| HOME    PRIVILEGIA NE IRROGANTO    di Mauro Novelli     Documentazione   Inserito l’8-5-2007 | |||
| 
 | |||
| AUTORITA’
  GARANTE DEI DATI PERSONALI Banche:
  accesso ai dati e dipendenti infedeli È vietato
  l'accesso ai dati personali dei clienti conservati nella
  Centrale rischi della Banca d'Italia se non giustificato da legittime
  esigenze. Il principio è stato ribadito dal Garante che ha dichiarato
  illecito il comportamento di un  dirigente di banca che, per scopi
  personali, aveva fatto controllare la posizione debitoria del cognato.
  L'Autorità, con un provvedimento di
  cui è stato relatore Mauro Paissan, ha
  prescritto all'istituto di credito di adottare misure di
  sicurezza mirate a contenere i rischi di accesso non autorizzato e di
  effettuare controlli più tempestivi ed efficaci sulla correlazione tra
  l'accesso ai sistemi di informazione creditizia e l'esigenza di trattare una
  pratica che giustifichi, nel rispetto della legge, le interrogazioni alla
  banca dati. La decisione del Garante
  è stata presa a seguito di una segnalazione presentata da un ex
  cliente di una banca con la quale aveva cessato qualsiasi rapporto
  contrattuale dal 2001. Il cliente, messo a conoscenza che dopo tale data erano
  stati effettuati da parte dell'istituto di credito accessi alla
  Centrale rischi della Banca d'Italia relativi alla sua persona e al
  proprio coniuge, aveva chiesto spiegazioni. L'ente creditizio non aveva
  fornito idoneo riscontro alla richiesta del cliente, il quale si è quindi rivolto al Garante per vedere tutelati i
  suoi diritti. In seguito agli
  accertamenti disposti dall'Autorità, la banca ha dovuto invece
  dichiarare che le richieste alla Centrale rischi
  della Banca d'Italia erano state effettuate indebitamente per ragioni di
  natura personale da parte di un dirigente dell'istituto di credito, cognato
  del cliente, che aveva incaricato alcuni collaboratori, pur apparentemente
  estranei alle finalità private da lui perseguite e non consapevoli dell'illiceità
  della richiesta, di effettuare le interrogazioni alla Centrale rischi. Il Garante ha pertanto
  dichiarato illecito il trattamento dei dati effettuato a danno del cliente.
  Inoltre, diversamente da quanto dichiarato all'Autorità, la banca non
  aveva fornito al cliente, a fronte dei chiarimenti da lui richiesti, le vere
  ragioni dell'accesso illecito e ha pertanto violato il suo diritto ad essere
  preventivamente informato di ogni trattamento dati
  che possa interessarlo. L'Autorità ha
  infine disposto la trasmissione degli atti alla magistratura per le
  valutazioni di competenza riguardo agli illeciti penali
  eventualmente configurabili. Provvedimento del 8 marzo 2007 SEGUE IL
  TESTO DEL PROVVEDIMENTO IL GARANTE
  PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI In
  data odierna, in presenza del prof. Francesco
  Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti,
  vice presidente, del dott. Giuseppe Fortunato e del dott. Mauro Paissan, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale; Visto
  il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg.
  30 giugno 2003, n. 196); Visto
  il reclamo presentato da Gianpaolo Grespan nei
  confronti di Banca di Roma S.p.a. relativamente ad
  accessi abusivi da parte di incaricati della banca alla Centrale dei rischi
  della Banca d'Italia ed al sistema centralizzato di rilevazione dei rischi di
  importo contenuto gestito da SIA S.p.a.; Vista
  la documentazione in atti; Viste
  le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del
  regolamento del Garante n. 1/2000; Relatore
  il dott. Mauro Paissan; PREMESSO 1. Con nota
  pervenuta il 3 aprile 2006, Gianpaolo Grespan ha
  rappresentato che, pur non essendo più cliente dal 2001, presso la
  Banca di Roma sarebbero stati effettuati vari accessi abusivi (sette), nel
  2004 e nel 2005, al Servizio di prima informazione reso
  disponibile presso la Centrale dei rischi della Banca d'Italia e al
  sistema centralizzato di rilevazione dei rischi di importo contenuto gestito
  da SIA S.p.a., al fine di verificare dati personali
  che lo riguardano anche unitamente al proprio coniuge. Dalla
  documentazione prodotta emerge che non hanno avuto idoneo e tempestivo riscontro
  talune istanze (del 7 novembre 2005 e del 10 gennaio 2006) proposte ai sensi
  dell'art. 7 del Codice, volte a conoscere l'identità delle persone che
  (anche in qualità di responsabili o di incaricati) avrebbero avuto
  accesso alle predette informazioni. In
  una nota di risposta del 22 dicembre 2005 la banca ha così affermato:
  le "richieste
  di prima informazione sono state inoltrate alla
  […] Centrale rischi
  con la motivazione "richiesta di fido" al fine di istruire una richiesta di
  affidamento pervenuta al nostro dipendente";
  nella medesima nota, la banca ha poi dichiarato all'interessato quanto segue:
  "trattandosi
  di attività svolta da nostri dipendenti che hanno operato nella
  qualità di incaricati, la sua istanza di conoscere le relative
  generalità risulta ultronea rispetto a
  quanto previsto dal sopra citato art. 7 del decreto legislativo n.
  196/2003". In una successiva nota del 27
  febbraio 2006, la banca non ha infine effettuato alcun riferimento ai
  contestati accessi informatici.     3. Alla luce
  di quanto sopra evidenziato, presso la banca è stato effettuato un
  trattamento illecito ai sensi dell'art. 11, lett. a) e b) del Codice,
  conseguente ad accessi indebiti ai menzionati sistemi informativi, non
  giustificati da legittime esigenze (relative, in particolare, a richieste di
  credito). Ciò, per effetto del comportamento illecito di uno o
  più dipendenti del cui operato la banca
  risponde (artt. 4, comma
  1, lett. f), 15 e 28-30 del Codice). Le
  operazioni sono state effettuate in violazione della disciplina di settore
  che regola l'accesso ai menzionati sistemi
  informativi, in particolare di quella riguardante il servizio centralizzato
  dei rischi gestito dalla Banca d'Italia, la quale "fornisce agli intermediari
  partecipanti un'informativa utile […] per la valutazione del merito di
  credito della clientela e, in generale, per l'analisi e la gestione del
  rischio di credito" (cfr.
  Banca d'Italia, Centrale dei rischi, Istruzioni per gli intermediari
  creditizi, circ. n. 139, 11 febbraio 1991, 9° Agg. del 22 giugno 2004, p. I.3). Nel
  caso di specie, i ripetuti accessi sono stati infatti
  compiuti, come ammesso solo da ultimo dalla banca, al di fuori dei casi
  previsti e realizzando una grave violazione dei diritti dell'interessato,
  perseguendo indebitamente finalità private di un terzo in contrasto
  con gli obblighi correlati all'utilizzazione dei due sistemi informativi. 3.1.
  Deve altresì riscontrarsi un'ulteriore, grave violazione della
  disciplina di protezione dei dati ascrivibile alla
  banca, riguardo al non veritiero riscontro fornito all'interessato a seguito
  dell'esercizio dei diritti di accesso di cui all'art. 7 del Codice avvenuto
  in due occasioni. Da
  un lato, la banca ha inizialmente dichiarato che le finalità del
  trattamento erano state quelle della consultazione dei sistemi informativi
  nell'ambito di un'istruttoria relativa a richieste
  di affidamento, la cui esistenza è stata, invece, negata
  successivamente dalla stessa banca nella comunicazione inviata
  all'Autorità. Il
  riscontro fornito alla richiesta dell'interessato volta a conoscere i
  soggetti che sarebbero venuti a conoscenza di
  informazioni tratte dai predetti sistemi informativi, non risponde,
  altresì ai requisiti prescritti dal Codice, avendo l'interessato il
  diritto (art. 7, comma 2, lett. e)) di ottenere un'indicazione esaustiva
  dei soggetti che possono venire a conoscenza dei dati personali anche in
  qualità di responsabili o incaricati. La
  banca ha contravvenuto non solo alla puntuale previsione contenuta nell'art.
  7 del Codice, ma, più in generale, all'obbligo di correttezza
  (rilevante anche ai sensi dell'art. 11, comma 1, lett. a), del Codice), non
  essendo stato, altresì, consentito all'interessato di conoscere
  tempestivamente e agevolmente notizie veritiere sul trattamento di dati
  personali che lo riguardano (art. 10, comma 1, lett. a), del Codice). 3.2.
  Presso la banca, l'illecito trattamento è stato effettuato in
  più occasioni all'insaputa dell'interessato, violando anche il suo
  diritto ad essere preventivamente informato di ogni trattamento di dati che
  possa riguardarlo (artt. 13 e 161 del Codice). Per
  la violazione di tale obbligo di preventiva informativa l'Autorità
  provvederà con separato provvedimento. Va
  disposta la trasmissione di copia degli atti e del presente provvedimento
  all'autorità giudiziaria per la valutazione di profili di competenza
  in ordine agli illeciti penali che riterrà
  eventualmente configurabili. La
  sequenza dei fatti documentata in atti, nonché delle diverse versioni fornite
  all'interessato, evidenzia che, malgrado le
  ordinarie misure di sicurezza attestate in atti dalla banca, non risulta in
  essere un idoneo meccanismo tale da consentire controlli più
  tempestivi ed efficaci sull'effettiva correlazione tra l'accesso ai predetti
  sistemi informativi e una documentata pratica di riferimento che giustifichi,
  in conformità alle norme, l'accesso stesso. Ne deriva la
  necessità di prescrivere a Banca di Roma S.p.a.
  di adottare la misura necessaria di cui al seguente
  dispositivo, entro il 30 maggio 2007. TUTTO
  CIÒ PREMESSO, IL GARANTE 
 Roma, 8 marzo 2007 IL PRESIDENTE IL RELATORE IL SEGRETARIO GENERALE |