Sub
Specie Exterioritatis
Il Viaggiatore Ottobre
2013
Lo
scopo dello scritto è : per mio uso. Sto cercando di trovare alcune basi sulle
quali appoggiare premesse di natura didattica. La mia vecchia fissazione
: come si può riuscire a comunicare un’idea convincente che esiste un Universo
che è di gran lunga superiore a quello
che viene chiamato Manifestazione, che però ha il brutto difetto di non amare
le definizioni ?
Constatando
che la Manifestazione appare dall’interno come un sistema chiuso, che viene
dogmaticamente
rinforzato da osservazioni e ragionamenti chiusi, verificando che, al
contrario, in realtà è un colabrodo per sistemi aperti, ho pensato bene (ma
forse non serve a niente) di costringere rigorosamente il sistema chiuso entro
sé stesso.
In
tal modo spero che si possa far comprendere che utilizzando solo un rigoroso metodo
“Sub specie exterioritatis“ non si approda ad altro che all’Entropia. E poi ?
Si
spera che si possa affrontare meglio l’idea che il Luogo “Ubi
sunt et fuerunt leones” non
è
poi così inospitale come si crede, e che in tal Luogo esiste e prospera il
Giardino delle Esperidi.
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Quello
che segue è una descrizione, una
semplice mappa, ad uso e consumo di coloro che permangono, entro la loro
coerenza, solo nella parte inferiore della Clessidra, cioè nella parte che
riguarda il passato acquisito. Entro i limiti della parte inferiore sono
possibili formulazioni di mappe, o modelli che dir si voglia. Naturalmente le
mappe possono solo delimitare i confini, oltre i quali le Regole stabilite non
valgono più. Si può solo dire “Hic sunt leones”, che è una descrizione che non spiega niente. Come tutte le
descrizioni.
Però,
se osserviamo bene, è stata formulata implicitamente una importante
definizione, che spesso viene dimenticata : nella parte bassa della clessidra
bisognerebbe scrivere con grande chiarezza “Hic non sunt leones”. Questo starebbe
a significare che tutto quello che appartiene ai leones non può esistere
od essere ammesso nella parte bassa della clessidra. Sembra
un’asserzione banale ed inutile, ma si tratta di un fatto assai importante.
Afferma che con le Regole vigenti nella Manifestazione (alias di parte bassa
della clessidra) è del tutto vano cercare di vedere i leones. Neanche di concepirli. Le
definizioni non potranno mai far vivere leones di qualsiasi genere.
Allora,
perché mai, “Sub specie exterioritatis“ parliamo
continuamente di leones ? Cosa ci spinge a formulare in continuazione alate e vane
parole, meravigliosamente imbevute di
straordinaria impotenza esistenziale ? Come mai desideriamo rassicurare noi
stessi dicendo ai quattro venti che siamo domatori patentati di leones
di ogni sorta e genere, dal momento che non possiamo neanche concepirli con le
Regole che abbiamo generato “Sub specie exterioritatis“ ?
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Ad
un primo e frettoloso esame dovremmo concludere che non esistono reali
possibilità di uscire fuori dei vicoli ciechi del “Sub specie exterioritatis“ e
delle sue Regole dogmatiche.
Ma
non è così : se si ammette che utilizzando le rare intuizioni “Sub specie
interioritatis“ , che si affacciano alla nostra mente, si può osare un
tentativo abbastanza inconsueto, allora possiamo comprendere meglio la prigione
alla quale ci condanna il dogma della conoscenza.
Senza,
peraltro, averne un’idea ben chiara, possiamo utilizzare una potente arma
discriminatoria, che consiste nella valutazione di compatibilità e incompatibilità.
Occorre semplicemente esercitarla senza alcuno sforzo predeterminato. Di solito
ci si rende conto immediatamente se due cose sono o non sono compatibili, e non
occorre cercare di scoprirne il perché. Se sussistono ragioni valide si può
proseguire. Altrimenti è bene fermarsi nei ragionamenti, perché si corre il
rischio di fatali incongruenze..
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Gli
eventi
sono alla base delle nostre esperienze nella Vita.
Se
si osserva il fenomeno evento con appena un pizzico di
distacco, si svela il grande meccanismo di natura Cosmologica che si svela
in ogni istante della vita : l’incrocio di due entità che avviene in
ogni e qualsiasi evento. In ogni istante avvengono incroci fra due entità.
Una
delle entità, di solito, è la nostra, quella di colui che osserva, mentre
l’altra è quella osservata, che può essere sia un’altra entità vivente, che un
fatto esistenziale, più o meno complesso. Tuttavia possono avvenire incroci
anche fra due entità fattuali, cioè non viventi
Qui,
avvengono subito alcune strane incongruenze. Ad ogni dato istante si possono verificare
infiniti incroci, ma anche si verificano infiniti non incroci. Non tutte le Entità
individuali viventi sono sempre impegnate direttamente in eventi contemporanei.
Questo fatto contribuisce all’implicita nozione che gli eventi percepibili riguardano
le individualità. Sicuramente la presenza di un osservatore implica almeno una
individualità.
Un’altra
fonte di incongruenze deriva da una incompleta associazione fra istante e
tempo. Potremmo essere messi su una falsa strada associando istante e tempo,
nel senso di dover necessariamente dedurre che esiste un fluire indipendente che determina in
noi l’impressione di un flusso che scorre costantemente. Talvolta per alcuni osservatori,
che non stanno osservando, non scorre affatto.
Infatti,
se assumiamo (al limite) che talvolta la nostra
entità di osservatore non incrocia l’altra entità perché essa non attrae
la nostra attenzione, allora possiamo intendere
che antecedenza e susseguenza non sempre avvengono per tutti nella stessa
maniera.
Questo
è compatibile con un senso di stasi, che talvolta permane in noi, mentre, in
contemporanea, per un’altra entità osservatrice il senso che essa vive è
dinamico. Per questo esistono
antecedenze e susseguenze contemporanee a qualcosa che non ha un’antecedenza né
una susseguenza. Allora, che significato ha la contemporaneità temporale per le
esperienze interiori ?
Il
fare osservare questo fatto, per la verità un po’ macchinoso, serve solo a
metterci in guardia nei riguardi di idee implicite date per scontato. Il fatto
reale è che antecedenza e susseguenza prendono risalto (ed esistenza
particolare individuale) solo se avviene un incrocio che da luogo ad una variazione,
pur minima ma non inesistente, nelle entità che partecipano all’incrocio. Perciò
il fluire del tempo fisico non è la stessa cosa del fluire interiore di consapevolezze.
A
questo punto nasce una specie di Coscienza di natura Assiomatica, che
deve prendere Atto di due Principi Assiomatici, che perciò sono indiscutibili
:
1 - Esistono gli
Incroci, eventi discontinui oppure continui, perché legati ad antecedenze o
susseguenze ; esistono, però, anche non
incroci ;
2 - Esiste un Continuum
dove avvengono gli Incroci e i non incroci, che è indipendente dal tempo, ma che è solo
correlato esistenzialmente ad esso.
Su
questi due Principi si basa tutta la discussione che seguirà.
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Il
Continuum è ben difficile da comprendere. E’ come una linea retta di Euclide, che
noi in qualche modo percorriamo. E’fatta di punti di esistenza istantanea, che
talvolta appaiono ai singoli osservatori tramite eventi che sono il
risultato di incroci. Ma è anche
fatto di punti di non incrocio, che non ci consentono una qualsiasi percezione.
E questa ultima constatazione è un po’ più difficile da inquadrare.
Sarebbe
un vano esercizio mentale cercare di comprendere la natura in sé dei singoli
punti. Sono un equivalente dei punti matematici noti sotto il nome di punti singolari.
Hanno un contenuto, fatto che li rende analoghi agli Insiemi. Hanno
anche una “carica”, cioè un’intensità Possiamo
constatare, quando si riesce a coglierli un po’ in profondità, che hanno un
duplice aspetto molto enigmatico (che giustifica in parte l’attributo di
singolarità) che rende incompatibile una loro contemporanea presa in considerazione. Un
aspetto apre alla percezione conoscibile di un Atto (Manifestazione)
mentre l’altro aspetto apre ad una molto
più sottile percezione indefinibile, che non di meno è esistente (Potenza).
Proprio
per i due suddetti motivi l’incrocio appare essere un confine divisorio logico,
che separa i due Universi, quelli dell’Atto e della Potenza. Il confine
divisorio non è incompatibile con la nozione analoga di confine in una mappa :
oltre il confine sunt leones, al di qua non sunt leones. Oppure se si
preferisce si constata l’esistenza di Luoghi dove vivono regole molto diverse e incompatibili
fra di loro, vale a dire Sub specie interioritatis e Sub
specie exterioritatis. Esiste, però, un legame esistenziale comune :
entrambi i Luoghi appartengono ad una unica Esistenza anche se appaiono
diversi..
Appaiono perciò tre spazi esistenziali di discussione
:
-
Lo
spazio Sub specie interioritatis
-
Lo
spazio divisorio costituito del Continuum
-
Lo
spazio Sub specie exterioritatis
I
primi due sono non affrontabile se prima non si comprendono meglio i limiti del
terzo tipo di Spazio, quello dell’Atto o Sub specie exterioritatis, che è
precisamente la ragione del presente lavoro.
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Per
il momento, senza approfondire, consideriamo che il contenuto dell’evento, che
abbiamo chiamato incrocio, sia stato raccolto (per la nostra consapevolezza) in
quell’oggetto misterioso che Platone ha chiamato Ricettacolo, senza fornire spiegazioni. Si tratta di una nozione
estremamente importante, che all’epoca di Platone (senza Computer) era quasi
impossibile concepire razionalmente. Il Ricettacolo riceve il contenuto dell’evento.
(o dell’incrocio)
Oggi,
possiamo assimilare la sua nozione ad un Insieme vuoto, disponibile istantaneamente
ad ogni nuovo incrocio, che lo riempie del contenuto completo dell’evento, oppure,
in una forma più semplice, come un buffer di Input individuale, secondo
il linguaggio informatico, che viene automaticamente riempito e che resta a
disposizione fino al successivo incrocio individuale. La nozione di Insieme
vuoto è, però, molto problematica. Ma andiamo avanti.
Quello
che interessa a noi è di cercare di capire perché il Ricettacolo induce alla necessità di rendere stabili in un Atto le informazioni in esso contenute.
Da cosa nasce la nostra necessità di conoscere e fissare le esperienze ?
Come
prima ed immediata risposta viene in mente il bisogno di cautelarsi.
Probabilmente costituisce la ragione principale : la conoscenza aiuta nelle
interpretazioni degli incroci .
Però
non è solo una semplice interpretazione. Insieme con lo conoscenza compaiono,
su piani diversi, molti altri fattori, forse ancora più degni di attenzione.
Per fare un esempio :
se
la conoscenza fosse un fatto puramente passivo, senza susseguenze, basterebbe
prendere nota dei fatti ; se, invece, si presuppone una susseguenza, come un’azione
possibile, allora occorrono necessità di scelte, per limitare gli errori nelle
eventuali azioni da compiere. La conoscenza è memorizzazione passiva e anche invito
attivo a decidere.
Se
si osserva con attenzione, vediamo che conoscenza, scelte, azioni,
rappresentano una descrizione di una catena esistenziale, dove le tre maglie
elencate non sono affatto sinonimi una dell’altra. Esse sono aspetti parziali, susseguenze
del Continuum. Di solito ci sembrano apparire con sufficiente chiarezza e
distinzione in quella forma di rappresentazione che abbiamo chiamato Sub
specie exterioritatis. Per questo si è portati (superficialmente) a
considerare una tale forma come un fatto reale, semplice, distinto e concreto,
ma ad un esame più approfondito si scopre quanto vaga ed approssimata essa sia
in realtà.
Pensiamo
che un tale processo attivo della conoscenza potrebbe eliminare le incertezze ?
Ma rispetto a che cosa ? Rispetto alle scelte che possono riguardare anche cose
che non si conoscono ancora completamente ? Rispetto ad azioni delle quali non
sappiamo ancora le susseguenza future ? Non ci si rende conto di quanto assurde
siano simili pretese ?
Perciò
si può bene affermare che il Ricettacolo
ci può trasmettere percezioni (in misura non
distinguibile) anche di qualcosa che non fa ancora parte della conoscenza da
noi accumulata. Perciò, spesso, si origina uno stato di incertezza non
controllabile dalla nostra volontà. Perciò, si cerca di accumulare nozzioni per rinforzare la certezza ed eliminare i dubbi.
Questo
rappresenta il primo vero punto debole della conoscenza Sub specie exterioritatis
: per poter conoscere quello che ancora non conosco spero di utilizzare un
riferimento a qualcosa di già conosciuto (che però ancora non può contenere
quello non conosco, che si può trovare solo fuori di me).
La
conoscenza Sub specie exterioritatis porta, perciò, a paradossi
invalicabili. In realtà un sistema esclusivamente chiuso, come la conoscenza
accumulata in noi, impedisce l’apertura ad una conoscenza sequenziale di cose nuove. Non ne
ha i mezzi. Perciò, si deve diffidare profondamente di un metodo basato solo Sub
specie exterioritatis.
Se
si approfondisce la natura della conoscenza Sub specie exterioritatis,
si trova che abbiamo una nozione imperfetta della Conoscenza. Noi,
implicitamente, consideriamo il contenuto del Ricettacolo come qualcosa di
memorizzabile con chiarezza. Però, non è sempre così.
Forse
tale nozione imperfetta nasce proprio da una imprecisa sequenza di valutazione
del processo Sub specie exterioritatis.
La conoscenza è solo l’ultima maglia del processo.
Per
spiegarsi meglio :
Si
deve considerare la conoscenza (3.) come una susseguenza di natura passiva del
processo. Se. invece, la consideriamo come agente attivo, aperto alle novità, la
stiamo confondendo con la memoria (2.) già accumulata, che invece è soltanto
uno strumento di paragone.
In
questo modo nasce in noi la nozione dogmatica di un’azione progettabile a
priori, che in qualche modo possa condizionare le susseguenze dell’incrocio.
Questo può essere, in teoria, ancora ammesso per la parte individuale nostra
che partecipa all’evento dell’incrocio, ma non vale certamente per quello che
sarà applicabile per il contenuto del Ricettacolo generato nell’incrocio dalla
seconda entità.
Compare
adesso il secondo punto debole della coscienza Sub specie exterioritatis,
perché arriviamo ad una constatazione di incompatibilità inconciliabili.
Se
consideriamo dogmaticamente la possibilità di una Conoscenza Globale a Priori,
che spiega tutto, incluse le incertezze indefinibili entro un qualsiasi evento,
allora la conoscenza che cerchiamo individualmente esiste già,
indipendentemente dalle nostre ispirazioni e volontà. Possiamo solo cercare di
chiarire quello che ancora manca in noi. Ma perdiamo molto peso nella
responsabilità delle nostre scelte. Potrebbe anche funzionare per eventi molto
semplici, però scompare la possibilità di ogni creazione artistica da parte
nostra. Inoltre, se facciamo o non facciamo qualcosa, alla lunga è del tutto
irrilevante, poiché tutto è già previsto. Ci è negata un senso assoluto la
possibilità di acquisire un Nuovo che appartenga solo a noi.
Discutere
su questo punto con i cosiddetti Creazionisti è un’impresa inutile.
In realtà esiste un paradosso irrisolvibile nel Creazionismo, che
dogmaticamente postula (di fatto) un sistema chiuso, dove necessariamente
l’Entropia deve perennemente crescere. Alla lunga avremo una riduzione
progressiva delle nostre capacità di un’Aspirazione ad un nostro Ordine
individuale. Questo è incompatibile con la nostra sia pur minima dignità.
In
realtà, si deve, invece, constatare che la Vita non opera così : essa è un
sistema aperto, in cui l’Entropia decresce continuamente. Il paradosso
coinvolto non è risolvibile con la sola conoscenza Sub specie exterioritatis.
Perciò,
si deve arrivare alla conclusione logica (veramente assiomatica e non
dogmatica) che la soluzione dei paradossi deve essere trovata nello spazio Sub
specie interioritatis.
Analogamente,
le nostre evoluzioni individuali possono avvenire solo in sistemi aperti.
Questa
è la soluzione globale che rende compatibile la nostra aspirazione verso un
Ordine globale che includa una nostra crescente Dignità Individuale, non può essere trovata che attraverso una
continua ricerca dei Leones.
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Se
la trattazione degli argomenti nel presente lavoro è convincente, allora non
possono esistere più scuse per evitare una rigorosità nelle forme sequenziali
di un Incrocio. In altre parole, occorre prendere coscienza assiomatica della
enigmatica incompatibilità già citata :
-
se
si vuole permanere nella parte bassa della Clessidra (quella del passato)
bisogna bandire dalla nostra consapevolezza tutti i Leones
-
Se,
invece, si vuole spaziare nella parte alta (quella del futuro) allora dobbiamo
cercare i mitici Leones solo nella
Potenza.
-
Se
vogliamo permanere nella confusione, allora basta continuare nella perversa
commistione dell’incompatibilità