PRIVILEGIA NE IRROGANTO      di Mauro Novelli


 

Il PuntO n° 79.

Pensioni: un problema (quasi)  inventato ? (2^ puntata).

 

Di Mauro Novelli ( 21-9-2006)

 

Prima ancora di analizzare la struttura delle uscite e delle entrate dei bilanci INPS, ci corre l’obbligo di confutare una delle argomentazioni principe portata avanti da quanti sostengono che le pensioni devono essere riviste.

 

“Ormai la vita media si aggira sugli 80 anni. Se tizio va in pensione a 60, vuol dire che ne campa 20 a spese dello Stato (sappiamo tutti quanto sia modesta la percentuale della pensione dovuta ai suoi contributi). Su 35 di lavoro è un po' tanto! [ da www.rosanelpugno.it/rosanelpugno/node/10601].

 

In soldoni, il messaggio che si vuol far passare è questo: mezzo secolo fa si campava 60 anni, quindi un pensionato percepiva la pensione per non più di quattro cinque anni. Oggi si campa 80 anni (circa 77 i maschi, circa 83 le femmine), quindi un pensionato verrà “pagato” per venti anni.

Non sappiamo se tale grossolano inganno sia anche un autoinganno. Sta di fatto che il gioco delle “due” carte tra “vita media” e “speranza di vita ad una certa età” è fin troppo grossolano. Vediamo perché.

La distinzione tra vita media e speranza di vita è concettualemente fondamentale:

La vita media è il numero di anni di vita che la statistica annette ad una popolazione: se l’universo considerato è di due neonati di cui uno muore alla nascita e l’altro vive 100 anni, la vita media sarà di 50 anni. E’ evidente che ciò non vuol dire che l’eventuale terzo nato debba morire verso i 50 anni.

La speranza di vita è il numero  medio di anni che restano da vivere ai sopravviventi all’età X. Mentre quindi la speranza di vita alla nascita coincide con la vita media, con l’andare avanti negli anni la speranza di vita  sommata alla età anagrafica va oltre la vita media.  Ad esempio, nel 2002, a 65 anni, superate le occasioni di morte della neonatalità, dell’adolescenza, della maturità, un maschio ha speranza di vita pari a 16,8 anni ed una femmina pari a 20,8 anni, nonostante la vita media sia di 76,8 per il primo e 82,9 per la seconda.

Ma attenzione: nel 1950 un 65enne aveva speranza di vita pari a 12,6 anni se maschio, e di 13,7 anni se femmina, con una vita media rispettivamente di 63,7 e di 67,2.

 

Per tornare all’esempio grossolano di Tizio, dobbiamo paragonare la speranza di vita di 50 anni fa al momento del pensionamento, e lo stesso parametro di oggi al momento del pensionamento.

La tabella è illuminante: 

 

SPERANZA DI VITA (in anni)

-Fonte Istat - (dato 2002: fornito nel giugno 2006)

 

Alla nascita

(vita media)

A 65 anni

 

M

F

M

F

1950-53

63,7

67,2

12,6

13,7

1960-62

67,2

72,3

13,2

15,2

1970-72

69,0

74,9

13,3

16,2

1979-83

71,0

77,3

13,4

17,2

1989-93

73,9

80,4

15,0

19,0

1999

76,0

82,1

16,2

20,2

2002

76,8

82,9

16,8

20,8

DIFFERENZA 2002/1950

+ 13,1

+ 15,7

+ 4,2

+7,1

 

 

Il dato è a 65 anni (ma chi opera nel Palazzo è in grado di perfezionare la rilevazione con età più congruenti col pensionamento): Tizio, pensionato di oggi, non campa 20 anni in più del Tizio pensionato di mezzo secolo fa, ma poco più di 4 anni  e, se compariamo la speranza di vita delle signore Tizie,  Tizia di oggi sopravvive di poco più di 7 anni, rispetto alla Tizia degli anni ’50 del secolo scorso.

Lasciamo questa argomentazione ai neodem.

 

 [Fine della seconda puntata. Continua ]


 

Segue il testo della prima puntata .

 

 

Il PuntO n° 78. Pensioni: un problema (quasi)  inventato ? (1^ puntata).

 

Di Mauro Novelli (19-9-2006)

 

E’ nostra intenzione analizzare la problematica relativa alle pensioni, argomento sempre chiacchierato, mai approfondito. Cercheremo di comprendere le dinamiche di un fenomeno coinvolgente un numero crescente di cittadini (considerati “deboli” e, per questo, oggetto delle attenzioni pelose di politici ed entità addirittura internazionali).

Attraverso i bilanci INPS, valuteremo le incombenze crescenti, comunque poco o per nulla collegati alle pensioni, e impropriamente imposte all’Istituto di Previdenza, costretto, negli ultimi 40 anni, a far fronte ad  attività che hanno deciso di affidargli un legislatore furbo ma poco intelligente e forze sociali che si sono accomodate al desco.

 

BILANCIO CONSUNTIVO 2005

 

Il bilancio consuntivo 2005 dell’Istituto (approvato nella riunione del19 luglio 2006) ci fornisce alcuni macrodati  molto interessanti:

 

- USCITE COMPLESSIVE: 176,807 miliardi di euro di prestazioni istituzionali, con un incremento di 5,764 miliardi (+3,4%) rispetto ai 171,042 miliardi del consuntivo 2004.

- ENTRATE CONTRIBUTIVE: 116,764 miliardi di euro, con un incremento di 2,930 miliardi (+2,6%) rispetto a 113,834 miliardi dell’esercizio 2004.

 

Se facessimo l’errore di limitarci a questi dati, la conclusione sarebbe scontata: oltre 60 miliardi di euro (quasi 117 mila miliardi di vecchie lire) di sbilancio sono effettivamente insostenibili.

Scopriamo però che le uscite per il pagamento delle pensioni è di oltre  24,5 miliardi di euro più basso (quasi 48 mila miliardi di lire) rispetto alle uscite definite pudicamente “istituzionali”. Infatti:

 

- SPESA PER PENSIONI: 152,230 miliardi di euro (147,668 milioni nel 2004), con un incremento di 4,562 miliardi di euro (+3,1%).

L’Inps informa inoltre che “sono state eliminate 1.113.314 pensioni di importo medio mensile di 540 euro, mentre sono state liquidate 1.165.264 nuove pensioni di importo medio 635 euro. Così a fronte di un aumento contenuto nel numero delle pensioni vigenti (+51.950 rispetto al 2004 – pari a +0,3%) è corrisposto un aumento del 3,4% rispetto al 2004 della spesa per prestazioni istituzionali, dovuto anche, tra l’altro, alla perequazione pari a +1,9%. “  (Vedremo di che si tratta).

Insomma, lo sbilancio “contributi previdenziali meno pensioni erogate” si riduce da oltre 60 miliardi di euro, utilizzati come una clava per dimostrare che occorre “intervenire sulle pensioni”,  a  meno di 35,5 miliardi.

Chiediamoci: perché le prestazioni “istituzionali” dell’Inps sono state dilatate fino a gravare sulle sue casse per quasi 25 miliardi di euro (2005) oltre la spesa per pensioni ? Che cosa deve finanziare oltre le pensioni? E perché deve farlo l’Inps?

Ma le sorprese da chiarire non sono finite.

Il bilancio Inps ci informa che:

 

DISAVANZO FINANZIARIO DI COMPETENZA:  431 milioni di euro;

APPORTI COMPLESSIVI NETTI DELLO STATO: 71,531 miliardi in termini finanziari di cassa, con un incremento di 8,252 miliardi di euro rispetto al consuntivo 2004 (miliardi 63,279).

Vien da chiedersi: perché, a fronte di uno sbilancio di poco oltre 60 miliardi, lo Stato finanzia le casse dell’Istituto di Previdenza con oltre 71,5 miliardi?

AVANZO ECONOMICO DI ESERCIZIO: 2,033 miliardi di euro.

AVANZO PATRIMONIALE NETTO DELL’INPS: 24,281 miliardi di euro, per effetto del positivo risultato economico di esercizio (commenta l’Inps).

 

Ma come? L’Inps non ce la fa più, ma vanta risultati positivi, tanto da portare l’Istituto ad un avanzo economico di esercizio pari a 2 miliardi di euro ed un avanzo patrimoniale di oltre 24 ?

Cercheremo di capirci di più.

 

BILANCIO PREVENTIVO 2006.

 

Intanto, il bilancio preventivo 2006 dell’Inps, rivisto ed aggiornato al 1° giugno 2006,  conferma il trend dell’anno precedente, con alcuni miglioramenti. Ecco i dati previsionali rivisti:

 

USCITE COMPLESSIVE: 180,381 miliardi di euro di prestazioni istituzionali, con un incremento di 191 milioni rispetto alle previsioni iniziali;

ENTRATE CONTRIBUTIVE: 120,976 miliardi di euro di, con un incremento di 754 milioni rispetto alle previsioni originarie;

SPESA PER PENSIONI: 155,653 miliardi, con un incremento di 68 milioni rispetto alle previsioni originarie;

APPORTI COMPLESSIVI DELLO STATO: 74,929 miliardi di euro di, in termini finanziari di cassa, con un incremento di 2,244 miliardi rispetto alle previsioni iniziali.

AVANZO ECONOMICO: 1,394 miliardi di euro di con un miglioramento di 668 milioni di euro rispetto ai 726 milioni delle previsioni iniziali;

Per effetto del previsto risultato economico di esercizio, il patrimonio netto dell’Inps al 31 dicembre 2006 è aggiornato in 25,784 milioni di euro.

 

Se dovessero confermarsi i valori di bilancio preventivati, il disavanzo complessivo, tra prestazioni “istituzionali” ed entrate contributive, sarebbe pari a 59,405 miliardi di euro, ma se si considera solo l’uscita per il pagamento delle pensioni, il vero disavanzo pensionistico  (“contributi previdenziali meno pensioni erogate”) da 59,4 miliardi (drammatizzati – al solito - per convincere della ineluttabilità di drastici interventi sui meccanismi pensionistici) si riduce a  34,677  miliardi. In calo rispetto ai 35,5 miliardi del 2005.

In conclusione, rispetto al 2005, aumentano le Entrate contributive (+3,61 %) e diminuisce la Spesa per erogazione di pensioni (- 1,06 %).

Da rimarcare, inoltre, l’apporto finanziario dello Stato: in aumento di 3,4 miliardi di euro rispetto al 2005, nonostante il 2006  lasci ipotizzare il miglioramento di fondamentali poste di bilancio rispetto all’anno precedente.

 

<b>VARIAZIONI 2006/2005</b>

 

<B>Ricapitoliamo le voci più interessanti dei bilanci INPS con l’andamento 2005/2006, nell’ipotesi che vengano confermati i valori di preventivo rivisti nel giugno 2006:

 

1) Le  ENTRATE CONTRIBUTIVE crescono:      + 3,61 %

 

2) La SPESA PER PENSIONI EROGATE cresce ma, come si vede, meno della crescita dei contributi versati dai lavoratori.:          + 2,25 %

 

3) Di conseguenza, diminuisce Il PASSIVO del solo settore puramente pensionistico (CONTRIBUZIONI meno EROGAZIONI):         -  2,23 %

 

4) Le USCITE  COMPLESSIVE crescono:                             + 2,02 %

 

5) Il PASSIVO “ISTITUZIONALE” comunque diminuisce: - 1,06 %

 

E’ doveroso – oltre che interessante - approfondire la questione.

Cercheremo di valutare le eventuali incombenze improprie accollate all’Inps e di scoprire  “perché e da quando” i contributi pagati dai lavoratori non sono più stati sufficienti al pagamento delle pensioni.

 

Anticipiamo un solo dato sulla Cassa integrazione guadagni, il cui pagamento è stato “assegnato” alle casse dell’INPS: dal 1° gennaio 1977 al 28 febbraio 2002, a fronte di 6.372.929.914 ore di Cassa integrazione guadagni straordinaria erogate in Italia, l’Istituto ha sborsato 238mila miliardi di lire, pari a circa 123 miliardi di euro. (Dal libro:“Fiat, ma quanto ci costi?” di Michele De Lucia.). In media, 8.207 miliardi di lire (4,24 miliardi di euro) l’anno per 29 anni. [Il dato di Michele De Lucia andrebbe aggiornato ad oggi.]

Dice: “Ma paga lo Stato.. ripianando i bilanci dell’INPS …”.

Certo, ma poiché compare come deficit del bilancio INPS, è passato il messaggio che bisogna rivedere le pensioni…

Diciamola meglio: se il legislatore dovesse assegnare all’INPS il pagamento quotidiano di cornetto, cappuccino e giornale  a tutti i posteggiatori d’Italia, il deficit dell’istituto aumenterebbe: ve la sentite di  suggerire che  bisognerebbe rivedere i parametri delle pensioni ?

 

[Fine della prima puntata. Continua]