|   L’Unità 19-4-2007Legge intercettazioni. Al Cittadino
  non far Sapere Di Marco Travaglio  Cari lettori, quando il Parlamento approva una legge
  all'unanimità, di solito bisogna preoccuparsi. Indulto docet. Questa
  volta è anche peggio. L'altroieri, in poche ore, con i voti della
  destra, del centro e della sinistra (447 sì e 7 astenuti, tra cui
  Giulietti, Carra, De Zulueta, Zaccaria e Caldarola), la Camera ha dato il via
  libera alla legge Mastella che di fatto cancella la cronaca giudiziaria.
  Nessuno si lasci ingannare dall'uso furbetto delle parole: non è una
  legge "in difesa della privacy" (che esiste da 15 anni) nè
  contro "la gogna delle intercettazioni". Questa è una legge
  che, se passerà pure al Senato, impedirà ai giornalisti di
  raccontare - e ai cittadini di conoscere - le indagini della magistratura e
  in certi casi persino i processi di primo e secondo grado. Non è una
  legge contro i giornalisti. È una legge contro i cittadini ansiosi di
  essere informati sugli scandali del potere, ma anche sul vicino di casa
  sospettato di pedofilia. Vediamo perché. Oggi gli atti d'indagine sono
  coperti dal segreto investigativo finché diventano "conoscibili
  dall'indagato".  Da allora non
  sono più segreti e se ne può parlare. Per chi li pubblica
  integralmente, c'è un blando divieto di pubblicazione, la cui
  violazione è sanzionata con una multa da 51 a 258 euro, talmente
  lieve da essere sopportabile quando le carte investono il diritto-dovere di
  cronaca. Dunque i verbali d'interrogatorio, le ordinanze di custodia, i
  verbali di perquisizione e sequestro, che per definizione vengono consegnati
  all'indagato e al difensore, non sono segreti e si possono raccontare e, di
  fatto, citare testualmente (alla peggio si paga la mini-multa). È per
  questo che, ai tempi di Mani Pulite, gli italiani han potuto sapere in tempo reale
  i nomi dei politici e degli imprenditori indagati, e di cosa erano accusati.
  È per questo che, di recente, abbiamo potuto conoscere subito molti
  particolari di Bancopoli, Furbettopoli, Calciopoli, Vallettopoli, dei crac
  Cirio e Parmalat, degli spionaggi di Telecom e Sismi. Fosse stata già
  in vigore la legge Mastella, Fazio sarebbe ancora al suo posto, Moggi
  seguiterebbe a truccare i campionati, Fiorani a derubare i correntisti Bpl,
  Gnutti e Consorte ad accumulare fortune in barba alle regole, Pollari e Pompa
  a spiare a destra e manca. Per la semplice ragione che, al momento, costoro
  non sono stati arrestati né processati: dunque non sapremmo ancora nulla
  delle accuse a loro carico. Lo stesso vale per i sospetti serial killer e
  pedofili, che potrebbero agire indisturbati senza che i vicini di casa
  sappiano di cosa sono sospettati. La nuova legge,infatti,da un lato aggrava a
  dismisura le sanzioni per chi infrange il divieto di pubblicazione: arresto
  fino a 30 giorni o, in alternativa, ammenda da 10 mila a 100 mila euro (cifre
  che nessun cronista è disposto a pagare pur di dare una notizia).
  Dall'altro allarga à gogò il novero degli atti non più
  pubblicabili.Anzitutto "è vietata la pubblicazione, anche
  parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del
  pm o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti da
  segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al
  termine dell'udienza preliminare". La notizia è vera e non é
  segreta, ma è vietato pubblicarla: i giornalisti la sapranno, ma non
  potranno più raccontarla. A meno che non vogliano rovinarsi, sborsando
  decine di migliaia di euro. È pure vietato pubblicare, anche solo nel
  contenuto, "la documentazione e gli atti relativi a conversazioni, anche
  telefoniche, o a comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati sul
  traffico telefonico e telematico, anche se non più coperti da
  segreto". Le intercettazioni  che hanno il pregio di fotografare in
  diretta un comportamento illecito, o comunque immorale, o deontologicamente
  grave  sono sempre top secret. Bontà loro, gli unanimi legislatori
  consentiranno ancora ai giornalisti di raccontare che Tizio è stato
  arrestato (anche per evitare strani fenomeni di desaparecidos, come nel
  vecchio Sudamerica o nella Russia e nell'Iraq di oggi). Si potranno ancora
  riferire, ma solo nel contenuto e non nel testo, le misure cautelari, eccetto
  "le parti che riproducono il contenuto di intercettazioni". Troppo
  chiare per farle sapere alla gente. E i dibattimenti? Almeno quelli sono pubblici,
  ma fino a un certo punto: "non possono essere pubblicati gli atti del
  fascicolo del pm, se non dopo la pronuncia della sentenza d'appello". Le
  accuse raccolte (esempio, nei processi Tanzi, Wanna Marchi, Cuffaro, Cogne,
  Berlusconi etc.) si potranno conoscere dopo una decina d'anni da quando sono
  state raccolte: alla fine dell'appello. Non è meraviglioso? L'ultima
  parte della legge è una minaccia ai magistrati che indagano e
  intercettano "troppo", come se l'obbligatorietà dell' azione
  penale fosse compatibile con criteri quantitativi o di convenienza economica:
  le spese delle Procure per intercettazioni (che peraltro vengono poi pagate
  dagli imputati condannati, ma questo nessuno lo ricorda mai) saranno vagliate
  dalla Corte dei Conti per eventuali responsabilità contabili.
  Così, per non rischiare di risponderne di tasca propria, nessun pm si
  spingerà troppo in là, soprattutto per gli indagati eccellenti.
  A parte "Il Giornale", nessun quotidiano ha finora compreso la
  gravità del provvedimento. L'Ordine dei giornalisti continua a
  concentrarsi su un falso problema: quello del "carcere per i
  giornalisti", che è un'ipotesi puramente teorica, in un paese in
  cui bisogna totalizzare più di 3 anni di reclusione per rischiare di
  finire dentro. Qui la questione non è il carcere: sono le multe. Molto
  meglio una o più condanne (perlopiù virtuali) a qualche mese di
  galera, che una multa che nessun giornalista sarà mai disposto a
  pagare. Se esistessero editori seri, sarebbero in prima fila contro la legge
  Mastella. A costo di lanciare un referendum abrogativo. Invece se ne
  infischiano: meno notizie "scomode" portano i cronisti, meno grane
  e cause giudiziarie avrà l'azienda. Mastella, comprensibilmente,
  esulta: "Un grande ed esaltante momento della nostra attività
  parlamentare". Pecorella pure: "Una buona riforma, varata col
  contributo fondamentale dell'opposizione". Vivi applausi da tutto
  l'emiciclo, che è riuscito finalmente là dove persino
  Berlusconi aveva fallito: imbavagliare i cronisti. Ma a stupire non è
  la cosiddetta Casa delle Libertà, che facendo onore alla sua ragione
  sociale ha tentato fino all'ultimo di aumentare le pene detentive e le multe
  (fino al 500 mila euro!) per i giornalisti. È l'Unione, che
  nell'elefantiaco programma elettorale aveva promesso di allargare la
  libertà di stampa. Invece l'ha allegramente limitata con la gentile
  collaborazione del centrodestra. Ma chi sostiene che nell'ultimo anno non
  è cambiato nulla, ha torto marcio. Quando le leggi-vergogna le faceva
  Berlusconi, l'opposizione strillava e votava contro. Ora che le fa l'Unione,
  l'opposizione non strilla, anzi le vota. In vista del passaggio al Senato,
  cari lettori, facciamoci sentire almeno noi, giornalisti e cittadini.   |