|   Articolo21.info   Il “tesoretto” e Telecom. Il terrorismo mediatico della “razza padrona” italiana.   di Salamandra   Mentre imperversa su giornali,
  tv e radio la nube di “terrorismo mediatico”
  sprigionata dai maggiori esponenti della “razza padrona” (con
  in testa il presidente della Confindustria Luca Cordero di
  Montezemolo, controllore della FIAT, della Stampa, del Sole 24 ore e di
  RCS-Corriere della sera, nonché delle agenzie stampa collegate e dei network
  radiofonici associati)  e dei loro ben pagati esperti sull’utilizzo
  migliore del cosiddetto “tesoretto” delle maggiori entrate fiscali, ecco
  apparire l’incubo della vendita a mani stranieri, messicano-statunitensi, del
  colosso Telecom. Il gioiello delle telecomunicazioni italiane, ribattezzato
  anche  la “madre di tutte le privatizzazioni”, messa in opera proprio da
  Prodi durante il suo primo  governo, rischia ora di perdere il controllo
  nazionale e passare ai due colossi d’oltre-oceano, togliendo così al
  nostro paese anche l’ultimo gruppo di telefonia nazionale.Strano parlare e ancor più strabico operare del nostro capitalismo
  rampante: in dieci anni i profitti sella “razza padrona” sono aumentati del
  15%, mentre il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e delle famiglie
  si è quasi dimezzato, con i salari “aumentati” ( si fa per dire!) di
  un mezzo punto in meno l’anno rispetto all’inflazione reale ( ovvero quella
  ufficiale più quella “percepita”).
 Ma dove sono finiti i soldi, tanti, degli imprenditori, finanzieri, banchieri
  italiani? Non certo in nuovi investimenti industriali o nella
  tanto osannata ( sempre da Montezemolo) innovazione tecnologica di
  prodotto e di produzione! I soldi sono finiti in investimenti immobiliari,
  nei “tesoretti” finanziari, dalla borsa ai fondi italiani e stranieri, nelle
  acquisizioni di societа bancarie nazionali ed
  europee. E meno male che la ripresa tedesca e francese hanno aiutato le
  esportazioni italiane, mentre i bassi salari, l’assenza di rinnovi
  contrattuali di tutte le maggiori categorie lavorative e l’elevata pressione
  fiscale ( come denuncia anche Bankitalia, arrivata al 42,8%, record in dieci
  anni!) hanno fatto il resto, per rendere competitivo il sistema produttivo
  italiano e risanare le esangui casse del tesoro.
 Insomma, niente di nuovo sotto il sole tiepido della penisola più
  disastrata d’Europa: la “razza padrona”, fortunata definizione di Scalari di
  tanti decenni fa, è sempre la stessa. Bussa a danari alle porte del
  tesoro italiano, guarda con supponenza e un certo malcelato fastidio i tanti
  risparmiatori che investono in borsa e non solo nei titoli di stato, impone
  con il controllo dei media un’agenda sull’uso dei
  risparmi pubblici che dovrebbe aiutare sempre le loro imprese o, al massimo,
  ridurre l’enorme debito pubblico, anziché ridurre le tasse e alzare i livelli
  salariali Nel frattempo, però, mentre gli altri partner europei si
  rafforzano a livello industriale con acquisizioni tra imprese di settori
  analoghi o con investimenti pubblico-privati per l’innovazione tecnologica e
  scientifica, i nostri “capitani coraggiosi” se la passano la domenica sugli
  spalti degli stadi italiani o al largo delle coste sugli yacht inzeppati di
  “veline” e quant’altro.
 Alla fine, però, i nodi vengono al pettine! Le classi medie
  produttive, le famiglie monoreddito con figli, gli artigiani, i piccoli
  imprenditori innovativi si allontanano dalla politica, sfiduciati dallo
  stesso governo di centrosinistra che hanno votato ( basta leggersi ogni
  settimana i sondaggi e le analisi del valido Diamanti
  su Repubblica, per capirne di più).
 E, intanto, i “gioielli di famiglia” rischiano di scappare di casa!
 Telecom potrа anche finire al colosso
  americano AT&T e al suo alleato messicano di
  American Movil, è nel gioco della
  globalizzazione e del libero mercato dei capitali e delle imprese. A vendere sarа l’ex-principe ereditario
  del capitalismo italiano, l’erede spirituale degli Agnelli, quel Tronchetti Provera che si impossessò della Telecom per
  quattro euro (si fa per dire!), su richiesta del governo Berlusconi, dopo
  aver venduto agli americani la più grande societа
  mondiale di costruzione di fibre ottiche, guadagnandoci alcune migliaia di
  miliardi di lire direttamente sul suo conto. Oggi quel settore dei cavi
  ottici, in cui eravamo leader, è al top della produttivitа,
  così come l’intreccio telecomunicazioni-internet-televisione
  è il business del futuro immediato: e Telecom, grazie alla sua
  posizione dominante di ex-monopolista pubblico, è in prima fila in
  questo settore ad alta redditivitа ( ha anche
  nel suo portafoglio due reti televisive, attraverso Telecom Italia Media).
 Tronchetti, però, ha l’incubo da sempre di dover far fronte ai 37
  miliardi di euro di debiti, pur controllando attraverso le cosiddette
  “scatole cinesi”  solo il 18% di Telecom, insieme ai Benetton:
  una voragine che non è diminuita di molto da quando
  rilevò il colosso dalle mani di un altro “capitano coraggioso”,
  Colaninno. E così vende, ottenendo introiti personali per migliaia di
  miliardi di euro, giocando al rialzo tra i contendenti americani e le banche
  italiane, creditrici e azioniste di Telecom, che vantano il diritto di
  prelazione nell’eventuale acquisto.
 E’ inutile strapparsi le vesti sui campioni italiani, come fa la sinistra italiana: il processo di globalizzazione dei mercati e
  delle imprese, o si gestisce risanando e moralizzando il sistema economico di
  casa nostra, anche con legi fiscali e innovative,
  oppure si soccombe al più forte. Tutta la telefonia italiana, nata
  direttamente o indirettamente con capitali pubblici è ormai in mano straniere:  Wind
  dall’Enel è passata agli egiziani; Omnitel, grazie agli aiuti di stato per la Olivetti, è degli inglesi Vodafone;
  “Tre” è del cinese di Hong Kong Hutchinson Wampoa, dopo che ha acquisito le licenze dagli italiani.
  Piangersi addosso non serve. Per anni, Telecom ha vissuto sull’ereditа di ex-monopolista, allargandosi magari in
  alcuni mercati esteri ( per poi lasciarli, per fare cassa e ridurre
  l’indebitamento), senza mai preoccuparsi di fare “sistema” Italia con il
  settore dell’information and communications
  technology, come invece gli altri grandi colossi
  internazionali stanno facendo.
 Come Autostrade ( di proprietа dei Benetton, soci di Tronchetti in Telecom), altro colosso
  IRI privatizzato col governo Prodi-D’Alema, finita
  l’epoca d’oro dei facili introiti attraverso i canoni di abbonamento, dei
  pedaggi e delle tariffe di utilizzo a tempo, è arrivato il periodo
  dell’ammodernamento delle reti e delle infrastrutture, dell’innovazione di
  prodotto e di fornitura di nuovi servizi più selettivi e di qualitа. E quindi tanti soldi da investire di tasca
  propria!
 Ma questa “razza padrona”, purtroppo non è capace di investire per
  innovare: lo ha sempre fatto lo stato per lei, o direttamente o attraverso
  le  storiche “partecipazioni statali”, tipo IRI.
 Tornare indietro, non si può! Ma si può seguire l’esempio
  anglosassone e nord-europeo: lanciare grandi stagioni di innovazione
  tecnologico e di ricerca di nuovi settori produttivi o di servizi, impegnare
  parte delle risorse statali insieme ai centri universitari di eccellenza e
  consorzi industriali di “filiera”.
 Così il capitalismo democratico moderno aiuta, senza distorcere le
  regole del mercato, le economie nazionali. Ne’ dirigismo
  né neo-statalismo, ma nemmeno  idealizzazione del libero mercato alla
  “far west”, come in queste ore strillano i coriferi
  della destra berlusconiana, ovvero di quel governo
  che in cinque anni non ha fatto nemmeno una piccola privatizzazione, non ha
  messo fine alla vergogna del mercato dei servizi monopolistici locali in mano
  alle municipalizzate.
 E poi, quale esempio possono dare gli “strilloni” di Sua Emittenza, quelli
  che hanno fatto leggi ad personam
  per tutelare gli affari di Berlusconi, uno dei dieci uomini più ricchi
  al mondo: colui che fa dello sciovinismo imprenditoriale la sua stessa fede
  mercantile. Che quando si parla di far entrare capitali stranieri nel suo
  impero mediatico, chiede aiuto ai potenti dello
  stato perché venga “difeso” il “campione nazionale”
  dei media!
 Al governo, alle forze illuminate dell’imprenditoria, agli intellettuali,
  agli economisti, alle famiglie dei milioni di “tartassati” deve interessare
  solo che l’affare Telecom venga condotto alla luce del sole, magari con la
  supervisione di un Comitato indipendente di garanzia ( con rappresentanti
  della Consob, del Tesoro, dell’Antitrust e delle Universitа):
 - che venga ridotta la catena di controllo delle tante societа finanziarie ( le “scatole
  cinesi”);
 - che non avvenga lo spezzatino tra Telefonia fissa e quella mobile;
 -  che il settore ricerca-sviluppo e gestione risorse resti in Italia;
 -  che vengano tutelati i posti di lavoro e il management di alto
  livello, che ancora resta dai tempi della Telecom pubblica;
 -  che venga presentato un piano industriale e tariffario degno di
  questo nome, con una forte attenzione all’innovazione dei servizi ICT.
 - E che venga scorporato societariamente,
  con un controllo indipendente ( come avviene adesso con Guido Rossi che
  presiede il gruppo), Telecom Italia Media, che ha in mano i network
  televisivi “La 7”
  e MTV e l’agenzia di stampa APCom.
 E, da ultimo, un consiglio affettuoso per Tronchetti Provera:
  una volta messi al sicuro i tanti miliardi di euro che guadagnerа
  dal “tesoretto” Telecom, si ritiri per un bel po’ dagli affanni
  imprenditoriali; si prenda un lungo periodo “sabbatico” insieme alla
  splendida seconda moglie Afef. Faccia riposare
  anche lei, lontana dai teleschermi RAI. Ne troveranno giovamento i milioni
  di  abbonati  Telecom  e Tim, e
  risparmierebbero qualcosa anche i teleabbonati della RAI.
  Sarebbe davvero una sontuosa uscita di scena per il “bel principe” dagli
  occhi azzurri della “razza padrona”!
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