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  inserito il 30-9-2007 - Aggiornato il 5-10-2007   | |||
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|     Il PuntO n° 116   Cassazione: con due sentenze la Suprema Corte indica la via  del tribunale
  fallimentare a questa classe dirigente. Di Mauro Novelli 29-9-2007  ·      
  AGGIORNAMENTO DEL
  16-10-2007     ·      
  AGGIORNAMENTO DEL 1°-10-2007     (Adnkronos)
  - Roma, 26 set. 2007 -  Occupare le case popolari? Non sempre e'
  reato. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 35580 della seconda
  sezione penale nella quale afferma che lo stato di indigenza puo' costituire
  giustificato motivo dell'occupazione della casa, ''bene primario''. Forte di
  questo principio, piazza Cavour ha accolto il ricorso di una 38enne romana,
  Giuseppa D., condannata dal Tribunale di Roma a 600 euro di multa per il
  reato di occupazione abusiva di un immobile di proprieta' dell'Iacp.   RAI
  News 24  - 26-9-2007  - "La Corte di Cassazione ha
  riconosciuto alle amministrazioni locali la piena legittimita' di requisire
  case sfitte per assegnarle a famiglie sfrattate". Lo ha annunciato 
  il presidente del X Municipio di Roma Sandro Medici riferendo l'esito di un
  ricorso contro una sentenza che, nel maggio 2006, stabiliva il non luogo a
  procedere contro lo stesso Medici per la requisizione di 15 appartamenti
  sfitti per assegnarli a famiglie senzacasa.  
  "Con questo pronunciamento -  commenta Sandro
  Medici -  si afferma un profilo giudiziario rilevantissimo che
  lascia prevalere i diritti sociali sugli interessi speculativi 
  riconoscendo piena legittimità agli enti locali di intervenire nel
  mercato immobiliare in difesa delle famiglie che il mercato esclude. […]
  Forse questa sentenza della Cassazione puo' aiutare gli amministratori nella
  loro funzione di salvaguardia sociale".    Queste due sentenze potrebbero rappresentare una svolta
  nei rapporti tra Magistratura  e ceto
  politico. Nel 1992 la Magistratura intervenne perché la classe
  dirigente di professione poteva presentare una produzione politica con  un 
  rapporto costi/benefici troppo alto. Insomma, qualcosa combinava, ma
  il valore della refurtiva superava di gran lunga quella del valore aggiunto
  ad essa imputabile . Oggi la Magistratura interviene perché il denominatore di
  quel rapporto si è azzerato: il risultato della frazione è,
  indipendentemente dal valore del numeratore, pari a “infinito”. In effetti
  non si può parlare più di refurtiva, visto che – a differenza
  degli aiutini occulti dei decenni passati - il finanziamento pubblico, le provvidenze
  a favore dei professionisti del potere, i gettoni, gli appannaggi le
  consulenze sono voci ormai traghettate sulla riva di una formale
  legittimità e alimentano apparati politici e clientes alla luce del
  sole. Il guaio è che la produzione politica (da cui si
  dovrebbe ricavare il valore del denominatore nel rapporto costi/benefici) si
  è azzerata: non può qualificarsi perché – cascami occasionali a
  parte – si è azzerata.   I professionisti della casta hanno continuato con i metodi
  e le incapacità di un tempo, quando però la “famiglia italiana”
  provvedeva da sola, rimboccandosi le maniche, ad autogovernarsi e si
  strutturava in valvola di sicurezza per il Paese. Questa soluzione andava
  bene per l’Italietta delle svalutazioni. 
  Oggi, sulla via della globalizzazione planetaria, anche la tetragona
  famiglia italiana non è più in grado di sopperire alla  nullità di produzione di coloro che
  si definiscono classe dirigente.    In particolare, governanti e legislatori del Paese che
  vede “la casa” come un bene primario (come la “vita” e la “salute”, sostiene
  la Cassazione) non sono stati in grado in 60 anni di provvedere a che i
  cittadini potessero approfittare di un mercato degli immobili almeno
  “normale”. [Per inciso: che fine hanno fatto gli introiti erariali della
  Gescal ?]. Poiché però i professionisti della Casta si sentono
  espressione di quel popolo, hanno pensato bene di provvedere a loro stessi [
  Si veda l’indagine dell’Espresso]. Non sono stati in grado di sviluppare il
  fotovoltaico nel paese del sole. Non sono stati in grado di far decollare il
  Sud sul fronte turistico  nel paese
  del Grand Tour. Non sono stati in grado di mantenere un adeguato livello
  scolastico nel paese della cultura. 
  Non sono stati in grado di tenersi i buoni cervelli per la ricerca nel
  paese degli inventori.  Sono stati invece in grado – sono solo alcuni esempi - di
  collocare i loro scherani nei posti che presuppongono intelligenza,
  capacità, talento. Loro con un così basso q.i., circondati da
  personaggi necessariamente inferiori (anche nel q.i.) perché non aspirino a
  superarli. Pronti a scandalizzarsi se si propone “due volte, poi a casa!”.
  Scandalo! Chi può essere tanto ottuso da proporre di giubilare maestri
  di vita, se in essi dovessimo incappare?   
  Poi diamo la colpa alla generica e teorica malasanità se un
  medico incapace ma ben raccomandato ti ammazza; alla ricerca asfittica e
  surclassata dalle grandi organizzazioni internazionali se dobbiamo sborsare
  fior di quattrini per comprare brevetti, quando ad essa si dedicano –
  poveracci - figli e famigli, tanto inetti quando ben retribuiti. Diamo la
  colpa agli elettori  se il livello di
  chi siede in Parlamento è il più basso da sempre, quando la
  casta decide chi deve essere eletto (figlio, famiglio o amante che sia) con
  leggi elettorali cialtrone. Diamo la colpa ai risparmiatori famelici di
  interessi alti se, dopo appena cinque anni dalla privatizzazione delle
  banche, il risparmio delle famiglie italiane (la cui propensione al risparmio
  è – era – tra le più alte del pianeta)  è stato saccheggiato (Argentina, Parmalat,
  Cirio, Viatel, Giacomelli, Finmatica, Finmek ecc.). A questo punto, la Magistratura non poteva non
  intervenire: se la Casta non è stata in grado di governare, di  soddisfare esigenze primarie, un tetto, ad
  esempio,  non è colpa dei
  cittadini nullatenenti ed indigenti se occupano case libere. Non basta: la
  stessa magistratura fa sapere ai sindaci che non è abuso requisire
  case sfitte o disabitate da affidare a chi casa non ha.  E dire che i Padri costituenti erano talmente certi che
  nei decenni successivi tutti avrebbero avuto una casa da inserire
  nell’articolo 47 della Costituzione che “ 
  … La Repubblica .. favorisce l’accesso del risparmio popolare alla
  proprietà dell’abitazione….”! 
  La casa per tutti era un presupposto operativo: ci si preoccupava
  della proprietà. Hanno pensato che i dettami costituzionali si limitassero
  all’art. 68 (sulle garanzie per i membri del Parlamento). Non a caso lo hanno
  stiracchiato fino a conferire l’intoccabilità ai “professionisti”
  (legge n° 3 del 1993, legge n° 140 del 2003).    Ancora una volta è gran parte della Magistratura di
  questo paese a tentare di opporsi ad una deriva tanto rovinosa. Che sia l’inizio di un nuovo corso?   P.S. del 1°-10-2007E’ di oggi la notizia che la Magistratura contabile (la Corte
  dei Conti) ha convocato gli agenti che furono impegnati nella vicenda della
  TAV-NoTAV, in quanto persone informate sui fatti, per valutare le
  responsabilità di chi gestì l’ordine pubblico. Ipotizza la
  Magistratura contabile un grave danno di immagine ed erariale  per il Paese.  Forse la mia analisi non è proprio campata in aria. P.S. del 5-10-2007E ancora. Il problema del lavoro
  nero dovrebbe essere affrontato e – possibilmente - risolto dalla classe
  politica. Ma questa non vuole o non può (non sa, per i buonisti).  La Cassazione: è
  estorsione.     Il Sole 24 Ore del 5-10-2007  Cassazione. E' estorsione tenere i dipendenti in nero sotto
  ricatto Duro affondo della Cassazione contro chi sfrutta il lavoro in
  nero. Rischia una condanna per estorsione il datore che, approfittando della
  situazione di mercato con grande domanda e poca offerta di occupazione,
  sottopaga i dipendenti sotto il minimo sindacale e viola le norme di tutti i
  contratti collettivi, tenendoli in pugno con la minaccia della perdita del
  posto.   P.S. del 16-10-2007Anche
  sulla difficile e delicata vicenda dell’eutanasia i politici non sono in
  grado intellettualmente di prendere una posizione. E anche stavolta
  interviene la Cassazione: C'è una «attuale carenza di una specifica
  disciplina legislativa» che fornisca indicazioni da seguire nel caso di
  richiesta di sospensione di cure e trattamenti sanitari provenienti dal
  legale rappresentante di un malato in coma e senza speranza di miglioramenti,
  sottolinea la Suprema Corte, che avverte la necessità «anche in tale
  situazione» di vuoto normativo, di dare una «immediata tutela» al «valore
  primario ed assoluto dei diritti coinvolti» in questa drammatica situazione,
  nella quale proprio l'importanza di tali diritti «impone una delicata opera
  di ricostruzione della regola di giudizio nel quadro dei principi
  costituzionali».   Il
  Corriere della Sera del 16-10-2007 Si
  dovrà rifare il dibattimento che aveva impedito al padre di staccare
  la spina alla figlia Nuovo
  processo per Eluana Englaro. Nota della Suprema Corte sull'eutanasia: fissate
  le circostanze in cui si può autorizzare la «dolce morte» ROMA - Una sentenza che farà discutere. E che ribalta quanto richiesto dal procuratore generale della
  Cassazione. Ma che per la prima volta segna dei «paletti» chiari
  dal punto di vista giuridico sul fronte dell'eutanasia. Ci sarà
  infatti un nuovo processo «in una diversa sezione della Corte
  d'Appello di Milano» sul caso di Eluana Englaro, la giovane in coma dal 1992
  a seguito di un incidente stradale e per la quale il padre si
  è battuto per anni in tribunale affinchè venisse interrotta
  l'alimentazione fino al sopraggiungere della morte. Ne dà notizia la
  Cassazione in una nota redatta dal Primo Presidente della Suprema Corte,
  Vincenzo Carbone. «La Corte di Cassazione - spiega la nota - ha escluso che
  l'idratazione e l'alimentazione artificiali con sondino nasogastrico
  costituiscano, in sè, oggettivamente, una forma di accanimento
  terapeutico, pur essendo indubbiamente un trattamento sanitario - ha deciso
  che il giudice può, su istanza del tutore, autorizzarne l'interruzione
  soltanto, dovendo altrimenti prevalere il diritto alla vita, in presenza di
  due circostanze concorrenti:  1) la condizione di stato vegetativo del paziente
  sia apprezzata clinicamente come irreversibile, senza alcuna sia pur minima
  possibilitá, secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti, di
  recupero della coscienza e delle capacitá di percezione;  2) sia univocamente accertato, sulla base di
  elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai
  convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i
  comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato
  il suo consenso alla continuazione del trattamento».  «UN SUSSULTO DI UMANITÀ» - La
  decisione della Suprema Corte è stata accolta dal papà di
  Eluana, Beppino Englaro, come «un sussulto di umanità e di
  libertà verso una vittima sacrificale del codice deontologico dei
  medici e della legge». A sua volta, la ministra della Sanità, Livia
  Turco, ha definito «molto specifica ma anche innovativa ed equilibrata».  LE MOTIVAZIONI - Successivamente la Cassazione ha
  reso note anche le motivazioni della sentenza. C'è una «attuale
  carenza di una specifica disciplina legislativa» che fornisca indicazioni da
  seguire nel caso di richiesta di sospensione di cure e trattamenti sanitari
  provenienti dal legale rappresentante di un malato in coma e senza speranza
  di miglioramenti, sottolinea la Suprema Corte, che avverte la
  necessità «anche in tale situazione» di vuoto normativo, di dare una
  «immediata tutela» al «valore primario ed assoluto dei diritti coinvolti» in
  questa drammatica situazione, nella quale proprio l'importanza di tali
  diritti «impone una delicata opera di ricostruzione della regola di giudizio
  nel quadro dei principi costituzionali». La Suprema Corte spiega poi per
  quale motivo ha deciso di spingersi a dare indicazioni concrete per risolvere
  i casi dei pazienti in coma irreversibile o che chiedono la sospensione delle
  cure, colmando l'assenza di una normativa in tal senso. In proposito la Cassazione
  sottolinea di voler tenere presente la Convenzione di Oviedo sui trattamenti sanitari
  anche se non è stata «a tutt'oggi ratificata dallo Stato italiano»
  perchè la mancanza di un ratifica - spiega piazza Cavour - non
  significa che tale convenzione «sia priva di alcun effetto nel nostro
  ordinamento». IL NEUROLOGO: PRONTO A STACCARE LA SPINA - E la
  decisione della Cassazione fa sorgere immediatamente l'interrogativo di chi
  si prenderebbe la responsabilità di applicare un'eventuale sentenza di
  interruzione dell'alimentazione forzata. «Si, certo, e senza dubbi» risponde
  senza esitazioni, il neurologo Carlo Alberto Defanti che ha avuto in cura
  Eluana Englaro, alla domanda se sarebbe pronto a dare l'ordine di sospendere
  l'alimentazione assisitita. Defanti, ai microfoni di Radio24, racconta: «Io
  la ricoverai nel mio reparto a Bergamo 11 anni fa, la studiai in modo
  esauriente e già allora non si trovò alcun segno di coscienza.
  Poi, nel lungo iter giudiziario, nel 2001 la ricoverai di nuovo, questa volta
  a Niguarda. Altri esami diedero lo stesso risultato». «Di fatto quella
  condizione di irreversibilità è già soddisfatta e mai
  messa in dubbio nelle precedenti sentenze. Anche se nulla toglie che si possa
  ripetere la prova», aggiunge Defanti. LA CEI - «Noi
  vescovi ribadiamo la difesa della vita fino alla sua naturale conclusione e
  il riconoscimento dell’idratazione indotta come diritto della persona alla
  vita e non come accanimento terapeutico» : è questa invece la
  posizione espressa dal segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe
  Betori, alla domanda di come valuti la Chiesa il caso di Eluana Englaro. «Non
  vorrei entrare nel caso specifico - ha spiegato Betori - ma noi vescovi
  ribadiamo la difesa della vita sempre». 
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