Ministero delle Attività Produttive, n.120827 del 28 novembre 2002, in cui, dopo avere evidenziato che la banca concessionaria aveva effettuato erogazioni per complessive lire 6.922. 206. 000 (così suddivise: quanto a lire 2.865.830.000 in data 30 dicembre 1999; quanto a lire 2.261.730.000 in data 3 gennaio 2002; quanto a lire 1.794.646.000 in data 4 febbraio 2002), tenuto conto delle variazioni apportate agli investimenti, decretava la concessione, in via definitiva, del contributo in conto capitale di euro 4.126.407,99, disponendo altresì disimpegno della quota a saldo di euro 313.825,05 (allegato 93). In tali provvedimenti era puntualmente richiamato l’ articolo 7, comma 2, del regolamento secondo cui: “. Ciascuna delle due o tre quote e' erogata dalla banca concessionaria subordinatamente all'effettiva realizzazione della corrispondente parte degli investimenti, eccezion fatta per la prima, che puo' anche essere erogata a titolo di anticipazione, previa presentazione di fidejussione bancaria o polizza assicurativa irrevocabile, incondizionata ed escutibile a prima richiesta, di importo pari alla somma da erogare e di durata adeguata”. Tanto premesso, è evidente che nei fatti sopra accertati si ravvisano certamente gli elementi costitutivi del reato previsto e punito dall’articolo 640 bis c.p. Gli artifici sono rappresentati dall’utilizzo delle false fatture con le relative quietanze di pagamento rilasciate dalla Euromec, con cui ****, nella sua qualità di amministratore della Modacolor, faceva apparire alla banca concessionaria, e quindi al Ministero, di aver effettuato investimenti così come programmati anche in relazione alla spesa, sebbene il costo effettivo fosse pari a circa la metà. L’induzione in errore era ulteriormente sostenuta dalla documentazione del movimento di danaro versato all’apparente fornitrice, la quale, immediatamente dopo, lo restituiva sottobanco ai soci della Modacolor (il cosiddetto flusso di ritorno). L’ingiusto profitto derivava dal fatto che la banca concessionaria, così indotta in errore, riteneva documentate spese in misura doppia di quella effettiva e, di conseguenza, erogava contribuzioni specularmente raddoppiate rispetto all’importo meritevole di finanziamento. In altri termini, si può dire più semplicemente che il contributo per l’acquisto di macchinari veniva commisurato ad un valore che, così come documentato attraverso l’esibizione delle fatture false e delle quietanze rilasciate dalla ditta compiacente, era artificiosamente raddoppiato rispetto a quello effettivo, sicché, ottenuta conseguentemente l’integrale liquidazione, al **** rimaneva una ingiusta locupletazione con pari danno per l’ Ente contribuente. E’ perciò evidente che le erogazioni della seconda e terza quota erano dunque causalmente riconducibili alla precedente presentazione delle fatture false rilasciate e quietanzate dall’Euromec, attraverso le quali la Modacolor, inducendo in errore la banca concessionaria, simulava spese maggiori, pur avendole in realtà sostenute in misura dimezzata. Dunque non coglie nel segno l’osservazione difensiva secondo cui, data l’insorgenza del diritto al momento di approvazione del finanziamento, l’evento ingiusto astrattamente ipotizzabile sarebbe - al più – l’aver evitato (rectius: tentato di evitare) la revoca del finanziamento, prevista per lo scostamento dagli indici, desumendosi da ciò la configurazione di un fatto diverso da quello contestato. Questa ipotesi di revoca – peraltro verificata - è evidentemente solo un’ulteriore conseguenza della truffa, già integrata in tutti i suoi elementi costitutivi; non può essere perciò considerata quale evento consumativo della truffa, meglio individuabile nell’ottenimento, mediante artifici, della seconda e terza quota di contributo e soprattutto nel saldo finale. La difesa ha poi prospettato, con scarsa ragione, il diverso inquadramento nella fattispecie di cui all’art. 316 ter c.p.. La distinzione tra il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni e quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, va ravvisata nella mancata inclusione tra gli elementi costitutivi del primo reato della induzione in errore del soggetto passivo. Pertanto qualora l'erogazione consegua alla mera presentazione di una dichiarazione mendace senza costituire l'effetto dell'induzione in errore dell'ente erogante circa i presupposti che la legittimano, ricorre la fattispecie prevista dall'art. 316 ter cod. pen. e non quella di cui all'art. 640 bis cod. pen. .2 Laddove invece l’autore non si sia limitato a rendere dichiarazioni mendaci, ma abbia predisposto una serie di artifici, che abbiano indotto in errore il soggetto passivo, ricorre la truffa. L’errore della prospettazione difensiva, peraltro frequente in processi sulla stessa materia, consiste nel sovrapporre un elemento della condotta che può essere comune ad entrambe le fattispecie, ovvero la dichiarazione falsa ovvero la presentazione di falsi documenti, trascurando altro elemento che connota esclusivamente la truffa, ovvero l’induzione in errore. Si impone tuttavia una lettura più approfondita, considerato che la costruzione del delitto di cui all'art.316 ter c.p. come un'ipotesi speciale di truffa finirebbe per vanificare l'intento del legislatore che, anche in adempimento di obblighi comunitari, aveva perseguito l'obiettivo di espandere ed aggravare la responsabilità per le condotte decettive consumate ai danni dello Stato o dell'Unione europea; mentre proprio tali condotte risulterebbero invece punite meno severamente a norma dell'art. 316 ter comma 1 c.p. o addirittura sottratte alla sanzione penale a norma dell'art. 316 ter comma 2 c.p. nei casi di minore gravità. Ora non v'è dubbio che il legislatore del 2000, quando ha inserito nel codice penale l'art. 316 ter, ha ritenuto appunto di estendere la punibilità a condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa. Ed allora, come si distinguono in concreto le due fattispecie? Occorre partire dalla considerazione che la realizzazione dell’inganno mediante il falso è l’elemento che caratterizza la truffa, cosicché l'ambito di applicabilità dell'art. 316 ter c.p. è circoscritto a situazioni come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l'autore della disposizione patrimoniale. In effetti, in molti casi, il procedimento di erogazione delle pubbliche sovvenzioni non presuppone l'effettivo accertamento da parte dell'erogatore dei presupposti del singolo contributo; ma ammette che il riconoscimento e la stessa determinazione del contributo siano fondati, almeno in via provvisoria, sulla mera dichiarazione del soggetto interessato, riservando eventualmente a una fase successiva le opportune verifiche. Sicché in questi casi l'erogazione può non dipendere da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell'erogatore, che in realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale dichiarazione del richiedente. D'altro canto l'effettivo realizzarsi di una falsa rappresentazione della realtà da parte dell'erogatore, con la conseguente integrazione degli estremi della truffa, può dipendere, oltre che dalla disciplina normativa del procedimento, anche dalle modalità effettive del suo svolgimento nel singolo caso concreto. E quindi l'accertamento dell'esistenza di un'induzione in errore, quale elemento costitutivo del delitto di truffa, ovvero la sua mancanza, con la conseguente configurazione del delitto previsto dall'art. 316 ter c.p., è questione di fatto, che risulta riservata al giudice del merito. Nel caso concreto, le erogazioni della seconda, terza quota e saldo, sono state effettuate a stati di avanzamento ed a consuntivo, dopo che la banca concessionaria ha verificato la realizzazione della corrispondente parte di investimenti, mediante la consultazione della documentazione esibita dal ****. Come si è già ampiamente detto, la suddetta verifica è stata viziata da errore determinato da artifici e raggiri, consistiti nel prospettare e documentare spese per investimenti in macchinari artatamente gonfiate. Si sottolinea che le rete degli artifici non si è limitata alla presentazione delle fatture false, ma è stata così abilmente tessuta a tal punto da far figurare addirittura il versamento dell’intero importo fatturato e quietanzato, mediante la documentazione di tutti i passaggi di danaro dalla Modacolor alla Euromec; salvo poi ottenere la restituzione del sovrapprezzo attraverso il flusso di ritorno, ovviamente avvenuto sottobanco ed all’insaputa del verificatore. L’ente deputato alla verifica degli investimenti, propedeutica al rimborso della spesa, è stato in tal modo indotto in errore, ed in conseguenza dell’errore ha consentito l’erogazione del contributo. E’ da escludere altresì la configurabilità del reato previsto e punito dall’articolo 316 bis c.p., quantomeno riguardo alla erogazione della seconda, terza quota e saldo del contributo statale. La norma punisce “Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità”. È evidente perciò che l'art. 316 bis c.p., essendo inteso a reprimere la distrazione dei contributi pubblici dalle finalità per le quali erano stati erogati, non può che riferirsi appunto alla malversazione dei contributi distraendoli dal vincolo di destinazione. Gli art. 316 ter e 640 bis c.p., sono entrambi destinati a reprimere la percezione di per sé indebita dei contributi, indipendentemente dalla loro successiva destinazione. L’ipotesi di cui all’articolo 316 bis sarebbe riferibile, al più, in relazione alla prima quota se versata in acconto; in tal caso infatti prima del versamento non risulterebbe posto in essere alcun artificio; il beneficiario avrebbe solo successivamente distratto l’acconto ricevuto dalla finalità per cui era stato riconosciuto. Tale configurazione però non si attaglia alle erogazioni della seconda, terza quota e saldo, effettuate a stati di avanzamento ed a consuntivo, ovvero subordinatamente alla verifica da parte della banca concessionaria in ordine alla effettiva realizzazione della corrispondente parte di investimenti. Come si è già ampiamente detto, il benestare della banca concessionaria -avvenuto in data 3 dicembre 2001 - ed il conseguente versamento delle ulteriori quote (non più in acconto, ma a consuntivo) è stato ottenuto con artifici e raggiri, consistiti nel prospettare e documentare falsamente alla banca spese per investimenti in macchinari artatamente gonfiate. Dunque nel caso di specie, l’induzione in errore ha determinato la percezione del contributo; e non si è trattato perciò di una semplice malversazione, non preceduta da artifici. LA CONSUMAZIONE DEL REATO. E’ altresì rilevante stabilire il momento consumativo del reato, essendo stata eccepita la prescrizione e dovendosi eventualmente altresì stabilire se ed in quale misura possa applicarsi la confisca per equivalente, com’è noto introdotta con legge n. 300 del 2000. In particolare, occorre stabilire se, quando le somme siano erogate in più rate o quote, si versi in ipotesi di reato continuato o viceversa di consumazione "prolungata". Si è affermato che il momento consumativo del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche coincide con quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine dell'aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione prolungata.3 E ciò perché il soggetto agente manifesta sin dall'inizio la volontà di realizzare un evento destinato a durare nel tempo, e quindi il momento consumativo del reato coincide con quello della cessazione dei pagamenti, che segna la fine dell'aggravamento del danno". 4 Nel concreto caso, dunque si deve precisare che il momento iniziale va individuato nella realizzazione della condotta truffaldina, consistita nella esibizione delle fatture false, e nell’allestimento della rete di artifici, consistiti nella allegazione di quietanza liberatoria, nella documentazione di pagamenti (che poi sarebbero in parte rientrati sottobanco), tali da indurre in errore l’ente verificatore sulla erogabilità della seconda e terza quota e del saldo; la consumazione coincide con il versamento del saldo, avvenuto con bonifico del 12 marzo 2003. A partire da questa data e fino a quella della decisione, non è ancora decorso il termine necessario a prescrivere e l’intera condotta si è consumata sotto il vigore della legge n. 300 del 2000. Non pertinente appare il richiamo alla nota decisione che, sempre in tema di erogazioni periodiche, ha ravvisato la consumazione nel momento costitutivo del rapporto, escludendo la configurabilità di una consumazione prolungata in relazione alla percezione dei ratei successivamente maturati. In quel caso infatti, esattamente all’opposto della questione controversa in questa sede, l’ingiustizia del danno era circoscritta alla fase costitutiva del rapporto, e non anche al suo successivo svolgimento, connotato comunque da prestazioni sinallagmatiche la cui remunerazione trovava una ragione nei principi dell’arricchimento sine causa .5 Invece nel caso oggetto di esame gli artifici e raggiri sono stati posti in essere, nella fase esecutiva del rapporto, dopo l’adozione del decreto di concessione provvisoria del finanziamento e al fine di ottenere le quote in stato di avanzamento, la cui erogazione, proprio perché frutto di una falsa rappresentazione, non poteva in alcun modo essere considerata dovuta. In conclusione, al cospetto di una montagna di indizi di colpevolezza gravi precisi e concordanti; e in assenza di spiegazioni alternative dotate di credibilità razionale, si deve concludere per la compiuta dimostrazione degli elementi costitutivi del reato contestato. I SOGGETTI. E’ indubbia l’ascrivibilità dei fatti a ****, promotore dell’intera vicenda criminosa: in qualità di amministratore unico della Modacolor conduce le trattative con i fornitori stranieri e controfirma la corrispondenza in cui indica il soggetto fittiziamente interposto a cui intestare i macchinari; presenzia alla verifica della spesa da parte della banca concessionaria, esibendo le false fatture; autocertifica di aver sostenuto gli investimenti nella misura artificiosamente maggiorata. Tali circostanze, dimostrano, con evidenza matematica, la riconducibilità al medesimo **** dei fatti contestati al capo A), sia nella fase della programmazione, sia in quella della esecuzione. Diversamente è a dirsi per ****, **** e ****. A costoro infatti si contesta il concorso nella fase esecutiva, rispettivamente consistito, per il ****, nell’essersi prestato ad emettere le fatture che dissimulavano una interposizione fittizia finalizzata a maggiorare i costi e, per gli altri due, nell’aver ricevuto in qualità di soci della Modacolor alcuni assegni costituenti il flusso di ritorno del danaro restituito dalla Euromec. Non è neppure contestata alcuna condotta tipica, bensì un contributo dall’esterno su richiesta del dominus dell’intera operazione criminosa, limitato ad elementi di contorno della fase esecutiva. Il loro operato assume connotati molto simili al concorso esterno in reati programmati esclusivamente - ed eseguiti prevalentemente - da terzi. Nella materia sono stati affermati alcuni principi meritevoli di condivisione anche con riferimento alla fattispecie esaminata. Com’è noto, il nucleo centrale significativo del concorso di persone nel reato si fonda sui seguenti principi. La funzione incriminatrice dell'art. 110 c. p. (mediante la combinazione della clausola generale in essa contenuta con le disposizioni di parte speciale che prevedono le ipotesi-base di reato) consente di dare rilevanza e di estendere l'area della tipicità e della punibilità alle condotte, altrimenti atipiche, di soggetti "esterni" che apportino un contributo causalmente rilevante. E’ tuttavia necessario, da un lato, che siano realizzati, nella forma consumata o tentata, tutti gli elementi del fatto tipico di reato descritto dalla norma incriminatrice di parte speciale e che la condotta di concorso sia oggettivamente e soggettivamente collegata con quegli elementi; - dall'altro, che il contributo atipico del concorrente esterno, di natura materiale o morale, diverso ma operante in sinergia con quello dei partecipi interni, abbia avuto una reale efficienza causale, sia stato condizione "necessaria" - secondo un modello unitario e indifferenziato, ispirato allo schema della condicio sine qua non proprio delle fattispecie a forma libera e causalmente orientate - per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione dell'evento lesivo del bene giuridico protetto. La particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta infine, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volontà di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell'evento lesivo del "medesimo reato".6 Ci si chiede perciò se, sotto questo profilo, nel quadro della truffa congegnata da ****, i concorrenti “esterni”, si siano resi compiutamente conto dell'efficacia causale della propria attività di sostegno ed abbiano perciò voluto contribuire alla realizzazione del programma criminoso del principale autore. Ad avviso del Tribunale residua un margine di dubbio, per il fatto che il contributo diretto a mascherare la falsa sovrafatturazione poteva essere diretto anche ad altre finalità, quale ad esempio la frode fiscale; ma già tale l’ambivalenza non risolve il dubbio in ordine alla consapevolezza della truffa di cui al capo A). Oltre a ciò, assume rilevanza, per solo il ****, l’estraneità alla compagine sociale che si è avvantaggiata dell’evento truffaldino; per **** e **** l’estraneità alla vita della stessa compagine, gestita con assoluta padronanza da ****. Residua perciò un dubbio, esiguo ma ragionevole, sulla necessaria consapevolezza da parte di **** Eugenio, Speranza Antonietta e **** in ordine al programma truffaldino, predisposto ed attuato da ****; i tre vanno mandati assolti dalla contestazione sub A) per non aver commesso il fatto. I REATI CONTESTATI DA B) a O) . Secondo le contestazioni riassunte in epigrafe, il signor ****, nella qualità di amministratore unico della Modacolor s.r.l. e della Tessil Pizzi s.r.l., con l’ausilio di ****, ****, **** e ****, soggetti che di volta in volta emettevano false fatture, poneva in essere un sistema diretto ad evadere le imposte attraverso le cosiddette “frodi carosello”, indicando nella dichiarazione dei redditi elementi passivi fittizi riconducibili a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, relative ad acquisti intracomunitari; inoltre, non solo evadeva totalmente l’imposta sul valore aggiunto, ma addirittura portava artificiosamente in compensazione il corrispondente importo nel modello F.24, causando un ingiusto danno all’Erario. Quanto al capo B), si tratta delle stesse fatture numeri 1 e 2 del 28/8/2000 e del 12/10/2000 emesse dalla Euromec di **** in favore della Modacolor, già superiormente illustrate dal teste ****, e di cui si è ampiamente dimostrata l’interposizione fittizia in acquisto intracomunitario; occorre solo aggiungere che in relazione a tale condotta è stata altresì acquisita la relativa dichiarazione ai fini IVA da parte della Modacolor e, su accordo delle parti, la verifica effettuata dalla Guardia di Finanza, prodotta all’udienza del 12 novembre 2008, da cui risulta invece che la Euromec non ha mai presentato alcuna dichiarazione annuale relativa ad imposte sui redditi o sul valore aggiunto, risultando evasore totale. La ricostruzione delle altre condotte è stata affidata alla testimonianza di ****, maresciallo della Guardia di Finanza, il quale ha illustrato la documentazione rinvenuta e sequestrata, evidenziando altresì gli ulteriori elementi di riscontro appurati nel corso delle investigazioni. Il metodo di accertamento si è basato sul confronto delle operazioni documentate da ciascuna fattura, con dati extracontabili e con gli esiti di accertamenti e visure. In particolare, nel corso della verifica fiscale, è stata rinvenuta la fattura n.17 emessa il 31 ottobre 2001 dalla Euromec nei confronti Tessil Pizzi s.r.l., con imponibile pari a euro 346.026,00 oltre Iva del 20% pari a 69.205,00 euro, per un totale di euro 415.231,00, annotata tra i beni ammortizzabili sul registro degli acquisti ed avente ad oggetto il macchinario con numero di matricola 70369. In proposito il testimone ha precisato che, per mero errore, riconosciuto in sede di accertamento, sulla fattura era erroneamente riportato il numero di matricola 76651, benché - come verificato dal riscontro diretto sul macchinario oggetto di fatturazione - il numero esatto era quello di 70369. Per questa operazione, è stata scoperta documentazione extracontabile, ed in particolare la corrispondenza intercorsa dalla Tessil Pizzi e la Karl Mayer, datata 25 ottobre 2001, dove venivano concordati i prezzi di vendita e le modalità di consegna del medesimo bene strumentale. Il riferimento è al un fax in lingua inglese spedito dalla Karl Mayer alla Tessil Pizzi in data 23 ottobre 2001, documento in allegato 103, dove si evidenzia il prezzo dato di 40.000 sterline per ciascun telaio; inoltre altro fax in lingua italiana datato 25 ottobre 2001, proveniente dalla ditta Orsi, rappresentante italiana della stessa fornitrice, diretto alla Tessil Pizzi in cui si conferma il prezzo di 80.000 sterline per due telai (allegato 104). Dopo pochi giorni, e precisamente il 29 ottobre 2001, la Karl Mayer – conformemente agli accordi raggiunti con il **** -, emetteva fattura alla Euromec, avente ad oggetto lo stesso macchinario con matricola 70369, ceduto al prezzo di 40.000 sterline (allegato 105). L’interposizione fittizia della Euromec, è stata ulteriormente riscontrata dal ritrovamento del documento in allegato 106, relativo a una corrispondenza in lingua inglese intercorsa tra la Tessil Pizzi e Mister Lener, in cui la società amministrata dal **** richiedeva letteralmente alla Karl Mayer: ”per il momento registra solo la macchina con matricola numero 70369 nella seguente maniera: spedisci la fattura per il pagamento a noi, al numero 0984/937156, ma registra la fattura intestandola alla Euromec s.r.l.”. In sintesi con riferimento al macchinario 76369, contabilmente risulta che Tessil Pizzi ha acquistato da Euromec per il prezzo complessivo di euro 415.231,00 Iva compresa; laddove invece, sulla base dei documenti extracontabili, relativi alle fasi delle trattative e di esecuzione del contratto, è stato accertato che il prezzo corrisposto direttamente da Tessil Pizzi al fornitore estero era di sterline 40.000, facendo figurare come acquirente la Euromec fittiziamente interposta. Lo stesso modus operandi è stato constatato nei rapporti tra la Tessil Pizzi, amministrata da ****, e la Ital Mec di ****. I fatti accertati sono documentati dagli allegati al verbale di constatazione del 27 dicembre 2004 (documento 101). Il teste ha aggiunto che nel corso della verifica è stata rinvenuta la fattura n.133 del 31 ottobre 2001 con riferimento al macchinario con matricola 76326, emessa dalla Ital Mec nei confronti della Tessil Pizzi, con un imponibile di 703.000.000 di lire, oltre Iva al 20% per lire 140.600.000, bene acquistato con il credito d'imposta di cui all'articolo 8 della legge 388 del 2000, mediante presentazione del modello F24 del mese di novembre 2001. Contabilmente la Italmec – apparente fornitore - riceveva da Tessil Pizzi, per questo macchinario, un importo complessivo di lire 843.600.000, Iva compresa (documento 101/all.32). Nella documentazione ritrovata nel corso della verifica, si evidenziava un riscontro extracontabile tra la Tessil Pizzi e la Intermediazioni service, attinente ad una richiesta di leasing per l'acquisto di alcuni macchinari tra cui anche quello in oggetto, con numero di matricola 76326. In questa richiesta, la Tessil Pizzi rappresentava alla Intermediazioni service la richiesta di un leasing per l'acquisto di tre telai usati per un importo complessivo di 910.000 marchi tedeschi. Veniva riportato dettagliatamente il costo di ciascun telaio e, con riferimento a quello numero 76326, si indicava il prezzo di 340. 000 marchi tedeschi, e l'anno di fabbricazione del 1991 (documento 101/all.34). Un altro riscontro extracontabile era costituito dal documento di trasporto di questo bene strumentale, redatto dalla commerciale di ****, avente come destinatario la Italmec, ma come luogo di destinazione, la sede della Tessil Pizzi (documento 101/all.34). In sintesi, con riferimento al macchinario 76326, contabilmente risulta che Tessil Pizzi ha acquistato da Ital Mec per il prezzo complessivo di lire 843.600.000, Iva compresa; laddove invece, sulla base dei documenti extracontabili, relativi alle fasi delle trattative e di esecuzione del contratto, è stato accertato che il prezzo corrisposto direttamente da Tessil Pizzi al fornitore estero era di sterline 340.000 marchi tedeschi, facendo figurare come acquirente la Ital Mec fittiziamente interposta. Sempre in relazione ai rapporti con la Ital Mec, è stata rinvenuta la fattura n.163, emessa il 30 novembre 2001, per un importo di euro 434.000, con Iva al 20%, regolarmente annotata nella contabilità della Tessil Pizzi, avente ad oggetto il macchinario per la tessitura di filo con matricola 71556 (allegato 19 al verbale di sequestro del 27/12/04). Il dato extracontabile è costituito dalla corrispondenza intercorsa tra la Tessil Pizzi e la Orsi (rappresentante sul territorio nazionale della fornitrice tedesca Karl Mayer) che riportava letteralmente il seguente accordo: "come da accordi telefonici tra il signor **** e il signor Trivero, confermiamo l'ordine relativo alle tre macchine Mayer per il prezzo complessivo di 315.000 marchi. Di seguito indichiamo il numero di matricola dei macchinari oggetto dell'ordine: matricola n. 70821, 71556 e 71557” (documento 101/all.27). Dalla lettura della corrispondenza, emerge chiaramente che l’accordo contemplava l’acquisto effettuato da Tessil Pizzi direttamente dalla Karl Mayer (rappresentata dalla Orsi), avente ad oggetto tre macchinari – con matricole numero 7821, 71556 e 71557 – al prezzo complessivo di 315.000 marchi tedeschi. Per queste macchine, oltre alla suindicata fattura 163 relativa al solo macchinario 71556, sono state rinvenute, la fattura n.183 del 31 dicembre 2001, emessa dalla Italmec nei confronti di Tessil Pizzi, per il corrispettivo di lire 840. 000. 000, avente ad oggetto il macchinario con matricola 70821 (documento 101/all.26); nonché la fattura n.99 del 31 dicembre 2001, emessa dalla SIRT s.r.l. nei confronti della stessa Tessil Pizzi, per il corrispettivo di lire 841.200.000, avente ad oggetto il macchinario con matricola 71557, descritto come nuovo (documento 101/all.26). In sintesi, a fronte di un prezzo contabile, per le tre macchine, di circa 2 miliardi e 100 milioni di vecchie lire, oltre IVA, apparentemente versati dalla Tessil Pizzi ai soggetti fittiziamente interposti, risalta un dato extracontabile relativo ad un prezzo di appena 315.000 marchi tedeschi (circa 320 milioni di lire) corrisposto dalla stessa Tessil Pizzi alla fornitrice estera Karl Mayer. Le fatture emesse dai soggetti fittiziamente interposti, venivano considerate ai fini della determinazione del credito d'imposta, utilizzato in compensazione dei debiti di imposta nei modelli F24 presentati, secondo lo schema riassuntivo riportato a pagina 18 del verbale di constatazione (documento 101). Il teste ha poi riferito, in relazione al macchinario di cui alla fattura n.133, che il telaio risultava essere dell’anno 1991 e quindi che lo stesso era presumibilmente usato; pertanto, non poteva essere considerato nella determinazione del credito di imposta, posto che la legge 388/2000 istitutiva della agevolazione, stabilisce che la fruizione della stessa è subordinata alla condizione che l’acquisto abbia ad oggetto beni strumentali nuovi. Lo stesso modus operandi è stato constatato nei rapporti tra la Tessil Pizzi, amministrata da ****, e la Edil Mec s.r.l. di ****. Il teste ha fatto specifico riferimento alle modalità di acquisto di quattro telai per la lavorazione di materiale tessile, con numeri di matricola 70491, 70494, 68874, 68883. Per questi, ha richiamato la fattura in acconto n. 40 del 17 giugno 2002, emessa dalla Edil Mec alla Tessil Pizzi per un imponibile pari a euro 50.000,00 oltre IVA al 20%, e perciò di importo complessivo pari a euro 60.000,00 ; oltre a ciò, la fattura a saldo n. 55 del 29 giugno 2002, emessa per un importo complessivo di 1.086.000,00 euro, oltre ad IVA con aliquota del 20% e pari a 217.200,00 euro, e quindi complessivamente 1.303.200,00 euro (allegati 12 e 13 del verbale di sequestro 27/12/2004). A fronte del suddetto dato contabile, è stato trovato, quale riscontro extracontabile della operazione oggettivamente inesistente, la corrispondenza tra la Twistex con sede in Francia e la Tessil Pizzi, rivolta all'attenzione del signor ****, dove era scritto testualmente: "Carissimo Signor ****, come promesso, le spediamo qui inclusi i documenti seguenti: fattura numero 9092 e documento di trasporto” (allegati 110 – 111 e 112). Nella fattura della Twistex - acquisita in allegato 111- formalmente intestata alla Edil Mec, avente ad oggetto i macchinari con matricola 70491 - 70494 - 68874 e 68883, era riportato il prezzo complessivo di euro 278.000,00 per i quattro telai comprensivi di accessori. Veniva altresì rinvenuto la documentazione relativa alla Packing list, comprovante la consegna direttamente dal fornitore estero alla Tessil Pizzi (documenti prodotti dal P.M. all’udienza del 7/6/2008). In sintesi, per gli stessi telai, è stata rinvenuta documentazione extracontabile comprovante l'acquisto presso fornitori esteri per il prezzo complessivo di euro 278.000,00, laddove invece contabilmente risulta che la Tessil Pizzi ha corrisposto alla Edil Mec l’importo complessivo di euro 1.326.200,00. Oltre alle due fatture nn. 40 e 55 per i quattro macchinari, è stata ritrovata la fattura n. 154 per un quinto macchinario con matricola numero 77391 emessa dalla Edil Mec nei confronti della Tessil Pizzi in data 31 dicembre 2002 per imponibile di 160.000,00 euro, oltre Iva al 20%, e quindi complessivamente di 192.000,00 euro. Il riscontro extracontabile è costituito dai documenti acquisiti ai numeri 107, 108 e 109. Il 107 ha ad oggetto documentazione attestante la corrispondenza intercorsa tra la Tessil Pizzi e la Orsi (rappresentante Karl Mayer), nella quale si specifica: “in riferimento alla macchina con matricola 77391, anno 1992, confermiamo l'acquisto per euro 72. 000,00”. Il documento in allegato 108 riguarda la corrispondenza intercorsa tra la Tessil Pizzi e la Karl Mayer in lingua inglese, del seguente tenore : “ vi comunichiamo le nostre referenze in merito alla fattura numero 02/1471 da intestare non alla Tessil Pizzi ma alla seguente società : Edil Mec s.r.l.” . Ed in effetti, seguiva l’emissione della fattura 02/1471 relativa allo stesso macchinario n. 77391, redatta secondo le indicazioni fornite dalla Tessil Pizzi, per un corrispettivo di euro 72.000,00, e dove, nello spazio riservato alla destinazione, era riportata una correzione da Tessil Pizzi in Edil Mec s.r.l (allegato 109). ALTRI DOCUMENTI. Oltre ai documenti richiamati dal teste Lo Martire nel corso della sua deposizione, contenuti nel fascicolo del dibattimento ai numeri di allegazione sopra indicati, sono stati altresì acquisiti i seguenti. - Le dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, relative alla Modacolor ed alla Tessil Pizzi dei periodi in contestazione, acquisite ai sensi dell’articolo 507 c.p.p all’udienza del 3/12/08, perché costituenti corpo del reato. - I modelli F24 utilizzati anche per la compensazione del credito di imposta ex lege n.388/2000 relativi alla Tessil Pizzi s.r.l., prodotti all’udienza del 12/11/08. - Le visure effettuate nei confronti della Euromec s.r.l. e della Edil Mec s.r.l., attestanti l’omessa presentazione delle dichiarazioni ai fini Iva e imposte sui redditi, per l’intero periodo della loro attività di esercizio, acquisite – previo consenso delle parti – all’udienza del 12/11/08. - Il verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza in data 27/12/04. LA VALUTAZIONE IN FATTO. Le prove raccolte dimostrano, con assoluta certezza, che l’imputato ****, dominus della Modacolor e della Tessil Pizzi, si approvvigionava di macchinari da paesi comunitari facendo figurare come acquirente non già il destinatario finale ed effettivo della merce ma un soggetto giuridico fittizio, all'uopo predisposto; questo era anche quello tenuto, in quanto primo acquirente sul territorio dello Stato, a riscuotere l'IVA all'atto della rivendita dei macchinari e a versarla all'Erario. Ma in realtà si trattava di un soggetto esistente solo sulla carta, destinato in modo preordinato a non versare l'IVA, il cui importo era così rimesso al destinatario effettivo della merce con la conseguente evasione. Come emerge dalla testimonianza del ***, dai documenti extracontabili, e dai dati oggettivi contenuti nel verbale di constatazione, le relative fatture emesse per gli stessi macchinari dal soggetto fittiziamente interposto, con importi pure artificiosamente maggiorati, risultavano regolarmente annotate in contabilità ed utilizzate per documentare elementi passivi fittizi, indicati nella dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e sul valore aggiunto presentata da ****, in nome e per conto delle due società, Modacolor e Tessil Pizzi, dal medesimo rappresentate. Quanto all’interposizione fittizia, che mascherava l’inesistenza a livello soggettivo delle operazioni riportate nelle fatture sopra richiamate, la stessa si desume, per la Euromec dai numerosissimi indizi dotati di gravità precisione e concordanza, già illustrati nella disamina della condotta contestata al capo A). Per quanto riguarda l’interposizione fittizia delle altre società che apparentemente sono intervenute nell’acquisto di macchinari all’estero, valgono le seguenti osservazioni, utili a dissolvere ogni dubbio sul fatto che l’acquisto dei predetti macchinari sia stato effettuato direttamente da ****, in rappresentanza delle società da lui amministrate. Egli infatti, nella predetta qualità, ha gestito l’intera fase esecutiva del rapporto contrattuale, ponendosi come interlocutore esclusivo e soggetto direttamente obbligato anche in relazione ai pagamenti. Sono state addirittura rinvenute presso la Modacolor e la Tessil Pizzi le lettere con cui si concordano i prezzi, il luogo e le modalità di consegna presso il vero acquirente; e si richiede che l’intestazione dei documenti contabili venga effettuata in nome di un soggetto del tutto estraneo alle trattative. Per tutte le fatture emesse dai soggetti interposti, si assiste ad una pedissequa ripetizione dei dati, salvo il prezzo che viene artificiosamente gonfiato rispetto a quelle provenienti dal fornitore estero, senza alcun accenno ad interventi di adeguamento o di mera installazione ascrivibili al terzo interposto. Le liste di consegna dei macchinari, ovvero la Paking list compilata dalla fornitrice estera recavano come destinatario direttamente la Modacolor e la Tessil Pizzi; escludendosi perciò un passaggio intermedio presso ipotetici impianti degli interposti. Per due di queste, ricorre un altro elemento particolarmente significativo del fatto che si trattasse esclusivamente di “società cartiere”: come accertato dalla Guardia di Finanza (verifica di cui al verbale del 5/11/2008, acquisita all’udienza del 12/11/2008 con il consenso delle parti), sia la Euromec che la Edil Mec, per l’intera durata della propria attività, non presentavano alcuna dichiarazione ai fini IVA e Imposte dirette, risultando evasori totali. Tutto ciò sta a dimostrare il completo asservimento alle finalità illecite intessute dal **** per evadere le imposte, con il meccanismo della cosiddetta “frode carosello”. La difesa, con riferimento ai reati fiscali, peraltro prossimi alla prescrizione, si è limitata ad aggiungere – in punto di fatto – che gli accertamenti della Guardia di Finanza, sarebbero stati smentiti da una decisione della Commissione Tributaria Provinciale, prodotta in giudizio. E’ noto che sussiste assoluta indipendenza tra i due giudizi, come si desume altresì dal tenore dell’articolo 654 c.p.p.; tuttavia, per sola completezza, occorre comunque ribadire che non possono essere condivise le argomentazioni contenute nella sentenza, un po’ originale, con cui la Commissione Tributaria si è limita ad escludere l’ipotizzata inesistenza delle operazioni, sol perché i macchinari vennero trovati presso la sede della Tessil Pizzi, trascurando che la contestazione riguardava l’interposizione fittizia strumentale ad una “frode carosello”, e quindi l’inesistenza soggettiva dell’operazione, accompagnata da evasione dell’IVA, mai versata dalla “società cartiera”, ed invece addirittura compensata nel modello F 24 dalla effettiva acquirente. LA VALUTAZIONE IN DIRITTO. I reati tributari contestati ai prevenuti e compiutamente accertati nelle componenti fattuali sono quelli dati sia dalla "emissione" che dalla "utilizzazione" delle fatture per operazioni inesistenti, fatture registrate nella contabilità del soggetto utilizzatore e confluite fra i costi rilevanti nella predisposizione delle dichiarazioni dei redditi presentate. L’evasione dell’imposta sul valore aggiunto si è realizzata attraverso l’interposizione di società "cartiere" destinate ad apparire, attraverso l’emissione di fatture di vendita nei confronti delle società effettive destinatarie degli acquisti, debitrici dell’Iva verso l’Erario, imposta poi indebitamente mai versata, con conseguente danno patrimoniale a carico dello stesso Erario. Oltre a ciò è stato accertato che il **** ha portato in compensazione, quale credito di imposta derivante dall’acquisto di macchinari ammessi al beneficio di cui alla legge 388/2000, quello calcolato utilizzando gli importi risultanti dalle fatture artificiosamente gonfiate. I punti controversi in diritto, riguardano essenzialmente la configurabilità del concorso di reati tra il delitto di cui all’articolo 2 D.Lvo 74/2000, contestato ai capi B), C) e D, e quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640 bis c.p., contestato al capo A). Non sorgono dubbia sulla effettiva ravvisabilità del concorso. Infatti, come insegna la Suprema Corte, il delitto di frode fiscale può concorrere, attesa l'evidente diversità del bene giuridico protetto, con quello di truffa comunitaria, purché allo specifico dolo di evasione si affianchi una distinta ed autonoma finalità extratributaria non perseguita dall'agente in via esclusiva, essendo diversi i soggetti passivi tratti in errore e diversi i patrimoni aggrediti; e specificamente nel caso in cui un soggetto ottenga, attraverso l'artificio di utilizzare fatture passive per operazioni inesistenti, oltre ad un indebito rimborso dell'imposta sul valore aggiunto e/o il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta, anche la concessione di un contributo pubblico per l'acquisto di beni strumentali. 7 Il principio è stato recentemente confermato, con riguardo ad un caso – assolutamente corrispondente a quello in esame - in cui le fatture erano state emesse da una società fittiziamente fatta figurare come acquirente di merci provenienti dall'estero e quindi tenuta a riscuotere, all'atto della rivendita, l'IVA dovuta per l'importazione, per versarla quindi all'Erario; adempimento, questo, che, però, risultava sistematicamente omesso, con la conseguenza che le relative somme venivano incamerate dagli effettivi destinatari delle merci importate.8 Più problematica è la questione relativa alla configurabilità del concorso tra il delitto di cui all’articolo 2 D.Lvo n.74/2000 e la truffa aggravata ai danni dello Stato, contestata ai capi G), H), I), L), relativa alla illecita compensazione nel modello F24 del credito di imposta determinato sulla base delle fatture emesse da soggetti fittiziamente interposti, con artificiosa maggiorazione degli importi addebitati, posto che in entrambe le ipotesi unico obiettivo dell’autore è quello di evadere le imposte; questione sollevata in discussione dalla difesa ****. Sul punto si alternano in giurisprudenza due orientamenti. Recentemente si è affermato che in tema di rapporti fra il reato di frode fiscale, di cui all'art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, e quello di truffa aggravata in danno dello Stato, di cui all'art. 640, comma secondo, n. 1, c. p., se per un verso deve escludersi che operi il principio di specialità di cui all'art. 15 c. p. (mancando l'identità naturalistica del fatto, dal momento che la frode fiscale richiede un artificio peculiare mentre la truffa, dal canto suo, richiede l'induzione in errore ed il danno, indifferenti per il reato tributario), deve per altro verso riconoscersi l'operatività del principio di consunzione, per il quale è sufficiente l'unità normativa del fatto, desumibile dall'omogeneità tra i fini dei due precetti, con conseguente assorbimento dell'ipotesi meno grave in quella più grave; condizione, questa, riconoscibile, nella specie, per il fatto che l'apprezzamento negativo della condotta è tutto ricompreso nella più grave ipotesi di reato, costituita dalla frode fiscale.9 La ratio sottesa alla suddetta ricostruzione è nel senso che qualsiasi condotta di frode al fisco, se non intende realizzare obiettivi diversi, non può che esaurirsi all'interno del quadro sanzionatorio delineato dalla apposita normativa. Incidentalmente si evidenza che pure in questa impostazione è comunque assodato che allorquando, attraverso l'attività di una società "cartiera", oltre all’evasione del tributo (o all’indebito rimborso), si perseguono finalità ulteriori - tipica l'ipotesi della emissione di false fatture per consentire ad un operatore di ottenere indebitamente contributi, comunitari e non - è evidente che non potrà sussistere alcun problema di rapporto di specialità fra norme, venendo in discorso una condotta finalisticamente "plurima" e tale da ledere o esporre a pericolo beni fra loro differenti. E’ tuttavia prevalente la tesi - qui condivisa - secondo cui, non sussistendo rapporto di specialità tra il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, comma secondo, c. p.) consumata a mezzo della indebita evasione dell'IVA e quello di frode fiscale, è comunque ipotizzabile il concorso di reati, sia perché il secondo non include o comprende tutti gli elementi del primo, sia perché si tratta di fattispecie volte alla tutela di interessi diversi, sia, infine, perché - quanto alla loro oggettività - nel reato di frode fiscale non occorre l'effettiva induzione in errore dell'Amministrazione finanziaria né il conseguimento dell'ingiusto profitto con danno dell'Amministrazione.10 Occorre infatti sottolineare, soprattutto a livello di interpretazione letterale, che nella frode fiscale, diversamente dalla truffa ex art. 640 co.1 c.p., non occorre la effettiva induzione in errore dell'amministrazione finanziaria ne' il raggiungimento dell'ingiusto profitto con danno dell'amministrazione; inoltre, diverso è il profilo soggettivo, cioè il dolo che, nel reato tributario è configurato nella forma del "dolo specifico" di evasione fiscale e in quello di truffa nella forma della consapevolezza e volontà dell'ingiusto profitto patrimoniale effettivamente conseguito. Le differenze di struttura determinano indubbie conseguenze nel giudizio di merito sulle condotte in concreto accertate. Nel caso in esame, ad esempio, la fattispecie criminosa contestata ai capi B, C, D è integrata dalla presentazione della sola dichiarazione fraudolenta che non implica necessariamente né l’induzione in errore e tantomeno il verificarsi dell’evento evasivo. Nella ipotesi corrispondente ai reati contestati ai capi G), H), I), L), sussiste anche l’induzione in errore, avendo il **** portato in compensazione nel Mod. F24 crediti di imposta la cui insussistenza l’Amministrazione finanziaria non avrebbe potuto desumere dal controllo automatico del modello, essendo gli stessi determinati sulla base di fatture riportanti imponibili artificiosamente gonfiati. Infatti, ai sensi dell’articolo 36 bis del DPR n.600/73, il controllo automatico dei versamenti effettuato dall’amministrazione finanziaria avviene sui dati forniti dal contribuente. L’iter argomentativo presenta profili di analogia con la linea di demarcazione tracciata dalle Sezioni Unite in diverso settore, e precisamente nel rapporto tra la sfera di applicazione dell’articolo 316 ter c.p. e quella dell’articolo 640 bis, dove l’autonomia delle due figure – come si è ampiamente illustrato in precedenza – è appunto segnata dal discrimine della induzione in errore Del resto, la linea di politica criminale che ha ispirato il legislatore nel dettare le linee portanti della modifica al D.Lgs. n. 74 del 2000 è nel senso di dare autonomia anche alla condotta diretta alla illecita compensazione del credito di imposta, come si ricava dalla introduzione dell’articolo 10 quater, in vigore dal 4/7/2006. L’evento lesivo per l’Erario è dato dall’omesso versamento di imposte a debito compensate con crediti non spettanti o inesistenti. I SOGGETTI. Per i fatti accertati, **** risponde di tutti i reati contestati, avendo personalmente presentato le dichiarazioni fraudolente; indotto in errore l’Amministrazione finanziaria in ordine alla compensazione del credito di imposta derivante dall’acquisto dei macchinari di cui alle false fatture, ottenendo l’ingiusto profitto dello sgravio fiscale con pari danno per l’Erario. Per i soggetti che hanno emesso le fatture false, ricorre solo la fattispecie prevista e punita dall’articolo 8 D.Lgs. 74/2000, contestata e accertata nei confronti di *** e *** (capi N e O); va invece esclusa per tutti, in concreto, la partecipazione nella truffa, dovendosi ritenere non provata la loro consapevolezza riguardo alla successiva utilizzazione dei documenti da parte del ****. E utile ricordare che già in linea teorica si può ben affermare che - come ha sottolineato la Corte Costituzionale - , il legislatore ha perpetuato, in via di eccezione, il vecchio modello punitivo in rapporto alla emissione di fatture per operazioni inesistenti, continuando a reprimere, con il più volte citato D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 una condotta meramente preparatoria alla evasione; e ciò per ragioni essenzialmente riconducibili alla ritenuta necessità di reprimere il fenomeno delle cosiddette "cartiere".11 Peraltro - ha ancora soggiunto il Giudice delle leggi - proprio a sottolineare la eccezionalità di tale deviazione dalle linee guida della riforma, con l'art. 9 dello stesso decreto ha testualmente escluso "la configurabilità del concorso dell'utilizzatore stesso nel fatto dell'emittente: concorso altrimenti ravvisabile nella generalità dei casi, a fronte dell'accordo tra i due soggetti, normalmente sottostante all'emissione delle false fatture". Ma ha altresì escluso - e il dato assume non poco significato, agli effetti che qui rilevano - che l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo, possa essere punibile a titolo di concorso nel reato di frode fiscale di cui all'art. 2 dello stesso decreto, proprio perché trattasi di attività prodromica. Tale connotazione, evidenzia la necessità di ulteriori elementi, in concreto non ravvisati, dovendosi, perciò escludere che la mera emissione possa comunque svelare la consapevolezza della successiva utilizzazione che abbia inteso farne il soggetto che ha ricevuto la fattura. ****, ****, **** e **** vanno perciò mandati assolti dalle contestazioni di cui ai capi G), H), I), L) per non aver commesso il fatto LE PENE E’ stata dunque accertata la colpevolezza di **** in ordine a tutti i reati a lui contestati; di **** e ****, per i soli capi N) e O) rispettivamente ascritti. Sotto il profilo sanzionatorio, con riferimento alla posizione del ****, occorre innanzitutto ritenere la continuazione tra i reati ascritti, perché realizzati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ravvisabile in considerazione della consequenzialità funzionale ed anche temporale tra le condotte. Possono concedersi al prevenuto le circostanze attenuanti generiche, per ragioni di adeguamento della pena alla concreta gravità del fatto e considerata la sua incensuratezza. Tenuto conto della gravità del danno provocato allo Stato, dell’intensità del dolo connesso ad un programma criminoso perseguito con particolare pervicacia, delle plurime violazioni, anche gravi, poste in essere, si stima di giustizia la pena di anni tre (3) di reclusione (così determinata: pena base per il reato sub A) = anni 3; - 62 bis c.p. = anni 2; + art.81 = anni 3). Segue, ope legis, l’applicazione delle pene accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/2000, comma 1, nella durata di anni 2 (due) per quelle temporanee. Accertata la colpevolezza in ordine al reato previsto e punito dell’art. 640 bis c.p., va disposta la confisca per equivalente del compendio sequestrato, fino all’ammontare delle contribuzioni che risultano elargite in conseguenza della condotta fraudolenta, nella misura precisata nel decreto ministeriale di concessione definitiva. In proposito, si rammenta che, nel caso di specie, la confisca per equivalente può incidere su tutti i beni in sequestro, anche per quelli non intestati formalmente al ****, la cui disponibilità è comunque assolutamente ascrivibile al predetto. Si è ampiamente dimostrato che egli è il dominus della Modacolor, società a base familiare, dove gli altri congiunti sono apparsi come pedine inconsapevoli nelle mani del medesimo. Come si è ampiamente detto, costoro, infatti, su disposizioni impartite dal ****, hanno ricevuto assegni costituenti il flusso di ritorno del danaro dalle società cartiere, riversandolo nelle casse sociali come apporti in conto capitale. Dunque, se è vero che il loro concorso materiale è apparso inconsapevole, data l’assoluta predominanza dell’amministratore, a tal punto da essere assolti dalla contestazione; per la stessa ragione gli stessi non possono essere considerati sostanzialmente titolari di quote o altri beni il cui valore è stato costituito con apporti di derivazione illecita, procurati dalla condotta fraudolenta dell’amministratore. In proposito è chiara la volontà del legislatore di sottoporre a confisca tutto ciò di cui il reo ha “la disponibilità”, per un valore corrispondente al profitto (art. 322 ter c.p.). Non altrimenti la giurisprudenza ha inteso il precetto osservando che la misura può estendersi ai beni comunque nella disponibilità “di fatto”, senza che a tal fine possano rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile per regolare i rapporti interni. 12 D’altro canto, la confisca di beni per un valore equivalente al profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, può essere emesso nei confronti della persona fisica concorrente con una società a r.l., pur se il profitto sia stato interamente acquisito dalla società concorrente, che non è estranea al reato ed ha un titolo autonomo di responsabilità, dal momento che vige, data la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, il principio solidaristico secondo cui l'intera azione delittuosa e l'effetto conseguente sono imputati a ciascun concorrente. 13 Per **** e **** colpevoli dei reati di cui ai capi n) e o), rispettivamente ascritti, e possono ugualmente concedersi le attenuanti generiche, ritenendosi di giustizia la pena di anni 1 (uno) di reclusione per ciascuno (pena base = anni 1 e mesi 6; - 62 bis = anni 1), con le sanzioni accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/00, comma 1, nella durata minima per quelle temporanee. Può essere comunque formulata una prognosi favorevole alla concessione dei doppi benefici, sulla base della loro incensuratezza e della funzione di emenda conseguente alla presente condanna. Segue per legge la condanna dei tre imputati ****, **** e **** al pagamento delle spese processuali L’ILLECITO AMMINISTRATIVO – capo A bis. Alla Modacolor s.r.l. si contesta l’illecito amministrativo ex art. 24 D.Lgs. 231/01, perché nell’interesse e a vantaggio della stessa, l’amministratore unico ****, poneva in essere la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, prevista e punita dall’articolo 640 bis c.p., facendole ottenere contribuzioni da parte dello Stato in misura di euro 4.116.971,31, erogate in più tranches dal 3 gennaio 2000 al 12 febbraio 2003. IL QUADRO NORMATIVO. La responsabilità degli enti collettivi "per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato" è disciplinata dal d. lgs. 8/6/2001 n. 231 che rappresenta l'epilogo di un lungo cammino volto a contrastare il fenomeno della criminalità d'impresa, attraverso il superamento del principio, insito nella tradizione giuridica nazionale, societas delinquere non potest e nella prospettiva di adeguare la normativa interna a quella internazionale. La legge delega n. 300/2000, infatti, ha ratificato e dato attuazione: - alla Convenzione OCSE 17/12/1997, che - all'art. 2- obbligava gli Stati aderenti ad assumere "le misure necessarie a stabilire la responsabilità delle persone morali" per i reati evocati nella stessa Convenzione. – - al secondo protocollo della Convenzione PIF, il cui art.3 dettava, in tema di responsabilità degli enti, direttive più puntuali, distinguendo due ipotesi, a seconda che il reato fosse stato commesso da soggetti in una posizione dominante (basata sul potere di rappresentanza, sull'autorità di prendere decisioni, sull'esercizio del controllo in seno alla persona giuridica) ovvero da soggetti in posizione subordinata (che, per carenza di sorveglianza o controllo da parte dei soggetti apicali, avessero reso possibile la perpetrazione del reato a beneficio della persona giuridica). Si tratta di una innovazione legislativa particolarmente importante, dunque, che segna il superamento del principio societas delinquere et puniri non potest. Ne è risultata un'architettura normativa complessa che evidenzia una fisionomia ben definita, con l'introduzione nel nostro ordinamento di uno specifico ed innovativo sistema punitivo per gli enti collettivi, dotato di apposite regole quanto alla struttura dell'illecito, all'apparato sanzionatorio, alla responsabilità patrimoniale, alle vicende modificative dell'ente, al procedimento di cognizione e a quello di esecuzione; il tutto finalizzato ad integrare un efficace strumento di controllo sociale. Nella ratio ispiratrice della profonda innovazione introdotta dalla L. n. 231 del 2001, l'ente collettivo è considerato il vero beneficiario della condotta criminosa materialmente commessa dalla persona fisica che lo rappresenta o opera nel relativo interesse. Seppure si debba considerare la responsabilità creata dalla norma come un "tertium genus", risultante dalla fusione dei principi della responsabilità amministrativa con principi e concetti propri della sfera penale, la sanzione a carico della persona giuridica postula innanzitutto il presupposto oggettivo che il reato sia commesso nell'interesse dell'ente da persone che agiscono al suo interno (articolo 5): con esclusione, quindi, dei fatti illeciti posti in essere nel loro interesse esclusivo, per un fine personalissimo o di terzi, ovvero condotte estranee alla politica di impresa. A ciò il legislatore ha inteso affiancare, in sede di normazione delegata, un ulteriore requisito di natura soggettiva, in qualche modo assimilabile ad una sorta di "culpa in vigilando" consistente nella inesistenza di un modello di organizzazione, gestione o controllo idonei a prevenire i reati, similmente ai modelli statunitensi dei "compliance programmes". Il requisito riguarda anche i reati commessi dal personale dirigente: e ciò contraddistingue il nostro sistema nel panorama giuridico comparato, improntato, piuttosto, alla teoria della identificazione pura. Non è stato quindi riprodotto dalla L. n. 231 del 2001, il principio dell'automatica derivazione della responsabilità dell'ente dal fatto illecito del suo amministratore (a differenza, ad es., che in Francia, ove vige la responsabilità riflessa), in deroga al principio di identificazione, pur connaturale alla rappresentanza organica, valido, in tesi generale, per ogni rapporto, negoziale e processuale. L’estensione della responsabilità alla persona giuridica, dovuta a profili ed esigenze di general-prevenzione, è altresì bilanciata da una ulteriore garanzia che ne deve rappresentare il contraltare: la condizione che la commissione dei reati sia rivolta "nell’ interesse o a vantaggio" delle persone giuridiche e delle società, chiamate a rispondere. Con queste premesse, si è recentemente affermato in giurisprudenza che l’espressione evidenziata non contiene un'endiadi, perché i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse "a monte" per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, in conseguenza dell'illecito, da un vantaggio obbiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato "ex ante", sicché l'interesse ed il vantaggio sono in concorso reale. 14 Rispetto a questo quadro normativo la difesa ha sollevato le seguenti eccezioni di incostituzionalità: disparita di trattamento rispetto all’impresa individuale e violazione del diritto di difesa per la rappresentanza processuale conferita all’amministratore giudiziario. Ritiene il Tribunale che i prospettati dubbi di costituzionalità siano manifestamente infondati ed inammissibili. La prima questione è davvero inconsistente, per la semplice ragione che nell’impresa individuale non si ravvisa altro soggetto giuridico distinto dal titolare persona fisica, tenuta ovviamente a rispondere. La seconda è stata rimessa negli stessi termini alla Corte15, la quale, con una pregevole ordinanza, ne ha dichiarato la manifesta inammissibilità; e qui certamente non potrebbe darsene migliore spiegazione. In applicazione dei suddetti principi alla fattispecie in esame, nessun dubbio che ****, amministratore unico della Modacolor, rientri tra i soggetti che il D.Lgs. n. 231 del 2001, articolo 5, definisce in posizione apicale ("le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione ed il controllo dello stesso"). Anzi, si può affermare che egli ne è il dominus, promotore dell’intera vicenda criminosa: in qualità di amministratore unico della Modacolor conduce le trattative con i fornitori stranieri e controfirma la corrispondenza in cui indica il soggetto fittiziamente interposto a cui intestare i macchinari; presenzia alla verifica della spesa da parte della banca concessionaria, esibendo le false fatture; autocertifica di aver sostenuto gli investimenti nella misura artificiosamente maggiorata. Tali circostanze, dimostrano, con evidenza matematica, la riconducibilità al medesimo amministratore unico della truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche, incamerate dalla stessa Modacolor s.r.l., beneficiaria del finanziamente ottenuto ai sensi della legge 488/92. Nella disamina sul capo A) è stata dimostrata in dettaglio la colpevolezza del **** per il reato presupposto ( 640 bis). Neppure eccepita, l'inesistenza della c.d. colpa per effetto della presenza di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatisi, adeguatamente monitorati da un organismo di vigilanza. E’ opportuno ricordare che l’onere della prova relativa al suddetto requisito è invertito a carico dell'ente: art. 6 decreto citato. E comunque, considerate la composizione sociale, prettamente a base familiare, l’assoluta predominanza e libero arbitrio del **** nella gestione, è da escludere un ragionevole interesse a contrastare iniziative illecite eventualmente realizzabili dall’amministratore Resta quindi da esaminare la sussistenza del requisito oggettivo dell'interesse e del vantaggio dell'ente, condizione di applicabilità della sanzione. Orbene, è innanzitutto necessario sottolineare che la Modacolor s.r.l. è stata costituita allo scopo di ottenere il finanziamento ai sensi della legge 488/92, dal momento che l’attività programmata coincide con quella che avrebbe dovuto giovarsi delle contribuzioni pubbliche; del resto, questo ha sostenuto la stessa difesa del **** per dare spiegazione al fatto che società sarebbe stata costituita pochissimo tempo prima della presentazione della domanda di contribuzione. Dunque, l’interesse della condotta truffaldina era evidentemente orientato a favorire l’attività dell’ente. Indubbio è poi il vantaggio, poiché i contributi ottenuti con la frode sono stati appunto incassati dalla stessa Modacolor. Dimostrati i presupposti e gli elementi costitutivi, va conseguentemente affermata la responsabilità della Modacolor s.r.l. in relazione all’illecito amministrativo contestato. LE SANZIONI. Il sistema sanzionatorio proposto dal d. lgs. n. 231 fuoriesce dallo schema tradizionale del diritto penale, incentrato sulla distinzione tra pene e misure di sicurezza, tra pene principali e pene accessorie, ed è accordato alle peculiarità del soggetto chiamato a rispondere. Il sistema rivela uno stretto rapporto funzionale tra la responsabilità accertata e la sanzione da applicare, opera certamente sul piano della deterrenza e persegue una notevole finalità special-preventiva. La tipologia delle sanzioni, come si chiarisce nella relazione al decreto, si presta ad una distinzione binaria tra sanzione pecuniaria e sanzioni interdittive; al di fuori di tale perimetro, si collocano inoltre la confisca e la pubblicazione della sentenza. LA SANZIONE PECUNIARIA. Viene in considerazione, in primo luogo, la sanzione pecuniaria che, ai sensi dell’articolo 10, deve essere determinata e applicata in base a quote definite in ragione di due parametri: il numero, non inferiore a cento nè superiore a mille, e l’importo di una quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1549 euro. La disciplina è ulteriormente specificata, in relazione alle singole ipotesi di reato presupposto, dall’articolo 24 che in relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 640, comma 2, n. 1, 640-bis e 640-ter se commesso in danno dello Stato o di altro ente pubblico, del codice penale, prevede per l'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. Nel caso di specie, non ricorrono oggettivamente poi le attenuanti di cui all’articolo 12 (tenuità del danno; prevalente vantaggio per terzi; condotte riparatorie). Pertanto, in applicazione dei criteri di cui all’articolo 11 (gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonchè dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.; condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione), si stima di giustizia la sanzione nella misura di 250 quote da euro 300,00 ciascuna, per complessivi euro 75.000,00. LA CONFISCA. Ai sensi dell’articolo 19, con la sentenza di condanna, è sempre ordinata la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato. Le questioni principali da esaminare si concentrano sulla natura della confisca e sull’oggetto di tale misura, ovvero il profitto. La soluzione di tali problematiche serve non già ad una discussione accademica che uscirebbe dal compito di una sentenza, ma per individuare la regola da applicare in pratica. La definizione della natura della confisca, infatti, determina nel concreto caso rilevanti conseguenze; invero, ad esempio, qualora si acceda alla tesi della natura sanzionatoria, varrà la regola della irretroattività, non potendosì perciò – come meglio si dirà appresso - , applicare tale misura alle erogazioni di contributi effettuate prima dell’entrata in vigore della legge 231/01. In linea generale, si è osservato che la confisca nel nostro ordinamento non ha una natura unitaria ed omogenea. Il codice penale ha catalogato la confisca di cui all'art. 240 c.p. tra le misure di sicurezza, pur prescindendo dall'accertamento della pericolosità dell'autore del reato, richiesta invece per l'applicazione delle misure di sicurezza personali (l'art. 236 c.p., che disciplina le misure di sicurezza patrimoniali, non richiama -infatti- l'art. 202 dello stesso codice). La giurisprudenza ha sempre riconosciuto nella confisca disciplinata dal codice penale, in linea con la scelta del legislatore, una effettiva misura di sicurezza patrimoniale, fondata sulla pericolosità derivante dalla disponibilità di cose servite o destinate a commettere il reato ovvero delle cose che ne sono il prodotto o il profitto e finalizzata a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche se i corrispondenti effetti ablativi si risolvono sostanzialmente in una sanzione pecuniaria.16 In prosieguo sono state introdotte ipotesi di confisca obbligatoria dei beni strumentali alla consumazione del reato e del profitto ricavato, con caratteristiche differenti. Cosi, con l'obiettivo di privare l'autore del reato soprattutto del profitto che ne deriva, sono state introdotte ipotesi di confisca nella forma per equivalente che, di fronte all'impossibilità di aggredire il bene direttamente conseguito, va ad incidere su somme di denaro, beni o altre utilità di pertinenza del condannato per un valore corrispondente a quello dello stesso profitto. Questa ipotesi di confisca - per equivalente o di valore - introdotta in molte norme del codice penale (artt. 322ter, 600septies, 640quater, 644, 648quater) e in disposizioni della legislazione speciale (artt. 187 T.U.F., 2641 c.c., 11 legge n. 146/'06), ha i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, allontanandosi dallo schema della misura di sicurezza incentrato sulla intrinseca pericolosità della cosa. D'altra parte, la stessa Corte Costituzionale17, da tempo ha chiarito, che "la confisca può presentarsi, nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica" e che "il suo contenuto è sempre la privazione di beni economici, ma questa può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione di pena o di misura di sicurezza ovvero anche di misura giuridica civile e amministrativa", con l'effetto che viene in rilievo "non una astratta e generica figura di confisca, ma, in concreto, la confisca così come risulta da una determinata legge". Nel decreto legislativo 231/01 ricorrono diverse ipotesi di confisca. L'art. 9, comma 1 lett. c) prevede la confisca come sanzione. Non è solo il dato letterale a chiarirne tale natura ma anche il contenuto ed i presupposti applicativi precisati nell'art. 19, che testualmente recita: "Nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. (II c) Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato" . Infatti, sia il collegamento con la sentenza di condanna nei confronti dell’ente, sia il tenore del secondo comma di quest'ultima disposizione, che autorizza la confisca anche nella forma per equivalente, chiariscono la configurazione della confisca come sanzione principale, obbligatoria e autonoma rispetto alle altre pure previste nel decreto in esame. Diversa ipotesi di confisca ricorre al quinto comma dell'art. 6 che prevede la confisca del profitto del reato, commesso da persone che rivestono funzioni apicali, anche nell'ipotesi particolare in cui l'ente vada esente da responsabilità, per avere validamente adottato e attuato le misure precauzionali previste dalla stessa norma. In questa ipotesi, si deve escludere la natura sanzionatoria della misura ablativa, proprio perché difetta una responsabilità dell'ente. La confisca assume più semplicemente la fisionomia di uno strumento volto a ristabilire l'equilibrio economico alterato dal reato-presupposto, i cui effetti, appunto economici, sono comunque andati a vantaggio dell'ente collettivo, che finirebbe, in caso contrario, per conseguire (sia pure incolpevolmente) un profitto geneticamente illecito. Coerente con tale natura è l’esclusione dell’adottabilità del sequestro preventivo, considerato che l'art. 53 del decreto, richiama esclusivamente l'art. 19 e non anche l’articolo 6. L'art. 15/4° prevede la confisca de "il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attività", in caso di commissariamento dell'ente. Si tratta di una misura evidentemente sostitutiva della sanzione interdittiva che determinerebbe l'interruzione dell'attività dell'ente, con grave pregiudizio per la collettività (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità) o per i livelli occupazionali (avuto riguardo alle dimensioni dell'ente e alle condizioni economiche del territorio). La confisca, infine, si atteggia nuovamente come sanzione principale nell'art. 23/2°, che configura la responsabilità dell'ente per il delitto di cui al primo comma della stessa norma, commesso nell'interesse o a vantaggio del medesimo ente. Nel caso concreto, si tratta della confisca – sanzione, quale conseguenza della condanna per illecito amministrativo, da applicarsi per equivalente posto che non può essere più eseguita in forma specifica, data l’utilizzazione dei contributi ricevuti. Si è già accennato che questo tipo di confisca non può essere retroattivo. Infatti non solo la confisca per equivalente riveste carattere sanzionatorio per espressa previsione del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 9, ma solo con tale D.Lgs. è stata introdotta la responsabilità delle persone giuridiche. Una lettura costituzionalmente orientata del divieto di retroattività della norma penale (e di quella che introduce violazioni amministrative) non consente di applicarla a condotte antecedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice, intese come singole percezioni delle somme, quale che sia il momento consumativo del reato.18 Nel caso in esame, si rammenta che le contribuzioni si sono prolungate fino al 12 febbraio 2003, nei seguenti termini : quanto a lire 2.865.830.000 in data 30 dicembre 1999; quanto a lire 2.261.730.000 in data 3 gennaio 2002; quanto a lire 1.794.646.000 in data 4 febbraio 2002, con disimpegno della quota a saldo di euro 313.825,05 dal 12/2/2003 (allegato 93) Benché si sia in presenza, quindi, di un unico reato di truffa lo stesso è stato realizzato con distinte condotte, alcune delle quali poste in essere prima dell'introduzione della nuova forma di confisca per equivalente e comunque prima dell'introduzione della responsabilità delle persone giuridiche per le violazioni amministrative collegate ai reati per i quali si è proceduto. Per il già ricordato carattere sanzionatorio dell'istituto, la confisca per equivalente è applicabile solo in relazione alle somme percepite successivamente all'entrata in vigore della norma che ha introdotto non solo tale istituto, ma anche la stessa responsabilità per illecito amministrativo delle persone giuridiche. 19 Ergo, si può confiscare – ai sensi dell’articolo 19 – quanto percepito successivamente all’entrata in vigore della legge 231/01, ovvero la seconda e terza quota di finanziamento, che – secondo quanto attestato nel decreto di concessione definitiva ammontano a complessivi euro 2.094.943,37. Così pure rilevante è la questione relativa a come debba configurarsi il "profitto del reato" suscettibile confisca disposto, ai sensi degli art. 19 e 53 d. lgs. 8/6/2001 n. 231, nei confronti di una società indagata per un illecito amministrativo dipendente da reato. Infatti, con riferimento al caso concreto, ove si acceda alla tesi del cosiddetto “profitto lordo”, potrà essere suscettibile di confisca (e salvo il divieto di irretroattività) l’intera contribuzione ricevuta per effetto dell’illecito e non solo la quota eccedente il valore effettivo dei macchinari realmente acquistati. In materia, è necessario attenersi a due principi fondamentali: il necessario collegamento eziologico del profitto con l’illecito e la differente estensione della nozione rispetto ai concetti della scienza aziendale. Sotto il primo profilo, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità è che il profitto del reato presuppone l'accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente: occorre cioè una correlazione diretta del profitto col reato e una stretta affinità con l'oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un nesso diretto di causalità, dall'illecito.20 Sia ben chiaro, non è necessario che si tratti dello stesso bene ricevuto in conseguenza del reato, dovendosi ricomprendervi anche il bene acquistato col denaro illecitamente conseguito attraverso il reato, dato che tale reimpiego è comunque casualmente ricollegabile al reato e al profitto "immediato" dello stesso.21 E ciò per l’ovvia esigenza di evitare che l'autore dell’illecito possa sottrarre il profitto alla misura ablativa ricorrendo all'escamotage di trasformare il bene ricevuto in altra utilità, individuabile nel frutto del reimpiego; anche questo, infatti, può essere causalmente ricollegabile in modo univoco all'attività criminosa posta in essere dall'agente. Ancora, sempre con attinenza alla derivazione causale, si ritiene che il reato debba essere causa da cui derivi il profitto ingiusto e non mera occasione di una utilità che comunque sia giustificata, ad esempio, da una controprestazione in favore della P.A. .22 Con riferimento alla effettiva portata della nozione di profitto, va detto che non è data alcuna specifica definizione. In linea generale, si è affermato che il profitto del reato a cui fa riferimento il primo comma dell'art. 240 c.p., va identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato, contrapposto al "prodotto" e al "prezzo" del reato. Il prodotto è il risultato empirico dell'illecito, cioè le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato; il prezzo va individuato nel compenso dato o promesso ad una determinata persona, come corrispettivo dell'esecuzione dell'illecito. Carattere onnicomprensivo si attribuisce -poi- alla locuzione "provento del reato", che ricomprenderebbe "tutto ciò che deriva dalla commissione del reato" e, quindi, le diverse nozioni di "prodotto", "profitto" e "prezzo". 23 Nella giurisprudenza, la nozione di profitto non è mai stata orientata sulla base di definizioni economico-aziendalistiche, precisandosi che all'espressione non va attribuito il significato di "utile netto" o di "reddito", ma quello di "beneficio aggiunto di tipo patrimoniale"24 Nel d. lgs. n. 231/'01 il termine "profitto" è menzionato in diverse disposizioni del decreto, che disciplinano situazioni eterogenee. Il profitto del reato è, innanzi tutto, come si è detto, l'oggetto della confisca-sanzione di cui agli art. 9, 19 e 23. Per delineare l’esatta estensione della sfera di tale confisca occorre tener conto dei seguenti argomenti di ordine sistematico e logico. La Convenzione OCSE 17/12/1997 ha impegnato gli Stati aderenti ad adottare misure idonee alla confisca o comunque alla "sottrazione" dei "proventi" dei reati, precisandosi che con quest'ultimo termine devono intendersi i profitti, gli altri benefici o gli altri vantaggi ottenuti o mantenuti attraverso la condotta illecita"; tale precisazione chiarisce, in definitiva, che con il termine "proventi" (proceeds) si sono voluti indicare tutti i vantaggi ricavati dalla commissione dei reati.25 Nella relazione allo schema del decreto legislativo "la confisca , è finalizzata ad “evitare che l'ente riesca comunque a godere illegittimamente dei proventi del reato ormai indisponibili per un'apprensione con le forme della confisca ordinaria". L'esplicito riferimento alla necessità di evitare l'illegittimo godimento da parte dell'ente dei "proventi del reato" induce a ritenere che con tale espressione si sia inteso evocare quanto complessivamente percepito dall'ente in seguito alla consumazione del reato, prescindendo da qualunque raffronto tra profitto lordo e profitto netto. Ricorre altresì un argomento di carattere logico per l’esatta delimitazione del profitto oggetto di confisca-sanzione ricavabile dal principio generale secondo cui il crimine non rappresenta in alcun ordinamento un legittimo titolo di acquisto della proprietà o di altro diritto su un bene e il reo non può, quindi, rifarsi dei costi affrontati per la realizzazione del reato. Il diverso criterio del "profitto netto" finirebbe per riversare sullo Stato il rischio di esito negativo del reato ed il reo e, per lui, l'ente di riferimento si sottrarrebbero a qualunque rischio di perdita economica. L’intero beneficio patrimoniale ricevuto è ugualmente aggredibile anche nella ipotesi di confisca, diversa sotto il profilo classificatorio, di cui all'ultimo comma dell'art. 6. Soltanto nell'ipotesi di confisca del profitto della gestione commissariale di cui all'art. 15 d. lgs. n. 231/'01, il profitto s'identifica con l'utile netto, essendo collegato ad un'attività lecita che viene proseguita -sotto il controllo del giudice- da un commissario giudiziale nell'interesse della collettività, proprio per il venire meno di ogni nesso causale con l'illecito. In sintesi può affermarsi che la confisca debba interessare l’intero beneficio, laddove si ravvisi un nesso di derivazione causale con l’illecito. Nel caso concreto, dunque, è suscettibile di confisca l’intera contribuzione ricevuta, ricollegabile casualmente all’illecito (sia pure nell’osservanza del principio di irretroattività). Si potrebbe obiettare, però con scarsa ragione, che comunque parte dei contributi ricevuti sono stati effettivamente utilizzati per l’acquisto di macchinari, sia pure lucrandone il sovrapprezzo artificiosamente simulato. Non è possibile tuttavia enucleare una porzione di utilità lecita, ricorrendo i presupposti revoca totale dell’intera contribuzione, riconducibile – come si è già evidenziato – allo scostamento dagli indicatori in misura addirittura superiore al 30%. Non è da ostacolo alla confisca la clausola di salvezza prevista nel citato articolo 19. La norma, quando parla di “parte che può essere restituita ….”, fa riferimento allo stesso bene ricevuto con la erogazione, non potendosi perciò restituire allo Stato che ha elargito finanziamenti in danaro, immobili, attrezzature o quote sociali, evidentemente di diversa natura, che di conseguenza ben possono essere confiscati. Del resto, essendo stato disposto il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, è implicito che sia diventato impossibile restituire il bene originariamente ricevuto, dovendosi, appunto, ottenere la riparazione per equivalente. Conclusivamente, può essere confiscato il valore corrispondente all’intera contribuzione ricevuta dopo l’entrata in vigore della legge 231/01, quantificato in euro 2.094.943,37 sulla base dei dati contenuti nel decreto ministeriale di concessione definitiva del contributo (allegato 93). LE SANZIONI INTERDITTIVE. Vanno altresì applicate le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9 comma 2 lettere c), d) ed e), previste dall’art. 24 per il reato presupposto per cui è stata emessa condanna. Ne ricorre altresi il presupposto di cui all’articolo 13, poiché l’ente ha certamente tratto un profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da soggetto in posizione apicale. Va disposta la pubblicazione della sentenza, ricollegabile alla applicazione di sanzioni interdittive (art. 18), e la condanna dell’ente al pagamento delle spese processuali (art. 69). P.q.m. Letti gli articoli 533 e 535 cpp Dichiara **** colpevole dei reati a lui ascritti, uniti per continuazione e, concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni tre (3) di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Applica al predetto le pene accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/2000, comma 1, nella durata di anni 2 (due) per quelle temporanee. Letto l'articolo 322 ter cp dispone la confisca per equivalente di quanto in sequestro, fino all'ammontare di euro 3.575.021,05, in danno di ****. Letti gli articoli 533 e 535 cpp Dichiara **** e **** colpevoli dei reati di cui ai capi N) e O), rispettivamente ascritti, e concesse le attenuanti generiche, li condanna ciascuno alla pena di anni 1 (uno) di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione. Applica a costoro le pene accessorie di cui all'articolo 12 decreto legislativo 74/00, comma 1, nella durata minima per quelle temporanee. Letto l'articolo 69 decreto legislativo 231/01 Dichiara Modacolor s.r.l. responsabile dell'illecito amministrativo contestato al capo A bis) e applica alla stessa società le seguenti sanzioni: -sanzione pecuniaria di euro 75.000,00, pari a numero 250 quote, da euro 300 ciascuna; -confisca ai sensi dell'articolo 19, commi 1 e 2, decreto legislativo 231/01 dei beni in sequestro, fino all'ammontare di euro 2.094.943,37 e senza duplicazione con la confisca disposta nei confronti di ****. -pubblicazione della presente sentenza, per una sola volta e per estratto, sul quotidiano "la Gazzetta del Sud "; - divieto di pubblicizzare beni e servizi. -condanna al pagamento delle spese processuali. Letto l'articolo 530, comma 2, cpp Assolve **** dal reato loro ascritto perché non hanno commesso il fatto. Assolve **** dai reati di cui ai capi A-G-H-I-L- rispettivamente ascritti perché non hanno commesso il fatto. Letto l'articolo 531 cpp Dichiara non doversi procedere nei confronti di **** in ordine al reato sub M) perché estinto per prescrizione. Giorni 90 per i motivi. Cosenza, 3/12/08 Il Giudice dr. Francesco Luigi Branda ______________ 1 Confronta foglio 5 del verbale di constatazione. 2 Cassazione pen. sent. n. 30155 del 2007. 3 Cass. sez. 2, n. 26256 del 24/4/2007 : Sulla base di questo principio la Corte ha escluso l'illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, che era stato disposto nonostante che il contratto di mutuo allo scopo fosse precedente all'entrata in vigore della legge n. 300 del 2000, che ha inserito nel cod. pen. l'art. 640 quater). 4 Cass. Sez. 2, n. 3615 del 20/12/2005. 5 Cassazione Sez. Un. N. 1 del 1999. 6 Cass. Sez.Un. n. 33748 del 12/7/2005. 7 Cass. Sez. U, sent. n. 27 del 25/10/2000. 8 Cass.Sez. 5, n. 6825 del 23/01/2007 e Sez. 2, n. 40226 del 23/11/2006. 9 Cass. Sez. 3, Sentenza 37409 del 10/7/2007. 10 Cass. Sez. 3, n. 14707 del 14/11/2007 e Sez. 5, n. 6825 del 2007. 11 Corte Cost., sentenza n. 49 del 2002. 12 Cass. n. 40175 del 2007. 13 Cass. n. 31989 del 14/06/2006. 14 Cass. Sez. 2, n. 3615 del 20/12/2005. 15 Corte Cost. , ord. n. 186 del 2007. 16 Cass. S.U. 22/1/1983, Costa. 17 Corte Cost. sentenze 25/5/1961 n. 29 e 4/6/1964 n. 46. 18 Cass. n. 316 del 21/12/2006. 19 Cass, Sez. 2, sent. n. 31988 del 14.6.2006 e n. 3615 del 20/12/2005. 20 Cass 14/6/2006 n. 31988 e 4/11/2003 n. 46780. 21 Cass. Sez. Un. 25/10/2007 n. 10280. 22 Cass. Sez. Un, n. 26654 del 27/3/2008. 23 Cass. S.U. 28/4/1999 n. 9. 24 Cass. S.U. 3/7/1996 n. 9149; 24/5/2004 n. 29951; 24/5/2004 n. 29952; sez. VI 6/5/2003 n. 26747. 25 (Rapporto esplicativo alla Convenzione OCSE). Stampa | Segnala | Condividi |

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CSM: un'altra defezione dopo le accuse di Alfano (sezione: Giustizia)

( da "JulieNews.it" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

12/06/2009, ore 16:56 CSM: un'altra defezione dopo le accuse di Alfano di: Antonio Rispoli Dopo le dimissioni di tre componenti del CSM, che si sono ritenuti offesi dalle parole del Ministro per la Giustizia Angelino Alfano sulla politicizzazione e la lottizzazione all'interno della magistratura, oggi è toccato ad un quarto consigliere: Ciro Riviezzo, rappresentante togato del Movimento per la Giustizia e già componente dell'organismo di Palazzo dei Marescialli incaricato di effettuare le nomine di PM e Giudici. Il consigliere Riviezzo ha mandato una lettera al comitato di Presidenza avvertendo che non parteciperà ai lavori del CSM finchè "non sarà ricostituita nella sua attuale composizione" e "non sarà ripristinato il necessario clima di fiducia e credibilità nel suo operato, senza il quale non è possibile attendere ai delicati compiti che le sono attribuiti".

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Il bluff della privacy** (sezione: Giustizia)

( da "Articolo21.com" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Il bluff della privacy** di Roberto Natale* Le scalate editorial-finanziarie dell’estate del 2005, quella dei “furbetti”; il crack Parmalat, con le truffe ai danni dei piccoli risparmiatori; la clinica santa Rita di Milano, dove alcuni medici senza scrupoli eseguivano trapianti a fini di lucro. Sono tre esempi del tipo di vicende che i cittadini italiani conosceranno con grande ritardo - o non conosceranno affatto - se diventerà legge il pericoloso testo votato ieri dalla Camera. Tre esempi che dicono anche come non c’entri nulla la nobile bandiera della riservatezza, innalzata da governo e maggioranza. Come giornalisti non consideriamo un valore l’intrusione nella vita privata degli individui (anche se, in materia, abbiamo qualche errore da farci perdonare). Ma il ddl Alfano non ha niente a che vedere con una migliore tutela della privacy. L’effetto sarà piuttosto quello di oscurare vicende di assoluto rilievo pubblico: ci sarà un gigantesco sequestro di fatti. Ad evitare il quale non bastano certo gli emendamenti apportati alla versione originaria del testo. L’on. Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia, ha riconosciuto che con la formulazione del Ministro “sarebbe stato come tornare alla preistoria”. Ma le correzioni da lei proposte non ci fanno ancora arrivare all’età della democrazia. Degli atti delle inchieste giudiziarie, anche quando noti alle parti - dunque pubblici - si potrà scrivere “solo per riassunto”: perché mai, se non c’è più il segreto? E quale dovrà essere la stringatezza del riassunto? 10 per cento, 20, 50? Le intercettazioni, poi, non saranno per nulla pubblicabili fino al processo. Se l’esigenza fosse stata davvero quella di tutelare la riservatezza, sarebbe stata accolta la nostra proposta: una udienza-stralcio in cui accusa e difesa concordano di secretare le parti delle intercettazioni e degli altri atti prive di rilevanza per le indagini, o riguardanti la sfera privata. Quelle devono rimanere riservate; ma su tutte le altre deve esserci pieno diritto di informare. E invece il lavoro dei cronisti si ritrova soggetto ad una doppia minaccia: il carcere per i giornalisti (da sei mesi a tre anni); sanzioni pesantissime a carico degli editori (fino quasi a mezzo milione di euro), per indurli a intromettersi nel funzionamento ordinario delle redazioni, imponendo a direttori e cronisti di far vistare gli articoli dall’ufficio legale dell’azienda. Ma giornalisti ed editori, anziché cadere nella trappola della contrapposizione reciproca, hanno deciso di fare fronte comune contro il ddl Alfano. In questi giorni Fnsi e Fieg ripeteranno sui quotidiani un “appello estremo” perché il Senato modifichi nei punti decisivi il testo uscito dalla Camera. Il sindacato dei giornalisti non vuole lasciare nulla di intentato: c’è un giudice a Strasburgo, cioè la Corte europea; c’è la Corte Costituzionale; c’è la disobbedienza civile da praticare. Ma prima ancora che il testo diventi legge sarà usato ogni strumento per sollecitare ripensamenti, compreso il classico sciopero. Come facemmo esattamente due anni fa contro il ddl Mastella, pericoloso quasi quanto il testo Alfano. Viva la par condicio. *Presidente Fnsi ** dal Manifesto

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Pacchetto sicurezza: ecco cosa dice il CSM (sezione: Giustizia)

( da "Articolo21.com" del 12-06-2009)

Argomenti: Giustizia

Pacchetto sicurezza: ecco cosa dice il CSM di Bruna Iacopino Il disegno di legge 733, già passato alla Camera, dal 23 giugno approderà nuovamente al Senato per l'approvazione definitiva. Nel frattempo però arriva anche la nuova relazione del CSM, che dopo aver espresso numerose perplessità in merito al decreto legge, varato qualche mese fa, non solo torna a sottolineare alcuni punti, ma ne evidenzia altri, di non poca problematicità. Sotteso a tutto, il richio concreto di una vera e propria paralisi giudiziaria a causa della carenza di organico, della lentezza della macchina della giustizia e del sovraffollamento nelle carceri. Ad, oggi, si legge nella relazione, la popolazione carceraria ha superato le 62.000 presenze giornaliere, a fronte di una capienza regolamentare di 43.201 posti. Tuttavia, il dato che va fatto emergere è che già ad oggi il 37% della popolazione carceraria è costituita da stranieri: secondo un rapporto ISMU di qualche anno fa, quasi il 10% di loro si trovava in carcere per violazione della legge Bossi- Fini, un'altra buona parte perchè non avendo residenza, non poteva usufruire degli arresti domiciliari. Dato che preoccupa non poco palazzo dei Marescialli, sia in rapporto al nuovo reato di immigrazione clandestina che in merito alla reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale... “in ordine al quale- si legge nella relazione- deve evidenziarsi l'ovvio incremento di attività giudiziaria che discenderà da una fattispecie di frequente realizzazione.” Dunque un aggravio di lavoro per dei tribunali già sommersi da migliaia di pratiche, e dove in media un processo dura 1.210 giorni, contro i 394, della Germania, facendo scivolare il nostro paese agli ultimi posti della classifica mondiale. Paura dell'ulteriore ingolfamento di una macchina già lenta, dunque, ma non solo... a trapelare è anche qualche dubbio in merito alla liceità della norma, su cui già in precedenza c'era stato un alt da parte dello stesso CSM, perchè la detenzione amministrativa, contrariamente alle direttive europee, può essere applicata non solo in caso di resistenza a pubblico ufficiale e diniego di identificazione, ma anche qualora i tempi legati al rimpatrio dell'iiregolare subiscano dei semplici “ritardi di carattere burocratico”. Per non parlare, infine, della scarsa o nulla utilità di una simile disposizione, già la normativa vigente ( sottolinea il rapporto) prevedeva l'espulsione per l'immigrato irregolare; se questo non avviene ( ulteriore precisazione) è “non già per carenze normative ma per difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo.” Altro punto controverso è l'attribuzione dei casi di reato di “immigrazione clandestina” interamente ai giudici di pace, procedura definita “anomala” in quanto al giudice di pace non spettano pronunciamenti inerenti la “privazione della libertà personale”. Il rilievo principale è sicuramente legato alla sfera dei diritti: il diritto alla salute e il diritto dell'infanzia. Come già fatto emergere da voci diferenti il reato di “clandestinità” implica l'obbligatorietà della denuncia da parte di un pubblico ufficiale, quindi anche personale medico sanitario, con un grave rischio non solo per l'inalienabile diritto alla vita da parte del migrante, ma anche in prospettiva della creazione di “ ...circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche.” Per quanto concerne invece l'obbligatorietà dell'esibizione del permesso di soggiorno anche per il riconoscimento di un figlio, il CSM tira in ballo l'art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991 n. 176 che sancisce “... il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita.” Oltre all'immigrazione il rapporto affronta altri punti, fra cui la sezione inerente il 41 bis: fortemente criticata l'ipotesi di concentrare tutti i provvedimenti al solo Tribunale di sorveglianza di Roma, provvedimento che, oltre a comportare una mole di lavoro insostenibile per il Tribunale romano, creerebbe “ una particolare esposizione personale dei magistrati ad esso addetti...” Un accenno infine alle “ronde”, per le quali si rinvia ad un precedente pronunciamento, quello che qveva causato una vera e propria spaccatura all'interno dello stesso organo... da una parte i laici del Pdl che avevano espresso voto contrario, dall'altra Mancino e alcuni esponenti di Magistratura indipendente che avevano preferito astenersi, ritenendo il pronunciamento come “ingerenza in materia politica”.

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